Monete e medaglie degli Spinola/Capo VIII

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Monete di Tassarolo

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CAPO VIII.


MONETE DI TASSAROLO



Tassarolo è grosso Borgo sulla destra del Lemmo presso lo sbocco delle vallicelle di Parè, di Biasco e del Riasso. Esso distendesi su un’amena e fertile collina, e non dista da Novi, che un’ora ed un quarto circa. Non si sa chi il fondasse, ma antica è la sua storia. Dipendeva già dai Marchesi di Gavi, ma una convenzione dei Genovesi cogli Alessandrini del 1192 mostra che a quell’epoca era già della Repubblica1. Il Ghilini2 afferma, che nel 1196 nacque contesa per il possesso di quel luogo tra gli Alessandrini ed i Genovesi, ma rimase a questi; infatti altri documenti registrati nel Liber jurium, agli anni 1199, 1202, 1209, 1218 lo ascrivono ai dominii della Repubblica. Ma gli Alessandrini gliel tolsero nel 1224, rovinandolo e incendiandolo. Ben presto fu ricostrutto, e trovasi ricordato tra le terre, che gli Alessandrini si obbligano a difendere coi Genovesi nella convenzione conchiusa nel 12273.

Sembra che fosse per qualche tempo sotto la signoria di Tedisio De Camilla, nobile genovese, il quale come [p. 65 modifica]narra il Federici nel suo Dizionario (Manoscritto della R. Università di Genova, pag. 96) lo lasciò nel 1295 ai nipoti Baliano, Giovanni e Tommaso; ma la Repubblica nel 1298 ne rivendicò la proprietà4, ed obbligò i possessori a far atto di fedeltà al Comune, riconoscendone il dominio.

Il Giustiniani5 riferisce che nel 1340 gli uomini di Tassarolo recavano gran danno rubando alla strada, e dando ricetto agli assassini, e perciò fu deliberato dai Genovesi di spedir contro loro un competente esercito; ma eglino ciò risaputo amarono meglio di rendere spontaneamente il castello alla Repubblica, che l’occupò. Quando nel 1343 diversi luoghi della Liguria insieme congiurati vollero sottrarsi al dominio di Genova, e darsi al Duca di Milano, Tassarolo fu di tal numero6, ma scopertasi in tempo la trama i malcontenti ebbero pene gravissime. Uno ch’era dei servitori del castello di Tassarolo, fu tratto per il paese a coda di cavallo, altri furono impiccati, e niuno dei capi ebbe perdono.

Il prelodato Federico Federici rammenta che nel 1349 questo feudo spettava ai Nobili Di Negro, e cita in prova gli atti del Notaio Leonardo Osbergero; ma certo è, che nel 1454 apparteneva già agli Spinola. Infatti nel trattato di alleanza che fa il Duca di Milano Francesco Sforza coi Veneziani ed i Fiorentini il 14 ottobre 14547 nominansi [p. 66 modifica]fra gli altri confederati Galeotus et Hector de Spinulis condomini Taxarolii. Cotestoro appartenevano agli Spinola, di Luccoli, ed erano figliuoli di Carrozio, e questi di Napoleone, e costui di Galeotto. Quest’ultimo come figliuolo di Odoardo restava nipote del celebre Oberto Capitano di Genova, che per il padre Guglielmo ed il nonno Oberto, figlio dell’Oberto, Console più volte di Genova, discendeva dal celebre Guido, come dicemmo, illustre ceppo di questa famiglia. La prosapia di Galeotto si estinse in un altro Galeotto mancato senza prole verso il chiudersi del secolo XVI; ma quella di Ettore crebbe rigogliosa. Egli ebbe tre mogli e da queste nove figliuoli, e da Filippo un di loro, venne quel Marcantonio di Agostino che nel 1560 ottenne dall’Imperatore Ferdinando I, che Tassarolo fosse innalzato a Contea, e ch’egli potesse godere tutti i diritti inerenti alla qualità di Conte del Sacro Romano Impero, e tra gli altri il privilegio della zecca. (V. Docum. VIII).

Io non credo ch’egli mai usasse di tal facoltà; ne profittarono bensì il figlio Agostino ed il nipote Filippo, ed io descriverò le molte monete che di loro ci rimangono, dopo aver sottoposto al lettore la discendenza di questo primo Conte di Tassarolo, cominciando dal padre di lui Agostino, onde abbia luce il subbietto.

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Molte, come io dicea, sono le monete di Tassarolo che ci rimangono, ma scarsi assai i documenti che le illustrano, o a dir meglio, ne siam privi pienamente. Il celebre Numismatico Giorgio Viani nei primi anni di questo secolo si diede a frugare ogni archivio per rinvenirne; li domandò alla Famiglia, ma nulla ottenne, e n’ebbe assicurazione ch’erano andati perduti. Ciò non dee recar meraviglia, che le disgrazie aggravatesi nel secolo scorso sulla Liguria, i passaggi di armate straniere, e le replicate guerre di cui fu teatro. avranno distrutti questi, come tanti altri importanti monumenti dell’età trascorsa.

Il signor Marchese Massimiliano Spinola di Agostino, di cui narrammo la vita, rispondeva nel modo seguente alle istanze del Viani8:

Orero, ai 29 giugno 1808.

« La di Lei compitissima lettera mi ha coperto di confusione. Mi farei certamente un pregio di soddisfare a tutte le sue domande, e contribuire da lontano alla perfezione di un’opera di tanto interesse, ma egli è pur vero, come ne prevenni il signor Marchese Sanvitali, che la mia posizione domestica non ammette le ricerche che ci vorrebbero. Mi converrebbe svolgere tutte le carte dell’Archivio, e pertanto urtare con mio padre, che me ne lascerebbe mal volentieri la chiave, anco perché considera la pubblicazione degli antichi diritti esercitati [p. 71 modifica]in Arquata ed in Tassarolo come inopportuna e pericolosa. Mi permetta V. S. non dipartirmi dalle intenzioni del mio genitore, e rimettere ad altri tempi queste prove che vorrei darle dei sentimenti di stima e singolare considerazione, coi quali mi protesto di V. S.

Obb.mo Dev.mo Servitore
MASSIMILIANO SPINOLA DI AGOSTINO.


Ma il Viani non era pago di questa gentile risposta, e sino alla morte non dimenticava l’importante zecca di Tassarolo. Altre parti faceva presso la Famiglia, e nel 1813 si giovava specialmente della signora Marchesa Laura Negroni Lomellino, colla quale era legato in amicizia, onde ottenere miglior risultato. Ma per quanto essa bramasse di secondarlo, a nulla riusciva, ed il 10 aprile di quell’anno era obbligata ad inviarle la lettera seguente:

Stimatissimo signor Giorgio,

Appena ricevuta la stimata sua del 1.° stante, ho colto con un piacere estremo questa occasione, lusingandomi di poterle dare in questo momento una prova della mia amicizia, e del desiderio che ho di poterlo servire in qualche occorrenza. Atteso il mio incomodo degli occhi, non ho potuto portarmi in persona dal signor Agostino Spinola mio speciale amico, e perciò ho dovuto incaricare il mio Scritturale ad interpellare quello del sig. Agostino per avere le cognizioni ch’Ella desidera, e che io sicuramente Le procuravo con sommo piacere.

Per risparmiare una lunga lettera, e per provarle, che [p. 72 modifica]da canto mio non ho trascurato punto di servirla, le acchiudo la lettera, ossia un viglietto confidenziale, che d’ordine del signor Agostino Spinola il di lui Scritturale scrive al mio. (Non lo trascrivo, perché nulla di più aggiunge). Da questo rileverà V. S., che attesa la trascuratezza con cui si sono tenute le memorie da lei richieste, e che anzi non se ne sono punto tenute, non è possibile di fornire a V. S. alcuna cognizione. Da canto mio io nulla ho trascurato, e le assicuro, che ho provato il maggiore dispiacere in non poterla servire a norma del suo e mio desiderio ecc.

Dev.ma Obb.ma Serva ed Amica
LAURA NEGRONI LOMELLINO.


Né dee pensarsi, che questi fossero mendicati pretesti, che io posso rendere testimonianza che, malgrado tutte le cure e le ricerche di recente fatte dai signori fratelli Marchesi Cristoforo, Massimiliano, e Bendinelli Spinola per trovare nei loro Archivi qualche documento, che a questo lavoro recasse lume, nulla rinvennero. Ed io stesso fattomi ad esaminare nell’Archivio dei Notai le scritte di quelli, che per tutto il secolo XVII rogarono gli atti della Famiglia, non ebbi a trovare contratto, non memoria, né atto alcuno, che spettasse alla zecca di Tassarolo, per quanto molti n’esistano ad altre materie pertinenti.

E nei lavori numismatici dei secoli scorsi raro è che veggansi ricordate le monete di Tassarolo, e se pur taluna n’è descritta, però senz’alcuno schiarimento.

Il Cardinale Carlo Vittorio Ferrero Della Marmora nelle sue Memorie inedite delle zecche di Masserano, Crevacuore [p. 73 modifica]e S. Benigno9 ha le seguenti notizie, ed egli le avea comunicate al Viani. Nel 1596 fu introdotto in Italia l’uso di battere monete simili agli ungheri, ch’erano d’oro, e di peso uguale al zecchino veneto, cioè di carati 18 1/2, e della bontà di danari 23 1/2, se ne batterono nelle zecche di Sabbionetta, Correggio, Macagno, Masserano, Tassarolo, Vigevano e Mantova, e cita il Zannetti, t. III, pag. 44.

Nel 1608 a’ 23 novembre il sig. Ottavio Costa manda da Crevacuore al sig. Bartolomeo Gonfalonieri, Castellano del principe di Masserano, fiorini 440 in varie monete, e fra queste sono fiorini 93 di Tassarolo.

