Poesie (Parini)/Nota vol. I

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IV. Le odi - XX. Alla Musa Indice vol. I
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NOTA

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La presente edizione delle Poesie fa seguito a quella delle Prose di Giuseppe Parini, apparsa in questa stessa collezione nel 1913-’15 in 2 voll. Essa era preparata da piú di un decennio (1913-1917); ma la guerra consigliò l’editore a sospendere la pubblicazione. Finita la guerra, io approfittai subito del materiale raccolto per dare alla luce una edizione commentata del Giorno e delle Odi (Napoli, Perrella, 1920); qualche anno dopo apparve poi la edizione di Tutte le opere edite ed inedite del Parini, curata colla consueta diligenza e genialitá da Guido Mazzoni (Firenze, Barbèra, 1925); e questa magistrale pubblicazione consigliò a ritardare ancora di qualche anno la presente edizione delle Poesie, la quale vede cosí la luce per il secondo centenario della nascita dell’autore del Giorno.

Questo primo volume si apre colla riproduzione integrale del volumetto intitolato Alcune poesie di Ripano Eupilino (Londra, MDCCLII, presso Giacomo Tomson; ma in realtá: Milano, Bianchi) col quale il Nostro si presentò, per la prima volta, all’etá di ventitré anni, al giudizio del pubblico. Seguono poi le opere a cui egli deve la fama di poeta: Il Giorno e Le Odi.

Nel riprodurre i versi giovanili, si seguí fedelmente la edizione del 1752, curata dall’autore; ma si registrano in questa Nota le piccole correzioni che il poeta introdusse nel testo di alcune di esse quando le fece ristampare nel XIII volume delle Rime degli Arcadi (Roma, Giunchi, 1780), senza dimenticare le varianti, offerte dai manoscritti (alcuni autografi, altri di mano del Gambarelli, amico del poeta) che si trovano tra le carte pariniane della Biblioteca Ambrosiana di Milano, di cui si parlerá piú avanti.

Per Il Giorno, si seguì invece una via alquanto diversa. Com’è noto, il Parini pubblicò nel 1763 la prima parte del poema, col [p. 364 modifica]titolo Il Mattino, poemetto (Milano, Agnelli), ed anzi ne fece nello stesso anno e presso lo stesso editore due edizioni, la seconda delle quali presenta qualche lieve variante rispetto alla prima. Poi, nel 1765, pubblicò presso lo stesso editore la seconda parte, col titolo Il Mezzogiorno, poemetto. In seguito, per tutto il resto della vita, andò correggendo e ricorreggendo i due poemetti, mentre preparava la fine dell’opera, che doveva, secondo il disegno primitivo, consistere in un solo terzo poemetto, La Sera, ma che egli pensò poi di dividere in due: Il Vespro e La Notte, ai quali lavorò a lungo, senza portarli mai a compimento.

Francesco Reina, amico del poeta e, dopo la morte di lui, benemerito raccoglitore ed editore delle Opere (Milano, Tip. del Genio tipografico, 1801-1804; 6 voll.), ristampò il Mattino e il Mezzogiorno, seguendo rispettivamente le edizioni del 1763 e del 1765; ma staccò però dal secondo poemetto i venticinque versi che descrivevano il calare del sole, e tutta la lunga descrizione della passeggiata al Corso, perché, secondo l’intenzione del poeta, dovevano, insieme con altri versi da lui nuovamente composti per descrivere le visite pomeridiane del gioviti signore e della dama, entrare a far parte del Vespro. Quanto alla Notte, la ricostruí, attingendo ai vari manoscritti frammentari che aveva lasciati il Parini; e ne venne un testo, incompleto ma abbastanza ragionevole, anche di quest’ultima parte dell’opera. In nota, recò le varianti dei vari manoscritti pariniani da lui posseduti.

Dopo di lui, alcuni editori del Giorno riprodussero senz’altro il suo testo; altri invece, traendo profitto dalle varianti da lui offerte, cercarono di migliorarlo, secondo le ultime presumibili intenzioni dell’autore. Ma questi ultimi, naturalmente, procedevano un po’ a caso nella scelta della lezione da adottare, non avendo dato il Reina alcuna precisa notizia intorno ai manoscritti del poeta e alla loro data. Se non che, ai primi del nostro secolo, questi manoscritti, insieme con tutte le altre carte pariniane del Reina, pervennero alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, dove poterono essere esaminati da me (si vedano le mie comunicazioni Intorno al testo del «Giorno» e Intorno al testo del «Mattino»

negli «Atti del R. Istituto di scienze, lettere ed arti di Venezia»

del 1914-15 e del 1915-16), e piú tardi da Guido Mazzoni, il quale, col consenso dei preposti alla biblioteca, riordinò tutte quelle carte, come appare dalla Avvertenza da lui premessa alla sua edizione giá citata. [p. 365 modifica]

