L'ultimo sentimentale/1

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L'ultimo sentimentale 2
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Nel caffè bianco, fresco come un’oasi nel deserto arroventato della città, Farro Marchi vide per la prima volta Sona Vinki, scrittrice polacca venuta in Italia per conoscere l’arte avanguardista.

Aveva la magrezza spaventosa di una ballerina russa, l’elasticità fredda del maschio, tutta la modernità delle femmine nuove. Discuteva violentemente, con presunzione brutale, quasi metallica — l’abito sportivo ed il berretto di feltro non ricordavano della donna che qualche forma esteriore.

L’ambiente intellettuale milanese veniva dominato dalla sua irruenza polemica — neppure una sfumatura tradiva in lei la sincerità della conversazione.

Farro Marchi parlò elegantemente, difendendo la superiorità creativa degli artisti italiani — difesa che provocò una rapida serie di contestazioni e di contrasti — comprese, dall’analisi incompleta delle risposte, l’inquietudine e la febbre morbosa della sua intelligenza.

Uscirono a mezzanotte: la polacca rifiutò che le venisse pagata la consumazione, salutò tutti con una nervosa stretta di mano, allontanandosi nella strada notturna con passo deciso. [p. 8 modifica]

— «È libera, ricca, indipendente» — si affrettò a spiegargli uno degli amici — «possiede uno studio bellissimo in via Manzoni, à tutte le qualità fisiche e spirituali per affermarsi. La sua vita da uomo corrisponde forse ad una freddezza naturale che non si vince. — Dobbiamo riconoscere di averle fatto tutti la corte, ma per poco: ci à invitati personalmente nello studio, dove ò passato anch’io molte ore — ti giuro che non è possibile tentare o soltanto accennare con lei all’amore. Uno sguardo duro, tra l’ironia e il disprezzo, che inchioda per sempre in una semplice esistenza di rapporto artistico — tutta la sua femminilità si limita alla figura estetica»»

Farro Marchi rivide altre volte la scrittrice — un interesse denso di sensazioni diverse l’obbligava a cercarne la compagnia. Anche lei provava per il giovane scrittore-pittore un’affinità superiore di valutazioni.

Fu invitato nello studio: andò in un pomeriggio feriale, con una leggera ansia inesprimibile, non provocata dalla sola curiosità letteraria. Quella donna modernissima lo colpiva profondamente, perchè gli sembrava di trovare in lei i medesimi elementi di concezione sessuale, dove la differenza fisica tra maschio e femmina si annulla spiritualmente in una uguale compensazione umana.

Fantasie di forma e di colore, negli arazzi e nei paraventi bizzarri, più luminosi e più scoppianti del sole che irrompeva dal finestrone. Sona Vinki lo accolse in abito da lavoro, simile ad una [p. 9 modifica]pigiama, stranamente decorato. Gli occhi di lei, quasi azzurri, risaltavano nella cornice bionda dei capelli cortissimi. Il corpo magro, modellato dal pigiama, aveva movenze geometriche, legnose, ma non prive di larghe morbidezze sensuali.

Gli parlò dei suoi libri, delle sue ricerche d’avahguardia: Farro Marchi sentiva la voce precisa analizzare chimicamente lo stato d’animo e l’atmosfera psicologica — invece di procurargli interesse artistico, quella voce aveva in lui risonanze variatissime.

Passarono molti giorni. I rapporti tra i due artisti aumentarono d’intensità, ma Farro Marchi non riusciva a definire il sentimento della scrittrice che aveva abbandonato la compagnia per essere sola con lui. La sua faccia intelligentissima tradiva qualche volta espressioni femminili di affettuosità, ma essi continuavano a raccogliere figure fantastiche di pensieri, immagini astratte, impressioni ambientali. Cordialità perfettamente simile all’amicizia tra due uomini. Quando i discorsi si facevano, più intimi, sfiorando gli argomenti sentimentali. Sona Vinki, con apparente indifferenza, svolgeva il proprio giudizio, favorevole ai diritti sociali e morali della donna.

Sera calda, densa di oppressione e di sensualità: la polacca raggiunse lo scrittore al Biffi, vestita di giallo e di rosso. L’abito ricco di originalità vibrava sulla magrezza del corpo, l’accendeva di un [p. 10 modifica]magico fàscino. Allegria esagerata della conversazione: ella portava con, grande disinvoltura il monocolo, cerchiato di nero e assicurato da un lunghissimo nastro. Risero insieme del pubblico borghese.

Farro Marchi la osservava, gli pareva di scoprire in lei una rivelazione sensibile. Ormai era sicuro di essere andato oltre la simpatia artistica — la sua sincerità primitiva si conteneva difficilmente. E quella sera, con un sottinteso brutale, le disse sottovoce:

— «Siete meravigliosamente femminile! non sentite pesare su di voi il desiderio del maschio?» —

Le labbra di lei si curvarono, quasi con spasimo. Rispose:

— «Sì! qualche volta». —

Poi cambiò discorso.


... Un telegramma della famiglia la chiamò a Varsavia, immediatamente. Disse allo scrittore che sarebbe partita la mattina dopo, per non più di quindici giorni. Camminavano per le vie deserte. Egli provava un’angoscia intima, dolorosa. I nervi erano tesi e facevano male, terribilmente male. Un’ansia sospesa, stranissima, gravava su di loro.

E Farro Marchi, all’improvviso, senza pensare, la baciò sulla bocca. Un bacio pauroso, violento, pieno di esasperazione carnale. Sentì le braccia di lei che gli stringevano il collo, sentì che si rovesciava... [p. 11 modifica]

Ella singhiozzò:

— «Ti amo — ti amo fisicamente e spiritualmente» da molti giorni — ma temevo di essere vinta, di essere assorbita da questo amore. Ho paura che il sentimento umano danneggi la sensibilità artistica. Eppure non posso più resistere, ti voglio tanto bene... L’intuizione mi dice che tu comprenderai il mio lavoro... saremo una compensazione di forze e di attività. Non ho mai ceduto a un sentimento: cercavo soltanto il maschio nell’uomo — tu hai rinnovato il miracolo che fonde lo spirito e la carne — sarò tua completamente...» —

*

Quindici giorni d’ansia, di morboso desiderio.

Si ritrovarono più vivi, con entusiasmo maggiore, ricchi di ottimismo.

Tutto l’ambiente milanese fu sorpreso: gli antichi amici di Sona Vinki respirarono malamente la fortuna di Farro — cercarono mezzi assurdi per vincere la loro felicità.

Vita pericolosa di baci e d’insidie — di lavoro e di contrasti.

Compresero che, per iniziare unitamente la loro opera artistica, dovevano cercare altri ambienti meno pericolosi. [p. 13 modifica]


Sul transatlantico che li portava in America, Sona e Farro passavano lunghe ore nella tranquillità dondolante del ponte, a respirare l’intenso profumo delle sere tropicali. Una calma intima, quasi morbida, era succeduta ai giorni tristi della partenza: superate le difficoltà non rimaneva del passato che un ricordo grigio, disfatto dalla luce rosa del domani — l’ignoto li trovava uniti, pieni di entusiasmo giovane, nel caldo desiderio della lotta artistica.

Il ponte del transatlantico, deserto, li avvolgeva con le ombre geometriche delle sue costruzioni. L’ansimare monotono delle macchine aveva una pesante relazione con gli ultimi riverberi del tramonto. L’atmosfera rossa si consumava lentamente in una densità di toni viola.

Erano stanchi di parlare: sdraiati nelle poltrone di vimini godevano la suggestione di qualche nota fresca. Il calore del pomeriggio trascorso premeva sulle palpebre, slegava i nervi, attenuava il pensiero.

Farro si addormentò: un sonno che durò forse dieci minuti, ma nel sogno il subcosciente vive con una velocità incalcolabile, senza limitazioni di [p. 14 modifica]tempo e di spazio: la sua inquieta sensibilità, non più falsata dal ragionamento, danzò furiosamente libera...

