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Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte prima/Del governo de' nuovi Re d'Italia

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Parte prima - Del regno de' Longobardi Parte seconda
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DEL GOVERNO DE’ NUOVI RE D’ITALIA.

Carlo Re de’ Franchi, che nominato fu poi Carlo Magno, sollecitato di lunga mano dal Papa Adriano I. venne l’anno 774 con poderoso esercito in Italia, ed assediato il Re Desiderio in Pavia ebbe poco dopo e la città ed il Re in suo potere; con che ebbe fine il Regno longobardico, che aveva durato pressochè dugent’anni.

Il Re Carlo vincitore senza punto cangiare il sistema di governo, nè abolire le leggi stabilitevi prese il titolo di Re d’Italia, che aggiunse a quello di Re de’ Franchi. Egli dichiarò poi, e fece riconoscere Re d’Italia Pipino suo figlio. Nell’anno 780 Pipino volendo muover guerra a Tassilone Duca di Baviera unì il suo esercito in Trento, e tolse ad esso Tassilone la città di Bolgiano, ch’egli aveva occupata.

[p. 57 modifica]Carlo Magno nell’anno 800 fu proclamato solennemente in Roma e consacrato nella festa del santo Natale da Papa Leone con acclamazion universale Imperator de’ Romani in Occidente, dignità che da trecento anni era pressochè obbliata. Il nuovo Augusto venne poscia da Niceforo Imperatore di Costantinopoli riconosciuto per suo collega, e furono determinati i confini dell’uno e dell’altro Impero. Carlo Magno protesse grandemente e favorì la religione e la chiesa romana. Egli governò i vasti suoi Stati con ammirabil saggezza, e tutti gli storici hanno celebrate le sue virtù.

Dopo la morte di Carlo Magno, e di Pipino suo figlio il Regno d’Italia cadde a Bernardo figlio di Pipino ancora in tenera età. Questi fatto maggiore essendo entrato in una lega o cospirazione contro Lodovico Imperatore e Re de’ Franchi suo zio fu da esso privato della vita e del Regno; dopo di che Lodovico riunì nella sua persona i Regni d’Italia e di Francia, e tutti gli Stati posseduti da Carlo Magno. A Lodovico succedette nel Regno d’Italia Lottario suo figlio, il quale fu involto in aspre guerre e contese prima contro l’Imperatore Lodovico suo padre, e poi contro Lodovico Re di Baviera, e Carlo il Calvo Re d’Aquitania suoi fratelli. A Lottario succedette Lodovico suo primogenito, che alla corona d’Italia unì pure la corona imperiale col nome di Lodovico II. Egli ebbe [p. 58 modifica]lunghe guerre coi Duchi di Benevento, ma che ebbero luogo solo in quella contrada, nè turbarono punto durante i vent’anni del suo regno la pace di tutto il rimanente d’Italia, la quale perdette in esso uno de’ migliori Principi. A Lodovico II. succedette nel Regno d’Italia e nell’Impero Carlo il Calvo Re di Francia. A questo succedette Carlomanno, ed a Carlomanno Carlo il Grosso, col quale perì il lignaggio dei Carolingì; ossia dei discendenti da Carlo Magno.

Non si dee tralasciar d’osservare, che dopo la caduta di Desiderio ultimo Re dei Longobardi avvenuta l’anno 774 fino al regno di Carlo il Grosso, che fu proclamato Re l’anno 879, tutta quella parte d’Italia, che s’estende dal Tevere fino alle Alpi, e per conseguenza anche il Trentino goderono quasi pace perpetua e sicura non meno dagli assalti de’ nemici stranieri che da’ movimenti di guerre intestine, e quantunque i discenti di Carlo Magno mosse abbiano più volte le armi gli uni contro gli altri, l’Italia ebbe la sorte di non essere mai il teatro di quelle guerre.

