Bollettino delle leggi e disposizioni della Repubblica Romana/Bollettino N. 6

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Bollettino N. 6

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Bollettino N. 5 Bollettino N. 7
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REPUBBLICA ROMANA


BOLLETTINO DELLE LEGGI


N. 6.


EDIZIONE OFFICIALE

78 Ordinanza del Comitato Esecutivo sulla forma delle monete — pag. 83.

79 Circolare del Ministro dell'Interno ai Presidi delle province in cui si dà agl'impiegati il termine di 5 giorni per l'adesione alla Repubblica — pag. 84.

80 Decreto del Comitato Esecutivo in cui si obbligano le casse erariali e ricevere i boni emessi dalla Legazione di Bologna — ivi.

81 Idem in cui si ordina al Ministro delle Finanze di provvedere immediatamente all'amministrazione de' beni dei patrimoni Gesuitico e della Sacra Inquisizione — pag. 85.

82 Nota del Ministro delle relazioni estere alle Potenze — pag. 86.

83 Ordine del giorno del Ministro di Guerra e Marina in cui s'ingiunge la disciplina e la subordinazione — pag. 91.

84 Il Ministro dell'Interno notifica che ai Rappresentanti del popolo sarà data una medaglia per farli distinguere — pag. 93.

83 Notificazione del Preside di Roma e Comarca in cui s'istituisce una commissione per definire le rendite sottoposte al prestito forzoso — ivi.

86 Decreto del Comitato Esecutivo per la emissione di un milione di moneta erosa — pag. 95.

87 Disposizioni legislative organiche e di procedura — ivi.

88 Idem perchè le spese d'amministrazione della Repubblica si sostengano per ora col preventivo del 1848 — pag. 102.

89 Idem di abolizione della censura per stampe, incisioni etc. — pag. 104.

90 Idem con cui si dà facoltà al Ministro degli Esteri per le trattative dell'unione della Toscana — pag. 105.

91 Idem per un sussidio di cento mila scudi in boni del tesoro a Venezia — pag.106.

92 Ordinanza del Comitato Esecutivo sugl'impiegati che non hanno dato l'adesione alla Repubblica, ed i militari che non hanno giurato — pag. 107.

93 Proclama del Ministro dell' Interno ai cittadini perchè tutelino l'ordine— pag. 109.


Roma 1849. — Tipografia Governativa.

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REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica.

Notifica:

Che l’Assemblea Costituente, nella tornata del primo Marzo, ha promulgato il seguente Decreto.

Art. 1. La moneta della Repubblica Romana, di grande dimensione d’oro e di argento, avrà nel dritto la figura dell’Italia in piedi, col motto intorno Dio vuole Italia unita. Nel rovescio avrà la corona civica, con in mezzo scritto il valore, ed intorno la iscrizione Repubblica Romana: in basso il millesimo.

Art. 2. La moneta di piccola dimensione di oro e di argento, avrà nel dritto la testa di Roma galeata con l’inscrizione Repubblica Romana; nel rovescio la corona civica con la valuta del la moneta nel centro, e l’inscrizione all’intorno »Dio vuole Italia unita» nel basso il millesimo.

Art. 3. Le monete di rame di ogni dimensione avranno nel dritto lo stemma Repubblicano con l’iscrizione all’intorno »Dio e popolo», nel rovescio avranno la valuta nel centro, chiusa da un cerchio, coll’iscrizione all’intorno Repubblica Romana, e nel basso il millesimo.

Art. 4. Il valore, espresso nelle monete della Repubblica Romana, sarà la lira Italiana.

I Ministri delle Finanze e del Commercio cureranno l’immediata esecuzione di questa legge.

Roma 1 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo


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REPUBBLICA ROMANA


MINISTERO DELL'INTERNO

CIRCOLARE AI PRESIDI DELLE PROVINCE

Cittadino Preside!

Facendo seguito alla circolare 23 scaduto N.° 48901, vi aggiungo che a presentare l’atto di adesione alla Repubblica, tal quale è formulato dal decreto della nostra Assemblea, viene prefisso a tutti gl’impiegati governativi il termine di cinque giorni, che comincerà a decorrere dal momento in cui ne giungerà a notizia questa disposizione. E fermo pertanto che per il luogo di vostra residenza debba il termine suddetto aver principio all’arrivo del presente, nei luoghi di vostra giurisdizione quando ne arriveranno le vostre partecipazioni, che vi affretterete a trasmettere. Siate quindi avvertito a tenere in sospeso il pagamento del soldo a ciascun impiegato che non abbia ancora presentato il suo atto di adesione.

Salute e fratellanza.

Roma 1 Marzo 1849.

Il Ministro


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REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica.

Notifica:

Che l’Assemblea Costituente, nella tornata del primo Marzo, ha promulgato il seguente Decreto:

[p. 85 modifica]I boni, che furono emessi dalla Legazione di Bologna in scudi 200 mila, si dovranno ricevere dalle casse erariali nello stesso modo, e con le stesse norme stabilite dalla Legge del giorno 27 Febbrajo passato pei boni del Tesoro e biglietti di Banca.