«Chiaro di luna che lucidava il paesaggio con un impasto di bleu-di-Prussia e giallo-cromo. Il viso di Sona era immobile contro il cristallo buio del cielo — importanza incalcolabile delle sue forze fisiche che dominavano il paesaggio. Negli occhi grandi sfilavano i verdi veronesi degli alberi, i tetti bianchi e rossi delle case, le tenerezze chiare delle strade di campagna — e, intanto, le pupille si allargavano smisuratamente, paurosamente, nell’impressione vertiginosa di un mistero.

Sona camminò elasticamente sull’asfalto grigio della città: il suo corpo fasciato di seta nera ricordava la bellezza magra di una macchina in movimento — era la sensazione ambientale dell’eleganza moderna riassunta in una forma umana.

Intanto il chiaro di luna, la campagna immobile e la città vertiginosa si fondevano pittoricamente: Farro sentiva la carezza dolcissima di un piumino che baciava l’epidermide stanca. L’amante aveva sulle labbra un sorriso quasi trasparente: si vedeva infatti, attraversò il sorriso, una prospettiva di colori — i colori si sviluppavano lentamente — sfumature, tonalità, rappòrti di mille viola che si aprivano a spirale — tutto il corpo era disciolto nella spirale e i viola meravigliosi, freschi come la primavera notturna, tingevano le case, inguantavano gli alberi, assorbivano la luce della luna. Ma Farro non diventava triste perchè la femmina si era [p. 15 modifica]disfatta: egli passava leggermente nel paesaggio viola, infinito, dove i volumi degli oggetti avevano strane suggestioni umane.

LUCE: i viola sono diventati violetti terribili, si sono spaccati sotto valanghe di sole. Sull’enorme quadrante, che copre l’orizzonte, la lancetta è inesorabile: mancano soltanto cinque minuti — la faccia di Farro è tesa come un metallo, le sue vene gonfie sembrano corde d’aciaio. Sono non à più nulla della femmina: una linea maschia d’energia, una matassa pulita di nervi.

Stato d’animo feroce, psicologia della febbre, attimo che sfiora la pazzia.

Che accadrà dopo i cinque minuti? Una realtà essenziale elle bisogna raggiungere prima, che bisogna raggiungere insieme, ad ogni costo.

Calore sanissimo della lotta decisiva, senza debolezze, combattuta violentemente: i due corpi si distinguono nettamente nello sforzo. Sensazione bruciante del momento: odore di sudore muscolare, ubriaco, ricco di vitalità. Passione sensuale che avvampa dalle carni giovani, si moltiplica con le riserve nervose e supera i limiti normali delle possibilità. Tutti i sensi sono gettati ferocemente in avanti. Dominazione della brutalità.

Cinque minuti precisi! Gioia larga della vittoria, respirata dalle bocche estenuate, sotto le valanghe del sole — il cuore, come una spugna, allarga gli oceani del sangue — tutto è diventato giallo e rosso, l’universo è un’infuocata vita arancione, scoppiante, sudata, superumana. [p. 16 modifica]Farro, in ginocchio, bacia la terra rovente: religione maschia della natura.

Ma dai pori della terra nascono sagome nere di ombre infinite, quasi invisibili: Farro ne sente una leggera oppressione che vorrebbe scacciare rapidamente. Perchè guastare la bellezza nuda della vittoria con sfumature immateriali?

Il pensiero si è legato a quelle ombre e soffre atrocemente: l’universo è ora scomparso, ma continua bruciare dietro la velatura nera — attimi lunghissimi di angoscia, dolorosi fino allo spasimo. Farro è adesso sicuro che Sona sia rimasta nell’universo rosso e giallo e non comprende ancora la ragione che li divide.

Prima impressione di freddo: qualche goccia è caduta sulla pelle che rabbrividisce — lo sguardo teso fino allo schianto vorrebbe conoscere la profondità del buio. Ed ecco definirsi la situazione tormentosa: linee verdi, dure, angolose che brillano lividamente — il pavimento e il cielo sono di vetro nero, bluastro.

Le ombre diventano materia, sono di una composizione minerale infrangibile — nell’ambiente irreale assumono una forma più precisa, ormai si distingue nitidamente che rappresentano degli uomini. Paura folle, gelosa, di quegli uomini che lo dividono da Sona. Egli non riesce più ad afferrare i valori dell’amante. Gli sembra che, in un minuto, crolli tutta l’architettura morale e fisica del loro amore. [p. 17 modifica]

Un’arma! un coltello qualsiasi! La sua mano fredda di disperazione, tremante, non trova il coraggio della lama.

E tuttavia bisogna sfondare quella parete nera di uomini, ciecamente, per giungere in tempo. Un’ignota forza io inchioda ai pavimento, si accanisce contro il cervello, il cuore, i muscoli, i nervi, che fanno orribilmente male.

Urlare, poter almeno urlare il proprio schianto, la propria solitudine, la crudeltà dell’abbandono.

Moltiplicazione delle sofferenze.

Qualche interminabile secondo trascorre.

Finalmente il corpo si muove, cammina, procede contro la parete degli uomini. Strana sensazione di una materia impalpabile, che non resiste affatto alla pressione del suo corpo.

L’atmosfera si rischiara, il sangue è ora divenuto leggero, non si sentono quasi più le sue pulsazioni. Benessere bianco che sorride: Farro ricorda lucidamente che Sona gli è sempre stata vicina...».


L’orchestra di bordo attaccava il primo fox-trott.

Un pittore olandese, rigido come il proprio monocolo, si avvicinò, invitando Sona a ballare.

Farro seguì con lo sguardo la coppia, ammirando il distintissimo profilo dell’amante, la sua voce di metallo e di seta che rideva allegramente.

I fuochi della nave saettavano sull’oceano brevi riverberi rossastri. La notte tranquilla portava il sollievo della sua freschezza. Farro pensava all’intuizione sensibile del suo sogno. Tutta la sua vita [p. 18 modifica]cerebrali, nel desiderio sensuale di superarsi e creare, aveva trovato lo sbocco umano e spirituale di una realtà formidabile, dopo l’incontro con Sona. Incontro e fusione che costituivano una compensazione decisiva, che avrebbe aumentato le loro qualità e le loro conquiste: egli sentì ancora più intimamente l’importanza dell’amante. Il loro futuro sarebbe stata una scala diritta, con gradini dì pensiero, azione, personalità. [p. 19 modifica]



Il Jazz-Band negro arroventò il pomeriggio delle pampas con le sue cadenze sincopate. Nel caffè-chantant dell’ultima stazione estiva, sulla riva destra del Rio de la Plata. I suoni scoppiarono brillando — elettrizzarono i villeggianti snervati — sotto i parasoli arancione le note sembrarono folate di vento, nell’immobilità verticale.

Ballò violentemente la danzatrice creola, l’idolo umano dell’America del Sud, l’ultima donna romantica: si fasciava ancora con lo scialle spagnolo, portava nei capelli neri il pettine d’argento e stringeva tra le labbra di sangue un crudele garofano rosso. Corpo magro, nervoso, di amante insaziabile: le sue braccia si torcevano dietro geometriche direzioni musicali — pareva che una febbre muscolare dominasse i movimenti: tutta la folla vibrava della danza eccitante.

