Scritti autobiografici e rari/Nota

Da Wikisource.
Nota

../Estratti savonaroliani ../Indice dei nomi IncludiIntestazione 19 maggio 2021 75% Da definire

Estratti savonaroliani Indice dei nomi
[p. 335 modifica]

NOTA

[p. 336 modifica]


I-II. Memorie di famiglia e Ricordanze. Le precedenti edizioni. Varianti del primo testo rifiutate dall’autore.
III. Diario del viaggio in Spagna. La precedente edizione. Varianti.
IV. Relazione di Spagna. La precedente edizione. Varianti.
V. Relazione della difesa di Parma. La precedente edizione. Varianti.
VI. Consolatoria. La precedente edizione. Varianti.
VII. Oratio accusatoria. La precedente edizione. La prima redazione. Varianti.
VIII. Defensoria. La precedente edizione. I tre esordi. Varianti.
IX. Estratti savonaroliani. La precedente edizione. Varianti.


[p. 337 modifica]

I-II

I due scritti che il Canestrini pubblicò nel X volume delle Opere inedite, col titolo rispettivo di Ricordi di famiglia e di Ricordi autobiografici, si conservano, autografi, nella Filza X delle Carte di Francesco Guicciardini (archivio Guicciardini).

Nel farne una nuova edizione abbiamo creduto opportuno anzitutto di mutare i titoli, togliendo quella parola Ricordi che nell’uso cinquecentesco ha tutt’altro significato. Cosí abbiamo intitolato il primo scritto Memorie di famiglia e all’altro abbiam dato la genuina denominazione guicciardiniana (quale appare nella continuazione che fu pubblicata da Paolo Guicciardini) di Ricordanze.


Alle Memorie di famiglia il Canestrini prepose quella dedica Al nome sia dell’onnipotente Dio etc. che in realtá precede nel manoscritto le Ricordanze (le Memorie si trovano in fine della Filza). Noi l’abbiamo riportata al posto che le avea dato l’Autore.

Un’altra modificazione abbiamo fatta all’ordine seguito dal Canestrini. In margine alle biografie di Piero, di Giovanni, di Luigi e di Iacopo, l’Autore aggiunse piú particolareggiate notizie della loro vita, in ordine cronologico. Forse egli si proponeva in seguito di compilare di queste Memorie una redazione piú completa e definitiva, e perciò volle fermar sulla carta i nuovi dati che aveva raccolto. Il Canestrini trasportò ciascuna di queste aggiunte marginali alla fine della rispettiva biografia — e questo procedimento si potrebbe anche giustificare —, ma senza distinguerle in alcun modo dal testo precedente e da quello successivo, e senza dare alcuna indicazione al lettore; sicché questi è costretto a chiedersi per qual motivo l’A. compose queste Memorie col curioso sistema di narrare due volte di seguito la vita dello stesso [p. 338 modifica]personaggio. Nella nostra edizione abbiamo riprodotto queste aggiunte marginali, dove si trovano nel manoscritto, trascrivendole in nota.

Nelle Ricordanze poi il Canestrini intercalò due brevi componimenti, «sul governo di Piero Soderini» e «a se stesso», il primo dei quali, scritto nel 1511, si trova effettivamente in mezzo alle Ricordanze, e il secondo sta con altri scritti della legazione di Spagna nella Filza XV. In realtá né l’uno né l’altro fanno parte delle Ricordanze. Diamo il secondo in appendice a queste, per il suo carattere autobiografico; quanto al primo dovrebbe trovare il suo posto in un volume di Frammenti e abbozzi, se mai sará possibile metterci mano. Il fatto che esso si trovi nella Filza X, in mezzo alle Ricordanze, non significa nulla. L’A. non scrisse queste di seguito: intercalato in esse è anche l’altro frammento sopra le finanze del Comune di Firenze.

L’edizione Canestrini delle Memorie e delle Ricordanze è assai scorretta. Segnaliamo qui gli errori sostanziali:1

p. 8 n. Can. discordie — G. differenzie (e cosí a p. 17 n. e a p. 29 «.); p. 11 Can. a ottenere — G. a tenere; p. 12 n. Can. Santitá — G. Signoria; p. 14 Can. presentò di notte — G. parlò di notte; p. 16 n. Can. mutò — G. morto; p. 17 n. manca in Can.: di agosto 1467; p. 19 Can. col Legato — G. colle gotte; p. 24 Can. gli venne fatto — G. non gli venne fatto; p. 29 n. Can. mala aria — G. malattia; ibid . Can. morte — G. morte della madre; p. 30 Can. si forte — G. si forte ragione; ibid. Can. Alle parte... se vi fussi — G. E se alle parte... si fussi; ibid. Can. l’ho amata — G. ama’ la; ibid. Can. venissi — G. vi andassi; p. 33 Can. reputazione — G. riservaziotie; p. 34 Can. e anche — G. e cosí; p. 37 Can. subito scrissono — G. subito senza; p. 40 Can. eletto — G. effetto; p. 42 Can. confinare — G. segnare; ibid. Can. terreno — G. territorio; p. 43 Can. credo in Fiandra — G. andò in Fiandra; ibid. Can. delle cose — G. nelle cose; p. 44 Can. per rispetto — G. per rescritto; p. 45 Can. Verciano — G. Vergigno; ibid. manca in Can.; che per essere; p. 57 Can. S. Cornelio — G. S. Gilio; ibid. Can. pezzi — G. quattro libre; ibid. Can. 14 — G. 4; p. 58 Can. Filippo — G. Benedetto di Filippo; p. 59 Can. per Pier Francesco — G. a ser Pier Francesco; p. 60 Can. Piero — G. Niccolò di Piero; p. 61 Can. denari — G. donora; ibid. Can. quindi — G. quando; p. 63 Can. trenta [p. 339 modifica]G. ottanta; p. 64 Can. Antonio — G. Agnolo di ser Antonio, p. 65 Can. fumo — G. fanno; p. 68 Can. in cotanta — G. con tanta; p. 74 Can. nuova proprio — G. motu proprio; p. 77 Can. ed ancora cosí — G. ed essere cosí.


Il Canestrini ha anche eliminato i passi seguenti:

p. 4 da Certosa a fu gonfaloniere di giustizia; ibid. da incerti a fu consigliato; e a p. 47 le parole: e massime co’ maschi.

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore

(T, indica il testo definitivo, V, la variante rifiutata).

p. 3 — T, de’ maggiori suoi — V, di coloro da chi l’uomo è disceso

— T, de’ progenitori — V, de’ maggiori

— T, circa a otto anni... magistrato — V, che era cominciato quello magistrato circa a otto anni inanzi

p. 4 — T, popolani — V, popolanelli

— T, quindici volte — V, quattordici volte

— T, avuto piú volte. Segue canc.: e due altre che l’hanno pareggiate

p. 5 — T, in uno tempo — V, in uno tempo medesimo
p. 7 n. T, commessario al papa — V, commessario lui e Neri al papa
p. 8 n. T, Andò nel — V, Fu nel
p. 10 — T, di Castracaro agg.

— T, di quello stato insieme. Segue canc.: con messer Giovanni Buongirolami

p. 13 — T, e molte volte... balia agg.

— T, ebbe poi — V, credo avessi poi

— T, uomo molto riputato agg.

— T, chiamata Gostanza agg.

p. 15 — T, Guadagni agg.
p. 16 — T, cioè nel 1444 agg.
p. 17 n. T, nel 1463 — V, non so quando
p. 19 — T, Calisto — V, Niccola
p. 22 — T, che col favore de’ viniziani agg.
p. 24 — T, l’anno 1474 agg.
p. 25 — T, madonna Elionora figlinola — V, una figliuola
p. 26 — T, Piero Mellini, Maso degli Albizzi agg.
p. 27 — T, fu partigiano — V, fu molto partigiano

— T, ed assai fattorie... che oggi agg.

— T, Iacopo suo fratello. Segue canc.: e cosí etiam lui ed Iacopo nel 72 de’ venti di balia per la guerra di Volterra

p. 28 — T, Filippo di messer Luca Pitti — V, Filippo Pitti

— T, cittadino pisano. Segue canc.: morí come è detto

[p. 340 modifica]
p. 31 — T, ed in effetto. Segue canc:, ritrassono da lui
p. 33 — T, pregare — V, pregavano
p. 37 — T, in quello di Perugia agg.
p. 44 — T, qualche volta — V, piú volte
p. 48 — T, acquistò — V, acquistò e comperò
p. 49 — T, notizia — V, termino
p. 53 — T, si fará memoria — V, si terrá conto

— T, ebbi nome... di mio padre agg.

p. 54 — T, che piglio... di studio agg.
p. 56 — T, e cominciamo... novembre agg.
p. 57 — T, Nel detto anno a dí 6... san Gilio agg.
p. 62 — T, Ceppo — V, santo Nofri
p. 63 — T, secondo mi fu detto agg.
p. 66 — T, comparazione — V, dubio
p. 67 — T, delle figliuole — V, de’ generi

— T, costante agg.

p. 69 — T, a giugno — V, a marzo

— T, gita da non avanzare — V, gita da mettervi piú tosto del suo che da

p. 71 — T, e Margherita agg.

— T, dubito non li — V, credo li

— T, forti — V, molto forti

p. 74 — T, contenti — V, molto contenti

— T, messer Francesco Pepi agg.

Alle Ricordanze edite dal Canestrini abbiamo fatto seguire quelle piú recentemente date in luce da Paolo Guicciardini 2.

Non esiste soluzione di continuitá fra i due scritti: lo dice lo stesso A. in quella intitolazione che segue alla Dedica, intitolazione che noi diamo in nota perché non si riferisce alle sole Ricordanze, ma in genere a tutto il contenuto del libro.

L’edizione di Paolo Guicciardini è fatta con molta cura e segue con eccessiva fedeltá anche la grafia dell’originale. Diamo per le ragioni giá accennate, notizia di alcune inesattezze nelle quali egli è caduto:

p. 79 — quattro dí non è cancellato come afferma P. G.; p. 81 P. G. fiorini 364 — G. lire 364; p. 83 P. G. 1544 — G. 1534; ’ibid. n. P. G. ducati perché — G. ducati piú per conto; p. 84 P. G. pacto Bartolommeo — [p. 341 modifica]G. patto che Bartolommeo; ibid. P. G. della quale — G. de quale; p. 87 P. G. Renderonmi de’ detti — G. Renderonmi conto de’ detti; p. 88 P. G. Commissario a’ contracti — G. Camerario a’ contratti; ibid. P. G. Grardo — G. Gherardo (l’A. scrive sempre Gt ardo per Gherardo); p. 89 manca in P. G.: in modo che... 700 d’oro larghi; ibid. P. G. che cosí feci — G. che io gli feci; ibid. P. G. in corso — G. in capo; p. 90 P. G. la rendita — G. la utilitá; p. 91 P. G. e quanto piú — G. e quello piú; p. 92 manca in P. G.: con uno podere... detto popolo; p. 93 P. G. terrá — G. terrò; p. 93 P. G. Bastiano — G. Bernardo; ibid. P. G. arrisicassi — G. esercitassi; ibid. P. G. mi ha tenuto — G. mi dá tenuto; p. 94 P. G. scritture — G. Ricordanze.

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore.

p. 82 — T, dopo graticole, seguono can.c le prime frasi della ricordanza a 31 marzo 1517, che l’A. aveva incominciato per errore prima di quella del 26 giugno 1516. Nell’edizione di P. G. si dá notizia della cancellatura, ma vi è inserita egualmente nel testo la parte cancellata.
p. 83 — T, primo di luglio — V, primo di settembre 1519
p. 84 — T, Ed a dí 10... a c. 32 agg.

— T, 7 di aprile — V, 20 di settembre

— T, Renderonmi... a di agg.

p. 85 — T, 28 di aprile — V, 4 di settembre 1520

— T, primo di luglio — V, 4 di settembre 1520

p. 86 — T, sotto dí detto per — V, sotto di per

— T, per instrumento... 1521 agg.

— T, in piú volte agg.

p. 87 — T, primo di luglio 1527 — V, 3 di ottobre 1520

— T, primo di luglio — V, 15 di agosto

— T, Renderonmi-.. a di agg.

p. 88 — T, ducati cento — V, ducati cinquecento

— T, milletrecento — V, trecento

— T, e di poi detti... c. 259 agg.

p. 89 — T, dessi — V, restituissi

— T, de’ quali... interamente agg.

— T, a di 3 di. Segue canc.:, maggio 1524

— T, 23 e gennaio agg.

