Geografia (Strabone) - Volume 1/Annotazioni

Da Wikisource.
Annotazioni

../Prolegomeni ../DissertazioniI IncludiIntestazione 6 agosto 2020 25% Da definire

Strabone - Geografia - Volume 1 (I secolo)
Traduzione dal greco di Francesco Ambrosoli (1827)
Annotazioni
Prolegomeni DissertazioniI
[p. 54 modifica]

ANNOTAZIONI


La lettera M. indica che le annotazioni appartengono al cav. Mustoxidi, e delle altre, quando non sieno accompagnate da nome diverso, è autore lo stesso Coray.

(1) Amasia, nostra patria, città fortissima (Strab. l. xii, p. 547). — È la città nostra posta in una profonda e gronde valle per cui volgesi il fiume Iri, mirabilmente edificata — E quindi segue (p. 561) con compiacenza filiale a descrivere il sito di Amasia. (M.)

(2) Veramente Strabone non dice che Dorilao fosse originario di Creta, ma che, uomo esperto nelle cose belliche, era spesso spedito dal re Mitridate a reclutare soldati in Grecia, in Tracia, od in Creta, quest’isola essendo piena di mercenarj. Quivi egli andato a caso fermò poi la sua sede. (Geogr. l. x, p. 477). (M.)

(3) Strab. l. x, p. 477 e 478.

(4) Sfuggì dunque all’egregio Coray che Strabone parla del proprio avo materno. Costui quando vide le cose di Mitridate volte in male nella guerra contra Lucullo, trovandosi per ira alienato dal re, che gli aveva poco innanzi fatto morire suo cugino Tibio, e il figliuolo di questo per nome Teofilo, si mosse per vendicare loro e sè medesimo (l’anno di Roma 681). Ed avendo ricevuta fede da Lucullo se ne andò, e quindici castelli indusse a ribellarsi, per il che gli furono fatte di gran promesse. Ma Pompeo, il quale succedette a duce dell’impresa, riguardò per nemici tutti coloro che avevansi gratificato Lucullo, a cagione dell’odio [p. 55 modifica]che gli portava, onde finita la guerra, e ritornato a Roma, vinse il partito che il Senato non confermasse gli onori da Lucullo promessi a qualsivoglia uomo del Ponto, perciocchè era ingiusto che uno avesse vinto la guerra, ed altri desse i premj della vittoria, e le ricompense della prodezza. (Geogr. l. xii, p. 557 e 558). (M).

(5) (Strab. Geogr. l. xi, p. 499 e l. xii p. 557). - Moaferne è nome che ha del persiano. Questa genealogia di Strabone apparirà più chiara col seguente stemma

Da ignoto a noi
Dorilao marito di Sterope macedone
Filetero
LagetaStratarcauna figliuolaDorilao
una figliuola moglie del fratello di Moaferne e cugino di Tibio
la madre di StraboneTeofilo
(M.)

(6) E così afferma il Casaubono: neque dubium est, patrem ei fuisse unum aliquem e principibus ejus urbis viris. Noi portiamo un’opposta sentenza. Vedi la nostra nota 37. (M.)

(7) Cioè Benefattore (M.)

(8) Ed essere in iscompiglio le cose del regno per la minorità dell’erede. (M.)

(9) Riportò ivi grandi onori, onde Strabone chiama Cnosso «città non aliena da noi, ma, soggiunge, per l’umana fortuna, e per le mutazioni ed accidenti di quella, ci sono venuti meno gli accordi che avevamo con questa città». Con tali parole apertamente allude Strabone alla conquista che Q. Metello fece di Creta, circa il tempo che Pompeo fu eletto a capitano della guerra mitridatica. Il Vindelino ed il Pincio nelle rubriche delle loro edizioni, e Filippo Egentino in un epigramma, erroneamente dissero che Strabone era cnossio. Cretense il chiamano Giovanni [p. 56 modifica]Andrea nella sua dedica a Paolo II, ed il Patricio (De Reg. Instit.). Il Vossio (De Hist. Graec. l. ii, c. 5) male anch’ei il riconosce originario di Creta. (M.)

(10) Stratarca cioè comandante d’esercito, e Lageta conduttore del popolo, ma anche il nome di Dorilao si compone di lancia e popolo. Ebbe Dorilao pure una fanciulla. Strabone dice che conobbe Stratarca nell’ultima vecchiezza. (M.)

(11) Mitridate Eupatore quando fu cresciuto ad età virile, tanto si soddisfece della conversazione avuta da fanciullo con Dorilao, che non solamente l’alzò a grandissimi onori, ma prese anco cura de’ suoi parenti, e mandò per quelli che stavano in Cuosso. Il vecchio Dorilao era già morto, e Lageta e i nipoti suoi, di Lageta figliuoli, erano già uomini. L’avola materna di Strabone era figliuola come si è detto di Lageta. Costoro dunque lasciarono i loro averi in Cnosso, e recatisi in Ponto parteciparono della felicità del secondo Dorilao. Ma egli esaltato anche al sacerdozio de’ Comani, dignità che aveva il primo luogo dopo la regia, per soverchia ambizione fatto ingrato, fu colto che voleva ribellare il regno a favore de’ Romani onde ottenere la signoria; e andando in ruina, nella ruina di lui furono calunniati tutti i suoi parenti in guisa che le cose de’ figliuoli di Lageta si volsero al basso, e trasandate anche le convenzioni stipulate coi Cnossj, mille mutazioni quella famiglia patì. (Strabone, Geogr. l. x, p. 477 e 478; l. xii, p. 557). (M.)

(12) Memnone presso Fozio (Codice 224, p. 731). Dorilao fu capitano delle falangi che componevano parte dell’esercito con cui Mitridate appiccò la prima battaglia coi Romani circa la 173.ª olimpiade, anno di Roma 665 (Appiano della guerra Mitrid., § 17). Memnone scrive (§ 33) che questo Dorilao combattè i Chii, e con gran fatica prese la città loro, e ne spartì il territorio ai Pontici, e i cittadini su d’una nave portò nel Ponto. Ma Appiano (§ 46) a Zenobi attribuisce tale impresa. Forse costui militava sotto gli ordini di Dorilao, il quale dal suo re fu mandato con gran quantità di navi e con ottanta mila uomini bene agguerriti ad opporsi ai Romani in Beozia capitanati da Silla [p. 57 modifica](Appiano § 49; Plut., Vita di Silla). Riducendosi al peggio le cose di Mitridate, la soldatesca a cui era stata fatta violenza, lanciandosi sulle bagaglie degli attenenti del re, depredando ogni cosa, e uccidendone i padroni trucidò anche il capitano Dorilao non per altro che per la veste di porpora che aveva indosso (Plut., Vita di Luc.) (M.)

(13) Fu Moaferne amico di Mitridate (Strabone, Geogr. l. xi, p. 499), ma poi avvolto nei sospetti che meritò la fellonia di Dorilao. Verso i tempi della dissoluzione del regno, fu rialzato in onore di bel nuovo egli e gli amici suoi, eccetto quelli che s’erano prima accostati ai Romani, fra i quali l’avolo materno di Strabone (Geogr. l. xii, p. 557). Moaferne fu trascinato col re nella stessa caduta. (M.)

(14) Simson Chronic. Catholic. p. 1501. E qui e nel seguito di questi Prolegomeni io mi valgo della Cronologia dell’inglese Simson, non perchè io la stimi più esatta delle altre, ma per timore di non indurre confusione, e perchè in una serie di molti anni, la variazione di due o tre di essi finisce coll’essere indifferente.

(15) Plut., Vita di Pompeo.

(16) Geogr. l. viii, p. 739.

(17) Geogr. l. ii, p. 117.

(18) Cioè dall’Armenia insino alla Toscana, e dal Mar nero insino all’Abissinia.

