Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo VII/Libro I/Capo I
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Capo I.
Idea generale dello stato d’Italia
in questo secolo.
Guerre del regno di Napoli e dello Stato ecclesiastico.
I. Lo Stato di Milano occupato da Lodovico XII re di Francia, e il regno di Napoli diviso tra lo stesso sovrano e Ferdinando il Cattolico re d’Aragona, erano i due oggetti che sul cominciar di questo secolo traevano a sè l’attenzione di tutta l’Europa. Nello Stato di Milano non ebbero i Francesi per qualche tempo chi lor si opponesse. Ma le due diverse nazioni che signoreggiavano il regno di Napoli, troppo difficilmente potevan serbare una vicendevol concordia. Si accese dunque ben tosto tra esse la guerra; e i Francesi n’ebber per frutto l’abbandonar di nuovo le lor conquiste e il lasciar l’anno 1504 tutto quel regno, trattine pochissimi luoghi, in mano de’ lor rivali. Al tempo medesimo tutto rumoreggiava d’armi e d’armati lo Stato della Chiesa. Alessandro VI e il troppo celebre di lui figliuolo Cesare Borgia, rivolti a domare l’orgoglio de’ prepotenti baroni romani, e a toglier di mezzo tanti
piccioli tiranni che si eran fatti signori qual di una, qual di altra città di quelle provincie, contro di essi assoldavan truppe e il pontefice sotto pretesto di recuperare il suo Stato, aa’altro non aspirava che a dargli nel suo figliuolo un troppo più formidabil sovrano. Alessandro sorpreso da morte nel 1503 non potè vedere interamente eseguiti i suoi disegni, e Cesare dopo diverse vicende gli tenne dietro quattro anni appresso, ucciso in guerra nella Navarra, ove fuggito da più prigioni era andato a militare. Ma ciò non ostante lo Stato ecclesiastico non ebbe pace. Giulio II, detto da prima il cardinal Giuliano della Rovere, nipote di Sisto IV, dopo il brevissimo pontificato di Pio III, salito sulla cattedra di S. Pietro, diede tosto a vedere un animo più guerriero che non si potesse aspettare dal vicario di Cristo. Fermo di recuperare gli Stati della Chiesa, non solo radunò truppe, ma le condusse egli stesso, e si fe’ generale di armata; e molte città gli venne fatto di togliere, altre a piccioli principi, altre a Veneziani che sul finir del secol precedente le aveano occupate.
Successi della lega di Cambray.
II. Frattanto contro questi ultimi si andava segretamente formando un turbine spaventoso, che scoppiò l’anno 1508 nella famosa lega di Cambray. Massimiliano imperadore, Lodovico XII re di Francia, Ferdinando re d’Aragona, il papa, i duchi di Savoia e di Ferrara e il marchese di Mantova uniti a’ danni di questa Repubblica, da ogni parte le furon sopra con tali forze, che pareva che qualunque più formidabil potenza dovesse rimanerne oppressa. Mai non si vide Venezia in più difficil cimento; nè mai fece meglio conoscere il suo coraggio insieme e la sua destrezza. Sostenne con incredibile ardire l’impeto di tanti armati, nè si lasciò abbattere a’ primi colpi dell’avversa fortuna; e al tempo medesimo seppe adoperarsi sì saggiamente, che, placato il pontefice, pose in divisione tra loro i suoi stessi nemici. Giulio II, che mal volentieri vedeva i Francesi rendersi troppo potenti in Italia, chiamati contro di loro gli Svizzeri nello Stato di Milano, eccitati i Genovesi a sollevarsi contro il re Lodovico, a cui eransi dati, e tratto nelle sue parti il re Cattolico, rendette la guerra men pericolosa a quella Repubblica, ma la fece insieme sempre più viva e più generale in Italia, ee’egli stesso co’ Veneziani, e poscia cogli Spagnuoli, rivolse l’armi contro i Francesi e contro Alfonso I duca di Ferrara, succeduto nel 1505 ad Ercole I suo padre. Io non posso qui trattenermi sulle diverse vicende di tali guerre, che il solo accennarle mi condurrebbe troppo oltre. Le città italiane non cambiaron mai sì spesso signore come in questi