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Prediche volgari/Predica XXVI

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Predica XXVI

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Predica XXV Predica XXVII

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XXVI.

Come e che si de’ domandare a Dio1.

Si quid petieritis Patrem, in nomine meo, dabit vobis (Ioannis, XV capitulo).2 Le parole prealegate, dilettissimi, so’ del nostro maestro e signore Iesu benedetto nel Vangelio di Giovanni evangelista a xv capitoli: in sentenzia volgare dicono così: — Se voi domandarete alcuna cosa al Padre mio nel mio nome che è Iesu o vuoi Cristo, che tutto è uno, elli ve la darà. — Io ve l’ho già altre volte detto, e anco il ridirò: niuna grazia che domandi il Figliuolo di Dio al Padre suo Iddio, non li può èssare denegata; e però chi adimandarà al Padre per amore del Figliuolo, sempre ârà la grazia. Ma ogni cosa vuole ordine, a volere che ella abbi buono fine: elli si conviene imparare a chi nol sa, come si díe domandare alcuna grazia a Dio. In tre modi si vuole adomandare la grazia a Dio a volerla ottenere.

Prima. — Chi domanda si conviene che adomandi cosa che sia salute d’anima. Non si vuole domandare la grazia a Dio come la domandano talvolta i soldati; che diranno: — Deh, femmi una grazia, che abbi una buona e grande preda! — E talvolta sarà di quelli che si votaranno di darne parte a santo Antonio, e dannolili.3 [p. 304 modifica]

Siconda. — Che la cosa che tu adomandi, tu la domandi con fede, e che ella sia utile all’anima tua. E se tu non ârai fede, mai non ârai grazia da Dio. Omnia opera eius in fide:4 — Ogni operazione vuole èssare con fede. — La terza cosa che díe avere l’orazione si vuole che sia perseverante. Prima dico che sia con salute d’anima, siconda con fede, e terza perseverante. E questa tua perseveranza sia che poi che tu adimandi la grazia oggi, e elli non te la dà, domandala domane; e se esso non te la dà domane, e tu l’altro; e così fa’ che perseveri tutto l’anno, tanto che elli te la dìa; e se tu terrai questo modo nel tuo domandare a Dio, cioè cosa salutifera, con fede e perseveranza, tiene che tu ârai qualunque grazia tu adomandara’ a Dio.

La prima parte dico, che chi domanda debba domandare cosa utile. Noi parliamo oggi della orazione, e viene molto bene a proposito, però che stamane voi cominciate a fare i vostri bossoli. Voi avete a fare stamane cantar la messa quassù, nella sala del Consiglio; e dovete fare orazione a Dio, per modo che passi per queste tre vie, cioè sia a salute d’anima e con fede e perseverante, però che ’l nostro prego non si distende a uno solo, ma a tutta la città.5

Adunque, poniamo uno fondamento, il quale il dice il nostro Alisandro magno6, insignandoci a orare in una nostra adomanda, quando noi la facciamo a Dio; e dicelo [p. 305 modifica] in uno verso dove so’ sette modi dell’orazione. Pigliali e tielli a mente:

Ad quem quis clamet, cur, quomodo, quando, quid, unde.

So’ sette parole queste sette cose.

Prima, a chi s’addomanda la grazia: ad quem.

Siconda, chi la domanda: quis.

Terza, perchè s’adomanda: cur.

Quarta, come s’adomanda: quomodo.

Quinta, quando s’adomanda: quando.

Sesta, che grazia s’adomanda: quid.

Settima, donde de’ nascere la grazia: unde.

Vediamo queste sette cose in brevità, e faremo fine per istamane. Domane e posdomane io vi voglio trattare di due materie, per le quali comprendarai e cognosciarai la volontà di Dio, quando ella viene da lui, avendo tu a fare una cosa. Sabato io mi penso di trattare per l’amore della Donna l’Ave Maria. — A casa.

El primo modo d’orare si è ad quem: a chi si díe orare. Tre oggetti ti voglio mostrare, là dove colui che óra, díe levare la mente:

Primo, a esso Iddio.

Sicondo, a Cristo in quanto uomo.

Terzo, alla Vergine Maria con tutta la corte celestiale.

Prima si díe levare la mente a esso Iddio, imperò che nulla potiamo avere, se non solo da lui. Inde disse David profeta7: Ad te levavi oculos meos, qui habitas in coelis: — A te. Signore, io ho levati gli ochi miei, il quale abiti ne’ cieli. — Però levati in alto a Dio, quando [p. 306 modifica] tu di’: Pater noster qui es in coelis: — Padre nostro, il quale se’ nei cieli; — dove esso è unito col Figliuolo e co lo Spirito Santo. Non basta questo modo solo, chè bisogna l’altro.