Fino dal nono secolo i Vescovi avevano in Italia come altrove ognuno nella sua città e diocesi autorità grandissima nel temporale per concessione e voler dei Re. Le lettere e le scienze erano decadute sì fattamente, e tal era l’ignoranza universale in Italia, che chiamar convenne i maestri dagli ultimi confini [p. 59 modifica]d’Occidente, e del Nord. Carlo Magno fu il primo, che procurò di ricondurvi, per quanto fosse possibile, lo studio delle scienze e delle lettere fondandovi alcune scuole, alle quali aveva preposti due monaci Irlandesi. Molti anni dopo, cioè l’anno 827 fu fatto venire di Scozia un monaco per nome Dangalo, che resse lo studio di Pavia, e fu autore delle scuole di Torino, di Fermo, di Verona, di Vicenza, e di Cividal del Friuli, alle quali dovevano concorrere gli scolari da tutte le altre città del Regno italico. Alla scuola di Verona concorrer dovevano gli scolari dei territori di Mantova e di Trento, siccome ordinò Lottario in un suo Capitolare.

Durante il regno de’ Carolingi due memorabili congressi ebbero luogo in Trento. L’anno 855 desiderando l’Imperatore Lodovico II. d’avere un abboccamento con Lodovico Re di Germania suo zio a fine d’averlo favorevole, allorchè mancasse di vita Lottario Augusto suo padre, il congresso dei due Monarchi seguì in Trento, ove dopo aver trattati molti rilevanti affari partironsi amendue in perfetta concordia1.

Altro congresso seguì nella città di Trento l’anno 872 tra Angilberga Augusta spedita colà dall’Imperator Lodovico II. suo marito, e tra Lodovico Re di Germania di lui zio, ed una convenzione fu stipulata tra di essi [p. 60 modifica]intorno alla futura successione in alcuni Stati 2.

Dopo l’estinzione della stirpe de’ Carolingi fino all’elevazione dell’Imperatore Ottone I. avvenuta l’anno 991 la storia d’Italia non ci presenta nei regni, ch’ebber luogo entro quest’intervallo, che discordie e guerre civili tra i varj pretendenti al trono, fazioni e partiti tra i Duchi, Marchesi, e Conti, ed altri Grandi del Regno non meno che tra i Vescovi, or in favore dell’uno, or dell’altro de’ Principi aspiranti alla corona, orditure di frodi insigni e d’inganni tramatì alle corti di questi Signori, le lettere del tutto spente malgrado dell’istituzione delle scuole summentovate, ed i costumi feroci e barbari.

Le guerre di Berengario I. Re d’Italia, che per l’innanzi era Duca del Friuli, contro Guido Duca di Spoleti, ed indi di Arnolfo Re di Germania venuto con grosso esercito in Italia per iscacciare Guido dal trono, e poi di Lodovico Duca di Provenza, e di Rodolfo, e di Ugo, e d’altri Principi per la conquista del Regno d’Italìa, seguirono lungi dalle nostre contrade, e non ne turbarono guari la tranquillità e la quiete: ma essendo calati entro questo tempo due volte in Italia gli Ungheri, popoli barbari venuti dalla Scizia come gli Unni, che infiniti saccheggi e crudeltà vi commisero particolarmente nella [p. 61 modifica]Lombardia, possiamo credere, che anche a Trento ed al suo territorio toccata sarà la sua parte di questo flagello.

Di Berengario I. leggiamo, che l’anno 888 venne egli in Trento incontro al Re di Germania Arnolfo missis ante se Principibus suis, ipse vero in oppido Tarentino (dee leggersi Tridentino) Regi Arnulfo se præsentavit, nihilque ei ante quæsiti regni abstrahitur. Excipiuntur Curtes Navìum, et Sagum, che il Re Arnolfo volle per se3. Non si saprebbe dire, ove fosse quel Sagum qui mentovato, ma Navium è quella villa sopra Trento alla riva dell’Adige chiamata oggidì la Nave ov’è il porto, per cui si passa il fiume, e si va quindi a Mezzolombardo, e nella Valle di Non.

