[p. 39modifica]
VII.
Sia che noi giungiamo all’ idea dell’ Unità assoluta, considerata come sorgente di Tutte le Cose, per mezzo di una
considerazione della Semplicità presa come la caratteristica
piu probabile dell'azione originale di Dio; — sia che noi vi
arriviamo per mezzo di un’ispezione dell’universalità di
relazioni nel fenomeno della gravitazione ; — o sia che noi
la conseguiamo come un risultato del mutuo concorso tentato da entrambi i processi ; — pure, l'idea stessa, se viene
accettata del tutto, sarà annessa irremissibilmente ad un'altra idea — quella della condizione dell’ Universo siderale
come noi ora lo vediamo — cioè, nella condizione di una
diffusione incommensurabile attraverso allo spazio. Ora non
si può stabilire una connessione tra queste due idee — unità
e diffusione — a meno che non si accetti una terza idea —
quella dell’ irradiazione Considerando l'Unità assoluta come
un centro, allora 1’ Universo siderale esistente è il risultato
dell’ irradiazione da quel centro.
Ora le leggi dell’ irradiazioni sono conosciute. Esse sono
parte integrante della sfera. Esse appartengono alla classe
di proprietà indiscutibilmente geometriche. Noi diciamo di
esse; « sono vere — sono evidenti ». Domandare perche
esse siano vere, sarebbe domandare perchè gli assiomi, sui
quali è basata la loro dimostrazione, sono veri. Niente è
dimostrabile, strettamente parlando, ma se vi è qualcosa
di dimostrabile, allora sono dimostrate le leggi, le proprietà
in questione.
Ma che cosa dichiarano — queste leggi? — Come e per
quali processi 1’ Irradiazione si diffonde dal centro verso lo
spazio?
Da un centro luminoso la Luce si propaga per irradiazione, e la quantità di luce ricevuta da un piano qualunque
che noi supporremo girevole in modo da trovarsi, ora più
vicino al centro ed ora più lontano, diminuirà nella stessa
proporzione con cui si aumenteranno i quadrati delle distanze tra il piano ed il corpo luminoso, ed aumenterà nella
stessa proporzione con cui questi quadrati diminuiranno.
[p. 40modifica]40 ÈUREKA
L’espressione della legge può essere generalizzata cosi:
— il numero di particelle luminose (o se più v'aggrada, il
numero delle impressioni luminose) ricevute sul piano girante, sarà inversamente proporzionale ai quadrati delle distanze del piano. Generalizzando ancora, noi possiamo dire
che la diffusione — la dispersione — la irradiazione, in una
parola, è direliamenle proporzionale ai quadrati delle distanze.
Per esempio : alla distanza B, dal centro luminoso A, un
certo numero di particelle sono tanto diffuse da occupare
la superfice B. Allora a distanza doppia — cioè, a C — esse
saranno tanto più largamente diffuse da occupare quattro
di tali superficie : — a distanza tripla, o a D, saranno tanto
separate, tanto più lontane da occupare nove di tali superficie ; — mentre a quadrupla distanza, cioè ad E. saranno
cosi diffuse da estendersi su sedici di tali superficie —e cosi
di seguito.
Generalmente, dicendo che la irradiazione procede in ragione diretta dei quadrati delle distanze, noi ci serviamo
del termine irradiazione per esprimere il grado della diffusione a misura che noi ci allontaniamo dal centro. Invertendo l’idea e usando la parola « concentrazione » per
esprimere il grado di ravvicinamento a misura che noi ci
avviciniamo al centro da un punto esterno, allora noi possiamo dire che la concentrazione è inversamente proporzionale ai quadrati delle distanze. In altri termini, noi
siamo giunti alla conclusione che — supponendo che la
materia sia stata originalmente irradiata da un centro ed
ora vi ritorni — la concentrazione, nel ritorno, procede
esattamente come noi sappiamo che procede la forza della
gravitazione.
Ora, qui, se ci fosse permesso di supporre che la concentrazione rappresenta esattamente la forza della tendenza
verso il centro — e che Luna era esattamente proporzionale
all’latra, e.che entrambe procedono insieme — noi avremmo [p. 41modifica]EDRF.K.à
41
dimostrato tutto ciò che era necessario dimostrare. Allora
la sola difficoltà attuale è di stabilire una proporzione diretta tra la « concentrazione » e la forza di concentrazione;
e ciò si potrà fare senza dubbio, se noi stabiliamo una
proporzione diretta fra « l’irradiazione » e la forza d’irradiazione.