Sicondo modo che bisogna aH’orazione8, bisogna che ricorra a Cristo Iesu in quanto uomo. E inde disse Paulo: Mediator ipsorum Deus est, Christus Iesus noster, qui dat et porgit petitiones hominum9: — Perchè Cristo è uomo di mezo fra Dio e noi, noi doviamo domandare a lui. — Anco in altro luogo pur Paulo ad Haehreos: Habemus advocatum apud Deum10: — Noi aviamo l’avocato apresso a Dio; — cioè Cristo Iesu, il quale sta dinanzi al Padre, e mostrali le piaghe, e Idio li compiace per li meriti suoi, e così egli versa in noi le grazie sue. Adunque, preghiamolo che per li meriti suoi domandi grazia al Padre, che noi aviamo tutto quello che ci bisogna. Anco poi11 bisogna altro.

El terzo oggetto bisogna, cioè la intercessione di Maria. Ode parola ch’io dirò, e ben ti dovarà piacere. Io dico in genere a tutta la città di Siena, e bisogna che ti sia detta: tanto è accetta la orazione di Maria a Iesu Cristo Idio, più l’ha cara e più la esalta12, che tutte le orazioni che ma’ feceno13 o fanno o faranno tutti gli apostoli, tutti li martiri e tutti li confessori e tutti i vergini e tutti [p. 307 modifica] i serafini e tutti i cherubini e troni14 e dominazioni e podestà e virtù e arcangioli e angioli e tutte l’anime giuste. E se fusse possibile tutti questi che io ti conto fusseno in uno, il quale continuamente pregasse Iesu Cristo Idio incarnato15 o deificato, elli non ârebbe tanto cara la sua orazione, quanto quella di Maria sola. Dice uno dottore, che più fa piegare Idio a dare [grazie]16 all’orazione e alla preghiera di Maria, e più condiscende ad adempiere ciò che essa domanda, che a tutte l’altre grazie che chiegono l’altre anime della gloria; e magiori so’ le grazie che Iddio dà a lei, che a niuna altra anima. La cagione si è, però che essa è quella che ha dato a Idio Padre lo interpetratore per noi, cioè Cristo Iesu, della sua propria carne. Essa Maria prega il Figliuolo, dicendo: — o Figliuol mio, io voglio questa grazia; — mostrandogli le mammelle, dicendo: — Fi gliuol mio, tu sai ch’io ti lattai; io ti governai nella vita mortale. — El Figliuolo si volta: — O Padre mio, io ti domando questa grazia, la quale la mia madre mi domanda a me. Vedi17, per tanta ubidienzia quanta io ti portai, guarda le mie mani, e’ miei piei, el mio lato e tutte le mie membra: per la salute della umana natura io volsi morire, e discesi a pigliar carne mortale per l’utilità loro. — Allora Iddio Padre dà la grazia al Figliuolo, e il Figliuolo la dà alla Madre, e così per mezzo di lei viene a noi. E così hai inteso, ad quem, a chi tu debbi dirizare la tua orazione: a tre, prima al Padre eterno, [p. 308 modifica] siconda a Cristo Iesu in quanto uomo, el terzo a Maria madre di Cristo, come mezana fra Cristo e noi. Noi aviamo anco delli altri avvocati: chi n’ha uno, e chi n’ha un altro, e anco chi n’ha più d’uno. Voi sapete che noi18 n’aviamo quatro; cioè i martori nostri del Duomo19. Tu hai veduto ad quem: a chi tu debbi avere l’oggetto tuo, a Dio e a Cristo e a Maria con tutta la corte celestiale. Avendo questi martori e avocati della città nostra, sempre li doviamo invocare. Io fo stamane uno viaggio e due servigii: io dico un poco più qui per non dire tanto nella sala del Consiglio, e però questo che vo’ dire ora, non è cosa da dirlo alla secreta. Adunque, è buono che chi il può sapere, sì li sappia: or tenetelo a mente: ad quem.