(19) Può Strabone aver veduto Corinto in qualunque anno dell’età sua, sia conducendosi di Grecia in Roma, sia viaggiando come geografo. Non intendo perchè egli deggia esservi andato d’anni trenta, e molto meno che si possa da ciò supporre ch’egli nascesse l’anno 687. Afferma è vero (l. c.) d’aver veduto Corinto poco dopo che fu rifatta da Romani; ma ciò non prova sennonchè ei viveva dopo l’anno 710 di Roma, epoca di quella riedificazione. Il Coray suppone a caso che Strabone andasse a Corinto l’anno 717; ma pare a me che l’epoca della sua andata arguire si possa dalle parole sue medesime. Egli dice che arrivò a Giaro povera isoletta, e che nel partire accettò in [p. 58 modifica]compagnia un pescatore spedito ambasciatore da quei di Giaro a Cesare Augusto, il quale era in Corinto per andare al trionfo della vittoria aziaca. (l. xii, 485). Ora la vittoria aziaca accadde l’anno 724 di Roma, 31 prima di Cristo. Se il decreto della riedificazione di Corinto è nell’anno 710, e se alcuni anni vi vollero perchè rialzata fosse quell’illustre città dalle ruine sue, almeno in parte, ben nel 704 poteva dire Strabone ch’ella da poco tempo era rifatta dai Romani che distrutta l’avevano. (M.)

(20) Geogr. l. xii, p. 568.

(21) Dione Cassio l. 45, c. 16.

(22) Si può supporre il testo anche guasto dagli amanuensi e per avventura Strabone invece che ὅν ἡμεῖς εἴδομεν scrisse οὗ τὸν υἰὸν ἡμεῖς εἴδομεν, cioè ch’egli vide non già l’isaurico Publio Servilio, ma il figliuolo suo. Costui che fu suocero di Cesare Augusto, conservò l’appellazione paterna d’Isaurico (Sveton. August., c. 65; e la traduzione francese di Strabone t. iv, Parte ii, p. 97, nota 2). – A noi pare che qui il Coray spinga troppo oltre la congettura. Parlando dell’Isauria cade in acconcio a Strabone il dire ch’ei ne conobbe il vincitore, e deve averlo conosciuto appunto decrepito, ma cosa ha che fare il figliuolo? Quanti altri figliuoli non conobbe egli in Roma di personaggi famosi, senza per questo stimar necessario di mentovarli nell’opera sua. (M.)

(23) La Mauritania o l’odierna per nome e per fatto Barberia.

(24) Geogr. l. vi, p. 287 e l. xvii, p. 829.

(25) Non del vecchio Iuba parla solamente Strabone, ma eziandio del giovane, e non solo come di suo contemporaneo (l. vi, 288), ma anche come di recente morto (l. xvii, p. 828); il che ne conduce a più di 70 anni al di là dell’epoca del 708 fissata qui dal Coray. (M.)

(26) Vita di Pompeo. — E da Plinio. Hist. Nat.l. vii, § 31. (M.)

(27) Tusculane l. ii, c. 25. — E nel libro Fin. v, 31. (M.)

(28) Geogr. l. xii, p. 492. — Due volte fu visitato Posidonio da Pompeo in Rodi; cioè quando questi tornava dalla guerra piratica, e quattr’anni dopo, epoca del suo viaggio per la Siria. (Plut. Vita di Pompeo) (M.) [p. 59 modifica]

(29) Nei Longevi § 20.

(30) Queste sono le parole di Ateneo (p. 658). Dice Strabone nel vii libro della sua opera ch’egli conobbe Posidonio filosofo della Stoa. Nella parte del settimo libro di Strabone a noi pervenuta non si rinviene il passo riferito da Ateneo, ma è possibile che vi fosse prima dei danni sofferti da quel libro. Contuttociò in altra parte della sua Geografia (libro xvi, p. 753) egli scrive «Posidonio lo stoico, uomo dottissimo fra tutti i filosofi del tempo nostro. Dal che si arguisce ragionevolmente che visse Posidonio ancora alquanti anni dopo la nascita di Strabone. Ciò può esser vero sino ad un certo punto. Si avverta che Ateneo (l. xvi, § 76) cita espressamente quel passo onde indicare l’età di Strabone. La voce πέρνα fu usata, scriv’egli, da Strabone, uomo non recentissimo, poichè dice aver conosciuto Posidonio che fu famigliare di Scipione l’espugnatore di Cartagine. – Ma Posidonio non fu compagno di Scipione, bensì il fu Panetio, maestro suo. Del rimanente il compilatore Ateneo mal cerca questa prova per l’età di Strabone, se questi chiaramente ne dice che ei viveva ai tempi di Tiberio, il cui imperio cominciò 159 anni dopo l’eccidio di Cartagine. Pur non è senza malizia Ateneo. Cosi egli confonde l’epoche, e fa che Strabone comparisca assai più antico. Il Bake (Posidonii Rhodii reliquiae doctrinae, p. 8) pensa che la frase καθ´ἡμᾶς usata da Strabone si possa intendere anche dell’età che precede di poco lo scrittore. Strabone nondimeno è esattissimo nel distinguere quest’età, onde in altri casi dic’egli, ai tempi de’ padri nostri. Ignoriamo veramente l’epoca della morte di Posidonio. Dicesi che Panetio maestro suo morisse l’anno di Roma 642. Supponendo che allora il discepolo avesse anni 20, poichè morì d’anni 84, visse sino al 706. Egli viveva dopo il consolato di Cicerone (691), anzi nel 694 (Epist. ad Att. ii). Suida lo vuole venuto a Roma ai tempi di Marco Marcello console, nell’anno 703. Comunque sia, nulla osta che la vecchiezza di Posidonio abbia potuto toccare la puerizia di Strabone. (M.)

(31) Geogr. l. ii, p. 118. [p. 60 modifica]

(32) E un uomo anche di ventinove anni, uscito della scuola stoica, non può aversi pe’ costumi suoi già conciliata la stima altrui? Elio Gallo condusse forse seco Strabone in quelle lontane regioni pel suo sapere in fatto di geografia, ed i Romani desideravano la compagnia dei Greci sapienti sia per cagione di ammaestramento, sia per averli come lodatori nei tempi futuri. Molti esempj citar possiamo, e ne basti uno di quell’età: Antideo il filosofo ed Archia poeta seguirono Lucullo nella guerra mitridatica. Il titolo non solo di amico, ma di sozio, che Strabone dà come ad Atenodoro anche ad Elio Gallo, ne fa credere che questi fosse un seguace dello stoicismo, setta dopo la perdita della libertà in gran voga appresso i Romani. (M.)

(33) Geogr. l. iv, p. 206.

(34) Il nome Carni è rimasto sin’oggidì nella provincia Carniola. Norici erano gli abitanti della presente Carintia, Stiria, ed Austria.

(35) Qui il Coray piglia un abbaglio. Se i Carni ed i Norici furono assoggettati ai Romani l’anno 739 di Roma, e se da tal’epoca a quella in cui parla Strabone erano corsi anni 33, ne viene di conseguenza che allora fosse l’anno di Roma 772; e però s’egli nacque al dir del Coray nel 687 scriver doveva il quarto libro della geografia non nel cinquantesimo secondo, ma nell’ottantesimo quinto anno della sua vita. (M.)

(36) P. 576.