Roma 1 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo

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REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica

Ordina:

Che il Ministro delle Finanze provveda immediatamente alla amministrazione di tutti i beni del Patrimonio Gesuitico, e della così detta Sacra Inquisizione, finchè non venga organizza ta l’amministrazione del Demanio.

Roma 2 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo


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MINISTERO DELLE RELAZIONI ESTERE


NOTA ALLE POTENZE

Le calunnie che si vanno tuttodì spargendo per denigrare agli occhi del mondo la nostra rivoluzione vogliono essere ribattute e ci apprestiamo a farlo con questa Nota che brevemente riassumerà le ultime vicende della storia d’Italia.

Questa gloriosa Nazione, chiamata dopo secoli d’infortunii al suo riscatto, si era avventata ani mosa nell’arena che i nuovi fati le schiudevano; congiunta in un pensiero, pensiero santo d’amore, d’indipendenza, di fraternità era corsa sui campi Lombardi dove il suggello aver dovea la sua redenzione. L’impresa era avviata prosperamente e l’avvenire si parava ridente dinanzi a 24 milioni d’uomini collegati in un’idea, in una fede, in una speranza, quando quella mirabile armonia restava a un tratto turbata, distrutta dall’uomo medesimo il cui nome avea fatto insorgere fino allora gli oppressi contro gli oppressori. Il 29 Aprile, allorchè più ferveva la guerra che dovea darci la nostra indipendenza, un fatale anatema usciva dal Vaticano che ripudiava i credenti nell’idea della nazionalità, che riprovava quella guerra che era il desiderio più santo che alimentare si potesse dal nostro popolo. Da quel giorno l’attrito col principato diveniva inevitabile, e il paese ridotto a scegliere fra il suo breve dominio e l’Italia intera un istante non esitava a dichiararsi Italiano, a porsi in lotta contro chiunque volesse dal concetto della nazione distornarlo.

[p. 87 modifica]Sei mesi scorrevano di una opposizione sorda, terribile, fatale; e i disastri di Lombardia, dovuti in gran parte alla defezione del Papato, gli animi inacerbiva, mostrando loro questa istituzione incompatibile colla gloria d’Italia. Diciamo questa istituzione, riguardandola temporalmente; del Papa principe parliamo, venerando l’augusto carattere di cui come sacerdote è investito. Il novembre giunse e lo sdegno, sì a lungo compresso, traboccò; il popolo insorse e chiese ragione del sangue che per l’indipendenza d’Italia avea sparso, degli stenti che per quell’indipendenza avea patiti, dell’avvenire che un’insana parola gli avea chiuso dinanzi. I falsi consigli acciecarono il Principe che in quel moto generoso di un popolo non vide che l’irruenza di pochi faziosi; e, alle moltitudini che gridavano Italia e indipendenza, Pio IX rispose fuggendo nel regno di Napoli.

Quella fuga era una seconda defezione, ma la longanimità del popolo non cessò. Il popolo chiese se un principe costituzionale potea in tal guisa lasciare il suo stato, e trovò che la Costituzione era stata una mendace larva. Egli chiese chi avea lasciato il Principe per fare le sue veci dopo la sua partenza, e un biglietto si rinvenne solo, un meschino biglietto, in cui Pio IX raccomandava i palazzi apostolici e la vita dei suoi famigliari. Lo stupore vinceva il dolore e il popolo nondimeno aspettò. Una Commissione di governo veniva infatti dopo alcuni giorni nominata da Gaeta. Tacciamo dell’incostituzionalità di tutti questi atti, perchè una larva, il ripetiamo, e non altro era stata sempre la Costituzione che il [p. 88 modifica]Papato ci avea data. La Commissione interpellata rifiutò di accettare l’incarico, si sciolse, si sbandò; il paese rimase senza governo. Pur l’indole del popolo era tanto mite che l’anarchia, quell’anarchia vagheggiata dai falsi consiglieri del Pontefice, che in essa vedean la scala per risalire le malaugurate cime da cui erano stati precipitati, non si manifestò, e il popolo longanime sempre attese ancora, attese lo scioglimento di quel dramma fatale.

La Camera dei Deputati avea protestato contro l’atto che nominava in tal modo una Commissione, contro un atto che valore alcuno non avea, perchè da nessun Ministro contrassegnato Un messaggio era spedito al Papa, e l’Alto Consiglio e la Magistratura concorrevano a formarlo, e Roma dolorando ancora la rovinata impresa Italiana, l’abbandono dell’uomo col cui nome si era levata, attendeva dopo quell’atto un ritorno del Principe a più Italiani sentimenti.

Il messaggio era respinto; una sbarra fra popolo e principe erasi alzata. La pazienza di Roma era messa alle ultime prove,ma il senno di Roma, anche fra quelle estreme prove, durava. Il Presidente della Commissione nominata dal Papa, il Cardinale Castracane, veggendo in quale stato fosse ridotto il paese, inviava nuovo messaggio a Gaeta; ma questo pure non aveva accesso o non trovava risposta. Il paese scorgendosi a se abbandonato nominava una Giunta di Stato per impedire un dissolvimento totale, per allontanare un’anarchia che diveniva inevitabile; la quale non avendo intero battesimo di legittimità agli occhi del popolo, convocava la Costituente che [p. 89 modifica]sola poteva supplire alla deficienza degli ordini mancati. Il Papa che era fuggito, che non avea la sciato alcun governo, che sapeva che la Commissione da lui nominata non si era mai installata, il Papa rispondeva a quella nuova misura di un popolo che tutte le vie cercava per sottrarsi agli orrori dell’anarchia, scomunicando la Costituente, vietando a quanti gli erano ligi di prendervi parte. Ma che esigeva egli dunque? o piuttosto che esigevano i consiglieri che lo attorniavano? Voleva egli la rovina del paese? Vagheggiava egli l’anarchia? Gli sorrideva il pensiero d’una guerra civile? Bramava ritornare fra i gemiti dei cadenti, fra le ruine della Città che con tanto amore lo avea prima acclamato?