Ora sappiamo che del Mattino si ha, tra le carte ambrosiane, un esemplare della edizione del 1763 con delle correzioni marginali ricopiate da quelle che il Parini aveva fatto in un altro esemplare della stessa edizione, e ben quattro manoscritti autografi (che io indicai coi numeri 1, 2, 3, 4 e il Mazzoni colle lettere A, B, C, D), piú alcuni fogli volanti uniti al ms. 2 (da me indicati con 21, 22 e dal Mazzoni con B bis ed E), tutti certamente posteriori alla edizione del 1763. In tutti questi manoscritti mancano la dedica Alla moda e la protasi (vv, 1-32); e da questo e da altri indizi si desume che essi ci rappresentano delle rielaborazioni del poemetto fatte dal poeta quando pensò di scindere la Sera in Vespro e Notte, e trovò che dedica e protasi non convenivano alla nuova divisione. Dei quattro manoscritti, solo il primo, contenuto in due quaderni, ci dá tutto il poemetto, dal v. 33 della ediz. 1763 («Sorge il mattino») fino alla fine; gli altri sono frammentari (cominciano tutti dal v. «Sorge il mattino»; ma il n. 2 giunge solo fino al v. «Sbaragliando le schiere entra nel folto»; il n. 3 fino al v. «Domabile midollo entro al cerebro»; il n. 4 fino al v. «Il salutar licore agro indigesto»: il n. 21 fino al v. «Prima non solva che giá grande il giorno» e dal v. «Gelosia n’è cagione...» a «Sbaragliando le schiere entra nel folto»; e il n. 22 fino a mezzo il v. «Bottiglia a cui...».

Del Mezzogiorno si ha pure una copia della prima edizione, con correzioni derivate da quelle che il Parini fece in margine a un altro esemplare, e un manoscritto autografo, certo posteriore alla prima edizione, che evidentemente rappresenta le ultime intenzioni del poeta, a noi pervenute. Il che è anche dimostrato dal fatto che in esso non figurano quelle parti del Mezzogiorno, che il poeta pensò di unire al Vespro. In questo manoscritto il poemetto ha il titolo di Meriggio, certo piú appropriato di quello primitivo per indicare le ore pomeridiane.

Del Vespro si ha un solo manoscritto autografo, composto certo dopo quello del Meriggio. Esso contiene i vv. 1-349 della presente edizione del poemetto, e cioè la introduzione e tutta la prima parte (le visite). Inoltre si hanno due foglietti autografi, che comprendono i vv. 457-510 della presente edizione, e cioè, in sostanza, una buona parte dei versi del Mezzogiorno (ed. 1765) passati al Vespro. Questi foglietti ci presentano alcune notevoli differenze rispetto al testo della edizione del 1765, e rappresentano un rimaneggiamento del testo fatto dal Parini quando pensò [p. 366 modifica]di adattare alcune parti del secondo poemetto stampato al terzo che stava preparando.

Della Notte si hanno ben sette manoscritti autografi, che io indicai coi numeri da 1 a 7, e il Mazzoni con lettere dell’alfabeto (1 - B, 2 - C, 3 - D, 4 - E, 5 - A, 6 - G, 7 - H), piú tre fogli volanti uniti al manoscritto 7 (71 - II1, 72 - II2, 73 - H2 ). Il manoscritto 1 contiene delle serie staccate di versi, che sembrano rappresentare il primo getto di alcuni episodi della Notte, i quali in parte entrarono poi a far parte di qualcuna delle redazioni del poemetto conservateci dagli altri manoscritti e in parte furono invece lasciati in disparte. Gli altri sei manoscritti, invece, ci offrono il poemetto in una redazione piú ampia, cominciando tutti dalle protasi, colla famosa descrizione della notte, per interrompersi poi tutti dopo un certo numero di versi. Il manoscritto 2 si arresta infatti al v. 69 della presente edizione, il manoscritto 3 al v. 119, il manoscritto 4 al v. 129, il manoscritto 5 al v. 556, il manoscritto 6 al v. 527 e il manoscritto 7 al v. 673. A quest’ultimo vanno poi uniti tre fogli volanti (71, 72, 7v che il Mazzoni chiama H1, H2 e H3 ), i quali comprendono rispettivamente i vv. 580-673, 5S0-593, 495-527.

È evidente quindi che il Parini, dopo che ebbe deliberato di dividere il poema non piú in tre ma in quattro parti, andò rivedendo e correggendo il Mattino e il Mezzogiorno, mentre portava avanti piano piano il Vespro e la Notte, che non finí mai.

Ora i piú recenti editori del poema, seguendo l’esempio del Mazzoni, riproducono pel Mattino la lezione della stampa del 1763, relegando in nota le varianti desunte dai vari manoscritti; pel Mezzogiorno riproducono la stampa del 1765, toltene però quasi sempre le parti che il Parini pensò di unire al Vespro; e per il Vespro e per la Notte riproducono senz’altro il testo datone dal Reina, mettendo in nota le varianti dei vari manoscritti.

