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I «Carlini» e la Medaglia trionfale di Ferdinando I d'Aragona

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Arthur Sambon

1891 Indice:Rivista italiana di numismatica 1891.djvu Rivista italiana di numismatica 1891

I «Carlini» e la Medaglia trionfale di Ferdinando I d’Aragona Intestazione 6 ottobre 2011 75% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1891
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I " CARLINI „

E LA MEDAGLIA TRIONFALE

di


Ferdinando I d’Aragona Re di Napoli




Carlo I d’Angiò fece coniare a Napoli, nel 1278, moneta d’argento, che fu chiamata carlino, ad imitazione de’ tornesi grossi di Francia e di tal fatta che cinquanta di detti tornesi corrispondevano a sessanta carlini. Questa moneta aveva di fino once 11 e sterlini 3 per libbra, essendo gli altri 17 sterlini di puro rame.

Carlo II mantenne inalterata tale lega ne’ suoi carlini, ma, verso gli ultimi anni del regno, ne aumentò il peso portandoli da trappesi 4 a trappesi 4 ed acini 10, ed uguagliandoli cosi ai tornesi grossi. Roberto ne continuò il conio della medesima lega e dello stesso peso di quelli di Carlo II; ma, in seguito, il peso fu di bel nuovo ridotto ed alterata ne fu la lega.

I carlini di Alfonso I d’Aragona furono dell’antica lega di 11 once e 3 sterlini per libbra. Pesavano trappesi 4 ed acini 1 1/2 e tagliavansi a ragione di 88 per libbra. Ferdinando I d’Aragona mantenne pure la medesima lega di once Ile sterlini 3; tale almeno prescriveva egli che fosse; ma dai documenti e dall’assaggio delle monete che ne avanzano rile [p. 470 modifica]che spesso, nelle diverse zecche, a cagione delle turbolenze da cui a varie riprese ebbe a soffrire il Reame, l’argento dei carlini fa sensibilmente ridotto.

Il peso del carlino variò durante il regno di Ferdinando. Fu dapprima eguale a quello del carlino di Alfonso, vale a dire di trappesi 4 ed 1 acino1; ma, di poi, fu elevato a tarì 4 ed acini 9 1/22.

In sul principio, Ferdinando fece riprodurre esattamente il tipo del carlino di Alfonso. Da una parte la sua effigie in trono e attorno in caratteri franco-gallici, il motto DOMINVS MEVS ADIVTOR ET EGO DESPICIAM INIMICOS MEOS, preso dal Salmo 117; e dall’altra parte, le armi inquartate con quelle di Gerusalemme, Napoli ed Ungheria.

Alfonso I d’Aragona nulla aveva lasciato intentato perchè a Ferdinando, suo bastardo, fosse assicurata la tranquilla successione del Reame di Napoli. Sin dal 1442, nel parlamento riunito a Napoli, lo aveva fatto dichiarare suo successore, e poichè era necessario che il Pontefice, siccome supremo signore del Regno, assentisse alla successione di un bastardo, patteggiò con Eugenio IV, il quale, addi 6 luglio 1443, concedeva l’investitura a lui ed ai figliuoli nati o nascituri e poi, nel 1444, conferiva a Ferdinando il titolo di legittimo ed il diritto di ereditar la corona3. Di più, Alfonso impetrò ed ottenne da Nicolò V, succeduto ad Eugenio, la sanzione di quel dritto.

[p. 471 modifica] Ma, morto addi 28 giugno del 1458 il magnanimo Alfonso, si chiarirono vane le promesse dei baroni, inutili le sanzioni pontificie. Diviso il Reame, esausto l’erario a cagione della prodigalità di Alfonso, era evidente la debolezza di Ferdinando e quindi riapparvero i pretendenti stranieri, rialzarono il capo i baroni del Regno, avversi a Casa d’Aragona, e Calisto III, succeduto a Nicolò V, profittando di così favorevole occasione, dichiarò il regno devoluto a Santa Chiesa ed emanò terribile bolla minacciando di scomunica ed interdetto chi presterebbe obbedienza all’Aragonese. Bisognò adunque che Ferdinando colle armi e la scaltrezza riacquistasse il paterno retaggio. Tra tanti pericoli, dinnanzi a tanta ingratitudine, più che mai aveva Ferdinando ragione di ripetere sulla sua moneta il motto del padre: Dominus meus adiutor et ego despiciam inimicos meos.

L’astuzia dell’Aragonese, l’aiuto interessato del Duca di Milano, la morte opportunissima del formidabile nemico Calisto (6 agosto 1458) successivamente rimossero i gravi pericoli che minacciavano il trono napoletano.

Ai 27 d’Agosto del 1458 fu eletto pontefice Enea Silvio Piccolomini, col nome di Pio II, e Ferdinando, benché a condizioni non lievi, ottenne da lui, nel novembre del 1458, l’investitura e conseguente revoca della bolla di scomunica di Calisto4 e, poi, addì 14 febbraio 1459, fu solennemente coronato a Barletta dal cardinale Latino Orsino, inviato quivi dal Pontefice.