(37) Anche qui il ragionamento non regge. Non si può conchiudere che Strabone fosse morto, ma ch’egli bensì scriveva il XIII libro della geografia prima dell’anno 778. A noi pare, se non andiamo errati, d’aver dimostrato nelle precedenti note che tornano vani i raziocinj sui quali si appoggia il Coray per suppore che Strabone nascesse l’anno 687 di Roma, 63 prima di Cristo. Direbbesi ch’egli abbia quasi posta a caso quell’epoca e come per indovinare, poichè egli non prova se non che Strabone viveva negli anni 710 e 729. Ma ben poteva in quest’epoche avere egli una o due decine d’anni di più o di meno di quelle che il Coray gli assegna? Moviamo dunque per altra forse migliore via le nostre investigazioni. [p. 61 modifica]

Strabone certamente scrisse la sua geografia durante il regno di Tiberio, cioè dopo l’anno 767 di Roma. — Nel lib. V (pag. 236) egli addita il luogo dove fu abbruciato Augusto; nel IV (pag. 118) chiama Tiberio successore di Augusto; nel VI (pag. 288) soggiugne che questi si propone il padre suo per regola di governare, e finalmente nel XIII (pag. 618 e 627) torna a dichiararlo imperatore de’ suoi tempi. — Ora ne tocca indagare in quali anni del regno di Tiberio ei propriamente scrivesse. — Germanico aveva trionfato de’ Germani, e fatto prigioni Semigunte, o, come dice Tacito, Semigundo (Ann. lib. i, 67), e Tusnelda moglie d’Arminio, ed altri nobili personaggi (lib. vii, pag. 291). E il trionfo fu nel consolato di G. Gelio e T. Pomponio (Tacito, Ann. l. ii, 55), cioè l’anno di Roma edificata 770. – Tiberio aveva riparato dei proprj denari Sardi e Magnesia ed altre nobili città dell’Asia, buttate a terra dai terremoti (lib. xii, pag. 579; xiii, pag. 556), e ciò fu parimente l’anno di Roma 770. (Tacito, Ann. l. ii, 37) — Archelao re di Cappadocia era già morto (lib. xii, pag. 617). E fu nel 771 che Tiberio l’indusse con sue arti a recarsi a Roma, ove morì di vecchiezza e di angoscia. (Tacito, Ann. l. ii, 35) — Zenone figliuolo di Pitodori era stato nuovamente creato re dell’Armenia maggiore (lib. xii, pag. 556), il che fu nel terzo consolato di Germanico (Ann. lib. ii, pag. 43), anno 772.

Prima di procedere più oltre è necessaria un’avvertenza. Sembra ragionevole il supporre che Strabone fissasse una sola e determinata epoca per riferire ad essa la distanza dei varj avvenimenti dei quali fa cenno nella sua storia. E così pensa il Souciet che Strabone abbia praticato (Hist. Chr. de Pythodoris, pag. 41). In tal caso dicendo il Geografo nel VI libro (pag. 288) e nel VII (pag. 120) che Germanico ed Arminio vivevano ancora e che la guerra ferveva, egli scriveva dunque l’anno di Roma 772, poichè se dall’una in quest’anno appunto accadde l’elezione del figliuolo di Pitodori a re dell’Armenia, elezione che il nostro Autore rammenta, dall’altra anche Germanico ed Arminio morirono l’anno di Roma 772. (Tacito, Ann. l. ii, 63) Ma diversamente è la cosa, e Strabone andò vagando ora verso un tempo [p. 62 modifica]ed ora verso un altro, secondochè componeva la sua geografia, lavoro lungo e assai vario, riserbandosi forse di ridurla ad un punto cronologico fisso quando era per pubblicarla. Il perchè egli favella della morte di Cotis sapeo, genero di Pitodori, il quale era stato ucciso a tradimento da Rescupori, e del maggiore figliuolo di Cotis ch’era già signore (lib. xii, pag. 556); e così tocca l’anno di Roma 773 (Tacito, Ann. l. ii, 43). Corsi erano 33 anni dacchè Tiberio e Druso represse avevano le scorrerie dei Carnie Norici, quando Strabone scriveva il IV libro (pag. 206). L’impresa contra quelle genti inalpine avvenne l’anno 740 (Dione Cassio, lib. iv, pag. 531), e se ne aggiungi 33 ne risulta l’anno 773. — Nel lib. VI, p. 288 dic’egli, la Mauritania e molte altre parti di Libia si conservano sotto il re Iuba. Ma nella fine del XVII libro (pag. 828-829) egli favella di Iuba come di già morto, e poco dopo (pag. 831) soggiunge che Ptolemeo natogli da Selene figliuola di Antonio e di Cleopatra, era successo a Iuba all’impero. Ora in Tacito (Ann. iv, 8) leggiamo che Iuba viveva nel consolato di C. Asinio e C. Antistio; e nel susseguente anno 778, prima di Cristo 24 (An. iv, 27, 29), Ptolemeo giovane era succeduto al padre, e per gli aiuti dati a’ Romani contra Tacfarinate, era stato onorato e chiamato re e compagno ed amico loro.

E questo è il termine delle epoche di Strabone; fissato il quale torna inutile a conferma di quanto si è esposto, quella prova che recata fu innanzi onde mostrare che il Geografo scrisse prima dell’anno 779. Perciocchè parla egli dei Ciziceni come di ancor godenti la libertà (pag. 576, lib. xii) che meritata avevano nella guerra mitridatica, ma questa libertà fu tolta loro dai Romani nel consolato di M. Asinio Agrippa e Cosso Cornelio, cioè l’anno 779 (Tacito, Ann. iv, 41)

Adunque se noi tenghiamo l’ipotesi del Coray come probabile, che Strabone fosse nato l’anno 689, egli di novant’anni scriveva ancora la geografia. Io voglio credere ch’ei fosse di florida e robusta vecchiezza, e che non levasse la mano sino all’estremo respiro dalla maggiore opera sua. Nondimeno aspettando migliori [p. 63 modifica]prove, mi sembra che si possa ritardare d’alcuni anni la nascita di Strabone. Celebri egli dice all’età sua Potamone, Lesbocle, Crinagora, Teofane storico da Mitilene e il figliuol suo Adobogione da Pergamo, Eschine oratore milesio, Mitridate e Menodoto suo figliuolo, Eutidamo e Ibrea da Milaso, Ateneo e Senarco di Cilicia, Plutiade e Diogene e Nestore da Tarso, Dionisio d’Alicarnasso, Teodoro da Gadara, Aristonico grammatico, Boeto e Diodoto da Sidone, ed Atenodoro ed altri ancora. Come uomini del suo tempo parla di Marcello figliuolo di Ottavia, di Elio Gallo capitano de’ Romani, di Gneo Pisone governatore d’Africa, di Tracodemenio re di Cilicia, dei due Iuba, di Anlippa e Filippo re de’ Giudei, di Candace regina d’Etiopia, di Pitodori, dei figliuoli di Fraarte. Mentr’egli viveva i Romani posero colonie in Patra, ed in Ilio, ec. Ma ella sarebbe fastidiosa e non facile cosa l’annoverare tutti gli avvenimenti e gli uomini dei quali Strabone si dice contemporaneo, e disporli per ragion d’anni. Dall’estremo anno 778 risaliamo agli opposti estremi così.