Nella presente edizione si seguí invece una via un po’ diversa, perché si vollero bensí riprodurre le edizioni originali dei due primi poemetti (solo togliendo al secondo le parti che il Parini incorporò piú tardi nel Vespro), per mostrare quella che, in un certo momento, parve all’autore una forma degna d’esser presentata al pubblico; ma, subito dopo queste ristampe, si riprodusse il manoscritto 1 del Mattino, che solo ci dá tutto il poemetto rifatto dopo la edizione del 1763, e poi il manoscritto del Meriggio, relegando in questa Nota le varianti degli altri manoscritti. Pel [p. 367 modifica]Vespro si seguí l’unico manoscritto autografo che contiene i vv. 1-349, piú le parti del Mezzogiorno incorporate nel nuovo poemetto, salvo che pei vv. 457-510 pei quali si seguirono i giá accennati foglietti autografi, ponendo in questa Nota le varianti delle parti originariamente comprese nella prima edizione del Mezzogiorno; e per la Notte si riprodusse il testo del manoscritto piú ampio (7), segnando in questa Nota le varianti degli altri sei manoscritti piú brevi, mentre in appendice si raccolsero quelle serie di versi del manoscritto 1, che non appaiono nel manoscritto 7 e che non si sa di preciso in qual punto del poemetto sarebbero state collocate dall’autore, se avesse compiuto l’opera sua. In una seconda appendice si raccolsero poi gli appunti, buttati giú in fretta dall’autore, e scritti parte colla penna e parte colla matita, coll’intendimento di servirsene poi o pel Vespro o per la Notte.

Quanto alle Odi, non ho che a ripetere, presso a poco, quanto scrissi giá dieci anni or sono, pubblicandole, insieme col Giorno, nella giá citata edizione scolastica (Napoli, Perrella, 1920). I componimenti che vanno per lo piú sotto questo nome, furono scritti dal Parini tra il 1757, circa, e il 1795, e in parte recitati in sedute accademiche o stampati in fogli volanti, in raccolte d’occasione, in gazzette letterarie; ma la loro diffusione avvenne specialmente per mezzo di copie manoscritte, finché, nel 1791, Agostino Gambarelli, discepolo del poeta, non raccolse in un volumetto dal titolo Odi giá divolgate, quelli che il poeta aveva fatto conoscere fino a quell’anno. Il volumetto ebbe molta diffusione e fu piú volte riprodotto; ma il Parini non ne era contento, per varie ragioni, e soprattutto perché, tra i componimenti in esso raccolti, erano tre poesie improvvisate e di scarso valore (Il piacere e la virtú, Piramo e Tisbe, Alceste) e due vere e proprie canzonette (Il brindisi. La primavera). Preparò quindi egli stesso una nuova raccolta, comprendente anche le odi composte dopo il 1791; ma fu colpito dalla morte prima di aver potuto provvedere alla pubblicazione. Vi pensò, qualche anno dopo, il Reina che, nel secondo volume delle Opere del Nostro, pubblicato nel 1802, comprese, con altre liriche, anche venti odi, che in seguito furono riprodotte, quasi senza mutamento, da molti editori che vennero di poi. Soltanto se ne distaccò nel 1814 Giuseppe Bernardoni, che, pubblicando un volume di Poesie scelte del Parini, ridusse le odi a diciannove (perché ne escluse Le nozze che relegò tra le canzonette), le ordinò, in parte almeno, con criteri cronologici piú esatti di [p. 368 modifica]Vespro si seguí l’unico manoscritto autografo che contiene i vv. 1-349, piú le parti del Mezzogiorno incorporate nel nuovo poemetto, salvo che pei vv. 457-510 pei quali si seguirono i giá accennati foglietti autografi, ponendo in questa Nota le varianti delle parti originariamente comprese nella prima edizione del Mezzogiorno; e per la Notte si riprodusse il testo del manoscritto piú ampio (7), segnando in questa Nota le varianti degli altri sei manoscritti piú brevi, mentre in appendice si raccolsero quelle serie di versi del manoscritto 1, che non appaiono nel manoscritto 7 e che non si sa di preciso in qual punto del poemetto sarebbero state collocate dall’autore, se avesse compiuto l’opera sua. In una seconda appendice si raccolsero poi gli appunti, buttati giú in fretta dall’autore, e scritti parte colla penna e parte colla matita, coll’intendimento di servirsene poi o pel Vespro o per la Notte.