Una rapidissima ispezione dei Cieli ci assicura che le stelle
hanno una certa uniformità generale, una eguaglianza 0
equidistanza di distribuzione in quella regione dello spazio in cui, collettivamente ed in una forma approssimativamente sferica, esse sono situate; — questa specie di
eguaglianza più tosto generale che assoluta, è, entro certi
limiti, in pieno accordo colla mia deduzione di inequidistanza, fra gli atomi originalmente diffusi; e forma come
un corollario dell'evidente sistema dell’infinita complessità
dei rapporti derivati dall' irrelazione. Io presi le mosse —
si ricorderà — dall’ idea di una distribuzione generalmente
uniforme, ma particolarmente ineguale degli atomi; — una
idea confermata, lo ripeto, da una ispezione delle stelle in
quanto esse esistono.
Ma anche nell’eguaglianza puramente generale di distribuzione in ciò che riguarda gli’ atomi appare una difficoltà
che, senza dubbio, si è già presentata a quelli tra i mici
lettori i quali hanno fisso in mente che io supponga questa
uguaglianza di distribuzione effettuata per mezzo del-
l’irradiazione da un centro. Al primo colpo d’occhio l’idea
dell’irradiazione ci forza ad accettare l’altra idea, non mai,
fino ad ora, separata e apparentenente inseparabile dell'ag-
glomerazione attorno ad un centro, con una dispersione^
misura che noi ci allontaniamo da esso — l’idea, in una
parola, di «eguaglianza di distribuzione rispetto alla materia irradiata.
Ora io ho altrove osservato (1) che se la Ragione alla ricerca del Vero può mai trovare la sua via, lo può appunto
per difficoltà uguali a quella in questione , per asprezze
— per peculiarità — per rilievi sul piano ordinario delle
cose. Grazie alla difficoltà — alla « peculiarità » — suddetta. io giungo d’un salto al segreto — un segreto che io
non avrei mai raggiunto senza la peculiarità e le inferenze
che essa mi offre nel suo semplice carattere di peculiarità.
Il processo del mio pensiero, a questo punto, può essere
approssimativamente abbozzato cosi : — Io dico a me stesso
— « L’ Unità, come io 1’ ho spiegata, è una verità — io lo
sento. La Diffusione è una verità — io lo vedo. L’Irradia-
zdone, per mezzo della quale soltanto queste due verità possono essere conciliate, e, per conseguenza, una verità — io
(1) Il doppio assassinio della Rue Morgue, voi. I, pag. 404. [p. 42modifica]EDRF.K.à
41
dimostrato tutto ciò che era necessario dimostrare. Allora
la sola difficoltà attuale è di stabilire una proporzione diretta tra la « concentrazione » e la forza di concentrazione;
e ciò si potrà fare senza dubbio, se noi stabiliamo una
proporzione diretta fra « l’irradiazione » e la forza d’irradiazione.
Una rapidissima ispezione dei Cieli ci assicura che le stelle
hanno una certa uniformità generale, una eguaglianza 0
equidistanza di distribuzione in quella regione dello spazio in cui, collettivamente ed in una forma approssimativamente sferica, esse sono situate; — questa specie di
eguaglianza più tosto generale che assoluta, è, entro certi
limiti, in pieno accordo colla mia deduzione di inequidistanza, fra gli atomi originalmente diffusi; e forma come
un corollario dell'evidente sistema dell’infinita complessità
dei rapporti derivati dall' irrelazione. Io presi le mosse —
si ricorderà — dall’ idea di una distribuzione generalmente
uniforme, ma particolarmente ineguale degli atomi; — una
idea confermata, lo ripeto, da una ispezione delle stelle in
quanto esse esistono.
Ma anche nell’eguaglianza puramente generale di distribuzione in ciò che riguarda gli’ atomi appare una difficoltà
che, senza dubbio, si è già presentata a quelli tra i mici
lettori i quali hanno fisso in mente che io supponga questa
uguaglianza di distribuzione effettuata per mezzo del-
l’irradiazione da un centro. Al primo colpo d’occhio l’idea
dell’irradiazione ci forza ad accettare l’altra idea, non mai,
fino ad ora, separata e apparentenente inseparabile dell'ag-
glomerazione attorno ad un centro, con una dispersione^
misura che noi ci allontaniamo da esso — l’idea, in una
parola, di «eguaglianza di distribuzione rispetto alla materia irradiata.
Ora io ho altrove osservato (1) che se la Ragione alla ricerca del Vero può mai trovare la sua via, lo può appunto
per difficoltà uguali a quella in questione , per asprezze
— per peculiarità — per rilievi sul piano ordinario delle
cose. Grazie alla difficoltà — alla « peculiarità » — suddetta. io giungo d’un salto al segreto — un segreto che io
non avrei mai raggiunto senza la peculiarità e le inferenze
che essa mi offre nel suo semplice carattere di peculiarità.