Nel mio opuscolo pubblicato l’anno scorso Monete, Medaglie e Sigilli dei Doria ricordai, come in Tassarolo si coniassero monete per Levante, secondo l’uso del tempo. Il Viani nelle Memorie della famiglia Cibo, pag. 231, rammenta una sentenza pronunziata dal Parlamento di Aix il 22 dicembre 1667, nella quale è detto, che nella zecca di Tassarolo si battevano monete per Levante, come nelle altre d’Italia, e specialmente in quella di Firenze, Genova, Pesaro, Lucca, Fosdinovo, Loano, Monaco ecc. A conferma di ciò rilevasi dall’opera citata del Cardinale La Marmora, che in un processo criminale fatto in Masserano contro varie persone il 1.° settembre 1668, risulto che un certo Domenico D’Alessandro lavorò nella zecca di Tassarolo, ed ivi batté una moneta d’argento [p. 74 modifica]col busto di donna da una parte e tre fiori di giglio dall’altra. Sembra che il fabbricatore del conio fosse Giacomo Brandi compagno del predetto Domenico, il quale fu pure in Tassarolo, e faceva le monete di diversi luoghi, che poi erano battute dall’Alessandro10. Io trovai nell’Archivio dei Notai di questa città tra gli atti di Giovanni Ferrari una scrittura dalla quale apparisce, che i luigini coniati in Tassarolo erano spediti ad un certo Mistura [p. 75 modifica]negoziante in Livorno11, il quale aveva incarico d’inviarli poscia in Levante.

Nè gli zecchieri di Tassarolo battevano solamente luigini per il Levante, ma spinti dalla brama di smisurato lucro adulteravano monete di diversi paesi e compromettevano il nome del Conte, che confidando in loro, ebbe più d’una volta a soffrire amari disgusti.

Ed amarissimo gliel recaron di certo, allorchè nel 1665 presero a falsare le monete da otto bolognini del duca di Massa Alberico Cybo II. Il zecchiere di questo Principe Antonio Lagett, secondo che narra il Viani (Memorie della famiglia Cybo, pag. 215) fu avvisato di tale contraffazione con due lettere anonime, e il Duca ordinò al suo agente [p. 76 modifica]a Vienna, che ne informasse l’imperatore. L’affare fu sopito col ritiro delle monete, le quali perciò sono assai rare12. Da più segni rilevasi la falsità del conio, e specialmente dall’attributo di Principe che si dà ad Alberico, che sino dall’anno precedente era insignito della dignità ducale, e Dux vien detto nelle monete stampate in Massa nel 1664. Delle false battute in Tassarolo una ne possedeva il Viani, e la pubblicò nella tavola XII, num. 5 dell’opera citata. Giusta quello ch’ei riferisce, avea il peso di denaro 1 e grani 20 di Firenze, ed offriva nel diritto l’immagine del Duca col’iscrizione alberic . ii . s . r . i . massæ . pri., e sotto il busto il numero 8 ad esprimere la quantità dei bolognini. Nel rovescio lo scudetto coll’arma dei Cybo, ed il motto libertas e l’epigrafe cvstodiat . dominvs 1665.

Delle monete di Tassarolo molte vengono ricordate dalle gride del tempo. Quella della Repubblica di Genova dell’8 giugno 1602, mentre nota le monete di Loano del Principe Doria tace di quelle di Tassarolo, segno evidente che non erano a quel tempo in corso. È del 1619 che veggonsi per la prima volta nominate, e precisamente nelle gride del 24 settembre 1619 colla quale viene permesso alla città e luoghi di Savona, Varazze, Chiavari, Rapallo e Recco di spendere le monete di biglione forestiere proibite col decreto del 9 luglio dell’anno stesso, ed annoveransi tra esse i pezzi da soldi tredici e quattro [p. 77 modifica]di Tassarolo, che son valutate soldi dieci e denari dieci di Genova.

La grida del 9 agosto 1630 dà alle doppie di Tassarolo il valore di lire 12. 12 di Genova. L’altra del 2 marzo 1632 fa il ducatone di Tassarolo uguale a quello di Savoia, Lucca, Parma, Piacenza, Milano, Mantova, Modena e Venezia, e di due denari minore del genovino e del fiorentino, che si computa L. 4 e soldi 18. La doppia d’oro dicesi eguale a quella del Duca reggente di Piacenza e del Principe di Massa, corrispondente a lire di Genova 12 e soldi 14; minore di quella di Savoia, Milano, Mantova, Modena, Parma, e dei duchi morti di Piacenza, che valea lire dodici e diciassette; della romana, che rispondeva a lire 13; e di quella di Genova, Spagna, Firenze, Venezia, Napoli maggiori di sei soldi delle precedenti.

Nelle gride pubblicate in seguito non vi è motto delle monete della zecca di Tassarolo, e solo nelle Notizie sulla battitura dei luigini lette al Magistrato delle Monete della Repubblica il 29 settembre 166713 si afferma: che nel 1663 cominciaronsi a battere tali monete in Tassarolo, ed una quantità di esse fu spedita in Smirne ad un Valentino Berti. E di costui narrasi che volendo fare un pagamento fu scoperto, ed accusato alla giustizia, che accorsa subito sul luogo, ne arrestò, e confiscò per pezzi 2000 circa, ed il Berti dovette fuggire.

Nei bandi della Real Casa di Savoia in materia di monete, assai spesso si danno ordini per quelle di Tassarolo, io ricorderò che il 10 ottobre 1607 l’Auditore Gian [p. 78 modifica]Paolo Bianco dava parte al Principe di Masserano, che i talleri coniati nel suo feudo ed in quello di Tassarolo, e nel Monferrato non potevano aver corso negli Stati di Savoia, e vietavasene anche il semplice transito.

Il 28 gennaio 1614 Carlo Emmanuele proibiva l’introduzione, uso, commercio e transito nei suoi Stati delle monete d’oro, d’argento, e basse, e d’ogni sorta fabbricate e da fabbricarsi nelle zecche di Masserano, Tassarolo e Desana; ed altre simili gride venivano pubblicate 18 marzo 1621, il 20 maggio dell’anno stesso, il 22 dicembre del 1628 ed il 16 gennaio 167114. Il 1.° gennaio 1677 la Duchessa Reggente di Savoia vietava il corso dentro il suo dominio delle monete di Masserano, Tassarolo, Loano e Desana di qualunque sorta tanto fine che di lega15. Il 10 aprile ed il 3 agosto dell’anno seguente ripeteva tale bando, ed il Duca Vittorio Amedeo II confermava il 23 giugno 1691 i decreti della madre.

Il Saraceno nell’opera intitolata Il corso delle monete seguito negli Stati di S. M. il Re di Sardegna, pag. 147 e 148 nomina il ducato ed il ducatone di Tassarolo, e calcola il primo di danari 2. 16 e della bonta di carati 23 ed 1/8, il secondo di danari 24. 21 e della bonta di carati 11. 8.

Il Zanetti nella Nuova Raccolta in più luoghi ricorda le monete di Tassarolo. Nel tomo III, pag. 44 parla, come dicemmo, degli ongari di varii luoghi, e nomina quelli di Tassarolo. A pag. 71 nota il quarto e l’ottavo di tallero di questa zecca, e li descrive, e fa rilevare che il [p. 79 modifica]tallero aveva il tipo stesso, e che in Bologna con bando del 4 agosto 1612 fu valutato lire 2. 13 ed in Mantova con bando del 19 settembre 1614 L. 4. 13. A pag. 147 e 148 riportansi due gride di Sabbionetta del 9 settembre 1612, e 3 maggio 1616 nelle quali si dà corso di lire sei ai denari di Parma, Mantova, e dello Spinola solite spendersi per cinque anselmini.

Una grida di Mantova del 14 settembre 1614 dà corso al tallero del Conte di Tassarolo per L. 4. 13.

Nel tomo V, pag. 220 stampa lo stesso Zanetti una nota di Monete saggiate in Parma nel 1606, ed accenna per errore una moneta di Agostino Malaspina invece di Spinola, e le dà valore di L. 10. 9. Parla pure del ducatone di Tassarolo valutato L. 7. 6 e dell’ongaro calcolato L. 10. In nota poi parla dello stesso ducatone e dell’altra moneta, chiamata daldre, e degli ongari. Altra moneta di Tassarolo accenna alla pag. 224 riportando una tariffa di Parma del 1609, che a quella dello Spinola da corso di L. 11. 3, ed altra tariffa dello stesso paese vedesi a pagina 229, ed è del 1616 e si parla nuovamente di una moneta dello Spinola, che affermasi del valore vero di lire 10 e 9, sebbene corra comunemente per L. 14. 3. A pag. 242 nomina il pezzo da due reali dello Spinola, e gli assegna la bontà di oncie 7 e 10. E come a Parma stessa nel 1623 si fe’ saggio di varie monete, così quel dotto Numismatico ne presenta il risultato a pagina 244, ed il ducatone dello Spinola è stimato della bontà di oncie 10, 8 ½ mentre la tariffa di Anversa nel 1627 gli dà la bontà di denari 11. 6, e nell’opera del Saraceno gli viene attribuita quella di danari 11. 8.

Il Bellini nell’Antica lira ferrarese porta una grida di [p. 80 modifica]Ferrara del 2 agosto 1612 nella quale si dà corso ad una moneta d’argento di Tassarolo nel modo seguente: Moneta del Conte di Tassarolo, da una parte l’impronta del Conte armato, e dall’altra un’aquila con due teste, ed in mezzo all’aquila un’arma d’Austria L. 2, 13, 116.

Le diverse tariffe di Anversa e le molteplici ordinanze per il corso delle monete stampate in Francia nel secolo XVII danno il valore di varie monete di Tassarolo, ed io l’accennerò come verrò di mano in mano descrivendo le monete delle quali in quegl’importanti lavori è parola.

Nè il Muratori, nè il Carli parlano della zecca di Tassarolo, nè so intendere come sia stata dimenticata da quegl’insigni eruditi.

Nel Catalogo delle monete d’oro del Museo Imperiale di Vienna stampato colà nel 1769 trovansi incise sette monete di Tassarolo, ed altre cinque veggonsi nel Catalogo delle monete d’argento del predetto Museo stampato anche nel 1769, e nel supplemento che vide la luce nel 1770, e tutte le indicherò nella Serie seguente.