Pablo Halosa, maschio argentino che aveva conquistato le femmine di Buenos-Ajres e faceva fremere ogni donna con l’ondeggiare elastico della persona sportiva. Pablo Halosa che, quel giorno, portava un abito interamente bianco, macchiato soltanto da un lembo di seta colorata, e sopportava rassegnato gli sguardi di una bella nobile spagnola, [p. 20 modifica]con la quale avrebbe certamente passato una delle prossime notti — Fabio Halosa, il cavaliere impeccabile, si chinò leggermente verso Sona e Farro che sedevano allo stesso tavolino:

— «Quella danzatrice ha saziato l’amore dei più ricchi commercianti d’America. La sua sensualità è spaventosa. Ma non vi è niente di più penoso, per un uomo sensibile, che una notte con lei. L’ho avvicinata questa primavera, a Rosario, dopo una serie complicata di balletti che avrebbero dovuto snervarla. Non ha neppure tentato di resistere e contrattare. Cerca il maschio con un’avidità veramente morbosa. La sua alcova: una rozza camera, piena di pelli, che ricordava stranamente l’interno di una capanna selvaggia. Appena entrati, la sua faccia si coprì dolorosamente di tristezza, di una tristezza profonda, indescrivibile. Allora l’obbligai a confidarsi. Mi ha parlato press’a poco così: «Voi, come gli altri, credete ch’io abbia un’anima di prostituta. Non è vero: mi concedo soltanto per giuramento di fedeltà... Voi avete torto a ridere... Due anni fa ero l’amante di un gaucho, agli estremi limiti del Gran Chaco — amante completa, di spirito e di corpo, in giorni di felicità e in notti furiosamente calde. Lo uccise un toro impazzito ed egli, prima di morire, mi ha fatto giurare di essergli fedele per sempre. Io non auguro a un’altra donna la mia disperazione: una sensibilità semplice e sana non può amare che un uomo solo in tutta la vita. Ho ballato nei ranchos di Cordova e Santa-Fè, nei sobborghi di Buenos-Ajres — poi sono salita nel centro della [p. 21 modifica]folla elegante, ho dominato la vista e il desiderio degli uomini — ma chiudendomi sola nell’alcova io soffrivo terribilmente. Voi conoscete le notti argentine: il sangue scoppia nelle vene. Sentivo di non poter resistere, pensavo di uccidermi, eppure gli avevo promesso di vivere per ricordarlo. Un anno di eroismo, ma poi ho dovuto cedere, perchè la mia natura selvaggia non resisteva alla tortura della castità. Ma io godo gli uomini dove tutto mi ricorda lui, al buio, nell’illusione di possederlo ancora. Nessuno infatti mi ha mai dato una sensazione diversa da quella che mi davano i «suoi» abbracci. Sono riuscita a sentirlo in ogni amplesso. Tutte le notti sono ancora «sua» perchè il mio pensiero si impone alla materia, perchè il desiderio di «lui», del suo amore, è formidabile».

La danzatrice creola batteva i piedi nudi sul palchetto di legno. Il Jazz-Band e il sole turbinavano nella gara luminosa della propria velocità.

Pablo Halosa parlava ora con voce dolce, dimenticando la sua superiorità:

— «Io non ho mai trovato una donna che mi compensasse spiritualmente, non ho mai provato una emozione oltre il piacere fisico. Eppure ne sento il bisogno interiore perchè, in fondo, sono un sentimentale».

— «Non è vero» — obiettò Farro — «unirsi ad una donna che ci compensi vuol dire superare l’amore, raggiungere l’equilibrio umano della sessualità. In ciò è il segreto della vita moderna: l’intensità di questa diminuisce la seduzione dell’ [p. 22 modifica]avventura sensuale. Io penso che oggi uomini e donne possano raggiungere il medesimo livello sensibile e intellettuale. Perciò non è difficile trovare una femmina che corrisponda moralmente».

— «Può darsi, ma il desiderio sensuale slega, col tempo, simili legami».

— «Un maschio e una femmina intelligenti, quando si uniscono e si compensano, hanno tali risorse fisiche e morali da sfruttare che l’infedeltà sarebbe quasi un assurdo».

— «Concetto cristiano del matrimonio» — disse lo spagnolo ironicamente.

— «Tutt’altro» — rispose. Farro sorridendo e guardando Sona. — «La mentalità cristiana-borghese rende la donna inferiore. L’uomo moderno, maschio o femmina che sia, mette in primo piano l’orgoglio e l’individualità. Chi tradisce il compagno fa naturalmente crollare l’architettura della loro unione, perchè anche una mezz’ora di diversivo sensuale, pur scusandolo nella sua essenza puramente fisica, è un’indimenticabile offesa al proprio orgoglio».

Pablo Halosa rise:

— «Allora amore unico, senza gelosie».

— «Sì! fin che dura l’affinità. D’altra parte la gelosia non è che una sfumatura della sensibilità, che solidifica i rapporti. La fedeltà, invece, è una conseguenza logica del superamento dell’amore: vuol dire che il cervello umano ha degli spazi emotivi da raggiungere molto più in alto dello spazio fisico, sempre quando si è trovato l’equilibrio sessuale. In [p. 23 modifica]questo è la bellezza nuova, la distinzione umana, la valorizzazione della femmina che non è più donna (cioè contrapposto all’uomo) ma è una delle due parti indispensabili e uguali della vita».

Tramonto estivo: il cielo, come una grande fonderia industriale, cola i metalli liquefatti della luce.

La danzatrice creola è rientrata nell’albergo con un colossale padrone di Facendas.

Pablo Halosa, dondolandosi elegantemente sulle gambe robuste, ha iniziato la corte ad una complicatissima serie di cocktails.

*

L’aroma del mathe — il profumo biondo-azzurro delle sigarette — la soffocazione densa dei fiori disfatti nelle praterie lontane — l’ossessione della carne.

Sona e Farro, soli sulla terrazza dell’albergo, respiravano il fascino della notte tropicale.

Egli parlava tranquillamente:

— «Siamo uniti da tre mesi. Fra qualche giorno partiremo per il Perù, dietro la nostra inestinguibile sete di varietà. In questi mesi, pieni di lotte, di imprevisti e di difficoltà, abbiamo ancora, s’è possibile, solidificato i nostri rapporti. Possiamo insegnare al mondo i nostri principii di modernità, intuiti prima e poi realizzati dai nostri spiriti modernissimi. Non si è ancora compreso che l’appagamento sensuale dei sensi umani è nell’ambiente, perchè maschi e femmine non hanno più differenze [p. 24 modifica]emotive oltre la parte fisica. Hanno tanto gridato contro il nostro amore, accusandoci di limitare le nostre potenze cerebrali, senza pensare che, fondendo le nostre sensibilità, saremmo riusciti a costruire una forza spirituale più carica di elementi e più sintetica, come una macchina umana».

— «Ebbene?» — fece Sona allegramente». — Abbiamo risposto loro con un’arma polemica invincibile: le opere — è semplice questione di tempo superare ogni contrasto critico».

Dai ranchos sepolti nella penombra salivano gli accordi barbari delle chittarre:

Sona sorrise ascoltando:

— «Beviamo la dolcezza di questi nostalgici motivi: essi non possono intaccare l’ottimismo puro del cuore che si è liberato d’ogni nostalgia, ma accarezzano l’epidermide come una mano buona».

Un’ombra elegantissima si disegnò nel buio della terrazza. Pablo Halosa, ridivenuto allegro, invitava i due artisti ad una gita notturna in automobile.

In pochi minuti dieci villeggianti erano pronti e partivano in due grandi macchine.

Monotonia geometrica dei pascoli selvaggi che fiancheggiavano la piccola strada — volumi neri di alberi sbucarono tra le canne, sulla riva del fiume — la distesa calmissima delle acque assumeva strane sagome metalliche.

Si fermarono in un lembo di terra che penetrava nel fiume come una miniatura di penisola: freschezza meravigliosa della notte, in atmosfere pregne di profumi tropicali. [p. 25 modifica]

Allegrissima intimità dei villeggianti, scintillante di elasticità, dopò l’oppressione soffocante del pomeriggio estivo.

