L'ultimo sentimentale/2

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Liberi dall'impegno del giornale i due artisti si stabilirono per qualche tempo a Torino, dove Farro aveva aperto la sua mostra personale di pittura.

Erano passati quattordici mesi senza che la loro unione subisse oscillazioni sfavorevoli: i temperamenti quasi uguali in senso di valutazione avevano fuso le sensibilità in una chiara compensazione spirituale, solidificata dalla simpatia fisica. Quattordici mesi di lotte incessanti, di lavoro progressivo.

Farro sentiva che l'amore per la polacca gli aveva creato un'atmosfera di suggestione personale: non riusciva più a distinguere le sensazioni generate dall'ambiente, se non come realtà estetica o analitica, ma senza rispondenze interiori ed emotive. Questa limitazione intuitiva non lo rattristava esageratamente, perchè il suo cervello occupato dalla forma e dallo spirito di Sona basava in lei ogni potenza ed ogni fine di pensiero. Egli era entrato nel campo letterario per un impulso lirico e passionale che si andò lentamente modificando e irrobustendo sotto il freno e l'equilibrio della sua lucidità. Prima d'incontrare l'amante era sicuro di aver superato i vecchi soggetti artistici e la loro derivazione psicologica, per interpretare una nuova [p. 62 modifica]realtà nell’ambiente moderno con tutte le sue corrispondenze sull’anima e sui sensi umani. Ma l’amore sincero per Sona aveva riportato in primo piano l’importanza morale della donna sulle sue concezioni: benchè credesse che maschi e femmine avessero i medesimi diritti e la stessa sensibilità come uomini, riducendo ogni differenza al puro fisico, egli cercando ed accettando la compensazione di lei, annullava logicamente questa verità. Infatti la sua modernità, rimanendo intatta come espressione, si riduceva cerebralmente ad una esaltazione della vita meccanica in sè stessa, senza partire da questa per trovare la nuova sensibilità che si stava creando negli uomini. Molte volte, dopo una discussione o in un momento di calma assoluta, comprendeva questa situazione: ma il sentimento lo dominava interamente, fino a dargli l’impressione che il mondo teorico da lui intuito non si adattasse ancora alla sua individualità, perchè non sarebbe riuscito a colmare lo spaventoso vuoto che rimarrebbe in lui con l’annullaineinto di Sona.

La vita mondana di Torino li chiuse nella sua spirale colorata. Turbinarono nelle sale da ballo, trascorsero i pomeriggi nell’eleganza dei salotti intellettuali. Il Parco del Valentino vestì di seta verde le loro corse in automobile. Visitarono i grandi stabilimenti industriali, soffermando la loro meraviglia sulla pista aerea della Fiat-Lingotto: la bellezza architettonica del cemento armato apriva verso il cielo l’alcova libera del suo amore meccanico — piani lucidi d’asfalto, affascinanti nelle loro [p. 63 modifica]forme geometriche, dove le automobili rosse, come femmine calde amate violentemente dai guidatori umani, si torcevano in urli di spasimo, si piegavano nelle curve dominate dal piacere metallico, partorivano la velocità. Farro fu assorbito interamente dalla visione miracolosa della Fiat-Lingotto — per la prima volta, dopo quattordici mesi, il pensiero ebbe un’esistenza unica, dove non viveva altra suggestione all’infuori di quella meccanica.

Intanto uno strano mutamento si verificava nei rapporti tra i due amanti: Sona, che aveva sempre conservato un ottimismo calmo ed una sincerissima allegria, passava degli attimi di tristezza che si andavano rapidamente accentuando — la sua persona, piena di vivacità e di morbidezze, s’induriva in una linea di malessere indefinito, che non riusciva a nascondere. Farro incolpò i suoi nervi sensibilissimi e non diede al fatto un’eccessiva importanza. Ma ogni giorno la polacca aumentava la propria tristezza e il proprio male: egli comprese allora che qualche grave sofferenza la teneva chiusa nel dominio della sua forza. L’interrogò inutilmente. Ella negava ogni ragione, si accusava di semplice debolezza.

L’espressione luminosa del suo viso si era cambiata in espressione d’inquietudine e di paura. Farro non riusciva a individuare questo tormento ma presagiva qualche disgrazia, qualche crollo inevitabile. La loro dolcezza intima era scomparsa [p. 64 modifica]nella freddezza della crisi. Un’ansia sospesa, ancora irreale, li teneva oppressi dolorosamente.

Lo scrittore non voleva pensare al dubbio feroce che lo rodeva: gli sembrava assurdo, impossibile. Ma il subcosciente, alle volte, gli suggeriva delle forme fantastiche di realtà, dove una solitudine, che gli faceva tanto male immaginare, aveva cerebralmente delle rispondenze fresche di libertà. Acrobazie complicate di sensazioni, senza uscita, che incatenavano il pensiero.

Ormai non potevano continuare così: Sona, spinta dalla pressione morbosa dell’amante, disfatta dall’angoscia morale, non riuscì a superare il proprio mutamento — gli parlò un pomeriggio, nel silenzio pesante della camera chiusa, con grande sincerità:

— «Non voglio essere accusata di cattiveria o di viltà. Tu sai che ci siamo uniti con entusiasmo, abbiamo vissuto con gioia la nostra ricchezza e la nostra miseria, ci siamo così compresi da formare un’unica base morale alle nostre personalità. Io non ò mai dubitato di te e fui sempre sincerissima nel mio sentimento. Posso dire di aver trascorso i mesi più belli e più felici della mia vita. Soltanto dieci giorni fa avrei trovato assurdo lo stato d’animo di oggi. Ti giuro che non ò fatto niente per provocarlo, che lo subisco come una potenza extraumana».