Berengario II. venendo l’anno 950 di Germania con alcune truppe a fine di torre il Regno d’Italia al Re Ugo incontrò nella provincia di Trento una fortezza chiamata Formicara, che arrestavalo nella sua marcia. Era in quel tempo Governatore o Marchese di Trento un cotal Manasse già Vescovo di Arles in Francia, il quale lasciata quella chiesa era venuto in Italia a cercar miglior ventura presso il Re Ugo suo compatriota, ed aveva da lui ottenuta l’amministrazione e le rendite delle chiese di Trento, di Verona, e di Mantova. Manasse aveva posto alla guardia di [p. 62 modifica]Formicara un suo cherico chiamato Adelardo. Berengario accostatosi a quel castello in luogo d’impiegar macchine per espugnarlo persuase Adelardo a portarsi dal Vescovo Manasse, ed esortarlo a cedergli quella piazza, e favorire il suo partito promettendogli, che salito sul trono avrebbe fatto Adelardo vescovo di Como, e Manasse arcivescovo di Milano. Manasse infedele del pari che ingrato al Re Ugo non solo ordinò, che la fortezza data fosse a Berengario, ma favorì pure caldamente il partito di lui per modo, ch’essendo egli stato ricevuto di buon grado dal Conte o Governator di Verona non andò guari, che tutta la Lombardia malcontenta del governo di Ugo gridò il nome di Berengario, e il riconobbe Re d’Italia.

Berengario teneva ingiustamente rinchiusa nel castello di Garda la Regina Adelaide vedova del Re Lottario, bella e virtuosa Principessa, perchè ricusava di prendere in secondo marito Adalberto figlio di lui. Questa ingiustizia e crudeltà verso una innocente Principessa, e le altre ingiustizie, che Berengario esercitava nel suo governo, eccitarono contro di esso l’avversione e l’odio pubblico. Era Re di Germania Ottone I., il quale mosso dagli inviti de’ Principi e Baroni d’Italia non meno che dalla fama della bellezza e delle virtù di Adelaide sì indegnamente trattata, e pretendendo pur avere diritti sul Regno italico come successore di Carlo Magno, Carlo Grosso, [p. 63 modifica]ed Arnolfo, che possedettero riunite le due corone di Germania e d’Italia, venne in essa con forte esercito, e giunto in Pavia, essendo già fuggita della sua prigione Adelaide, egli si congiunse in matrimonio con essa. Berengario non avendo forze atte a resistergli gli si diè per vinto implorando la sua clemenza, e l’anno seguente andò in Germania, ove fece un atto, con cui dichiarò di riconoscere il Regno d’Italia da Ottone promettendo di volergli essere fedele e divoto; con che egli ottenne d’esser confermato nel regno. Quest’atto, che Berengario far volle forse allora solo per sottrarsi da un’imminente guerra, fu preso da’ Tedeschi per un patto di vassallaggio, in virtù di cui Berengario come Re d’Italia facesse omaggio de’ suoi Stati al Re di Germania.

Berengario tornato nel suo Regno non cangiò punto modi o costumi, talchè Ottone sollecitato nuovamente da varj Principi italiani, perchè venisse a liberarli dal giogo di Berengario, e singolarmente invitatovi dall’Arcivescovo di Milano, e dal Papa, che offerivano al Re tedesco il primo la corona italica, ed il secondo la corona imperiale, le quali in particolar modo da essi dipendevano, venne l’anno 961 con grande esercito per la parte di Trento in Italia. Berengario per opporglisi, e contrastargli il passo mandò verso Trento Adalberto suo figlio con un’armata di sessanta mila combattenti condotti in più [p. 64 modifica]colonne da varj baroni del Regno, ch’erano rimasti addetti al partito di lui. Or mentre quest’esercito di Lombardi stava in Trento aspettando l’armata nemica, avendo Berengario ricusato di rinunziare al figlio Adalberto il regno, come i suoi Baroni avevano richiesto, questi l’abbandonarono, ritornandosi tutti alle case loro; onde Ottone entrò senza alcun ostacolo in Italia. Si avanzò egli fino a Pavia, d’onde fu chiamato in Milano dalla dieta dei Grandi, e quivi proclamato e coronato Re di Lombardia o d’Italia con pompa, e con riti più solenni che mai, e con far uso in questa cerimonia della Corona di ferro divenuta poi sì famosa ne’ secoli appresso. Egli passò indi a Roma ove parimenti con grande solennità e festeggiamento fu coronato dal Papa Giovanni XII. Imperatore de’ Romani.