Pablo Halosa, che corteggiava inutilmente Sona resistendo a tutte le sue lampeggianti ironie fu invitato a parlare. Egli aveva una Voce quasi femminile, nobilissima, che si ascoltava con piacere:

— «Vi racconterò la storia di Juanita, la più bella ragazza di Cordova. Viveva con il padre, commerciante, e aveva diciotto anni. Io studiavo allora in quella città. Ella passava ogni giorno a cavallo, per le strade, e tutte le sere si affacciava al balcone della sua piccola casa. Bianca come un’europea, morbida, vibrantissima, bastava che la guardassimo perchè i nostri desideri si risvegliassero. I giovani più ricchi di Cordova l’avrebbero voluta: in pochi mesi le richieste di matrimonio furono leggendarie, ma Juanita rifiutava sempre, dolcemente, con un piccolo sorriso di bontà tra le labbra rosse... Rifiutò le occasioni migliori, i partiti più quotati e la sua freddezza pareva diventasse un fascino di più. In breve tutta la città ne parlò. Fu il governatore, vecchio discendente spagnolo, bianco e religioso, che la pregò di svelare la ragione della sua impassibilità e Juanita rispose che non avrebbe mai potuto sposarsi perchè la sua giovinezza era fredda di ogni sensualità ed ella sentiva, al contrario, soltanto il desiderio di pregare. Miracolo umano di Cordova! Una bellezza insensibile alla seduzione della carne. Ebbrezza popolare di entusiasmo che avvolse la vergine purissima e l’adorò in ginocchio, santamente. [p. 26 modifica]Io la vedevo tutti i giorni e non potevo convincermi che la sua rivelazione fosse sincera, perchè la sua persona era una somma calda di passionalità. Trascorsero vari mesi: la fama di Juanita, anzichè sminuire, si andava accrescendo... Una notte di estate mi ero perso nella «pampa», ai confini più selvaggi e lontani da Cordova. Essendo stanchissimo cavalcai verso una rozza capanna di pastori, per riposarmi e far riposare il cavallo — spinsi il battente di legno, senza bussare, certo che la capanna fosse disabitata. Non dimenticherò mai la visione sbalorditiva e l’impressione provata: Juanita, bianca, morbida, vibrante, era tra le braccia maschie di un gaucho brutale. Mi allontanai velocemente, quasi spaventato di possedere un tale segreto... La mattina dopo, prestissimo, Juanita mi fece chiamare dalla sua nutrice negra. Ella m’implorò piangendo di tacere. Ricordo ancora la sincerità affannosa della sua voce: «Non dovete accusarmi — non sono colpevole — ò dovuto mentire perchè non potevo sposarmi: un uomo solo non mi basta! La mia carne, spaventosamente insaziabile, ha bisogno di cambiare continuamente, di cercare il maschio non ancora indebolito dai miei baci. Legandomi ad un uomo l’avrei reso infelice, poichè sarei stata obbligata a tradirlo. È un tormento doloroso, che mi fa tanto male, che mi mantiene sempre eccitata: per questo, solo per questo, non mi sposerò mai»...

Ho portato con me il suo segreto senza svelarlo mai. Oggi mi posso permettere il racconto perchè Juanita è morta, naturalmente in fama di santità: [p. 27 modifica]in fondo ella meritava questa fama, perchè la sua vita fu un esempio di onestà paradossale che io non posso disapprovare».

I villeggianti derisero questa forma di onestà e le ironie s’intrecciarono. Ma Pablo Halosa era commosso dal ricordo che toccava la $ua anima sentimentale e si avvicinò a Farro sperando di essere inteso almeno da lui:

— «Questo esempio sarà eccessivo, ma una delle limitazioni più dure al nostro sviluppo morale, causata dal clima e dall’ambiente, è appunto il predominio del fisico sui sensi. Gli Stati dell’America del Sud potrebbero per sanità e spiritualità dominare il mondo, se si potesse sopprimere questa terribile limitazione. Invece si resta diminuiti e vinti dalla necessità sessuale che ci tormenta». [p. 29 modifica]




Lima: la Società Peruviana accolse Sona e Farro con l’espansione viva di chi è ancora lontano dal centro attivo dell’Arte.

Serate elegantissime di ricevimenti e discussioni.

Movimento intellettuale intenso e cordialissimo.

I due artisti visitarono rapidamente, in poche gite, i residui architettonici della civiltà Incas — civiltà che riassume in sè stessa la storia politica, sociale e morale di tutto il mondo.

Si stabilirono nella capitale per qualche settimana: Farro desiderava ultimare un suo lavoro che aveva per sfondo le caratteristiche ed i soggetti naturali del Perù.

Nel grande Albergo internazionale, tra la folla volgare dei ricchi commercianti americani, i pomeriggi caldi sembravano interminabili.

Fu all’ora del the, un giorno che Farro era rimasto in camera per lavorare, che Pedro Juanil conobbe Sona, presentato da un’occasione normale.

Pedro Juanil, proprietario di vaste tenute, aveva trent’anni e un figura decisa di uomo serio ed elegante. Cresciuto a Parigi e ritornato in patria per la morte del padre, aveva condotto un’esistenza superficiale, curando l’amministrazione delle sue terre [p. 30 modifica]e cercando di godere il più possibile: abile, lucido, intelligentissimo conquistò facilmente un potere individuale formidabile che gli permetteva di muoversi ed agire in piena libertà. La sua faccia maschia, bronzea, dai brevi baffi spagnoli, portava una superba espressione di sicurezza indomabile.

Parlò con Sona, se ne interessò esageratamente. Per diversi giorni la fasciò blandamente di una corte distinta, piena di premure, quasi verticale. Ballò con lei nei tabarins notturni, fu un esempio inimitabile di cavalleria e di buon gusto.

Un pomeriggio, finalmente, (seduti sul cuoio morbido delle poltrone, neirhall semibuio dell’Albergo) approfittando di un attimo di assoluta solitudine, Pedro Juanil si lasciò trasportare dall’impulsò della sua natura dominatrice. Egli amava Sona: la sua bellezza fisica e spirituale era superiore a tutte le donne peruviane, egli vedeva in lei la realizzazione definitiva della sua felicità.

— «Abbandonate Farro: la vita densa d’imprevisti, snervante, fatta di lavoro e d’inquietudini, non è adatta alla vostra personalità. Egli, essendo un uomo avido di varietà e di ricerche, si consolerà facilmente al primo nuovo successo letterario. Io vi offro la ricchezza più grande del Perù ed un programma tutto lusso e gioia, in America ed in Europa. Continuerete a produrre, ma sopra una base più solida e più salda... Io non credo all’amore che vi lega: la sensibilità di una donna à bisogno di troppe esperienze per limitarsi ad un accordo intellettuale. Farro non à nulla di eccezionale per [p. 31 modifica]scusare il vostro amore — è impossibile che diate al suo cervello un posto così alto dal momento che il vostro cervello non à nulla da invidiargli. Io dispongo dei mezzi necessari per liberarvi da lui».

Ironia: lo spirito di Sona bruciò crudamente la sicurezza di Juanil:

— «È appunto perchè abbiamo una sensibilità e uno sviluppo cerebrale quasi identico che ci vogliamo bene. Voi uomini non comprendete l’importanza di quest’affinità. Dal momento che m’invitate a rispondervi seriamente, fuori di ogni scherzo, vi dirò che la mia conformazione sensibile è costruita con tali sfumature e tali raffinatezze sensitive ed espressive da rendere indispensabile la continuazione del nostro amore. Ad ogni tranquillità materiale io antepongo la felicità spirituale, quantunque deva aggiungere che anche questa vita di movimento e di diversità mi piace enormemente perchè si accorda con il mio temperamento liberissimo».

Insistenze, discussioni inutili, complicazioni sentimentali.

Pedro Juanil, esasperato dalla passione e offeso nel suo orgoglio di dominio, esagerò passando dalle preghiere alle minacce, svelandosi pubblicamente. Sona sopportò con la rassegnazione dell’abitudine, rise — poi, annoiata, lo allontanò energicamente.

Nell’animo del peruviano cozzarono tutte le angoscie, i tormenti e i furori della passione sincera, respinta, senza speranza. Il suo passato di [p. 32 modifica]avventure e di superiorità crollò davanti ad una resistenza più forte di lui.

Il temperamento esaltato della discendenza spagnola immaginò una vendetta crudele: ma l’amore vive, oggi, in un campo d’azione diverso e la differenza delle relazioni umane, in senso morale, annulla inesorabilmente i vecchi mezzi di soluzione definitiva. La donna, acquistando i diritti sociali dell’uomo, accentra in sè stessa una maggiore responsabilità perchè libera di agire. Pedro Juanil sapeva che la volontà di Sona non era legata dalla volontà di Farro. Ella possedeva tanta lucidità individuale da rendere assolute le proprie decisioni.