«Non credere che io ami un altro uomo: allora sarebbe veramente crudele la mia conformazione interiore. Ò amato te solo, intensamente, con tutte le mie possibilità intellettuali e materiali — forse [p. 65 modifica]non amerò mai più. Ma ciò che provo ora è terribile, forse più spaventosamente strano che terribile. I primi giorni non volevo accogliere queste sensazioni, le scusavo come provocate da stanchezza nervosa e da noia. Ero sicura di vincerle e di dimenticarle. Ma, con uno sviluppo inesorabile, questo stato d’animo mi à legato i sensi, à dominato il cuore, è entrato da padrone nel cervello. Sofferenze inaudite nell’atroce lotta tra la vita e il subcosciente. Non ò mai dolorato tanto, non ò mai urlato così brutalmente contro di me. Qualsiasi male passato da una donna non può Superare il mio».

«Oggi devo dichiararmi vinta — mi conosco abbastanza per non illudermi — non potrò più essere quella di prima».

«Non ti amo più. Devi cercare di comprendermi: la tua sensibilità artistica e le tue forze spirituali non ànno diminuito per me il loro valore indiscutibile — per questo sono sicura di esserti sempre una compagna fedele».

«Io non ti amo più fisicamente, senza offese al tuo orgoglio di maschio perchè sai quanto fisicamente ti abbia voluto bene: vi è la garanzia innegabile della mia femminilità che tu ài goduto fino in fondo. È appunto la ragione di questo mutamento che non riesco a spiegarmi: sono passata vicino, in tanti paesi del mondo, a degli degli uomini perfetti che ammirai esteticamente sena perdere la simpatia per te. Ora invece il gesto elegante di uno sconosciuto qualsiasi, la bellezza maschia di un [p. 66 modifica]operaio o di un atleta, m’interessano violentemente — desidero «quel particolare di distinzione» che tu non possiedi e non sento più le tue qualità che essi non ànno».

«Ò sofferto tanto che ormai posso analizzare con calma ciò che provo: speravo dapprima di soffocare le sensazioni, di cedermi ancora — ma sarebbe un eroismo inutile, quasi stupido, perchè tu possederesti il mio corpo e non la mia volontà. Sono sempre stata sincera con te e non voglio assolutamente illuderti. Sei forte: ài uno spirito sano e giovane, che non si abbatterà per questo — devi irrigidirti e soffrire. Ogni preghiera sarebbe inutile: se mi sono decisa a farti una simile rivelazione è perchè ne conosco la sua esistenza assoluta».

«Lo so: ti sembra impossibile che, dopo quattordici mesi, si uccida un sentimento in pochi giorni — è la domanda che mi à ossessionata e mi à fatto dubitare del cambiamento. Eppure la verità è lucida come un cristallo. Lo spirito à un’importanza enorme ma non esiste senza la materia».

«Dobbiamo separarci: senza lacrime, senza odio. La nostalgia del passato sarà il ricordo più dolce del nostro domani e nessuna forza umana ne potrà cancellare la bellezza».

Farro non l’aveva interrotta — lo schianto feroce non trovava rispondenza per parlare — un tumulto disordinato d’impressioni, di stupore e d’angoscia gli toglieva ogni equilibrio morale. Cercò malamente d’insistere — l’aiutò come un automa a raccogliere le sue cose — le ore passarono senza che [p. 67 modifica]lo scrittore riuscisse a dare una direzione ai suoi pensieri.

La sera li mise di fronte per l’ultima volta nella loro camera chiusa: ormai i facchini avevano trasportato i bauli di Sona in un altro albergo. Si salutarono tristemente, senza guardarsi in faccia, senza una parola buona. [p. 69 modifica]



A Farro sembrava di vivere un periodo astratto, lontano da ogni possibile realtà, in un mondo sconosciuto. Non riusciva ad abituare la mente nei contini logici dell’accaduto — quando l’assenza definitiva di Sona gli appariva dinnanzi in tutta la sua nuda verità, i sensi si ribellavano pazzamente, urtando contro l’assurdo — gli pareva che una parte di sè stesso fosse precipitata nell’ignoto, trascinando le sue forze morali.

Trascorsero molte ore completamente prive di ragionamento: frenesia dolorosa di sogni, di ripieghi, di nullità. Tutti i nervi dolevano come se il corpo dovesse disfarsi per suddividere il dolore in tante parti più piccole.

Poi, con la lentezza del dissanguamento, un abbandono bianco frenò la corsa disperata della febbre. Incapace di muoversi e di agire si lasciò chiudere neirabbraccio spasmodico della nostalgia: una massa informe di ricordi che si andavano furiosamente urtando, apparivano in sfumature delicatissime, in blocchi plastici, in particolari già dimenticati.

Rivedeva il tempo azzurro della loro conoscenza, la gioia incomparabile di uno sguardo che rivelasse [p. 70 modifica]una speranza — con insistenza ossessionante gli appariva il gesto femminile di Sona quando, per la prima volta, si era appoggiata al suo braccio, nella strada notturna. Piccoli giuochi di amanti che gli stringevano il cuore fino a fargli male — carezze rosse, furiose, che lo facevano rabbrividire. Le parole e i toni della voce — il significato di qualche goia — le finezze meravigliose della sensibilità. I paesaggi americani sfilavano cinematograficamente per ridargli momenti fugagi di affettuosi atteggiamenti, di osservazioni che sorridevano simboli e sottintesi d’amore. Tutte le discussioni e le affermazioni — le sicurezze tranquille di fedeltà — la catena interminabile di mille suggestioni.