Addì 14 febbraio fo investito, narra notar Giacomo, unto et coronato del Regno de Napoli in la cita de barlecta [p. 472 modifica]per lo reverendissimo cardinale ursino legato mandato per papa Pio secundo cum titulo coronatus qui legitime certavit5; ed in quell’anno medesimo Ferdinando ordinò che si coniasse nuova moneta che commemorasse la di lui incoronazione. Da una parte di questo carlino sono rappresentati il cardinale Orsino ed il vescovo di Barletta che incoronano il re ed attorno l’epigrafe CORONATVS • QVIA • LEGITIME • CERTAVIT. Al rovescio, croce potenziata di color nero in campo d’argento. Tale croce è l’arme della Calabria, siccome annotò già il Summonte; ma cadde in errore il Fusco nel voler trarne di conseguenza che queste monete fossero lavorate a Cosenza, metropoli di quella provincia. Un documento del 1472, che riporteremo più in là, smentisce assolutamente tale ipotesi, addimostrando che queste monete furono impresse nella zecca di Napoli.

Questo carlino, dal tipo e dall’epigrafe del dritto, prese il nome di coronato. Le epigrafi sono in caratteri di forma latina. Furono coniati questi due tipi sotto la direzione di Antonio e Giovanni de Miraballis, banchieri napoletani, di Benedetto de Cotrullo e di Nicolò Spinelli, e le loro iniziali o quelle de’ loro luogotenenti si trovano a controllo di ogni emissione sia sul diritto sia sul rovescio della moneta. I conii furono eseguiti da Francesco Liparolo.

Nel 1472 (19 Agosto) Ferdinando ordinò di abbandonare questo tipo e di coniare nuovi coronati aventi da una parte il suo busto e dall’altra la solita croce. Questa moneta doveva essere del consueto valore, della medesima lega delle antecedenti. Riporto qui il mandato regio per il conio di questo nuovo tipo. [p. 473 modifica]«Ex provisione facta in Regia Camera Summarie mandato sue Maiestatis mandatur magistro sicle Neapolis seu eius locumtenenti et signanter Paulo de Senis. Quia Regia Majestas decrevit mutari formam coronatorum quantum ad eam partem in qua sculta est imago sue Majestatis prout fuit in Regali Solio tempore sue coronationis ut in ea parte non ipsa ymago modo quo supra moneta ipsa de cetero cudenda in sicla ipsa sculta sit set in ea parte ubi imprimebatur ymago ipsa sit scultum caput coronatum quo representetur vultus sue Majestatis coronam habens in capite. Et ab alia parte ipsius monete sit crux prout sculta erat in coronatis huc usque cusis in sicla predicta. Lictere vero et alia in moneta ipsa de novo ut predicitur cudenda non mutentur set sint prout erant in alia moneta coronatorum huc usque in sicla ipsa cusa. Propterea de cetero in moneta coronatorum in dicta sicla cudenda servetur quod Maiestas ipsa ut super decrevit hoc tantum declarato quod moneta coronatorum sub alia forma cusa remaneat in suo consueto valore et expendatur et recipiatur prout hactenus expensa et recepta fuit et justa banna alias emanata expendi et recepi debet non obstante moneta noviter cudenda sub forma de qua super. Et contrarium non faciat quantum Regiam gratiam caram habet et eius indignationem incurrere non optat. Datum Neapoli in eadem Camera Summarie die xviij Augusti 14726

Cade cosi d’un tratto l’ipotesi del Fusco, così artificiosamente elaborata; per cui questi coronati [p. 474 modifica]colla croce al riverso sarebbero da attribuirsi alla zecca di Cosenza ed erronea si palesa la conghiettura del medesimo Fusco e del Lazari che, cioè, queste monete furono improntate nel 1459, allorché Ferdinando fu coronato a Barletta.

Questo tipo fu coniato sino al 1488, sotto la direzione di Nicolò Spinello. Il conio fu eseguito da Girolamo Liparolo. Da un documento del 1473 (31 marzo), veniamo a sapere che la prima emissione di questa moneta fu lavorata dall’aquilano Leonardo de Cambrario7. “Leonardo de Cambrario de Aquila,venuto in Napoli (nel 1472) per mandamento de V.M. have facta moneta in la vostra ceccha de Napoli de coronati de la forma come primo in ipsa ceccha se faceano et anco de forma nova su la quale da una parte è scolpita una testa che rapresenta la imagine del vulto de la Maesta et anco facto moneta de justini et piczoli più belli che mai se facesse in dicta ceccha8”.

Abbiamo già fatto cenno della riduzione che subì la lega de’ coronati di Ferdinando. A questa adulterazione della lega di alcune emissioni s’aggiunse poi lo sconcio di numerose falsificazioni e di continue tosature ; di modo che in alcune parti del Reame si giunse persino a rifiutare totalmente alcune emissioni e specialmente quelle delle zecche minori, da cui sospettavasi fosse stata più audacemente adulterata la lega. Trascrivo qui, dai Registri della Curia9, un ricorso, del 14 aprile 1488, della città di Aquila, motivato da tale rifiuto dei coronati.

[p. 475 modifica] Item che ad li nostri citadini et contadini se e facto e fase in Pullia uno grande refuto de coronati et de carlini et cosi ad noi per li nostri pagamenti dal predicto thesorero quali pro dicerese non esse de piso quali pro non essere de liga. Intanto che dicti citadini ne pateno grande incomodita et danno et similmente la nostra cita in tanto che non sapera come se fare li suoi pagamenti. Considerato che tal moneta non se falsifica da noi supplicarete sen ce vollia pilliare remedio perche como havemo dicto quando tal stilo se tenga non volendo la corte altra moneta corrente in la nostra cita non haveremo de qual fare li nostri pagamenti.