Catone, al nostro tempo, scrive Strabone (lib. xii, p. 515), concesse, secondo il costume antico, Marcia sua moglie ad Ortensio che ne aveva bisogno. E ciò fu l'anno 705 di Roma. - Nel lib. V (pag. 236) parla di Pompeo, del divo Cesare, di Augusto e de’ figliuoli, come di principi de’ tempi suoi. In quanto a Pompeo ciò deve intendersi dal 699 in poi, epoca in cui egli fu eletto console con Crasso (Dione, lib. xxxvii e xl). Un’altra città, die’ egli altrove (lib. x, 186), edificò Gajo Antonio, zio di Marcantonio, a’ nostri tempi in Cefalenia, quando essendo bandito dopo il consolato ch’egli ebbe in compagnia di Cicerone 1 ’ oratore, s’intertenne in Cefalenia. Il consolato fu nel 691, ma il bando di Gajo è posteriore di quatti’ anni (Dione xxxvi); nè una città si edifica in un attimo. Male non ci apporremo dunque se protraendo questa edificazione della città di Cefalenia sino al 700, crediamo parlare Strabone di fatti accaduti per così dire nella sua infanzia. Ma che prima non nascesse egli il deduciamo anche dalla seguente congettura. Racconta Strabone che Dorilao suo tritavo si maritò dopo la morte di Mitridate Evergete. Questa [p. 64 modifica]morte accadde l’anno di Roma 634. Dorilao ebbe due figliuoli Lageta e Stratarca. Supponendo che fra la morte di Mitridate e la nascita di Stratarca fossero corsi tre anni soli, che necessariamente si deggiono frammettere, perchè Dorilao si maritasse, e sua moglie partorisse prima Lageta indi Stratarca, ne viene di conseguenza che fra questi e Strabone non vi sarebbe che la differenza d’anni 32, se Strabone fosse nato nel 689. Ma egli dice aver raggiunto Stratarca nell’estrema vecchiezza. Poniamo invece che nascesse l’anno 700 all’incirca. Allora, essendovi la distanza di 60 anni, più agevolmente si può intendere come Strabene affermi d’aver conosciuto il prozio quando questi era già assai vecchio. Lo stoico Strabone non tralascia già di farci conoscere tutte le sue domestiche glorie. Ma perchè queste si ristringono nella materna linea? Ciò ne induce a supporre che caduta in basso stato colla ruina di Mitridate Eupatore la ricca, nobile e pressocchè reale famiglia della madre di Strabone, questa si sposasse ad uomo inferiore. E così essendo, Strabone nascer dovette dopo il 689. Finalmente dalla morte di Mitridate Evergete al 689 corsero anni 53. Ora perchè nel 689 fosse nato Strabone è d’uopo ristringere a più estremi naturali termini il computo, acciocchè in 53 anni Dorilao si maritasse, e divenisse padre di Lageta, e Lageta avesse una figliuola, e questa divenisse madre della madre di Strabone, e la madre di Strabone il partorisse.

Più probabile è dunque assegnare l’epoca della nascita di Strabone verso l'anno 700; e nulla osta ch’egli d’anni io abbia potuto conoscere Publio Servilio, e che di 29 accompagnasse Elio Gallo in Egitto. D’anni 78, ma non di 90, il reggiamo ancora ritoccare la sua Geografia. Quando egli morisse noi sapremmo dire. Se la morte gli stava colla falce sul capo per toglierlo dal mondo appena egli aveva finita l’ultima linea della sua Geografia, ei cessò di esistere nel 779 come pensa il Coray. Ma nulla cel prova, e forse si conservò in vita qualche altra decina d’anni. (M.)

(38) Perchè nacque colle luci torte per ira di Giunone, come dice Sostrato. Vedi Eust. nell’Odis. Raps. K. p. 1665.

(39) Vedi la nuova ediz. della Bibl. Greca di Fabr. t. iv, p. 577. [p. 65 modifica]

(40) Plut. Vita di Pompeo.

(41) È questa, come ben dice il Coray, una mera congettura. Il cognome di Magno fu dato da Silla a Pompeo giovanetto dopo aver debellato Domizio nell’Africa, ma egli non cominciò a farne uso che dopo la vittoria spagnuola (Plut., Vita di Pompeo). L’adulazione, o il bisogno di patrocinio poteva indurre il padre di Strabone ad imporre al figliuolo un nome romano, ma allora l’avrebbe egli appellato Pompeo. Così Teofane di Mitilene, storico e uomo illustre nei maneggi della città, molto amico di Pompeo Magno pose al figliuolo il nome di Marco Pompeo (Strabone, l. xiii, p. 618). Nè il padre di Strabone avrebbe mostrato molta accortezza appellando il figliuolo dal soprannome ch’ebbe quel capitano romano perchè era losco, nè so se anche gli convenisse nella sua famiglia rinnovare la memoria del già morto padre di Pompeo, più del quale nessuno mai i Romani odiarono si acerbamente e sí saldamente. Aggiungi che il nome Strabone fu proprio parimente d’altri personaggi romani prima di quei tempi, come d’un console l’anno 592, ed anche di non romani. Strabone chiamavasi quel siciliano di mirabile acume negli occhi, il quale nella prima guerra Punica dal promontorio Lilibeo contava il numero dei navigli dell’armata che usciva dal porto di Cartagine (Plin., l. vii, c. 21). In una parola se Strabone è nome greco, se non è d’altro accompagnato come, p. e. quel di Dione Cassio, perchè credere che tolto fu a prestito dai Romani? Ma egli non era usitato. E quanti nomi non appaiono che una volta nel solo personaggio che gli ha fatti illustri? Chi sa i tanti nomi del volgo greco, e di quello dei Cappadoci?

Bizzarre quanto mai sono le ipotesi messe poi in campo ultimamente dal Malte-Brun per indurci a credere che la paterna famiglia del N. A. fosse semiromana, anzi fondata da un protetto dal Magno Pompeo (Biogr. univ., voce Strabon.) 1.° Il nome romano mescolato fra que’ dei gran signori d’un regno asiatico — Abbiam già veduto che grecissimo è il nome Strabone. 2.° La cognizione che il Geografo aveva della lingua latina. – E l’aveva p. e. anche il suo contemporaneo Dionigi l’istorico che pur era [p. 66 modifica]d’Alicarnasso. 3.º Questa cognizione si prova dalle sue citazioni di Fabio pittore, di Cecilio, e di Asinio – Si possono aggiungere altri molti – Ma anche Plutarco quanti autori latini non cita, ancorchè ei confessi di avere della lingua latina cognizione men che mediocre. 4.° Apprezza la grandezza politica e la saviezza amministrativa de’ Romani. - Ed altri Greci solennemente la esaltano e ammirano. Leggasi specialmente Dionigi e Plutarco. E notisi che in questi giudizj l’adulazione verso i dominanti vi ha la sua gran parte. 5.° È convinto della necessità di un potere monarchico, il che prova ch’ei fosse allevato nelle idee romane degli ultimi tempi. – E nei tempi della Grecia libera filosofi e storici e poeti erano convinti della necessità del dominio d’un solo, e al più le opinioni di Strabone in tal proposito denotano l’epoca in cui egli visse, non già l’origine sua. Egli scriveva sotto la cupa tirannia di Tiberio, e apparteneva ad una famiglia fatta grande dai benefici del re Mitridate. Tuttavia le sue parole nulla hanno d’enfatico. Eccole: E invero, molto è difficile il governare un grande impero, altrimenti che per un solo al quale si affidi come a padre la cura. (v, 288) 6.° Favella onorevolmente di Pompeo Strabone, uomo poco commendevole – Che dic’egli mai? Pompeo Strabone fece abitar Como, Gajo Scipione v’aggiunse poi da tre mila persone, poi il divo Cesare ve ne mandò cinque mila. (v, 213) 7.° Pare mettere insieme Sertorio, perchè nemico di Pompeo, col ladrone Uriato, e ne contraddice la gloriosa morte. – Nulla di ciò. Gli Spagnuoli, dic’egli, non ardivano mettersi a grandi imprese, perciocchè se si fossero aiutati l’un l’altro, nè i Tirj, nè i Cartaginesi, nè i Celti, nè Uriato corsale, nè Sertorio poscia, nè altri se dopo questi furono desiderosi di maggior potenza, avrieno avuto il modo di minare la Spagna (iii, 158 e nel v, 207). I Romani non cessarono di travagliare colle armi la Spagna finchè tutta non la soggiogarono, cacciando i Numantini, Uriato e Sertorio distruggendo, e finalmente i Cantabri. Le parole di Strabone non mirano a Sertorio. Egli v’è nominato perchè l’occasione il richiede, e come Uriato, così ha anche egli per compagni popoli illustri. Nè so che la sua morte [p. 67 modifica]fosse gloriosa, essendo stato ucciso a tradimento. 8.° Studiò sotto Aristodemo che fu aio de’ figliuoli del Magno Pompeo. – È vero. Ma quegli altri maestri suoi che Strabone cita nol furono anco d’altri illustri romani. La sapienza è come il sole a cui tutti corrono per iscaldarsi. E notisi che quell’Aristodemo (xiv, 650) insegnò in Roma la grammatica ai figliuoli di Pompeo, e Strabone gli fu discepolo in Nisa. Ma ora viene il bello, ossia la congettura, come il Malte-Brun la chiama più positiva. 9.º Il padre di Pompeo avea un cuoco losco al par di lui per nome Menogine. Costui forse per eredità divenne schiavo o cliente del Magno, il quale come dilicato nelle vivande (Plutarco anzi il commenda come frugalissimo) sel condusse forse nella spedizione d’Asia. Il cuoco sarà divenuto intendente del quartier generale, e Pompeo gli avrà fatto sposare la ricca erede d’una illustre famiglia che le circostanze avevano posta in balia del generale in capo. 10.º Andiamo innanzi. Strabone non aveva buona vista (v, 223, 225) - Chi lo dice? Nè egli, nè nessuno. Ma tant’è le sue erronee espressioni sulla posizione parallela delle isole d’Elba, di Corsica, di Sardegna, sarebbero spiegate dallo strabismo o vizio negli organi visuali ereditato dal cuoco padre suo. Finisce il Malte-Brun a credere (e sel creda egli solo) che queste ragioni unite insieme sieno concludenti, e che lo scioglierle (e a noi pare d’averle sciolte) spargerebbe una nuova luce sulla storia letteraria d’un opera importante. (M.)