— T, milleottocento — V, millecinquecento

— T, Riscossono... Maccallo agg.

p. 90 — T, grandissimi — V, molto maggiori

— T, per insino — V, per tutto dí insino

— T, de’ quali... mano agg.

p. 93 — T, ed el resto... a c. 69 agg.
[p. 342 modifica]
p. 93 — T, la ricordanza del 22 ottobre è dello stesso inchiostro delle agg
p. 94 — T, Da 4 di gennaio a testimoni, dell’inchiostro delle agg.

— T, 7 di marzo 1523, dell’inchiostro delle agg.

p. 95 — T, da a me fino alla fine delle Ric., dell’inchiostro delle agg.

— T, 4 di febraio insino — V, soprascritto insino

p. 98 — T, nappi 2 — V, nappi 3.

III

Il Diario del viaggio in Spagna è stato dato in luce la prima volta da Paolo Guicciardini, il quale ha seguito in questa pubblicazione un piú razionale criterio di grafía; anche la lezione è molto piú esatta di quella delle Ricordanze: segnaliamo qui le pochissime divergenze dal manoscritto:

p. 109 P. G. serrati tratti — G. serrati trotti; p. 110 P. G. piena di boschi — G. piena di bossoli; p. 119 P. G. castelletto — G. castellaccio; ibid. Mommanon — G. Mommaneu; p. 120 P. G. paese aperto — G. paese atto; p. 123 P. G. [ad] Alfaro — G. al Faro.

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore.

p. 103 — T, bene cultivato. Segue canc.: giugnemovi stracchi alloggiamo in mezzo la terra
p. 104 — T, riparati meglio — V, valuti piú

— T, è terra — V, è villa

— T, a uno miglio. Segue canc.: e fa 1500 uomini da arme ed

p. 105 — T, di lá da Firenzuola — V, discosto da Firenzuola

— T, io ne vidi. Segue canc.: non è bella

p. 106 — T, nondimeno... bella terra agg.

— T, Bormio — V, Frigia

p. 107 — T, Villanuova — V, Villalunga

— T, confina lo stato suo. Segue canc.: con Astigiano con Milano e

— T, a di 11 — V, a di 12

p. 110 — T, Valper — V, Voper

— T, ristrignendosi — V, chiudendosi

— T, piú terribile. Segue canc.: di quivi truovasi innanzi a Voper piú di una lega la Sorga fiume assai bene grande, le rive del quale furono tanto cantate dal Petrarca

[p. 343 modifica]
p. 113 — T, in sul mare — V, allato al mare

— T, ed allato... lega agg.

— T, venire a Nerbona. Segue canc.: Da Nerbona a di 1 (30) a Villa Falsa, discosto leghe 3. A di 2 (31) a desinare a Sals discosto leghe 4, a cena a Perpignano, discosto leghe 3. A dí 3 di marzo a desinare a Bolon a piè del Pertugio di qua leghe 3, a cena a Fighiera leghe 4 catelane. A di 4 a Girona cittá, leghe 5. A di 5 (3) a Sterlich, leghe 5. A dí 6 (3) alla Rocca, leghe 5. A di 7 (4) a Barzalona, leghe 4. A dí 9 (6) alla Pieras, villa discosto leghe 7. A di 10 allo Stalet, leghe 7 catelane. A di 11 da Cerviera a Taregua a Lerida, leghe 7 (8) grande. A dí 12 da Lerida usciti di Catalogna, discosto leghe 2, desinamo a Fraga, leghe 1, ed a cena alla venta di Terra Bianca, leghe 2. A dí 13 da Terra Bianca a desinare a Bugieralus, leghe 3; alla venta di S. Luca leghe 3

p. 114 — T, di Francia. Segue canc.: e meritamente come di sotto si dirá

— T, cima — V, sommitá

— T, assassinato — V, rubato

p. 117 — T, andò sotto — V, si roppe sotto
p. 118 — T, osservanzia — V, professione

— T, onesti. Segue cane .: fanno professione di essere gentile e cortese

— T, e nondimeno... oneste agg.

p. 119 — T, è buono — V, è bello

— T, villa — V, villetta

p. 121 — T, è fiume — V, è piccolo fiume
p. 123 — T, leghe cinque — V, leghe quattro

— T, pecore — V, bestiame.

IV

La Relazione di Spagna si conserva autografa nella Filza XV delle Carte di Francesco. Il Canestrini la pubblicò con insolita cura; segnaliamo qui i pochi errori della sua edizione:

p. 128 Can. per i re — G. per essere e’ re; p. 135 Can. si trovavono — G. si trovava; p. 136 Can. andava... dava — G. va... dá; p. 137 Can. con ciò che le cose facesse — G. con ciò sia che le cose successe; p. 140 Can. molto comune — G. molto grande; p. 143 Can. abitino di per sé — G. abitino disperse. [p. 344 modifica]

Varianti del pruno testo rifiutate dall’Autore.

p. 127 — T, questo sito. Segue canc.: del quale è la longitudine nelle parte piú alte verso e’ Pirenei poco meno di miglia 700, che tante sono da Barzalona a Santa Maria in fínibus terrae; per l’altro verso è in qualche luogo miglia 500, che tante debbono essere da’ Pirenei allo stretto di Giubilterra; benché questa misura non sia in tutte le parte sua, perché sempre si vá ristrignendo, massime dalla banda del mare Mediterraneo

— T, pari qualitá — V, piú qualitá

— T, el Anna — V, la Anna

— T, Punica. Segue canc.: La longitudine sua è nelle parte piú alte 1 etc. come sopra; poi ancora canc.: È provincia fertile ed abondante, perché ricoglie piú frumento che non è necessario per uso suo; vino assai che ne navicano in Inghilterra ed in Fiandra; grandissima copia di olio che ne mandano molto ne’ detti luoghi ed in Alessandria; escene di molta lana e molta seta finissima; ed è massime la fertilitá sua nelle parte basse di Andolosia e di Granata, e tanto piú aparisce la abondanzia del paese, perché molto se ne truova non cultivato, ché lavorano intorno alle terre, el piú discosto lasciono stare; el paese è male populato, perchè le castella o ville si truovano rare, e tra l’uno luogo grosso e lo altro non si truova pure una casa, ed in effetto ha pochi abitatori. Ha qualche bella cittá, come Barzalona in Catalogna, Saragosa in Aragona, Valenzia; ma sono poche, perché in uno tanto regno ed in sí grande paese, e fuori di qualcuna principale, le altre universalmente sono terracce; el forte sono piccole, brutti edifici, e la maggior parte in molti luoghi di terra, ed inoltre pieno di fango e di bruttura

p. 128 — T, che n’è... Aragona agg.

— T, luogo grosso — V, luogo

p. 129 — T, e con loro... villani agg.
p. 130 — T, arte — V, arte di mano
p. 131 — T, lavorano... meno — V, lasciano... sodo

— T, non tanto — V, non solo

— T, e’ quali... suntuositá agg.

p. 132 — T, È propria... grande agg.

— T, Tengono le donne in — V, Sono le donne apresso a loro in

— T, ed avendo... patisce agg.

— T, pene — V, legge

— T, ed abitatori agg.

— T, Galizia. Segue canc.: da loro la Cantabria, oggi Biscaia e Navarra

[p. 345 modifica]
p. 133 — T, governare e agg.

— T, reparare — V, rinnovare

p. 134 — T, Valenza. Segue canc.: Catalogna

— T, Corduba... Giahen agg.

— T, suta — V, stata

p. 135 — T, Tutte le cittá... sangue agg.

— T, dava a’ re — V, era

— T, e li ridussono... fa tutto agg.

p. 136 — T, va... dá — V, andava... dava

— T, non sforzorono e’ populi — V, non li sforzarono

— T, sí che giustamente... re agg.

p. 137 — T, stati propri — V, regni propri

— T, per avere... suo padre agg.

p. 138 — T, avaro — V, misero

— T, È esercitato... da poi agg.

— T, È sanza lettere agg.

— T, respetto — V, sospetto

— T, notabile. Segue canc.: esercitato nelle arme

— T, o vero... che sia agg.

— T, Non è... medesimo agg.

p. 139 — T, lasciato... mori agg.
p. 140 — T, buona sorte — V, fortuna
p. 141 — T, cosi... giannettiero agg.
p. 142 — T, in Castiglia agg.

— T, che è el principale agg.

— T, a vita agg.

— T, signori di Castiglia — V, grandi di Castiglia

— T, Altri — V, Altrimenti

p. 143 — T, tappezzerie — V, arazzerie

— T, molti agg.

— T, signore — V, grande

— T, a alcuni... del paese agg.

— T, di Castiglia agg.

p. 144 — T, alle cose di Dio — V, al culto divino

— T, è causata — V, nasce

— T, castigliani — V, ducati

p. 145 — T, spese di sopra — V, spese ordinarie

— T, tutti dette — V, tutti rendè

— T, e delle galee — V, e in galee

— T, è fama qua — V, è fama

— T, di Castiglia ed Aragona agg.

— T, Ottenne ancora. Segue canc.: nel principio della guerra di Granata

[p. 346 modifica]

V

La Relazione della difesa di Parma si conserva autografa nella Biblioteca Nazionale di Firenze in un codice miscellaneo Magliabechiano (di origine Strozziana) segnato Cl. XXV n. 1493. Sono nove pagine senza alcuna intestazione, alle quali altra mano, crediamo di non molto posteriore, soprascrisse il titolo: Di M. Francesco Guicciardini Narrazione del successo della difesa di Parma fatta da lui medesimo. Nell’edizione canestriniana di questo scritto si rilevano i seguenti errori:

p. 150 Can. aveva lasciato — G. avere lasciato; p. 153 Can. adunassino — G. ordinassino; ibid. Can. rotture — G. ruine; ibid. Can. se ci avessimo... con fretta — G. se si avessino... con stretta; p. 154 Can. alcuni cavalli — G. e’ cavalli; ibid. Can. bene era — G. tamen era; p. 155 Can. d’un modo — G. dummodo; ibid. Can. increscendo — G. increpando; ibid. Can. blandamente — G. gagliardamente; p. 156 e p. 157 Can. Piero Bacinone — G. Prete Bachione; p. 157 Can. tutto il dí — G. verso el dí; p. 159 Can. timore — G. romore; ibid. Can. in piú lati — G. in piú luoghi.

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore.

p. 150 — T, cose di Parma — V, cose nostre

— T, e vi era... Vitello agg.

— T, papa, ma che. Segue canc.: per conto alcuno

— T, Po, quando. Segue canc.: mal volentieri sentirono

p. 151 — T, e dicendosi... prepararsi fece — V, ed el duca di Ferrara uscito in campagna ed entrato in bolognese

— T, voltare presto — V, pigliare presto

p. 152 — T, notizia della agg.

— T, sacri — V, falconetti

— T, cacciati e’ sospetti agg.

p. 154 — T, condizioni sue — V, condizioni loro

— T, e’ cavalli — V, alcuni cavalli

p. 155 — T, el di suo — V, el tempo

— T, gagliardamente agg.

p. 156 — T, della cittá — V, della terra

— T, el mandare — V, lo andare

— T, ardire — V, autoritá

[p. 347 modifica]
p. 157 — T, verso el di agg.

— T, rumori — V, pratiche

p. 159 — T, romore — V, collera
p. 160 — T, della cittá — V, del popolo.

VI

La Consolatoria si conserva autografa nella Filza VIII delle Carte di Francesco. Errori dell’edizione Canestrini:

p. 165 Can. esercizi — G. eserciti; p. 168 Can. autoritá — G. avarizia; ibid. Can. al sesso — G. al senso; p. 169 Can. una somma — G. una soma; p. 172 Can. assolve il peccato — G. ha solo el peccato; p. 173 Can. bene, dico per queste false vociferazione percosso altro — G. bene, percosso di te per queste false vociferazione, altro; p. 177 Can. santi — G. frati; p. 183 Can. e tanto — G. e tamen; p. 186 Can. rappresenterá — G. rapresenta; p. 187 Can. ma vi vedo — G. ma vedevo; p. 188 Can . ti parrá — G. ti paia; p. 190, manca in Can.: piena di notizia di lettere.

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore.

p. 165 — T, perturbarti. Segue canc.: e troppo diverse sono le cose in che ti truovi percosso

— T, degnitá — V, riputazione

— T, che maggiore... a sé — V, che piú non era restata a lui

— T, ardito di desiderare — V, desiderato

p. 166 — T, grado — V, felicitá

— T, signore — V, principe

— T, infinito — V, incredibile

— T, qualche volta. Segue canc.: come sanza dubio si metterá

p. 167 — T, le rifiuteranno. Segue canc.: Veggoti o esoso o sospetto in modo al popolo della cittá

— T, hai amato. Segue canc.: unicamente

p. 168 — T, in luogo di agg.