La Costituente s’inaugurò; 200,000 elettori portarono le schede in quelle urne contro cui si erano spuntate le folgori del Vaticano. Emanazione del popolo, del suffragio universale, la Costituente pesò le condizioni d’Italia, sviscerò l’essenza del Papato, quel duplice carattere che riveste incompatibile trovò colla civiltà di un popolo, coll’avvenire della Nazione, e dichiarò decaduto il Papato. La Repubblica emerse da quelle ruine, pura, incruenta, degna d’un popolo che con tanto ordine, che con tanta dignità si era comportato. La Repubblica fu bandita come lo stato che più si conveniva alle virtù, di cui queste moltitudini si erano mostrate dotate. I calunniatori di questa Repubblica dicano quali enormezze ella abbia commesse, dicano in qual modo turbata abbia l’armonia degli stati Italiani e le loro speranze. No: questa Repubblica onora l’Italia, è degna dell’eterna città; la Roma dei Cesari e dei [p. 90 modifica]Papi si fece più grande allorchè divenne la Roma del Popolo.

L’Europa giudichi questi fatti e pronunzi con conoscenza di causa se legittima fu la nostra rivoluzione. Finchè il Papato ci assecondò, finchè esso si mostrò amico della nostra indipendenza, noi col Papato procedemmo, noi dal Papato una consecrazione cercammo al glorioso nostro risorgimento. Ma allorchè esso ci disertò, allorchè esso ci dichiarò che il suo carattere sacerdotale gli vietava di corroborare i santi conati dell’indipendenza, allorchè esso ci disse che gli interessi del mondo cattolico gli impedivano di patrocinare: l’interessi Italiani, allora noi non avemmo che un grido, allora noi esalammo dal profondo del cuore che eravamo Italiani, e il Papato ripudiammo che ci avea ripudiati, onorando il sacerdote, ma non obbedendo omai più che alla voce d’Italia.

Il mondo giudichi questi fatti e seguiti se il vuole a calunniarci. Non è per giustificarci che noi questi faiti allegammo, giacchè la giustificazione nostra sta tutta nei nostri diritti, nelle nostre coscienze. Ma è bene che l’Europa abbia un regolo per misurare le sorti che ci si preparano, sorti che incontreremo senza baldanza, senza paure, colla dignità di uomini che s’adoprarono pel bene della terra in cui erano nati, e che all’Europa, colla fronte alta, con cuor sicuro potran sempre dire: Un’opera gloriosa almeno compimmo e fu quel giorno in cui abbattemmo il dominio temporale de’ Papi.

Roma 3 Marzo 1849.

Il Ministro degli Affari esteri


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MINISTERO DI GUERRA E MARINA


Ordine del Giorno 3 Marzo.

Lo stendardo della Repubblica si agita tra le vostre file: la parola della rigenerata vostra fe de è la più santa di ogni altra, perchè la più degna di salire a quel Dio che toglie metà dell’anima allo schiavo. Le vostre armi, redente dal tristo mandato dei re, ora son fatte armi cittadine: ed anche su loro trascorre quella luce miracolosa che circonda il capo dei popoli liberi. Il passato vi credeva meno che femmine 7 perchè il soldato non ha palpito che per la Repubblica. Ma l’avvenire vi trovi più che uomini, perchè dove s’innalza quel vostro stendardo, ivi sono i sovrani diritti della umanità; dove s’innalza l’insegna di Roma, ivi freme lo spirito di Bruto, lampeggia la pupilla di Mario.

Soldati della Repubblica! E tempo di forti e magnanime ire. La vostra divisa è divisa di Libertà: divisa d’ordine, di legge, di sacrificio. Sollevati a tanta dignità, il più scrupoloso adempimento delle regole che vi saranno prescritte, la più severa subordinazione al comando dei capi è il vostro correspettivo dovere. Pensate che la militar disciplina è, massimamente oggi, la più assoluta e indeclinabile obbedienza, perchè dall’obbedienza procede l’unione, che dando alle forze di ciascheduno un indirizzo, e una norma eguale e consentanea, forma il vincolo sostanziale di un esercito, forma di tante meinbra un sol corpo. Forti in voi stessi, sarete fortissimi se [p. 92 modifica]uniti: sarete uniti se vi sarà legge la parola, l’ordine dei vostri officiali, i quali altro non sono che tanti nodi della vostra unione.

