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VI

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V VII
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VI.

Quando la disdetta ci si mette, è inutile, non si può vincerla, nè impattarla. La casa era in ordine, gli appartamenti in pieno assetto. Ma il capo di scuderia, quell'inglese antipatico, aveva, laconicamente sì, ma colla più testarda ostinazione, chiesti i suoi otto giorni.

Proprio in quell'epoca! Andava via all'ultimo di settembre, e verso i due o i tre d'ottobre capitavano i conti Garbi, i primi fra gli invitati.

Giuliano era sulle spine. Come supplire lì per lì? E per l'appunto gli premeva immensamente d'avere in quei giorni un servizio elegante, inappuntabile di scuderia. Voleva telegrafare a Parigi, a Londra, a Napoli. [p. 146 modifica]

Ma il signor Damelli gli diede un suggerimento più pratico:

— Provi Drollino.

— Drollino! — disse il Duca, attonito e scontento. — Drollino!

Poi, ripensandoci, cominciò a persuadersi.... Dopo tutto.... aveva un personale adatto, quel monello! E, ormai, della sua valentìa non poteva più dubitare.... tutti lo designavano pel più intelligente ed elegante fra i direttori della tenuta.... È vero che era un caratteraccio caparbio, insolente..., ma.... per la circostanza poteva tornar utile; e il Duca non pensava certamente a nutrire rancori verso un palafreniere che per ignoranza, senza dubbio, era stato disobbediente ed ostinato.

Non disse nulla, però, al signor Damelli. Si rivolse invece alla Duchessa.

Milla, lietissima, ringraziò con effusione Giuliano.... per quel pensiero così delicato. E subito mandò a chiamar Drollino. [p. 147 modifica]

Quando se lo vide davanti serio, quasi cupo nel sembiante, rimase per un momento imbarazzata, e l'esito della commissione non le parve facile come le era parso un momento prima.

Non gli diede l'ordine di venire — Milla non sapeva dar ordini; — gli spiegò la cosa e il bisogno che avevano di lui, in un modo gentile, esitante..., pregandolo d'accettare, per far piacere al Duca, che aveva sentito a dir tanto bene di lui.

Conviene supporre che l'espressione del viso di Drollino fosse poco incoraggiante, perchè Milla si sentì intimidita, e seguitò, con una voce mite mite, a dar spiegazioni, ad accatastar motivi. Tutto ciò, in fondo, era ridicolo; ma Milla l'aveva proprio quel mal vezzo di profondere con chicchessia quelle sue squisite delicatezze di riguardi. Temeva sempre di urtare qualche suscettibilità, di ferire qualche recondita sensibilità di fibra....

Drollino, sulle prime, ebbe la decisa intenzione [p. 148 modifica]di rifiutare. Lui.... al servizio del Duca!... ah!... no, mai!

Ma egli non poteva spiegare a sè stesso cosa accadeva nel segreto dell'animo suo; la resistenza a quel desiderio di Milla pareva farsi sempre più difficile.

Rimase stranamente perplesso per un minuto; ascoltando la voce di Milla, udendo quella sua frase gentile: «e anche a me, sai, farebbe tanto piacere,» ebbe la coscienza d'un potere arcano che lo attirava invincibilmente. Si fece triste, e guardò a lungo, con una espressione quasi smarrita, i fiori variopinti del tappeto. Poi alzò gli occhi e, di sfuggita, guardò lei.

— Verrò.... — disse lentamente, con isforzo, come se una possa arcana, alla quale egli obbediva a malincuore, gli imponesse quella parola d'adesione.

— Oh! bravo, bravo — disse Milla, picchiando le manine una contro l'altra. — Bravo, Drollino, così va bene. Vieni subito. Ora, abbiamo gente — [p. 149 modifica]continuò animandosi — e il signor Duca sarà contento.

Egli, freddissimo, s'inchinò ed uscì.