— T, di integritá... populi agg.

— T, io mi ricordo — V, io considero

— T, ho dolore — V, muoio di dolore

p. 170 — T, Lione. Segue canc.: all’improviso e

— T, che in pochissimi... in pochissime ore... questo danno — V, che pochissimi... pochissime ore t’arebbono fatto dimenticare questo danno

[p. 348 modifica]
p. 171 — T, inferiore di gran lunga agg.
p. 172 — T, da se medesimo. Segue canc.: dalle opere, dalle azioni sue
p. 174 — T, ti duoli se. Segue canc.: questa infelicitá

— T, morsi — V, corsi

— T, uomini? Segue canc.: Adunche perché ti fa cosí risentire, cosí dolere uno piccolo colpo suo, una piccola infelicitá?

p. 176 — T, infelicitá di altri. Segue canc.: o disposizione di Dio

— T, el caso tuo è leggiere — V, el caso è stato leggiere

— T, confortorono — V, riscaldorono

— T, giudicio. Segue canc.: né di voluntá

p. 177 — T, inimicissimi. Segue canc.: chi considererá, dico, queste ragione (cose) sará forzato a confessare

— T, frati — V, santi

p. 178 — T, falsi, ma. Segue canc.: ragionevolmente

— T, utile tuo — V, interesse tuo

— T, questa guerra. Segue canc.: è notissimo

— T, ed in quelli... celebrata agg.

— T, fará tanto — V, cercherá tanto

p. 179 — T, questo modo di consolarti — V, questa consolazione

— T, cagione predetta. Segue canc.: e questo non proceda da essere tenuto ladro o cattivo uomo

p. 180 — T, ará vita. Segue canc.: e grazia da Dio di riposarsi in qualche modo
p. 185 — T, tante difficultá — V, quelle difficultá
p. 186 — T, esistimazione — V, reverenzia
p. 187 — T, nascesti e se. Segue ca?ic.: ti è succeduto

— T, la metá. Segue canc.: degli onori

— T, infelice, o. Segue canc.: piú tosto

p. 188 — T, guadagnassi in dieci. Segue canc.: e si lamentassi poi che nel resto delli

— T, el costume della tua patria — V, el grado della tua cittá

p. 189 — T, o negletta agg.

VII

L’Oratio accusatoria (questo è il titolo apposto dall’Autore e perciò bisogna sostituirlo a quello canestriniano di Accuse ) si conserva autografa nella Filza VIII delle Carte di Francesco. Errori dell’edizione Canestrini:

p. 193, manca in can.: esserci data occasione che; p. 194 Can. e il fuoco — G. ed el freno; p. 197 Can. civili — G. virili; ibid. Can. misura — [p. 349 modifica]G. materia; p. 202, manca in Can.; troppo integri; p. 203 Can. serrato — G. segnato; p. 212 Can. profeta — G. profezia; ibid. Can. infusi — G. infissi; p. 213 Can. buono e — G. uomo; p. 216 Can. avere una benevolenza — G. vivere con benivolenzia; p. 218, manca in Can.: sí grande e sí rare; p. 223 Can. tutti i parenti — G. tanti parenti; p. 227 Can. fidate — G. sedate; p. 230 Can. di sorte — G. da fare; p. 237 Can. gli amici — G. gli animi; p. 238 Can. facoltá — G. facilitá; p. 241, manca in Can: a starci, di chi aveva; p. 242 Can. in pegno — G. impegnato; p. 244 Can. Che — G. Chi, che.

Dell’Oratio accusatoria l’A. rifece piú volte l’esordio, e tutta la prima redazione rimaneggiò, com’egli stesso scrive, «causa stili» in modo che riuscisse «melius ordinata». Riproduciamo qui la forma originaria del suo scritto.

Oratio accusatoria.

1. Quello che sopra ogni cosa s’aveva a desiderare, giudici, poi che con tante difficultá e contradizione de’ potenti è stata ordinata questa legge dello accusare, che el primo che si accusassi fussi pieno di tanti e sí manifesti peccati che non s’avessi a dubitare della condannazione sua e nondimanco fussi di qualitá che la sua pena dessi (terrore grande canc.) autoritá grande a questi nuovi giudici e terrore alli inimici di questa libertá, è per grazia di Dio accaduto sí largamente che non si poteva immaginare (corr. su desiderare) meglio, perché è accusato tale che (non si può dubitare che el canc.) è certissimo che non per una sola ma per molte e grave cause merita essere condannato; e la riputazione e potenzia sua è di qualitá (corr. su tale) che ognuno cognosce manifestamente che el lasciarlo stare nella nostra cittá è cosa molto perniziosa alla republica ed el cacciarlo è utilissimo, sí per el male che standoci sarebbe per fare, sí per lo esemplo (e timore canc.) che si dará agli altri che hanno la medesima voluntá di offendere la libertá che ha lui (ma non hanno le medesime forze canc.); e perché con questa sentenzia si fonderá e stabilirá in modo questa nuova legge nella quale sanza dubio consiste gran parte della vostra libertá, che piú opererá el freno di quella che tutte le altre legge ed ordini che noi abbiamo. Nè io certo ho tolto questo assunto per altro perché essendo le qualitá mia non tanto gagliarde che io possa non tenere conto di sí potenti inimici, come mi nasceranno da questa accusazione, né el vivere mio stato mai di sorte che s’abbia a credere che volentieri io offenda altri (corr. su persona) o mi rallegri del male di persona, mi può essere prestato fede che né la voluntá nè lo ardire non m’ha mosso a questa accusazione, ma solo el desiderio dello amore [p. 350 modifica]della republica, alla quale importa assai e che gli uomini facinorosi siano puniti e che e’ sospetti alla libertá siano mandati fuora (corr. su levati via) e che si apra e metta in uso questa via delle accusazione e de’ giudici e si dia autoritá a questa legge che come giudicano tutti e’ prudenti è uno de’ principali fondamenti che abbia la nostra libertá. E se io privato e debole e che in questa accusazione sono solo, ho preposto voluntariamente a tutti e’ rispetti particulari lo amore della republica e tolto per benefício suo questo carico el quale nessuno mi constrigneva che io pigliassi, quanto manco dovete avere rispetto voi giudici a giudicare liberamente e giustamente (e’ quali per essere molti non ne acquisterete inimicizia canc.) contro a’ quali per essere per debito dello officio obligati a giudicare non potrá nascere querela dello accusato e parenti suoi che volontariamente vi siate ingeriti a offenderli, e per essere molti e dare e’ voti coperti o non risulterá (corr. su nascerá) odio contro a voi o sará debole per essere diviso contra tante persone ed anche incerto contro a chi. Di poi se io non pigliavo questa accusazione non però pativa la republica perché era in potestá di uno altro o pigliarne la medesima o un’altra simile, e se io non avessi avuto questa mente, quello esemplo che cerco dare io non sarebbono mancati verisimilmente degli altri amatori della patria che arebbono dato; ma se voi assolvete uno accusato el quale per tanti conti merita di essere condannato, non solo nocerete alla republica in confermare la insolenzia sua che resterá come libera dalle legge e da’ giudici, ma suvvertirete questa legge tanto salutifera alla republica, perché (nessuno vedendo una assoluzione tanto ingiusta canc.) non si potendo sperare che in qualunque altra causa sia mai piú una elezione di giudici tanto prudenti tanto severi tanto buoni e tanto amatori del vivere populare, nessuno ardirá mai piú chiamare alcuno potente in giudicio, non confidando che quello che non avete voluto o ardito di fare voi abbino mai a ardire o voglino fare altri giudici. Cosí questa legge procurata con tanto ardore da quegli che desiderano la libertá, con uno giudicio solo cadranno3 in terra, e cosí questi potenti e che hanno vòlto lo animo alla tirannide, per mezzo di voi el quale4 el popolo ha eletti per confermarla otterranno piú che nel contradire alla legge non hanno potuto fare col mezzo di tanti parenti di tanti amici loro e con tanta industria diligenzia e forze quante abbiamo veduto che a’ di passati sanza freno e rispetto alcuno hanno usate. E certo se in questo accusato non fussi altro peccato che la ambizione ed el pericolo che dalle qualitá sue porta la libertá e che nelle altre parte della sua vita non fussino cattivi costumi massime di rapacitá e di alterezza, o se per el contrario la vita sua fussi corrotta ma lo animo e le condizione aliene da turbare lo stato [p. 351 modifica]della republica, io non arei tolto questa impresa perché (non meritando di essere laudato chi ha buona mente non accompagnata canc.) arei dubitato che o la integritá de’ costumi non lo difendessi contro a’ carichi della ambizione benché perniziosissima alla cittá, o che el non essere formidoloso lui alla republica facessi che per voi si tenessi manco conto degli altri suoi peccati; e non essendo cosa alcuna in questo tempo piú aliena dallo utile della cittá, alla quale chi vuole procurare le cose sue è obligato prestare non solo buona mente ma prudenzia, che el primo accusato non avessi tali macule che non potessi essere assoluto, meriterei grandissima imputazione, ma concorrendo in costui e fini ambiziosissimi e peccati gravissimi di quella sorte massime che offendono al terzo, mi è parso che quello carico che giustamente si converrebbe a chi accusassi uno innocente si doverrebbe dare in me se sapendo queste cose non le avessi (menate canc.) condotte in giudicio, e che io ne sarei (obligato canc.) tenuto non solo alla opinione degli uomini e della patria, ma ancora allo onnipotente Dio amatore delle libertá delle cittá ed in spezie di questa, la quale per opera sua e fu da principio introdotta ed è poi stata restituita. E che in costui sia animo alieno dalla libertá della cittá e desideroso del ritorno de’ tiranni è sí chiaro che per se medesimo si cognosce perché lo mostra pure troppo gli esempli di lui medesimo e le ragione sí evidente che non si possono negare. Nessuno cittadino è in questa cittá che abbia ricevuto tanti benefici da’ Medici, nessuno a chi possa piú dispiacere la vita privata, perché gli altri o hanno avuto da loro manco di lui o quelli che hanno avuto piú non è stato dato a loro ma al parentado a qualche servitú, a qualche beneficio fatto a essi nel tempo della loro infelicitá; gli altri che hanno avuto da’ Medici non hanno avuto per modo che abbino avuto a discostarsi dalla vita privata: costui non aveva co’ Medici congiunzione alcuna di sangue né alcuna notizia o dependenzia se non una generale che anticamente aveva avuto la casa sua con essi che per molti accidenti occorsi era quasi cancellata; né nel tempo del loro esilio gli aveva mai veduti nè fattogli beneficio alcuno, il che bisognerá o che confessi o che accusi se medesimo di avergli serviti contro alla patria nella legazione di Spagna di che si dirá in altra parte della orazione; e nondimeno ha avuto tanto che è necessario o che sia ingrato de’ benefici ricevuti o che sia obligato a fare tutte le cose che essi vogliono. E quello che ha avuto è stato di sorte che giá undici anni è vivuto continuamente non da cittadino ma da principe, sí perché sempre è stato in luogo da comandare a cittá notabile o a uomini grandi e per necessitá del grado suo è vivuto pomposamente e da signore, in modo che bisogna che per lungo abito abbia dimenticato la vita privata e non manco con lo animo che con le opere si sia totalmente spiccato dalla civilitá. Considerate, giudici, gli onori e le amministrazione che ha avuto e calculate se è possibile che cappia sotto uno cappuccio. [p. 352 modifica]