Gli pareva di non poter più resistere, di doversi annullare di minuto in minuto per mancanza della sua energia animatrice. Vuoto, vuoto nero, senza sostegni: amarezza estrema che pesava paurosamente sulla disperazione. La sofferenza dirigeva ogni sua manifestazione fisica e morale. Terrore profondo di vedere il domani, di pensare al futuro. Aveva sempre allontanato questo incubo, soffocandolo nella tristezza presente.

Le riserve nervose s’indebolivano: anche la nostalgia si chiudeva in un involucro incolore, languidissimo. Un principio di lucidità si affacciava alla mente, ergendosi con fatica sanguinosa.

Erano passate diverse ore dall’abbandono. Farro riassumendo il suo dolore constatò, casualmente, che neppure una volta aveva sperato un riavvicinamento — la prospettiva di questo sogno non gli [p. 71 modifica]provocò alcun brivido ottimista. Stupore psicologico che obbligò il pensiero a subire una nuova analisi.

Non riusciva più a concepire un avvenire con Sona. I progetti di un tempo avevano un grigiore monotono, quasi ingenuo. Si accorse di rimpiangere nell’amante la femmina perduta e non la compagna spirituale. Andando in fondo al risultato ottenuto riconobbe di aver avuta una limitazione creativa della quale, fino allora, non si era accorto.

Egli credeva che maschi e femmine, come uomini, possedessero una medesima sensibilità e lo stesso livello morale. Era perciò assurdo concepire una compensazione, se non a danno dell’individualità — e l’individualità era la base indispensabile per un artista. Riavvicinò le sue capacità precedenti all’incontro con Sona e quelle successive. Valutazione chimica, obiettiva, dove capì chiaramente di aver perso l’originalità personale per assorbire l’influenza di lei — lo sfruttamento cerebrale a favore della donna si rifletteva nel lavoro creativo. La tanto decantata compensazione spirituale si riduceva al sacrificio di uno dei due, mantenendo intatte le sole facoltà espressive.

Allora perchè tanto amore e tanta sofferenza? Gli rispose la figura fisica di Sona che gli apparve negli occhi, penetrò nel cuore, circolò col sangue: la carne, la materia umana, era riuscita a imporsi in lui fino a succhiargli lo spirito. Altro periodo lungo, tormentoso, di rimpianto.

La bianchezza di quelle braccia copriva tutte le luci della camera, lo fasciava, piegandolo. E la [p. 72 modifica]faccia meravigliosa, intelligentissima, che aveva riverberi di bambola e di belva. Seduzione irresistibile degli occhi azzurri, grandi, dove le pupille si spalancavano tanto da racchiudere tutta la sua anima. Poi la bocca, le labbra terribili, il rosso feroce, bruciante, inumano — la bocca che lo baciava fino all’esaurimento, lo mordeva fino allo spasimo...

Si scosse urlando, reagì con uno sforzo della volontà.

Perchè inchiodare il suo desiderio fisico in una donna sola? Ricordava ora tutte le bellezze ammirate in mille occasioni, i diversi «tipi» che lo avevano colpito — cercò affannosamente di schiacciare la «sua» visione con il raffronto di altre donne: lotta barbara, eroica tra l’abitudine e la varietà.

Creò cerebralmente il fantasma di una femmina, come aveva sognato da giovanissimo. Un viso bianco, ovale dai grandi occhi scuri carichi di passione e di sensualità — nell’ombra calda dei capelli nerissimi, divisi sulla fronte con una linea geometrica — femmina spagnola che sapeva di mandorle e di latte — che portava il profumo degli aranci in fiore, che camminava nella danza elastica dei fianchi, che gonfiava la seta rossa dello scialle con l’impeto bianco dei seni duri....

Duello selvaggio tra il reale e l’irreale, nel cerchio chiuso dell’amore: si afferrò naufragicamente alle antiche amanti, nella speranza di costringere il ricordo di Sona in una indifferenza uguale. Il sorriso ironico, stranissimo, di un’italiana ventenne, la sensualità insaziabile di una bruna americana. Giostra [p. 73 modifica]disordinata di sensazioni morte, di frammenti sbiaditi.

Intanto le vecchie architetture artistiche della sua intuizione si profilavano in lui: perchè sciupare tanta energia morale? era forse indispensabile una donna alla sua sensibilità?

Egli per primo aveva innalzato il piedestallo della nuova sensualità: maschi e femmine, nella differenza sessuale del bisogno fisiologico, erano stati sollevati dalla vita moderna agli stessi diritti di uomini. La donna era il residuo di un’inferiorità passata, inutile, decadente. La civiltà meccanica, sana e sintetica, si riallacciava alle antichissime civiltà: dove la femmina, se veniva dominata dal maschio perchè la vita era fatta di superiorità fisica, non aveva moralmente, spiritualmente e artisticamente che una minima importanza. Ora la superiorità fisica era supplita dalle macchine, perciò la femmina acquistava socialmente il valore del maschio. Diventava assurda ogni compensazione. La sensibilità trovava fonti molto più ricche e sensuali nell’ambiente.

Amare la donna oltre il tempo esatto del piacere fisico voleva dire negare le proprie possibilità emotive.

Allora perchè l’unione con Sona aveva durato così a lungo? avevano goduto sinceramente, completamente....

Periodo di trapasso: l’individuo moderno, falsato dall’istruzione, combatte tra la tradizione che l’opprime e l’ambiente che lo modifica: il loro [p. 74 modifica]amore era stato il frutto inquieto di un’inconscia debolezza — il desiderio sentimentale che si era imposto alla realtà dei sensi. Ma non poteva e non doveva durare. Egli stesso sapeva che questo sentimento se fosse durato gil avrebbe ucciso ogni qualità creativa. Il distacco era l’operazione chirurgica che lo liberava dagli ultimi residui del passato.