Il processo del mio pensiero, a questo punto, può essere
approssimativamente abbozzato cosi : — Io dico a me stesso
— « L’ Unità, come io 1’ ho spiegata, è una verità — io lo
sento. La Diffusione è una verità — io lo vedo. L’Irradia-
zdone, per mezzo della quale soltanto queste due verità possono essere conciliate, e, per conseguenza, una verità — io
(1) Il doppio assassinio della Rue Morgue, voi. I, pag. 404. [p. 43modifica]EUREKA
42
lo percepisco. L'Eguaglianza della diffusione, prima dedotta
a priori e poi corroborata dall’ispezione dei fenomeni, è
pure una verità io lo ammetto perfettamente. Fino ad
ora tutto c chiaro intorno a me : — non vi sono nubi dietro
cui il segreto — il grande segreto del modus operandi della
gravitazione — possa stare nascosto ; — ma questo è, senza
dubbio, qui intorno ; — e se vi fosse una sola nube in vista
io sarei spinto a sospettare di quella nube. » Ed ora, appunto mentre dico questo, ecco che appare una nube. Essa
e l’apparente impossibilità di conciliare 'a mia verità, irradiazione, coll’altra mia verità, eguaglianza di diffusione. Io
dico ora : — « Dietro questa impossibilità apparente si deve
trovare ciò che io desidero. » Io non dico « reale impossibilità » perchè una fede invincibile nelle mie verità mi assicura
che non è, dopo tutto, che una semplice difficoltà; ma io
giungo perfino a dire, con irremovibile confidenza, che,
quando questa difficoltà sarà sciolta, noi troveremo involta
nel processo di soluzione la chiave del segreto che noi cerchiamo. Inoltre — io sento che noi non scopriremo che una
sola soluzione possibile della difficoltà ; e ciò per la ragione
che, se ve ne fossero due, una sarebbe superflua — infeconda — vuota — non conterrebbe nessuna chiave — giacché, per scoprire un segreto della Natura, non sono necessarie due chiavi.
Ed ora vediamo : — Le nostre nozioni ordinarie tutte
le nostre distinte nozioni dell’ irradiazione — sono, in fatto,
tratte puramente dal processo esemplificato dal fenomeno
della Luce. Qui vi è una continua effusione di correnti luminose, e con una forza che noi non abbiamo nessun diritto, almeno, di supporre variabile. Ora, in qualsiasi irradiazione di questa natura — continua e di una forza
invariabile — le regioni più vicine al centro devono inevi-
iabilmenie essere sempre più riempite dalla materia irradiata
che le regioni più lontane. Ma io non ho supposto alcuna
irradiazione di questa natura. Io non ho supposto alcuna
irradiazione continua; e per la semplice ragione che una
tale ipotesi avrebbe implicalo : primo, la necessità di accettare una concezione che io ho dimostrato inaccettabile e
che è confutata (come spiegherò meglio più innanzi) da
tutte le osservazioni del firmamento — la concezione, cioè,
dell’assoluta infinità dell’ Universo siderale — avrebbe implicato, secondariamente, l'impossibilità di capire una reazione — cioè la gravitazione —• in quanto ora esiste —
poiché nessuna reazione può naturalmente aver luogo mentre continua un’azione. La mia ipotesi, dunque, o più tosto
la mia inevitabile deduzione derivata dalle giuste premesse,
— era quella di una irradiazione determinata — insomma
di una irradiazione discontinua.
Ora lasciatemi descrivere l’unica maniera possibile di [p. 44modifica]EUREKA
43
Concepire come la materia possa essere stata diffusa attraverso allo spazio, cosi da adempiere, in pari tempo, alle
condizioni d irradiazione e di distribuzione generalmente
uguale.
Per comodità d’ illustrazione, imaginiamo in primo luogo
una sfera concava di vetro o di qualunque altra cosa, che
occupi lo spazio attraverso il quale la materia universale
deve essere così ugualmente diffusa, per mezzo dell' irradiazione della particella assoluta, indipendente, incondizionata, posta nel centro della sfera.
Ora, un certo sforzo del potere diffusivo (che noi presumiamo essere la Divina Volontà) — in altri termini, una certa
forza — la cui misura è la quantità di materia emessa, cioè
il numero degli atomi — emette, per irradiazione, appunto
quel dato numero di atomi ; lanciandoli in ogni direzione
fuori dal centro — la loro prossimità reciproca diminuisce
a misura che si allontanano — finché poi vengono distribuiti
irregolarmente sopra la superficie interna della sfera.
Quando questi atomi hanno raggiunto questa posizione o
mentre stanno per raggiungerla, un secondo esercizio inferiore della stessa forza — o una seconda forza inferiore
della stessa natura — emette, nello stesso modo — cioè per
irradiazione come prima — un secondo strato di atomi che
va a depositarsi sul primo; il numero degli atomi in questo
caso, come nel primo, essendo naturalmente la misura della
forza che li emette; in altri termini, la forza è precisamente
adattata allo scopo che si prefigge — la forza, ed il numero degli atomi mandati fuori dalla forza è direttamente
proporzionale.