Officiali, e Condottieri di ogni Arma! ricordate che siete voi aniina e vita informatrice di un Esercito disciplinato. Quanto più sarà fedele l’opera vostra, tanto più la volontà della legge, di cui io stesso sono Ministro ed esecutore, si trasfonderà intera nel corpo delle milizie. Da me fino all’ultimo dei soldati, non è che una stretta ed ordinata gerarchia di comando e di obbedienza. Ogni menoma trasgressione alterebbe questa catena, disordinerebbe dall’ultimo fino al primo de’suoi anelli. La vostra divisa sarebbe degradata. Ingiungo pertanto a tutti i capitani che obbediscano ai superiori, che si facciano obbedire dagli officiali subalterni. Ingiungo a questi che debbano la medesima obbedienza, e che la esigano dagl’inferiori. Avverto a tutti che nel supremo e sublime dovere che gli si è imposto, che nel supremo bisogno della Repubblica, qualunque infrazione accada nella militare disciplina la riterrei come un attentato all’ordine pubblico; sarebbe un delitto contro la Patria. Io lo punirei gravemente, inesorabilmente. Officiali di ogni arma! Voi mi risponderete del la condotta di voi stessi, mi risponderete della condotta dei soldati. Questa vostra responsabili tà è a garanzia della Repubblica, è a garanzia della vostra, della nostra salute.

Soldati ed officiali, mostratevi degni di quel sacro stendardo che Dio dona ai popoli, quando ha cessato di percuoterli.

per il ministro A. CALANDRELLI Sostituto.

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REPUBBLICA ROMANA


I Rappresentanti del Popolo alla Assemblea Costituente ricevono ciascuno una medaglia di bronzo espressamente coniata. Essa ha scritto da un lato, fra una corona d’alloro: Assemblea Costituente Romana, 5 Febbrajo 1849. Dall’altro: Repubblica Romana 9 Febbrajo 1849, e fra una corona civica: Rappresentanti del Popolo.

Essa medaglia, esibita dal Deputato, gli darà immediatamente libero accesso:

1. Presso il Comitato Esecutivo, i Ministri e gli altri Funzionari della Repubblica;

2. A tutti i pubblici Stabilimenti, Gallerie, Musei, Biblioteche, anche nei giorni in cui si suol domandare speciale permesso.

I Cittadini Rappresentanti del Popolo la custodiranno presso di sè gelosamente, come distintivo del loro carattere.

Ogni contraffazione ed abuso sarà severamente punito.

Roma 1 Marzo 1849.

Il Ministro dell'Interno


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REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

NOTIFICAZIONE

In esecuzione del Decreto del 23 Febbrajo decorso dell’Assemblea Costituente, ed in analogia alle istruzioni del Ministero delle Finanze sul [p. 94 modifica]prestito forzoso dimandato dalla Patria, ossia sul sicuro fruttifero rinvestimento delle somme che dovranno somministrarsi, abbiamo nominato i Cittadini qui sotto descritti a formare la Commissione centrale per la Provincia di Roma e Comarca prescritta dal suddetto Decreto. Questa si occuperà a definire l’ammontare della rendita annua netta da pesi, in seguito delle assegne che ciascun Possidente, Commerciante, persona, e Corpo morale, o Membro componente Società commerciali ed industriali di qualunque specie viene obbligato per le proprie rendite e pesi ad esibire per Roma ai rispettivi Commissarj di Rione, e per i Comuni della Provincia ai propri Governatori, nel termine di giorni cinque decorrenti dal giorno della pubblicazione della presente.

Mentre però il Governo si procura le necessarie notizie per assicurarsi della totalità e verità di dette assegne, è nella positiva certezza che contemplando la legge le classi di più elevate fortune, nell’interesse delle quali è precipuamente il concorso alle vedute del Governo, e la conservazione dell’ordine pubblico, sarà fedelmente e prontamente adempito senz’altro stimolo a questo dovere, che dee considerarsi come sagro, riguardando il bene comune.

Roma 3. Marzo 1849.

Il Presidente di Roma e Comarca


Nomi dei Componenti la Commissione

          Corboli CurzioSturbinetti Francesco — Sacripante Nicola —  De Andreis Antonio — Natali Savino — Boschetti Benedetto —  Romiti Guido — Tonetti Luigi —  Antinori Orazio — Zennitter Decio — Scifoni Felice — Salvati Luigi.

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REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica

Notifica:

Che l’Assemblea Costituente, nella tornata del 2 Marzo, ha promulgato il seguente Decreto.

È accordata al Ministero la facoltà di coniare una moneta erosa per una somma non superiore ad un milione di scudi.

La composizione di questa moneta sarà di argento e rame, ed avrà un valore intrinseco corrispondente a quattro decimi del suo valore nominale.

Vi saranno pezzi da 4, 8 e 12 bajocchi

Roma 3 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo

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REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Considerando che tutti i Cittadini sono eguali avanti la legge, e che ogni privilegio di foro viola apertamente quest’eguaglianza;

Il Comitato Esecutivo notifica che l’Assemblea Costituente provvisoriamente ha decretato quanto segue:

disposizioni legislative

Art. 1. Ogni privilegio del Clero Secolare e [p. 96 modifica]Regolare, sì per la Giurisdizione Ecclesiastica, che per l’applicazione di leggi eccezionali, è abolito.