Appena fu sotto al portico, si fermò; subitamente pentito. Cos'aveva fatto? Aveva accettata una nuova forma di schiavitù; ora non potrebbe più battere la pianura in libertà, diventava anch'egli un servitore come gli altri, un servitore del signor Duca. Sentì un impeto d'ira gonfiargli il cuore, e si voltò per tornare indietro, per andar a dire alla Duchessa che, assolutamente, non poteva. Ma quella strada da rifare gli parve difficile, troppo difficile. Fece un gesto d'ira, contro sè stesso. Giunto a casa sua, sellò Mia, e per molte ore del pomeriggio nelle più lontane distese dal pascolo, suonò concitato un galoppo che non s'allentava mai.

Era venuto l'ottobre, e con lui gli ospiti attesi. Astianello diventava una villeggiatura alla moda. Tutti i giorni qualche gita, qualche divertimento; la servitù era sempre in moto, naturalmente. [p. 150 modifica]

— Ecco — disse Battista, il cameriere del Duca, accennando una signora a Drollino dalla finestra del tinello — è quella là!

— Ah! — disse Drollino semplicemente.

— Bella donna, perdio! — continuò Battista. — Sett'anni, capisci! Ora naturalmente è finita, ma è curiosa però che sia venuta anche lei, eh?

— Curiosa — ripetè Drollino. — È una bella donna, infatti.

Era una bella donna veramente, sana, forte, attraente. In vece di dignità, la sua fisonomia possedeva un certo fascino pronto, ricco d'infiniti sottintesi d'espressione. Era eccessivamente, fatalmente donna, e sapeva anche esser signora senza pregiudizio d'ogni altra sua prerogativa. Accanto alla semplicità delicata di Milla, pareva ancor più pomposa e stranamente elegante. Nella sua ardita acconciatura da mattino; la sua freschezza matura somigliava alla fioritura opulenta d'un fiore esotico, dal profumo irritante. Aveva [p. 151 modifica]una chioma splendidamente fulva, una bocca grande, e un riso sonoro, che scopriva una dentatura irregolare, ma d'un bianco lucente, quasi di smalto.

Olga Dornelli Zorodoff era stata alquanto maravigliata dell'invito di Milla, e l'aveva accettato unicamente perchè l'aveva interpretato come una sfida di Giuliano. Aveva deciso suo marito ad accompagnarla, ed eran venuti. Dopo tutto, erano parenti di casa Lantieri, e la visita poteva assumere una apparenza di plausibità. Ed ora ella si compiaceva di esser venuta. Trovava che Milla non era punto male. Aveva capito subito che l'invito era stato una di quelle sublimi assurdità, delle quali non può esser capace se non la più ignara delle inesperienze, e l'idea d'un cordiale ammaestramento era penetrato nella mente ben disposta della ex-rivale. Il suo programma era benevolo: guadagnare l'animo di quella bambina, indurla a pienamente tradirsi, ridere un poco con lei, e dirle: — Bada, bimba; non va fatto così. Bisogna [p. 152 modifica]cangiar tattica. — Ordinariamente; queste educazioni fra donne sono una cosa molto spiccia.

Olga seppe ad Astianello guadagnare tutte le simpatie. Sin dal primo giorno, ebbe gli uomini dalla sua. E le donne, naturalmente, tennero dietro. Ma la Duchessa no. Milla aveva subito provata per la Baronessa una specie di avversione istintiva. La trovava più formidabile di quanto l'entusiasmo della sua determinazione gliel'avesse rappresentata. Vedendola, aveva subito imparata una crudele lezione. Non la temeva precisamente; essa era sicura di Giuliano, oh! sicurissima; ma, nel segreto dell'animo suo, avrebbe dato dieci, vent'anni della sua vita per poter cancellare dal suo passato quel momento d'insana temerità ch'essa, appena compito, aveva cessato di spiegare a sè stessa.