anni. Massimiliano Sforza figliuol di Lodovico il Moro richiamato ad occupare in parte i dominii paterni; Genova sollevata più volte contro i Francesi, più volte da essi riacquistata, e agitata sempre da interne discordie peggiori dell’eterne guerre; Bologna or soggetta al pontefice, or a’ Bentivogli, ora a vicenda occupata delle truppe straniere; un principio di scisma contro il guerriero pontefice del concilio contro di esso intimato a Pisa, ma che non ebbe effetto; battaglie, assedii, scorrerie continue nel cuore stesso del verno, rendettero in questi anni l’Italia un teatro di strepitose rivoluzioni. La morte di Giulio II nel 1513, e quella di Lodovico XII due anni appresso non bastò ae’estinguere sì grande incendio. Leon X, principe di sovrana magnificenza e splendidissimo protettor delle lettere e delle arti, benchè men guerriero del suo predecessore, continuò nondimeno or coi raggiri politici, or col movimento dell’armi, aa’aver molta parte nelle vicende d’Europa; e Francesco I nulla meno di Lodovico impaziente di riacquistare il dominio perduto in Italia, proseguì a tal fine la guerra già da più anni intrapresa, e vennegli fatto di ricuperare lo Stato di Milano vilmente cedutogli dal duca Massimiliano, che ritirossi a vivere in Francia. Nel 1517 si conchiuse finalmente la pace; e la Repubblica veneta potè vantarsi di aver mantenuta contro gli sforzi de’ più potenti sovrani d’Europa la maggiore e la migliore parte de suoi dominii. Solo continuò per qualche tempo la guerra nel ducato U’Urbino, cui il pontefice avea conceduto a Lorenzo de Medici suo nipote, e che non fu ricuperato da Francesco Maria della Rovere che dopo la morte di Leone X.
Guerre per lo Stato di Milano: sacco di Roma.
III. Ma era ancor recente la pubblicazion della pace, quando nuova e più strepitosa guerra si accese in Italia. Carlo l’succeduto nel 1516 ne’ regni di Spagna al re Ferdinando, e l’anno 1516 a Massimiliano Cesare nell’impero, e il suddetto Francesco I re di Francia eran sovrani di troppo bellicosa indole e di spiriti troppo grandi, perchè potessero viver concordi. Tutte le storie son piene di varie vicende, con cui que’ due gran principi guerreggiarono lungamente fra loro. La perdita dello Stato di Milano, di cui dall’imperadore fu proclamato duca Francesco Maria Sforza, figlio egli pure di Lodovico il Moro, e la sua prigionia seguita presso Pavia nel 1525 non bastarono a far deporre le armi al re Francesco, sicchè più volte non le ripigliasse. Egli ebbe dapprima nimico il pontefice Leone X. Ma Clemente VII, detto prima il cardinal Giulio de’ Medici, e figlio naturale di quel Giuliano fratello di Lorenzo il Magnifico, che fu ucciso l’anno 1487, e cugino perciò di Leone; Clemente, dico, che dopo il breve pontificato di Adriano VI fu eletto pontefice, cambiò più volte partito, unendosi or con Francesco, or con Carlo. Un tristo frutto però egli raccolse della sua incostanza, quando, sorpresa improvvisamente Roma dalle armi Cesaree l’anno 1527, ei vide quella città abbandonata alla crudeltà e all’ingordigia de’ furiosi soldati, e chiuso per più mesi in Castel S. Angelo vi ebbe a soffrire una dura e lacrimevole prigionia. Il Cardinal Alessandro Farnese che col nome di Paolo III gli sottentrò nella cattedra di S. Pietro l’anno 1534 tutto intento a riparare a’ gran danni fra cui trovavasi avvolta la Chiesa, si tenne saggiamente neutrale; anzi con grande impegno si adoperò perchè fra que’ due potenti monarchi si stabilisse la pace, la qual fu finalmente conchiusa nel 1544. Ma forse ella sarebbe stata di troppo breve durata, se la 8 LIBRO
morte del re Francesco seguita nel 1547 non
avesse assicurato il riposo all Italia. Qualche
altra guerra si accese poscia, ma o ristretta a
qualche particolar provincia, o di assai breve
durata, e di cui perciò non è d' uopo il far
distinta menzione.