Voglio pero avvertire sin d’ora che un grave errore fu commesso in quella preziosa opera, creando due Filippi Conti di Tassarolo, mentre non ve n’ebbe che uno. Quello che dassi per primo, e che dicesi fils d’Ambroise Spinola Duc de St. Severin, et Premier Marquis de los Balbazès et de Jeanne Basadonna mort en 1659 non fu mai Conte di Tassarolo, ed anzi non apparteneva al ramo degli Spinola di Luccoli, ma a quello di S. Luca come può vedersi dall’opera già citata dal Battilana17. Le monete [p. 81 modifica]ascritte a costui spettano al secondo Filippo, che fu il solo Conte di Tassarolo di tal nome, e come dall’albero rilevasi, era nato da Massimiliano fratello di Agostino. Come si danno monete di Filippo II battute nel 1630, se il primo, a detta del libro, non morì che del 1659? Ed è strano che le monete d’oro del 1629 e 1630 siano attribute a Filippo II, e la stessa del 1629, e l’altra del 1639 al primo.

I Numismatici più recenti descrissero tutti maggiore o minore numero di monete di questa zecca; io fermandomi ai più celebri, rammenterò, che il Consigliere di Stato Reichel nel Catalogo della sua preziosa raccolta Die Reichelsche Münzsammlung in St. Petersburg ne riporta nove; il Kohler Wollständiges Ducaten Cabinet, Hannover 1760 un solo ongaro di Agostino; Giuseppe Appell nel Münzen und Medaillen der weltlichen Fürsten und Herren aus dem Mittelalter und der neuern Zeit. vol. III, parte II, Vienna 1824 sei; Leopoldo Welzl de Wellenheim quattro. Io sono lieto di poterne presentare al lettore ben maggior numero, parte delle quali serbansi nella R. Università di Genova, e delle mancanti possiede l’impronto in gesso.

SERIE DELLE MONETE E MEDAGLIE DI TASSAROLO.


N. I. Medaglia di bronzo di Marcantonio Spinola primo Conte di Tassarolo, come accennai (Vedi tav. I). Di essa ha la Biblioteca della R. Università l’impronto in gesso, ed un disegno a penna. Questo io ebbi dalla gentilezza del già lodato signor Cav. Domenico Promis, che l’aveva ottenuto prima del 1837 dal Numismatico Barone Heydeken Console generale di Russia in Genova, che negli [p. 82 modifica]anni che vi dimorò formò la ricca Collezione la quale ora è della R. Università.

La medaglia era in quel tempo presso il signor Marchese Massimiliano Spinola di Agostino, né so ora in quali mani si trovi. Come dalla tavola si vede, il mezzo busto di Marc’Antonio Spinola è rappresentato, al diritto, colla faccia rivolta a sinistra, vestito alla spagnuola. Lo contornia l’iscrizione marcvs ant. spinola comes tassaroli. Sotto il busto vi è in caratteri arabi l’anno 1567. Il disegno ha invece 1667, ma certo per errore; ché dal gesso chiaro apparisce il 1567, che combina per altro col tempo in che viveva Marc’Antonio. Il rovescio offre l’immagine di Atlante che colle sue erculee spalle sostiene il mondo. Assai bene rilevate sono le membra del corpo ignudo di quel gigante, ed i segni del zodiaco, che veggonsi nella porzione del globo, ch’è delineata nella medaglia. L’imperativo svs-tine è la sola epigrafe, che è incisa al rovescio, bastevole per altro coll’unita figura ad innalzare le virtù dello Spinola, ed a spingerlo a grandi imprese. Dell’incisore non ho notizia, ma non dovea certo essere dei volgari a giudicarne dall’insieme di questo lavoro, reputato assai bello dalle persone dell’arte.


Agostino figlio di Marc'Antonio e di Cornelia De Marini nato verso il 1551 morto verso il 1616.


Molte sono le monete di Agostino Spinola, che descriverò, e farò capo da quelle d’oro dette zecchini, fiorini, ongari od anche ducati, che non portando l’anno del conio, mi fanno pensare che siano state battute avanti il secolo XVII. Ed in tal credenza io vengo, appoggiato specialmente [p. 83 modifica]sull’autorità del Zannetti, il quale come già dissi, nota, che sin dal 1596 coniavansi ongari d’oro di peso uguale al zecchino veneto (cioè di carati 18 1/2 e della bontà di denari 3 1/2) in Tassarolo, come in altre piccole zecche, che ricordai.

Le prime monete, che ci si offrono di tale specie sono quelle portate ai numeri 3, 4 e 5 della tavola II, ed appartengono alla raccolta del signor Conte Montenuovo del quale rammemorai già la gentilezza ed il valore numismatico. Esse presentano l’impressione degli ongari, che l’Impero, le Provincie Unite e la Polonia battevano sul chiudersi del secolo XVI, ed il principiar del seguente. Non sono nelle collezioni di Genova, e nelle altre italiane che io conosco, e mancano anche al Museo Imperiale di Vienna, né sono ricordati nella copiosa Reichelsche Münzsammlung. Il loro tipo è quasi uguale, e presenta però alcune piccole modificazioni che descriverò.

N. II. Quello ch’è alla tavola II, n. 3 ha al diritto il cavaliere armato detto bragone. Esso è rivolto a destra, veste lorica, ed ha il capo scoperto; tiene la mano diritta sul fianco, mentre si appoggia colla sinistra sulla spada appuntata a terra. Ha l’iscrizione avgvsti . spi . comes . tassa . Al rovescio l’aquila bicipite che tiene in petto lo stemma d’Austria chiuso dal toson d’oro, e sormontato dalla corona imperiale. L’epigrafe offre le lettere seguenti: avgvstinvs . spi . comes . tas . Ha il diametro di 25 millimetri.

N. III. Il seguente (tavola II, n. 4) ha il diritto affatto uguale al già descritto, ma diversa è l’iscrizione del rovescio, leggendosi in esso virtvte . caesarea . dvce . Ha il diametro di 25 millimetri. Tobia Köhler nel Ducaten-Cabinet, [p. 84 modifica]Hannover 1760, t. II, pagina 837, n. 2632, descrive un ongaro uguale a questo col conte loricato, in piedi, colla testa scoperta, e che si appoggia colla manca sulla propria spada; ma la leggenda del diritto è diversa alquanto: avgvst . spi . com . fassa.

L’Ordonnance du Roy sur le faict et reglement général de ses monnoyes, Paris 1615, a pag. 40 riporta un ongaro non dissimile da questo del n. 4 della tavola II; ma le lettere offrono al diritto qualche leggiera modificazione leggendovisi avgvst . spi comes . taassa.

N. IV. Quello ch’è al n. 5 della tavola stessa ha nel diritto il solito bragone, ma il disegno è alquanto confuso nella parte inferiore. I piedi escono fuori del campo destinato alla figura, e scorgonsi tracciati tra le lettere, che invece dell’ordinaria nitidezza hanno molto disordine; e con difficoltà vi si legge: avgvstassa . av comes . tassa.

La prima a di tassa è siffattamente ristretta nelle due gambe, che ti ritrae piuttosto un i. L’o di comes ha un i appoggiato; la gamba del t del secondo tassa ha una gamba nella parte inferiore diritta, e l’a che segue ha nella gamba destra un p. Il rovescio poi porta, egli è vero l’aquila bicipite coll’arma austriaca, ma manca però la corona imperiale, e l’epigrafe e diversa ancora dalla precedente, leggendovisi: virtvte . caesare. sino al piede destro dell’aquila; e tra le due teste ca. Fuori del contorno della moneta veggonsi dimezzate le lettere che compongono la parola dvce.

La tariffa di Anversa del 1633 Ordonnancie ende Instructie voor de Wisselaers, pag. 45, ha un bragone simile colla leggenda august . spin . comes . tassa. Nel rovescio l’aquila è coronata e vi è scritto virtute. [p. 85 modifica]caesarea, duce . L’esemplare da me descritto ha il diametro di 25 millimetri.

N. V. Quello che ho collocato al n. 4 della tavola III è tolto dall’Ordonnance già citata, pag. 86. La Biblioteca della R. Università di Genova da poco tempo possiede l’impressione in gesso dell’esemplare, che ne ha il Museo del Louvre. Ha nel diritto il solito bragone coll’iscrizione agv . spi . com . pala. mentre quello dell’Ordonnance ha invece: agvs . spinv . com . pal. Al rovescio vedesi l’arma imperiale coll’epigrafe virtvte . caesarea . dvce. Qualche lettera è logora nell’esemplare del Louvre, come p. e. la r di virtute. Esso ha il diametro di 25 millimetri. Nella Raccolta del signor March. Trivulzio in Milano esiste uno zecchino uguale a questo del Louvre, ed io n’ebbi la fotografia dalla gentilezza del sig. Conte Carlo Taverna dotto numismatico, quanto garbato signore. Ha il diametro di 25 millimetri e pesa gr. 3,350.


La Tariffa d’Anversa del 1627 ha i tipi di due ducati, zecchini o ongari di Agostino Spinola calcolati alla bontà di carati 23 sotto il titolo di Ducats du Comte de Tassarolli. Il secondo di essi porta il 1601. Io non posseggo questa tariffa, e ricavo tale notizia dai Manoscritti del Viani, che ho gia citati.

Il Saraceno nel Corso delle Monete, ecc, pag. 147, parla del ducato di Tassarolo, di denari 2, 16, e della bonta di carati 23 1/8 sebbene per errore di stampa vi si legga 13 1/8.

N. VI. Bella moneta e della massima rarità è quella che trovasi incisa nella tavola II, n. 1, ed ha il peso ed il valore del pezzo da cinque doppie della zecca di Genova e diametro di 41 millimetri. Come ognun sa tali monete erano indizio di grandezza e ricchezza di colui che ne [p. 86 modifica]ordinava il conio. Esse non avevano forma speciale, ma battevansi coll’impronto di altre di argento della stessa larghezza (V. numero XII). Nel diritto ha la testa di Agostino Spinola rivolta a destra col capo scoperto, coll’epigrafe avgvstinvs . spinvla e sotto la testa l’anno 1604. Il rovescio presenta lo stemma Spinola cioè scacchiere misto di rosso e d’argento sormontato dallo spino in campo d’oro colla corona appoggiata alla cervice di un animale, e contorniata dalla leggenda comes . tas-saroli.