(42) E sia pure che al padre sia debitore Strabone di tanta sollecitudine, ma nè egli, nè altri gliene rende grazie ed onore. (M.)

(43) Ne reca meraviglia che nessuno de’ contemporanei e dei vicini non faccia ricordo della geografia di Strabone. Egli è citato da Gioseffo, da Plutarco e da Tertulliano, ma per le sue istorie. Il primo a nominarne la geografia, è, se non erro, Ateneo (Dipnosof. l. iii, 121 e l. xiv, 657), quindi Marciano eracleota (Nel principio del Periplo), Stefano bizantino in più luoghi, Arpocrazione (voci λεσχαῖον e λεῦκας), Giuliano architetto, Suida, Evagrio, e Socrate. Eustazio nel xii secolo è il primo [p. 68 modifica](Com. a Dionisio Perieg.) che gli dia il titolo di geografo per eccellenza. Tanto silenzio vuolsi per avventura attribuire ai molti volumi degli altri geografi, dai quali trasse Strabone i suoi materiali, e che non erano per anche smarriti, o dall’essere la sua geografia giaciuta molto tempo oscura in Roma, dov’ei forse morì. (M.)

(44) Vita di Lucullo.

(45) Voce Amasia. - E aggiungi, se vuoi, Suida (voce Strabone). (M.)

(46) Geloso di questo nome di filosofo, si studia Strabone dal bel principio dell’opera sua di provarci che la scienza della geografia si appartiene quanto qualsivoglia altra alla professione del filosofo. (M.)

(47) Geogr. l. xii, p. 548. Tirannione fu a Roma, e come pare dopo la guerra mitridatica, avendolo Lucullo fatto prigione in Arniso (Plut., Vita di Lucullo), e quindi affrancato a richiesta di Murena. Forse poi tornò in Sida sua patria, città vicina alla patria di Strabone, ed ivi questi l’udí. Fu assai accreditato per l’erudizione. (Suida, voce Tiran.; Cicer. Epist. a Quinto fratello), ed ebbe fama di ristoratore delle dottrine del Peripato. I libri di Aristotele e di Teofrasto nascosti in una cava sotto terra furono poi venduti ad Apellicone teio. Silla quindi li trasportò in Roma, e Tirannione col far servitú al presidente della libreria ebbe nelle mani le opere dei due filosofi, ne sottrasse una gran quantità, e gli diede ad Andronico peripatetico, il quale gli pubblicò (Strab. l. xiii, p. 609, e Plut., Vita di Silla). Obbliò il Coray che Strabone ancor molto giovanetto udì in Nisa le lezioni di Aristodemo filosofo ed oratore, il quale giunto era nella sua estrema vecchiaia. Costui in Rodi e nella patria teneva due scuole, leggendo la mattina rettorica e a mezzodì grammatica; ma essendosi posto in Roma ad insegnare ai figliuoli di Pompeo Magno, si contentò della scuola di grammatica. (Strab. l. ii, 146). È probabile che Aristodemo e non Tirannione insegnasse al nostro Geografo le umane lettere. Tra suoi amici oltre il duce Elio Gallo, ed il filosofo Atenodoro maestro d’Augusto e mentore di Tiberio, [p. 69 modifica]Strabone annovera Diodoro di Sardi, (l. ii, 128), il quale scrisse libri d’istorie, versi ed altre composizioni tutte spiranti l'antico sapore. (M.)

(48) Geogr. l. xiv, p. 670. Senarco, a detta dello stesso Strabone (l. xiv, p. 670), fu di Seleucia, e filosofo peripatetico di gran stima, e non istette molto tempo a casa, ma dimorò in Alessandria, in Atene, e finalmente in Roma, avendosi eletto la vita di maestro di scuola. Quivi, godendosi l’amicizia prima d’Ario e poscia d’Augusto, perseverò fino alla vecchiezza in grande riputazione. Strabone ne udí le lezioni, ma non dice dove. (M.)

(49) Geogr. l. xvi, p. 757.

(50) Fu lo Xilandro che stimò peripatetico Strabone, ed il Vossio lo redarguisce. Egli anzi condanna Posidonio perchè molto indaga le cause ed aristotelizza, da che si guardano i nostri, cioè gli stoici, per essere occulte le cause ( l. ii, p. 104) (M.)

(51) De Divinat. l. i, c. 8, e l. ii, c. 21.

(52) Delle opin. dei filos. l. xiv c. i.

(53) Libr. vi, sez. 54, 143, 148, 149. — Boeto è citato anche da Gemino come autore d’un’esposizione in quattro libri dei fenomeni d’Arato (Elem. Astr. c. i 4). Strabone studiò con lui l’aristotelica filosofia, ma non gli fu discepolo siccome sciá ve il Malte-Brun. (M.)

(54) Nel convito, o i Lapiti. - Seguace della setta stoica si mostra anche Strabone quando scrive (l. iv, § 185) che fra le cose umane e della natura, molte se ne trovano, le quali per avventura dir si potrebbe che meglio sarebbero latte a questo o a quel modo, ma bisogna riportarsi alla Provvidenza ed al Fato che governano il mondo. (M.)

(55) Geogr. l. xiv, p. 674; xvii, p. 779.

(56) Geogr. l. i, p. 41; xvii, p. 784.

(57) Geogr. l. i, p. 15.

(58) Diog. Laen. I. ni, sez. «19 - 123 .

(59)

Se tutto fará ben solo il sapiente,
Condirá con prudenza anco la lente.

Ateneo, Dipn. l. iv, p. 158. [p. 70 modifica]

(60) Delle gener. percez. § 3.

(61) Della Rep. l. v, p. 473.

(62) L. i, p. 13.

(63) Vita di Lucullo, § 28.

(64) Voce Polibio.

(65) Geogr. l. xi, p. 515.

(66) Queste istorie o commentari (Ὑπομνήματα ἱστορικὰ), secondo il giudizio del loro autore medesimo, erano assai utili per la morale e per la civile filosofia. Lasciando da parte le cose piccole e basse egli aveva fatto solamente menzione degli uomini illustri e della vita loro (Geogr. l. i, p. 6). Le scrisse prima della Geografia, ma donde cominciassero e dove finissero noi potrei dire. Pare che fossero istorie universali. In esse si parlava certamente di Alessandro il Grande (Geogr. l. i, 13), e nel vi libro molto si trattava delle consuetudini dei Parti (Geogr. l. xi, p. 784). Da Gioseffo e da Plutarco, i quali forse se ne valsero del pari che Appiano e Dione, ancorchè questi non citi mai il fonte a cui attinge, si deducono non solo alcuni degli argomenti da esso trattati, ma eziandio raccogliere si possono tre o quattro frammenti, i quali non so perchè sieno stati trasandati da quegli eruditi, che a Strabone volsero i loro studj. - Eccoli. -

Mentre Silla tratteneasi in Atene, vennegli nei piedi un dolor torpido con gravamento, chiamato da Strabone, un balbettare della podagra (Plut., Vita di Silla, trad. del Pompei). E ciò che segue appartiene forse alle storie di Strabone.