Quando questo secondo strato ha raggiunto la sua destinazione — o mentre le si avvicina — un terzo esercizio
inferiore della stessa forza, o una terza inferiore forza della
stessa natura — il numero degli atomi emessi essendo in
tutti e tre i casi la misura della forza — va a depositare
un terzo strato sul secondo, e così via, finché questi concentrici strati, decrescendo gradatamente, giungono finalmente al punto centrale e la materia diffusiva, simultaneamente alla forza diffusiva, viene esaurita.
Noi abbiamo ora la sfera riempita, per mezzo dell’ irradiazione, di atomi generalmente diffusi. Le due condizioni
necessarie — quella dell’ irradiazione e quella dell’equa diffusione — sono soddisfatte per mezzo del solo processo in
cui si può concepire l’impossibilità del loro compimento
simultaneo. Per questa ragione io aspetto pieno di confidenza di trovare, nascosto dietro alla presente condizione
degli atomi così distribuiti in tutta la sfera, il segreto che
io sto cercando — 1’ importante principio del modus operandi della legge Newtoniana. Esaminiamo, ora, la condizione attuale degli atomi. [p. 45modifica]J
44 EUREKA
Essi giacciono in una serie di strati concentrici. Essi sono
egualmente diffusi in ogni parte della sfera. Essi sono stati
irradiati in queste posizioni.
Gli atomi essendo egualmente distribuiti, quanto più la
superficie di Uno di questi strati o sfere concentriche è
grande tanto maggiore sarà il numero degli atomi che cadranno in questo strato. In altri termini, il numero degli
atomi che sono sulla superficie di ogni sfera concentrica
è dirèttamente proporzionale all’estensione di quella superficie.
Ma in ogni Serie di sfere concentriche, le superficie sono
direttamente proporzionali ai quadrati delle distanze dal
centro (1).
Quindi il numero degli atomi di ogni strato è diretta-
mente proporzionale ai quadrati delle distanze di questo
Strato dal centro.
Ma il numero degli atomi di ogni strato è la misura della
forza che ha emesso questo strato — cioè essa è direttamente proporzionale alla forza.
Quindi la forza che irradia ogni strato è direttamente
proporzionale al quadrato delle distanze di questo strato
dal centro — o, generalizzando:
La forza dell' irradiazione fu direttamente proporzionale
ai quadrati delle distanze.
Ora la Reazione, per quanto noi ne sappiamo, è l’Azione
inversa. Il principio generale della Gravitazione essendo,
in primo luogo, considerato come la reazione di un atto —
come l’espressione di un desiderio per parte della materia
— a ritornare, mentre è allo stato di diffusione, all’Unità
da cui fu diffusa ; ed in secondo luogo, la mente essendo
chiamata a determinare la natura di questo desiderio — il
modo secondo il quale deve, naturalmente, essere manifestato ; in altri termini, essendo chiamata a concepire una
legge probabile o modus operandi, per la legge del ritorno
non potè fare a meno di giungere alla conclusione che
questa legge di ritorno debba precisamente essere la inversa della legge di partenza. Ognuno, per lo meno, sarà
ampiamente giustificato se considera questa cosa come valevole, finché non venga qualche altra persona a suggerire
una ragione più plausibile per dire che essa non è così —
finché non giunga quel momento in cui non venga imaginata un’altra legge di ritorno che l’intelletto possa preferire.
Dunque la materia irradiata nello spazio con una forza
che varia come i quadrati delle distanze, si può a priori
(i) Brevemente — Le superficie delle sfere sono come i quagliaci'
dei loro raggi. [p. 46modifica]eureka:
45
supporre che ritorni verso il suo centro di irradiazione con
una forza che varia in ragione inversa dei quadrati delle
distanze: e io ho già dimostrato (i) Che ogni principio il
quale spiega perchè gli atomi devono tendere, secondo una
data legge, verso il centro generale, deve essere accettato
come una legge che spiega soddisfacentemente bene, allo
stesso tempo, perchè, secondo la stessa legge, essi devono
tendere l'uno verso l’altro. Perchè, di fatto, la tendenza
verso il centro generale non avviene per il centro considerato come tale, ma perchè questo centro è un punto, tendendo verso il quale ogni atomo si dirige più direttamente
verso il sito centro reale ed essenziale che è VUnità —
1' Unione assoluta e finale di ogni cosa.
Questa considerazione non presenta alla mia mente nessun
imbarazzo di sorta — ma ciò non mi deve render cieco sulla
possibilità ch'essa sia oscura a quelle persone le quali possono essere meno abituate ad aver da fare con astrazioni :
— e, sopratutto, sarà bene di considerare la materia da
alcuni altri punti di vista.