El sicondo modo della orazione si è quis. Chi è quello che díe domandare grazia a Dio? Sai chi è? l’uomo giusto; e questo è quello che Iddio vuole udire. Ode David20: Oculi Domini super iustos, et aures eius in preces eorum. — El Signore sempre ha gli ochi suoi sopra de’ giusti, e quando essi parlano, e elli porge così le orechie e sta a udire. — Sì che tu puoi comprèndare che Iddio vede e ode il giusto. Sai come fa Iddio fra i giusti? Egli gli mira [quasi dica]:21 — ècci niuna che domandi grazia niuna? — Sì; — e elli porge l’orechie, e dice: — che grazia vuoi? — Oh, io vorrei paradiso! [p. 309 modifica] — E molto volontieri, — dice Iddio. Ed all’altro anco dice: — che grazia vuoi? — O Signor mio, io vorrei grazia d’avere buona volontà. — Ed Iddio gli dice: — e molto volontieri. Tòlle: che grazia vuoi? — Signore, io t’adomando del pane cotediano, che tu me ne dia per oggi. — E molto volontieri. — In ciò che domanda il giusto, e Idio lo ’saudisce.22 Inde diceva David profeta:23* Junior fui, etenim senui, et non vidi iustum derelictum, nec semen eius quaerens panem: — Io fui più giovano ch’io non so’, e ora so’ invechiato, e non vidi mai però il giusto abandonato, nè el seme suo che acattasse il pane per lo suo bisogno, che non abino auto sempre mai. — E questo è perchè Iddio mai non li abandona. Ma come faranno i peccatori, se Iddio non ode se non coloro che so’ giusti? Però che noi aviamo nel Vangelo di santo Giovanni, al viiij cap.: Quia peccatores Deus non audit: — Iddio non ode il peccatore: — anco quando egli parla o priega Iddio e adora, e Iddio si tura l’orechi, però che a Dio li dispiace il peccatore per amore del peccato suo. Leva via il peccato, e è levato l’odio che Iddio gli porta. Io ho letto d’uno il quale portava nimicizia, che orando dinanzi al Crocefisso, dicendo il paternoster, che dicendo questa parola: Dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris; — perdona noi, come noi perdoniamo a chi ci ha fatta ingiuria; — come elli veniva a dire questa parola dimicte nobis, el Crocefisso spinava le mani dalla croce dove era confitto, e turavasi l’orechi per non volerlo udire. O tu che porti odio, mai non sarai udito nè esaudito da Dio: se tu non perdoni al tuo nimico, tu potrai bene gridare, che mai non sarai [p. 310 modifica] sentito altrimenti da Dio, che sia sentito uno suo nimico.. — E io non dirò el patrenostro! — None: or aspetta un poco; non ti partire: io non voglio che tu dica: io nol dirò. Non far così, chè non dicendolo, tu faresti anco peggio. Una cosa ti vo’ dire fra l’altre: non ti disperare, perchè tu ti cognosca èssar cattivo e con peccato mortale. Non hai tu a memoria di quello publicano e di quello fariseo, che oravano nel tempio? (Luca, a xviij cap.) El pubblicano diceva nella sua orazione: Deus, propitius esto mihi peccatori. Oh quanto è buona e dolce parola! — Signor mio, deh, sia propizio a me peccatore! — E per la sua buona orazione elli si partì giustificato. El fariseo che era riputato iusto, e così esso proprio si riputava, stava apresso all’altare, e diceva nella sua orazione: Gratias ago tibi., Domine, quia non sum sicut ceteri: — Io ti rendo grazie, Signore Iddio, ch’io non so’ come so’ coloro che non fanno il tuo volere. Io digiuno per tuo amore; io do limosino e fo dimolte altre opere giuste. — E per lo suo riputarsi buono fu dannato. El peccatore e publicano che si riputava non degno pur di mirare il tempio, considerando il peccato suo, si partì giustificato, e fu beato. Or guarda tu come si mescolano le lancie colle mannaie!

Doh, io ti voglio dire di tre effetti che adopera l’orazione.

El primo è impetrativa di grazia pe’ gattivi.

Sicondo è meritativa per li buoni.

Terzo è testificativa e pe’ buoni e pe’ gattivi.

Primo è impetrativa di grazia per li gattivi. Sentenzia di santo Tomasso super Iohannem. — Se uno gattivo domanda grazia di pèntarsi de’ suoi peccati, e di far bene per li tempi avvenire, e di cognoscere Iddio, Iddio l’ârà per bene; che ben che non meriti d’èssare esaudito, [p. 311 modifica] pure il prego suo è atto a impetrare, però che elli è peccatore, non merita.

Sicondo è meritativa per li buoni. Se uno buono domanda una grazia, elli merita d’èssare udito, e così è, e ha la grazia che elli domanda; e se elli domanda una grazia per uno cattivo peccatore, il quale non merita di ricévare la grazia che ’l buono adomanda per lui, quella grazia il buono la riceve, chè l’utile torna a lui. E inde è detto24: Oratio mea in sinu meo convertetur: — La mia orazione, dice David, torna nel mio seno, — cioè a me medesimo.

Terzo è testificativa pe’ buoni e pe’ gattivi, come noi aviamo al nono cap. di santo Marco25: In nomine meo imponent manum super infirmos: — Nel nome mio porranno le mani sopra de li infermi, e saranno liberati per la virtù del nome mio. — E questo potranno fare e’ gattivi, e’ buoni, e così vedi che è testificativa. Se tu andrai a uno infermo e porràli la mano addosso, tu potrai avere la grazia da Dio, che sia liberato, domandandola per la virtù di Dio. Non dice il tema nostro: ciò che voi adomandate al mio Padre nel mio nome, voi ricévarete da lui? Adunque, ciascuno adimandi a Dio grazia per amore di Iesu, con tutto che tu sia peccatore. E perchè tutti aviamo bisogno de la grazia di Dio, a tutti è da domandare, e a voi uomini e a voi donne; e così dico che diciate a’ vostri figliuoli e a le vostre figliuole, che tutti diciate cinque paternoster e cinque avemarie, mentre che si pena a fare questo bossolo, acciò che misser Domene Dio ci metta unione e concordia fra tutti i cittadini, e che [p. 312 modifica] metta io cuore a coloro che l’hanno a fare, che faccino cosa che sia prima a laude26 di Dio e salute dell’anime loro, e bene e utile di tutta la città nostra. Questa è picola cosa a dire, che gli potete dire la mattina mentre che voi state qui innanzi che si comincia là predica, e mentre aquistarete quel tempo, chè forse ci so’ di quelli che ’l perdevano.27 Avete veduti tre effetti dell’orazione, impetrativa, meritativa e testificativa: ad quem quis clamet.