Farro ammetteva che due, di sesso diverso, potessero vivere insieme a lungo, senza stancarsi — ma quando lo spirito invade il campo fisico la resistenza diviene inconcepibile: la vita moderna costruisce una nuova saldissima individualità.

Un altro punto buio attraversò i suoi ragionamenti: il cambiamento di Sona che, in pochi giorni, aveva ucciso e dimenticato il sentimento. Anche questo gli suggerì una soluzione aderente ad uno dei maggiori problemi del nostro tempo.

L’individuo intelligente possiede un’intuizione atavica: cioè conserva in sè stesso l’emozione già provata dai suoi avi: ecco perciò che tutto quanto aveva ragione d’interesse, di piacere e di sensibilità rimane diminuito di valore — non perchè l’elemento in questione perda il proprio valore organico, ma perchè la sensazione generata è già posseduta e sfruttata. Si spiega così come la modernità, carica di forze nuove e originali, annulli velocemente le antiche bellezze artistiche, sensibili e sensuali. L’amore sentimentale è superato — non dà più soddisfazioni dimensionali — è un residuo atavico vinto dalla stessa intuizione atavica. [p. 75 modifica]Sona era stata sincera: la femmina, che possiede una conformazione interiore più vergine del maschio, sente più rapidamente la pressione ambientale. Il sentimento di quattordici mesi aveva avuto la stessa intensità di appagamento come durasse da dieci anni, perchè le facoltà vitali non erano più quelle di un tempo e si esaurivano facilmente.

Privi ancora della possibilità di dirigere i sensi dove avrebbero un campo emotivo naturale, gli uomini barcollano nella ricerca disperata della varietà. Anni di trapasso: il vecchio mondo si riduce ad essere posseduto nervosamente, senza felicità, senza durata, senza spazio — il nuovo mondo non è ancora abbastanza sviluppato per generare i fattori spirituali e morali della sua superiorità. Questo spiega le incertezze pazzesche, le sfumature e le suddivisioni del gusto, la debolezza dei sentimenti, l’insoddisfazione generale.

Intanto l’umanità aumenta la sua base meccanica, si stacca dalle leggi morali, artistiche e spirituali inadatte, vive ambientalmente avviandosi verso una soluzione strettamente legata alla nuova sensibilità in formazione.

*

I due giorni che seguirono la partenza di Sona furono per Farro densi di dolore, di complicazioni cerebrali, di sforzi nervosi — passava dal dominio della volontà all’angoscia più triste — i pensieri si [p. 76 modifica]succedevano e si dominavano senza ordine costruttivo.

Finalmente il cervello frenò ogni acrobazia, impose la propria superiorità. Lentamente le potenze naturali della sua individualità riacquistarono il centro d’azione, divennero i motori sicuri della sensibilità.

Respirò un benessere largo, immenso, senza limiti. Gli sembrò, per la prima volta, d’iniziare un periodo privo di responsabilità, guidato dall’istinto. Lo spirito vibrava liberissimo, finalmente «suo».

Dopo aver anatomizzato minimamente, in ogni particolare, la sua anima, si convinse che l’amore era stato vinto e superato dal cervello.

Egli con sincerità e con gioia aveva trascorso quattordici mesi, dove tutto quanto esisteva in lui di atavico, di debole, di molle, di sentimentale era stato succhiato fino in fondo dall’amore. Aveva subito l’esperienza più forte: la suggestione e l’influenza di una donna che riducevano ogni modernità ad una valutazione esteriore, perchè guardata con gli occhi di un sentimento contrastante alle sue leggi.

La crisi dell’abbandono lo aveva poi strappato per sempre da un dissanguamento eccessivo.

Il futuro gli appariva ora come una cosa sua, da plasmare con le sue capacità, interpretare con il suo spirito, godere con i suoi sensi.

La figura di Sona la sentiva lontana, impalpabile. Aveva una sola nostalgia, quella fisica, che lo rodeva. Gli amplessi brutali dei postriboli lo [p. 77 modifica]disgustavano — gli ricordavano gli apparecchi distributori di cioccolato, nelle stazioni: mettere dieci lire da una parte per far uscire l’amore dall’altra..... aspirava tuttavia, quasi per reazione, agli abbracci di un’altra femmina. [p. 79 modifica]

— «Il bene che le voglio non è un bene sentimentale: io l’amo come un automobilista può amare i paracarri delle strade comunali — sapendo cioè che non rappresentano una soluzione decisiva nella sua vita, ma che gli dànno tuttavia un’impressione morale di sicurezza e di equilibrio».

La filosofia convinse Farro a recarsi ogni sera in Teatro, per ammirare nella complicazione romantica dei balletti russi, il corpo seducentissimo di Katja — prima danzatrice — snodata come un giunco — più morbida, più bianca, più sensuale del chiaro di luna.

Vibrava nell’atmosfera colorata delle luci e la magrezza leggerissima si dilatava in miracoli di nervi, meraviglie di forme, pazzie di femminilità.

Aveva l’ondeggiare pericoloso d’un ubriaco di musica — la velocità di un desiderio carnale — gli scatti delle macchine al traguardo.