2. Nulla è innovato in ciò che concerne le materie meramente spirituali.

3. L’obbligo di richiedere la così detta aperizione di bocca, per gli antichi rescritti sovrani, è abrogato.

4. I Tribunali dello Stato nelle cause di loro competenza ne giudicano a termini di legge la validità, o nullità.

5. Niuno può rimanere, ed esser nominato Giudice per privilegio di ordine.

DISPOSIZIONI ORGANICHE E DI PROCEDURA

6. I Tribunali della Segnatura, Rota, Camera, Consulta, ed altri qualunque che aveano Giurisdizione Ecclesiastica, ed erano composti principalmente, e totalmente di Dignilarii e Prelati della Curia Romana, sono soppressi.

7. Cessano in virtù dell’articolo 5. dalle loro funzioni anche tutti gli altri Giudici ecclesiastici esercenti giurisdizione temporale, ed appartenenti ai Tribunali tuttora conservati.

8. Tutte le Cause civili e criminali attualmente pendenti, o spettanti a Giudici e Tribunali Ecclesiastici, sono devolute in istato e termini ai giudici e tribunali civili, secondo le norme vigenti di competensa.

9. Le Cause fiscali rimangono in prima istanza di competenza dei Tribunali civili; in seconda od ulteriore istanza, sono devolute ai Tribunali di appello ordinarii. Nelle medesime ha luogo la condanna e tassa delle spese come in ogni altro giudizio.

[p. 97 modifica]10. Il Tribunale civile di prima istanza di Roma è parificato nella giurisdizione a quelli del le Province, tranne l’Amministrazione della giustizia penale, che per ora proseguirà ad appartenere al Tribunale Criminale, denominato del Governo.

11. E istituito provvisoriamente in Roma un Tribunale di Appello diviso in tre sezioni, la prima delle quali è composta d’un Presidente, cinque Giudici titolari, ed un Giudice uditore. Ciascuna delle altre due sezioni ha un Vice-Presidente, cinque titolari, ed un Giudice uditore.

12. Le tre sezioni hanno la giurisdizione cumulativa di giudicare in secondo grado le cause civili e criminali, decise in prima istanza dai Tribunali civili di commercio e criminali di Roma, e delle Province, comprese nel numero 2 del § 318 del Regolamento legislativo e giudiziario.

13. Hanno pure la cumulativa di giudicare in terzo grado:

       I. Le Cause civili, decise con sentenze difformi in primo grado dai Governatori della Comarca, e dagli Assessori di Roma e delle Province suddette, ed in secondo grado dai Tribunali civili di Roma, e delle stesse Province.

       II. Le Cause civili, egualmente decise con sentenze difformi in primo grado dai Tribunali civili di Roma e di tutto lo Stato, ed in secondo grado dai Tribunali di Appello di Bologna, Macerata ed Ancona, e da una delle sezioni del Tribunale medesimo d’appello di Roma.

14. Giudicano pure tutte le cause civili e [p. 98 modifica]commerciali, che ad esse saranno rinviate dal Tribunale supremo, nel caso di cui in appresso.

15. Il numero legale per giudicare non può essere minore nelle cause civili di cinque Giudici, e di sei nelle cause criminali.

16. I Giudici uditori sono incaricati di quanto è prescritto dal §. 316 dell’attuale Regolamento di procedura. Il loro officio è assolutamente incompatibile con quello di difensori.

17. È istituito inoltre provvisoriamente un Tribunale Supremo composto d’un Presidente, di otto Giudici titolari, e due Uditori.

18. Appartiene a questo Tribunale il giudicare dei ricorsi per manifesta violazione di legge, sia nel merito, sia nelle forme sostanziali dell’ordine giudiziario nei casi preveduti dalle vigenti leggi.

19. Per violazione di legge in merito si ricorre al Tribunale supremo unicamente contro le sentenze inappellabili.

20. Le sentenze interlocutorie od incidenti non sono suscettibili di ricorso avanti il detto Tribunale, se non congiuntamente alle Sentenze in merito, ad eccezione di quelle riguardanti la competenza, contro le quali può aver luogo il ricorso immediato.

21. Il ricorso per riunione ed avocazione spetta al Tribunale supremo, quando i Tribunali e giudici, nelle cause da avocarsi o da unirsi, non dipendono da altro Tribunale immediatamente superiore; negli altri casi spetta a questo ultimo.

22. Il ricorso di ricusa dei Giudici sarà sempre portato al Tribunale supremo.

23. Annullando una sentenza per violazione [p. 99 modifica]di forme sostanziali, il Tribunale supremo rimette la causa al Giudice o Tribunale che l’ha giudicata, o ad altro Giudice o Tribunale d’uguale giurisdizione. Ammettendo il ricorso per manifesta violazione di legge, rimette la cause ad una delle sezioni del Tribunale di appello di Roma, che non l’abbia giudicata.

24. Se quest’ultimo Tribunale revoca o riforma la cosa giudicata, in vece delle disposizioni del §. 1033, avrà luogo il reclamo a termini del §. 997.

25. Tutte le Cause civili e criminali avanti qualsivoglia Giudice o Tribunale di qualunque grado, somma e materia saranno proposte e discusse alla pubblica udienza, ove sarà anche pronunziata la sentenza o decisione.

26. Avanti il Tribunale di appello di Roma, per le materie sì civili che criminali, si procederà colle forme e prescrizioni ora vigenti presso gli altri Tribunali di appello della Repubblica.