Terzo è cur; perchè si díe domandare grazia a Dio e orare. Tre cagioni aviamo da dovere domandare, e vedi il perchè:

Prima: per avere de’ beni spirituali.

Siconda, per aver de’ beni corporali.

Terzo, per aver de’ beni temporali

Di tutti e tre questi beni aviamo bisogno.

Prima, hacci niuno che non abia 28 bisogno della grazia spirituale di Dio? Dice Davit:29 Non est qui se abscondat a calore eius: — Non è niuno che si possa nascondere dal suo calore; — quasi dica: non è niuno che non abbi bisogno. Tu non hai niuna cosa che sia buona nè in questo mondo nè nell’altro, che non discenda da lui: tutti, i buoni e gattivi, aviamo grazia da Dio. Qui solem suum orivi facit super bonos et malos, et pluit super iustos et iniustos:30 — Elli fa venire el sole della sua grazia sopra a’ buoni e sopra a’ gattivi. Elli fa piòvare di questa sua grazia sopra a’ giusti e sopra a quelli che non so’ giusti. — Adunque, ciascuno domandi di questa gra[p. 313 modifica]zia spirituale che tutti n’aviamo bisogno, se noi riguardiamo bene. Doh! Noi aviamo di colui che era cieco che mendicava, e cieco cieco cognobbe la grazia di Dio 31; che sentendo che Iesu passava, elli cominciò a gridare: Iesu fili David, miserere mei32: — O Iesu figliuolo di Davidde, abbi misericordie di me. — E Iesu voltandosi a costui, e cognoscendo el pensiero suo didentro gli disse: — Che vuoi tu, che vuoi? — Quid Ubi vis faciam? — Tu mi chiami sì forte, che vuoi tu ch’io ti faccia? — Rispose il cieco: — Domine, ut videam: — Signor mio, fa’ che io vega lume sì degli ochi dello intelletto, e sì degli ochi corporali. — E gli rispose Iesu, e disse: — apre gli ochi. —Quando Iddio gli disse: — apre gli ochi, — che credi che elli vedesse? Elli vide il lume di paradiso. Simile a costui si converrebbe che tu facesse tu; che tu gridasse: Iesu fili David, miserere mei. E elli udendoti ti dirà: Quid vis faciam? Risponde e dilli: Domine ut videam: — Fa’, Signor mio, ch’io abbi aperti gli ochi del corpo e gli ochi de la mente, acciò che io vega il mio peccato, e ch’io vega la tua grazia, e ch’io vega la pena che tu dai a chi fa contra a la tua volontà. — Oh quanto âremmo anco a dire di questa grazia spirituale! A l’altra grazia.

Anco aviamo bisogno del sicondo bene, cioè il bene corporale, como33 è la sanità del corpo34. Chi ha male in uno membro, e chi in un altro e chi in tutto il corpo; la quale grazia anco si díe adomandare a Dio. Come tu hai in santo Matteo d’uno lebroso che disse a [p. 314 modifica] Iesu: Domine, si vis, potes me mundare35: — Signore mio, se tu vuoi, tu mi puoi mondare. — E però quando tu hai una infermità nel corpo, domanda a Dio che ti libari36 da essa infirmità, se è il meglio dell’anima tua.

Del terzo bene anco n’aviamo bisogno, cioè del bene temporale, come sono de le cose del mondo, le quali sono date all’uomo per sostentare la vita sua; le quali cose doviamo domandare con discrezione, come tu hai nel paternoster: Panem nostrum quotidianum da nohis hodie: — Signore, dacci del pane ogni dì; — e potiamolo chiedare per noi, pe’ nostri figliuoli, per li parenti e per li amici. E hai veduto perchè si díe domandare grazia a Dio, e i beni che elli ci dà per lo priego nostro: beni spirituali, corporali e temporali. Ad quem quiscìamet, cur.

Quarto, quomodo, il modo, in che modo si debba orare. Per tre vie sta la orazione nostra:

Prima coi cuore, corde.

Siconda co la boca, ore.

Terzo coll’operazioni, opere.

Corde e ore et opere.

Nulla non può valere l’orazione, se ella non viene dal cuore. Se tu orarai co la boca e non col cuore, tu sarai una camara d’ignoranzia. E però fa’ che venga dal cuore prima, e poi puoi dire co la boca e col cuore.