Le guerre, che Ottone I. ebbe nella Calabria contro gl’Imperatori greci, e quelle ch’ebbe contro i Saraceni Ottone II. suo figlio non turbarono punto la tranquillità della Lombardia. Anche le turbolenze insorte sotto Ottone III. per la sollevazion di Crescenzio, e pegli scompiglj avvenuti in Roma, ed in alcune altre città non si fecero punto sentire in Lombardia, la quale godette d’uno stato felice e tranquillo sotto il regno dei tre Ottoni tutti tre commendevoli per le loro virtù, il primo de’ quali ottenne pure il nome di Grande.

[p. 65 modifica]Le guerre poscia insorte tra Arduino Marchese d’Ivrea, ch’era stato proclamato da una parte de’ Principi e de’ Vescovi Re d’Italia, ed Arrigo Re di Germania proclamato pur esso da un’altra parte de’ medesimi dovettero turbare poco o molto la quiete e la tranquillità pur del Trentino; poichè Arduino sapendo che Arrigo veniva con un esercito per occupare il Regno d’Italia, corse con tutte le sue forze alle Chiuse dell’Adige, e le prese. Egli s’avanzò poi fino a Trento credendo, che colà calati già fossero i Tedeschi; ma non avendoli trovati se ne partì, e ritornò alle campagne di Verona. Fu nell’anno 1004, che il prefato Arrigo Re di Germania s’incamminò con possente armata verso l’Italia, e nel dì delle Palme arrivò a Trento; ma avendo ritrovate prese e ben fortificate da Arduino le Chiuse dell’Adige in maniera, che impossibile eragli di sforzare quel passo, prese la strada della Valsugana, e dopo molte difficoltà per monti scoscesi, e dirupi scese per quella parte al piano d’Italia4.

La guerra tra Arduino ed Arrigo ebbe fine colla morte di Arduino, e ad Arrigo poi succedette sì nella corona imperiale, come in quella del Regno d’Italia Corrado il Salico eletto Re di Germania, il quale donò a’ Vescovi di Trento il temporale dominio della città e del suo territorio, come appresso diremo.

[p. 66 modifica]Nella serie dei Re e degl’Imperatori sopra mentovati noi abbiam veduto, che altri erano Re d’Italia semplicemente, e non Imperatori, ed altri erano Re d’Italia ed Imperatori a un tempo stesso. Erano dunque due cose diverse la corona del Regno italico, e la corona dell’Impero romano, e come diverse venivano pur riguardate da quelli medesimi, che le cingevano ambedue. Carlo Magno assunse il titolo di Re d’Italia, e dichiarò pure e fece riconoscere Re Pipino suo figlio molt’anni prima ch’egli dal Papa, dal clero, e dal popolo romano acclamato fosse Imperator de’ Romani in Occidente. Così del pari Ottone I. fu prima dai Grandi del Regno italico adunati in Milano gridato Re d’Italia, e come tale coronato nella stessa città: indi passato a Roma fu coronato Imperator de’ Romani dal Papa Giovanni XII. Anche gli altri susseguenti Imperatori prima ricevevano la corona del Regno longobardico o italico dall’Arcivescovo di Milano, e poi dal Pontefice in Roma la corona imperiale.