2. Quello che sopra ogni cosa s’aveva a desiderare, giudici, e che solo poteva stabilire questa santa legge dello accusare (de’ giudici canc.) ordinata di nuovo (nuovamente canc.) con tanto ardore (furore canc.) degli amatori della republica, è ora venuto si a tempo e sí largamente che pare piú presto (da Dio canc.) nato e proceduto divinamente che per consiglio umano, perché è condotto in giudicio non uno in chi siano si pochi (e sí manifesti peccati canc.) o sí oscuri errori, che si possa dubitare che abbia a essere assoluto, né che abbia si igno[bi]le condizione (nella cittá canc.) che la condannazione sua sia per essere di poco momento o poco utile alla cittá, ma viene alle vostre...5 messer Francesco Guicciardini, uomo pieno di tanti, sí gravi e sí manifesti peccati che è certissimo che di necessitá sará condannato, e da altro canto di tale riputazione e potenzia, che nessuno può negare che el lasciarlo stare nella cittá sarebbe cosa molto perniziosa a quella, e che el cacciarlo, oltre allo assicurarla da manifestissimi pericoli, chiarisce ognuno che quello che la diligenzia e tante pratiche e forze de’ potenti e poco amatori della republica non ha potuto ottenere apresso al popolo, di impedire direttamente questa legge, non otterrá ancora per indiretto col fare vana la esecuzione sua apresso a voi e’ quali el popolo ha eletti con somma fede per confermarla e farla viva. In questa impresa sono entrato io non per altra causa che per amore della republica, perché né con lui ho particolare inimicizia, anzi da’ teneri anni ho avuto seco conversazione ed amicizia, né le condizione mia sono sí gagliarde che io non abbia a tenere conto di tanti inimici che mi nasceranno di questa accusazione; né la natura mia è stata mai inclinata a offendere alcuno o rallegrarmi del dispiacere di persona. E certo, se in lui fussi solo el peccato della ambizione ed el pericolo che dalle qualitá sue porta la libertá della cittá, ma le altre parte della sua vita non fussino maculate, massime di rapacitá e di alterezza, o se per el contrario la vita sua fussi corrotta, ma lo animo e le condizione aliene da turbare lo stato della republica, io mi sarei astenuto dallo accusarlo, perché, potendo accadere che o la integritá degli altri costumi lo difendessi da’ carichi della ambizione o che el non essere lui formidoloso della republica facessi che a scusare gli altri suoi peccati valessino (e’ prieghi canc.) gli immoderati favori degli amici e parenti suoi, arei dubitato di non mettere in pericolo la autoritá di questa nuova legge, la quale resterebbe sanza dubio afflitta se el primo potente che fussi accusato, avessi l’assoluzione; cosa ed alla cittá molto perniziosa per essere uno de’ principali fondamenti di conservare le libertá, ed a me assai disonorevole, perché chi volontariamente si intromette nelle cose della republica è obligato rapresentargli (non solo fede ma prudenzia canc.) non meno prudenzia che buona mente. Ma [p. 353 modifica]concorrendo in lui e fini ambiziosissimi e peccati gravissimi, di quella sorte massime che sono con preiudicio del terzo, ho non solo cognosciuto che in me non si può desiderare amore verso la patria poi che sanza rispetto alcuno di potenti inimicizie accuso uno che è utilissimo che sia condannato, né la elezione poi che e’ peccati per e’ quali io lo accuso sono sí grandi e sí noti che e’ quasi impossibile che e’ sia assoluto; anzi non meritando minore imputazione chi cognoscendo una tale peste della cittá non la conduce (giustamente canc.) in giudicio, che chi ingiustamente accusa uno innocente, mi sarebbe parso, se fussi mancato di questo officio a che la coscienzia mia dí e notte mi stimulava, potere esserne molto giustamente ripreso ed esserne tenuto agli uomini ed alla republica, e molto piú allo onnipotente Dio amatore della libertá delle cittá e particolarmente di questa, la quale per opera sua e fu da principio introdotta ed ora è stata ricuperata, e però come cosa non umana ma divina debbe con ogni studio essere da tutti noi difesa e custodita.

Dua capi, come voi avete veduto, giudici, nel libello dato contiene questa accusazione: l’uno che messer Francesco come uomo ambizioso (amico de’ tiranni canc.) e che è stato fautore della tirannide de’ Medici e desideratore del ritorno loro ed inimico e pericoloso al governo populare, debbe essere per sicurtá della cittá e per esemplo degli altri mandato in esilio; l’altro che in questa guerra ha rubato i danari publici e per avarizia è stato causa che el contado nostro sia stato saccheggiato da’ soldati nostri medesimi; le quali cose, se voi mi udirete con quella attenzione che vostra benignitá avete cominciate, con poca fatica mia vi saranno sí chiare e sí palpabile come sono le cose che tutti dí si toccano con mano. Nessuno cittadino è in questa cittá che abbia ricevuto tanti benefici da’ Medici quanto ha lui; nessuno a chi possa piú dispiacere la vita privata; nessuno che della ruina loro abbia perduto piú che lui; nessuno che della loro da loro esaltazione fussi per guadagnare piú, perché gli altri o hanno che avuto da loro manco lui, o se hanno avuto piú, non è stato dato a loro ma al parentado a qualche servitú fatto6 a essi nel tempo della loro infelicitá; gli altri che hanno avuto da’ Medici non hanno avuto per modo che abbino avuto causa o necessitá di pigliare altra vita che privata, gli altri quello che avevano avuto non l’hanno perduto per la ruina loro; perché chi ha per mezzo loro guadagnato danari o beni, benché e’ Medici siano stati cacciati, se gli tiene, nè è certo per la tornata loro fare assai guadagno (massime che non sono troppo grandi gli emolumenti che si cavano dello stato di Firenze canc.). Queste condizioni che sono negli altri sono in lui totalmente diverse.


3. Non si doveva pregare Dio di cosa alcuna, giudici; nessuna poteva essere piú a proposito della republica che avere qualche bella [p. 354 modifica]occasione (di stabilire ne’ principii suoi canc.) che questa nuova legge delle accusazione ordinata con quello ardore che voi sapete di coloro che favoriscono la vostra libertá, fussi ne’ suoi principii confermata con qualche esemplo notabile. La quale poi che si è offerta piú opportuna ancora e maggiore che non avremo saputo immaginare, a nessuno può essere dubio che non per consiglio o opera alcuna di uomini ma per divina disposizione e voluntá sia nata e proceduta; perché veduto con quanto sforzo si erano opposti questi cittadini grandi che non vogliono accommodarsi a vivere pari cogli altri, perché si fatta legge non si ordinassi (e considerato che loro sono molto piú pertinaci a impedire el bene che non siano... communemente la natura de’ cattivi è molto piú ostinata a impedire el bene che non è quello de’ buoni a proibire el male, che quello che con le arti sue non avevano potuto direttamente canc.) era giá quasi opinione universale di tutta la cittá che quello che con le arti sue non avevano potuto direttamente ottenere apresso a molti che la non si vincessi, l’avessino a conseguire per indiretto co’ pochi, provedendo che la esecuzione sua restassi vana, con operare tanto con favori e con minacci ancora apresso a’ giudici che nessuno potente fussi condannato. Alla quale falsa opinione e molto perniziosa alla republica, io mi sono opposto, giudici, anzi per dire piú el vero non io ma lo onnipotente Dio manifesto protettore della nostra cittá, avendomi dato ardire di chiamare in giudicio con grandissima iubilatura (sic) di tutto questo popolo non uno cittadino incolpato di oscuri e leggieri errori, non di condizione sí piccole che e la pena sua facessi poco utile alla republica e la assoluzione poco danno, ma messer Francesco Guicciardini, uomo rubatore de’ danari publici, saccheggiatore del vostro contado, uomo che ha esosa la vita privata, desideroso del ritorno de’ Medici, amatore delle tirannide, occupatore del vostro Palazzo, inimico capitalissimo della commune libertá, e finalmente pieno di sí gravi, di sí noti, di sí odiosi peccati che ognuno tenga per certo che e’ non possi fuggire dalle mani vostre, e nondimeno sí potente che el condannarlo abbia a essere di inestimabile utilitá, non solo per levare via ed estirpare questa pericolosa peste della republica, ma ancora molto piú per lo esemplo e perchè chiarirá abondantemente ognuno che in questi nuovi giudici ha a potere piú, come è conveniente, la veritá, la religione e la severitá de’ giudici che tutti gli altri rispetti e corruttele. A questa impresa se non m’avessi spinto lo amore della republica ed el desiderio grande che io ho di vedere bene assicurata la nostra libertá ed el cognoscere che uno de’ vivi fondamenti che la possa avere è el freno e terrore di questa legge, nessuno altro rispetto m’arebbe spinto.


4. Non si poteva piú desiderare cosa alcuna, giudici, né piú essere in questo tempo a proposito della republica che presentarsi occasione di stabilire ne’ principii suoi questa nuova legge delle accusazione, ordinata [p. 355 modifica]con quello ardore che voi sapete da coloro che amano la vostra libertá; la quale poi che è venuta maggiore ancora e piú aperta che nessuno arebbe saputo immaginare, si può credere largamente che sia nata e proceduta piú per divina disposizione e voluntá che per consiglio alcuno umano, perché veduto con quanto sforzo si erano opposti questi cittadini grandi e che non vogliono vivere pari cogli altri, perché la legge non si ordinassi, era giá quasi opinione universale che quello che con le arte sue non avevano potuto ottenere direttamente col popolo che la non si vincessi, l’avessino a conseguire con favori e con minacci indirettamente apresso a’ giudici, operando tanto col non lasciare mai condannare alcuno potente, che la esecuzione sua diventassi vana. Alla quale falsa opinione e molto perniziosa alla republica io mi sono opposto, giudici, anzi per dire meglio, non io ma lo onnipotente Dio, manifesto protettore della nostra cittá, avendomi messo in animo di chiamare in giudicio, con grandissima allegrezza di tutto el populo, non una persona incolpata di oscuri e leggeri errori, non di sí piccole condizione che la pena sua fussi poco utile alla republica e la assoluzione poco dannosa, ma messer Francesco Guicciardini, uomo (pieno di sí gravi sí noti e sí odiosi peccati canc.) rubatore de’ danari publici, saccheggiatore del nostro contado, uomo che ha esosa la vita privata, amatore delle tirannide, desideroso del ritorno de’ Medici, inimico capitalissimo della nostra libertá, ed in effetto pieno di sí gravi, sí noti e sí odiosi peccati che ognuno tenga per certo che e’ non possi essere liberato dalle mani vostre, e nondimeno sí potente che la condannazione che nascerá di lui non solo gioverá sommamente per levare via questa peste della republica, ma molto piú per lo esemplo e perchè resterá chiaro ognuno che piú potrá in questi nuovi giudici, come è conveniente, la veritá, la religione e la severitá de’ giudici che tutti gli altri rispetti e corruttele. In questa impresa sono entrato (canc. e iniziata correzione con E che io sia entrato, ma non continuata) non per altro che per amore della republica e per el desiderio grande che ho di vedere fondata e ferma bene la nostra libertá, la difesa e sicurtá della quale consiste in gran parte dal dare autoritá e riputazione a questa santa legge, perchè né con lui ho particulare inimicizia, anzi da’ teneri anni suoi ho avuto seco conversazione e benivolenzia, né le condizioni mie sono tali che io non abbia a tenere conto grande di tanti inimici che mi nasceranno di questa accusazione, né la natura mia come può sapere ognuno è stata inclinata mai a offendere alcuno né a pigliare piacere delle incommoditá di persona; né è tanta la laude che io spero del farlo condannare quanto sarebbe la vergogna che arei se fussi assoluto, perché di quello si potrá poco attribuire allo ingegno ed eloquenzia mia, poi che e’ peccati suoi sono sí grandi, sí pericolosi e sí chiari, ma della assoluzione arei grandissimo carico, non si potendo attribuire a altro che a mancamento mio, o di non avere saputo sostenere bene si manifesta causa o di avere eletto tempo alieno a accusare, cosa molto [p. 356 modifica]reprehensibile perché chi si offerisce alla republica non è obligato manco a rapresentarli prudenzia che buona mente. Ma non mi lasciano le condizione sue avere questa paura: perchè se in lui fussi solo el peccato della ambizione ed el pericolo che da’ suoi cattivi fini porta la libertá della cittá, ma nel resto della sua vita non fussi maculato di peccati gravissimi, o se per el contrario li costumi fussino corrotti, ma lo animo e le condizione aliene da (volere o potere esp.) turbare lo stato della republica, dubiterei forse con molti del fine di questo giudicio, potendo accadere che o la integritá degli altri costumi lo difendessi da’ carichi della ambizione o che el non essere lui formidoloso alla libertá facessi che a scusare gli altri peccati valessino piú che la giustizia gli immoderati favori ed estraordinari mezzi degli amici e parenti suoi; ma concorrendo in lui sanza misura tutte queste cose e lo odio ed el pericolo, chi è quello che abbia mai dubitato quali abbino a essere le vostre sentenzie? Chi è quello che non l’abbia tenuto per condannato el di medesimo che fu chiamato in giudicio? (Perché per cominciare da quelle cose che sono pericolose alla nostra libertá canc.).

Segue:

Da Io dico che in questa cittá non è cittadino alcuno... fino a alla tirannide perchè con mille paragoni t’ha cognosciuto e veduto tale (pagine 207-221 del nostro testo).

Da Sono cose cosí chiare che non conviene se ne dica piú... fino a e le legge della libertá non altrimenti che è permesso usare a chi l’ha fondata (pagg. 224-237).