Sicondo, se tu ori solo co la boca, non ti varrà nulla. Doh, io li voglio dire quello che intervenne a uno nostro frate. Uno nostro frate orava co la boca solamente, non avendo il cuore a niuna cosa che elli dicesse; unde che orando a questo modo, egli gli aparve uno capo di cane che menava la boca come faceva lui, significando [p. 315 modifica] che il suo orare non era megliore che uno cane che menasse la boca. Sai, quando tu dici l’avemaria o ’l paternostro, non avendovi il cuore, proprio fai come uno cane che mena la boca. Così dico a te che dici l’ufizio, o frate o prete o qualunche religioso, se non v’hai il cuore, non fai nulla.

Terzo, bisogna poi che tu ori col cuore e co la boca, che vi sia anco l’operazione. Non basta solo corde et ore sine opera. Inde disse Cristo: Non qui dixerit mihi: Domine, Domine, intrabit in regnum caelorum: — Non entrarà nel regno del cielo colui che mi dirà: Signore, Signore; — sed quicumque fecerit voluntatem Patris mei, hic intrabit in regnum caelorum37. — Colui entrarà nella gloria di Dio, che farà coll’operazione la volontà del mio Padre. —

Adunque, bisogna l’operazione co la boca e col cuore. Adunque, quando òri, fa’ che pensi a quello che tu vi dici. Io ti voglio stamane insegnare a orare. Se tu fili con buona intenzione, tu òri con operazione. Oh nuova cosa, che mentre che tu lavori, tu puoi orare, e non te n’avedi! O tu che fai la tua arte e fâla lecitamente, sempre òri. Fai le scarpette? Fai l’arte della lana? Fai la maestria del legname, o della pietra? O se’ fabro, o qualunque altro mestiero fai? Se tu il fai lecitamente, sempre òri; e questo è l’opera. E però è detto: Non cessat orare qui non cessat bene facere: — Colui che non si ristà38 di fare bene, non si ristà d’orare. — Inde dice Paulo a’ Corinti:39 Nemo potest dicere, Dominus Iesus, [p. 316 modifica] nisi in Spiritu Sancto: — Niuno può dire Signore Iesu Cristo, se non in Spirito Santo. — O questa par ben nuova cosa, e non mi pare che sia vero! — Oh, elli il può; dire uno giudeo o uno pagano, come il dico io per virtù di Spirito Santo, o per l’unione che hanno insieme le persone divine: se uno biastemmia Iesu, elli biastemmia lo Spirito Santo. Dice Pavolo in questo luogo, dice che sono divisioni di grazie, ed è uno medesimo Spirito. Divisiones vero gratiarum sunt, idem autem Spiritus. Et divisiones ministrationum sunt, idem autem Dominus. Et divisiones operationum sunt, idem vero Deus, qui operatur omnia in omnibus. Unicuique autem datur manifestatio Spiritus ad utilitatem. Alii quidem per Spiritum datur sermo sapientiae: alii autem sermo scientiae, secundum emndem Spiritum: alteri fides in eodem Spirita: alii gratia sanitatum in uno Spiritu: alii operatio virtutum: alii prophetia ec:40 — A chi è dato una grazia, a chi un’altra. So’ divisioni di servigii di Dio, et è uno medesimo Spirito il datore, e l’operazionì che noi facciamo, chi fa una cosa e chi un’altra a utilità. Dice: a chi ha dato la parola della sapienzia per Ispirito: a l’altro la parola della scienzia sicondo il medesimo Spirito; a chi ha dato fede in quello medesimo Spirito: a chi ha dato grazia d’operamento sai, de’ mestieri che io ti dico; a l’altro ha dato profezia; a chi discernimento. — O Alisandro gentile, che si può ben dire Alisandro mano,41 il quale il dichiara molto bene queste materie! Tu hai inteso corde et ore et opere, e hâne veduti quatro. Ad quem quis clamet, cur, quomodo. Diciamo l’altre che so’ tre, e direnale brevi brevi, poco poco. [p. 317 modifica]