Non solo durante la dominazion de’ Romani incominciando da Augusto, e poi sotto il regno de’ Goti Trento ed il suo territorio appartenne sempre all’Italia, ma anche sotto il regno de’ Longobardi, e poi sotto il governo di tutti i Re d’Italia fino all’epoca della donazion di Corrado a’ Vescovi, cioè fino all’anno 1027, Trento fu sempre una parte del Regno italico, e come tale soggetto alla [p. 67 modifica]sovranità e dominio dei Re d’Italia. Egli ebbe pur sempre il suo particolar governatore col nome or di Duca, or di Marchese, or di Conte, com’ebbero le altre principali città e provincie d’Italia. I Duchi, Marchesi, e i Conti non erano che uffiziali e ministri del Re, ed in suo nome, e per suo ordine governavano le città e le provincie, a cui erano preposti. Si chiamava Marchese quegli, che governava una città o provincia confinante ad un altro Stato, la quale era chiamata Marca, e quindi è che Trento ebbe un tempo un governatore col nome di Marchese come provincia di confine tra la Germania e l’Italia. I Conti, i Marchesi e i Duchi erano soggetti immediatamente all’autorità sovrana dei Re. Egli è vero, che i più potenti di questi Principi, come il Marchese di Toscana, d’Ivrea, il Duca di Spoleti, ed alcuni altri tentarono sovente di sottrarsi all’ubbidienza dovuta al Re, e governarono più o meno dispoticamente i loro territori, ed alcuni pur pretesero di rendere perpetuo ed ereditario nelle loro famiglie il governo e l’autorità ch’esercitavano; ma la subordinazione o l’ubbidienza dipendeva dalla maggiore o minore potenza e forza dei Re, e dalle diverse circostanze de’ tempi; ed è vero altresì, che fino a questo secolo i più di essi furono contenuti in dovere, e venivano pure talvolta dall’autorità regia trasferiti dal governo d’una provincia a quello d’un’altra, ed in quanto a quelli, che governarono [p. 68 modifica]Trento, non appare, che alcun di essi abbia mai tentato di sottrarsi all’ubbidienza dovuta ai Re, se si eccettua quel Duca Alachi o Alachisio, di cui abbiamo parlato durante il regno de’ Longobardi.

Carlo Magno aveva istituiti i così detti Malli o Placiti, che tenevano nelle città e provincie per rendere giustizia a’ litiganti i Missi Regii o Dominici coll’intervento dei Giudici o Scabini, e di tutto il popolo. Ottone il grande non isdegnava d’assistere personalmente a questi Placiti, e di decidere le liti de’ sudditi. Due di lui Placiti pro singulorum hominum justitia facienda leggonsi presso il Muratori, ed un solenne Placito tenuto l’anno 845 per ordine dell’Imperator Lottario, ovvero del Re Lodovico suo figlio nella Corte Ducale di Trento vien pure riferito dallo stesso autore5.

Trento fino dal secolo d’Augusto godette, come detto già abbiamo, l’onore e la [p. 69 modifica]dignità di colonia, ch’era una piccola immagine della romana repubblica. Essa conservò i suoi magistrati, ch’eleggeva dal suo seno, ed il governo e l’amministrazione interna di se medesima anche durante tutto il regno dei Goti. Se dopo l’invasione de’ Longobardi ella mutò stato e condizione, e soggiacque alla comune sventura di tutte le altre città d’Italia, ella divenne allora almeno la capitale d’uno dei trenta sei Ducati, ne’ quali fu diviso il Regno longobardico, e come tale ebbe sempre il suo proprio e particolar Duca. Estinta la dominazione de’ Longobardi, Trento nel nuovo governo dei Re d’Italia ebbe sempre ora un Duca, or un Marchese, or un Conte, come ogn’altra città principale d’Italia. Fu l’anno 1027, che l’Imperatore Corrado il Salico fece solenne donazione ad Udalrico Vescovo di Trento ed a tutti i suoi successori in perpetuo del temporale dominio della città e del territorio di Trento. Egli donò a’ Vescovi Comitatum Tridentinum (sono le parole del Diploma) cum omnibus suis pertinentiis, et utilitatibus illis, quibus eum Duces, Comites sive Marchiones hucusque beneficii nomine habere visi sunt. Questo Diploma porta la data pridie Kalendas Junias 1027, anno Regni nostri tertio Imperii primo. Actum Brixæ feliciter. Quantunque nel Diploma non sia espressamente nominata la città, non dee già credersi, come si è da alcuni creduto, che questa compresa non fosse [p. 70 modifica]nella donazione, o che Trento una città fosse allora indipendente e libera. I Duchi, i Conti, e i Marchesi è indubitato, che governavano non solo il contado, ma anche e principalmente le città: dunque la donazion di Corrado abbracciava pure la città di Trento; poich’egli donò a’ Vescovi tutto ciò, che al governo de’ Duchi, Marchesi, o Conti prima apparteneva. Oltre di ciò niuna città di Lombardia era allora libera; ma tutte le città governate erano da un Duca, da un Conte, o Marchese, e la loro libertà ebbe un’epoca assai posteriore. Un contado significava in quei tempi una città col suo territorio, come ampiamente dimostra il gran padre della storia d’Italia Muratori in più luoghi, e segnatamente negli Annali all’anno 1001. Di cotali donazioni fatte in questi tempi dagli Imperatori a’ Vescovi sotto il nome semplicemente di contado delle città e de’ lor territori moltissimi altri esempj reca il citato autore, tra i quali uno è il documento della donazione fatta dall’Imperatore Arrigo III. l’anno 1041 del Contado di Bergamo al Vescovo di quella città. Così, soggiunge egli, cominciarono i Vescovi ad acquistare anche il governo temporale e il dominio delle loro città.