La particella assoluta, indipendente, primitivamente creata
dalla Volontà di Dio, deve essere stata in una condizione
di normalità positiva, o di legittimità — perchè l'illegittimità implica rapporto. Il vero è positivo; il falso è negativo — è semplicemente la negazione del vero; come il
freddo è la negazione del caldo — l’oscurità della luce. Perchè una coSa possa essere falsa, è necessario che vi sia
qualche altra cosa in rapporto alla quale è falsa — qualche condizione a cui non soddisfa; qualche legge che viola;
qualche essere che offende. Se non esiste un tale essere,
una tale legge o condizione, in rispetto a cui la cosa è falsa
— e più specialmente, se esseri, leggi o condizioni non esistono affatto — allora la cosa non può essere falsa, e conseguentemente deve essere vera. Ogni deviazione dalla
normalità implica una tendenza a ritornarvi. Una differenza
dal normale — dal vero — dal retto — si può soltanto considerare come l'effetto del trionfo di una difficoltà ; e se la
forza che supera la difficoltà non è continuata all’infinito,
la indistruttibile tendenza a questo ritorno potrà alla lunga
agire per là sua propria soddisfazione. Al ritirarsi della
forza, la tendenza agisce. Questo è il principio della reazione come l’inevitabile conseguenza di un’azione finita.
Adoperando una fraseologia alla quale si dovrà perdonare
l’apparente affettazione, per il suo valore significativo, noi
possiamo dire che la Reazione è il ritorno dalla condizione
in cui è ora e non dovrebbe essere, alla condizione di ciò
che era originariamente e quindi deve essere: — e aggiunti) Pag-, 3S. [p. 47modifica]EUREKA
47
quanto riguarda questa implicazione o involuzione è impossibile separare praticamente la tendenza verso l’Unità
astratta, dalla tendenza verso il centro concreto. Cosi la
tendenza degli atomi verso il centro generale è sotto tutti
gli aspetti, pratici e logici, la tendenza di ogni atomo verso
ogni altro atomo; e questa tendenza reciproca è la tendenza
al centro ; e tanto l’una quanto l'altra possono essere ammesse; quindi qualunque cosa sia applicabile all’una può
essere perfettamente applicabile all’altra ; e in conclusione,
qualunque principio spiegherà soddisfacentemente l’una,
non può fare a meno di servire come spiegazione anche
dell’altra.
Guardando accuratamente attorno a me per cercare una
objezione razionale a ciò che ho detto, non riesco a scoprirne alcuna-, ma in quella classe di obiezioni usualmente
provocate da quelli che dubitano per amor del Dubbio, io
ne vedo tre prontissimamente; e procederò ad eliminarle
per ordine.
Si può dire, in primo luogo: — « La prova che la forza
di irradiazione (nei casi descritti) è direttamente proporzionale ai quadrati delle distanze, si basa sur una supposizione
non autorizzata — quella, cioè, che il numero degli atomi
in ogni strato sia la misura della forza con cui essi sono
emessi. »
Io rispondo che, non solo io sono autorizzato a fare una
tale supposizione, ma che non sarei affatto autorizzato a
farne alcun’altra. Ciò che io ammetto è, semplicemente, che
un effetto è la misura della sua causa — che qualunque
esercizio della Volontà Divina sarà proporzionale a quello
clic è necessario per lo sforzo — che i mezzi dell'Onnipotenza e dell’Onniscienza saranno esattamente adattati ai
suoi disegni. Una deficienza o un eccesso di causa non produrrà mai un effetto. Se la forza che ha irradiato uno strato
nella sua posizione, fosse stata o maggiore o minore di
quanto era necessario per il suo scopo, cioè non direttamente proporzionale al suo scopo, allora quello strato non
potrebbe essere stato irradiato nella sua posizione. Se la
forza, che in vista di una generale uguaglianza di distribuzione ha emesso il vero numero di atomi per ogni strato,
non fosse stata direttamente proporzionale al numero, allora
questo non sarebbe stato il numero domandato per un’equa
distribuzione.
La seconda objezione supponibile ha maggior diritto ad
un,a risposta.
È un principio ammesso in Dinamica che ogni corpo ricevendo un impulso o disposizione a muovere, muoverà in
avanti in linea retta, nella direzione impartita dalla forza
impellente, finché sarà deviato o fermato da qualche altra
forza. Come si può, allora, comprendere, si domanderà, che [p. 48modifica]EUREKA
48
il mio primo o esterno strato di atomi arrèsti il suo movimento alla circonferenza dell’ imaginaria sfera di vetro,
quando nessun'altra forza di un carattere più che imaginario si manifesti per spiegare quest’interruzione di movimento ?
Io rispondo che l’obiezione, in questo caso, s’inalza
effettivamente su di una « supposizione non autorizzata »
— per parte dell’opposizione — la supposizione di un principio in Dinamica, ad un’epoca in cui non esisteva alcun
« principio » in nessuna cosa, lo uso il termine « principio »,
naturalmente, nel senso che il mio critico attribuisce a questa
parola.
« In principio » noi non possiamo, invero, ammettere —
non possiamo comprendere che una Prima Causa, il Principio realmente supremo, la Volontà di Dio. L'atto primitivo, quello dell’Irradiazione dall’Unità, deve essere stato
indipendente da tutto ciò che il mondo ora chiama « principio » — perchè tutto ciò che noi cosi designamo è solamente una conseguenza della reazione di quell’atto primitivo.