Una sensibilità moderna e raffinata non ritrae dall’amore che una compensazione ottimista — quando uno dei due non corrisponde, bisogna sapersi irrigidire e soffrire in sè stesso. — La legge, nella sua evoluzione umana, non permette imposizioni che limitino i sentimenti di un individuo. Andando così lentamente verso la difesa della volontà personale, si semplificano i rapporti sessuali e si educa il proprio «io» alla sincerità. Primi passi precisi verso il libero amore, basato sull’autodecisione, che solleva lo spirito umano dai problemi fisici alle necessità sentimentali.

Ma Pedro Juanil, come la grandissima maggioranza degli uomini, credeva ancora alla superiorità morale del maschio che riesce a dominare la sensibilità.

Dopo alcuni giorni di tentativi falliti, giuocò la risorsa orgogliosa delle sue influenze nazionali... [p. 33 modifica]

Nell’hall dell’Albergo Internazionale, nella sera piena di suggestioni tropicali, si ballava: la folla elegantissima barcollava tra le luci, tutti sembravano mossi dai fili della musica come burattini sensibili. Meticci peruviani dai movimenti brutali che stringevano i corpi elastici delle femmine europee — creole brune, calde come una febbre sensuale, dai grandi occhi scoppianti di desiderio, negli abiti aderenti che rendevano la seta affascinante, simile a un’epidermide superumana — ufficiali stranieri rigidissimi, nelle divise colorate.

La sala era un giardino di fiori di feltro, brillanti, ondeggiati dal vento furioso delle note e dei ritmi sincopati.

Sui sedili di cuoio i suonatori accompagnavano col movimento i ritmi epilettici — il jazz-bandista, allegrissimo, urlava comicamente i trapassi dissonanti.

Nel loro angolo chiaro, Sona e Farro seguivano le geometrie delle coppie. Avevano discusso a lungo con due francesi, pittori cubisti, pieni d’intelligenza guastata dalle infinite complicazioni cerebrali. Godevano ora, in silenzio, i problemi matematici della danza. Farro si volse verso Sona:

— «Guarda quel negro: sembra voglia soffiare nel saxofono i suoi polmoni. Gonfia le gote come un foot-ball: egli mi ricorda stranamente di una tua novella, scritta al «Biffi» di Milano, in un pomeriggio di gioia — mentre io avevo in fondo al cuore un po’ di malinconia, privato della tua voce e del tuo pensiero. Anche questo negro devee avere [p. 34 modifica]un’anima sentimentale, simile al latte bianco del cocco».

Sona rise, allineando le file orizzontali dei suoi regolarissimi denti. Ricordò:

— «Era la quarta novella del volume «Jazz-Band»; avevo scritto le precedenti ispirandomi a un violoncellista romantico, a un violinista distinto come un cameriere e magro come te, e a un suonatore di batteria paurosamente volgare. Ti avevo imposto di venire al caffè con un’ora di ritardo, per essere più libera coi miei soggetti — ma tu arrivavi sempre in tempo per sentire l’orchestra suonare «Valencia» soltanto per me».

Il «Tango»; le luci si spensero — nella penombra della sala tremarono riverberi viola, coni di riflettori rossi, linee gialle.

Sona e Farro si alzarono: il «tango» era l’unico ballo che li fasciasse sensibilmente.

Musica lenta: una carezza che snerva con infinite vibrazioni — raffinatezza suprema della sensualità.

Sona, troppo bianca e troppo viva, aveva un abito bruciante di seta rossa, che dava al corpo elegantissimo una movenza pericolosa. Farro, bianco e nero, aumentava la propria magrezza nervosa.

Ballarono in silenzio, assorbiti dal tango, e la musica nostalgica e violenta, il finissimo contatto dei corpi, la seduzione ambientale, ricamavano nella fantasia l’identico senso della loro felicità:

— «Ci conoscevamo da pochi giorni» — diceva la loro muta canzone «e il nostro amore spirituale aveva raggiunto la sua fusione — ma c’era in noi il [p. 35 modifica]desiderio meraviglioso della nostra sensualità, bello come le sfumature di questo tango, pieno di sensazioni misteriose, d’imprevisti miracolosi. In fondo agli occhi naufragavano attimi caldi di tentazione, le bocche coloravano di giallo le nostre parole azzurre. Brividi lunghi di passione nel contatto ingenuo delle mani, piccoli contatti che avevano infinite interpretazioni carnali. Carnali come questo tango che ci avvicina al nostro sogno, che ci trascina sulla soglia dell’amore indicandoci gli abbracci dolorosi, i baci lentissimi, le carezze mostruose, le notti di seta e di velluto. Ansia quasi mistica della nostra fusione fisica, di un’estetica morbosa prolungata fino allo spasimo. Dolcezza finissima di questo tango che somma alla nostra vita maschia come l’acciaio, un momento di abbandono femminile come la luce».

Il tango agonizzò. Nella sala ripresero i rumori circolari della conversazione.

Dalla porta centrale erano entrati alcuni uomini, vestiti modestamente di nero. Parlarono col Direttore dell’Albergo. Dopo un attimo un cameriere pregò Farro di accompagnarlo. Un mulatto, duro e reciso, spiegò:

— «Ordine della Presidenza: apparteniamo alla squadra politica — risultano delle accuse a vostro carico che io non posso specificare — seguitemi nella vostra camera per una perquisizione».

Farro non riusciva a indovinare le possibili ragioni di una simile accusa: la sua esistenza di artista era chiara e controllabile, senza debolezze vitali. [p. 36 modifica]

Frugarono volgarmente, disordinarono le carte, s’impossessarono di molte cartelle e molte lettere — quindi ridiscesero in silenzio. Farro stimava inutile protestare con gli agenti.

Nel vestibolo trovarono Sona, che il Direttore dell’Albergo aveva già avvisata. La polacca chiese di seguire il compagno al Palazzo del Governo. L’aspetto energico della donna decise il mulatto-capo ad acconsentire. Entrarono in un automobile che li aspettava.

— «Io temo» — disse Sona in italiano — «che questo sia uno scherzo feroce di Juanil. Sferzato crudamente, tenterà qualche mezzo oscuro per vendicarsi».

Farro condivise la probabilità di questo parere intuitivo. Una rabbia fredda gli tormentò i nervi, nell’incertezza dell’azione.

Un individuo piccolo e falso, riparato dietro la lastra immobile delle lenti, li interrogò:

— «Siamo stati chiaramente informati della vostra segreta attività: dietro la maschera persuasiva dell’arte celate uno scopo di propaganda sovversiva, pacifista, per intaccare l’opera del Governo, in questa grave vigilia di guerra contro il Cile».

Sona e Farro protestarono vivamente, ma era difficile stabilire immediatamente la portata dei loro rapporti e della loro attività.

— «Basta! Prenderemo all’istante le misure necessarie per ogni informazione. Se nulla risulterà a vostro carico sarete liberati, ma in caso contrario [p. 37 modifica]dovremo essere inesorabili. Per ora siamo costretti a mantenere l’arresto».

I due artisti furono separati e vigilati in due celle diverse e lontane tra di loro, nello stesso Palazzo del Governo.

Sona e Farro provarono entrambi le medesime sensazioni. Colpiti all’improvviso, senza possibilità di difesa, in un Paese straniero dominato da leggi eccezionali per la minaccia della guerra, non sapevano a quale mezzo ricorrere per risolvere subito la situazione. Ore d’incertezza terribile, nell’inutile tensione della loro energia.

La notte trascorse in un silenzio denso di oppressione.

La mattina seguente, prestissimo, Pedro Juanil entrò nella cella di Sona. Attraverso la porta semiaperta, vigilava un soldato meticcio.

Il peruviano era leggermente pallido ed aveva le labbra che tremavano; ma egli cercava di assumere un aspetto triste e addolorato, corrispondente alla circostanza.

Sona comprese immediatamente la direzione del suo inganno.

— «Ho ricevuto la notizia del vostro arresto e sono subito accorso: tenterò l’impossibile per liberarvi, dal momento che non credo per nulla all’accusa».

Sona non rispose: ella si limitava a fissarlo freddamente negli occhi.

Pedro Juanil comprese che bisognava tentare senz’altro la risoluzione: egli aveva giocato l’avventura [p. 38 modifica]dell’arresto, forte del Suo ascendente presso le Autorità, per piegare Sona. Sperava di vederla supplicante, impaurita, nel terrore dell’imprevista situazione. Al contrario la calma freddezza della donna lo disorientava.