IV. In mezzo a tante rivoluzioni, grandi fu, rono i cambiamenti di Stato che in Italia si
' videro singolarmente nei primi cinquant anni
di questo secolo. Lo Stato di Milano dopo avere,
come si è detto, mutato più volte padrone,
e dopo la morte di Francesco Maria Sforza
ultimo duca, seguita nel 1535, passò sotto il!
dominio di Carlo V imperatore, ed in seguito
de re di Spagna che gli succederono, e che
ne rimasero pacifici possessori fino al principio
del nostro secolo. Lo stesso fu il destino del
regno di Napoli, di cui Francesco I tentò
un’altra volta nel 1528 la conquista, ma inutilmente. Il medesimo infelice successo ebbe la
spedizione che il duca di Guisa fece contro
(quel regno per comando del re Arrigo II,
l an 1557. La famiglia ancora de’marchesi
di Monferrato venne a mancare nel corso di
questo secolo. Perciocchè dopo Guglielmo IX,
da noi mentovato nel precedente tomo, morto
l’an 1518, breve fu l’impero di Bonifazio
di lui figliuolo che finì di vivere nel 1530 in
età di soli 19 anni, e assai più breve fu quello
di Giangiorgio fratello del suddetto Guglielmo,
che venendo a morte nel 1533, non lasciò
alcun figlio maschio, o altro stretto parente
che gli succedesse. Federico duca di Mantova,
che avea per moglie Margherita sorella del I. '
PRIMO
marchese Bonifazio, ottenne da Carlo V F investiti« ü ili quello Stato, opponendosi a ciò
nondimeno e allora e poscia per lungo tempo
i duchi di Savoia, a’ quali quello Stato si è
poi devoluto. In tal modo il dominio e il poter
de’ Gonzaghi rendettesi assai maggiore. Federigo era figlio di Francesco che tenuto a vea
quello Stato dal 14^4 ^in0 1^19* Egli allora
gli succedette, e nel 1530 ebbe dall’imp Carlo V il titol di duca, e dieci anni
appresso morì lasciando i suoi Stati al suo
figliuolo Francesco, giovane di età ancor tenera, e che sorpreso da morte immatura nelF anno i55o ebbe a successore Guglielmo suo
fratello. A Guglielmo sottentrò poscia nel 1587
Vincenzo di lui primogenito che governò quel
ducato fino al 1612. Frattanto altri della stessa
famiglia ottennero in titolo di feudo imperiale
la signoria di altri luoghi di que’ contorni,
come di Castiglione delle S ti viere, di Sabbioneta, di Guastalla e di diversi altri castelli. Io
accenno qui brevemente la serie di questi principi, perciocchè della maggior parte di essa,
e di quelli che fra poco saran nominati, e di
altri ancora, dovrem poscia parlare nel capo
seguente e in altri luoghi più a lungo.
V. Varie furono in questo secolo le vicende
de" duchi di Savoia. Abbiam veduto altrove
che molti di essi al fin del secolo xv avevano
avuto assai breve corso di vita. Lo stesso avvenne a Filiberto II, figlio e successor di Filippo nel 14f)7? c^ie morì in età di 25 anni
nel 1504. Carlo III, che succedette al padre,
ebbe lunghissimo regno, ma assai travaglialo io i.usno
da frequenti guerre, per cui si vide spogliato
dalle truppe francesi di una gran parte de’ suoi
Stati, mentre ciò che gli era rimasto, veniva
occupato sotto pretesto di sicurezza dagl imperiali suoi collegati. Ei venne a morte in Vercelli nel 1553, e lasciò quegli Stati, o a dir
meglio il diritto di riacquistarli, a Emanuel
Filiberto suo figlio, giovane principe di animo
grande e d indole bellicosa, che allor militava
in Fiandra per Carlo V. La memorabile sconfitta da lui data a Francesi presso S. Quintino
nel 1557, gli ottenne sì grande stima da’suoi
nemici medesimi, che Arrigo II diedegli in
moglie due anni appresso Margherita sua sorella, e gli rendette in quella occasione la Savoia e il Piemonte, riserbandosi solo per tre
anni ancora il dominio in Torino e in alcune
altre città. Queste ancora furono a suo tempo
ricuperate da questo gran principe, e il re Arrigo si ritenne solo Pinerolo, Savigliano e la
Perosa, i quali luoghi ancora gli furono dal re
Arrigo III ceduti nel 1574 all’occasione dell accoglienza che il duca gli fece in Torino.