Per la qual cosa, nel 1488, Ferdinando attese ad una seria riforma della moneta argentea e per impedire che le monete di scarso peso continuassero a circolare decretò, addì 1 ottobre 1448, secondo ne ricorda notar Giacomo, che omne moneta de argento se spendesse ad peso per tucto el Regno et quella non fosse de piso se vendesse per argento ructo salvo la moneta forestera10 ed in seguito a tale decreto, ordinò che tutti i pesi di carlini e coronati si dovessero far verificare con quelli della zecca, dal mastro de’ pesi. Alfonso Perez11. Ordinò inoltre che si coniasse un nuovo tipo avente in sul riverso l’Arcangelo Michele ed il motto IVSTA • TVENDA. Emanò severissime [p. 476 modifica]disposizioni perchè la lega ed il peso di questa nuova moneta fossero mantenuti scrupolosamente esatti, ordinando eziandio che nella zecca di Napoli soltanto si dovesse coniare moneta12. Trascrivo qui dai Registri della Curia Aragonese il Bando fatto emanare da Ferdinando in tale occasione:

“Bando et comandamento da parte de la Maestà del Ser.mo S. Re Don Ferrando per la divina gratia Re de Sicilia hierasalem etc.

Perchè lo studio de la prefata Maestà e sempre in lo augmento del bono pubblico del suo regno et ad conservare lo bono et la utilità de quello per questo la prefata Maestà havendo notitia che per le tribulationi de la guerra quali in questo regno diversamente sonno successe la moneta in diversi modi e stata alterata, tagliata et adulterata per modo et forma che ne segue grandissimo danno in tucta la republica del regno et ad li comertii de quello, pertanto per lo presente banno la prefata maestà ordina et comanda che da questa hora avante la moneta de argento de cugno de sua Maestà sia de piso de quattro tarpisi per vinti tornisi lo coronato de piso quattro tarpisi et mezzo per xxij tornisi et lo coronalo [p. 477 modifica]novo con la stampa de Sancto Michele del dicto piso et lega al dicto prezo de xxij tornisi : ordinando sua Maestà che in la zecca sua de Napoli solamente se habia ad bacter la moneta si comò e consueto del piso et liga antiqua et non altrimente et che li coronati et carlini che saranno mino de dicto piso et liga se habiano ad vendere et comperare per argento rupto secondo la qualità che saranno et per observatione de le antique consuetudini del Regno : In quillo non si pò ne deve expendere monete de argento altra ohe quella del cugno de sua Maestà, quella ordina et comanda che la moneta forestera de qual se voglia stampa non se possa expendere se non per argento rupto et non altramente. Volendo et ordinando che doveunche se troveranno per lo regno monete false quelle se debiano de continente tagliare per modo et forma che da la publicatione del presente hanno avante la moneta habia ad correre de liga bona et antiqua del Segno et del piso solito et consueto et chi se vole contentare lo contrario incorra in la pena de mille ducati et confiscatione de tucti soi beni.

Dato XXI octobre 1488 etc.13. „


Nel contempo decretava:

“Essendo seguita la reformatione de la moneta con beneficio grandissimo deli populi et la glorie de Sua Maestà ad ciò che de qua avante nessuno presuma adulterarla ne in alcun modo diminuirela con incisione o con acque forti o in altra manera se declara et manifesta che qualsevollia che presumesse maculare dieta moneta in qualunquemodo de li supradicti ipso facto ultra le altre pene contente in le costituzioni del regno, incorra irremissibilmente in la pena de la vita. — Datum Arnoni vii oct. 148814.„ [p. 478 modifica] Nel 1487 o nel 1488 adunque fu coniato il coronato dell’Angelo. Vediamo ora che significato abbiano, su questa moneta, la rappresentanza dell’Arcangelo Michele e la epigrafe IVSTA TVENDA.

Il Pontano nel suo libro Historiæ Neapolitanæ narra che Ferdinando, durando tuttavia ferocissima la lotta contro l’angioino ed i baroni ribelli, prese d’assalto il Santuario di Monte Gargano e ne fece fondere il tesoro, sia per bisogno di denaro, sia per timore che il duca Giovanni ne prendesse possesso. Altri annotò poi che, assieme agli arredi sacri, venne fusa una grande statua d’argento dell’Arcangelo Michele ed il Summonte aggiunse di suo che dall’argento ricavato da tale fusione si coniasse moneta avente la rappresentanza di quella statua ed il motto IVSTA TVENDA a dinotare come Ferdinando fosse stato da imperiosa necessità astretto a distruggere quella sacra immagine.

La leggenda IVSTA TVENDA e la rappresentanza dell’Arcangelo Michele erano invero assai acconce a dar sembianza di verità alla supposizione del Summonte e d’allora in poi storici e nummografi ripeterono con tutta sicurtà la di lui conghiettura.

Il Lazari, colla sua solita argutezza, ebbe qualche dubbio su tale interpretazione della leggenda IVSTA TVENDA; ma ciò nondimeno credette anch’egli che tale tipo fosse improntato almeno sin dal 1465.

Ora dinnanzi alla irrecusabile evidenza de’ documenti vien meno questo fantastico edifizio. Il coronato dell’Angelo, coniato per la prima volta nel 1488, non ha evidentemente nulla di comune colla depredazione del Santuario dell’Arcangelo Michele.