Non già che colla Baronessa fosse sgarbata, o mancasse come che sia ai suoi doveri di padrona di casa. Oh, no; era inappuntabile nel suo contegno, nella sua cortesia. Ma si sforzava ad esserlo, [p. 153 modifica]e talvolta, in quell'esattezza così rigorosa, lo sforzo era visibile. Olga cercava invano d'accaparrarsi quell'animuccia di ex-educanda, di cui voleva, moralissimamente, farsi un trastullo, poichè aveva generosamente rinunziato ad un altro genere di divertimento. Ma il suo fascino non la serviva bene in questa occasione. Milla non le era ostile; le era soltanto aliena. S'era bensì provata a trattarla altrimenti, come una amica; non le riusciva. Mentre la Russa l'avvolgeva, con un tatto infinito, nelle apparenze di un'intimità cordiale ed affettuosa, essa invece rifuggiva, quasi per istinto, da ogni dimostrazione d'intrinsichezza. Non sapeva, colla schiettezza ignara dell'animo suo prestarsi ad una commedia che non la persuadeva. Ond'è che agli ospiti in generale, Milla, con quella sua contegnosità enigmatica, riesciva meno simpatica di quella allegra Baronessa, sempre e così schiettamente cordiale. E Olga cominciava a trovare più facili, più piani i rapporti col Duca. [p. 154 modifica]

Il loro passato non li imbarazzava punto. Olga, colla sua semplicità sapiente, con quella sua inalterabile uguaglianza d'umore, l'aveva abolito. Con una manovra, d'un'audacia senza pari, aveva fatto punto e da capo. Era convenuto che fra lei e Giuliano non esisteva più se non l'amicizia.

Il Barone, dopo aver accompagnato sua moglie ad Astianello, era partito per certe caccie maremmane, ma promettendo di tornare per riprenderla e condurla poscia nel Mezzogiorno. Anche quello era un matrimonio che andava benissimo.

* * * * *

Si aspettava la colazione in giardino. Olga, seduta in una poltrona americana, si dondolava con una mossa pigra, che le stava bene. Milla, appoggiata alla balaustra del terrazzo, coglieva dei gelsomini; accanto a lei, la Contessa Garbi tentava con molto, ma vano buon volere un acquerello infelice. Più in là, due o tre signore si ostinavano al croket, col concorso degli uomini della brigata. Giuliano solo, postosi dietro la Contessa [p. 155 modifica]Garbi, guardava l'acquerello progredire, e pareva approvarne caldamente l'esecuzione; ma ogni tanto il suo grande occhio azzurro si distraeva.

— Mia cara Milla, tu disegni, nevvero? — chiese dolcemente la Baronessa.

— Avevo principiato, ma ora non disegno più, dacchè ho visto quanto è difficile per noi donne.

— Ma col tuo talento.... — fu pronta ad aggiungere la Russa. — Perchè hai un bel negarlo, cara mammoletta, tu hai proprio del talento, e per tutto....

— Trovi? — chiese Milla impetuosamente, dando, senza saper bene perchè, un accento di ironia a quella parola.

La Baronessa ebbe un sorriso indulgente, quasi materno.

— E tu non trovi? — chiese in tono sommesso.

Un silenzio, freddino assai, successe a quella domanda. [p. 156 modifica]

— Stupendo, — osservò Giuliano, alludendo al quadretto. Ma il suo sguardo inquieto errava da Milla alla Baronessa.

— Non so, — rispose Milla quasi distrattamente. Vedeva sul viso di Giuliano una specie di malcontento nuovo; e vedeva sul volto di lei un sorriso dolce, pieno di benevolenza, che la turbava profondamente.

Ah!... perchè l'aveva fatta venir lì quella donna così calma, della quale Giuliano ammirava tanto les toilettes!

Olga aveva fatto una confidenza a Milla. Quelle sue famose toilettes non erano mica di Worth! Gliele mandava una sarta modestissima, un vero genio dell'arte, ancora ignoto. Ella sola l'aveva indovinata, e si guarderebbe bene di dar l'indirizzo di quella sua scoperta ad un'altra signora. Per lei però, per Milla, sì, avrebbe fatta una eccezione. Ma Milla, adducendo a scusa l'affezione da lei serbata alla sua vecchia sarta, aveva rifiutato:

— No, grazie. [p. 157 modifica]

— Ah! — pensò Olga; E quando udì quel «Trovi?» lo mise da parte assieme al «No, grazie.»

La Garbi s'era alzata per andar a cercare più in disparte un gruppo d'alberi meno difficili a copiare.