27. Avanti il Tribunale supremo, la citazione che in seguito di ricorso si rinnova al procuratore, e tutte le citazioni incidenti e successive saranno lette alla pubblica udienza.

28. Nelle cause minori ed incidenti, il medesimo giudicherà sul semplice orale dibattimento. Nondimeno, esigendo il caso, potrà differire il giudizio ad altra udienza, ordinando alle parti l’estenzione d’una breve memoria sulle difficoltà da enunciarsi nel decreto di differimento. Tre giorni prima di questa udienza la medesima sarà distribuita e notificata. Potrà immediatamente definirsi la causa.

[p. 100 modifica]29. Nelle cause maggiori rimetterà la causa alla prima udienza dopo un mese.

30. Sei giorni prima della udienza le parti distribuiranno ai Giudici, e si notificheranno a vicenda, le rispettive difese. Tre giorni prima distribuiranno e si notificheranno le risposte.

31. Il Tribunale potrà nella stessa udienza pronunciare la decisione definitiva. Potrà pure, ove l’importanza lo richiedesse, differire il giudizio ad altra udienza emanando l’opinamento, nel qual caso si proporrà la causa alla prima udienza dopo venti giorni dall’intimazione del medesimo.

32. Sei giorni prima di questa nuova proposizione la parte distribuirà, e notificherà la risposta all’opinamento, e quella a di cui favore fu proferita, distribuirà, e notificherà la replica tre giorni prima.

33. La risoluzione definitiva del Tribunale appellasi decisione; la medesima si pronuncia come dagli altri Tribunali nella pubblica udienza.

34. La liquidazione delle spese si farà colle norme comuni agli altri Tribunali.

35. Il giudizio di liquidazione dei frutti, danni, interessi in ispecie in seguito della condanna proferita dal Tribunale supremo, sarà introdotto avanti il Tribunale civile di prima Istanza competente nelle azioni personali, a termini dei paragrafi 433. 434. del Regolamento giudiziario, qualunque sia la somma, benchè minore di scudi 200.

36. Nel medesimo si osserveranno le norme comuni agli altri giudizi di liquidazione di danni, ed interessi.

[p. 101 modifica]37. In tutto il resto si osserva avanti il Tribunale supremo la procedura comune ai Tribunali di appello.

38. La tassa degli onorarj, e delle funzioni dovute agli Avvocati Procuratori nelle cause attitate avanti i Tribunali di appello, e supremo di Roma, è quella vigente presso gli altri Tribunali delle Province, coll’aumento di una metà.

39. In tutto quello che non è altrimenti disposto dalla presente legge, si osserveranno le regole precedenti.

40. 1 termini perentorj che fossero spirati dal giorno 9. Febbrajo fino alla promulgazione della presente legge, per la intimazione dell’appello, dell’apposizione ed altri atti giudiziarj avanti ai cessati Tribunali della Capitale e delle Province, saranno prorogati per altri venti giorni dalla pubblicazione della presente legge.

41. Si avrà ragione in fine di lite delle spese occorse avanti la Segnatura per l’unione ed avocazione delle cause, quando abbia luogo di fatto in forza delle disposizioni presenti.

Il Ministro di Grazia e Giustizia è incaricato della esecuzione della presente legge.

Roma dalla nostra Residenza li 3 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo

Il Ministro di Grazia e Giustizia.


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REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica

Notifica:

Che l’Assemblea Costituente, nella seduta del giorno 3 del corrente mese, ha promulgato il seguente Decreto, ed ordina che sia esegui nella sua forma e tenore.

L’Assemblea Costituente

Considerando che l’amministrazione di un Governo libero deve procedere con norme certe, ferme, e ove si possa, prestabilite;

Considerando che ciò è tanto più necessario, quanto più tempi eccezionali possono facilmente dar pretesto ad arbitrio, e ad anormalità;

Considerato che è sempre incerta ed arbitraria quell’amministrazione, la quale non si parte da una tabella preventiva approvata;

Considerato che l’amministrazione della Repubblica per il corrente anno 1849 si è incominciata senza un preventivo munito di tale approvazione;

Considerato che, in difetto di esso, si è tenuta per norma la tabella preventiva del 1848; tuttochè mancante di espressa approvazione, con più quelle variazioni introdottevi per la cccezionalità dei tempi sinora decorsi;

[p. 103 modifica]Considerato che il diritto di approvare le spese, relative all’amministrazione del corrente 1849, si appartiene all’Assemblea Costituente;

Considerato che la tabella preventiva per il 1849 è stata pubblicata in parte, ed in parte rimane da stamparsi;

Considerato che il qualunque preventivo redatto per l’amministrazione del 1848 è di pubblica ragione,

Considerato che sarebbe agevole ai Ministri presentare le variazioni introdotte da essi negli estremi di quel preventivo;

Considerato che è necessario ed urgente fissare una qualunque base, su cui debba procedere l’amministrazione pubblica;

Considerato che l’Assemblea soltanto può e deve provvedere a tale urgente necessità;

L’Assemblea Costituente della Repubblica Romana in nome di Dio e del Popolo.

Decreta.