Prima delle tre è quando è buono a orare. A ogni tempo è buono d’orare, ma meglio è la mattina che a altra ora, e mostrarotene alcuna ragione. Anticamente fu ordinato che sette volte il dì s’orasse, al sentimento di David:42 Septies in díe laudem dixi tibi: — Signore mio io dissi l’orazioni mie il dì sette volte a te. — E questa regola díe essere osservata da tutti i religiosi, e a questo so’ obbligati. Non sête così stretti voi; ma ben vi dico che la migliore ora che sia in tutto il dì, si è la mattina. Inde diceva David profeta: 43 Mane astabo tibi: Signor mio, io starò dinanzi a te la mattina per tempo, e chiederotti la grazia che io vorrò. — Per questo ha ordinato la Chiesa, che la mattina si dica la messa con tanto uffizio divino, dove si domanda la grazia per tutto il dì. — Perchè più la mattina che tutto l’avanzo del dì? O perchè? Perchè la mattina la mente è quieta e non si lamenta delle fatighe del dì passato. Elli s’è riposato la notte, e per èssare senza passione egli si può meglio levare la mente a Dio, che non si può il dì, e massimamente si può levar la mente colà in su l’aurora, e di questo noi il tochiamo. E se volesse chiarezza, come quella ora è più atta, noi aviamo di santa Chiara, che in quella ora ella trovava più grazia da Dio, che in altro tempo che ella orasse. Una siconda ragione che questa della mattina è piu atta ora che un’altra del dì,44 non vedi tu che come il sole si leva, e le fiere salvatiche, lupi, volpi e altre bestie, simile molti uccelli, come so’ barbagianni, spiritelli, lochi e altri uciellacci [p. 318 modifica] subito si vanno aguattare; come vegono la chiarezza,45 subito vanno a la scurità e ine si nascondono? Altro vuol dire! Tu hai l’alturità;46 Ortus est sol, et congregati sunt, et in cubilibus suis collocabuntur: — Egli è levato il sole, e eglino so’ confusi, e saranno mandati e collocati ne’ suoi cubili. — Che credi tu che sieno i cubili? Son solo i diavoli. E’ diavoli hanno più potenzia di notte che di dì; io dico per cagione del sole della chiarita, che Iddio dà all’anima. E perchè credi che sieno più le tentazioni della notte, che quelle del dì? Solo perchè hanno più potenzia di notte, che il dì: che significa, il sole della grazia fa stare l’anima più inverso Iddio che la notte: Qui male agit, odit lucem.47

La terza ragione perchè egli è meglio a orare la mattina per tempo che in tutto l’avanzo del dì, si e che la mattina, come t’ho detto, si dice la messa per tempo: come tu l’hai udita, e tu ti puoi méttare all’opera manuale. Se tu fai un poca d’orazione la mattina a Dio, subito puoi poi andare a lavorare. Ogni mattina fa’ che tu facci qualche poca d’orazione a Dio, e poi fa’ per lo corpo. Non vedi tu che gli uomini vengono la mattina costassù da la Fonte48 per potere pigliare ili’ uopera per tutto il dì? Se egli ha fatta un poca d’orazione prima, oh quanto ha fatto bene! E’ sono alcuni che dicono: — o come faremo noi che e’ vene49 el tempo della vendemia? Noi non potremo udire la predica. — Deh, credete voi che j [p. 319 modifica] io ci vogli stare sempre? No, ma quello poco del tempo ch’io ci starò, elli mi converrà provedere per modo che voi potiate venire a udire la predica, e anco che voi potiate andare a vendemiare. — A casa.

Dico che il migliore tempo che sia a orare, si è la mattina per tempo per ogni rispetto, che per molte ragioni vedi che ne seguita molto bene. E perchè credi che dicesse David:50 Exibit homo ad opus suum, et ad operationem suam usque ad vesperum: — La mattina uscirà l’uomo al suo lavorìo, e farà l’uopera sua insino la sera al tardi? — Or pensa se David disse dell’operazione manuale, come díe la mattina levarsi se elli díe essere levato prima a orare! Certo, sì. Adunque, vedi il tempo quando è da orare, cioè la mattina. El sacerdote díe dire il suo uffizio all’ore debite, se faccienda non lo stroppia, cioè che sia necessaria, come s’è la vendemmia e altre scuse legittime. A questi tali casi la Chiesa ha ben proveduto, sì: ella concede che elli possa dire la mattina il mattino, prima, terza, sesta, nona e vèsparo, ma non la compieta; però che è meglio di lassare un poco innanzi l’uopera, che poi. Significa che è meglio di cògliare l’uva a Dio un poco agresta, che fracida; cioè dire l’uffizio innanzi più ratto, che più tardi. E hai il quando si díe fare l’orazione.

La siconda quia; quello che tu debbi domandare a Dio nella tua orazione. Ode David profeta come c’insegna bene, e quanto è buona orazione:51 Unam petii a Domino, hanc requiram, ut inhahitem in domo Domini omnibus diebus vitae meae:, ut videam voluntatem Domini; et visitem templum eius: — Una grazia dimandai a Dio, che io [p. 320 modifica] abiti nella sua gloria tutti i dì della mia vita, e che io vega la volontà del Signore, e visiti il suo tempio. — Tu vedi in questa orazione che tu debbi dimandare di vivare co la grazia sua, dicendoli: — Signor mio, dammi grazia che io t’ami e che io osservi i tuoi comandamenti: dammi, Signor mio, la buona volontà, e che ella mi duri tutto il tempo de la vita mia, acciò che io venga nel tuo tempio. — Non basta adomandarla una volta, no; ma quando l’hai adomandata, ridomandala, e anco poi ia ridomanda. Hanc requiram, dice David: — io domandarò questa grazia, e anco la ridomandarò. — E sai poi dove riuscirà questa grazia? Riuscirà poi in gloria, dicendo: — ch’io possega te Iddio, che mai tu non ti parta da me, nè io da te: — Ut inhabitem in domo domini; laddove potrai dire poi: Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum: — Oh quanto è buono, Signor mio, oh quanto è dilettevole che io abiti con teco e con tutti questi miei fratelli in uno volere tutti quanti! — E hai quid.