Perché tanto piú giudici vi dovete accendere a punire giustamente uno sí facinoroso e pericoloso cittadino, a assicurare con la pena di lui solo la commune libertá; perché el popolo è stato piú immesso, piú paziente a farne quello esemplo che conveniva, non per avergli perdonato, non per consentire che tanti delitti passassino sanza supplicio, ma perché sapendo che era obligato alle legge, che aveva a venire a’ giudici (che era impossibile che non fussi accusato canc.) parendogli forse piú laudabile el lasciare procedere ordinariamente (l’ha riservato a voi canc.) e cognoscendo che a ogni modo non aveva a campare le debite pene, l’ha riservato a voi, l’ha allevato per questo poco tempo piú presto come vittima e come ostia destinata al sacrificio che come cittadino partecipe della libertá; ha voluto che chi è sempre stato inimico delle legge sia subietto a stabilire questa saluberrima legge, e finalmente l’ha lasciato venire a voi non tanto come giudici quanto come esecutori della sua voluntá, dalle mani de’ quali se lui campassi, resterebbe assoluto da ogni altro giudicio, non ci sarebbe piú... 7 di quelli delitti de’ quali ognuno doveva essere [p. 357 modifica]punitore, e si renderebbe lo ardire a lui di tentare di nuovo delle cose che ha fatte, ed agli altri si darebbe animo di seguitar lo esemplo suo. Cosi v’arebbe nociuto questa legge dello accusare, e quella cosa che si credette che avessi a aprire la via alla sicurtá della libertá sarebbe el principio del pericolo.

Ma passiamo ormai a’ furti ed alle rapine sue, alle prede fatte per sua causa, che è la altra parte della accusazione, le quali non sentirete minore né manco perniziose e scelerate che siano state le altre cose sue, le quali io vi prego cittadini che udiate pazientemente e che udendo tante indegnitá, tanti vostri danni, non vi concitiate a furore, non lapidiate questo mostro; lasciatelo, poi che le cose sue qui, gastigare a’ giudici, perchè se bene sarebbe forse stato utile, innanzi che fussi accusato, averlo esterminato, averlo abruciato in casa, averlo per eterna memoria tagliato a pezzi in sulle porte di questo Palazzo o quivi a’ piedi di quella Iudith, acciò che uno luogo medesimo fussi memoria dell’onore di chi ha conservato la patria e del supplicio di chi l’ha oppressa, pure ora potrebbe essere di malo esemplo amazzarlo mentre dice la causa, mentre che è innanzi a’ giudici. Lasciate correre el giudicio: avete giudici uomini prudenti, uomini virili, integri, amatori quanto si può della nostra libertá: non possono errare per non cognoscere quanto importi questa condannazione, non sono per temere minacci vani, non per lasciarsi corrompere a prieghi o altri mezzi, sanno la vostra voluntá, non è pericolo che la giustizia sia violata, che della salute commune sia tenuto poco conto, non finalmente che se a loro non è mancato chi accusi, né a me manca materia di accusare, che a noi... 8 manchi giudici.

Io dico che messer Francesco Guicciardini ha rubato in questa guerra infinita somma di danari; ha per potergli rubare concesso a’ nostri soldati che vivino a discrezione nel nostro paese, che non vuole dire altro che consentirgli che rubino e saccheggino ogni cosa come inimici; e quella autoritá che gli era stata data per difendere e conservare lo stato nostro l’ha usato a metterlo in preda. Credo che el medesimo abbia fatto in quello della Chiesa, ma io lascio agli altri querelarsi delle ingiurie loro: le nostre sono si grandíi che areno che fare assai per noi medesimi. Non parlo calunniosamente, non accusatoriamente, perché è cosa che ha tanti testimoni, tante pruove, che non si può nascondere, non si può sfuggire (su tergiversare non canc.): non dice questo uno solo, non dua, non tre nè quattro né sei né dieci, non persone sospette non inimiche tue, non persone che non temessino a darci calunnie false, ma lo dice cento dugento trecento cinquecento mille uomini, lo dice finalmente uno esercito intero, uno esercito beneficato da te, uno esercito che stava a ubidienzia tua, uno esercito che arebbe avuto timore di te a accusarti a torto, arebbe [p. 358 modifica]sperato da te a scusarti falsamente; lo dicono tante provincie intere: la Romagna suddita a voi, el Mugello, el Casentino, Val di Pesa, el Valdarno, l’Aretino, el Cortonese; diconlo tutti quelli che abitano intorno alla cittá le nostre valle e’ nostri borghi; direbbonlo se potessino parlare, gli uccelli, le prietre, gli arbori, direbbonlo le mura delle nostre cittá, dalle quali si sentivano e’ pianti de 1 poveri contadini, le stride delie misere donne.

Esaminerannosi moltissimi de’ vostri cittadini, persone degnissime di fede, e’ quali udirete testificare che non una volta né dua né tre, ma infinite hanno in diversi luoghi sentito dire alto allo esercito che vivevano a discrezione perché non erano pagati e perché avevano licenzia da messer Francesco di fare cosí; diranno el medesimo e’ vostri contadini, e’ cortonesi, e’ romagnuoli, gli aretini, infiniti vostri sudditi; il che odo ancora che dicono e’ parmigiani, e’ bolognesi, e’ piacentini e tutta la Romagna; ne’ quali luoghi, come nel paese nostro, sono state infinite le rapine, moltissimi gli incendi, pochi gli omicidi; violate innumerabili donne di ogni etá e qualitá, vecchie giovani fanciulle maritate vedove vergini, quante sono le castella e terre vostre, con maggiore crudeltá che non arebbono fatto gli inimici, perché sotto la licenzia delle arme è pure qualche legge, qualche limitazione militare, ma dove gli amici entrano ostilmente, essendo mescolata la fraude con la forza, si confonde ogni buono ordine e costume, e chi nel saccheggiare e rubare transgredisce la giustizia e l’onestá, la transgrede anche nel modo del rubare. Testimonio di quello che io dico è Barberino, el Borgo a San Lorenzo e Dicomano, testimonio el Pontasieve, testimonio San Casciano, testimonio sono quelle ricche e belle castella del Valdarno quasi simile a cittá, Fighine, Sambuci e Montevarchi, che furono sanza comparazione trattate peggio che Laterina, che Quarata, che la Chiassa e gli altri luoghi dove stettono gli spagnuoli; peggio feciono a’ sudditi nostri e’ nostri soldati pagati e chiamati da noi, che non feciono gli inimici: non parlo del consumamento de’ grani, non parlo de’ vini, de’ quali quelli che avanzavano alla ebrietá militare erano sparsi per le volte e per le cantine, le quali per tutto erano uno lago; non parlo delle bestie, delle quali quelle che non potevano mangiare erano condotte via in altre provincie a vendere, ed infinite ne erano trovate amazzate per e’ campi e lasciate in preda a’ lupi; non parlo né mi lamento di queste cose fa una licenzia militare quando el paese è dato a discrezione non solo in quello che si mangia ma ancora in tutto quello che si può mangiare; ma le masserizie, le robe mobili delle case, delle quali le nostre ville ed e’ nostri palazzi erano fornite, le mercatantie di che quelle terre massime del Valdarno erano piene, cosí andarono in preda: non restò per le case e per le botteghe dove loro furono, cosa alcuna di nessuna sorte che si potessi portare via: dicevano essere loro, essere loro date in pagamento: non solo quello che si poteva portare via, ma le ledere ed ornamenti delle nostre case rompevano [p. 359 modifica]distruggevano rovinavano: giá gli incendi quanti furono per tutto el paese: vedevansi abruciare le case, sentivansi e’ romori delle cose che si rompevano e fracassavano; combattevansi per tutto le castella che non volevano aprire le torre forti, le tenute; praticavasi ogni esemplo di avarizia, di libidine, di crudeltá; il che feciono con maggiore facultá perché nessuno era fuggito, ognuno o almanco la piú parte gli aveva aspettati come amici.

Quanti furono gli sforzamenti delle donne, quante le bastonate e ferite degli uomini, quanti gli omicidi! Erano per tutto presi e’ vostri contadini, e’ vostri sudditi, e’ vostri fattori; erano constretti a ricomperarsi, a pagare la taglia; ma che dico io de’ vostri contadini, de’ vostri sudditi? Erano fatti prigioni, erano taglieggiati, erano tormentati e’ nostri cittadini: e’ nostri cittadini che avevano impegnato el suo, che s’avevano cavato el boccone di bocca per pagare lo accatto e l’altre gravezze, per dare danari ai... 9 per soldati; e’ nostri cittadini che quando andavano per e’ nostri eserciti solevano essere alloggiati, essere carezzati, essere onorati da re in campo, ora da’ loro soldati medesimi, da quelli che gli avevano pagati, che gli avevano chiamati, che gli avevano alloggiati, erano spogliati, erano assassinati, erano presi, erano legati, erano tormentati. Dimandate e’ soldati perché consumorono e’ vostri grani, e’ vostri vini, le vostre bestie: vi diranno che per non essere pagati era necessario vivessino di quello che trovavano. Dimandategli perché saccheggiavano e vendevano le masserizie e le mercatantie: vi diranno che perché pure bisogna al soldato altro che quello mangia, gli era dato licenzia da messer Francesco di fare questo. Dimandategli perché sforzorono le donne, perché abruciorono tante case, perché fracassorono e rovinorono tanti ornamenti, perché feciono tanti mali sanza alcuna loro utilitá: vi diranno a una voce che vedendo che messer Francesco trattava la patria sua ed e’ suoi cittadini cosí, credevano gli portassi odio e gli avessi per inimici; e però quanto peggio facevano, tanto piú pensare di fare cosa che gli fussi grata.

O ribalderia inaudita, o sceleratezza infinita, o impudenzia singulare, o incredibile pazienzia e dolcezza del popolo fiorentino! Tu doppo avere fatto tanti mali, offeso in tanti modi e si atrocemente el publico ed el privato, doppo averci fatto peggio che non feciono mai gli inimici, doppo averci dato a sacco per imborsarti e’ nostri danari, doppo l’averci assassinati ed amazzati con le arme nostre, con le arme che noi t’aveváno dato per nostra difesa, hai ardire tornare nella cittá, andare alla signoria, venire ogni dí con faccia allegra e ridente in publico; chiamato in giudicio, hai ardire di comparire, hai ardire di sperare di essere assoluto; e questo popolo è sí dolce, è sí buono e sí paziente che non ti laceri. Credevo che tu non avessi ardire di entrare in Montevarchi o in Fighine, ed io ti veggo ogni dí in Palagio ed in piazza, veggoti ogni dí innanzi a’ giudici, con [p. 360 modifica]tanta fronte, con tanta impudenzia, come se tu fussi cittadino e non crudelissimo inimico di questa cittá, come se tu fussi defensore della patria e non sceleratissimo predone e corsale, come se tu fussi conservatore di questa libertá e non uno immanissimo e pestifero tiranno. Ma non è meraviglia, giudici, che dove sono congiunte tante sceleraggine, non sia rossore, non sia vergogna, non vi sia finalmente segno alcuno benché minimo di animo modesto, di animo composto ed ordinato, di animo simile a quello degli altri; anzi sarebbe piú presto da meravigliarsi se fussi in contrario, perché non può essere rispetto né vergogna, dove è uno recettaculo, una sentina di sí enormi e dannosissimi peccati; e come dicono questi dotti che mal volentieri si può avere una virtú che non se n’abbia molte, cosí uno vizio può10 difficilmente solo; e quanto uno peccato è maggiore, tanto manco può essere sanza molti e gravi compagni. E certo, giudici, quando io considero quanti e quanto atroci peccati concorrono in uno fatto medesimo, non so trovare nè vocabulo che l’esprimi nè immaginare supplicio che basti a punirlo, perché non solo è suo peccato quello che ha fatto egli, ma non manco è peccato quello che lui ha permesso ed è stato causa, e molto piú quello che è stato di suo ordine, di sua commissione. Diréno che sia furto per avere occultato e’ danari delle paghe? Ci è ancora tante rapine fatte per forza e publicamente da’ soldati, ci sono le violazione di tante donne, ci sono tanti omicidi. Diréno che sia avarizia? Ci è in compagnia tanti esempli di lussuria e di crudeltá, ci è el sacrilegio, perché non manco sono andate a bottino le cose delle chiese ed e’ luoghi pii che e’ profani. Diréno che e’ sia uno peccato che abbia tre teste, come si dice di quello Cerbero: lussuria, avarizia, crudeltá? Ci è congiunto el tradimento, sí impiantente, sí sceleratamente saccheggiato tutto el nostro paese, assassinato tanti nostri cittadini con quella autoritá, con quelle arme che t’avevano messo in mano per sua difesa. Diréno che sia parricidio? Oh non è stata offesa la patria sola, ma el publico, el privato, e’ sudditi, gli amici e’ vicini. Non ci è nome che basti, non Demostene, non Cicerone lo saprebbono fabricare: è uno peccato che ha piú capi che l’idra, uno morbo, una fiamma, uno fuoco, uno inferno, uno peccato che non cento ceppi, non cento mannaie, non cento paia di forche, non tutte le pene insieme che si possono dare agli altri peccati sarebbono bastanti a punirlo. E tu ancora ardischi difenderti, procuri la assoluzione! Quanto meglio faresti, quanto saresti piú laudato a rimuoverti dal giudicio, a non comparire qua a rinnovare ogni di tante acerbe piaghe, a tôrti da te medesimo la sentenzia! Mostrerresti pure non essere accecato totalmente, d’avere ancora qualche vestigio di vergogna, d’avere qualche scrupulo di conscienzia, e [p. 361 modifica]dove non puoi diminuire la pena, non cercheresti di accrescere piú la indignazione, di concitare piú lo odio.