Speciale devozione ebbe già Alfonso per il Santo di Monte Gargano. L’Arcangelo Michele assieme a San Giorgio era protettore dell’esercito [p. 479 modifica]aragonese15. La sua effigie ponevasi sugli stendardi16 ed i soldati correvano alla pugna invocandone il nome17.

È naturale quindi che Ferdinando fosse pure devotissimo al Santo protettore della milizia napoletana e di tale devozione non mancano prove. Sotto la protezione di quel Santo poneva egli l’ordine dell’Armellino da lui creato nel 146518. Il nome dell’Arcangelo era dato ad una delle navi da guerra di quel sovrano ed il Barone nelle sue interessanti spigolature nelle cedole di tesoreria dell’Archivio di Napoli, ebbe a registrare importanti donazioni al Santuario di Monte Gargano19.

L’effigie dell’Arcangelo è posta dunque sul [p. 480 modifica]conio del 1488 a testimoniare il grato animo del sovrano per l’aiuto divino, nella seconda lotta contro i baroni ribelli, e vuolsi dinotare, con tale allegorica rappresentanza, esser dovuto il trionfo di Ferdinando alla giustezza della sua causa, dappoiché l’Arcangelo, a difesa del sacro dritto sovrano, atterra il demone della ribellione.

Questo tipo fu impresso sino al 1494 nelle zecche di Napoli e di Aquila sotto la direzione di Gian Carlo Tramontano. L’Heiss, paragonando l’effigie dell’Arcangelo del coronato di Ferdinando, con quella che si trova su di una medaglia di Francesco Laurana20, argomentò che il Laurana avesse eseguito questo conio per il Sovrano Aragonese.

Ma questa supposizione dell’Heiss non ha fondamento di verità, poiché dimostrammo in altro scritto Sui “ cavalli„ di Ferdinando I d’Aragona, che il Girolamo Liparolo, dal 1468 in poi, incise tutti i conii per le monete sia d’oro, d’argento o di rame. Né può sussistere il dubbio che il Liparolo copiasse l’altrui disegno o ritraesse qualche rinomata statua dell’Arcangelo Michele, poiché contro la prima ipotesi parlano chiaramente i documenti da noi riferiti e contro la seconda è valido argomento

la varietà di atteggiamenti del Santo sui diversi conii eseguiti dal 1488 in poi. Riporto qui il disegno [p. 481 modifica]di un inedito esemplare21 del coronato dell’Angelo in cui il drago ha volto umano.

Di Ferdinando I d’Aragona, abbiamo una medaglia, di piccolo modulo, avente da un lato l’effigie del Re e, attorno: CORONATVS • QVIA • LEGITIME • CERTAVIT • Al riverso, la Vittoria in quadriga veloce e attorno VICTOR ET TRIVMPHATOR22.

Di questa medaglia si conserva un esemplare in oro nel Medagliere Nazionale a Parigi e parecchi di rame sono nelle collezioni: Armand, Sambon, Museo Nazionale di Napoli, ecc.

Non si è saputo sinora a chi attribuirla; ma qualora si paragoni l’effigie del sovrano ritratta su [p. 482 modifica]questa medaglia con quella di alcuni esemplari del coronato dell’Angelo non può rimanere alcun dubbio che l’autore de’ conii del coronato dell’Angelo lavorasse pure la medaglia trionfale di Ferdinando. Non esiteremmo quindi ad attribuirla al Girolamo Liparolo soltanto in forza di siffatta simiglianza; ma altri efficacissimi argomenti possiamo addurre a conferma di tale attribuzione, argomenti che provano nel contempo che questa medaglia fu coniata verso il 1487, allorché Ferdinando trionfò de’ baroni regnicoli, che, per la seconda volta, gli si erano ribellati23.

Difatti, oltre a questa medaglia, fu coniata pure, con identica rappresentanza, una moneta di rame che certamente è opera di Girolamo Liparolo e dell’anno 1487, poiché il diritto di questa moneta, colla quadriga trionfale, servi pure per il conio del solito cavallo coll’EQVITAS REGNI, impresso nel 1488, sotto la direzione di Gian Carlo Tramontano.


Altra prova abbiamo poi per l’attribuzione a Girolamo Liparolo, che disgraziatamente toglie alquanto di valore all’opera dell’artista napoletano. [p. 483 modifica] Il celebre medaglista veronese Vittore Pisano modellò parecchie medaglie per Alfonso e non v’ha chi ignori la sua bella medaglia eseguita per commemorare l’entrata trionfale in Napoli dell’Aragonese. Di lui ancora si ha una medaglia di piccolo modulo con ugual rappresentanza di cui il Vergara dette un rozzo disegno nel suo libro sulle monete napoletane24 e poi l’Heiss una riproduzione fotografica nella sua pregevole opera : Les médailleurs de la Renaissance25. Questa medaglia ha al diritto il busto di Alfonso volto a destra e attorno ALFONSVS • REX • ARAGONVM; ed al rovescio Vittoria alata in carro tirato a destra da due coppie di cavalli e attorno l’epigrafe VICTOR . SICILIE • P acificator REG ni.