Vediamo la terza e ultima parola, unde, donde díe venire questa grazia, la quale noi adomandiamo a Dio, e donde díe nascere: unde.

Prima, dallo intelletto.

Siconda, dallo effetto.

Terzo, dalla voce.

Prima da lo intelletto. Vediamo che cosa è orazione. Diffinizione di molti dottori: dicono: Oratio est levatio mentis in Deum productione vocis: — l’orazione è uno levamento di intelletto colla mente in Dio, et effetto e produzione di voce.52 — Vuole Iddio che l’orazione sia [p. 321 modifica] con intelletto et effetto, con voce: sai perchè? Perchè tu non diventi una camera di nigrigenzia. Inde diceva David profeta:53 Verba mea auribus percipe, Domine, intellige clamorem meum. Intende voci orationis meae, rex meus et Deus meus: — O Signor mio, o Iddio mio, intende le mie parole, ch’io ti dico, e ti chiamo: deh, porge le tue orechie e intende il mio gridare! Intende la mia voce, il mio priego e la mia orazione. — Hai tu compreso nulla in queste parole di David? In questo suo dire elli dimostra che elli orava prima co lo intelletto, dove disse: Verba mea auribus percipe, Domine. Orava anco collo effetto, dove dice: intellige clamorem meum. Anco orava co le parole, dove dice: Intende voci orationis meae. Hai compreso come ci so’ queste tre cose?

Intellettuale: Verba mea auribus percipe, Domine.

Siconda, effettuale: Intellige clamorem meum.

Terza, verbale: Intende voci orationis meae.

Sai dove ti so’ significati questi tre effetti? Nelle parole di Cristo, dove dice a tutti noi: Petite et accipietis; quaerite et invnietis, pulsate et aperietur vobis.54 Già non vuol dire altro petite et accipietis: — Domandate co lo intelletto, e ricévarete: — Quaerite et invenietis: — Cercate co lo effetto e trovarete: — Pulsate et aperietur vobis: — Bussate co le parole e saravvi aperto. — Adunque, tu hai veduto di questa orazione, come tu la debbi fare: Si quid petieritis ad Patrem in nomine meo, dabit vobis: dove tu hai veduto tre modi, l’orare e domandare grazia a Dio. — Prima, chi domanda, domandi cosa lecita e [p. 322 modifica] utile a l’anima. Siconda, che tu domandi con fede. Terza, che l’orazione sia perseverante. Della prima hai vedute sette parole: Ad quem, quis clamet, cur, quomodo, quando, quid, unde. A chi si díe orare, dissiti: a Dio, a Cristo in quanto uomo,nota e a la Vergine Maria con tutta la corte del Paradiso. La siconda parola quis: chi è quello che díe domandare. Dissi che l’uomo giusto díe domandare però che Iddio non ode se non i giusti,nota i quali giusti. impetrano grazia, fa lo’ acquistare meriti, e so’ testimoni al mondo. Terza parola dissi, cur; perchè si domandano le grazie: per avere beni spirituali, e per avere de’ beni corporali, e per avere de’ beni temporali. La quarta parola, quomodo; el modo de l’orare: dissi che si díe orare col cuore, colla boca e coll’operazione. La quinta, quando: dove li dissi che a ogni tempo si vorrebbe orare, ma meglio è la mattina: l’altra, perchè è più atto tempo l’altra, perchè è più spica’nota dall’uopera, che in altro tempo. La sesta parola, quid, quello che si díe domandare: puoi domandare il vivere, che tu osservi i comandamenti di Dio, e anco la volontà buona e che duri, l’ultima, unde, donde questa grazia viene; da lo intelletto, da lo effetto e da la voce. Conchiudendo: ciò che domandarete al mio Padre nel mio nome, vi sarà dato; avendo qui la grazia, e ultimamente la gloria in saecula saeculorum, amen. 55 56 57