1. Le spese per l’amministrazione della Repubblica si sosterranno per ora in base del preventivo del 1848, il quale però non s’intende approvato e sanzionato.

2. Ciascun Ministro presenterà entro cinque giorni alla sanzione dell’Assemblea le variazioni, che egli ha fin qui creduto opportune pel suo Ministero, dividendole per sezioni, capitoli, articoli.

3. Il Ministro delle Finanze presenterà entro due mesi il preventivo dell’amministrazione della Repubblica.

[p. 104 modifica]4. Il Potere esecutivo e il Ministero sono incaricati, per la parte che ciascuno riguarda, del la esecuzione del presente Decreto.

Roma 4 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo

(89)

REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica

Notifica:

Che l’Assemblea Costituente, nella seduta del giorno 3 del corrente mese, ha promulgato il seguente Decreto, ed ordina,

Che sia eseguito nella sua forma e tenore.

L'ASSEMBLEA COSTITUENTE

Considerando che la stampa può esser soggetta a misura repressiva, quando costituisca un reato, e non mai a censura preventiva;

Considerando che il reato si reputa aver principio nel momento della diffusione della stampa proibita;

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Decreta.

Art. 1. Ogni Uffizio di censura nelle dogane ed in ogni altro luogo, per qualunque genere di stampe, incisioni o figure, è abolito.

Art. 2. Rimane salva l’azione penale, laddove si spacciassero stampe, incisioni, o figure, delle quali la Legge proibisca la pubblicazione.

Il Ministro dell’Interno è incaricato dell’esecuzione del presente Decreto.

Roma 4 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo

(90)

REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica

Notifica:

Che l’Assemblea Costituente, nella tornata del giorno 3 del corrente mese, ha promulgato il presente Decreto, ed ordina,

Che sia eseguito nella sua forma e tenore.

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L’Assemblea Costituente Romana

Accettando con entusiasmo il voto dei Popoli Toscani di unirsi con la Repubblica Romana, a nome dei Popoli che rappresenta, dà tutte le facoltà al Ministro degli affari esteri di condurre a termine le trattative della desiderata riunione, tanto politica che economica.

Roma 4 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo

(91)

REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica

Notifica:

Che l’Assemblea Costituente, nella tornata del giorno tre del corrente mese, ha promulgato il seguente Decreto, ed ordina,

Che sia eseguito nella sua forma e tenore.

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L'Assemblea Costituente


Sulla proposizione del Ministro degli Affari Esteri;

Considerando che Venezia sostiene una eroica lotta per propugnare l’indipendenza d’Italia;

Considerando che è dovere di ogni Stato Italiano di soccorrere con ogni suo mezzo a quella Città generosa;

Decreta:

Sarà mandato a Venezia indilatamente un sussidio di cento mila scudi in Boni del tesoro.

Questi cento mila scudi saranno il dono che la Repubblica Romana offre a Venezia.

Il Ministro delle Finanze e degli Esteri sono incaricati dell’esecuzione.

Roma 4 Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo

(92)

REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Il Comitato Esecutivo della Repubblica, visto il Decreto dell’Assemblea Costituente del giorno 19 Febbrajo p. p.,

[p. 108 modifica]

Ordina:

1. Tutti gl’Impiegati della Repubblica, e tutti i Militari tanto in attività di servizio, quanto in quiescenza, o in disponibilità, i quali nel termine stabilito non hanno fatto atto di adesione, o non hanno prestato giuramento, a forma del Decreto suddetto, cessano immedialamente dal loro ufficio, e dalla percezione di ogni soldo, soprassoldo, o indennizzo di qualunque genere.

2. Gl’Impiegati, e i Militari che avranno dimandato la loro giubilazione dopo la pubblicazione del suddetto Decreto, non saranno ammessi a farne valere i titoli, se non hanno fatta la dichiarazione di adesione, o prestato il giuramento.

3. Sarà pagato agl’Impiegati in attività un indennizzo proporzionale alla loro paga, per quei giorni del mese di Marzo, che hanno continuato nel loro impiego.

4. I Ministri, inteso il parere della Commissione degl’impieghi, proporranno al Comitato Esecutivo i rimpiazzi.

Tutti i Ministri sono incaricati della esecuzione della presente Ordinanza per la parte che li riguarda.

Roma 5. Marzo 1849.

I Membri del Comitato esecutivo


[p. 109 modifica] (93)

Ministero dell'interno.


REPUBBLICA ROMANA


IN NOME DI DIO E DEL POPOLO

Cittadini!

La Repubblica, inaugurata in Roma dal voto solenne de’ vostri Rappresentanti, dee nel fatto rispondere ai due grandi principii, alle due grandi necessità, che formano la ragione della sua esistenza.

Questi due grandi principii, dai quali la nostra Repubblica emana, sono: la nazionalità da costituire, il governo da ordinare, secondo che i tempi reclamano.

Roma, la città creatrice della nostra vita civile, il centro ideale da cui tutta Italia attendeva la nuova parola di redenzione, era impedita nel suo magnanimo assunto da quel connubio funesto dell’autorità sacerdotale e del principato, che ne’ miseri avvolgimenti di una artificiosa ed esclusiva politica costringeva l’irresistibile pensiero della Nazione.