Sbattè le palpebre e parlò quasi con sforzo:

— «Il rigore di queste ore non permette di condurre ricerche minuziose: vi è dunque il pericolo che l’arresto si prolunghi all’infinito. Al massimo sarete libera voi ed espulsa dallo Stato. Farro dovrà attendere il processo ed è difficile stabilirne la data. Negli ultimi giorni oltre duecento persone furono fermate per i medesimi sospetti... Non sarà neppure tollerato l’intervento del Console... Non siamo ancora ad un limite disperato: cercando i mezzi adatti ed accordandoci sull’azione, potremo forse attenuare il rigore, o affrettare l’inchiesta... Il vostro amore per Farro sarebbe spezzato anche materialmente dal distacco: egli è un uomo ritenuto responsabile, e non saprei neppure come avvicinarlo... In un certo senso la definizione di tutto ciò dipende da voi... Non interpretatemi male... Potrei versare io le cauzioni per la libertà provvisoria... È un sacrificio che farò volentieri, come amico, per il bene che vi ho voluto... Non dovete quindi acculsarmi di ricatto...».

Mentre Pedro Juanil parlava, Sona l’aveva tenuto inchiodato sotto il disprezzo violento delle sue pupille.

Il peruviano sentì la propria sicurezza vacillare: divenne quasi umile, gli sembrò che la propria forza [p. 39 modifica]morale diventasse impalpabile. La figura della polacca ingigantiva fuori e dentro di lui. Ogni sentimento di odio e di vendetta cadeva estenuato sotto il dominio di quello sguardo invincibile. Mai come allora egli aveva concepito l’importanza di una superiorità spirituale e l’assurdità della loro unione. Trovò qualche frase, qualche promessa, per salvare sè stesso dal dubbio di Sona, e uscì dalla cella.

Poche ore dopo i due artisti erano chiamati: una rapida inchiesta aveva diminuito il carattere grave dell’accusa — si rendeva loro la libertà, invitandoli a tenersi a disposizione della Presidenza, per eventuali chiarimenti.

Nell’automobile bianco che li riconduceva all’Albergo, Sona riassunse brevemente l’accaduto. Decisero di abbandonare al più presto Lima, dopo un ultimo ricevimento dato all’Albergo per affermare alla cittadinanza la loro vittoria.

Le case bianche e verdi parevano chiare, come irradiate dalla gioia interiore dei due artisti.

Farro sorrise:

— «I tuoi occhi che nessuno ha mai dominato!... Io solo sono riuscito a vincerli, baciandoli sulle palpebre chiuse». [p. 41 modifica]



Tre mesi dopo: a Parigi.

Farro uscì dall’Editore con la faccia piena d’ombre. I lavori consegnati, causa la grave crisi libraria, non potevano essere pagati che a pubblicazione avvenuta. Un malessere di pena dominante gli fiaccava ormai la resistenza dei nervi: tanti crolli consecutivi demoralizzavano le ultime risorse di attività.

Un pensiero molesto, che gli rodeva il cervello da diversi giorni; ingigantiva con paurosa velocità. Tante volte, nell’ottimismo dominante della propria vita, aveva provato attimi di abbattimento, superati facilmente dalla propria reazione morale — ma quel giorno tutte le uscite parevano chiuse alla su febbre di necessità.

Sapeva le condizioni disperate della situazione, in un Paese straniero, dove non esistevano punti di appoggio, mentre bisognava ad ogni costo salvare la loro esistenza e la loro dignità.

La sanità fisica e morale urtava contro barriere d’inutilità.

Cercò ancora, affannosamente, di trovare una via libera ed un sostegno reale: nero pesante, buio, [p. 42 modifica]senza limiti. Paura indefinibile del presente immediato, più atroce di ogni sacrificio e di ogni rinuncia.

Si fermò in mezzo alla strada quasi deserta, ancora priva di luci — provava la sensazione di essere malamente unito alla realtà, un desiderio feroce di sognare qualche speranza: ma la fantasia si rifiutava di colorare l’oppressione nera.

Egli sentiva che le forze lo abbandonavano, che in quel crollo supremo non poteva più affrontare la miseria.

Sona: la sensazione dell’amante gli dominava il pensiero, l’importanza fredda che li obbligava a soffrire aumentava la sua rabbia e la sua angoscia.

Non voleva, non voleva assolutamente che la sofferenza colpisse lei: ribellione sovrumana dei suoi muscoli.

Avevano sopportato tante lotte e tante miserie, ridendo — con la certezza del domani. Ma ora la tensione raggiungeva i limiti dell’assurdo.

Nella vertigine pazzesca delle impressioni, Farro si domandava quale diritto lo aveva spinto a mutilare la vita di lei per la propria felicità, forse soltanto per il suo egoismo. Sona avrebbe potuto essere tranquilla nella ricchezza solida dei mille adoratori che l’avrebbero voluta. Il loro amore non doveva spingere la vita nel dolore più basso. Egli non aveva saputo comprendere in tempo che, per essere degno di lei, bisognava rinunciare all’amore e dirigere la sua attività sopra un piano d’azione meno pericoloso ed instabile di quello letterario. La [p. 43 modifica]sensibilità e l’arte di Sona si sarebbero svolte ugualmente, senza affrontare l’ignoto.

Egli aveva la responsabilità di questa situazione.

Mille umiliazioni, mille ferite, mille schianti che turbinavano attorno al suo cervello: sembrava che il cervello fosse il centro bruciante di un sistema solare d’emozioni.

Provò la tentazione di scomparire, di allontanarsi per sempre da lei, di annullarsi per permetterle di vivere. Ma il suo sentimento prevalse improvvisamente ricordandogli il proprio dominio insuperabile.

Tutte le potenze interiori della sua disperazione si tesero in uno sforzo supremo per vincere il dramma dell’esistenza, per aiutare la felicità del suo amore.

Non poteva più pensare.

Camminava rapidamente nell’ardore della febbre.

Desiderava ora raggiungere la compagna, nella camera triste per appoggiarsi a lei in uno sfogo di pianto e di amore, per farsi perdonare da lei il destino che li colpiva.

L’amante era in tutte le sue vibrazioni ed egli ne sentiva più che mai il bisogno animatore.

La raffica dei mille rumori lo strappò improvvisamente alla meditazione: l’ambiente allegro e luminoso gli allargò stranamente il pensiero.

Un impeto caldo l’afferrò: una lucidità nuova gli liberava i sensi, procurandogli una leggerezza fisica e morale che gli diede una sensazione di sollievo. [p. 44 modifica]

Il pensiero dominante di Sona acquistò una linea d’energia. L’analisi di sè stesso divenne un motore di speranze.

Non intravvedeva nessuna probabilità di salvezza, ma l’inquietudine svaniva dinanzi alla realtà chiara dell’amante. Comprese che da lei era partito il principio di un eroismo maggiore.

E sulla massa buia della sua disperazione sorrise nuovamente alla luce rossa dell’«ottimismo». [p. 45 modifica]



Primavera d’Italia nelle strade violente di Milano, dove i colori freschi, variatissimi delle insegne e dei movimenti ricordavano largamente il rifiorire naturale della terra.

Farro attraversò Piazza del Duomo, entrando nella galleria affollata e rivide con piacere le caratteristiche quasi dimenticate dei caffè e dei negozi. Dopo qualche minuto si recò al Savini ancora spopolato.

Erano giunti il giorno prima da Parigi, decisi di fermarsi a Milano pochi giorni per sistemare alcuni impegni editoriali e proseguire subito per Roma.

L’interno del Savini, nel pomeriggio feriale, godeva un silenzio contrastante con la sua fama d’intellettualità.

Farro, seguendo distrattamente le armonie brillanti dei cristalli e degli specchi, guardava con calmo ottimismo la forma interiore della propria felicità: erano passati molti mesi dalla loro partenza da Milano, quando, liberandosi di colpo dal peso grigio di ogni legame precedente, avevano realizzato completamente la loro fusione spirituale e materiale. [p. 46 modifica]

Poi, vertigine di vita, di lotta, di passione — attraverso l’urto di mille difficoltà e di mille imprevisti — nella gioia entusiasta delle vittorie e nella nervosità energica delle sconfitte.