10 dico atto « primitivo » perchè la creazione della parti-
cella assoluta e materiale si deve più propriamente considerare come una concezione che come un « atto » nel comune
significato del termine. Cosi noi dobbiamo considerare
l’atto primitivo come un atto che tende a stabilire ciò che
noi ora chiamiamo « principio ». Ma quest'atto primitivo
stesso deve essere considerato come una Volontà continua.
11 Pensiero di Dio deve essere considerato come l'origine
della Diffusione — come il suo compagno — come il suo
regolatore — e finalmente come se si ritirasse da essa al
suo compimento. Allora comincia la Reazione, e per mezzo
della Reazione il « Principio » nel senso in cui noi usiamo
questa parola. Sarà conveniente, tuttavia, di limitare l’applicazione di questo termine ai due risultati immediati della
cessazione della Divina Volontà — cioè ai due agenti, Attrazione e Repulsione. Ogni altro agente naturale dipende, più
o meno immediatamente, da questi due, e quindi sarebbe
più conveniente designarlo col nome di SM&-principio.
Si può objettare, in terzo luogo, che in generale il modo
peculiare della distribuzione degli atomi che io ho esposto
è « un’ipotesi e nulla più ».
Ora io so che la parola ipotesi è un ponderoso martello,
afferrato immediatamente, se non sollevato, da ogni piccolissimo pensatore, alla prima comparsa di una proposizione, che abbia in qualche particolare l’aspetto di una
teoria. Ma qui non vi è alcun motivo di brandire 1' « ipotesi », anche per quelli che riuscirebbero a sollevarla — nani
o giganti. ■ - •
Io sostengo, in primo luogo, che solamente nella maniera
descritta « -ouò concepire che la Materia possa essere stata [p. 49modifica]EUREKA
49
diffusa così da soddisfare, in pari tempo, alle due condì-'
zioni generalmente uguali dell'irradiazione e della distribuzione Io sostengo, in secondo luogo, che queste stesse
condizioni mi sono state imposte come necessità, per la
conseguenza di un raziocinio, tanto rigorosamente logico
quanto quello che stabilisce una dimostrazione qualunque
di Euclide; e, in terzo luogo, io sostengo che, anche se
l'accusa d’« ipotesi » fosse tanto perfettamente sostenibile
quanto è, invece, perfettamente insostenuta ed insostenibile,
la validità e l'indiscutibilità del mio risultato non sarebbe
disturbata neppure nel piu leggiero particolare.
Mi spiego: La Gravitazione di Newton — una legge di
Natura — una legge sulla cui esistenza nessuno fuori di
Bedlam può discutere — una legge la cui accettazione ei
permette di spiegare i nove decimi dei fenomeni dell’Universo
— una legge che, semplicemente perchè ci permette di spiegare questi fenomeni, noi desideriamo e non possiamo far
a meno di ammettere come legge, senza rivolgerci a nes-
sun’altra considerazione — ma una legge, di cui nè il principio, nè il modus operandi non è stato mai fino ad ora
tracciato dall analisi umana — una legge, in breve, che,
tanto nei suoi particolari quanto nelle sue generalità non
fu mai assolutamente trovata suscettibile di spiegazione —
si è visto, alfine, che è perfettamente spiegabile in ogni
punto, purché noi concediamo solamente il nostro consenso
a — a che cosa? Ad una ipotesi? Ma, se una ipotesi — se la
più semplice ipotesi — se una ipotesi per la cui assunzione
come nel caso di quella pura ipotesi della legge Newtoniana
stessa — non potesse determinare nessun’ombra di ragioni
a priori — se una ipotesi anche tanto assoluta quanto tutto
ciò richiede, ci permettesse di scorgere un principio della
legge Newtoniana — ci permettesse di considerare come soddisfatte delle condizioni cosi miracolosamente — cosi ineffabilmente complesse e apparentemente così inconciliabili
come quelle implicate nelle relazioni di cui c’informa là
legge di Gravità; quale essere ragionevole potrebbe spingere tant'olire la sua stupidità fino a chiamare quest’ ipotesi assoluta, un’ ipotesi e nulla più — a meno che, veramente, egli non persistesse nel chiamarla cosi, coll’idea di
farlo semplicemente per amore della coerenza verbale ?
Ma qual’è presentemente il vero stato della nostra questione? Quale è il fatto? Non solamente non è una ipotesi
che noi dobbiamo adottare per rendere conto del principio
già spiegato, ma è una conclusione logica che noi siamo
invitati, non già ad adottare, se possiamo evitarlo — ma
semplicemente a negare se lo possiamo — una conclusione
cosi accuratamente logica che per discuterla — per dubitare
della sua validità si dovrebbe fare uno sforzo superiore al
nostro potere — una conclusione da cui non si vede nessuna
4 [p. 50modifica]'
50 EUREKA
via di uscita, giriamola come vogliamo; un risultato che
ci sta di fronte tanto alla fine di un processo induttivo che
parte dal fenomeno già discusso della vera Legge, quanto
alla conclusione di una corsa deduttiva che parte dalla più
rigorosamente semplice di tutte le supposizioni concepibili,
— in una parola, dalla ipotesi della Semplicità stessa.