L’antico edificio cadde al cospetto della giovane idea. Cessata la scossa della rovina, e il tumulto breve delle vecchie passioni, Roma repubblicana innalzerà un tempio di non più veduta bellezza alla Religione e alla civiltà insieme abbracciale per sempre.

Cittadini; mentrecchè la Provvidenza stà [p. 110 modifica]maturando questa unione sublime, facciamo noi, in quanto ci appartiene, il nostro dovere.

L’Italia ci saluta festosa, perchè aspetta da noi cose degne del suo glorioso avvenire; e i popoli tutti ci guardano con amore, perchè la democrazia civile in Roma significa ed annuncia il riscatto completo dell’umanità da ogni tirannide.

La Diplomazia, che jeri ci minacciava, oggi sembra arretrarsi con grave pensiero da noi.

Cittadini! Noi abbiamo sgombrato il terreno da molti ostacoli interni; ma poco abbiamo ancora edificato.

La Repubblica dee compiere gli obblighi suoi: essa dee apparecchiarsi, col resto d’Italia, alla guerra dell’indipendenza, al gran lavoro della restaurazione nazionale; e dee sostituire dentro sè, una volta per sempre, il governo della legge e della ragione a quello delle passioni e del l’arbitrio. Senza di ciò l’Italia intera, delusa nella sua aspettativa, innalzerebbe un fiero grido di maledizione contro di noi.

A medicare le profonde piaghe aperte da antichissima corruzione nell’amministrazione dello Stato, richiedonsi grandi sacrificii. Bisogna compierli. Chi non ha in cuore altro che cifre e danáro si consoli, calcolando che il sagrificio presente lo preserverà da mali maggiori nell’avvenire.

Le anime, capaci di generosi sentimenti, guardino Venezia, ed imitino quella italiana virtù.

Quanto agli avversarj dell’attuale ordine di cose, la Repubblica rispetta religiosamente l’intangibilità del libero pensiero; essa non teme la prova della discussione, le autorità del passato, i sofismi della servitù; ma colpirà con pene [p. 111 modifica]severissime chiunque turbi l’ordine pubblico, e congiuri a’ suoi danni.

E quì intendiamoci bene. Il Governo della Repubblica impone sacrificii, ma vuole imporli da sè, con leggi certe, tanto quanto è necessario a ricomporre le impoverite finanze e non più, e salvi sempre i sacrosanti diritti della proprietà; vuole ricercati e puniti i cospiratori, ma per fatto suo proprio, e con ordinati giudizj.

Qualunque arbitrio e violenza contro gli averi e le persone, qualunque impeto antisociale di cittadini contro cittadini, qualunque fatto che abbia qualità di vendetta politica è abbominanda reliquia di tempi, che il dispotismo sacerdotale avea contaminati, e che la Repubblica ha chiusi per sempre nel libro del passato.

I delitti di sangue che, in alcuni punti (per avventura radissimi) dello Stato, vanno accadendo, e che turbano miseramente questo generale e maraviglioso concorso di un intero popolo nell’opera della sua redenzione, sono una atroce ingiuria alla purezza de’ principii repubblicani. Per essi l’idea vergine e maestosa che oggi si eleva sul Campidoglio è gittata nel fango; per essi il nuovo patto di amore e di perdono, giurato in Roma dai veri credenti nell’avvenire dell’umanità, è profanato; per essi l’opera della vita e l’armonia della libertà sono orribilmente infrante e calpeste.

L’Assemblea Costituente e il Governo da essa creato dichiarano per la mia voce traditori del la Patria e parricidi della Repubblica i commettitori di simili scandali; e provvederanno con le più energiche leggi ad impedire che queste [p. 112 modifica]nefandità, come ogni altro attentato contro i nuovi ordinamenti politici e contro l’onor nazionale, abbiano effetto. Nel che la Repubblica chiama a cooperar seco l’attivo e coraggioso concorso di tutti i cittadini, a’ quali indistintamente incombe il debito di vegliare alla sicurtà e al perfezionamento della convivenza civile.

Cittadini! Guardia Nazionale! Carabinieri! militi tutti che degnamente vestite le insegne della Repubblica! due grandi depositi sono confidati nelle vostre braccia: la difesa dello Stato contro l’esterno invasore, e la conservazione dell’ordine interno; il che vuol dire la civiltà della Patria.

Uomini d’intelligenza e di cuore; Circoli popolari, generose adunanze di liberi cittadini! una sublime missione voi avete da adempiere: emancipare il popolo dalla schiavitù dell’ignoranza, de’ pregiudizi e delle passioni violente che sono l’eredità delle tirannidi regie; fare della Repubblica quello ch’esser dee: una grande scuola di doveri e di diritti, una grande educazione di virtù e di amore. Cittadini! pensate agli obblighi che avete comuni verso la Patria italiana, verso la società; pensate, che, rimossi gl’impedimenti che prima vi attraversavano la via, ora stà nella volontà e nell’opera vostra il fare che questa parie d’Italia si levi all’altezza de’ suoi grandi destini.

Cittadini! con questo ardente voto nel cuore decisi di spendere l’intera vita pel suo compimento, gridiamo insieme.

Viva la Repubblica Romana — Viva l'unione d'Italia

Roma 5 Marzo 1849.
Il Ministro Aurelio Saffi.