L’uso di tale stemma è antichissimo nella famiglia, e se vogliamo prestar fede al Notaio Antonio Rocca, che viveva nel secolo XV, rimonta sino ai primi, che adottarono il nome di Spinola. Alcune modificazioni ebbe in diverse epoche; ma alla fine fu stabilito che da tutti quelli del casato si adoperasse quello, che in fronte di questo libro è dipinto18. Ed onde le mie asserzioni abbiano peso maggiore riporterò le parole del Rocca, che illustrano questa parte importantissima del conio delle monete spinoline: « Porro autem Guido et Albertus germani fratres et primi Guidonis pronepotes ii primum omnium et Vicecomitum cognomen reliquerunt et Spinulorum cognomen tum acceperunt, et ad nominis significationem supra fasciam gentilitiam in insignibus spinam rubram apposuerunt non dissimilem ei qua solent obturare cadi, quamvis verius loquendo sit censenda spina campestris; ii autem pro cervice taurina aquilam coronatam culce propter studium ipsorum erga imperatorem [p. 87 modifica]addiderunt. Argentina denique Opicini Spinulae filia nupsit filio Constantinopolitani Imperatoris nato maximo; qui erat de gente paleologa, et Monferrati Marchio, ideoque ad ejus petitionem nonnulli ex stirpe Spinulorum assumpserunt sibi Montisferrati insignia, videlicet scutum argenteum cum superiori parte cerulea, et huic parti superiori haereditamentum spinae adjunxerunt. Hinc factum est ut duobus modis insignia Spinulorum reperiantur; duravitque tamdiu donec oborta, levi contentione inter ipsos de insignibus, tandem de communi omnium consensu convenerunt, ut unis et iisdem insignibus verum antiquis omnes uterentur. Haec autem sunt in scuto aureo fascia ex argento et rubro latrunculata tribus ordinibus, cui rubra insedet galea, est clathrata, et cingitur corona regia ex auro cum repetitione ejusdem fasciae supra coronam. Est aquila nigra maculata cum regia corona aurea ».

N. VII. La moneta, che segue nella tavola stessa al num. 2, è un pezzo da due doppie in oro, che serbasi come la precedente nell’Imperiale Museo di Vienna, e la Biblioteca della R. Università, ne possiede il calco in gesso. Il diritto non differisce da quello del pezzo da cinque doppie che per la corazza liscia, e per la mancanza dell’anno 1604 ch’ha il primo. Il rovescio ha identica iscrizione e conio, ma piu semplici son gli ornamenti dello stemma. Il diametro di questa moneta è di millimitri trenta. Una grida pubblicata in Milano il 16 marzo 1619, poi rinnovata il 2 agosto seguente, tra altre monete, bandisce la doppia da due del Conte di Tassarolo del 1614.

N. VIII. Anche all’anno 1604 appartiene il ducato d’oro o ongaro che è rappresentato al num. 1 della tavola III. [p. 88 modifica] Di esso ha da qualche mese la Biblioteca della R. Università di Genova il calco in gesso, e la moneta serbasi nel Museo del Louvre. Il diritto offre la testa dell’Imperator Rodolfo II coronata d’alloro, e barbata coll’iscrizione: rvdolphvs ii d. g. rom. imp. e sotto la testa l’anno 1604. Nel rovescio vedesi l’aquila bicipite collo stemma d’Austria chiuso dal toson d’oro, e coll’epigrafe avgvstinvs . spi . comes . tas. Questa rara moneta è delineata a pag. 40 della già citata Ordonnance, ma l’anno 1604 è rovesciato, appunto come nel disegno, che io offro tolto da quel libro, perché tardi ebbi il calco del Louvre, che lo ha diritto. E l’Ordonnance alla stessa pag. 40 dà il valore dell’oro di questa monetina, e dell’altra che descrissi al n. III e lo fa uguale a quello dello zecchino dei Duchi di Ferrara. « Le marc vaut deux cents soixante et six livres quatre sols — L’once trente-trois livres cinq sols, six deniers — Le gros quatre livres trois sols un denier obole pile — Le denier vingt sept sols huict deniers obole. Le grain un sol, un denier obole pile. » Maggiore assai è il valore dell’oro del doppio ducato di Spagna, dei ducati di Polonia, d’Ungheria, di Parma, delle Province Unite e di Savoia vecchio, e del doppio di Alberto di Fiandra, il marco delle quali è dalla stessa ordinanza valutato per dugento settanta lire e diciotto soldi; l’oncia trentatre lire, diciotto soldi e tre denari; il grosso quattro lire, quattro soldi, otto denari, ed il grano un soldo e due denari. Ancor maggiore è quello che si dà alla doppia vecchia ed al ducato semplice di Spagna a due teste, al nobile alla rosa, al nobile Enrico, ai vecchi angelotti di Inghilterra, alle doppie reali d’oro di Fiandra, alle doppie imperiali, ai ducati dell’Impero, di Boemia, di Salzeburgo, [p. 89 modifica]di Venezia e di Turchia. Infatti il marco è computato di dugento settantatre lire ed otto soldi; l’oncia trentaquattro lire, tre soldi e sei denari; il grosso quattro lire, cinque soldi e cinque denari; il denaro vent’otto soldi, cinque denari oboli, ed il grano un soldo e due denari. Né è a credere, che le due monetine degli Spinola computate nel modo, che dicemmo sieno delle più basse, perché valore assai inferiore fu dato in quelle tariffa ai ducati di Portogallo doppii e scempii, alle pistole di Milano e d’Orange, di Parma e Piacenza, di Savoia e d’Italia, e di altri Stati. Nell’opera già encomiata del Cardinale La Marmora sotto l’anno 1608, è notato che i fiorini erano di dodici grossi. La Tariffa di Anversa del 1633, che già ricordai, Ordonnancie ende Instructie voor de Hisselaers a pag. 45, ha impresso un ungaro affatto uguale al descritto, ma ha sotto il busto dell’imperatore Rodolfo II l’anno 1601 rovesciato come nel nostro disegno e forse questo è delineato altresì nella tariffa del 1627, che io non posseggo, e della quale feci parola al numero V.

N. IX. Pure tra gli ongari va annoverata la moneta d’oro disegnata nella tavola III, n. 2 tolta dalla stessa Ordonnance del 1615 pag. 57 che ad essa, come all’altra che descrissi al numero V, ed a quella che descriverò nel seguente dà valore uguale alle pistole di Lorena colla doppia croce di nuova fabbrica cioè: Le marc vaut neuf vingt quinze livres, dix huict sols — L’once vingt quatre livres, neuf sols, neuf deniers — Le gros trois livres, un sol, deux deniers oboles — Le denier vingt sol, quatre deniers obole pite et demie — Le grain dix deniers tournois. — La moneta che descrivo ha nel diritto il solito bragone all’impiedi, rivolto a destra, che ha però il capo [p. 90 modifica]coperto da un cappello. Tanto dalla parte superiore, che dall’inferiore esce dal campo assegnato alla figura, e la testa ed i piedi son mescolati colle lettere. Colla destra tiene alta la spada, e colla sinistra stringe quattro saette. Tale figura è modellata su quella del ducato delle Provincie unite impresso a carte 39 della citata Ordonnance, e solo si osserva qualche differenza nella forma del cappello e delle saette. L’epigrafe è concordia . par . res . crescv . ad imitazione ancor essa di quella del ducato delle Provincie unite, nella quale è scritto concordia . res . ar . cris . trad . Ai lati del bragone sta diviso l’anno 16-12. Il rovescio presenta dentro uno scudetto quadrato l’epigrafe monoav – ordini – avgspi – com . pal – s . ro . imp . cioè Moneta nova aurea ordini Augustini Spinulae Comitis Palatii Sacri Romani Imperii.

La stessa Ordonnance alla pag. 53 offre tre fiorini o ducati d’oro col titolo di Ducats de diverses fabrications che a me par necessario di ricordar qui. Egli è vero che non portano il nome di Spinola, ma siffattamente rassomigliano il conio di Tassarolo che io congetturo, che possano esser venuti fuori da quella zecca. Il primo ha nel diritto il solito bragone colla testa scoperta, colla spada impugnata a destra, e tre saette pendenti a sinistra. Ha da un lato la parola concordia e dall’altro par. res. crescv.
La testa ed i piedi della figura trovansi nella linea delle lettere. Nel rovescio leggesi l’iscrizione

. mo ordi
. provin . av
com . pal .
. ad . leg .
imp .

[p. 91 modifica] Il secondo ha nel dritto il bragone che tiene sul fianco la man destra, e col sinistra stringe quattro saette. La leggenda è da un lato concordia . par . e dall’altro res . crescv . La testa ed i piedi del cavaliere dividono a mezzo l’iscrizione, e nel campo ov’è la figura, propriamente all’altezza delle ginocchia, rilevasi il numero 16-06 così diviso in due dalla figura stessa. Nel rovescio è l’aquila bicipite che tiene l’arma d’Austria col tosone. L’aquila è sormontata dalla corona imperiale, ed ha intorno l’iscrizione svb . vmbra . alarvm . tvarvm .

Il terzo presenta nel diritto il bragone colla spada impugnata a destra, e quattro dardi stretti nella sinistra; testa e piedi sporgenti al solito dal campo, e confusi coll’epigrafe concordia . par . res . crescv . Il rovescio è affatto uguale e per la forma e per l’iscrizione a quello della moneta da me descritta al num. V, cioè stemma imperiale e virtvte caesarea dvce.