Tutta la seduzione si riassumeva nei seni nudi: i seni tondi, duri, portentosi — che sembravano riflettori accecanti di voluttà, concentrazioni erotiche, campanelli elettrici dei sensi. Le pupille dei maschi assorbivano l’ardore bianco di quei seni: profumi densi, naufraganti che piegavano e saziavano i visi [p. 80 modifica]convulsi — sapori dolci, perversi, velenosi che alcoolizzavano le bocche. E i seni ridevano come cristalli colmi di latte, urlavano e tremavano come sfere bruciate dalla febbre.

Il pubblico sentiva l’eccitazione provocante di Katja — si torceva nel piombo della propria immobilità — sanguinava per la stretta dei muscoli. Sul corpo della russa pesava la violenza brutale della folla — premeva mostruosamente tutto il possesso irreale.

(Farro aveva conosciuto la danzatrice due sere prima, in un ristorante di lusso:

— «O’ visto ed ammirato i vostri quadri. Mi piace veramente la deformazione decorativa che moltiplica i colori e le forme di un ritratto. Dovete dipingermi in uno dei balletti più originali».

L’aveva rivista, tra una scena e l’altra, nel suo camerino:

— «Vi sequestro per domani, dopo lo spettacolo: combineremo il giorno della prima posa»).

Mezzanotte: il pubblico, come metallo umano, si liquefava nei tubi dei corridoi — Farro raggiunse il palcoscenico, per la scaletta di servizio. Confusione di attori e macchinisti che gridavano e imprecavano in francese.

La prima danzatrice, chiusa in un soprabito semplicissimo di seta nera, si liberò ferocemente dagli ammiratori che l’assediavano. Uscendo, Farro fu salutato dall’Impresario, conosciuto a Roma per degli accordi teatrali, che gli disse ridendo: [p. 81 modifica]

— «Non sono geloso, ma mi vendicherò ugualmente sui diritti d’autore, quando mi consegnerete dei nuovi progetti di danze».

Strada secondaria, quasi buia — ordinarono al guidatore di vagabondare per la città — l’automobile scivolò senza rumore, sul selciato pulito.

Parlarono allegramente, per qualche minuto: la russa chiudeva nella propria lucidissima intelligenza l’esperienza di venti razze, conosciute in cinque anni di lavoro, tra un successo trionfale ed un amore peccaminoso — era la femmina moderna in tutte le possibilità: liberà come un uomo, equilibrata da un cervello sicuro, legata all’arte dalla passione naturale.

Parlarono dei prossimi balletti, elegantemente, con interesse sincero. Poi tacquero. L’automobile arrotolava, attraverso i rettangoli dei vetri, la pellicola notturna di un corso silenzioso.

Farro aveva l’impressione che uno strano disorientamento, quasi impercettibile, gli procurasse un’ansia sospesa. Da venti giorni era diviso da Sona e il tempo rinsaldava la sua guarigione — si era avvicinato alla russa senza postume nostalgie. Ora invece che la danzatrice gli sedeva vicino provava il terrore della sua femminilità — femminilità completa, che aveva fatto impazzire gli uomini di tutti i continenti — femminilità diversa da quella di Sona. Egli ebbe, per un attimo, la paura che i sensi, abituati in ogni sfumatura all’amore dell’altra, dolorassero atrocemente — ebbe paura [p. 82 modifica]che il sentimento soffocato si risvegliasse nella reazione improvvisa.

Guardò Katja: occhi grigi, di un’insondabile profondità — fattezze regolari, leggermente marcate agli zigomi, con l’epidermide di velluto fragilissimo — bocca matura, di una giovinezza scoppiante, di una vertigine calda come la sua sete.

Abbassò le pàlpebre, vinto da quel fàscino rosso.

Sentì le braccia di Katja che lo avvinghiavano — vide l’offerta viva delle sue labbra. Il bacio lungo, succhiante, continuato fino al limite supremo della resistenza aveva un sapore selvaggio, un movimento sensuale miracoloso. Si destarono in lui le visioni passate, il gusto dell’imprevisto, l’entusiasmo della varietà.....

— «Hai una faccia pallida che fa male. Non mi è stato difficile intuire le ragioni della tua sofferenza e ti voglio guarire. Conosco i tuoi libri e la tua sensibilità: negando il valore spirituale e sentimentale della donna ài fidato troppo nelle tue forze giovani. Credo anch’io che l’uomo si diriga verso il superamento dell’amore. La società presente ci offre i sintomi più chiari. Ma bisogna uccidere gli ultimi residui del sentimento sessuale nel piacere fisico. Godere volutamente, pazzamente — allargare i confini della sensualità. Cambiare sensazioni continuamente. Il cervello, libero da ogni preoccupazione, affretterà la comprensione della nuova morale umana. Tu ài ceduto alla suggestione sentimentale di una femmina, ài creato in te la sua importanza di donna e vi siete danneggiati entrambi. [p. 83 modifica]Bisogna irrigidirsi: anch’io, tante volte, ò sentito che l’amore fisico per un maschio si modificava e saliva dai sensi al cervello — allora l’ò allontanato subito, prima che fosse troppo tardi. Così amo la mia arte, senza restrizioni, senza divisione di valori — ricevo da questa ogni emozione ed ogni gioia — ricevo dall’ambiente l’impressione pura della modernità: sensibilità sana, sincera, facilissima..... ci vorremo bene una notte, due notti — poi ci lascieremo: ma voglio guarire la tua faccia pallida ed i tuoi occhi massacrati dallo sforzo cerebrale».

L’automobile sostò all’Hôtel Roma, dove alloggiava lo scrittore — salirono nella camera silenziosa.

Farro aveva riacquistato tutte le sue forze morali e la sua energia — confrontò mentalmente la differenza che passava tra lo stato d’animo presente e quello di prima. Un’elasticità freschissima l’inebriava: il pensiero ricavava tesori inesauribili di sensazioni, mentre una volta si limitava nello spazio quadrato del ricordo e della normalità.