E se ora, per il semplice gusto di cavillare, si objettasse
che sebbene il mio punto di partenza sia, come io lo affermo,
la supposizione della Semplicità assoluta, non per tanto la
Semplicità, considerata meramente in sé stessa, non è un
assioma; e che solamente le deduzioni dagli assiomi sono
indiscutibili — io risponderei cosi: —
Qualunque altra scienza, tranne la Logica, è una scienza
di certi rapporti concreti. L’Aritmetica, per esempio, è la
scienza dei rapporti di numero — la Geometria dei rapporti
di forma —la Matematica, in generale, dei rapporti di quantità in generale — o di tutto ciò che può essere accresciuto
o diminuito. La Logica, invece, è la scienza del Rapporto
nell’astratto — del Rapporto assoluto, del Rapporto considerato solamente in sè stesso. Un assioma in qualunque
scienza particolare, tranne la Logica, c, in questa maniera,
puramente una proposizione che annuncia certi rapporti
concreti che sembrano troppo evidenti per essere discussi
— come quando diciamo, per esempio, che il tutto è maggiore della sua parte; e cosi pure il principio dell’assioma Logico — o in altre parole, il principio di un
assioma nell’astratto — è semplicemente l'evidenza di rapporto. Ora è chiaro non solamente che ciò che è evidente
per una mente può essere non evidente per un’altra, ma
anche che, ciò che è evidente per una mente ad una data
epoca può essere solamente un po’ evidente in un’altra
epoca per la stessa mente. E chiaro, di più, che ciò che oggi è
evidente anche per la maggioranza del genere umano, o per
la maggioranza dei migliori intelletti del genere umano,
può essere domani per questa maggioranza o piu o meno
evidente o anche niente affatto evidente. Si è visto, dunque,
che il principio assiomatico stesso è suscettibile di variazioni e naturalmente che gli assiomi sono suscettibili di
un simile cambiamento. Gli assiomi essendo mutabili, le
« verità » che ne nascono sono pure necessariamente mutabili, o, in altre parole, non si può mai fare su di esse un
assegnamento positivo come su verità — giacché la Verità
e l’Immutabilità non sono che una stessa cosa.
Ora si capirà prontamente che nessuna idea assiomatica —
nessuna idea fondata sul fluttuante principio dell’evidenza
di rapporto, può essere una base tanto sicura, tanto degna
di fiducia, per una costruzione eretta dalla Ragione, quanto
quell’idea — (qualunque essa sia, dovunque noi la possiamo trovare, se si potrà trovare in qualche luogo) — che [p. 51modifica]EUREKA
5i
è affatto irrolativa — clic non solo non presenta alla mente
nessuna evidenza di rapporto maggiore o minore, ma assoggetta inoltre l’intelletto, e non poco, alla necessità di non
vederne alcuno. Se una tale idea non è ciò che noi chiamiamo troppo leggermente « un assioma », essa è preferibile almeno, come base Logica, a qualunque assioma fino
ad ora proposto o a tutti gli assiomi imaginabili riuniti; e
tale è precisamente l’idea colla quale comincia il mio processo deduttivo, così perfettamente corroborato dall’induzione. La mia parlicella propria non è che VIrrelazione
assoluta. Per riassumere ciò che è stato detto: — Ho considerato, semplicemente, come certo questo punto di partenza, che il Principio non aveva niente dietro di sè o avanti
a sè— che era realmente un principio— che era un principio e niente altro che un principio — in poche parole, che
questo Principio era — ciò che era. Se questa è una « mera
supposizione », allora lasciamo che sia tale.
Per concludere su questa parte dell’argomento: — Io sono
pienamente autorizzato ad annunciare che la legge che noi
abbiamo preso l'abitudine di chiamare legge di Gravità
esiste in quanto che la Materia è stala irradiata « alotn-
camenie », alla sua origine, entro mia limitala (1) sfera~di
Spazio, da un’unica Parlicella Propria, individuale, incondizionata, irrelativa e assoluta, per mezzo dell' unico processo in cui era possibile di soddisfare allo stesso tempo
alle due condizioni generalmente uguali dell'irradiazione e
della distribuzione in ogni punto della sfera — cioè, per
mezzo di una forza che varia in proporzione diretta ai
quadrali delle distanze rispettivamente fra gli atomi irradiati ed il centro particolare d’ Irradiazione.