Ora il rovescio della medaglia trionfale di Ferdinando è copia quasi identica del rovescio della piccola medaglia del Pisanello e parmi poco probabile che, qualora per l’esecuzione di tale medaglia cui, cosi ignominiosamente erano condotti gli orgogliosi baroni fatti prigioni in quella battaglia. Addi 17 dicembre 1486, dice egli, il duca rientrò in Napoli conducendosi innanzi parecchi dei vinti baroni e un negro chiamato Malfusso, . . . andava a piede con una scopa scopando tucta la via per burla, volendo significare che l’Aragonese aveva scopata via tutta la mala genia dei baroni. Leostello, Fil., Vol. I, Doc, ecc., pagina 128. A questo trionfo allude dunque la nostra medaglia. [p. 484 modifica]fosse stato specialmente chiamato un artista straniero, questi si sarebbe contentato di copiare il lavoro del Pisanello. Questo complesso di fatti rende adunque pressoché sicura l’attribuzione della medaglia a Girolamo Liparolo. Prima di por fine a questo mio articolo riassumerò brevemente tutte le notizie che ho potuto ritrovare ne’ registri aragonesi sugli orefici napoletani Francesco e Girolamo Liparolo e Bernardino de Bove, incisori de’ conii per le monete de’ sovrani aragonesi della prima stirpe.

Francesco Liparolo o Luparella.


1456 (5 gennaio). Alfonso fa pagare a Francesco Liparolo, sculptor et fabricator cuneorum necessariorum in regis siclis huius regni, 3 ducati pel prezzo di un suggello d’argento in cui sono scolpito le armi d’Aragona e di Napoli, da servire per il Consiglio de la pecunia26.

1456 (8 giugno). Alfonso considerando che la paga da lui percepita di 1 1/2 tornese per libbra d’argento o rame, era tenuissima, ordina gli si dieno 3 tornesi per libbra di moneta d’argento o di rame e 5 grani d’oro per libbra di moneta d’oro fatta, coi conii che dovrà incidere, nella zecca di Napoli o in altra qualsiasi del Reame27.

1468 (13 dicembre). Eredità del defunto argentiere Francesco Liparolo. Pare però che già nel 1462 aveva lasciato quell’ufficio se pure non era già morto in quell’anno.

Riporto qui i diversi conii eseguiti da questo artista coll’indicazione dei libri in cui se ne troveranno i disegni, o, in mancanza di questi, delle collezioni ove si trovano. [p. 485 modifica]


PER ALFONSO I.


Alfonsino d’oro (Heiss, Descr. gen. de las monedas hisp-Crist T. 2, tav. 118, n. 1, 2, 3, 4. — Fusco, Annali di Num. del Fiorelli, 1846, tav. V, n. 1).
Carlino o Alfonsino d’Argento della zecca di Napoli. (Heiss, Op. cit. T. 2, tav. 118, n. 6 e 7).
Carlino d’Aquila (Lazari, Monete d’Abruzzo, Tav. II, n. 14. — Fusco, Intorno ad alcune monete aragonesi. Tav. I, n. 1).
Reale o grossone Aragonese, (valeva 3 cinquine ossia grani 7 1/2). (Heiss, op. cit. Tav. 118, n. 8 e 9).
Bolognino di Sulmona. (Heiss, op. cit. Tav. 118, n. 11).
Cella di Aquila. (Collezione Sambon e Museo Nazionale di Napoli).
Denaro picciolo o pistacchio, (60 per carlino. Heiss, Tav. 118, n. 10).


PER FERDINANDO I.


Ferrandino d’oro, 1465-1494. (Heiss, Tav. 120, n. 3 e 4. — Fusco, Ann. di Num., 1846, Roma, Tav. V, n. 2. — Müntz, La Renaissance en Italie, p. 48.
Carlino o Ferrantino d’argento della zecca di Napoli coll’epigrafe; dominvs . adivtor . mevs . et . ego . despiciam . inimicos . meos . (Heiss, Tav. 121, n. 16. — Miraballis, 17 e 18).
Carlino di Sulmona. (Heiss, Tav. 121, n. 19. — Lazari, Tav. V, n. 17).
Coronato colla croce e l’incoronazione, 1459-1472. (Heiss, Tav. 120, n. 7 ed 8. (Miraballis).
Tarì o doppio carlino, dal 1465. (Heiss, Tav. 121, n. 20). (Mediocre disegno).
Armellina o 1/2 carlino, dal 1465. (Heiss, Tav. 121, n. 26).
Corona o 1/2 carlino, dal 1458. (Fusco, Cinquine. Frontespizio).
Giustina o 1/2 carlino , dal 1458, coll’epigrafe ivsticia . e(st) fortitvdo . mea . (Fusco, Annali di Num., 1846, Roma, Tav. V, num. 3).
Cinquina o 1/4 del carlino, dal 1458. (Heiss, Tav. 121, n, 20. Fusco, Cinquine, n. 1).
Picciolo, dal 1458, (Heiss, Tav. 122, n. 45, 46, 47.)
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Girolamo Liparolo.


1462. (26 novembre). Jeronimo Liparolo pro concessione offici stamparum per nos (Regem Ferdinandum I) sibi concessi, nncias octo tarenos decem28.

1468. Girolamo Liparolo. È chiamato a lavorare i conii della zecca di Aquila, diretta allora da Benedetto Cotrullo, e pel viaggio e dimora di lui e dei suoi artefici e per ogni spesa necessaria per l’incisione de’ conii gli furono dati 6 ducati.

1469 (11 settembre). È di nuovo chiamato ad Aquila per lavorare i conii di quella città.