Quanto alle Odi, non ho che a ripetere, presso a poco, quanto scrissi giá dieci anni or sono, pubblicandole, insieme col Giorno, nella giá citata edizione scolastica (Napoli, Perrella, 1920). I componimenti che vanno per lo piú sotto questo nome, furono scritti dal Parini tra il 1757, circa, e il 1795, e in parte recitati in sedute accademiche o stampati in fogli volanti, in raccolte d’occasione, in gazzette letterarie; ma la loro diffusione avvenne specialmente per mezzo di copie manoscritte, finché, nel 1791, Agostino Gambarelli, discepolo del poeta, non raccolse in un volumetto dal titolo Odi giá divolgate, quelli che il poeta aveva fatto conoscere fino a quell’anno. Il volumetto ebbe molta diffusione e fu piú volte riprodotto; ma il Parini non ne era contento, per varie ragioni, e soprattutto perché, tra i componimenti in esso raccolti, erano tre poesie improvvisate e di scarso valore (Il piacere e la virtú, Piramo e Tisbe, Alceste) e due vere e proprie canzonette (Il brindisi. La primavera). Preparò quindi egli stesso una nuova raccolta, comprendente anche le odi composte dopo il 1791; ma fu colpito dalla morte prima di aver potuto provvedere alla pubblicazione. Vi pensò, qualche anno dopo, il Reina che, nel secondo volume delle Opere del Nostro, pubblicato nel 1802, comprese, con altre liriche, anche venti odi, che in seguito furono riprodotte, quasi senza mutamento, da molti editori che vennero di poi. Soltanto se ne distaccò nel 1814 Giuseppe Bernardoni, che, pubblicando un volume di Poesie scelte del Parini, ridusse le odi a diciannove (perché ne escluse Le nozze che relegò tra le canzonette), le ordinò, in parte almeno, con criteri cronologici piú esatti di [p. 369 modifica]errori di stampa o di scrittura, e di aggiungere qualche virgola o qualche altro segno di interpunzione utile alla miglior intelligenza.

Nel riferire le varianti, trascurai, generalmente, quelle ortografiche (delle per de le, ai per a i, perché per per che e simili).

Tuttavia nel riferire le varianti del Giorno e delle Odi fui piú largo che nel riferire quelle di Alcune poesie, data la importanza loro. Chi desideri vedere tutte le varianti — anche minime — può ricorrere alla mia citata edizione del Giorno e delle Odi o, meglio ancora, a quella di Tutte le opere del Mazzoni.

Avverto finalmente che la data messa tra parentesi sotto il titolo delle Odi è quella, o sicura o probabile, risultante dai piú recenti studi.

Per brevitá, indico con delle lettere alcune edizioni che ho piú spesso occasione di citare:

Ar.: Rime degli Arcadi, XIII, Roma, Giunchi, 1780.

Bn.: Poesie scelte di G. P. Prima edizione milanese. Milano, nella stamperia di G. Bernardoni, 1814.

Ga.: Odi dell’abate G. P. giá divolgate [raccolte da Agostino Gambarelli], Milano, nella stamperia di Giuseppe Marelli, 1791.

Mazz.: Tutte le opere edite e inedite di G. P. raccolte da Guido Mazzoni. Firenze, G. Barbèra editore, 1925.

R.: Le opere di G. P. pubblicate ed illustrate da Francesco Reina. Milano, stamperia e fonderia del Genio Tipografico, 1801-1804, voll. 6. Il Giorno è nel primo volume, le Odi nel secondo, insieme con altre liriche.

Altre edizioni di scritti del Parini o sul Parini sono citate al luogo loro; ma non tento neppure una bibliografia pariniana, essendo imminente la pubblicazione di quella preparata da Guido Rustico, che soddisferá certo egregiamente tutti i desidèri degli studiosi. Intanto essi possono ricorrere alle copiose indicazioni bibliografiche del Carducci (Storia del «Giorno») e del Mazzoni. [p. 370 modifica]

I

ALCUNE POESIE DI RIPANO EUPILINO

I sonetti n. XV, XIX, XX, XXII, XXIX, XXX, XXXV, XLI, XLII, XLIII, furono piú tardi ristampati dal P. stesso, nel vol. XIII delle Rime degli arcadi, nel 1780, con lievissime varianti, quasi esclusivamente ortografiche. Noto nel n. XV, v. 13-14: Sileno e l’asinel pigro e restio, che va 'l...; nel n. XIX, v. 4: anzi la selva tutta; nel n. XXVII, v. 1: meco t’ungi, v. 9: a questo loco; n. XXX, v. 10: alto una spanna, e quindi nei vv. 12 e 14: della sozza canna e la mia capanna; n. XLIII, v. 8: ebbriosissimo. — Alcuni sonetti si trovano anche in mss. ambrosiani: n. XIH (mss. III, 4 e 9); XVIII (mss. III, 5 e 8); XXII (ms. III, 1); XXV (mss. III, 1 e 8); XXVIII, XXIX e XXX (mss. III, 4 e 8), XXXV (ms. III, S); XXXIX (mss. III, 5 e 8); XL e XLI (mss. III, 4 e 8); XLV e XLVIII (mss. III, 5 e 8); XLIX e LIII (ms. III, 8); LIV (mss. III, 4 e 8); LV (mss. III, 5 e 8); LIX (ms. III, 8); LXXI (mss. III, 5 e 8); LXXII (mss. III, 4 e 8); LXXIV (ms. III, 8); LXXXIII (mss. III, 4e 8); LXXXIV (ms. III, 4); LXXXV (mss. III, 4 e 8). Le varianti sono poche e quasi solo ortografiche. Al n. XXX i due mss. hanno le stesse varianti di Ar; al n. LIV, v. 4 i due mss. hanno altri per uomo; al n. LXXI, v. 1, III, 5 ha esecutori.