Strabone il cappadoce dice così: «Mitridate mandò in Coo, e n’ebbe i danari quivi depositati dalla regina Cleopatra, e otto cento talenti di ragione de’ Giudei» (Gioseffo, Ant. Giud. l. xiv, 12, trad. dell’Angiolini).

Strabone medesimo in altro luogo ci attesta che quando Silla passò nella Grecia per guerreggiare Mitridate, spedì Lucullo in Cirene a sedarvi il tumulto sollevato dai Giudei, dei quali tulio il mondo era pieno, e queste sono le sue parole.

«Di quattro sorti trovavansi abitatori in Cirene; gli uni erano cittadini, gli altri agricoltori, i terzi forestieri, e i quarti Giudei; questa [p. 71 modifica]nazione s’era già sparsa in ogni città, nè agevolmente si troverà luogo al mondo, che a questa gente non abbia dato ricetto, o non sia da lei occupato; quindi avvenne, che l’Egitto, e la Cirenea siccome soggetta a’ medesimi principi, e più altri paesi li tennero in somma stima; e diedero un onorevole sostentamento a un buon numero di Giudei, e valendosi delle patrie loro leggi crebbero a grande stato. Certo in Egitto v’ha pei Giudei abitazione determinata, oltre la città di Alessandria, di cui una buona parte fu assegnata a questa nazione. Quivi hanno eziandio il loro capo, il quale e regge la nazione, e decide le controversie, e presiede a’ contratti e alle leggi, come un governatore di ben regolata repubblica. In Egitto adunque forse ingrandì la nazione, tra perchè egiziani d’origine sono i Giudei, e perchè quei tra loro, che uscirono dell’Egitto, abitavanne poco lungi. Indi passarono in Cireneo, siccome paese vicino al dominio egiziano, non altrimenti che la Giudea, o per meglio dire parte di quel dominio u. Cosí Strabone (Gios., A. G. l. xvi, c. 12.)

Narrava Strabone nelle sue Memorie istoriche come Lucullo con poche migliaia di soldati desse piena sconfitta alle infinite schiere de’ barbari onde si componeva l’esercito di Tigrane, e riportava che i Romani medesimi si vergognavano e dileggiavano sè stessi per aver usate le armi contra persone sí vili (Plut., Vita di Lucullo).

Della spedizione di Pompeo e Gabinio nella Giudea scrive ancora Nicolò Damasceno, e Strabone di Cappadocia, nè l’mio in ciò si discorda punto dall’altro (Gios., A. G. l. xiv, c. 11).

Quando Pompeo giunse in Damasco e di là aggravasi per la Celesiria, gli vennero ambascerie da tutta la Siria, da Egitto, c dalla Giudea altresì; conciossiachè Aristobolo gli mandò un gran regalo, ciò fu una vite d’oro del valore di cinquecento talenti. Di tal donativo fa ricordanza anche Strabone di Cappadocia con tai parole. Venne una legazione pur dall’Egitto con una corona di cinque mila monete d’oro; e dalla Giudea, o vite o giardino che fossa la manifattura, che venne in dono, si nominava il piacere. Certo, questo presente noi pure l’abbiamo veduto in Roma appeso nel tempio di Giove Capitolino con sopravi scritto [p. 72 modifica]il nome d’Alessandro re de’ Giudei, e fu stimato valere ben cinquecento talenti. Diccsi però che il mandasse Aristobolo signor de’ Giudei (Gios., A. G. l. xiv, c. 5).

Pompeo espugnò il tempio di Gerusalemme; entrandovi i nemici, quelli fra’ Giudei che intesi erano a’ sagrificj proseguirono tuttavia il sagro loro ministero, nè il timore della morte, nè la moltitudine de’ già trucidati, potò costringerli a mettersi in fuga, poichè pensarono, checchè dovesse incoglierne lor di male, esser meglio soffrirlo a piè dell’altare che non trasgredir qualche legge. Che poi tal racconto sia una lode verace, non menzognera di religione, lo attestano quanti delle cose di Pompeo hanno scritto, tra’ quali è Strabone, e Nicolò, e dopo essi Tito Livio (Gios., A. G. l. xiv, c. 8).

Finalmente Tertuliano (De anima § 46) ci reca queste brevi parole. Mithridalem quoque ex sommo Ponti potitum a Strabone cognosco.

(67) Fabric., Bibl. graeca t.iv, p. 577, ed. Harles.

(68) Geogr. l. ii, p. 70. — Pare che Strabone meditasse anche un’opera fisica, perciocchè dicendo egli che nella geografia esaminava le opinioni di Posidonio a questa scienza spettanti, promette di considerare le altre più naturali, se pur son da curare, in altro scritto (l. ii, p. 104). (M.)

(69) Geographie der Gríechen und Roemer, aus ihren schriften, dargestellt, von M. Konrad Mannert, 1788-1812. Opera in molti tomi e non ancor compiuta.

(70) Géographie des Grecs analysée, stampata a Parigi nel 1790 - Recherches sur la géographie systematique et positive des anciens, stampata nel 1798.

(71) Il Rennell s’esercitò parzialmente sulla geografia d’Erodoto. Il titolo della sua opera è il seguente. The geographical System of Herodotus ec., by Iames Rennell, London 1800. - Si può consultare sulla istoria della geografia presso i Greci: D’Anville Géographie ancienne, Parigi 1782, 3 vol. in 12.— Iohn Blair’s History of thè rise and progress of Geographes, Londra 1784, in 8.° - Schoenemann, de Geographia Argonaularum, Gottinga 1788, in 4.° - Bredow Unlersuchungen uber Gegcnstaende der [p. 73 modifica]altea Geschlchte, Geographie und chronologie, Altona 1800, in 8.° - Heeren, Ideen über die Politik, den Verkehr, und den Handel der vomchmsten Vaelkier der alten Welt. Neue Ausgabe, Gottinga 1815, 3 vol. in 8.° - Malte-Brun, Prècis de Gèographie, Parigi 1811 e seg. in 8.° Il primo volume.- {AutoreCitato|Friedrich August Ukert|Ukert}} Handbuch der Gcographie der Griechen und Romer, von den früesten Zeiten an., Weimar 1816 e segg. 3 vol. in 8.° (Schoell.)

(72) Forse eccede Strabone, ma certo è che Omero vuolsi considerare come valente ed esatto geografo pe’ tempi suoi. Abbiamo tre operette sulla geografia di Omero, la prima dello Schoenemann, la seconda dello Schlichthorst, entrambe stampate in Gottinga nel 1787 in 4.°, e la terza di Augusto Guglielmo Schlegel data in luce un anno dopo in Hannovia. (M.)

(73) Lib. ii, sez. 2. — Anassimandro fu discepolo di Talete, suo concittadino, quindi da Strabone è rammentato come il primo de’ filosofi che dopo Omero avessero ardirò di porre mano alla geografia. (M.)

(74) Vedi Erodoto l. iv, § 36 e 49. Non ha molto tempo dacchè s’è trovata in Bengala, e portata in Inghilterra una tavola geografica in rame, delineata con lettere indiane verso i príncipi della cristiana cronologia. Veggasi Rennell, The geographical System of Herodotus ec. p. 3 a 6 . - Non fa meraviglia se sovra lastre di rame gli antichi delineassero i paesi, poichè di questa materia valevansi anche per iscrivervi sopra i decreti pubblici. Ne ho vedute varie scoperte a’ miei tempi in Corcira. (M.)