Così glorioso per la costanza con cui avea superate le avverse vicende, e pel coraggio con
cui avea ottenuta la ricuperazion de’suoi Stati,
finì di vivere nel 1580. Ebbe a successore Carlo
Emanuele suo primogenito, principe che per
grandezza d’animo, per valor militare, per
regia magnificenza ebbe pochi pari al suo tempo *, ma che negli ultimi anni, abbandonato
dalla fortuna che lungamente avealo secondato, si vide spogliato di una gran parte de’
suoi Stati. Ki visse fino al it>3o. PRIMO I I
VI. Ne minori furono le vicende in questo
secolo dei’ duchi di Ferrara. Alfonso I succeduto, come si è detto, nel 1505 ad Ercole I
suo padre, fu dapprima assai caro al pontef Giulio II, ed essendo entrato nella lega
di Cambray, fu da lui creato gonfaloniere della
Chiesa. Ma poiché Giulio si riunì co’ Veneziani, avendo Alfonso continuato a star nella lega,
il pontefice contro di lui rivolse le armi spirituali e le temporali ad un tempo. Quindi ei
si vide a forza spogliato di Modena, di Reggio, di Rubiera e di altri luoghi de’suoi Stati.
La destrezza e il valore di cui era fornito,
gli fecer sostener con coraggio le sue traversie
non meno a tempi di Giulio, che a que’ di
Leon X e di Clemente VII, sdegnati amendue
contro di lui, perchè non seguiva il loro partito. Fu valoroso guerriero e principe magnanimo e liberale; e finalmente si vide nel 1531
rimesso nel possesso degli antichi suoi Stati,
a’ quali ancora egli aggiunse il principato di
Carpi, di cui Carlo V gli diede l’ investitura.
Ei venne a morte nel 1534, lasciando erede
Ercole II suo primogenito, che con lode di
ottimo principe governò quello Stato fino al 1559),
in cui pose fine a’ suoi giorni. Alfonso II che
succedette al padre, riunì in se stesso tutti i
migliori pregi che si possano in un sovrano
bramare, e a renderne compita la felicità gli
mancò soltanto la figliolanza maschile a cui
lasciare i suoi Stati. Cesare che gli succedette
nel 1597, era figlio di d Alfonso d’Est e, figlio
del duca Alfonso I. Per qual ragione ed in qual VII.
Durili
Urliino.
12 limio
modo ei fosse spogliato dal pontef Clemente VIII del ducato di Ferrara, non è di quest’opera il raccontarlo, e molto meno l’esaminarlo.
VII. Le altre famiglie che aveano signoria
in alcune delle città dello Stato ecclesiastico,
come i Bentivogli, i Manfredi, gli Ordelaffi, i
Malatesti, i Baglioni ed altri, o si estinsero,
o perderono al principio di questo secolo il lor
dominio. Solo il ducato d’Urbino continuò ad
avere i suoi proprj sovrani. Francesco Maria
della Rovere adottato da Guidubaldo da Montefeltro gli succedette, come altrove si è detto,
nel 1508. Leone X privollo di quel ducato
fanno 1515, e ne investì Lorenzo de’ Medici
suo nipote e figliuolo di Pietro, delle cui avventure abbiam detto a suo luogo. Quattro anni
solo godè Lorenzo del nuovo dominio; ma
Francesco Maria non potè ricuperarlo che
nel 1522, dopo la morte del suddetto pontefice, e vi aggiunse poscia nel 1534 il ducato
di Camerino per Guidubaldo suo figlio. Ma questi ^ poiché succedette al padre morto nel 1538,
fu costretto a render questo nuovo dominio
alla Chiesa \ e il pontefice Paolo III ne investì
Ottavio Farnese suo nipote. Guidubaldo governò
il ducato di’Urbino fino al 1? ll<d f]lial anno
morendo, ne lasciò erede Francesco Maria II
suo figlio. Questi, essendogli morto l’unico suo
figlio Federigo Ubaldo, e nella sua quasi ottuagenaria età non avendo speranza di successione, si lasciò indurre a dimettersi di quel
ducato, facendone intera rinuncia nel 1626 al
pontef Urbano VIII, ed in tal maniera fu esso PRIMO |3
l itinilo allo Stato ecclesiastico. Francesco Maria
ritiratosi a Castel Durante continuò a vivervi
fino al 1631, e morì lasciando di se medesimo
dolce e gloriosa memoria agli antichi suoi sudditi, che in lui e nel padre e nell’avolo del
medesimo aveano. avuti ottimi principi, e singolarmente splendidi mecenati e protettori delle
scienze, come vedremo nel capo seguente.