Milla si vide sola fra suo marito e la Baronessa. Essi tacevano. La Duchessa provò un timore strano, che tacessero per causa sua. Un orgoglio intimo le morse il cuore, e di subito, cedendo all'impulso primo, che ancor non sapeva nè scrutare, nè dominare, s'allontanò.

I due però continuarono a tacere.

— Mio caro — disse finalmente Olga, — voi siete l'uomo il più fortunato di questo mondo. Vostra moglie è....

— Un angelo, — interruppe placidamente Giuliano.

— Ah! — continuò Olga non meno placidamente — lo sapete?

— Ma l'avete detto tante volte.... sfido io. [p. 158 modifica]

— Non mai abbastanza, mio caro. Quando si hanno delle fortune di questa entità, bisogna capacitarsene.

Egli alzò le spalle sorridendo.

— Creolo! — disse la Baronessa.

Giuliano si fe' serio. Non rispose. Guardava laggiù, in fondo, nelle brume della pianura.

Milla camminava diritta pel viale, senza voltarsi.

Olga disse ancora a Giuliano ch'egli aveva una moglie adorabile; glielo disse sei giorni dopo a cena.

Ordinariamente, non si cenava alla villa. Quel giorno, però, una gita lunga e divertentissima aveva ricondotto la comitiva ad ora tarda e s'era sentita la necessità di un gaio: souper.

Alle frutta la Baronessa tornò sull'argomento.

— Adorabile! Guardate come le sta bene quel costume pifferaro...; ecco.... avrebbe bisogno di esser sempre così.... contenta e animata. È di carattere molto calmo, nevvero?... [p. 159 modifica]

— Sì, — rispose Giuliano. E soggiunse: — Un poco di champagne, Baronessa?

— No, basta; grazie. Voi ne avete già bevuti cinque bicchieri... Veramente, questo è eccellente.

— Non c'è male, infatti; io però preferisco....

— Il Tokay, — suggerì prontamente la Baronessa.

Poi, in modo che si vedesse bene, si morse le labbra. Ah! le era sfuggito....

Egli depose il bicchiere e la guardò.... Ah! si ricordava! Sorrise e bevette. Dopo tutto, che male c'era?

Essa cominciò subito a parlar di tutt'altro. Poi, come se cercasse un rifugio più definitivo, tornò sull'argomento di Milla.

— Vi assicuro che è simpaticissima.

Giuliano si mise a ridere. — Proprio? — chiese. E, con quell'eterno vezzo che hanno tanti a questo mondo di mostrare o di fingere lo sprezzo di tutto ciò che loro appartiene, soggiunse: — Puh! una buona ragazzetta! [p. 160 modifica]

— Oh, Giuliano! — insistè la Russa. — Orsù, datemi retta; ascoltate il parere d'una vecchia amica.

— Vecchia?! — interruppe Giuliano, guardando cogli occhi lustri quel viso fresco, forte, sodo, dove la vita rigogliosa imperava.

Si guardarono sorridendo. Essa era sicura del pensiero che quella parola gli andava suscitando nella mente, sicura della parola che avrebbe tenuto dietro a quel pensiero.

E nella fiacca, pigra facilità dell'animo di Giuliano, nella vigliaccheria di quel momento, stranamente foggiato dai ricordi ravvivati dallo sciampagna, quella parola uscì lenta, strascicata sulle sue labbra:

— Vecchia, cioè prima!

— Oh! — rispose lietamente Olga — c'è qualche cosa di meglio dell'esser la prima.

— Cioè? — chiese languidamente Giuliano.

— Esser l'ultima, per esempio.

Egli non rimase soddisfatto. Fece una smorfia [p. 161 modifica]bizzarra, grottesca, e questa esprimeva un tale ammasso di contraddizioni intime, involontarie forse, ma così patenti, che la Baronessa non potè trattenere un gaio scoppio di risa.

— Quante sciocchezze! — rispose. — Ora datemi un mandarino, e state zitto.

Mentre sbucciava il mandarino, mandò di sbieco una lunga occhiata verso Milla, che calma, dignitosa, ma un po' pallida, guardava ogni tanto laggiù, verso loro.

«Perchè non hai voluto venir con me nel drag?» pensava la Baronessa. «Guarda ora!»