Noto infine che in un esemplare di Alcune poesie, che è in Ambrosiana, il v. 6 del ti. XXVI è corretto, a penna dall’a., Ecco m’ascondo e chiamo lei per nome, e nel v. 8 e qual è corretto in come. [p. 371 modifica]

II

LA PRIMA FORMA DEL «GIORNO»

1. Il Mattino (ed. 1763).

Il P. appose alcune brevi note al testo del Mattino, che qui si riferiscono:

al v. 199: Alamanni, Coltivazione.

al v. 271: Filli cangiata in mandorlo. Vedi la favola.

al v. 544: Iside.

al v. 563: Amor di sé.

al v. 611: Ninon de Lenclos.

al v. 619: La Fontaine.

al v. 628: Si accennano vari romanzi e varie novelle di vario genere.

al v. 866: L’oppio.

In un esemplare della ed. 1763, conservato in Ambrosiana, sono segnate in margine delle correzioni, ricopiate da quelle che il P. aveva scritte su un altro esemplare, e inoltre anche alcune postille. Le correzioni sono le seguenti:

v. 9: che per cui; vv. 20-21: In van te chiama — lo dio dell’armi; v. 26: ti peso ahi troppo; v. 42: va col bue lento innanzi e scuote andando; vv. 70-71: de’ penduti metalli a cui da lungediffusi moti la tua mano impresse; v. 72: giá corser; v. 79: poi coll’indice; v. 84: oh se te; v. 126: sommesso ei chiede; v. 185: che intorno siede a te, manchi, o signore; v. 226: se men ch’oggi le cure a te d’intorno; v. 229; domabili midolle; v. 244: Ma ben vegg’io; v. 249: Or dunque, o voi; v. 291: autore ignobil; v. 312: onde se’ parte sí altera; v. 322: Però la prole; v. 329: Allora il chiaro sol; v. 341: Egli a poc’aere; v. 391: largo dispensa; v. 411: de’ tuoi; v. 413: le concesse la notte e di bei sogni; v. 417: lieta e snella con te balzò; v. 423: per la notte opaca; v. 439: ne la passata; v. 470: te la teletta attende; v. 472: sí ch’oggi; v. 499: Che se la sposa; v. 562: E tu securo; v. 594: Tu quel libro; v. 614: pur detta al mio signore; v. 703: e mai tua destra; v. 718: o l’altro egregio; v. 752: giá contender; v. 760: apprese ad imitar; vv. 826-827: i fatati guerrier, si che poi lieti — correan mortale ad incontrar periglio; v. 861: il non volgar confetto; v. 895: contro al sentenziar; v. 920: il giubbon d’ambo i lati; v. 952: Oh di gran alma; v. 975: [p. 372 modifica]E quindi a poco; v. 977: di sesto; v. 1010: Né senz’arie; v. 1048: del manco; v. 1061: core.

Le postille marginali, che si riferiscono a qualche aggiunta ideata dal P., sono:

al v. 1016: Scatole.

al v. 1026: Corruccio, noia, moda.

al v. 1030: Due orologi.

al v. 1051: Avo.

al v. 1053: Qual di loro è piú degno di fama e stima.

2. Il Mezzogiorno (ed. 1765).

Il P. appose alcune note al testo del Mezzogiorno, che qui si riferiscono:

al v. 10: Vedi Virg. Eneid. Lib. I.

al v. 15: Omer. Odiss. Lib. I e altrove.

al v. 351: Lo Dio Termine.

al v. 621: Bacco.

al v. 624: Giasone. — Cittá della Tessaglia.

al v. 692: Cittá voluttuosa della Magna Grecia.

al v. 820: Vedi Sofocl. Edip.

al v. 822: Lo dio de’ conviti. — Bacco.

al v. 875: Ariost. Cant. 22.

al v. 903: Non de’ sei pianeti.

al v. 920: Esculapio.

al v. 1193: Trictrac.