Perchè io ti dimando con che speranza vieni tu a difenderti, in che confidi. Speri tu nella eloquenzia tua? Maggiore sono le tue sceleratezze che si possino negare o scusare. Speri tu di potere allegare qualche beneficio fatto a questa cittá? Oh tu sei uno esemplo di tutti e’ mali che può fare uno cittadino alla patria! Speri tu nella nostra buona natura, nella dolcezza di questo popolo e di questi giudici? Troppo sono fresche e maggiori le ingiurie che tu hai fatto in universale o in particulare a tutti, che si possino dimenticare, troppo è el pericolo ed el danno che s’arebbe del perdonarti. Nessuno è di questi giudici, nessuno è in tanto concorso ed in tanta moltitudine d’uomini che non sia stato offeso da te o per te: a chi saccheggiata la roba, a chi bruciata la casa, chi fatto prigione; quelli che hanno patito manco, hanno per e’ furti e rapine tue pagato molto piú di gravezza che non potevano pagare. Dirai che speri ( corr. su Speri tu) ne’ danari e mezzi tuoi? So bene che hai rubato tanto che aresti modo a corrompere dieci giudici, una cittá intera; ma sono giudici troppo buoni, troppo integri, troppo amatori della libertá, cognoscono quello che non hai cognosciuto tu, quanto piú vale l’onore che e’ danari. Speri tu impaurirgli e spaventargli? Ti veggo bene el volto pieno di audacia, pieno tutto di superbia e di collera; ti pare avere gli eserciti teco, ti pare tuttavia darci un altro sacco. So bene che queste sono le voglie tue, questi e’ tuoi pensieri; ma è passato el tempo tuo; hai a vivere privato, hai a vivere abietto, hai a vivere odioso a ognuno, sanza forze, sanza autoritá, sanza grazia, peggio voluto che una fiera, una biscia, sanza che quando bene tutte queste cose potessino tornare, sono e’ giudici sí forti e sí virili che non per questo mancheranno di fare quello che però non possono fare el contrario. Speri tu nel favore e riputazione de’ parenti, nello aiuto di tanti amici, ne’ diguazzamenti che per te fanno tutti e’ partigiani de’ Medici? Non vedi tu infelice che non è piú el tempo che si spendino queste monete? che la cittá è libera, non piú sotto e’ tiranni? che dominano le legge e la giustizia, non piú gli appetiti de’ privati? che gli amici de’ Medici per la memoria di quegli tempi e di quegli scelerati fini affaticandosi per te ti offendono e ti nuocono? che e’ parenti tuoi in tanti atroci peccati, in tanto odio universale, in tanto grido di tutti, non solo non ti possono giovare, anzi, che se fussino de’ giudici tutti e’ Guicciardini ed anche Salviati sarebbono constretti a condannarti?

Allega che tutti e’ danari che si sono spesi in questa guerra sono andati in mano di Alessandro del Caccia, e che nessuno ne è venuto in mano sua, e che per e’ libri di Alessandro apparisce che e’ danari sono spesi ne’ soldati e negli altri bisogni della guerra, e che a’ libri e scritture si debbe credere piú che alle parole degli uomini, piú alle persone proprie che a quelle che non sono intervenute nel negocio: difesa certo [p. 362 modifica]egregia e conforme alla impudenzia sua, perché se la veritá non constassi per altra via, io confesso che la necessitá ci sforzerebbe a credere a’ libri, e ci staremo a quegli non tanto per la fede che noi gli prestassimo quanto perchè non aremo modo di fare altrimenti. Ma dove la veritá è manifestissima, dove sono le pruove sí chiare e sí evidenti, non bisogna che tu mi meni alle conietture. Dico che messer Francesco ha rubato e’ danari nostri, e vi do testimoni non uno, non dua, non a decine, non a centinaia, ma a migliaia, testimoni di ogni sorte, di ogni qualitá, di ogni nazione, e testimoni che non aveano interesse a dirlo, piú presto potevano avere rispetto a tacerlo.

In contrario non veggo se non uno testimonio, Alessandro del Caccia, ed un altro ministro suo. Chi dice che e’ danari vostri sono stati bene spesi? Alessandro del Caccia. Chi che messer Francesco non gli ha avuti? Alessandro del Caccia. Chi ha scritto in su’ libri, di che si fa tanto romore? Alessandro del Caccia. Dunche s’ha a dare fede a uno testimonio solo, e quello che non si fa in una causa privata, in una causa minima, nella quale (bisognano pure almanco dua o tre testimoni ed uno canc.) uno testimonio solo non è creduto, quando bene non vi siano altre pruove in contrario, si ammetterá in una publica di tanta importanza e dove in contrario sono le migliaia di testimoni, in modo che se noi vogliamo attendere el numero, che comparazione è da uno esercito a uno uomo? Se la degnitá delle persone, grande cosa sará che in uno esercito intero, tra tante nobilitá, tra tanti signori, tra tanti capitani, non siano testimoni di piú degnitá di Alessandro del Caccia, el quale, se tutte le altre cose concorressino, è parte in questo caso, perché non è da credere che abbia consentito che un altro rubi che anche lui non voglia essere in parte della preda; e noi crederreno a uno testimonio el quale scusando messer Francesco scusa sé, accusando lui accusa sé? Crederréno alle scritture tenute per mano di chi è stato compagno al furto, come sia da maravigliarsi che chi non l’ha ritenuto né la conscienzia né la paura da fare tanto assassinamento, non gli sia bastato l’animo a fare uno libro falso? Dimmi, Alessandro del Caccia, tu che sei mercatante, che sei uso a maneggiare danari, che sai quanto importano queste cose, parevat’egli onesto che una somma infinita di danari, tante centinaia di migliaia di ducati si maneggíassino cosí sobriamente, cosí asciuttamente, ed in modo che se n’avessi a prestare fede a te solo? Perché non si accompagnava la autoritá tua con le ricevute di chi gli ha avuti, con le fede delle terze persone, con tante chiarezze come era facile cosa che non si lasciassi luogo di dubitarne? Quello che e’ mercatanti fanno nelle centinaia o al piú migliaia di ducati non ti pareva conveniente doversi fare in sí grossa quantitá? Quello che tu eri solito fare negli interessi mediocri di Iacopo Salviati non ti pareva debito farsi nello stato della tua patria? Avevav’egli accecati tutt’a dua tanto la avarizia e ’ l peccato, che voi credessi che uno furto che toccava a tanti non avessi venire a luce? Credevi voi [p. 363 modifica]che in questa cittá fussi sí poco animo, sí poco discorso, sí poca esperienzia, che questi conti che per loro non hanno lume alcuno, in contrario hanno tante ripruove, vi fussino ammessi? Sono certo non ci stimate sí poco che lo credessi; e se avessi pensato a renderne conto qui, saresti stati o piú vergognosi a fare el male o piú ingegnosi a coprirlo.

Ma la cosa sta qui, el punto è qui: credesti poi che la guerra si maneggiava in nome del papa, poi che eri in campo come ministri suoi, averne a dare conto a Roma, dove le cose vanno alla grossa, dove el papa sarebbe stato come per el passato cosí liberale de’ danari d’altri come sempre è stato stretto de’ suoi; dove la autoritá di messer Francesco arebbe serrato la bocca a ognuno; dove el mezzo di Iacopo Salviati arebbe aiutato Alessandro. E forse chi sa se Iacopo è a parte di questo furto, perché la preda è sí grossa che a pena si può credere che messer Francesco solo l’abbia smaltita, né lui si stima sí poco che avessi voluto dare a Alessandro dieci soldi per lira; quanto è piú verisimile avevano fatto tutt’a dua la lega agli orecchi del papa: Iacopo l’aveva fatto venire a Roma; l’uno rimetteva la palla in mano dell’altro; è credibile che come erano compagni alla ambizione fussino ancora compagni alle prede. Vedete giudici che el furto è chiaro, e che cercando uno delitto se ne truova dua, cercando uno ladro se ne truovano parecchi; col furto veggiamo la falsitá de’ libri, con messer Francesco ladro vediamo ladro Alessandro del Caccia e forse Iacopo Salviati; siamo in luogo che tutto verrá in luce; cosí vuole la divina giustizia, cosí vogliono e’ peccati vostri. Strignete pure alla restituzione messer Francesco, come è conveniente, sendo lui el principale che si vede, sendo quello che aveva autoritá di dispensare el danaio, quello a chi toccava a fare pagare e’ soldati, che avea a commettere tutte le spese. Vedrete che per non volere pagare la parte di altri, sará sforzato a cavare fuora el libro secreto, a scoprire e’ compagni, a. pregarvi che voi riscotiate da ognuno la parte sua.

Allegherá che nel tempo che è stato ne’ governi della Chiesa è stata predicata la sua integritá, e che non è credibile che (se è stato buono nelle terre di altri canc.) se ha stimato11 buono nome nelle terre di altri, l’abbia voluto cattivo nella patria. Produrrá fede, lettere, testimoni di quelle cittá, e vorrá che noi crediamo piú alle cose da lontano, a quelle che ci sono e’ monti in mezzo, che a quelle che abbiamo innanzi agli occhi. Io non so di che qualitá tu sia stato nelle terre di altri, né lo cerco, ma dico bene che sei stato tristo quivi, che non è maraviglia che abbi continuato nel male perché chi comincia a farne abito va sempre peggiorando. Se sei stato buono, tanto minore scusa meriti, tanto piú sei degno di odio, sendoti dato al male non in etá giovane, non quando eri povero, che arebbe pure qualche compassione, ma quando eri giá ricco, quando [p. 364 modifica]eri in su’ guadagni grossissimi, quando avevi giá passata la quarantina, in modo che non si può usare teco né misericordia né perdono; e se in tale etá, in tale esperienzia hai cominciato a diventare tristo, né ti sei curato di perdere el nome di buono, quanto piú facilmente ora e con quanto minore perdita se n’avessi occasione continueresti nel male! Rimuovi adunche questi tuoi testimoni lombardi e romagnoli, queste tue lettere mendicate dalla comunitá, perché né fo difficultá di accettarle né durerei fatica a riprovarle; so bene come si vive in coteste cittá, quanto quegli uomini che non ebbono mai né libertá né imperio cognoscono solo lo interesse loro ed el fare piacere a’ maggiori di loro; non hanno nelle cose loro gravitá, non degnitá, non conscienzia; sono cosí servili con l’animo come con le necessitá; una raccomandazione in Lombardia di uno conte, uno priego in Romagna di uno governatore, uno cenno di uno cardinale gli farebbe ogni [dí] dire mille bugie; e quello che fanno a casa loro e nelle cose che si sanno per ognuno, che conto credete che tenghino di farlo negli interessi di altri ed in luogo dove pensano non sia ripruova? Non fui mai io in Lombardia nè in Romagna, ma non sono però sí povero di amici che se la importanza della causa consistessi in questo, che non mi fussi dato l’animo di cavare anche io delle lettere e de’ testimoni; ma per essere cose leggere e di nessuno momento, mi pare perdere tutte queste poche parole che io ci consumo drento; e pensa che tu ci hai perduta la spesa, la diligenzia e la fatica che ci hai durata. Queste sono, giudici, tutte le difese che lui potrá allegare, vedete quanto leggere, quanto frivole, quanto vane. E perché el medesimo parranno a lui, salterá alle difese fuora della causa.

Segue:

Da Ma poi che si vive cosí vediamo ... fino a ed in Tevere e finalmente in mare (pagg. 237-245).