1470 e 1472. Esegue altri conii per Aquila.

1472 (marzo 16). Geronimo Liparolo riceve 21 d. e 3 t. per fare la bolla di un privilegio che il Re manda al Papa29.

1472 (maggio). Riceve ordinazione di eseguire in un giorno solo, due suggelli d’oro, di once 2 1/22. Da una parte l’effigie del sovrano, dall’altra le armi aragonesi30.

1472 (Novembre 3). Si paga la somma di 9 d. 1 t. e 5 gr. a Geronimo Luparello intagliatore de’ conii della moneta che si fa in zecca, in compimento di 52 d. 2 t. e 5 gr. per aver fornite due bolle d’oro, una pel privilegio, che il S. Padre ha fatto al Re dell’assenso del presente [p. 487 modifica]Reame; l’altro pel privilegio, che il detto S. Re ha fatto all’illustre duca d’Arce genero di S. Maestà31.

1473 (26 luglio). Pagansi 15 d. a G. Liparolo in conto al prezzo di una bolla d’oro che deve fare per la capitolazione della pace col re di Tunisi32.

Nella Biblioteca Nazionale di Parigi si conserva un suggello eseguito da Girolamo Liparolo nel 147333. Da una parte è il re seduto in trono avente da ciascun lato l’insegna del libro aperto e attorno la epigrafe + FERDINANDVS • DEI • GRACIA • REX • SICIL • HIERVSALEM • ET • VNGARIE • e dall’altra, il re a cavallo in completa armatura. Nel campo l’insegna delle spighe di miglio. Attorno: + DOMINVS • MICHI • ADIVTOR • ET EGO • DESPICIAM • INIMICOS • MEOS.

1474 (16 giugno). Bolla d’oro eseguita da G. Liparolo pel privilegio dell’accordo tra S. M. ed il re di Tunisi34.

1494 (23 ottobre). Alfonso II, nel dare al Tramontano istruzioni per il conio della moneta dice: havemo scripto ad hieronimo Leparolo che debia fare tucti li cugni et stampe necessarie de dicte monete de argento et de oro con li mucti intorno et con li disegni notati come da sopra è dicto35.

Di Girolamo Liparolo, oltre ai tipi già incisi da Francesco Liparolo, che furono continuati dopo il 1468, abbiamo:

PER FERDINANDO I.


Il Coronato colla effigie del sovrano da una parte e la croce dall’altra, 1472-1487. (Heiss, Tav. 120, n. 9 e 10; tav. 121, n. 11, [p. 488 modifica]12, 13, 14, 15. — Sambon, I «carlini» di Ferdinando I.Lazari, Tav. II, n. 15, Aquila).
Cavallo col busto del Re sul diritto ed al rovescio, equitas regni. Cavallo a destra, 1472-1494. (Heiss, op. cit. Tav. 122, n. 32 a 40 e 44. — Lazari, Tav. II, n. 18 e 19 (Aquila). — Fusco, Tav. I, n. 7, 8, 9. — Sambon , I «cavalli» di Ferdinando I d’Aragona, estratto dalla Riv. It di Num., 1891, fasc. III, p. 27 e 28.
Cavallo col busto della regina Giovanna, seconda moglie di Ferdinando, coniato nel settembre del 1477. Sambon, I «cavalli» di Ferdinando, 32).
Cavallo di Amatrice, 1486, (Heiss, Tav. 122, n. 41 e 42. — Lazari, Tav. I, n. 1. — Fusco, T. I, n. 5 e 6. — Sambon, p. 13 e 14).
Medaglia trionfale ed il cavallo colla quadriga, 1487, (Heiss, op. cit. Tav. 121, n. 1, e Tav. 122, n. 30. (Mediocrissimo disegno). Sambon, «I cavalli» di Ferd., pag. 32 e 33. — Sambon, I « carlini » di Ferd., p.)
Coronato dell’Angelo, 1487 o 1488. (Fusco, Monete Aragonesi. Tav. I, n. 3 e 4. — Heiss, Tav. 121, n. 21, 22, 23, 24, 25. — Sambon, I « carlini » di Ferd., p.)
Sirena o doppio ducato d’oro, (1488, coniata durante l’esercizio del Tramontano. (Heiss, Tav. 120, n. 2. — Fusco, Ordine dell’Armellino. Frontespizio).

PER ALFONSO II.


Ducato d’oro. (Fusco, Ann. di Num. del Fiorelli, Tav. V. n. 10).
Coronato dell’Angelo (Heiss. Tav. 122, n. 1 e 2).
Armellino colla sedia del fuoco. (Heiss, Tav. 122, n. 3).

PER FERDINANDO II.


Coronato dell’Angelo, Coll. Sambon e antica Coll. Fusco (V Catalogo della Coll. Fusco redatto dal prof. Luppi, Roma 1880).
Armellina e cinquina.

Nel 1497 (8 aprile) troviamo siccome intagliatore de’ conii della zecca napoletana il fedele e dilecto mastro Bernardino De Bove36.

[p. 489 modifica] Lavorò egli per Federico III d’Aragona.

Il ducato d’oro. (Heiss, Tav. 123, el n . 2).
Carlino. (Heiss, Tav. 123, n. 3).
1/2 Carlino 1498. Il Re in trono. Al rovescio, stemma. (Heiss, p. 376, n. 4 bis).
Denaro di puro rame, 1498, col victorie frvctvs (Heiss, Tav. 123, num. 4).
Sestino37, 1498. (Heiss, Tav. 123, n. 6, 7 e 8).
Cavallo. (Heiss, Tav. 123, n. 9 e 10.
Londra, 12 ottobre 1891.