N. X. Il ducato, ongaro o zecchino, ch’è al num. 3 della stessa tavola III è impresso a pag. 58 dell’Ordonnance già citata. Ha nel diritto lo stemma dell’impero, e l’iscrizione virtvte caesarea dvce * Al rovescio l’immagine della S. Vergine che tiene tra le braccia il divino figliuolo. Lo contornia l’epigrafe mo. no. av. agvs spi. co. pal. ma tutte le lettere sono rovesciate e confuse. Notabile è la mancanza di proporzione tra la figura della Madonna e quella del figlio, ch’è quasi maggiore della prima, ed ai loro piedi è il numero 161419 che indica l’anno del conio. Esso è ad imitazione del ducato vecchio di Savoia ch’è riportato a pag. 39 della stessa Ordonnance [p. 92 modifica]e dal dottissimo Cav. Promis nella tavola XXXIII, n. 37 della celebrata sua opera Monete dei Reali di Savoia.

Ed alla voglia d’imitar quella moneta deve attribuirsi la confusione delle lettere, e la collocazione rovescia, che in questa vedesi; contraffazione che recava non piccolo lucro al Maestro della zecca, perché, mentre il marco di quella di Savoia era valutato allora dugento settanta lire e diciotto soldi, questo era di cento novantacinque lire e diciotto soldi (vedi il numero precedente), sicché ci era il tornaconto nel far correre questo per quello.

N. XI. Passando alle monete d’argento il primo che ci si offre è lo scudo, del num. 5 della tavola III. Esso trovasi nella bella raccolta numismatica del signor Avv. Gaetano Avignone in Genova, e nel Museo Imperiale di Vienna. Fu stampato nel supplemento del Catalogo delle monete di argento a pag. 471, e descritto dal Reichel nel catalogo della sua ricchissima raccolta già citata Die Reichelsche Münz-Sammlung in St. Petersburg. Neunter Theil 1843, pag. 326, n. 2209. Ha nel diritto il mezzo busto di Agostino Spinola rivolto a destra con corazza e collare alla spagnuola, sotto il braccio l’anno 1604 ed attorno l’iscrizione avgvst . spinvla . comes . tassar. L’esemplare Reichel ha invece avgvstinvs . spinvla . comes . tassarol.

Il rovescio porta lo stemma d’Austria coronato, fregiato dalla collana del tosone, ed intorno l’iscrizione nil nisi avgvste avspice avgvsto. L’esemplare del sig. Avv. Avignone ha avgvste.

Tre varietà ne possiede il prelodato signor Conte di Montenuovo. La prima è uguale a quello del Museo [p. 93 modifica]Imperiale di Vienna. La seconda pari al pezzo del signor Avv. Avignone. La terza ha battuto a martello IniSsi.

La Tariffa di Anversa del 1627, che ho già citata, reca alla pag. 121 un ducatone di Agostino Spinola del 1604 calcolato alla bontà di denari 11, 6, sotto il titolo di Ducaton de Tassarolli. — Alla pag. 228 un altro calcolato alla bontà di denari 7, 22 sotto il titolo di Teston de Tassarolli pesant environ üüz estrelin. Alla pagina 230 altra moneta del suddetto della grandezza di una piastra calcolata alla bontà di denari 7, 20 sotto il titolo di Daelder du Comte de Tassarolli. Alla pag. 530 altra moneta come sopra, calcolata alla bontà di denari 7, 17 sotto il titolo di Daelder du Comte de Tassarolli pesant environ xxij z estrelins. Alla pag. 238 altra moneta come sopra coll’anno 1606 calcolata alla bontà di danari 7, 6 sotto il titolo anch’essa di Daelder du Comte di Tassarolli. Come già avvertii, io non posseggo la tariffa del 1627 e tolgo queste notizie dai Manoscritti del Viani, che già indicai. Ho bensì quella del 1633, la quale a pag. 200 porta impresso questo bello scudo, ma vi manca l’anno 1604.

N. XII. Anche l’anno 1604 sotto il braccio di Agostino ha lo scudo, ducatone o tallero che io riporto al n. I della tavola IX posseduto dal gentilissimo sig. Marchese Gian Carlo Spinola del fu Agostino, che si degnò concedermene il calco per la Biblioteca della R. Università, la quale conserva altresì quello dell’esemplare del Museo Imperiale di Vienna. Il conio e le dimensioni di esso sono affatto uguali al pezzo da cinque doppie che già descrissi al n. VI. Nel diritto: busto rivolto a destra con corazza, e l’iscrizione avgvstinvs . spinvla e sotto il [p. 94 modifica]braccio 1604. Al rovescio l’arma Spinola coronata e l’iscrizione comes . tassaroli.

A pag. 116 della tariffa d’Anversa del 1633 è riportato questo scudo, pero il nome del Conte è scritto avgvstiinvs’.

Il Saraceno nell’opera intitolata Corso delle monete ecc. che già citai, pag. 148, dà la valutazione del ducatone o scudo di Tassarolo e lo fa di denari 24 e 21 e della bontà di denari 11, 8.

N. XIII. L’altro scudo che è alla tavola IV, n. 2 è tolto dall’Ordonnance predetta, pag. 99. Ha nel diritto avgvs . spin . com . palatinvs . Ma nella parola spin invece del p ci è un e, (sein .) io non so se per errore dello stampatore o del conio. Il busto di Agostino è rivolto a diritta, ha la testa scoperta, ed è lorìcato. L’anno 1606 è sotto il braccio. Il rovescio ha nel campo uno stemma inquartato che da due parti ha lo scacchiere Spinola, e nel mezzo l’armetta austriaca, al di sopra la corona; intorno l’iscrizione . nostræ . spes . vna . salvtis. Il libro valuta il marco di questa moneta e delle due seguenti dodici lire; l’oncia trenta soldi; il grosso tre soldi e nove denari, il denaro un soldo e tre denari.

N. XIV. La moneta che segue al n. 3 della tavola IV è incisa nella stessa Ordonnance, pag. 102, e non è diversa nel conio dalla precedente della quale rappresenta la metà. La Biblioteca della R. Università di Genova ha il calco in gesso dell’esemplare ch’esiste nel Museo del Louvre. L’iscrizione al diritto è avgvs . spin . com . palatin . e sotto il busto — 1606. Al rovescio nostræ. spes . vna . salvtis.

XV. Lo scudo, ducatone o tallero disegnato al num. 1 della stessa tavola IV è impresso nella Collezione di Vienna [p. 95 modifica]nell’Ordonnance, nella tariffa di Anversa 1633, pag. 304; ed è descritto dal Reichel, tom. IX, n. 2207, dal Madai, tom. I, n. 2066. I diversi esemplari offrono però alcune varietà che io noterò. Quello del Museo Imperiale di Vienna del quale la Biblioteca della R. Università di Genova ha il calco in gesso, presenta al diritto il busto del Conte armato, rivolto a destra e quasi in atto di parlare. La testa s’innalza sul campo della figura. Ha la mano destra sul fianco, ed impugna uno scettro colla sinistra. L’iscrizione è: avgvstinvs . spinv . comes . tass. Nel rovescio ha l’aquila bicipite coronata collo stemma d’Austria in mezzo, ed intorno svb . tvvm . presidivm, ed al basso c . xv.

Il prelodato signor Conte Montenuovo possiede sei varietà di questo scudo. La prima e uguale all’esemplare del Museo Imperiale senza punto dopo tass e dopo presidivm, senza spino sulla fascia, e senza scacchiere. La seconda ha nell’arma lo scacchiere e lo spino ed è perciò quella della famiglia. La terza simile alla precedente, ha spinnv . nel diritto. La quarta ha al rovescio i caratteri della leggenda più piccoli di quelli degli altri esemplari. La quinta ha un punto dopo presidivm. La sesta lo ha dopo tass . e dopo presidivm. Varia poi nei diversi esemplari lo spazio tra xv e la parentesi, tra tass e la testa, e la posizione del gomito verso la leggenda.

Il signor Cav. Schultess-Rechberg di Monaco, che già ricordai, ne possiede un esemplare simile alla seconda varieta del Conte Montenuovo. Quello impresso nell’Ordonnance ha nel diritto il punto dopo tass . e nel rovescio lo scacchiere e lo spino in petto all’aquila. [p. 96 modifica] L’iscrizione è forse per errore male impressa nel modo seguente svs. (colle lettere rovesciate) tvvm qc.xv q presidivm.

Simili molto a questo scudo di Tassarolo sono quelli di Masserano dell’epoca; uno è impresso nella Tariffa del 1633, pag. 199, ed e della bontà di denari 5 e grani 8. Tutti sono contraffazioni del ducatone di Mantova stampato a pag. 99 dell’Ordonnance del 1615 e nella Tariffa d’Anversa del 1633 pag. 199. Il C. XV ch’è nel basso della moneta imita il B. XVI ch’è in quella di Mantova. Gli scudi di Masserano portano scritto B. 12.

N. XVI. Il quarto di scudo ch’è al num. 4 della tavola IV esiste nella raccolta della R. Università di Genova. L’argento è del titolo 700. Ha il diametro di millimetri 30 e pesa gr.i 6, 500. Nel diritto presenta l’immagine del Conte nella stessa guisa ch’è nello scudo descritto, e l’iscrizione avgvstinvs . spin . comes . tass * Al rovescio l’aquila bicipite colla fascia dello stemma austriaco nel mezzo, e l’iscrizione virtvte caesarea dvce.

Il Conte Montenuovo, più volte lodato, possiede tre varietà di questa moneta. La prima ha dopo spin un t; la seconda battuta a martello ha lettere e punti raddoppiati. La terza ha dopo tass una stella * invece del punto, ed e descritta dall’Appell, vol. III, parte II, Vienna 1834, pag. 1036, n. 3632.

Nei Manoscritti inediti di Guid'Antonio Zanetti, che serbansi nel Gabinetto numismatico di Brera, tom. II, IX Zecca Tassarolo, è riportato un quarto di scudo uguale nel conio ai già descritti e con questa leggenda nel diritto: avgvstinvs . pin . comes . tass, e col solito impronto, e leggenda al rovescio. Egli aggiunge che stava [p. 97 modifica]presso il Dott. Cattani, e pesava carati 34 1/2 ed era d’argento almeno di 510 parti di fino.