Io ho già detto le ragioni che ho per presumere che la
Materia sia stata diffusa per mezzo di una forza determinata, più tosto che per mezzo di una forza continua o
infinitamente continuata. Supponendo, in primo luogo, una
forza continua, noi non potremmo affatto capire una reazione; e saremmo obbligati, in secondo luogo, di accettare
l'impossibile concezione di un’estensione infinita della Materia. Per non insistere sull’impossibilità di questa concezione, diciamo che l’estensione infinita della Materia è una
idea che, se non è positivamente confutata, non e per Io
meno in nessun modo garantita dalle osservazioni telescopiche delle stelle — punto che si dovrà spiegare più innanzi e più ampiamente; e questa ragione empirica per
farci credere al limite della Materia è scientificamente confermata. Per esempio: Ammettendo, per il momento, la
(i) " Sfera limitata. „ Una sfera è necessariamente limitata. Ma
preferisco la tautologia al pericolo di un equivoco. [p. 52modifica]EUREKA
5?
possibilità di comprendere lo Spazio riempito dagli atomi
irradiati — cioè, ammettendo, come meglio possiamo, per
amor dell'argomento, che la successione degli atomi irradiati non avesse assolutamente una fine — allora è sufficientemente chiaro che anche se la Volontà Divina si fosse
ritirata da essi, e cosi la tendenza a ritornare all’Unità
avesse avuto il permesso (astrattamente) di essere soddisfatta, questo permesso sarebbe stato futile e nullo — praticamente senza valore e di nessun effetto qualsiasi. Non
avrebbe potuto aver luogo nessuna Reazione; nessun movimento verso l’Unità avrebbe potuto compiersi; non si
avrebbe potuto ottenere alcuna Legge di Gravitazione.
Mi spiego: — Accordate che la tendenza astratta di un
atomo qualunque verso un altro atomo qualunque sia l'inevitabile risultato della diffusione dell’Unità normale — o, ciò
che è la stessa cosa, ammettete che un dato atomo qualunque si proponga di muovere in una data direzione — è
ehiaro che, giacché vi è un’ infinità di atomi da tutti i lati
dell'atomo che si propone di muovere, è chiaro, dico, che
non possa mai realmente muoversi nella direzione data
verso la soddisfazione della sua tendenza, a cagione di una
tendenza precisamente uguale e controbilanciante nella direzione diametralmente opposta. In altre parole, vi sono
esattamente tante tendenze all’Unità dietro all atomo esitante, quante ve ne sono davanti; perchè è una pura sciocchezza il dire che una linea infinita è più lunga o più corta
di un’altra linea infinita, o che un numero infinito è maggiore o minore di un altro numero che è infinito. Cosi l’atomo in questione deve rimanere eternamente stazionario.
Nelle impossibili circostanze, che noi abbiamo semplice-
mente tentato di concepire, per amore dell’argomento, non
vi avrebbe potuto essere alcuna aggregazione di Materia —
alcuna stella — alcun mondo — nientre altro che un Universo perpetuamente atomico e incoerente. Di fatto, comunque si voglia considerare la cosa, tutta quanta l’idea
di una Materia illimitata è non solo insostenibile, ma impossibile ed assurda.
Considerando, tuttavia, una sfera di atomi, noi osserviamo
subito una tendenza all’unione che può essere soddisfatta. Il
risultato generale della tendenza di ogni atomo verso ogni
altro atomo, essendo una tendenza di tutti al centro, il processo generale della condensazione o avvicinamento comincia
immediatamente, per un movimento comune e simultaneo
al ritirarsi della Divina Volontà, essendo ravvicinamento
individuale o coalescenza — non coalizione — di atomo con
atomo soggetto ad infinite variazioni di tempo, di grado e
di condizione, a cagione dell’eccessiva molteplicità di rapporti che sorgono tanto dalle differenze di forma, che caratterizzavano gli atomi al momento in cui lasciavano la [p. 53modifica]EUREKA
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Particella Propria, come dalla inequidislanza particolare e
susseguente di ogni atomo da ogni altro atomo.
Ciò che desidero d'imprimere nella mente del lettore è
la certezza che, ad un tratto (al ritirarsi della forza diffusiva
o Divina Volontà) dalla condizione di atomi come io l'ho
descritta, hanno dovuto sorgere in punti innumerevoli di
tutta la sfera Universale, innumerevoli agglomerazioni, caratterizzate da innumerevoli differenze specifiche di forma,
di dimensione, di natura essenziale e di distanza reciproca.
Lo sviluppo della Repulsione (Elettricità) deve aver cominciato, senza dubbio, coi primi sforzi particolari verso l’Unità
c deve aver proceduto costantemente in ragione della Coalescenza — cioè della Condensazione, o, meglio ancora, dell’Eterogeneità.
Cosi i due Principi Propriamente detti, Attrazione e Repulsione — il Materiale e lo Spirituale — si accompagnano
l’un l'altro, nella più stretta intimità per sempre. Cosi: Il
Corpo e l’Anima camminano lenendosi per mano.