(75) Strabone (nel princ.) il pone secondo fra i filosofi che dopo Omero attendessero alla geografia. (M.)

(76) Geogr. Ipotip. l. ii, c. 1. Quando vivesse Agatemero non è manifesto con certezza. Il Christophorus Saxius (Onomast. literar. p. 350) lo pone verso i principi del terzo secolo di Cristo.

(77) E Strabone cita Eratostene. (M.)

(78) Le altre scritture alle quali mira Strabone (p. 8) sono le istorie di Ecateo, di cui era parte quella intitolata Genealogie. La sua Geografia è per avventura quella stessa ch’è detta da molti giro della terra περιήγησις. Egli è probabile altresì che ella fosse [p. 74 modifica]da taluni attribuita all’abderita Ecateo, onde s’intende perchè dica Strabone, che dalle altre scritture del milesio appariva che fosse sua anco la geografia. - Alcune parti di questo libro si citano coi titoli di Giro dell’Asia, della Libia, dell Egitto. — Ecateo fu non solo uomo di Stato e storico, ma gran viaggiatore. Veggansi le Recherches sur Hécalèe de Milet dell’abate Sevia (Mem. de l’Acad. des Inscr. et belles lettres, vol. vi, p. 472). - Wkert iiberdie Geographie des Ilecalaeus uad Damastes, Weimar 1814, in 8.° I frammenti d’Ecateo raccolse il Creuzer, Historicorum art liquor, graec. fragmenta, Heidelbergae 1806, in 8.° Contemporaneo di Ecateo, e suo condiscepolo alla scuola di Senocrate fu Menecrate elaite (Strabone, l. xii). Egli scrisse la Descrizione dell Ellesponto e un’altra opera sulle Origini delle città. Verso quest’epoca vuoisi collocare l’opera di storica geografia di Dionigi di Calcidc, intitolata Fondazioni e divisa in cinque libri. Parimente Ellenico di Mitilene puossi annoverare fra i geografi. Citansi le sue descrizioni de’ paesi stranieri e greci coi titoli d’Egiziache, Eoliche, Argoliche, Arcadia, Asopide, Aliale, Atlantide, Beoziache ecc. ecc. I frammenti di Ellanico furono raccolti e pubblicati dallo Sturtz in Lipsia 1787, in 8.° (Strab. l. i). (M.)

(79) Anche questi è fra i filosofi geografi da Strabone sul principio dell’opera sua rammentati.

(80) Diog. Laerzio, l. viii, sez. 48 .

(81) Voce Democrito.

(82) Oltre il Rennell scrissero intorno alla geografia d’Erodoto il Larcher, i dotti francesi autori della gran Descrizione dell’Egitto, lo Schlichthort, Geographia Africae Herodotea. Goett. 1788, in 8.°, e il Niebuhr in una dissertazione tedesca inserita nell’Ahhandlungen der Kon. Acad. der Wissensch. Berlin, 1812-1813. (M.)

(83) The Geographical System of Herodotus ec. p. 5 .

(84) L’insolenza e l’ingiustizia di Strabone contra Erodoto è patente là dove (l. xvii, 819) il chiama frappatore e il rimprovera di aver aiutato con miracoli il suo discorso quasi fosse canto, ritmo, dolcezza. Ha abbiamo già osservato nelle nostre [p. 75 modifica]noto all’istorico (l. ii, 28) che egli narra il racconto come fattogli dal sacro scriba dei tesori di Minerva. E meritava d’essere riferito, perchè il solo ch’egli diligentissimo potò intendere sull’origine del Nilo, ma nell’esporlo cautamente si premunisce col dire — Costui parevami che scherzasse — Cosi lo scriba, seppure passò la cosa, com’ei mi dichiarava. (M.)

(85) Basti l’esempio intorno il mar Caspio. Erodoto dice espressamente (lib. i, 202-20.Ì) che questo mare era separato dagli altri. Eratostene, Strabone ed altri dopo di lui, credevano il Caspio un golfo dell’Oceano.

(86) Rido in mirando molti, i quali già descrissero il circuito della terra, che fingono come uscita dal tornio, dice il buon Erodoto (l. iv, 36). - Ma talora gli errori non sono che de’ suoi interpreti. Per esempio scriv’egli che il sole mattutino appo gl’Indiani è ferventissimo, e non come gli altri uomini a mezzogiorno, ma dacchè è surto ossia dacchè è pervenuto a certa altezza insino a quando la turba si diparte dal foro (l. iii, 184). Ma gl’interpreti prima dello Schweighaeuser, fanno dire (c ne sia lecito riportare la nostra nota al passo antedetto, cosa assurdissima all’istorico, cioè che il sole sovrasta perpendicolarmente.

Le parole dello storico, come nota lo Schweighaeuser, ὑπερτείλας μέχρις οὗ, esprimono che il sole è ardentissimo dacchè egli è surto, ossia dacchè egli è pervenuto a certa altezza de! cielo sino all’ora del partirsi di piazza. Laonde errano manifestamente gli antecedenti interpreti, i quali fanno dire al nostro istorico cosa assurdissima, cioè che il sole sovrasta perpendicolarmente sulle teste degl’indiani insino all’approssimarsi del mezzogiorno.

L’autore per parlare alla foggia de’ suoi interpreti avrebbe detto che il sole κατὰ κορυφῆν γίνεται, ovvero adoperata altra espressione consimile. Ora spiacenti che il Rennell (Geographical system of Herodotus p. 8) ingannato da questi interpreti e senza consultare 1 ’ originale, rimproveri Erodoto di un errore che non ha commesso. E appunto non l’ha commesso perchè quest’errore fra tutti sarebbe il più straordinario, come quello che direttamente è contrario a quanto si manifesta al più volgare [p. 76 modifica]osservatore. Imperciocchè le dottrine astronomiche di Erodoto, o piuttosto quelle dell’etá sua esser possono fallaci, ma egli non suole mai alterare i visibili fatti. E vaglia anche in tale particolare un esempio ad attestarci la fedeltá, la diligenza, e insieme la circospezione di lui. Ai Fcnicj che compirono il giro dell’Africa, doveva il sole, passata ch’essi ebbero la linea, mostrarsi al nord. Quindi lo storico così soggiunge, a Raccontano cose che per me non sono credibili, ma che bene il saranno per altri, cioè che navigando intorno alla Libia ebbero il sole a destra.» Il Rcnncll volge inoltre le parole di Erodoto in questa guisa. They bave a vertical sun, whon with us, people withdraw from thè forum, cioè: Essi (Indiani) hanno un sole verticale, quando appo noi la gente si ritira dal foro; e domanda se così straordinario abbaglio non sia occasionato dall’omissione di ridurre il tempo al meridiano del luogo? Imperciocché, prosegue egli, dalla differenza di longitudine fra la Grecia o la Ionia che si voglia intendere, e l’India inferiore avveniva certamente che quando erano le nove ore del mattino in Grecia fosse presso a poco mezzogiorno sulle spiagge dell’Indo. Se Erodoto avesse potuto indursi a credere che la terra era rotonda, egli probabilmente non saria caduto in simile errore, il quale deriva da una storia letteralmente vera, ma narratagli maliziosamente da tale che credeva essere globulare la terra, senza che riuscire potesse a persuadere Erodoto ch’ella si aveva questa figura. Le congetture del dotto inglese tornano tutte inutili, e le sue censure, le quali paiono più gravi perchè pronunziate da un caldo ammiratore del principe dell’istoria, cadono onninamente a terra col solo aiuto del dizionario. Adunque, non parla Erodoto della posizione verticale del sole rispetto agl’Indiani, ma dell’ardore nel progressivo ascendere ch’esso fa sull’orizzonte sino al momento in cui la turba si scioglie dal foro; e quest’ora non è la nona, ma quella verso il mezzogiorno; nè egli si pensa di paragonare la diversitá del calore nell’istante medesimo fra due paesi diversi, ma la diversitá bensí del calore in uua sola regione in due diverse parli del giorno. E questa risposta che ora noi diamo al [p. 77 modifica]Rennell, vale eziandio pel Larcher il quale suppone ugualmente che Erodoto non avendo cognizione delle longitudini , udisse da qualche viaggiatore che quaudo erano le nove del mattino in Grecia , il sole verticalmente sovrastava agl’indiani ; e conchiude che P errore ha il suo fondamento in una veritá male intesa. In quanto poi al fenomeno del sole per cui esso era piú ardente nel mattino che nel mezzogiorno , quest’ ò piuttosto una maniera di esprimersi che un errore. Lo Storico riferisce all’ influenza del sovrano astro la temperatura terrestre che esser poteva modificata anche in India, siccome altrove, da molte circostanze estranee, quali sono le emanazioni dei vapori, l’elevazione del suolo, le periodiche correnti d’ aria (M.) (87) Larcher, Trad. <V Hcrod. t. ni, p. i 36 e 592. (88) Gosselin, Recherches sur la Géogr. des anciens. t. 1 , p. i 36 , not. 3 . (89) Is. tossii Observatiort. ad. Pomp. Mei. p. 862. (90) Star. Rom., I. ni, c. 1. (91) Geogr., I. i, p. 48 . (92) Trad. d’Herod., t. ni, p. 58 . (g 3 ) Recherches, ecc., t. 1, p. i 3 g. (9!) Annone pervenne sino all’isola Ccrnea, una delle Canarie o delle isole del Capo Verde. L’ estratto del suo viaggio fu per ordine del Senato posto in forma d’ inscrizione nel tempio di Saturno. Mentre Annone navigava lungo i lidi occidentali di Li- bia, Imilcone, altro cartaginese citato da Plinio e da A vicno, vi- sitava le coste dell’occidente e del settentrione d’Europa. L’au- tenticitá di questo prezioso monumento impugnata dal Dodwell ( nei Geografi min. deir Hudson ) c stata difesa dal Bougainville {Mem. deir Accad. delle laser, e B. L.,vol. 26 e 28), dal Falcon- ner ( nella sua edizione del Periplo) c da altri scrittori ( Schoell .) (g5) Libro ir , § 44 * Suddito di Dario era il greco Scilace , poiché la patria sua Carianda , cittá di Caria , allora soggiaceva ai Persiani ; ma non era egli anche salrapa , come vien nominato nella insigue Descrizione dell’Egitto, compilata dai Francesi che occuparono quella contrada (E tal modem, mcm. lom. t , p. 22). [p. 78 modifica] I satrapi persiani erano simili ai satrapi turchi, i quali non si occupano di geografiche indagini.