Inoltre, in margine a un esemplare ambrosiano della ed. 1765, il P. segnò alcune correzioni che qui si riferiscono: v. 42: beltade; v. 69: scalpiccio; v. 82: musulmano; v. 98: sfrigni; v. 168: e; v. 209: al centro dell’alma; v. 223: di trovar pur menda; v. 255: sospigneva; v. 295: poi scroscia; v. 347: di lei t’assidi; v. 359: al nobil desco intorno; vv. 545-6: cancellato invan per lui fu pregato e promesso; v. 547: e in van; v. 708: o sale; v. 749: il cenno de’ bei guardi or che la dama; v. 814: ristette, v. 887: le servili; v. 964: qui segnalar ti dei; v. 1055: che la miseria; v. 1102: a trascinar gli diè. [p. 373 modifica]

III

IL GIORNO

1. Il Mattino (secondo il ms. ambr. IV, 3-4).

Si registrano le varianti dei mss. ambr. 2, 21, 22, 3 e 4; rispetto al ms. x (IV, 3-4):

v. 2: innanzi (2*); v. 4: onda (2*); v. 6: letto che (2, 3, 4), sposa (2, 21, 22); v. 8: e sul dorso (3, 4); v. 9: che primiera inventò (3, 4); v. 10: parte seguendo i lenti bovi e scote (22), esce seguendo i lenti bovi e scote (4); v. xi: per l’angusto (2, 3), per lo angusto (4); v. 12: il nascente del sol lume rifragne (2), la nascente del sol luce rifragne (21), frange i vaghi del sol raggi nascenti (22), la nascente del sol luce sparpaglia, poi corretto: i nascenti del sol raggi sparpaglia (3), il nascente del sol raggio sparpaglia (4); v. 14: fabro (21); v. 20: nuove spese (2, 21, 22); v. 21: in capo mostri (2, 21 ), era cosí anche in 3, ma poi il P. corresse: mostri in fronte; v. 25: ch’ per sol (4); vv. 27-28: ieri a giacer tra male agiate coltri — come dannato è a par l’umile vulgo (2), ieri a posar qual ne’ tuguri suoi — tra le rigide... (21, 3), ieri a posar qual ne’ tuguri suoi — entro a l’igide coltri umil mortale (21,3), ieri a posar qual ne’ tuguri suoi — tra le rigide coltri il mortal vulgo (4); v. 30: grande di semidei (21); v. 41: non mend’allor che il siculo paese (21); v. 45: cosí tornasti (21), tal ti rendesti (3, 4); vv. 46-47: caro conforto a le fatiche illustri (3, 4), venien per te (3), giá li attendean (4); v. 49: o d’ispani o di toschi (3, 4); v. 51: disse: siedi (21, 3, 4); v. 52: reina (21, 3); vv. 53-55: di propria mano sprimacciò le coltrici — molle cedenti ove te accolto il fido — servo calò le ombrifere cortine (21), di propria man ti sprimacciò le coltrici e gli altri due versi come in 21 (3); in 4 i primi due versi come 3, e nel terzo ha seriche per ombrifere; v. 72: giá corser (2, 3, 4); v. 78: fieri (4); v. 79: poi coll’indice (3, 4); v. 82: e de’ labbri (3); v. 84: oh se te (3, 4); v. 85: qualor (2); v. 86: innalza un grido (2); dopo il v. 87 i mss. 2 e 21 aggiungono il v. onde a le squadre i vari moti impone, come nella ed. 1763, mentre questo v. manca in tutti gli altri mss.; v. 88: se te (2, 4); v. 91: dell’enfiate guance (2), de la guancia enfiata (3, 4); v. 98: sommesso accento (3, 4); v. 102: Scegli qual piú t’aggrada. Ami tu forse (2), Libra i consigli tuoi. S’oggi a te giova (4); in 3, 4 manca il tu iniziale del v. 106; v. 107: ti dá (2), e invece di o (2, 3, 4), caribbeo (3); v. 108: che di lucide penne avvolto ha il crine (2), [p. 374 modifica]che di penne diverse il capo avvolge (3, 4); v. 109: l’assale (2); v. 110: vezzose membra (2); v. 122: se Cortes e Pizzarro (2, 3, 4); v. 123: non istimâr (2); v. 126: giú da i grandi balzâro (3, 4), da i loro aviti (2); v. 131: la scelta bevanda (2), l’eletta bevanda (3, 4); v. 132: repente annunzi (2); v. 145: ahi (2), deh (3, 4): v. 146: del dí (3, 4), ahi (2), deh (3, 4), turbarli (2); v. 154: soffrire per indecenti (2); v. 155: quel salutar (3); v. 159: ma non attenda (2), non attenda però (3); v. 189: modera