(La «notte d’amore»: dinamo centrale che distribuisce elettricità a tutte le azioni, a tutti i pensieri, a tutte le filosofie. Nel fatto secolare, senza storia, che unisce due individui di sesso diverso è contenuta la ragione di ogni farsa e di ogni tragedia, la sintesi delle passioni umane, l’equilibrio della gioia e del dolore, del bene e del male. [p. 84 modifica]

Nell’identico abbraccio si riassume il punto più alto dell’individualità, dove si rinnovano eternamente, senza invecchiare, i godimenti e le capacità — dove le vibrazioni nervose e muscolari trovano interpretazioni sempre originali. Ma gli uomini non ànno ancora saputo sollevare lo spirito dalla catena di quell’atto supremo — ànno trovato in questo la soluzione dei problemi morali, senza pensare di farne il punto di partenza per una soluzione più grande — ànno complicato all’infinito la sua semplicità.

«Notte d’amore»: alcova di seta o di stracci — brutalità e raffinatezza — felicità.

La vita moderna si avvia a trovare uno sbocco sensibile che risolva l’appagamento dei sensi in relazione con l’ambiente meccanico: le macchine sono l’espansione fisica dei nostri corpi e da esse partiranno le nuove spiritualità, sostituendosi al sentimento limitato ed inutile dell’amore. L’amore ritornerà alla sua funzione naturale, puramente fisica, senza derivazioni. E nei cieli colorati di altre espressioni sensuali, di altre forze morali, continuerà salire la canzone, priva di dimensioni, delle bocche che si baciano).



.....Farro rivide Katja altre due volte — poi la Compagnia Russa partì per Milano — lo scrittore constatò che tre notti d’amore l’avevano cerebralmente stancato molto meno che un’ora sola di pensiero e di nostalgia sentimentale. [p. 85 modifica]

L’anima di Farro era una delle più tipiche nel campionario dell’umanità — anima che giuocava con il cuore ed il cervello — anima dell’ultimo sentimentale che amava la vita e ne intuiva le direzioni, soffrendo ancora la nostalgia delle abitudini agonizzanti — anima dell’uomo moderno con tutte le qualità e tutti i difetti.

Passione rossa dello sport: sensualità pazzesca dei grandi cimenti automobilistici, dove le macchine cantano la tensione delle carni metalliche — ebbrezza folle, vertiginosa delle gare ciclistiche, quando il corridore nello sforzo brutale della lotta possiede il corpo magro della bicicletta sul letto bianco della strada — febbre di ritmo e di velocità nelle partite di calcio — calore umano, superiorità fisica nella misurazione di due boxeurs, sul quadrato del ring, mentre la folla ubriaca d’ansia urla vampate di violenza. E intanto il desiderio sessuale cerca affannosamente l’avventura sconosciuta, sogna gli abbracci paurosi nelle camere buie degli alberghi.

Noia sincera della bellezza tradizionale, diluita fino alla nausea, posseduta in tutte le possibilità — attrazione dell’imprevisto, del nuovo, dell’originale. [p. 86 modifica]

Farro odiava tutte le vecchie arti, tutte le religioni, tutte le filosofie: sentiva la grandiosità delle costruzioni in cemento armato, il fàscino dei treni che cantano sui fili musicali delle rotaie, la meraviglia meccanica delle comodità.

Moriva d’inutilità ai concerti ed alle opere musicali — entusiasmandosi ai jazz-band e ai varietà, colorati di luci e di danze, ricchi di movimento, di azione, di vita.

Farro, in abito nero, nelle geometrie miracolose della città, innamorato della sua arte e della sua automobile. Farro, che guardava la luce notturna di un fanale più brillante della luna, che rideva con l’orgoglio della propria superiorità. Farro, che ogni tanto, udendo un tango salire dalla tristezza solitaria di qualche strada, piegava il capo terribilmente malato di nostalgia e subito dopo, allegramente, viveva con gioia le sensazioni della modernità.


Nelle sere che la stanchezza pesava troppo sui nervi, la sua anima lo consolava, parlandogli piano sul cuore:

— «Ricordi le belle notti argentine, quando respiravi, sulla terrazza deserta dell’Albergo, il profumo della pampa e il profumo femminile di Sona? tu ài ancora negli occhi il riverbero del suo abito rosso e quando il pensiero s’inginocchia per pregare questa strana malinconia ti sembra di riudire l’accordo della chitarra spagnola».

«Quanta tristezza nei ritmi barbari, singhiozzanti, che agonizzavano nei cieli tropicali: c’era la [p. 87 modifica]canzone di tutta una razza, dispersa in quella terra di fatica, che dimenticava in un’ora di nostalgia le tragedie del sole e del denaro — razza latina, buona, lavoratrice, un po’ selvaggia e un po’ sentimentale. E quegli uomini sconosciuti, guardando le stelle che erano le uniche cose uguali alla patria lontana, sentivano salire la dolcezza bianchissima di una musica stanca: si stringevano allora tra di loro, perdutamente, e cantavano con voce di passione le romanze pallide come la luna, cantavano forte perchè non volevano, non volevano piangere... (i tetti rossi dei paesi: nelle verdi campagne lombarde, sulle rive azzurre del Tirreno, nelle infinite lande di Castiglia e di Bretagna — e le piccole donne fedeli, dal riso largo, colorato, dal grembo di amanti e di madri — tutte, tutte le sere baciavano le piccole donne sulla porta del casolare..... ).