(96) Voce Scilace.

(97) Il Saxio (Onomast. liter., t. i, p. 99 e 133) colloca Scilace nel 506, e Polibio nel 144 prima di Cristo. - Erodoto dice che Scilace co’ suoi compagni percorse il fiume sino al mare, navigò verso occidente, ed arrivò il trentesimo mese dopo la sua partenza ad un porto del golfo arabico. Il Fabricio (l. c.), l’Hager (Geogr. Büchersaal, p. 560), e il Sainte-Croix (Mem. dell Accad. delle Inscris. v. xlii, p. 360) sono d’avviso che il Periplo, il quale è insino a noi pervenuto, appartenga allo Scilace dei tempi di Dario, e che conseguentemente sarebbe vissuto intorno ai 500 anni avanti G. C. Il Bougainville (Mem. dell'Accad. delle Iscr. vol. xxviii, p. 26), e il Niebhur (Abhandl. der hist. philolog. classe der Preuss. Akad. der Wissenschaft. v. d. I. 1804-1811, p. 80) lo pongono intorno agli anni 370 avanti G. C.; F. A. Ukert. (Geogr. der Gr. und Roemer, vol. 1, p. 285) è dello stesso sentimento. Il Dodwello in una dissertazione che si trova nell’Hudson (Geogr. min. t. i), all’opposto vuole provare che l’autore del Periplo è stato contemporaneo di Polibio, ed in conseguenza visse due secoli avanti G. C. Il Mannert (Geogr. der Gr. und Roemer, v. i, p. 67) fa vedere che Scilace autore del Periplo è stato anteriore ad Alessandro, imperocché descrive Tiro nello stato in cui questa città era prima del conquistatore macedone, e perchè indica il luogo dove fu fondata Alessandria senza far menzione di questa città; ch’egli ha scritto prima della fine della guerra del Peloponneso, perchè descrivendo l’isola di Rodi non parla della città di Rodi, la quale ebbe principio nell’olimpiade xcii (408 innanzi G. C.); ma che non è stato di molto anteriore a quest’epoca, posciachè ricorda le lunghe mura d’Atene cominciate da Temistocle e terminate sotto Cimone e Pericle (Schoell, Traduzione d’Emilio Tipaldo. Parte ii, c. 28). (M.)

(98) Tom. iv, p. 606. Ediz. dell’Harles.

(99) De divinat. l. ii, c. 42. Il nome Scilace pare che fosse comune in Caria. Oltre questi due, il cariandese e l’ [p. 79 modifica]seo, troriamo un terzo Scilace di Mindo (Erod. I. r, § 56 ), cittá aneli’ essa di Caria , e vicina ad Alicarnasso e Carianda. (100) Almeno nella propriamente chiamata Grecia. Nelle colonie doriche inviate in Italia fu dai prosatori, e specialmente dai fi- losofi pitagorici coltivata la lingua dorica, se giudichiamo dai pochi scritti che di essi ne son pervenuti, quantunque i piú si tengano per supposti. (101) Historical disquisí tion concerti, ancient. Ind. p. ta. (ioa) Snida, voce Damaste. (io 3 ) Stradone, Geografia ( /. /, p. 47 ). - Fu Damaste discepolo di Ellanico. Eratostene giovossi molto dell’ opera sua , e però Strabono il biasima (M.) (toj) Ben dice lo Schoell (/. c.) che in fra le opere geografi- che di questo periodo, noi non dobbiamo intralasciare quella di Senofonte sulla spedizione di Ciro il giovane da Sardi a Babi- lonia , e della ritirata dei dieci mila insino a Trabisonda. Essa contiene notizie esatte e preziose intorno alcune parti dell’ Asia maggiore, e porse argomento ad un opera di somma importanza dell’inglese Rennell stampala in Londra nel 1 8 1 4 » in 4 “ (M.) (10 5 ) Strab. Geogr. I. 1, p. t. Fedi anche Diogene Laertio , lib. mi , see. 86-91. (106) Agatem. Geogr. Ipotip. libro 1 , c. 1 . (107) Suida, voce Eudosso. Ateneo (/. ri, p. aa8) cita il VII libro (M.) (108) PI ut., Che non si possa vivere lietamente secondo Epi- curo § ir. (109) Strab., Geogr. I. it , p. lai. (110) v E»if»{ar glorioso. Suida, l. c. (m) Fedi Petavii Uranalog. p. 64-93. (1 ra) IFossii de Historic. Graec., L 1 , c. 7 , p. 36. 1 frammenti di questa maggiore e di altre minori opere d’Eforo furono raccolti ed illustrati da Mcicr Marx ( Carolirhuae i 8 i 5 , in 8.°) Eforo scri- vendo generalmente la storia, dimostrò separatamente la topografía. ( Strab. I. rni , 53 a ) Secondo il suo sistema , 0 un’ antica opi- nione da lui seguita, la terra era quadrata ed oblunga, i luoghi Digitized by Google [p. 80 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/94 [p. 81 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/95 [p. 82 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/96 [p. 83 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/97 [p. 84 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/98 [p. 85 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/99 [p. 86 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/100 [p. 87 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/101 [p. 88 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/102 [p. 89 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/103 [p. 90 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/104 [p. 91 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/105 [p. 92 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/106 [p. 93 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/107 [p. 94 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/108 [p. 95 modifica]Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/109