N. XVII. Quasi uguale al già descritto è il quarto di scudo, che io riporto al num. 1 della tavola XXI, il quale serbasi altresì nella Biblioteca della R. Università di Genova. Ha 30 millimetri di diametro, e peso e bontà di argento uguali; né varia l’impronto, ma solo l’iscrizione del diritto, leggendovisi avgvsti . spin . 1607 . comes . tas. Un esemplare simile è descritto dal Reichel nel tomo IX, pag. 327, num. 2211.

N. XVIII. La moneta impressa al numero 5 della tavola IV è un ottavo di scudo ch’è nella Collezione della R. Università di Genova. Ha il peso di grammi 3,500, ed il diametro di millimetri 26. L’argento è del titolo 700. Il diritto uguale al quarto già descritto ha l’iscrizione avgvstinvs . spin . comes . tass ; nè differisce il conio del rovescio, ove leggesi virtvte caesarea dvce.

Il signor Conte Montenuovo ha due varietà di cotale moneta, la prima eguale a questo esemplare dell’Università di Genova, e l’altra colla leggenda seguente nel diritto avgvstinvs . spini. com . tass E questa è descritta dall'Appell, vol. 3. parte II, pag. 1037, N. 3633.

N. XIX. Uguale al quarto di scudo del numero XVI, ma di esso alquanto più piccola è la moneta, che vedesi al numero 1 della tavola V. Essa è di rame, ed esiste nella Raccolta Trivulzio di Milano. Si trova descritta nei Manoscritti di Giorgio Viani Monete di Tassarolo che si conservano nella mia Collezione num. 5, e gli dà il peso di denari quattro e grani sei. Ha nel diritto avgvstinvs . spin . comes tas * E nel rovescio virtvte caesarea dvce

[p. 98 modifica] N. XX. La monetina ch’è al num. 2 della tavola IX venne di recente da me acquistata per la Biblioteca della R. Università, e la credo inedita. È in argento ed ha il peso di grammi 3, 200, cioè pari all’ottavo di scudo. Nel diritto presenta una croce coll’iscrizione avgvstinvs * spinola * * * Al rovescio evvi lo stemma Spinola coronato coll’epigrafe * comes tassarol. Alquanto logoro però è il t, che appena discernesi in quest’ultima parola.

Filippo figlio di Massimiliano fratello di Agostino, morto senza prole, e di Violante Spinola di Gian Maria, nato nel 1606, fu ascritto al libro d’oro della nobiltà genovese nel 1628, sposò Livia Centurioni-Oltremarini di Adamo, e morì nel 1688.

Di questo Conte di Tassarolo conosco molte varietà di monete d’oro e d’argento, e descriverò tutte quelle che ricordo, perchè assai più vasto è il campo di quanto altri possa pensare.

ORO


N. XXI. Quella riportata al num. 2 della tavola V fu pubblicata a pagina 262 delle Monnaies en or del Museo Imperiale di Vienna ov’esiste. La Biblioteca della R. Università di Genova ne possiede un bellissimo calco in gesso. Ha nel diritto l’aquila bicipite con alcune gloriole intorno alla testa, e l’iscrizione phil * spin * com * palat * mo * av * cioè Philippi Spinulae Comitis Palatini Moneta aurea. Al rovescio vedesi il Vescovo S. Nicolò di Mira inchinato in avanti con gloriola e mitra sulla testa, il pastorale in una mano, ed un vaso nell’altra. Innanzi [p. 99 modifica]ha lo scudo diviso in quattro quarti colla solita armetta d’Austria nel mezzo. Ha intorno la leggenda sanctvs + nicolavs protector * nos. Ha il diametro di ventisette millimetri, ed è un pezzo da due doppie.

S. Nicolò è il protettore del borgo di Tassarolo, cui è dedicata la Chiesa parrocchiale del luogo, che appartiene alla diocesi di Alessandria. Essa è ricordata in un documento del 1387 come sottoposta alla Pieve di Pasturana.

N. XXII. Anche un pezzo da due doppie in oro è la moneta notata al numero 3 della stessa tavola V. Esiste nella Biblioteca di S. M. il Re a Torino, ed ha il peso di grammi 13, 100, ed il diametro di millimetri trent’uno. Il diritto rappresenta il busto di Filippo rivolto a destra col capo scoperto, i capelli corti, senza barba, con corazza ornata, con colletto stretto, e testa di leone sul braccio. Ha intorno l’epigrafe philippvs . spinvla. Al rovescio uno scudo ovale assai intagliato, che nella parte superiore offre una piccola testa, e nell’inferiore una seconda molto più grossa e di truce aspetto. In mezzo allo scudo è il solito scacchiere collo spino, che molto si avvicina alla forma di un giglio. Una corona dentata sormonta lo stemma, e lo contornia l’iscrizione comes . tassaroli 1629 ma il 9 è alquanto logoro. Un esemplare di questa moneta trovasi anche nel Museo Imperiale di Vienna, ed io ne posseggo il calco in gesso; non presenta alcuna varietà dal descritto, ma le cifre 29 sono quasi illeggibili, e forse perciò nelle Monnaies en or piu volte citate, si diede a questa moneta la data del 1630, togliendola dalla metà, che appresso descriverò. Un altro esemplare è nel Museo del Louvre, ed io ho di esso il calco in cera lacca, nè presenta varietà dai due pezzi già descritti. È però [p. 100 modifica]assai meglio conservato, anzi in istato perfetto. L’anno 1629 è nitidissimo.

Nei manoscritti inediti del Zanetti è delineato altresì un esemplare di questa moneta, ed egli ricorda che serbavasi presso il signor Marchese Senatore Angolelli, e che aveva il peso di carati settanta bolognesi.

N. XXIII. La moneta che segue nella tavola V, num. 4 è la metà della precedente, e rappresenta un pezzo da una doppia. Serbasi nella Biblioteca di S. M. il Re in Torino. Ha il peso di grammi 6,550 ed il diametro di millimetri venticinque. L’impronto non differisce punto dal precedente, solo l’anno è 1630. Tengo anche il calco del pezzo ch’esiste nel Museo Imperiale di Vienna, non diverso per nulla da questo di Torino, ma assai più logoro, specialmente nel rovescio.

N. XXIV. Tardi ebbi il disegno dell’ongaro, zecchino o ducato, che è al numero 2 della tavola XXI, e perciò dovetti collocarlo fuori del suo posto. Esso fa parte della ricchissima collezione Trivulzio di Milano, e debbo anche questo disegno all’illustre signor Conte Carlo Taverna. Ha nel diritto un cavaliere armato tra due stemmi, in tutto uguali a quello che descriverò nel numero seguente. Intorno evvi l’iscrizione philippvs * sp * d . g . comes pal * Nel rovescio l’aquila bicipite collo scudo austriaco in petto e la leggenda svb * vmbra * alar * tvar * pron * 1637. Pesa grammi 3,350. Il diametro è di 22 millimetri.

N. XXV. Al num. 5 della tavola V è inciso un ongaro o ducato, che serbasi nella bella collezione del mio amico sig. Luigi Franchini in Genova; ha nel diritto un guerriero armato di tutto punto, coi piedi fermi a terra, col portamento [p. 101 modifica]altero e la faccia rivolta a destra. Con una mano imbrandisce la spada, e coll’altra innalza lo scudo. Due stemmi gli stanno ai fianchi, e sebbene siano molto logori si possono scorgere le armi degli Spinola e dei Centurioni-Oltramarini inquartati. Quest’ultimo per la moglie del Conte, che, come vedemmo, era di tal famiglia. Ha intorno l’iscrizione philippvs :sp * d . g : com . pal : al rovescio il solito stemma coll’aquila bicipite, e lo scudo austriaco col toson d’oro. La leggenda è svb . vmbra alar . pr. 1637 .

Un esemplare simile è nel Museo Imperiale di Vienna, ed io ne posseggo il gesso. Non è diverso da quello del signor Franchini che per la parola prot . invece di pr; e perchè grande spazio s’interpone tra l’r d’alarum ed il p: io suppongo, che altra parola vi fosse, or consunta, e forse tvar come nell’esemplare Trivulzio descritto nel numero precedente. Quello del signor Franchini ha il diametro di ventidue centimetri, e pesa grammi 3,400.

N. XXVI. Un ongaro, ducato, zecchino o fiorino in oro è altresì quello delineato al num. 3 della tavola VI, e serbasi nella Biblioteca di S. M. il Re in Torino. Ha il peso di grammi 3,400, ed il diametro di millimetri 23. La Biblioteca della R. Università di Genova possiede il calco in gesso dell’esemplare ch’è nel Museo Imperiale di Vienna, perfettamente uguale a quello di Torino e fu pubblicato nel volume già ricordato Monn. en or, pag. 262. Nel diritto il principe loricato sta coi piedi a terra, colla faccia alquanto inchinata avanti. Di questa non apparisce che la parte sinistra; la testa è nuda. Colla man destra tiene la spada rivolta verso la terra, la sinistra è appoggiata sul fianco. Un giglio è tra i piedi. La leggenda è [p. 102 modifica]pars . mea . devs . in . æternvm. Nel rovescio non vi è che l’iscrizione seguente in una cornice distribuita in cinque righe: fer . imp sem . avg . phi . spa comtas fel . per, cioe: Ferdinando Imperatori Semper Augusto, Philippus Spinola Comes Tassaroli felicitatem perpetuam. L’a ch’è dopo sp non spiegasi perché non ha senso. L’esemplare di Vienna ha logoro il t della quarta linea tas, e perciò as diede il Tratner pubblicandolo.

N. XXVII. Un altro ongaro, fiorino o zecchino è quello che vedesi al num. 4 della tavola VI. Esiste anch’esso nella Biblioteca del Re in Torino, ed ha il peso di grammi 3,400, come il precedente, diametro minore, cioè di soli millimetri 22. Anche dell’esemplare di Vienna ho sotto occhio il calco, non dissimile da quello di Torino, come può vedersi dal volume Monnaies en or, ove fu pubblicato. Ha nel diritto l’iscrizione ch’è nel rovescio della precedente: fer . imp sem . avg phi . spa com . tas fel . per distribuita in cinque righe, e collocata in una cornice. Al rovescio vedesi una rosa sullo stelo con due foglie dentro una corona d’alloro, colla leggenda in * odorem * cvrrvnt * qvi * dili * * * Invece di punti trovansi dappertutto delle piccolo rosette.