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore

.

p. 193 — T, a persona — V, alcuno
p. 194 — T, lo amore. Segue canc.: grande

— T, male è piú. Segue canc.: ripreso lo evento

p. 195 — T, e che una peste... noi agg.
p. 197 — T, Fighine... Montevarchi agg.
p. 202 — T, desideri! — V, pensieri
p. 203 — T, Tutto questo... caccia — V, Non sono tante cacce in uno giuoco di palla
p. 205 — T, pedata — V, segno
p. 206 — T, vergogna — V, degnitá
p. 207 — T, né sono certi. Segue canc.: potere fare per la ritornata molto guadagno
[p. 365 modifica]
p. 207 — T, causa o necessitá di. Segue canc.: pigliare forma di vivere diversa dalla nostra

— T, era giá quasi fuora — V, era invecchiata

— T, undici continui anni agg.

p. 205 — T, nella pace — V, in tempo di pace

— T, riputazione. Segue canc.: importante piú che gli utili

— T, come desiderano — V, come spero che staranno

— T, potere comandare. Segue canc.: e molti d’essi arebbono avuto di grazia di parlargli

p. 209 — T, e la corte sua agg.

— T, sta sottoposto — V, vive ora sottoposto

— T, debole — V, conquassate

— T, salario. Agg. marg. canc.: per avere la autoritá limitata

— T, conti e di baroni — V, gentiluomini

— T, non possono avere — V, non hanno avere

— T, non cognosceva altro superiore agg.

— T, con altre guardie — V, con una guardia

p. 210 — T, e’ campi — V, gli eserciti

— T, supremo — V, ammirabile

— T, quasi adorato. Segue canc.: Insino al signor Giovanni, uomo di quella insolenzia e bestialitá che voi sapete, la morte del quale, io dirò pure ancora, benché fuora di proposito, questa parola, fu grandissimo testimonio della pietá che Dio aveva a questa cittá, insino dico al signor Giovanni, solito a sprezzare ognuno, vedendolo sí grande e con tanta facultá di potere nuocere e giovare altrui e gratificare a lui ed agli altri, lo osservava e gli aveva grandissimo rispetto

— T, delli imbasciadori agg.

— T, fastidiva... el papa agg.

— T, la grandezza loro — V, el ritorno loro

— T, assettarsi. Segue canc.: come diciamo noi sotto el suo pentolino, e noi crediamo

p. 211 — T, tanta pompa ed onori agg.

— T, possa tollerare — V, possa finalmente tollerare

— T, tutti e’ suoi... non hanno — V, tutti e’ pensieri suoi chi potessi vedere la veritá, ma e’ disegni suoi non hanno

— T, ma chi... la veritá agg.

— T, della notte. Segue canc.: chi potessi sapere tanto innanzi

— T, e di tiranni. Segue canc.: e tutte queste cose mi darebbono poca

— T, pensare — V, credere

— T, desiderare el agg.

— T, manifesti effetti. Agg. marg. canc.: se pure per qualche coniettura si potessi credere che avessi scintilla alcuna di animo temperato e modesto

[p. 366 modifica]
p. 211 — T, se io non... avarissimo agg.

— T, quieto e che — V, purgato, e che. Segue canc.: attribuissi a felicitá quegli anni che la fortuna gli ha permesso el godere queste cose e che come prudente, ora che l’ha perdute, ricognoscessi el corso della fortuna

— T, le opere — V, le azioni

— T, ricognosco. Segue canc.: la sua avarizia e la ambizione

— T, e quello... natura sua agg.

— T, la ragione mi vince — V, la necessitá sforza la natura

— T, consista la felicitá. Segue cane,-. Parlereno della avarizia in altra parte, la quale è stata tale che non temendo e’ giudici vostri, non e’ gridi di infiniti (corr. su tanti) poveri uomini, non e’ pianti di tante infelice fanciulle, vi ha fraudato di grandissima somma di danari, e per poterlo meglio fare, concesso a sacco el contado vostro, e stato causa di infinite rapine, di infiniti incendi, di innumerabili stupri ed omicidi; parlerenne, dico, in altra parte ed in modo che piú sia maraviglia che questi giudici, che questo popolo ti possa guardare, ti possa udire, che non sarebbe se tutta la cittá, non potendo sopportare tante sceleraggine e che una peste sí pestifera stessi tra noi, ti corressi furiosamente a casa e facessi sentire a te, alle facultá ed alle figliuole tue giustamente quelli medesimi mali che per tua colpa hanno sentito ingiustamente tanti altri. Ma diciamo ora della ambizione, che è proprio el luogo suo, la quale nacque seco ed è innata con lui ed oramai lo accompagnerá insino alla morte

p. 212 — T, de’ compagni nostri agg.

— T, chiamavano — V, nominavano

— T, profezia — V, vaticinio

— T, apparisce sanza alcuno. Segue canc.: palliamento, sanza alcuno ostaculo

— T, molle — V, ignavo

— T, vita conforme... e la — V, vita contraria la accresce e la

— T, per natura e per accidente agg.

— T, Non so parlare per... quella etá perchè — V, Non so parlare di lui né de’ costumi suoi per molti anni perchè

p. 213 — T, sperava cavare — V, aveva a cavare

— T, discordie — V, sedizione

— T, con poca dota agg.

— T, sedizione — V, sette

— T, fussi simile — V, fussi stato simile

— T, per la grazia... parenti agg.

p. 214 — T, né cerco... publico agg.

— T, della cosa. Segue canc.: e cosí farei di tutto el resto che io non sapessi

[p. 367 modifica]
p. 214 — T, dalla republica — V, per la republica

— T, perché di simile... certezza agg.

p. 215 — T, la veritá. Segue canc.: né è mancato qualcuno piú sottile consideratore delle cose che ha dubitato che la elezione sua di Spagna fussi piú segreta e maligna intelligenzia di Iacopo Salviati, che era allora amico de’ Medici, e de’ dieci, e degli altri amici de’ Medici, che per altro favore

— T, a tanto inaudito tradimento agg.

— T, le circunstanzie — V, el modo

— T, quella autoritá. Segue canc.: e quelle arme medesime

— T, non parricidio agg.

— T, non si conviene. Segue canc.: ed esco volentieri di questa cosa perchè non truovo parole che bastino a dimostrarla, e l’animo piglia orrore a fermarsi in questa memoria. Ma non lascerò giá di dire che o sia vero o sia falso questo carico, io non posso sanza

p. 216 — T, stimato ed aprezzato — V, stimò ed aprezzò

— T, a’ tuoi cittadini. Segue canc.: utile alla patria ed a tutti

p. 217 — T, e piaceri agg.

— T, donde fu poi... se medesimo agg.

p. 218 — T, non debbo — V, non posso
p. 219 — T, poca notizia — V, poco giudicio

— T, come bene disse... reciproche — V, bene mostra la parola di colui, sono secondo Salamone reciproche

— T, ama la libertá... ama l’uno — V, ama piú la libertá o ama piú el tiranno; e di necessitá chi ama piú l’uno

p. 220 — T, moderata — V, modesta

— T, parlare — V, vivere

— T, anzi se — V, ma se

— T, molto onesto — V, bene ragionevole

— T, ed avendo... queste cose agg.

— T, libelli — V, libri

— T, sanza notizia — V, inesperto

p. 221 — T, sendosi fermo — V, si fermò

— T, potenzia — V, tirannide

— T, non fu perché... ma agg.

— T, intendevi tu e non agg.

— T, cognosciuto tale — V, cognosciuto e veduto tale

p. 222 — T, solo di... patria — V, tra tanti della tua patria

— T, innocente — V, povero

— T, disarmato — V, imperito delle arme

p. 223 — T, invidia — V, superbia
p. 224 — T, non desideri. Segue canc.: sopra ogni cosa

— T, dal suo stato — V, di Casentino

[p. 368 modifica]
p. 224 — T, se non ritorna... Firenze agg.
p. 225 — T, contento. Segue canc.: di animo

— T, tranquillitá. Segue canc.: ed onesto ocio

p. 226 — T, fussi cosí. Segue canc.: perché la gelosia ragionevole che io ho della (republica) libertá ed el timore giusto che io ho che non ci sia fatto in futuro come fu fatto per el passato, non m’arebbe sforzato a pigliare in uno tempo medesimo fatica ed inimicizia

— T, Ma chi... si inganna agg.

— T, nel contado molto credito agg.

— T, a messer Francesco... gonfaloniere; e’ tiranni — V, a costui quegli che (causorono la mutazione dei 12) cacciorono Piero Soderini

p. 227 — T, quasi a tutti — V, a molti

— T, eloquenzia — V, lingua

— T, esperienzia grande agg.

— T, patria — V, cittá

— T, bella — V, bellissima

— T, lui sanza figliuoli agg.

p. 228 — T, in esilio. Segue canc.: e di fare perdere a noi la nostra libertá
p. 229 — T, pratica alcuna. Segue canc.: di machinare

— T, fomentato da altri — V, trattato da’ cittadini

— T, il senso — V, la parte

— T, detestabile — V, non conveniente

— T, el principio. Segue canc.: ed in uno certo modo causa

— T, inimico — V, amico

p. 230 — T, riprendere. Segue canc.: né la inimicizia di che faceva professione col gonfaloniere pareva che procedessi piú innanzi che l’astenersi lui dal palazzo e dalle faccende publiche

— T, e’ cittadini — V, gli uomini

— T, la cittá — V, la libertá

— T,. partire — V, mandare via

p. 231 — T, in simili — V, ne’ medesimi

— T, dirsi — V, allegarsi

— T, invidia — V, crudeltá

p. 232 — T, continuamente — V, sempre

— T, importunamente di. Segue canc.: rimettervi in quella servitú donde

— T, la voluntá — V, l’animo

— T, si gastiga — V, si punisce

— T, legge commune. Segue canc.: perché el delitto è sí grande e causa di tanti mali che la pena o è impossibile o di poca satisfazione che tutti e’ savi e quelli che hanno fondato

[p. 369 modifica]
p. 232 — T, molti — V, infiniti

— T, singulari. Segue canc.: e giustamente faccendo in questo eguale uficio di giustizia

p. 234 — T, consorte de’ re — V, consorte loro

— T, cacciati fu commesso — V, cacciati e’ re era stato

— T, e tennono piú conto agg.

— T, della sicurtá — V, del bene benché piccolo

— T, salute — V, utilitá

— T, di uno solo. Segue canc.: el quale se è buono cittadino non può fare che non abbia caro che ancora con danno suo sia provisto alla salute della sua patria; se è cattivo, s’ha a avere tanto piú caro di fargli dispiacere

— T, conculcarla. Agg. canc.: e che non manco è lecito alla patria per quiete di tutti li altri cittadini mandarne fuora uno solo, che sia lecito a uno padre che ha molti figliuoli, per piú commoditá della famiglia fare che uno ne vadia a abitare fuora di casa

— T, perché... ordinari agg.

p. 235 — T, sempre e’ agg.

— T, piante troppo eminenti — V, piante eminenti

— T, sospetti qualche volta — V, sospetti gagliardi

— T, andò — V, andò furiosamente

p. 236 — T, a tutti noi la — V, a questo popolo

— T, inganni — V, insidie

— T, a basso — V, a casa

p. 237 — T, o lui o altri per lui agg.

— T, dannosi alla cittá e. Segue canc.: sono instrumento di chi le vuole

p. 238 — T, e’ peccati... questa cittá agg.

— T, a’ meriti — V, alla memoria

— T, per la salute tua — V, per salvare te che non lo meriti

— T, nel 94 — V, per el passato

— T, esaltandogli... onori agg.

p. 239 — T, cercare di pregare — V, volere pregare
p. 240 — T, rigiditá — V, severitá
p. 241 — T, fu causa di. Segue canc.: implicarvi

— T, necessitá — V, commoditá

— T, re — V, principi

p. 242 — T, agl’infedeli — V, a’ cani agl’inimici di Dio
p. 243 — T, cacciate via — V, mandate via

— T, privatamente agg.

— T, satisfatto assai. Segue canc.: al debito

— T, io debole cittadino agg.

— T, vi cuopre — V, vi scusa

[p. 370 modifica]
p. 244 — T, gridare libertá. Segue canc.: ma non bisognano questi aiuti

— T, commosso — V, infiammato

— T, infiammato — V, disperato

— T, pure ora — V, insino a ora

— T, impeto — V, furore

p. 245 — T, Non gli tiene... accendere agg.

— T, gravissima — V, eterna

— T, Tevere. Segue cane .: e forse ancora in Po.

VIII

La Defensoria (questo il titolo che le ha dato l’Autore) si trova anch’essa nella Filza VIII delle Carte; il Guicciardini la lasciò incompiuta.