«Anche tu porti gelosamente nel cuore l’oppressione della tua malinconia: non è il ricordo di Sona, di lei, delle sue parole, della sua carne — è un profumo indefinito di passato, una musica di tenerezze senza nome, una poesia sussurrata come una carezza».

«Tu vuoi sempre, rabbiosamente, ricacciare nella tua profondità questo nodo di lacrime dolci: lasciale venire, qualche volta, perchè non fanno male — non possono farti male — ànno la lieve fragilità delle ombre e si disperdono al primo soffio d’energia. Sono morbide, timide, leggerissime — sono mani bambine che ti sfiorano piano i capelli neri, [p. 88 modifica]ti procurano un brivido così rosa che pare più rosa del sogno».

«.....com’è bello reggere sul braccio nervoso il corpo della femmina amata, sentire il tremito del suo calmo abbandono, e dirle piano all’orecchio, più piano del fruscio dei passi, dire di volerle bene, perchè la sua carne è giovane la sera è piena di odori caldi e il sangue brucia nelle vene.....».

«No: non voglio tormentarti — appoggia la testa sul cuscino soffice della tua anima — lasciami parlare».

«Il passato non ritorna ed io so che la vita di domani è molto più suggestiva — questo senso di nostalgia, che non è doloroso, che non è rimpianto, che non può farti soffrire, riposa il cervello non ancora abituato alla nuova sensibilità».

«E poi domani avrai già dimenticato il peccato sentimentale di questa notte: ti vestirai con eleganza, lentamente, curando che i colori della cravatta si armonizzino alla tonalità della tua faccia stanca — camminerai nelle vie pomeridiane, poco affollate, pensando ad un soggetto tra l’ironico e l’originale per il lavoro della sera (le ore della sera, nella camera chiusa, quando vuoi che mi fonda nelle tue pagine e mi stringi avidamente, mi stringi fino allo spasimo) — e nella sala del solito caffè, mentre l’orchestra tace, ti metterai al tavolino degli amici, dopo aver baciato qualche mano di donna. Almeno una di quelle donne ti piacerà — le occasioni non mancano, libri e riviste nuove — e tu le dirai perfidamente che tutta la notte ài [p. 89 modifica]pensato ai suoi capelli neri, i suoi capelli tirati sulla nuca, i suoi capelli affascinanti quasi come l’espressione degli occhi — i suoi occhi di cipria e di velluto.....».

«Non vi è niente che ritorni, niente che si fermi nella vita — e il tuo temperamento umano à sete di superarsi, à bisogno di gareggiare con le macchine per la conquista del futuro. Ma qualche volta i muscoli si piegano ed il sonno non basta a rinfrancarli — non sono ancora perfetti, sono ancora di questa generazione — vogliono l’ossigeno di una vecchia canzone. Poi ritornano a funzionare, perchè le vecchie canzoni se illudono i sensi non li soffocano — le palpebre che si erano abbassate si spalancano all’improvviso ed ànno sete di sole — la nostalgia è l’oppio, la droga, il vizio dell’umanità, è un male puramente fisico — lo spirito è sempre legato alla più cruda realtà».

«.....Hai ballato il tango con Sona nell’hall dell’Albergo Peruviano — il suo corpo fasciato mollemente di seta strisciava nell’abbraccio delicato — cedeva con un tremito morboso — pesava, pesava ferocemente sui tuoi nervi brutali — e il tango ti obbligava a camminare, a camminare senza riposo, con un tormento crudele».

«Tu pure, come tutti, non trovi nell’amore la felicità — l’amore è bello soltanto quando dondola come un frutto proibito tra il desiderio e l’avventura, à il fascino di una cosa nuova, di una speranza sconosciuta. Poi diventa monotono, tedioso, sensualmente cronometrico: anche se siete [p. 90 modifica]complicati, insaziabili, disastrosi, anche se avete la virilità e la femminilità di mille negri e di duemila odalische. Quando non è più possibile saziare i sensi vuol dire che il valore emotivo si esaurisce — allora si piange l’amore, si diventa nostalgici, si crea lo scetticismo, il pessimismo, l’ironia, la degenerazione e l’inutilità».

«Ti ò condotto a questa conclusione per farti comprendere che la tua vita moderna si potrebbe definire il funerale dell’amore».

«Il funerale dell’amore: ài pranzato in un ristorante di lusso, alle dieci di sera — sei uscito lentamente, nascondendo lo smoking con un soprabito nero — sei passato nelle vie del centro adocchiando qualche snella passante. Poi il Tabarin, i colori pazzeschi, le nevrastenie di un jazz, le cento lire del champagne. Venti copie malate di shimmy: pigre, barcollanti, slegate, incoscienti, striscianti, deboli come la tua sensibilità. Quella donna ti piace: vestita di un verde calmo, affettuoso, di un verde famigliare che contrasta immoralmente con il viso elettrico, i capelli semisferici, le braccia da ginnastica svedese. Tu l’inviti a ballare un fox-trott non troppo furioso e misuri il tremito del suo grembo, l’elasticità dei seni, la morbidezza della schiena, il profumo che usa, le pretese che à. E’ impiegata di Banca ma passerà la notte con te, anche il giorno se vuoi. Uscite alle due e prendete un taxi — tu la baci una volta sola perchè il tragitto è brevissimo. La camera silenziosa, il letto grande, una vera palestra di esercizi sessuali. L’ [p. 91 modifica]impiegata di Banca ti racconta la storia del suo primo amante, il suo primo amante che l’à vigliaccamente tradita, il ricordo la fa piangere lievemente appoggiata alla tua spalla, le tue mani la consolano spogliandola. Rotolate tra le coltri di lino, mordendovi. Sorpassate i limiti tollerati dal procuratore del re».