N. XXVIII. Un pezzo assai raro da due doppie in oro è quello inciso al num. 1 della tavola VI, e serbasi nella già ricordata collezione di S. M. il Re in Torino. Ha il diametro di millimetri 31, ed il peso di grammi 13,060. Nel diritto è il mezzo busto del Conte rivolto a destra con lunghi capelli, baffi e moschetta, vestito di corazza assai ornata, con testa di leone sul braccio. L’epigrafe è philippvs * comes * tass * Nel rovescio vedesi l’immagine di un gesuita legato colle mani indietro ad un [p. 103 modifica]albero, col rosario pendente dal destro fianco, e colle fiamme divoratrici, che già gli oltrepassano le spalle. L’iscrizione: p * carolvs * spin * m * soc + iesv, ci rivela che vollesi con questa moneta ricordare il glorioso martirio del P. Carlo Spinola bruciato vivo per la fede nel Giappone il 10 settembre 1622 d’anni 58. Il 1640 collocato nella parte inferiore della moneta ci annunzia l’anno del conio.

N. XXIX. Una doppia della forma stessa del pezzo or descritto e la moneta impressa al num. 2 della tav. VI. Il disegno è tolto dall’esemplare esistente nella Biblioteca del Re in Torino, che ha il diametro di millimetri 27 ed il peso di grammi 6,550. Il conio non differisce per nulla da quello del pezzo da due doppie testè illustrato; solo manca il punto o rosetta che in quella è dopo il tass. Ho il calco dell’esemplare di Vienna, e questo porta invece il punto dopo tass, ed è assai bene conservato.

Giorgio Viani nei Manoscritti inediti tra le Monete di Tassarolo che serbansi nella mia Collezione ha: « I. Philippus . Comes . Tass. Busto rivolto alla diritta dello spettatore. — P. Carolus Spin. M. Soc. Jesus. Figura legata ad un palo in mezzo alle fiamme, e sotto 1640. Doppia da due inedita. Pesa denari 11 e grani 3 ». E più sotto al numero 3 « Philippus . Comes . Tass. Busto rivolto alla diritta dello spettatore. P. Carolus Spin. M. Soc. Jesu figura legata ad un palo in mezzo alle fiamme, e sotto 1640. Doppia inedita. Pesa denari 5 e grani 11 ». Quest’ultima passò dopo la morte del Viani nella Galleria Pitti in Firenze, che non l’aveva nel primo quarto di questo secolo, come rilevo dai Mss. stessi del Viani, e che or la possiede. La trovo infatti nella Nota di Medaglie e [p. 104 modifica]Monete degli Spinola che si conservano nella R. Galleria di Firenze mandatami dal chiarissimo mio amico il benemerito Cav. Giulio Resasco, Capo Divisione al Ministero della Pubblica Istruzione in Torino, ed in quell’elenco la parola Tass e divisa in due nel modo seguente ta.-ss.


ARGENTO


Passando alle monete di argento di Filippo Spinola, debbo notare, che non posso dare il disegno dello scudo portato dal Reichel nella sua Collezione al num. 2212 Neunter Theil. Nulla risparmiai per procurarmelo da S. Pietroburgo, ma i miei sforzi non ottennero quel risultato che io aspettava. Egli lo descrive nel modo seguente:

N. XXIX. « Philippus Spinula » Das rechtssehende geharnischte Brustbild, mit Mantel und Löwenkopf, auf der Schulter.

Rv. comes . tas-saroli. 1622 . Ein verzierter, gekrönter Wappenschild, mit der Schachbrett Binde und darüber eine Lilie. (Ein scudo) 7 40|96 s. r2. ar 30.

Insomma, al diritto busto rivolto a destra con corazza, manto e testa di leone sulla spalla. Al rovescio stemma ornato e coronato, collo scacchiere sormontato dalla spina, ch’egli chiama giglio. Non dev’essere quindi diverso se n’eccettui l’anno da quello che io descrivo al numero seguente, che esiste nella Collezione del dotto Numismatico signor Avvocato Avignone.

N. XXX. Alla tavola VII, n. 1 è uno scudo del 1629. Ha nel diritto il mezzo busto di Filippo rivolto a destra sbarbato e con cappelli corti. È loricato; sul braccio destro [p. 105 modifica]campeggia la testa di un leone, ed il manto sventola alle due parti della figura. L’iscrizione è philippvs . spinvla. Il rovescio ha l’arma Spinola ornata e coronata, collo scacchiere e spino alla solita guisa. Una grossa testa ed orribile sta sotto la corona, ed una più piccola e meno fiera al basso. Lo contornia l’iscrizione comes . tas-saroli. 1629. Ha il diametro di millimetri 41, pesa grammi 31,500, e l’argento è del titolo 900.

N. XXXII. Altro scudo somigliante al descritto è quello inciso al num. 5 della tavola VI, che io acquistai di recente per la Biblioteca della R. Università. Esso è assai ben conservato; ha il diametro di 41 millimetri, il peso di grammi 31,500, e l’argento è altresi del titolo 900. Le iscrizioni del diritto e del rovescio non differiscono dalle recate al numero precedente, ma sotto il busto del Conte veggonsi le lettere . i . a . p . f . ch’esprimono il nome dell’incisore ignoto per mancanza di documenti.

N. XXXIII. Fra gli scudi degli Spinola il più comune è quello che è inciso al num. 2 della tavola VII. L’esemplare della R. Università che servì per il disegno ha il diametro di millimetri 41, il peso di grammi 30,600, e l’argento è del titolo 900. Il diritto offre il busto del Conte colla testa rivolta a destra, con lunghi capelli, con corazza, manto e testa di leone nel braccio. Lo circonda l’epigrafe philippvs * spin * comes * tass * Quasi interamente consunte sono le lettere mes * tass * Il rovescio ha un Santo a cavallo, con gloriola sulla testa, che imbrandisce una picca o asta colla destra in atto di ferire un uomo disteso a terra, che innalza le braccia per chiedere aita. Colla sinistra tiene le redini del cavallo che s’impenna ed agita la lunga coda. L’iscrizione [p. 106 modifica]* spes * non * confvndit * lo contornia. Anche logore sono le lettere confvn. Di sotto ha l’anno * 1639 * Il Santo pare S. Giorgio. L’esemplare del Museo Imperiale di Vienna ha * * due stellette sotto il busto, e veggonsi anche in quello del Conte Montenuovo; mancano a questo della R. Università, ed all’altro della Biblioteca del Re in Torino, ch’essendo meglio conservato ha il peso di grammi 31,500.

N. XXXIV. La moneta che segue è la metà della precedente, rara assai. Ha il diametro di millimetri 35. Esiste nella copiosa collezione del Conte Montenuovo già lodato, ed è descritta nel Catalogo di Welzl al numero 2715, e dal Madai al num. 2067. Non differisce per nulla nel conio dallo scudo o ducato già descritto.

Il sig. Avv. Gaetano Avignone, già più volte ricordato, nella sua ricca Collezione ha un disegno di questo mezzo scudo. Il conio è perfettamente uguale ma alquanto diversa è l’epigrafe leggendovisi com invece di comes.

N. XXXV. Neppur da esso dissimile è quello che segue al num. 4, ma diverso è l’anno cui appartiene 1640. L’esemplare della Regia Università ha il diametro di millimetri 42, il peso di grammi 31,500, e l’argento è del titolo 900. Il mezzo busto del conte è uguale al già descritto del 1639. L’iscrizione è così disposta al diritto * philippvs + spin * comes * tass * Due rosette simili sono sotto il busto del Conte. Nel rovescio vi è S. Giorgio nella guisa stessa che nell’altro del 1639, ma è assai più conservato. Spicca in particolar modo il largo manto che il Santo agita innalzando l’asta, e che gli cuopre tutta la gamba destra. L’iscrizione è: * non * confvndit * E sotto * 1640 * [p. 107 modifica] Il signor Conte Montenuovo più volte lodato possiede cinque varietà di questo ducatone o scudo, delle quali mi mandò la descrizione. La diversità è riposta nelle lettere e rosette che le dividono.

I. Due rosette sotto il busto, e dappertutto rosette, ma mancano dopo tass.

II. Due rosette sotto il busto. Nel diritto rosetta dopo ogni parola, ed una stelletta dopo tass. Nel rovescio non vi è rosetta dopo confvndit.

III. Due rosette dopo il busto, dappertutto rosette, ma dopo tass. punto; e punto pure innanzi philippvs *

IV. Due rosette sotto il busto. Dopo confvndit grande rosetta. Dopo tass e avanti philippvs stellette. Mentre nel I, II e V il campo è libero.

V. Due rosette sotto il busto. Dopo tass grande rosetta. Buco nell’o di comes che corrisponde al rovescio avanti la parola confvndit.

Il Madai scrive esservene una varietà con un tronco d’albero invece dell’uomo atterrato sotto il cavaliere. Io sono d’avviso che la conservazione cattiva della moneta abbia spinto quel diligente e dotto Numismatico a cambiare in tronco l’uomo caduto.

XXXVI. Assai più raro dei due ultimi descritti è lo scudo o ducatone delineato nella tavola XXI, numero 3. Esso esiste nella Biblioteca della R. Università di Genova, ed ha il diametro di millimetri 41, il peso di grammi 30,800, e l’argento è del titolo 900. Dal diritto vedesi il mezzo busto del Conte rivolto a destra con testa assai grossa coperta di capelli corti ed arricciati, baffi e moschetta al mento. Il collo è nudo. La corazza è romana ed assai ornata. Una testa di leone campeggia sulla spalla, ed il manto pende [p. 108 modifica]dinanzi appuntato sulla spalla destra. L’iscrizione e philip . spinvla . com . tassa . Nel rovescio dentro uno scudo coronato, e molto intagliato sta un’aquila bicipite con un piccolo stemma ancor esso coronato, nel petto. È diviso in tre parti, e non discernesi il disegno; ma la forma della corona, ch’è tra le due teste dell’aquila fa supporre che sia lo stemma austriaco. La leggenda è . in . te . domine . speravi . 1663. Fu questa rara moneta descritta dal Madai al numero 7016, tomo III, ed è stampata alla pag. 472 del Supplemento alle Monnaies en argent.