Vili. Mentre questi antichi dominj si venivano estinguendo in Italia, ne sorser due nuovi
in due altre famiglie che giunte quasi al tempo
medesimo alla sovranità, quasi al tempo medesimo si sono estinte a’ dì nostri, cioè quelle
de’ Medici in Toscana e de’ Farnesi in Parma.
Qual fosse in Firenze l autorità de primi nel
secolo precedente, si è detto altrove, e abbiam
veduto che a Pietro figliuol di Lorenzo il Magnifico fu tolto non già il dominio, che nè
egli, nè altri in quel secolo non ebber mai,
ma il primato di onore e d' autorità in quella
Repubblica. I Fiorentini frattanto eransi di nuovo
impadroniti di Pisa nel 1509). Ma Giulio II verso
di essi sdegnato pel conciliabolo contro di lui
da essi ivi raccolto, per mezzo dell’armi spagnole ottenne che nel 1512 i Medici vi fossero onorevolmente rimessi. L elevazion di Leon X al trono pontificio giovò non poco ad
accrescer lustro e potere a quella famiglia; ed
egli inviò a Firenze il card Giulio suo cugino, che fu poi Clemente VII, perchè fosse
arbitro degli affari, e Lorenzo dei’Medici, che
fu poi duca d Urbino, era al tempo medesimo
generale de’ Fiorentini. Ma a' tempi appunto di
Clemente VII, sollevatisi i Fiorentini nel 152^, 14 L1UU0
costrinsero ad uscir dalla città que' due che
allora vi aveano maggior potere, cioè Alessandro ed Ippolito, figliuoli amendue illegittimi,
il primo di Giuliano fratello di Leon X, il secondo del suddetto Lorenzo duca d Urbino. Il
pontefice però, poichè si fu riconciliato con
Carlo V, si valse dell armi e del potere imperiale, non sol per rimettere in Firenze Alessandro, ma per dichiararlo capo della Repubblica, e poscia ancor duca, titolo concedutogli
nel 1532. Egli ebbe in sua moglie Margherita figliuola naturale di Carlo V, che passò poi alle seconde nozze con Ottavio Farnese. Poco tempo godè Alessandro della nuova sua dignità; perciocchè al principio del 1537 ucciso a tradimento da Lorenzo ossia Lorenzino de Medici, che discendeva da Lorenzo fratello di Cosimo detto il padre della patria, e primo autore della grandezza di quella famiglia. Era
Alessandro sommamente odiato da’ Fiorentini
sì per la sfrenata sua libidine, come per lo
spogliarli ch'egli avea fatto della lor libertà; e
volentieri sarebbon essi tornati all'antica forma
del lor governo. Ma il timore dell armi Cesaree,
e i maneggi del card Cibo, che allora era
in Firenze, fecero che fosse eletto, non già a
duca, ma a capo e governatore della Repubblica Cosimo figliuol di Giovanni valoroso condottiere di truppe, e discendente dal mentovato
Lorenzo fratello del vecchio Cosimo. L'anno
seguente dall Imp Carlo V ebbe egli pure
il titol di duca, che poscia dal pontefice s
Pio V nell'an 1569 gli fu cambiato in quel
di gran duca. Egli accrebbe il suo Stato colla PRIMO |5
coii(iuÌ£la ili Siena, clic coll'aiuto dell’armi imperiali dopo una lunga guerra fu costretta a
soggettarglisi;nell an 1559. Così colla destrezza
e col senno egli assicurò alla sua famiglia il dominio della Toscana, e colla protezione da lui
accordata alle scienze ottenne di essere altamente encomiato da’ dotti. Ei venne a morte
nel i5;4, ed ebbe ai suoi successori due suoi
figliuoli, prima Francesco clic mori tredici anni
dopo il padre, poscia il card Ferdinando
che, deposta la porpora, prese a sua moglie
nel 1589) Cristina figlia di Carlo duca di Lorena, e resse con fama di ottimo principe
quello Stato fino al 1609, nel qual anno finì di
vivere.