Note

  1. Fusco, Intorno alle Zecche ed alle monete battute nel Reame di Napoli da Re Carlo VIII di Francia. Appendice Doc., n. 1.
  2. Lettera ms. di Leonardo Zocchis maestro di prova nella zecca di Napoli verso il 1555 (Bibl. naz. di Napoli). In conseguenza di tale alterazione del peso ne fu modificato il valore. Mentre gli antichi carlini davansi per 20 tornesi i nuovi si davano per 22.
  3. Raynaldi, Annales Eccl., ad an. 1443 et 1444.
  4. V. in Lunig, Cod. dipl. T. II, p. 1259-1278, n. CXXVI, CXXIII, CXXIV.
  5. Notar Giacomo, Cronaca di Napoli. Anno 1459.
  6. Curia Sommaria, 11, fol. 9 t.
  7. Leonardo de Cambrario era mastro di prova e per tale ufficio dirigeva tutta la lavorazione della moneta.
  8. Reg. Comuni, 16, fol. 92-94.
  9. Camera della Sommaria. Curia 23, fol. 19.
  10. Notar Giacomo. Cronaca, pag. 102. Lo stesso si legge nelle Effemeridi di Leostello (Filangieri, Doc. per la storia e le industrie del Nap., Vol. I). « Eo die (1 ott. 1488) fa prohibito che non se expendesse nulla pecunia argentea se non quella del conio regio et fusse de peso: aliter haberetur pro nichilo. »
  11. C. S. Curia 23 bis, fol. 60. Già nel 1465 Ferdinando aveva cercato togliere ogni diversità e confusione ne’ pesi delle monete d’argento e d’oro; ma non era riuscito che a togliere momentaneamente il mal vezzo di circolare ducati d’oro e carlini di scarso peso. Si vegga in proposito l’interessante documento pubblicato dal Fusco nel suo libro Argenteo imbusto di S. Gennaro, pag. 174.
  12. Questo ordine fa poi revocato. Trovo nei registri della Camera della Sommaria (Caria 28 bis, fol. 95) la supplica della città dell’Aquila perchè non le sia tolto il privilegio di coniar moneta d’argento.
    «Instructioni a Messer Francesco Gadicchio di quanto deve chiedere alla Mta del Nrto Re et al Nrto Ill.mo S. Duca per nostra parte.
    Item perchè Sua Maestà per la nuova ordinatione delle monete fa prohibitione del bacter deli argenti in la nostra zecca et cosi fo obedita che da questa parte in qua non ce e stato baptuto argento : li supplicarete che horamai se digne lassarelo bactere et reponerene circa questo in la gratia che la nostra corte bave de dicta zecca : attento che li argenti che fino al presente se sonno battuti son battuti con integrità et honore de dieta Maestà et quanto ad liga et quanto ad la forma et cogno.»
  13. C. S. Curia 28 bis, fol. 42.
  14. C. S. Curia 28 bis, fol. 50. Due esemplari falsi del tipo del 1472 sono nel Medagliere Nazionale di Napoli (Caselle 8018 e 8019). Un terzo è nella Collezione Sambon. Occorre poi di frequente trovare esemplari tosati, a moltissimi dei quali manca totalmente il cerchio ove era la leggenda.
  15. Di questo è graziosissimo ricordo un disegno del rinomato medaglista veronese Vittore Pisano. Questo disegno, che conservasi nel Recueil Vallardi al Louvre (fol. 65, 4 d’ordine 2318), è il progetto di una medaglia che il Pisano doveva eseguire per Alfonso. Da una parte è lo stemma aragonese, dall’altra l’Arcangelo Michele che porge uno stendardo ad Alfonso che gli è dinnanzi ginocchioni ed in completa armatura.
  16. Si veda Minieri Riccio, Alcuni fatti di Alfonso, Arch. Storico Napoletano, anno 1881, pag. 29 e 422. Riporta l’ordinazione all’arazziere Antonello di Capua di ricamare (nel 1441) e ad Antonello di Perrino di dipingere (nel 1458) l’effigie del Santo sugli stendardi che dovevano servire per l’armata.
  17. Il Curita (Annali, Voi. IV, fol. 51 t.) narra che Alfonso fece edificare una «capilla en la boca del Pozo, poi donde salieron sus gentes quando se entro la ciudad (Napoli) con invocacion de S. Jorge y en la casa a donde estava el pozo, otra capilla a invocacion a S. Miguel».
  18. V. Fusco, I capitoli dell’ordine dell’Armellino, Capitulo Primo. «Consecramo et dedicamo questo Ordine et de tutti li confratri: et pò volemo che ciascuno anno el di de la festa de S. Michele, cioè xxviiii de septembro se habia ad celebrare per li cavalieri de ipso Ordine solennemente in questo modo, cioè da la prima vespere in la vigilia fine ad altre vespere integramente li decti cavalieri si abstengano da tutte et singule mundane opere et exercitii et cessino de ogne negocio seculare ne in lo dicto di attendano a feste, giochi, representatione, giostre o altro exercitio de arme ecc. » V. in proposito Leostello, 29 sett. 1485. (Filangeri, Op. Cit, Vol. I).