e guida (2), si fermi (2); v. 166: inchini ’l mento (3); v. 168: Non meno di costui (3); v. 169: t’accosta, o tu che insegni (2); v. 171: teneri canti, o tu che mostri altrui (2); v. 172: come agitar (2); v. 183: odio li sorga (3); in 3, dopo il v. 189, vi è un segno di richiamo, e a piè di pagina: misere labbra, che temprar non sanno — con le galliche grazie... e non altro; v. 192: o quegli o questi (3); v. 193: con piacevol motteggio; v. 201: fia che ritorni (3); v. 202: de’ vaghi palpitanti e de’ mariti (3); in 2 mancano i vv. 201-202, ma è lasciato in bianco lo spazio per scriverli; v. 203: tempo invece di pezzo (2); v. 210: doman poi ti fia dato, o l’altro forse (2); v. 212: se men ch’oggi di cure a te d’intorno (2); v. 213: portassi assedio (2), ozio daranno (3); in 2 ai vv. 216-217 sono sostituiti i vv. 230-238 della ed. 1763 con varianti: sí che breve lavor nove scienze — vale a stamparvi. Inoltre a voi fu dato — cose diverse non però turbate — o confuse giammai, ma scevre e chiare — ne le lor sedi ricovrarle in mente; v. 221: ire e tornar (2); v. 227: però che or te (3); v. 229: or dunque, voi (2); v. 235: quanto ferve lavoro! (2); v. 244: acque adorate (2); v. 255: Assai pensasti a te medesmo: or volgi (2); v. 261: Ahi di nozze non parlo (2); in 2 i vv. 269-271 sono ridotti a due; relegato ti giacci, oscuro fatto — e ignobil fabbro de la razza umana; v. 287: de’ begli spiriti il vostro amabil globo (2); v. 288: Non tu però (2); v. 307: stringea (2); v. 317: crebber l’ali ad Amore a poco a poco (2); in 2 seguono poi i sgg. versi, simili ai vv. 339-340 della ed. 1763: e la forza con essa, ed è la forza — anco sui numi a dominar maestra; v. 318: Egli a brev’aere prima, indi piú ardito (2); v. 332: che un laccio io strinsi (2); v. 335: impeci (2); v. 368: largo permette (2). A questo v. in 2 seguono altri tre versi corrispondenti ai vv. 293-295 della ed. 1763, solo colla variante nuove provincie all’ultimo verso; v. 369: Sperar giova cosí, tu intanto apprendi; v. 371: donasse per si diede (2); v. 378: dove teco aggio piú tosto (2); v. 382: L’ora è questa, o signor, che il fido servo (2); v. 383: de’ tuoi (2); v. 385: immagin grate (2); v. 387: al tornar l’ammirasti (2), sera tu l’ammirasti (3); v. 391: alte per ampie (2); v. 403: Potria (2); v. 404: sonni, correzione su un sogni scritto prima dal P.; v. 409: potria (2); v. 411: di contrari obbietti (2); v. 412: congiunti (2); v. 417: la rapita dal gioco (2); v. 419: vigilia preparar (2); v. 422: a questo arroge (2, 21); v. 423: a cui nel capo (2, 21); v. 426: abbian fatto gran cose; v. 431: rapirsi (2, 21). A questo verso in 2 seguono i vv. 455-459 della ed. 1763, che mancano in tutti gli altri mss.; v. 433: [p. 375 modifica]tu non starai (2, 21); v. 441: a tuo favor (21); v. 442: Or te pur anco (21); v. 443: La tavoletta attende (2, 21); v. 445: sí ch’oggi (2); v. 444: la natura illustrerai (2, 21); i vv. 448-467 si trovano solo in 1; mancano nella ed. 1763, come in 2 e 21; i seguenti vv. 469-494 si trovano invece nei mss. 2, 21, ma mancano nella ed. 1763; v. 468: Ecco giá pronto [e, 21] con le man rosate (2, 21); v. 469: il capo (2); vv. 476-477: o se l’aurato biondo — ami d‘Apollo, o se il cinereo biondo (2), o se imitar nel crine — d‘Apolline tu vuoi l’aurato biondo (21); i vv. 478-479, in 2 son ridotti a uno solo: vuoi de le Muse assomigliar nel crine, e in 21 suonano: o il biondo cinerin che de le Muse — scende a le spalle tenero e gentile; v. 480: che se stamane a te (2), che se sia mai che a te (21); v. 482: offende (2); v. 484: pallidetto ti scorgi (2, 21); v. 4S6: 21 (2, 21); v. 489: onde la celi (2, 21).