IX. I Farnesi dovettero la loro sovranità al
pontef Paolo III. Avea egli avuto in età giovinile un figlio naturale detto Pier Luigi; nè le
molte e rare virtù di cui questo gran pontefice
era fornito, poterono rattenerlo dal procurarne i vantaggi. Nel 1537 dichiarollo duca di
Castro; ottennegli l anno seguente da Carlo V
il dominio di Novara col titolo di marchese.
Poscia nel 1545 gli conferì il ducato di Parma
e di Piacenza, le quali due città nel i5m era 11
passate sotto il dominio della Chiesa. Ma egli rendutosi odioso a' nuovi suoi sudditi, da alcuni delle più illustri famiglie di Piacenza fu in questa città ucciso nel 1547. Parma acclamò tosto a suo duca Ottavio figliuol dell'ucciso duca, ma troppo da lui diverso, e Ferrante Gonzaga governator di Piacenza prese a nome dell'imperadore il possesso della stessa città. Ottavio, dopo varie vicende, si vide finalmente
IX.
Ducbì di
Parma. ■ ti LliSUO
pacifico possessore della prima città nel 1559,
e sei anni appresso di Piacenza, rendutagli da
Filippo II, a cui Carlo V avea in quell anno
stesso ceduto il regno di Spagna. La sola cittadella rimase in poter di Filippo, che finalmente la rilasciò nel 1585 al duca Ottavio all’occasione delle grandi vittorie riportate in
que tempi ne Paesi Bassi da Alessandro di lui
figliuolo. Questo grande eroe succedette in quel
governo al padre morto nel 1586 con dolore
de’ sudditi, che in lui ebbero per lungo tempo
un saggio ed ottimo principe. Ma Alessandro
continuamente occupato in guerra, non pose
mai piede ne' suoi dominj, e morì in Arras
in età di soli 47 anni nel 1592. Ebbe a sue-«
cessore Ranuccio I suo figlio, il quale però fu
assai lungi dall’ ottenere presso i suoi popoli
quell amore e quella stima di cui Ottavio suo
avolo avea goduto.
X. La Repubblica di Venezia, dopo aver
con tanto suo onor sostenuto il fiero turbine
della lega di Cambray, visse comunemente in
pace, e occupossi soltanto nel combattere contro de’ Turchi; nel che se essa diede frequenti
pruove di valor singolare, ebbe anche il dolore di vedersi rapito un de migliori paesi
ch ella signoreggiasse in Levante, cioè l isola
di Cipri conquistata da Turchi nell an 1570
e nel seguente. Quella di Genova fu in questo
secolo esposta a continue rivoluzioni per cagione principalmente delle interne discordie de
cittadini. Eransi i Genovesi nel i499 soSSeG
tati con onorevoli condizioni a Lodovico XII
re di Francia. Ma nel 1506 sollevatosi il popolo I
PRIMO | «T
contro de1 nobili, e cacciatili dalla città, costrinsero ancora il governator francese a ritirarsi. Accorse il re Lodovico, e rientrato in
Genova ne riprese il dominio. Di nuovo ne furon cacciati i Francesi nel 1512, e di nuovo
nell’ anno seguente se ne renderon padroni e
vi si conservaron sino al 1522, quando entrate
in Genova per assalto le truppe imperiali, le
diedero quel memorabile sacco di cui parlan le
storie tutte di quel tempo, e di cui singolarmente ci ha lasciata una elegantissima descrizione il card Gregorio Cortese. Francesco I
se ne impadronì una’ altra volta nel 1527 per
mezzo del celebre Andrea Doria; ma questi
mal soddisfatto di quel sovrano, e rivoltosi al
partito di Carlo V, v’introdusse di nuovo l’anno
seguente l’ armi imperiali, e giovandosi a pro
della patria di quel favore di cui godeva presso
Cesare, le ottenne la libertà. Ma non perciò
fu tranquilla quella Repubblica. Frequenti furono
le sedizioni, e celebre principalmente fu la congiura ordita, ma inutilmente, da Gian Luigi
Fieschi l’an 1547 contro di Andrea Doria,
e in favor de’ Francesi. Finalmente nel 1576
per opera di Matteo Senarega si propose in tal
sistema di governo, che soddisfacendo a tutte
le parti, rendette più durevol la pace, e riunì
in concordia que’ cittadini.