N. XXXVII. Della moneta ch’è al num. 4 della stessa tavola XXI ha il calco in gesso la Biblioteca della Regia Università di Genova, ed essa è posseduta dal Gabinetto Imperiale di Vienna. Il diametro è di millimetri 29, ed ha la forma di un quarto di scudo. Il conio è poco diverso dal pezzo da due doppie del 1629 che descrissi al numero XXI. Meno ellittico è però lo scudo del rovescio, assai logoro il diritto, ed a stento vi si legge phil. Nè in buono stato è la leggenda del rovescio, però si vede notato comes . tas-saroli 1629. Nè più so dire di questa moneta assai rara, la quale, per quanto io sappia, non è in altra raccolta.

N. XXXVIII. Assai bella e ben conservata è la monetina disegnata al numero 3 della tavola IX. Essa è posseduta dal signor Marchese Franco Spinola del fu Giacomo, del quale già ricordai la gentilezza. Ha il diametro di 22 millimetri, pesa grammi 2,400, e perciò è minore di molto dell’ottavo dello scudo.

Un altro esemplare simile e dello stesso peso è nella Collezione di S. M. il Re in Torino. L’uno e l’altro offrono al diritto il mezzo busto del Conte con capelli lunghi ed [p. 109 modifica]arricciati e colla faccia rivolta a destra. È assai più magro che nelle altre monete. Ha baffi e moschetta, corazza e manto. L’iscrizione è philip . spinv . tass . comes. Al rovescio è scolpita l’aquila bicipite sormontata dalla corona imperiale, e porta nel petto lo scudetto collo stemma spinolino. Intorno si legge devs . mevs . in . te . confido 16-67.

Le monetine della tavola VIII appartengono a quelle battute per il Levante, e sono perciò di argento basso. Esistono tutte nella Raccolta del sig. Conte Montenuovo ed eccone la descrizione. È inutile dire che sono rarissime ed ignorate dal Reichel, dall’Appell e dai più celebri Numismatici.

N. XXXIX. Quella designata al num. 1 ha il diametro di 21 millimetri. Il busto del Conte rivolto a destra è sul diritto, con capelli scarmigliati, corazza e manto. L’epigrafe è logora in gran parte, ed alcune lettere sono consunte per metà. Vi si legge philippvs . d . g . comes . tass. Nel rovescio vedesi uno scudo coronato con fiori nel mezzo, e vi campeggia un giglio. L’iscrizione è anche consunta, pero vi si discerne circvmdedisti me lætitia . 1662.

N. XL. Soli 19 millimetri di diametro ha quella delineata al num. 2, ch’è bucata nel campo della figura. Nel diritto vi è il mezzo busto del conte rivolto a destra. Il suo aspetto è assai giovanile, onde meglio imitare l’immagine di madamigella di Montpensier; intorno vi è scritto philippvs d. g. tass . comes. Al rovescio vedesi uno scudo coronato con tre gigli nel campo. Si sa che tal fiore usavasi nelle monete di Dombes. Intorno .in . te . domine . speravi ma le lettere in-e sper sono dimezzate e logore.

N. XLI. Il più volte lodato signor Avvocato Avignone mi favorì il disegno ch’è al numero 3 della stessa tavola, e la moneta che ritrae deve aver 24 millimetri di diametro. [p. 110 modifica]II conio è simile a quello del numero XXXIX. Nel diritto, mezzo busto di Filippo con philippvs . d . g . comes . tass. Nel rovescio scudo coronato con fiori e circvmdedisti me lætitia 1665.

N. XLII. Altro luigino simile a quello del numero XXXIX è riportato al numero 4 della tavola VIII. Ha il diametro di millimetri 22. Presenta al diritto l’immagine del Conte coll’iscrizione philippvs . d . g . comes . tass. Nel rovescio vi è il solito scudo coronato con fiori e l’iscrizione circvmdedisti me lætitia 1666.

N. XLIII. Io non dubito che il luigino impresso al num. 5 della tavola VIII non sia lo stesso del già descritto al numero XLI, ma mancando l’anno perchè bucata è la moneta, e recando questa autenticità al disegno, perchè posseduta dal sig. Conte Montenuovo, ho creduto bene di qui aggiungerlo. Ha il diametro di millimetri 24. Nel diritto offre il mezzo busto del Conte colla leggenda philippvs . d . g . c-mes . tass. L’o di comes manca perché la moneta è bucata in quel luogo. Al rovescio, scudo coronato con fiori, e l’epigrafe circvmdedisti me lætitia 166- Manca il 5 altresì per il buco.

Note

  1. V. Liber jur., vol. I, pag. 398.
  2. Annali di Alessandria, pag. 16.
  3. Ghilini, opera citata, pag. 33, e Lib. jur., vol. I, pag. 786.
  4. Vedi Liber jurium, vol. II, pag. 324.
  5. Annali sotto il 1340.
  6. V. Giustiniani, Annali — Genova 1538 — pag. 141 — e Foglietta Historiae Genuensium, pag. 133.
  7. Vedi Dumont Corps Universel Diplomatique du Droit des gens, tom. III, part. I, pag. 229.
  8. Tolgo questa lettera e la seguente dai Manoscritti di Giorgio Viani, che serbansi nella Biblioteca pubblica di Lucca, e di essa, e di altre note che riferisconsi alla moneta di Tassarolo ebbi copia dalla rara gentilezza di quel dottissimo Bibliotecario e Professore Monsignor Telesforo Bini.
  9. Io ebbi la sorte di potere esaminare a mio bell’agio questo importante manoscritto per favore speciale di S. E. il sig. Cav. Alberto Della Marmora Luogotenente Generale, Senatore del Regno ecc, il quale non contento di avermene trascritto di proprio pugno tutto quanto riguarda la zecca di Tassarolo, lasciava altresì il prezioso scritto per un mese in mie mani.
  10. Trascrivo le parole colle quali il Cardinale La Marmora riferisce cotale processo: « 1.° settembre Masserano — Memorie tratte da un processo giudicialmente fatto nanti il Delegato Bernardino Guala. Il Procuratore Fiscale generale Torazza espone d’essersi battute monete false, cioè: sesini, mezzi crosazzi, mezzi soldi, quarti di lire di Savoia, quarti di lire di Modena, e mezze doppie genoine, e se ne incolpa Giacomo Brandi intagliatore delle stampe, Mr. Gio. Domenico d’Alessandro, il signor Rocco Secchia, e come crime di lesa maestà manda procedersi ecc. — Erasi già dal Principe pubblicato ordine contro i Monetarii falsi — Angelo Maria Corino nipote dell’Alessandro depose d’avere in sua compagnia battuti sesini e mezzi soldi di Savoia in un fornello della cucina nella quale sotto un mattone teneva le stampe coll’impronto, e crosazzi di lire di Modena, mezze doppie genoine, mezzi soldi di Savoia, e sesini di Milano; e le stampe dei mezzi soldi, mezze doppie genovine, quarti di lire di Savoia erano a castagnette, quali tenevano vicino al pozzo del Brandi. Facevano anche mezzi crosazzi e lire di Modena nascondendo le pietre ove gettavasi le materie e li ferri nel giardino, or qui or là. Il Secchia entrava nella spesa, e li portava in Vercelli e Gattinara. Usavano un ceppo di piombo per fare meno rumore. Si portavano in un luogo tra Mortigliera, Curino e Masserano, dove dicesi alla Piana di Saluzzola, colla materia bianca già tutta preparata per i sesini. Il Secchia si costituì nella zecca a Crevacuore, di cui era Mastro il signor Carlo Francesco Marcenaro di Biella. Vi fu Antonio Guaviella che rubò. L’Alessandro dopo d’avere lavorato nella zecca del Conte Spinola in Tassarolo si costituì anche lui, mentre il Principe di Masserano era a Torino. In Tassarolo battè una moneta d’argento, e rame col busto di donna da una parte, e tre fiori di giglio dall’altra, in uno scudo. Il Brando fu anche a Tassarolo, e dicevasi, che in Masserano faceva le stampe di questa falsa moneta, e ne fondeva la materia, e che Alessandro, il quale aveva anche lavorato nelle zecche di Desano e di Masserano le batteva e le tagliava. Il che tutto fu propalato dal detto giovine Angelo Maria Corino nipote dell’Alessandro, dopo che disgustatosi coi compagni cercò di ottenere l’impunità ».
    Dallo stesso Manoscritto dell’Eminentissimo La Marmora rilevasi che nel 1669 il Principe di Masserano Francesco Ludovico concesse al Giovanni Brandi, già processato, di stampare nella sua zecca alcune monete di rame.
  11. Atto del 9 dicembre 1673 tra il Conte Massimiliano Spinola ed i signori Bernardo Rimbolli e Giovanni Mistura di Livorno, nel quale questi confessano d’aver ricevuto dal primo luigini per il Levante dal 1662 al 1666. (Atti di Giovanni Ferrari nell’Archivio dei Notai).
  12. Né diversa è la causa della rarità della massima parte delle monete battute nei feudi imperiali, e specialmente dei luigini. Allorché essi per unanime consenso dei varii principi furono proibiti, vennero minacciate pene assai gravi ai detentori, e questi affrettaronsi a distruggerli, e pochissimi scamparono a tal sorte.
  13. È pubblicata nel mio volume Monete, Medaglie e Sigilli dei Principi Doria, pag. 83.
  14. Vedi Borelli, Editti in varii luoghi.
  15. Borelli, opera citata, pag. 33.
  16. Borelli, opera citata, pag. 176.
  17. Vedi Battilana, Famiglie Nobili di Genova, vol. II, pag. 3.
  18. Il disegno di questo stemma tolto dall’antico palazzo Spinola-Marmi mi fu favorito dalla gentilezza del valoroso scultore signor Cav. Santo Varni.
  19. Il 4 è quasi illeggibile.