E si voltò verso Giuliano:

— Vi prego, fatemi fresco.

Gli porse il suo ventaglione di piume d'aquila, ed egli cominciò coscienziosamente a farle fresco.

— Il caffè.... — ordinò bruscamente la Duchessa, — di là.... in sala!

* * * * *

Drollino era capo di scuderia, disponeva e preparava gli attacchi, assegnava il posto ai cocchieri [p. 162 modifica]e ai palafrenieri. Egli non saliva mai a cassetto. Pure una volta gli accadde di farlo. E fu così.

La Duchessa voleva andare, sola, ad un certo santuario distante quasi tre miglia da Astianello. Accanto a quel santuario, in un vecchio convento, pochi frati agostiniani esaurivano quietamente l'esistenza propria e quella della casa. Fra essi si trovava il confessore della Duchessa, il buon sacerdote a cui era toccato il facile còmpito di guidare quell'anima innocente e soave. Essa andava a trovarlo ogni tanto, facendosi per lo più accompagnare da una vecchia cameriera. Suo marito, compiacente qual'era, le permetteva queste debolezze, col patto, ben inteso, di non farsene complice.

In quella notte, nella stanza coi parati celesti c'era stato un gran silenzio. Giuliano e Milla, turbati entrambi, avevano finto ognuno un sonno straordinario. Milla stava immota, tutta raccolta al suo posto, cogli occhi spalancati nel buio, [p. 163 modifica]colle mani strette tenacemente sul petto. Ora che nessuno poteva vederla, si mordeva le labbra.... Oh, com'era stata imprudente! Non accusava nessuno, no.... ma perchè soffriva tanto.... perchè il ricordo di tanti episodi di quella gita le riesciva intollerabile?.... perchè si rammentava ora tante piccole, piccolissime cose?... perchè le recavano un fastidio così intollerabile?... La sera precedente a quella notte s'era fatta tardi ballando nel gran salone illuminato.... ella li aveva visti più volte assieme... stretti nei giri molli d'una mazurka di Chopin.... Le altre coppie non ballavano a quel modo, pallidi, in silenzio.... Oh! come la martellava quel ricordo così recente! che ansie senza nome le destava in cuore! Si sentì quasi infelice. E pensò alla necessità d'un consiglio.... al conforto d'una parola intima, segreta di consolazione.... Sì, andrebbe al convento da padre Loria, ci andrebbe subito, di gran mattino, mentre le altre signore, stanche, dormirebbero ancora mentre lui.... Giuliano.... sarebbe tuttora addormentato. [p. 164 modifica]Il suo dolore senza nome, cullato da quella risoluzione, s'acquietò in una malinconia spossata, che le procurò un po' di sonno.

Giuliano dormì pure assai poco, durante quella notte. Era anch'egli profondamente turbato; nei sensi, nella mente, in quel po' di animo che Dio gli aveva consentito. Sentiva d'essere su una via pericolosa, di subire un fascino che non era meno potente di prima, benchè lo fosse altrimenti. Egli avvertiva bene, in quella specie di falsa amicizia che aveva, senz'avvedersene, stretta colla Baronessa, il fermento dell'antica passione, sentiva l'impero di quella donna ch'egli aveva creduto un momento di poter punire, mortificare, presentandosele in tutta la pompa della sua felicità. E ora, che suono bizzarro aveva quella parola in bocca sua!...

Ebbe anch'egli una brusca, strana consolazione. In fin dei conti, Milla non aveva diritto di lagnarsi di nulla. Egli era tuttora un marito.... fedele.... E lo sarebbe.... diavolo.... non c'era [p. 165 modifica]pericolo del contrario.... Ma non si poteva negare che Olga.... perdio, che donna di spirito! E il Viscontino! non era vero niente.... gliel'aveva assicurato lei, positivamente.

* * * * *

La Duchessa s'alzò di buonissima ora, dopo avere, nell'incerta luce del mattino che penetrava dalla porta socchiusa, gettato uno sguardo triste e appassionato verso Giuliano. Egli dormiva ora, bellissimo nella sua attitudine riposata e serena. Essa richiuse la porta, procurando di non far rumore, per non destarlo.