  19. Cosi nel 1474 faceva donare una mitra episcopale alla chiesa di S. Angelo di Puglia, adorna di 28 gioielli. Arch. Stor. Nap., 1881, Barone, pag. 401.
  20. Artista dalmata che dal 1461 al 1466 e dal 1478 al 1480 lavorava alla corte di Renato d’Angiò e probabilmente l’istesso che dal 1468 al 1475 lavorava a Palermo, Erice e Napoli.
  21. Collezione Sambon. Napoli.
  22. Il Van Mieris, a pag. 117 del primo volume della sua Hist. der Nederlandische vorsten, riporta una medaglia di Ferdinando assai simile a questa; ma con epigrafe ferdinandvs . r . pace . belloqve . clarvs . L’Armand e l’Heiss riportarono questa medaglia senza commento. Ho però qualche dubbio sull’esattezza di questo disegno e potrebbe darsi che la leggenda, data dal Van Mieris, sia dovuta, in gran parte, alla difficile lettura di un esemplare assai malandato. Comunque sia, sono sicuro che quel berretto a punta, che il Re ha in testa, si debba all’immaginazione dell’artista, che ritrasse per il Van Mieris questa medaglia di Ferdinando. Sinora, questa è la sola medaglia di Ferdinando I, tranne un abbozzo di medaglia in cui è la sola immagine di Ferdinando in alto rilievo. Questo abbozzo si conserva nel Museo Britannico. È impossibile determinare chi l’abbia modellata. Al Guazzalotti, che nel 1481 lavorò per Ferdinando, non si può certo assegnare, poiché diversa è la maniera di questo artista da quella che addimostra la suddetta medaglia. Il Keary (Italian medals in the British Museum) suggerisce il nome di Guglielmo Monaco, parendogli che questa medaglia abbia alquanta simiglianza coi rilievi della porta di bronzo dell’Arco di Castelnuovo, ma l’attribuzione de’ lavori di quella porta a Guglielmo lo monaco, basata sull’autorità del De Dominici, non ha sinora molta sicurtà, e, dippiù, non veggo affatto la simiglianza cui accenna il Keary. Il Mazzella, scrittore del XVI secolo, riporta la descrizione di un’altra medaglia coniata secondo egli dice, dal popolo napoletano in gratitudine della provvida beneficenza di Ferdinando durante la carestia del 1488.
    È più che probabile che tale medaglia sia assolutamente immaginaria. Il tipo sarebbe stato il seguente:
    D. — FERDINANDVS . D . G . HIERVSALEM . SICILIAE . REX .
    Busto del Re.
    R. — FRVG . AC . ORDO . ET . P . NEAP . OPT . PRINCIP .
    Una donna che porge biada alla sirena Partenope.
  23. Alfonso, duca di Calabria, avendo sconfitto l’esercito dei ribelli, entrò trionfante a Napoli, addì 17 dicembre 1486, conducendo, innanzi al carro, i vinti baroni. Il Leostello parla di questa entrata trionfale in cui, cosi ignominiosamente erano condotti gli orgogliosi baroni fatti prigioni in quella battaglia. Addi 17 dicembre 1486, dice egli, il duca rientrò in Napoli conducendosi innanzi parecchi dei vinti baroni e un negro chiamato Malfusso, . . . andava a piede con una scopa scopando tucta la via per burla, volendo significare che l’Aragonese aveva scopata via tutta la mala genia dei baroni. Leostello, Fil., Vol. I, Doc, ecc., pagina 128. A questo trionfo allude dunque la nostra medaglia.
  24. Pag. 69, tav. XXII, n. 1.
  25. Vol. I, tav. X, n. 2.
  26. Cedola di Tesoreria, 80, fol. 177 t.
  27. Regia Camera della Sommaria. Comuni 5, fol. 119 t. Di lui si ha pure menzione, C. Esecut. B. 19, fol. 36 t.
  28. Cedole di Tesoreria, Reg. 57, fol. 244. (Barone, Le ced. di tes. Archivio Storico Nap., 1884, p. 240). Leon Cadier nel I fasc. del suo libro Études sur la sigillographie des rois de Sicile riporta una riproduzione fotografica di questa identica bolla, che conservasi al Vaticano. Nella coll. Santangelo (Museo Nazionale di Napoli) è una bolla di piombo con egual tipo.
  29. Nelle quietanze che Ferd. I fece ad Antonello de Petrutiis addì 13 marzo 1467 per i conti d’introito ed esito dal sett. 1456 all’agosto 1465 — fol 5 t Archivio de’ Cassinesi alla Cava. —
  30. R. C. S. Comuni 14, fol. 234 t.
  31. Barone, Arch. Stor. Napolet., 1884, pag. 247.
  32. Ced. di tesoreria, Reg. 162, fol. 188.
  33. Bibl. Nazionale di Parigi (Chartes de Colbert n. 693) Doc. del 27 Gennaio 1473.
  34. Ced. di tesoreria, Reg. 66, fol. 554 t.
  35. R. C. S. Curia 2, fol. 109.
  36. Vol. 9. Collaterale Comune.
  37. Notar Giacomo. Cronaca di Napoli, p. 224: « Adi XXI de Sectembre 1498 ando banno reale da parte del S. Re Federico come sua Maestà havea facto fare per utilità del Regno una moneta erea nominata sextina che quilli se havessero daspendere et pigliare sey per uno tornese.