«Il funerale dell’amore: l’appagamento fisiologico non à nessuna compensazione sentimentale — è sentimentale soltanto la tua nostalgia perchè il passato non ritorna — se ritornasse sarebbe noioso, sarebbe sterile come il cervello di un inglese».

«Tu devi dare l’ossigeno della nuova vita alla tua sensibilità — scuotere violentemente l’inerzia della tradizione che ti massacra — cercare la corrispondenza naturale dei tuoi sensi. Ti ò cullato con le braccia di un’amante per mostrarti fino in fondo le risorse della nostalgia — ài avuto l’impressione di un godimento artificiale, quasi snervante, senza fecondità. Il tuo temperamento à l’incertezza ubriaca degli altri uomini. Non si appaga più e vuole attaccarsi con disperazione ai vecchi nutrimenti spirituali. Ho fede soltanto nel tuo istinto, al quale devi ubbidire, concedergli i pieni poteri, eleggerlo dittatore, re, imperatore, semidio e dio di ogni azione».

«Ecco: l’intuizione mette lo stato d’assedio nel tuo cervello, imprigiona le malinconie, processa i ricordi, afferra l’amore per il collo e lo scaraventa molto più in basso, sotto il cuore, più giù ancora...».

«Ora che sei libero di ogni zaino morale, che ài [p. 92 modifica]dimenticato Sona e le altre donne, che non ti commuoverai nella masturbazione di una tristezza, ora finalmente cominci a vivere. T’immergerai violentemente nel bagno caldo della modernità, ma nudo, senza cerotti sentimentali che ti riparino qualche parte del corpo. Tu subirai la seduzione fatale della meccanica e dello sport — andrai alle grandi gare, farai parte dell’entusiasmo, della passione collettiva. Ti convincerai come sia più sensuale e come generi più equilibrio di sentimenti un circuito internazionale, dove corrino, rosse, le automobili italiane. E il tuo cervello, lentamente, inesorabilmente, assorbirà e tradurrà lo spirito della materia viva in movimento».

«Ti ò insegnato la strada della verità, questa prostituta secolare che diventa onestissima e fedele sposandola con l’ambiente. La felicità comincia dove si soddisfa la sensibilità». [p. 93 modifica]

Farro Marchi incontrò un amico giornalista. Passeggiarono per via Roma, Piazza Castello. Il giornalista sarebbe partito due giorni dopo per Parigi, inviato speciale ad un Congresso qualsiasi — si stimò in dovere d’invitare a cena lo scrittore. Mentre si avviavano all’Alfieri chiese a Farro se aveva deciso di stabilirsi per sempre a Torino:

— «No: è una città troppo lontana dal movimento intellettuale. Ritornerò a Roma tra qualche giorno. Mi piace Torino come vita industriale, solidità costruttiva, ma la mancanza di un commercio vario ed internazionale impedisce lo sviluppo artistico. Rimando la partenza perchè voglio assistere alle prove del nuovo motore FIAT — m’interessa moltissimo. Il prossimo anno andrò al Gran Premio d’Europa».

Entrarono all’Alfieri — un’orchestra tzigana si dissanguava mollemente — il primo violino accompagnava la musica col movimento elastico del corpo

Un tavolino d’angolo quasi appartato dal resto della sala: dopo qulche minuto Farro guardò distrattamente le figure riflesse in uno specchio — sussultò. Dietro di lui, a due tavolini di distanza, Sona Vinki cenava con un uomo, uno sconosciuto [p. 94 modifica]alto ed elegante. La polacca doveva già averlo notato perchè gli sorrise. Farro si voltò immediatamente, salutandola con un inchino.

Una vampata di sensazioni impreviste gli turbinò nel cervello — temette per un attimo di sentirsi vinto, piegato dal rimpianto — ma nessuna forma emotiva lo dominò. L’impressione non era che superficiale, indipendente dai sensi. Nei giorni passati, molte volte, era stato incerto tra la sicurezza più assoluta e il dubbio che rivedendo Sona non riuscisse a frenare il sentimento cicatrizzato. Ora invece un equilibrio cerebrale, lucidissimo, gl’impediva ogni tristezza — un respiro largo di liberazione gli dilatò le ultime riserve dell’ottimismo. Concepì finalmente il potere definitivo della propria individualità.

Osservava Sona attraverso lo specchio: era impossibile che quella femmina, bella di una bellezza strana, quasi nordica, aumentata dall’espressione mobilissima, fosse la stessa che aveva trascorso quattordici mei con lui. Eppure gli occhi grandi, la piega del sorriso, non erano cambiati — ma il pensiero non riusciva, non voleva combinarla col ricordo. La polacca gli sembrava un’altra — la valutava con uno sguardo di novità — neppure una sfumatura si riallacciava all’abitudine dei sensi. Comprese facilmente che il passato era isolato, ridotto al periodo della gioia trascorsa, senza possibilità di rinascita. Quella femmina non era Sona, non aveva nulla in comune con lei. Anche lui era un altro, completamente diverso. [p. 95 modifica]

Tutte le imbottiture teoriche piazzate come reticolati contro l’amore si dileguarono — egli avrebbe iniziato un’esistenza nuova abbandonandosi alla forza motrice dell’istinto, ora che l’istinto non temeva più le suggestioni della malinconia...

Si alzarono: passando vicino all’altro tavolo Sona lo fermò. Poche parole verticali. Egli le domandò:

— Siete felice, Sona?

— Lavoro e mi diverto: non ho mai desiderato altro. E voi?

— Non so: comincio appena oggi a vivere.

FINE