L’Imperatore Corrado il Salico nello stesso anno 1027 donò pure allo stesso Vescovo Udalrico ed a’ suoi successori in perpetuo Comitatum Venustensem cum omnibus (sono le parole del Diploma) districtis, [p. 71 modifica]placitis, cunctisque functionibus, et redibitionibus a nostro jure et dominio in suum jus et dominium trasfundendo in perpetuum damus, atque tradendo confirmamus: ed in tal guisa gli donò pure Comitatum Bauzanum cum pertinentiis.

La città di Trento dopo la donazione di Corrado passata nel temporale dominio de’ suoi Vescovi non peggiorò punto sua condizione; poich’ella divenne la capitale d’un vasto territorio, che cominciando alla Chiusa di Verona estendevasi di qua e di là dall’Adige fino alla Chiusa di Bressanone. Ella divenne la città di residenza de’ suoi Principi, che in essa avevano la loro corte, ed in essa erano stabiliti i supremi tribunali di giustizia, e di governo. Il Principato di Trento insieme colla città fu ne’ susseguenti secoli invaso più volte, ed occupato da armate inimiche, ed alcuni de’ suoi Vescovi Principi dovettero pure per un tempo andar esuli dal loro Stato, ma essi il ricuperaron poscia in gran parte, e dopo le sofferte perdite conservaron ancora un considerabile avanzo del loro antico dominio, formante fino al tempo della secolarizzazione de’ Principati ecclesiastici la popolazione di cento ottanta mila anime. Trento fino a quest’epoca fu costantemente la capitale del Principato, e la residenza dei suoi Principi Vescovi. Essa aveva un illustre Capitolo, a cui apparteneva il diritto d’eleggere e di dare un Vescovo alla Diocesi, ed [p. 72 modifica]un Principe allo Stato. In essa risiedeva il Consiglio aulico de’ Principi Vescovi, ch’era il supremo tribunal di giustizia e di governo di tutto lo Stato. Essa aveva un civico Magistrato composto ogni anno de’ più nobili e ragguardevoli cittadini, fregiato di molte ed insigni prerogative, il qual pure il lustro accresceva e lo splendore della città. Essa diede i natali a molti esimj personaggi, che onorarono la loro patria, ed il secolo, in cui vissero, e fu in ogni tempo città illustre e cospicua per più titoli, come vedremo nella seconda parte di queste Memorie.



Note

  1. Murat. Annali d’Ital. Anno 855.
  2. Murat. Annali d’Ital. Anno 872.
  3. Muratori Annali d’Ital. Anno 888.
  4. Muratori Annali d’Ital. Anno 1004.
  5. Muratori Annal. d’Ital. Anno 845, e tutto intero questo insigne documento vien rapportato dallo stesso Muratori nel Tom. II. p. 971 delle Antiquitates Italiæ medii ævi. Una parte di tal documento può leggersi pure nelle Memorie antiche di Rovereto p. 24 e segg., ove nominate vengono molte persone di varj luoghi del Trentino, che a questo Placito intervennero, tra le quali leggonsi Hagito de Prissiano (cioè di Pressano) Aledeo de Miliano (cioè forse di Meano) Blandus de Civitiano, Avardus de Pergines, Petrus de Marcus, Luppo de Tiarno, Martinus de Avi, Vitalis de Murius, Maurontus de Castellione, Gisembertus de Lenzimas, Grimualdus Notarius Civis Tridentinus hoc Placitum, sive Judicatum scripsit.