Rivedeva Sona, sempre uguale, fatta di elasticità, bellezza, impulsi, decisioni, indipendenza, superiorità. Sentiva, come allora, la sua influenza animatrice, la sua affinità morale: compensazione indispensabile e perfetta!

Mesi di accordo completo, perchè il loro amore, al disopra del semplice sentimento sessuale, era una necessità cerebrale di lavoro e di creazione.

Dopo qualche tempo fu raggiunto da Sona, che veniva dall’aver visitato la famiglia di un parente.

La polacca, nella semplicità di un impeccabile abito da passeggio, interessò immediatamente i frequentatori del locale che si andava popolando.

— «Sai? è arrivato Arenda! Prima di raggiungerti sono passata all’Hôtel per ritirare la posta e l’ò incontrato. Verrà al Savini tra poco. È sempre lui: giovane, attivo, futurista».

Farro sorrise, lieto di salutare l’amico.


*


— «O’ letto tutte le vostre pubblicazioni ed ò seguito i vostri vagabondaggi» — disse Arenda, giovane pittore futurista notissimo nel campo decorativo — «e vedo che siete all’avanguardia di ogni audacia ed ogni modernità». [p. 47 modifica]

Molte persone si erano intanto avvicinate al loro tavolo: la conversazione degenerò in una serie infinita di argomenti — la voce metallica di un noto scrittore dominò le parole, riassumendo l’interesse di una questione d’attualità.

Arenda parlava sottovoce con Farro:

— «Che cosa esponi a Roma?»

— «Venti quadri: dei paesaggi americani, delle interpretazioni ambientali di Parigi e alcuni ritratti di Sona che ò dipinto in questi ultimi mesi, riuscendo a costruire tutta l’architettura espressiva della sua sensibilità. Sono ritratti importantissimi come carattere psicologico, che rendono esattamente la mia comprensione della sua opera letteraria: soggetti chiari e definiti, perchè ò sempre creduto che il nostro mondo artistico deva basarsi sulla direzione immediata dei propri sensi».

Sona, che scherzava ridendo con un gruppo di pittori, si rivolse a Farro:

— «Nessuno vuol convincersi sull’assoluto della nostra fedeltà».

— «Infatti tu mi ài tradito molte volte con i personaggi dei tuoi romanzi, quando non mi rassomigliavano moralmente».

Si era fatto tardi: il gruppo si sciolse lentamente.

Trascorsero la sera al «Teatro di Stato», il primo costruito a Milano dai futuristi, col palcoscenico girante.

Raggiunsero tardissimo la loro camera: sotto la luce densa della lampadina rossa, la suggestione della loro intimità aumentava. [p. 48 modifica]

Sul divano morbido di cuoio conversarono a lungo, allegramente, senza monotonia.

La loro sensibilità delicatissima ricavava dall’ambiente il fàscino di ogni varietà — lo spirito moderno raffinava le sensazioni interiori. Bellezza rinnovata di sfumature sottilissime, vibranti nell’armonia della propria intuizione, spiralizzate all’infinito dall’enormità dei sensi. Elementi superumani di qualità artistiche che giuocavano il giuoco pericoloso delle sensazioni.


*


Il giorno dopo uscirono prestissimo per la città.

La leggerezza elastica di Sona danzava sul piano lucido dell’asfalto. Piacere di camminare senza mèta per godere la vita milanese, prima di partire.

Entrando in Galleria incontrarono Mario Vaderi, scrittore modernissimo che sollevava con i suoi libri le discussioni più contrastanti e più nettamente avanguardiste.

Raggiunsero insieme il Biffi, lucido come l’impressione primaverile degli specchi, fiorito di poltrone rosso ed oro.

Farro diceva:

— «Io ò del nuovo un concetto diverso dal tuo. Le ricerche cerebrali e polemiche ànno servito a incanalare il pensiero sulla giusta strada della modernità, ma per dissolversi immediatamente nella realizzazione organica dei principî compresi o [p. 49 modifica]intuiti. Il lavoro letterario à perciò riacquistato l’equilibrio armonico tra concetto, forma ed espressione, equilibrio indispensabile perchè la sintesi e la chiarezza possedessero uno scheletro vitale. Le più assurde differenze di stile, di svolgimento analitico e di valutazione psicologica, sono legate al temperamento dell’autore e non possono essere modificate: ciò che importa è la capacità di comunicare col pubblico, fondendo completamente le interpretazioni oggettive con la parte soggettiva dell’interpretazione stessa».

Mario Vàderi l’interruppe:

— «Non è sempre possibile forzare il cervello a costruire anche la decorazione dell’architettura creativa».

— «Allora si scrivono delle poesie e non dei romanzi. Le poesie sono manifestazioni soggettive, lontane dall’attimo simultaneo dell’interesse pubblico e, generalmente, precedono le conquiste collettive dello spirito umano».

— «io, per esempio» — continuò Sona — «ò dell’opera d’arte una visione essenzialmente psicologica, dove studio i tipi e le figure realisticamente, nella somma di tutte le individualità e di tutti gli stati d’animo. Perciò non ò mai sentito il bisogno di scrivere dei versi. Comprendo invece la poesia come astrazione dalla realtà vissuta».

Mario Vaderi si difese:

— «So benissimo che le prime produzioni futuriste accentravano un enorme materiale cerebrale che si plasmò attraverso gli anni — ma oggi che [p. 50 modifica]tutta l’arte à raggiunto una base ambientale moderna ed il soggetto è legato direttamente alla vita, mi sembra utile ed eroico tentare nuovi slanci».

— «È giusto, giustissimo: io non nego il pensiero, nego la forma. Quando sorse la rivoluzione futurista, l’arte allora esistente aveva già esaurito la sua funzione — ecco dunque la possibilità di sforzare i limiti della comprensione. Ma ora l’arte e una corrispondenza sana e giovane dello spirito, non à nulla d’inutile o di superato — nessuno ti seguirà oltre i confini logici del tempo e tu sciupi delle qualità in lotte polemiche, mentre potresti dare delle opere di una solidità maschia e produttiva».

— «Non posso dominare la mia sete di velocità».

— «La velocità esiste in quanto sono controllate tutte le armonie e le forze che la generano. Io, più di te, sento l’amore e la bellezza della brevità incisiva, della magrezza dimostrativa e della nervosità d’espressione — ma so anche che, disponendo queste forze senza collegarle, ottengo degli elementi anatomici, freddi, interessantissimi come composizione, ma privi di vita. Ecco dunque la superiorità dell’artista che possedendo i mezzi necessari per creare il suo lavoro, li adatta al momento spirituale dell’ambiente, armonizzandolo con esso. E non per questo si limitano i valori originali e personali: si riesce invece a imporli più rapidamente».

— «Finitela dunque!» — esclamò Sona ridendo — «iniziate al mattino le discussioni artistiche e non ve ne stancate mai. Guardate invece il vestito [p. 51 modifica]di quella donna che entra: è più suggestivo delle vostre teorie. Quel nero-rosa à più forza persuasiva di qualsiasi polemica, perchè si è sempre visto che l’opera d’arte è un fattore naturale, difficilmente controllabile anche nelle sue ragioni espressive».

La conversazione si modificò facilmente. Sona domandò al giovane scrittore cosa stava preparando.

— «Ò finito da pochi giorni un dramma, ma temo di doverne sospendere la rappresentazione fino al ritorno della Compagnia di Stato, l’unica che possa avere i mezzi adatti per sceneggiarlo. È un complesso di sensazioni teatrali, eminentemente suggestive per i contrasti tra fattori umani ed elementi irreali».

— «Senza trama?».

— «Oh, no! a differenza dei lavori precedenti ò voluto dare all’azione una sola impalcatura».

— «Sono anch’io in quest’ordine d’idee» — riconobbe Farro — «benché il teatro sia più visivo che psicologico trovo indispensabile combinare intimamente le diverse parti».