Errori dell’edizione Canestrini:

p. 249 Can. abbia speranza — G. debbe sperare; p. 254 Can. condannato — G. calunniato; p. 256 Can. eleggere uno — G. eleggere reo; p. 259 Can. Poliziano — G. Prisciano; p. 261 Can. dire che ancora non — G. dire el reo: e’ non; ibid. Can. di quella fine — G. di quella forte; p. 264 Can. generoso — G. ingegnoso; p. 268 Can. una fama — G. viva fama; ibid. manca in Can.: del mio bene e; p. 272 Can. di fatto — G. di sotto; p. 273 Can. l’ho fraudato — G. l’ho fatta io; p. 276 Can. crede provedere — G. vuole provedere; p. 281 manca in Can.: non vuole... testimoni.


L’Autore ricominciò tre volte la Defensoria. Diamo qui i tre esordi cancellati:

1. Quello che molte volte, giudici, poi che questa accusazione fu cominciata e questo di massime, ha non mediocremente perturbato lo animo mio, quando io mi raccolgo in me medesimo mi dá piú presto conforto e consolazione.

2. Non (conviene giá, giudici alla innocenzia mia) è giá conveniente, giudici...

3. Benché non sia conveniente, giudici, che chi si sente innocente ed ha la conscienzia purgata, si spaventi per le accusazione (calunniose) false o ingiuste, perché debbe sperare che la veritá sia (abbia a restare) [p. 371 modifica]superiore alle calunnie, e che Dio giusto giudice abbia a essere suo protettore e difensore, nondimeno io non posso negare che, e nel principio della accusazione e questa mattina massime, ho l’animo molto commosso e perturbato, vedendo avere in pericolo l’onore, le facultá e la civilitá.

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore.

p. 250 — T, al presente — V, in questo tempo

— T, della republica. Segue canc.: io lo ringrazio, aveva la cittá (?) a desiderare che con questa buona mente fussi accompagnata la prudenzia

— T, ambizione — V, passione

— T, l'hanno udito — V, per le parole sue

p. 251 — T, o preposto... ignoranti — V, o deputato giudici ignoranti

— T, iniquamente — V, ingiustamente

p. 252 — T, grido di uno di — V, grido solo di uno di solo

— T, che è debita... a me solo — V, che è obligata a me solo

— T, potrá essere — V, sará

p. 253 — T, per el passato agg.
p. 254 — T, da essere... falsamente agg.

— T, salute della cittá. Segue canc.: El medesimo intervenne a Marcello che trovandosi in grandissima riputazione per essere stato el primo che aveva vinto Annibale se gli levò adosso sanza alcuno fondamento uno grandissimo carico

p. 255 — T, sanza dubio. Segue canc.: di qualitá che se ne fussi una piccola parte
p. 256 — T, di cavalli — V, di soldati
p. 257 — T, grave agg.

— T, communemente agg.

— T, causa alcuna. Segue canc.’, benché leggiere

p. 259 — T, essere pagati? Segue canc.: Ma io credo oramai diventare ridiculo a usare in questo tante parole, perché la cosa è pure troppo manifesta per se stessa; e se io dicessi piú del poco peso di questi testimoni, sono certissimo che piú presto genererei fastidio che attenzione. Se adunche questi tuoi testimoni per loro medesimi non vagliono nulla, se non pruovano nulla, se da sé soli sono ridiculi

— T, governano — V, aiutano

p. 260 — T, bisogno — V, compassione

— T, credere che sia — V, credere che abbia a essere

p. 261 — T, el furto. Segue canc.: non l’avere commesso a’ soldati el fare danno, de’ quali l’uno depende dall’altro, perché come aveva detto lo accusatore per potere rubare fia consentito
[p. 372 modifica]
p. 262 — T, non darete mai se non risposte — V, non risponderete mai se non parole

— T, cioè — V, è el

p. 263 — T, orecchi. Segue canc.: e porti fastidio

— T, quando... se medesimo agg.

p. 264 — T, Modena perché. Segue canc.: credo ci sia pure chi se ne ricorda, anzi

— T, a’ quali... ingegno agg.

p. 265 — T, che io abbia. Segue canc.: Vi vissi in modo e detti tanto nome di integritá e di

— T, ducati per. Segue canc.: liberare

p. 267 — T, nella patria mia agg.

— T, opinione — V, fama

p. 268 — T, con tutto el cuore. Segue canc.: che se io sono tale quale ha detto el mio accusatore

— T, apresso a voi. Segue canc.: che avete autoritá di punirmi

p. 269 — T, di cittá suddite agg.

— T, degli oppressi — V, di qualcuno

— T, dove... valermi agg.

— T, aspettare doppo... una — V, riservarmi a una

p. 271 — T, nè sono indovino — V, avevo giá a pensare
p. 272 — T, non ho rubato. Segue canc.: Ma vi dirò piú oltre che anche non ho potuto rubare

— T, non da me. Segue canc.: e persona che in corte di Roma aveva piú appoggio di me

p. 275 — T, a vivere di ratto — V, a fare questa disonestá
p. 277 — T, el piú altiero — V, el piggiore

— T, Lautrec — V, e’ franzesi

p. 278 — T, le Bande Nere — V, questa fanteria
p. 281 — T, errore. Segue canc.: forse che vi ha mostro qualche mia dis*

IX

In questa ristampa di tutte le opere guicciardiniane abbiamo seguito il criterio di escludere tutto quello che fosse compendio o estratto di scritti d’altri autori. Ci è parso tuttavia di dover fare eccezione per questi Estratti savonaroliani (conservati autografi nella Filza XV delle Carte), perché essi rappresentano un lavoro [p. 373 modifica]schiettamente personale di scelta, condotto su tutte le prediche del Frate.

Di questi Estratti abbiamo un’edizione del 186312, fatta con evidente scopo propagandistico e quel che è peggio, scorrettissima. L’Anonimo editore volle ridurre questi frammenti nell’ordine cronologico delle Prediche, correggendo quelli che gli parvero, e in parte erano realmente, errori di datazione commessi dal Guicciardini. Il metodo poteva anche essere giustificato; senonché l’Anonimo cadde alla sua volta in nuove e piú gravi inesattezze perché non tenne conto dello stile fiorentino, ciò che lo trasse ad una intricatissima confusione; soppresse addirittura l’estratto del 28 luglio 1495, e trovandosi di fronte a quello intitolato Della Esortazione; die septima aprilis 1528, rimediò ad ogni possibile difficoltá di interpretazione sopprimendo senz’altro quella data 1528.

Questa trascuratezza dell’Anonimo trasse in inganno anche il Ridolfí, il quale scrisse nel suo Inventario: «l’ultimo estratto contenuto in questo manoscritto autografo è quello del 13 agosto 1496, mentre lo stampato si estende fino alla predica fatta in die Ascensionis del 1497». Un piú attento esame dell’originale gli avrebbe dimostrato che il manoscritto non è affatto meno completo dello stampato, che anzi, come si è detto, comprende un estratto che manca nell’opuscolo dell’Anonimo.

Nella nostra edizione ci parve opportuno rispettare l’ordine dato a questi estratti dal Guicciardini. Non si trattava qui di dare un sunto delle Prediche del Savonarola, ma di riprodurre questa specie di antologia fattane dal Nostro. Né è da escludere che l’apparente disordine sia dovuto ad una precisa volontá di ravvicinamenti ideologici. Ad ogni modo abbiamo aggiunto le date che erano necessarie a ritrovare il posto preciso di ogni estratto nelle diverse serie delle Prediche, e corretto gli errori di datazione, dando sempre notizia della correzione eseguita.

Segnaliamo qui i piú gravi errori nei quali cadde l’Anonimo editore degli Estratti:

p. 285 An. è piú chiaro — G. è piú certo; p. 287 An. vedremo — G. vedranno; p. 289 An. della giustizia — G. della sua giustizia; ibid. [p. 374 modifica]An. prospero — G. prospererá; p. 291 An. Succidam — G. Succendam; ibid. An. grave — G. grande; ibid. An. al punto — G. al presente; ibid. An. che fará — G. che farò; ibid. An. mai, prò Cristo est vivere prò fata; oggi — G. mori prò Cristo est vivere, facci oggi; ibid. An. e’ padri — G. se padri; ibid. An. reputati — G. reprobati; p. 292 An. negli altri — G. negli altari; ibid. An. toglierá — G. taglierá; p. 293 An. sapranno di molte — G. s’aprirranno di molte; p. 294 An. cacciato si spargeria — G. cacciato non si spegnerá; ibid. An. turbazione — G. tribulazione; p. 295 An. messer Domenico — G. messer Domenedio; p. 297 An. Tu hai — G. Tu arai; ibid. An. Dio t’ha detto — G. Dio t’ha eletta; p. 268 An. Rucasio — G. Nicasio; ibid. An. non è talmente — G. non è totalmente; p. 299 An. in Sammaria — G. a campo a Sammaria; p. 300, manca in An.: lui m’ha promesso... per forza; p. 301 An. tepidi — G. tepidi e cattivi; p. 303 An. non saranno — G. non staranno; p. 304 An. Aniano — G. Aviano; p. 307 An. degli uomini ma di Dio — G. dagli uomini ma da Dio; p. 311 An. glorioso — G. glorioso tempo; p. 312 An. entrassino — G. entrassimo; p. 314 An. verranno... ma faranno — G. verremo... ma faremo; ibid. An. andrá tutto — G. andrá per tutto; p. 317 An. uomini tuoi — G. amici tuoi; ibid. An. presenzia — G. penitenzia; p. 318 An. prevenuti — G. provocati; ibid. An. Item — G. Iterum; p. 319 An. ti aggravi — G. ti aggiri; p. 320 An. ti deliberarono — G. ti liberorono; p. 321 An. lo farebbero — G. lo fareno; ibid. An. non so tepidi — G. ma sono tepidi; p. 322 An. Dio ci ha dato — G. Dio m’ha dato; p. 326 An. guastarlo a lui — G. guastarlo guai a lui; ibid. An. che non sarebbe — G. che non starebbe; p. 329 An. sono minori — G. siano minori; p. 330 An. sono tutti buoni — G. sono tuoi buoni; p. 331 An. potrá fare — G. potria fare.— Inoltre l’An. ha sempre sciolto in ideo la sigla . i., che significa idest.

Varianti del primo testo rifiutate dall’Autore.

p. 285 — T, a vedere — V, a dire

— T, e sará presto — V, e presto

p. 289 — T, poi che sará... purgato agg.
p. 292 — T, per qualche tempo — V, per un poco
p. 294 — T, in Turchia — V, in Italia
p. 299 — T, 8 giugno — V, 4 giugno
p. 301 — T, tepidi e cattivi agg.
p. 304 — T, Io ti voglio... in lui agg.

— T, Aviano — V, Aurelio

p. 306 — T, 30 novembris — V, 27 novembris
p. 308 — T, vuole amazzare — V, ha a amzzare
p. 313 — T, Ultima — V, prima
[p. 375 modifica]
p. 314 — T, però tu arai un grande flagello agg.

— T, agli uomini e non alle donne agg.

p. 323 — T, morti — V, spenti
p. 327 — T, e’ corpi — V, e’ popoli
p. 332 — T, per e’ cattivi agg.

— T, ed ardevale. Segue canc.: ed amazzavale.


Nella trascrizione del testo abbiamo in questo volume seguito gli stessi criteri che nei precedenti: crediamo tuttavia opportuno far noto che in ossequio a norme prestabilite della Collezione si è dovuto modificare in dolse la forma dolfe, usata dal Guicciardini nelle Ricordanze.


Note

  1. Come nei volumi precedenti, diamo questi elenchi delle inesattezze nelle quali sono caduti gli altri editori non per fare sfoggio di inutile pedanteria né per svalutare la loro opera, ma solo per evitare che qualche studioso, il quale non abbia modo o voglia di collazionare il nostro testo con l’originale, trovando frequenti divergenze tra questa e le altre edizioni, rimanga incerto quale sia la lezione esatta.
  2. Ricordanze inedite di Francesco Guicciardini, pubblicate ed ili. da Paolo Guicciardini, Firenze, 1930.
  3. Cosi il testo.
  4. Cosi il testo.
  5. Parola d’incerta lettura.
  6. Cosí il testo.
  7. Parola di incerta lettura.
  8. Parola di incerta lettura.
  9. Parola di incerta lettura.
  10. Cosí il testo.
  11. Cosí il testo.
  12. Profezie politiche e religiose di fra Hieronímo Savonarola, ricavate dalle sue Prediche da inesser Francesco de’ Guicciardini l’historico, Firenze, 1863.