XI. Così non vi ebbe parte d’Italia, c!ie
nel corso di questo secolo non fosse esposta
a vicende e a rivoluzioni di’ogni maniera. Nè
minori furono quelle a cui nel tempo medesimo
fu soggetta la Chiesa. Già da gran tempo desideravasi una generale riforma di molti ahusi
Tiràboschi, Voi X. 2 i a li uno
elie si erano introdotti. Nel conclave in cui fu
eletto Giulio II, eransi tutti i cardinali obbligati con giuramento, che quel di essi che fosse
papa, avrebbe dentro due anni raccolto a tal
fine un generale concilio. Parve che Giulio non 1
si curasse di mantenere la promessa j e perciò
alcuni cardinali, a ciò eccitati singolarmente dal
re di Francia sdegnato per altre ragioni contro
il papa, aprirono l’an 1511 un preteso
concilio in Pisa, che l anno seguente In tras-J
portato a Milano e poscia a Lione. Ma tutto j
l1 impegno e il potere di Lodovico XII non tu ]
bastante a farlo riconoscere come legittimo.]
Giulio II allora ne convocò uno nella basilica
Lateranense 1’ annoi5ia, die continuò poscia
sotto Leon X, e non ebbe fine che nel i5i^.|
Parecchi opportuni regolamenti in esso furono!
pubblicati "7 ma sembrava nondimeno che ciò
ancor non bastasse, singolarmente dacchè, sorta
nel 1518 l’eresia di Lutero, e poscia quella!
ancor di Calvino e di più altri settarj, si vide!
il bisogno di confermare solennemente i dogmi
da lor combattuti, e di togliere questi abusi
di cui con assai più grave abuso si valean essi
ad oppugnare la Chiesa. Le guerre in cui si
lasciarono av volgere Leone X e Clemente VII
non permiser loro di radunare il sospirato con-j]
cilio. Paolo III. degno anche perciò d’imraof
tale memoria, dopo superate infinite difficoltà
lo intimò finalmente con sua Bolla nel ìf» ¡2]
e per mezzo dei’ suoi legati gli diede comincia-!
mento in Trento nel dicembre del 1545. Due
anni appresso il concilio per timor della pH
6te fu trasferito a Bologna Ma f opposizioJ PltlMO IO
di Carlo V fece che, dopo tenuta ivi una sola
sessione il concilio rimanesse sospeso. Dopo
la morte di Paolo III, accaduta nel 1549),
Giulio III, detto prima il Card Giammaria
del Monte, ne ripigliò la continuazione in
Trento nel 1551. Ma l’accostarsi delle armi
de’ principi Protestanti nel 1552 il fè sospender di nuovo. A Giulio succedette nel 1555
il card Marcello Cervini che prese il nome
di Marcello II, e la Chiesa ne avea concepite
le più liete speranze. Ma una immatura morte
gliel tolse dopo ventun giorni soli di pontificato. Il card Giampietro Caraffa gli succedette col nome di Paolo IV. Non fu alla Chiesa
molto felice questo pontificato, che vide allora
alcuni de più illustri prelati e de’ più dotti
cardinali per falsi sospetti di religione imprigionati, e, ciò che fu peggio, riaccesa la guerra
tra la santa Sede e la corona di Spagna con
gravissimo danno dello Stato ecclesiastico e
della religione. Nulla si pensò in quel tempo al
concilio; e la gloria di dargli fine era ri.serbai a al
card Giannangelo de’ Medici milanese detto
Pio IV, che gli sottentrò nel 1559). Perciocchè
questi, riapertolo nel 1562, al fine dell’anno
seguente lo condusse al suo termine. Concilio
memorabile nella Chiesa di Dio per gl infiniti
abusi ai’ quali in esso si diede saggio provvedimento, per la solenne conferma e per l ampia sposizione di tanti dogmi, pel rinnovamento
dell’ecclesiastica disciplina, per le leggi prescritte a promuovere e a regolare gli studj sacri, e finalmente per tanti dottissimi uomini
che in esso da tutto il mondo si unirono a 20 LIBRO
dar pruove del lor sapere. Io non parlo degli
altri pontefici che nel corso di questo secolo
occuparon la cattedra di S. Pietro, perchè della
maggior parte di essi dovrem fare distinta menzione nel capo seguente.