— «Possiamo conoscere la trama?».

— «Ormai non voglio più nasconderla, dal momento che annuncierò il dramma tra pochissimo tempo. Ò presentato la figura complicatissima di un giovane che à saputo educare talmente la propria sensibilità da interpretare umanamente la sua intuizione superumana: questa potenza formidabile, ancora lontana dallo spirito del presente, gl’impedisce di abbandonarsi al sentimento. Egli, [p. 52 modifica]avvicinando le diverse persone che dovrebbero avere un’importanza sostanziale nella sua vita, sa già il bene o il male che esse gli procureranno. È amato con sincerità da una donna che sposa, sperando di essere felice. Ma egli sa matematicamente che la donna gli sarà sempre fedele, che l’amore è ridotto al movimento fisico. La donna perciò diventa una cosa fredda, perchè privata della sua individualità comunicativa. L’intuizione così perfezionata non arricchisce la sua intelligenza, ma l’uccide. Egli si riduce a cercare nella vita la pura emozione fisica dei sensi... Dramma irreale, che si presta a delle trasformazioni extra-oggettive, e dove ò intromessi degli spazi chiarificativi di balletti e di danze».

Sona e Farro ammirarono l’originalità del lavoro. Farro commentò:

— «Una delle maggiori suggestioni teatrali è appunto la danza, contatto diretto del pubblico con la forza umana. Sapendo fondere bene la parte scenografica ed il balletto, si ànno teatralmente dei risultati superiori a qualsiasi drammaticità».

Mario Vaderi si rivolse a Sona:

— «Ed ora, signora, ò il diritto di conoscere i soggetti della sua ultima produzione».

— «Impossibile! lavoro da molto tempo ad un’unica opera, un romanzo molto complesso, modernissimo. Temo che ne sciuperei l’effetto raccontandolo incompleto».

Farro sorrise: [p. 53 modifica]

— «Sona è gelosissima dei suoi lavori. Tante volte mi à violentemente allontanato dalle curiosità indiscrete — ed io non posso che darle ragione perchè so quanto sia denso di passione e di sincerità il suo tormento creativo. Sona vive intensamente la gioia e il dolore dei personaggi che sente, vibra nella loro febbre, nelle loro qualità, genera addirittura un’atmosfera corrispondente a quella del romanzo».

Sona, appoggiando la mano guantata sulle labbra di Farro, gl’impedì di continuare. [p. 55 modifica]




Nella camera bianca, sole allegria trasparenze luminosità, la persona elegantissima di Sona naufragava nella tenerezza quasi soffocante dei cuscini colorati. La seta viola del pigiama tremava leggermente al contatto elettrizzante dell’epidermide calda. Spirali di fumo profumato sembrava portassero in alto la morbidezza meravigliosa della sua bocca sensuale.

Attesa calma, piena d’intimità, nel pomeriggio interminabile: Farro era partito per Parigi, a inaugurare una mostra personale, e la polacca rimaneva a Roma; per la Direzione di un loro giornale, che non potevano abbandonare. Aveva scritto qualche minuto prima l’articolo di fondo. Sul divano larghissimo rileggeva ora la prima lettera ricevuta dal compagno, dopo la serie dei semplici telegrammi precedenti.

Dolcezza espressiva dei suoi occhi, dove le parole della lettera si riflettevano in immagini viventi, assumendo colore e movimento.

— «Ò finito la massacrante attività dell’organizzazione che m’impediva il respiro morale e materiale. Posso finalmente cedere al desiderio di plasmare il pensiero dominante di questi giorni. Mi sembra di essere isolato, insensibile, di una natura [p. 56 modifica]umana diversa dalle persone che mi circondano. Mai come oggi ò sentito la necessità della tua vicinanza. In un anno ci siamo abituati a pensare insieme, sommando le nostre impressioni e le nostre intuizioni. Stupore continuo di un'emozione informe, mancante della tua compensazione spirituale».

«Parigi rossa, tutta vertigine e varietà, mi pesa orribilmente sui sensi. Il mio stato d'animo si por trebbe paragonare ad un ambiente senza umanità, dove tutte le forze morali e tutti i sentimenti sono stati costruiti dall'uomo: agisco perciò istintivamente, nel terrore continuo di perdere l'equilibrio d'azione».

«Di sera, specialmente, i nervi si diluiscono lentamente nell'oceano calmissimo della sensibilità: io vivo con l'ossessione ottimista della tua presenza astratta che mi accompagna».

«Sensazioni interiori delle lampadine che mi ricordano i tuoi sguardi, fatti soltanto di luce — carezze affascinanti del cuoio, nelle automobili brillanti, che accendono il bisogno lussuoso della nostra felicità. E Parigi che sfila tra i vetri, geometria di bianco e di volumi, sempre diversa, sempre giovanissima, sempre geniale e ottimista, sempre viva come te».

«Vorrei entrare nei tabarins e nei ristoranti, dove la follia intellettuale, borghese ed elegante si sfibra orribilmente nella sua inquietudine cerebrale — dove si sente in ogni sfumatura la disperata ricerca della propria tranquillità — dove si vedono fiumi d'energia sciupati inutilmente. E vorrei urlare il [p. 57 modifica]miracolo della nostra felicità, della nostra fedeltà, che à superato l’amore, rendendo la nostra fusione sessuale il punto di partenza per una interpretazione più umana della sessualità, verso il traguardo insuperabile dello spirito. Soltanto così le potenze dell’ambiente ànno una seduzione sana ed appagante — il tormento interiore diventa bisogno di espressione artistica — la sensualità è un centro di forze creative».

«In questa esistenza complicata, dove il giuoco degli interessi, delle passioni e delle intelligenze non à limiti, in questa concorrenza spietata di valori, io non posso uscire neppure per un attimo dall’unione con la tua individualità. Ti ò nel sangue, nei nervi, nel cervello. La nostra unione è la quarta dimensione di noi stessi. Sanità meravigliosa della natura che, sommando le qualità del maschio e della femmina, à creato il tipo unico dell’uomo».

«Questi giorni di distacco, dopo tanti mesi, mi dànno la stessa angoscia dei primi tempi — quando ti sentivo intuitivamente, comprendevo l’enorme importanza che aveva per me la tua superiorità sensibile ed artistica. E nella gioia calda, nell’entusiasmo indomabile di essere amato da te, nella sicurezza di lottare insieme per imporci e trionfare, avevo tutto il desiderio, non ancora realizzato, dei tuoi baci è della tua incancolabile femminilità — desiderio che moltiplicava la mia nervosità, urlava ferocemente, m’inchiodava fino allo spasimo contro gli ostacoli che impedivano ancora la nostra fusione. [p. 58 modifica]Attimi grigi di tristezza, d'ira, di disperazione. Come oggi che intensamente, sensibilmente, sento la necessità di averti vicina, perchè il pensiero di una tua carezza bianca mi provoca un’ebbrezza quasi morbosa».

«Sensibilità giovanissima, giovane come noi — calda viva, sensuale come noi».

«E la città mi afferra nel suo turbine colorato, mi trascina nella sua attività, mi obbliga ad agire velocemente. Ma tutte le sfumature, tutte le bellezze, tutte le varietà, sono meno raffinate, meno belle, meno varie di te».

«Quando siamo insieme sappiamo di amarci e le parole ànno meno espressione di noi, ma questa lontananza è pesante ed io provo il bisogno volontario di parlare».

«Così, con la stessa immediata sincerità con la quale ti ò sentito la prima volta».

Sole violento nella camera bianca.

Sona aveva gettato la sigaretta dorata e seguiva il riverbero brillante della luce, negli specchi che la moltiplicavano.

La polacca sorrideva con tutta l’espressione del suo viso luminoso.

Si alzò, leggerissima: la seta viola palpitò nei mille toni dei riflessi — allo scrittoio ingombro di carte scelse facilmente un foglio bianco.

Il fàscino della pagina bianca: l'immagine delle parole aveva il medesimo candore. Le braccia nude di Sona si appoggiarono lentamente allo scrittoio, arricchendo il foglio con le loro ombre perfette.