Note

  1. Il Cod. Pal.: Come dobbiamo domandar grazia a Dio.
  2. Correggi, cap. xvj, vers. 23.
  3. Il Cod. Sen. 6, daranonegli.
  4. Salmo xxxij, vers 4.
  5. Negli altri Codd., ma a utile di tutta la città.
  6. Così chiama anche altre volte Alessandro d’Ales.
  7. Salmo cxxij, vers. 1.
  8. Gli altri Codd., all’oratore.
  9. Se intenda riferire il passo dell’Epistola di san Paolo a Timoteo (cap. 2, vers. 5), si legga così; Unus enim Deus, unus et mediator Dei et hominun homo Christus Iesus ec.
  10. Non Paolo, ma l’apostolo Giovanni nella prima Epistola, cap. secondo, vers. 1, e dice: Si quis peccaverit, advocatum habemus apud Patrem, Iesum Christum histum.
  11. Gli altri due Codd., più.
  12. Così il Testo, ma per error del menante, dovendosi forse leggere, la esaude. Gli altri Codd., e più è exaudita.
  13. Nei detti Codd., che mai facessero.
  14. Il Cod. Pal., e tutti i troni.
  15. Gli altri Codd., in carne.
  16. Nel nostro Cod. in luogo di questa parola, dataci dal Cod. Pal., è una lacuna. L’altro Cod. Sen. segn. di n. 6 legge, ad ringraziarci.
  17. Gli altri Codd.: Vedi, Padre mio, ec.
  18. Vale a dire, noi Senesi.
  19. I quattro Avvocati della città di Siena, le cui statue adornano internamente la Cupola del Duomo, sono s. Ansano, s. Crescenzio, s. Vittorio e s. Savino.
  20. Salmo xxxiij, vers. 16.
  21. Al Testo nostro mancano queste parole, che hanno gli altri Codd. e il senso richiede.
  22. Il Cod. Sen. 6, l’esaudisce.
  23. Salmo xxxvi, vers. 25.
  24. Salmo xxxiiij, vers. 13.
  25. Non già al nono cap., ma al sedicesimo del Vangelo di san Marco, vers. 18, e così deve leggersi: In nomine meo.... super aegros manus imponent et bene habebunt.
  26. Gli altri Codd., a onore.
  27. Meglio il Cod. Sen. 6, che ’l perdano, cioè pèrdono.
  28. Gli altri Codd., abbi.
  29. Salmo xviij, vers. 7.
  30. Vangelo di san Matteo, cap. V, vers. 45. Alcune inesattezze del Testo furon corrette col confronto della Vulgata.
  31. Gli altri Codd., questa grazia da Dio.
  32. Vangelo di san Luca, cap. xviij, vers. 39, e nella Vulgata dice: Fili David ec. I successivi passi latini appartengono allo stesso cap.
  33. Non infrequente nelle scritture di questo tempo, in vece di come.
  34. Gli altri due Codd. soggiungono, in tutto il corpo.
  35. Cap. viij, vers. 2.
  36. Gli altri Codd., domanda a Dio sanità, che ti liberi ec.
  37. Vangelo di san Matteo, cap. vij, vers. 21. La Vulgata dice: Non omnis qui dicit mihi ec., sed qui facit voluntatem Patris mei, qui in caelis est, ipse ec.
  38. Il Cod. Sen. 6, non si ristarà; e il Cod. Pal., non si ristà dal bene fare ec.
  39. Epist. prima, cap. xij, vers. 3. Qualche inesattezza dei Codd. fu corretta con la Vulgata.
  40. Anche questo passo della precitata Epistola fu emendato col confronto della Vulgata.
  41. Allude ad Alessandro d'Ales, che abbiam veduto ricordato dal Santo frequenti volte.
  42. Salmo cxviij, vers. 164.
  43. Salmo V, vers. 5.
  44. Il Cod. Pal., niuna altra del dì; il Cod. Sen. 6, niuna altra ora del dì.
  45. Il Cod. Sen. 6, la chiarità.
  46. Il detto Cod., l’autorità. E qui vuol dire: tu n’hai la conferma in questo luogo di David, ch’è il verso 22 del Salmo ciij.
  47. Vangelo di san Giovanni, cap. terzo, vers. 20.
  48. Dalla Fonte Gaia, a breve distanza della quale più strade menano in Piazza.
  49. Così nel popolo anch’oggi in cambio di, viene.
  50. Salmo ciij, vers. 22.
  51. Salmo xxvj, vers. 4.
  52. Gli altri Codd. danno qualche variante. Il Cod. Sen. 6 legge: L’orazione è uno levamento di intelletto et effetto e produzione di voce. Il Cod. Pal.: L’orazione è uno levamento di intelletto colla mente in Dio: di più, intelletto et effetto e produzione di voce.
  53. Salmo V, vers. 2 e 3.
  54. Il passo appartiene al Vangelo di san Matteo, cap. vij, vers. 1, meno le parole et accipietis, che sono del Vangelo di san Giovanni, cap. xvj, vers. 24. Il passo in san Matteo comincia invece così: Petite et dabitur vobis: quaerite ec.
  55. Errano gJi altri Codd., leggendo Jesu in vece di uomo.
  56. Gli altri Codd. leggono: Iddio non è se non de’ giusti.
  57. Nel Testo, spicha, e certo per spicciato. Il Cod. Pal. così legge: ma meglio è la mattina, perchè è ordinato l’uffizio la mattina: l’altra, il perchè è più spichato dall’opera, che in niuno altro tempo. Ma pur questa lezione non è correttissima: è bensì manifesto che il Santo intese dire, che l’orar la mattina meglio è per due ragioni: l’una, perchè è più atto tempo; l’altra, perchè ciascuno è più libero di faccende, che non in altre ore del giorno.