Mentre si pettinava, mandò giù la Carolina, la sua cameriera prediletta, ad avvisare che attaccassero subito la vittoria.

La ragazza, una bella e franca giovanotta, fece la commissione a Drollino. Questi chiese laconicamente:

— Sola?

— Eh! certo! — rispose la giovane, che trovava Drollino un originale mica antipatico[p. 166 modifica]chi vuol l'accompagni al convento a quest'ora? il signor Duca?... forse?...

Quel «forse» biricchino, e illustrato da un sorriso maliziosetto, avrebbe potuto essere un programma di conversazione; ma il capo di scuderia non lo considerò sotto quest'aspetto. Fece un cenno col capo, e s'allontanò.

— Stupido!... — pensò la ragazza mentre, leggermente indispettita, teneva dietro collo sguardo a quell'originale.

Questi se ne andò a dar gli ordini. Ma non accennò al cocchiere che avrebbe dovuto guidare la vittoria. Quando tutto fu pronto, egli stesso salì in serpino. La Duchessa scese verso le otto, vestita semplicissimamente, e seguita dalla Tonia, la vecchia guardarobiera. Il legno aspettava davanti alla scalinata dell'atrio. A cassetta, a fianco del domestico, stava Drollino, colle redini in mano, bellissimo nel suo raglan bianco.

Si misero in via, con un tempaccio malinconico. Una nebbia grigia serrava la campagna [p. 167 modifica]circostante, circuendo gli orizzonti in una sfumatura umida e greve. Giunsero finalmente, e la carrozza si fermò sul piazzale del Santuario. La Duchessa scese, e la sua delicata personcina scomparve dietro il portone, ingolfandosi nell'ombra mite e tiepida della chiesa. Drollino, facendo muovere lentamente i cavalli, aspettò un'ora all'incirca sul piazzale deserto, ornato da due filari di tisiche acacie, sulle quali il cadere continuo e minuto della pioggia produceva un lieve strepito cadenzato e susurrante. Finalmente Milla riapparve. Si fermò un istante sulla soglia, guardando il tempo.

Si vedeva che aveva pianto molto, e con quell'effusione ardente che, nei dolori delle anime giovani, diventa bene spesso un trasporto delirante. E doveva aver pregato con una fede intensa, piena di passione e d'angoscia. Il visino aveva pallidissimo, gli occhi gonfi e sbattuti, con un gran cerchio livido. Il labbro serbava ancora un po' di tremito, la mano stringeva sul petto il [p. 168 modifica]libro di preghiere, come quella d'un guerriero che preme l'elsa della spada consueta, nel giorno della battaglia.

Drollino vide tutto ciò. Sentì uno strano rimescolìo.... Ah! la padroncina piangeva.... la padroncina pregava.... Ed egli sapeva perchè.... Battista, il cameriere del Duca, aveva detto un giorno, tra due bicchierini di cognac: — La signora ha paura della Russa.... — E aveva ammiccato, in modo che si sapesse, che si capisse, perchè la padrona aveva paura della Russa.... Drollino fece avanzare i cavalli sino a che la vittoria fosse proprio di fianco alla porta; poi, gettate le redini fra le mani del domestico attonito, fu d'un balzo a terra. Rialzò il mantice e abbassò il grembiale di cuoio; porse quindi rispettosamente il gomito alla Duchessa per aiutarla a salire.

Allora soltanto Milla lo ravvisò. Sul suo visino stravolto passò il mesto sforzo d'un sorriso.... essa aveva ancora tanta voglia di piangere!... Ma nel suo [p. 169 modifica]sguardo stanco c'era come una inconscia preghiera, un ignaro appello alla compassione e alla simpatia. Essa era tuttora agitatissima; calda ancora del recente slancio religioso, aveva il cuore pieno di quell'entusiasmo profondo della preghiera che, di tutto, fa anima e fraternità! Ci voleva ben poco per maggiormente commoverla. Infatti, la vista di quella persona, ch'ella sapeva essere affezionata a lei, alla memoria del padre suo, le fece in quello strano momento un effetto non meno strano. Nel dolore delle sue inquietudini, del suo isolamento morale, Drollino le parve quasi un amico. Lo guardò con una dolcezza ignara, ma affettuosa, e per un momento, senza saperlo, come una persona stanca che cerchi un appoggio, trattenne la sua mano nuda, tremante, su quella, guantata di camoscio, che Drollino teneva pronta per aiutarla a salire.

Un brivido forte, ma tosto represso, agitò per un secondo la magra persona di Drollino. Un lampo, subito smorzato, passò nei suoi occhi neri; [p. 170 modifica]poi egli chinò la testa come un colpevole, e, sorreggendo Milla colla forza del suo pugno d'acciaio, l'aiutò a salire in carrozza. Essa non s'accorse per nulla dell'impressione violenta che Drollino aveva risentito in tutte le fibre dell'esser suo.

Drollino fu d'un salto a cassetta, e via, di trotto serrato, per la strada fangosa. La Duchessa, rannicchiata nel suo plaid, immersa in uno di quegli assoluti abbattimenti d'animo e di corpo che susseguono quasi sempre all'ardore d'un sincero sfogo della mente o del cuore, si abbandonava al rapido moto della carrozza. Il suo sguardo inerte si smarriva nella nebbiosità malinconica, velata di piova, della campagna. E Drollino faceva volare i cavalli. Li sferzava continuamente, eccitandoli con certi ehp! stridenti, che parevano metter loro il diavolo in corpo. Il domestico, intimorito, lo guardava ogni tanto, senza ardire d'interrogarlo. Nell'interno della vittoria la vecchia guardarobiera, sgomentata, [p. 171 modifica]ripeteva sommessamente delle innumeri Ave Marie. La Duchessa non avvertiva nulla di quelle preghiere, nè di quel timore. Calcolava quanti giorni dovevano passare, prima che spuntasse quello della partenza di Olga.

Giunsero a casa senza inconvenienti. Milla, nello scendere, s'accorse che a mala pena si reggeva in piedi. Si ricordò che non aveva ancor preso nulla; e perciò, invece di dirigersi verso il proprio appartamento, pensò di fermarsi un momento in sala da pranzo. Questa si trovava in un'altr'ala della villa, dove il rumore della carrozza che giungeva poteva benissimo non essere stato avvertito.

La tavola per la colazione comune non era ancora preparata; ma, in un cantuccio appartato nel vano d'una finestra, un tavolino elegantissimamente apparecchiato, faceva testimonianza di un allegro asciolvere, testè compiuto da due persone. Infatti, il Duca e la Baronessa Olga avevano allora finito di prendere il caffè. Erano [p. 172 modifica]soli; nè ospiti, nè servi. Nella stanza vicina però risuonava incessante il clic clac delle palle da bigliardo, urtantisi continuamente sul panno verde, e un incrociarsi non meno insistente di voci mascoline.

Olga era avvolta in un'ampia veste da camera di cachemir rosso cupo, e il suo collo spariva nelle pieghe intralciate d'una grande sciarpa di trina fiamminga. L'energia slava della testa spiccava maravigliosamente su quel piedestallo di trapunto e sullo sfondo di cuoio cesellato della tappezzeria.

La Baronessa sedeva, molto allungata, su una poltrona, con un braccio penzolone. Fumava una sigaretta di tabacco orientale ed un molle sorriso sfiorava, tra le fresche gote carnose, le tumide e rosse sue labbra.

Giuliano le era seduto vicino, a cavalcioni su una sedia, e teneva posata una mano sulla spalliera della poltrona. Aveva chinata la sua faccia, così bionda e regolare, verso di lei, tuffando con [p. 173 modifica]visibile piacere il naso armato di pince-nez, nel fumo acremente profumato della sigaretta. Poi d'un tratto, arretrando il naso colla mossa d'un fanciullo che s'allontana dal frutto proibito, mandò un sospiro tra mesto e comico.

— Ahimè! — disse poscia con un accento che anch'esso aveva un po' del burlevole, un po' del patetico. — Sapete cosa mi figuro in questo momento?

Ella lo sapeva benissimo, e non si diede la pena di chiedere cosa fosse. Ed egli, per non lasciar morire il discorso, finì la frase così:

— Mi figuro, il vostro boudoir granata e rosa.

— Sciocchezze.... mio caro; quel ch'è stato è stato. Non è egli convenuto che voi siete per l'appunto il più felice degli uomini? E se mai, in vita vostra, avete fatto delle corbellerie, è giusto....

— Ch'io le sconti, nevvero? — chiese Giuliano con un'amarezza d'accento che voleva esser patetica. [p. 174 modifica]

Ella ebbe un maligno sorriso:

— Ma, mio caro creolo, voi siete sempre stato molto indipendente, e avete voluto....

— No.... non fui io, a volerlo — rispose stizzosamente — è stata mia madre.

— Ah! — diss'ella.

E lo guardò sorridendo, con quel sorriso che scopriva tutto quanto il lucido avorio dei suoi denti. In quella giornata grigia, piovosa, nella atmosfera cupa dell'antica sala da pranzo, il suo volto aveva una formidabile espressione di vita, di moto, che aizzava il sangue.... Giuliano si sentiva diventar vile, vile.... vile....

Essa si mise a ridere, ma, nella direzione di quell'occhio azzurro, languido che la guardava ricordando, mandò un po' di fumo, che somigliava a un sospiro inebriante....

— Olga — disse il Duca senza curarsi d'abbassare la voce — ditemi, oh ditemi che non tutte le corbellerie sono irreparabili, e che quella immensa, mastodontica ch'io commisi nel prender moglie.... [p. 175 modifica]

Olga, con uno dei suoi più chiassosi scoppi di risa, gli troncò la parola in bocca. Aveva veduta la Duchessa, rigida, immobile sulla soglia, di fronte a loro.

Aveva udito? Giudicando dal suo aspetto, c'era poca speranza d'una risposta negativa. Ma Olga pensò che la fortuna arride agli audaci, e con un gesto appena percettibile avvertì Giuliano. Poi, con una disinvoltura superiore ad ogni plauso, s'alzò, e, col più amabile, col più cordiale dei suoi sorrisi, andò ad incontrar la Duchessa.

— Buon giorno, cara, come stai? Sono scesa di buon'ora, nevvero? Le altre dormono ancora.... che pigrone! E così, com'è andata la tua gita misteriosa?

Milla non rispondeva, nè accennava di udire. Ansimava, e, con un gesto nervoso e macchinale, tentava di togliersi i guanti.

— Poverina! — continuava Olga, sempre più premurosa, — si vede che sei molto stanca. Lo [p. 176 modifica]credo.... con questo tempaccio.... Stavo appunto dicendo a tuo marito....

— Sicuro.... sicuro — interruppe Giuliano, per secondare la Baronessa. — Giusto.... mi diceva, e io rispondeva che tu facevi malissimo, ch'era una delle tue ubbie solite, e che io permettendolo avevo fatto una corbel....

Ma la Baronessa, che studiava attentamente il viso di Milla, troncò con uno sguardo la trovata del Duca.

— Ti senti male? — chiese alla Duchessa, con un mirabile crescendo di gentilezza.

Milla non rispose; si sentiva la gola serrata da uno spasimo isterico. Eppure voleva parlare.... voleva dirla una parola atta ad esprimere il senso d'indignazione che la padroneggiava. Ma l'agitazione nervosa che scuoteva tutta la sua povera personcina fu più forte di lei. Milla si sentiva smarrire, non ci vedeva quasi più, sentiva nelle orecchie uno scampanio stridente. Vacillava, e, per non cadere, s'appoggiò con ambe le mani a un tavolino lì presso. [p. 177 modifica]

Olga le corse vicino, e volle sostenerla. Milla, nel suo smarrimento, avvertì il pericolo di quel contatto, e provò un sentimento così violento di ripulsione e d'orgoglio che per un istante si riebbe, galvanizzata.... Si rizzò, diede un passo addietro, e dalle labbra smorte le uscì un «No» vibrato.... pieno d'odio e di ribellione.

Nella vasta sala da pranzo ci fu un momento di silenzio.... poco piacevole.

Poi, a un tratto, la Duchessa svenne.