2-3. Il Vespro.

I vv. 1-25, come è giá detto piú addietro, corrispondono ai vv. 1195-1219 del Mezzogiorno (ed. 1765), e i vv. 350-510 ai vv. 1220-1376 del Mezzogiorno (ed. 1765), mentre il ms. ambr. del Vespro comprende solo i vv. 1-349. Quindi pei vv. 1-25 si registrano le varianti della ed. 1765 rispetto al ms., e per gli stessi vv., nonché pei vv. 1220-1376, si registrano anche le correzioni che il P. fece, come giá si disse, in margine di un esemplare della ed. 1765 del Mezzogiorno, salvo che pei vv. 457-510 si seguono nel testo i foglietti autografi del P., che modificano alquanto il testo del 1765, e in nota si registrano quindi le varianti della edizione. Queste ultime vengono distinte colla sigla c.

v. 1: Giá de le fere e degli augelli il giorno; in c, Giá è corretto in ma; vv. 2-3: pesci notanti e de’fior vari — degli alberi e del vulgo al suo fin corre; v. 4: di sotto al guardo de la immensa luce; vv. 8-9: giá da’ maggiori colli e da l’eccelse — torri; v. 11: rivederti, o signore, anzi che l’alpe; v. 13: agli; v. 16: or fronti or spalle; v. 18: degli; v. 19: ai; v. 20: sui; v. 21: e sui fertili laghi irsute braccia; v. 23: al tuo comodo; v. 24: tutti ignobili oggetti. Or colui vegga; v. 401: toilette; in c c’è giá teletta; v. 455: e del rallegratore delle cose. — Dal v. 457 al 477 la ed. 1765 presenta numerose varianti:

Giá d’untuosa polvere novella
di propria man la tabacchiera empisti
a la tua dama, e di novelli odori
il cristallo dorato: ed al suo crine [e alle sue chiome, c]
la bionda che svanio [svanì, c] polve tornasti
con piuma dilicata; e adatto al giorno [colla morbida piuma: adatto
le scegliesti ’l ventaglio: al pronto cocchio al giorno, c]
di tua man la guidasti, e giá con essa

[p. 376 modifica]

precipitosamente al corso arrivi.
Il memore cocchier serbi quel loco
che voi dianzi sceglieste, e voi non osi
tra le ignobili rote esporre al vulgo,
se star fermi vi piace, od oltre scorra,
se di scorrer v’aggrada. Uscir del cocchio
ti fia lecito ancor. T’accolgan pronti
allo scendere i servi. Ancora un salto
spicca; e rassetta i rincrespati panni.

Al v. 461 il P. aveva prima scritto: de le rote frequenti all’urto esporre, ma poi cancellò e rifece il v. come è nel testo; v. 462: invece di: ed oltre scorra, il P. aveva scritto da prima: e ai guardi altrui, che poi cancellò. A questo verso ne seguono nel ms. due altri cancellati e mal leggibili: dissimular qualche recente lagno — giá contato nei trivi, ed oltre scorra; v. 472. Il P. aveva cominciato a scrivere: che al troiano, poi cancellò e scrisse: che all’altro semideo; v. 475. il P. aveva scritto: Ecco giá corr...; cancellò e scrisse: Accorron pronti; cancellò ancora e scrisse: Ecco son pronti; v. 476. Il P. aveva scritto: Or lieve un salto; cancellò e scrisse: Un salto ancora; v. 479: ed ai lievi calzari ha l’ed. 1765, corretto in margine ai leggeri; v. 481. La ed. 1765 non ha O in principio del v.; v. 482: s’ami di passeggiare, anco potrai; v. 484: l’ed. 1765 è come il ms., ma in margine et introdurvi corretto in e v’introdusse; v. 486: versarti; v. 487: gli oda. Anche il ms. ha gli oda, ma per svista evidente; v. 488: il P. aveva scritto la dama il suono e se ne turbi e rompa; ma poi cancellò e corresse, come è nel testo; v. 490: a custodir la bella, corretto in c: la gemma; v. 499: spazza; anche nel ms. era spazza, ma poi corretto in sgombra; v. 509: toglie il pennello e il. Anche nel ms. era scritto cosí, ma poi fu corretto come è nel testo.

Nell’ultima parte del Mezzogiorno, passata poi nel Vespro, l’edizione del 1765 ha alcune brevi noticine:

Al v. 397. Giano si vuole, che sia stato il patriarca degl’italiani.

Al v. 423. Ninfe silvestri.

Al v. 425. Semidei silvestri.

4. La notte.

Varianti: v. 2: giovin signore (3); v. 8: passeggiando vanno (8); v. 9: d’uopo (3, 5); v. 10: vie piú (2, 3, 5); v. 14: úpupe (3, 5); v. 17: e del terreno lievi e morte fiamme (2. 4, 6); v. 18: intanto (6); v. 23: nel mantel se ne gìa (2, 3, 4, 5, 6); v. 25: colpiano (3, 5); v. 28: cui di lontan per entro al vasto buio (2, 3, 5, 6); v. 36: dei (2), de’ (6); v. 38: nepoti (5); i vv. 30-38 mancano in 4; v. 44: le nimiche (2, 3, 5, 6); v. 45: rovesciate (3, 5); vv. 51-52: pareti adorne e vestimenti vari — e bianche [p. 377 modifica]braccia e pupillette mobili (2,3, 4,5,6); vv. 53-54: e fulgidi — monili e gemme (3); v. 56: sovra (4), e l’adombrò (3, 5); v. 57: crearse (2, 3, 4, 5,6); v. 59: e tanti aprirse (2, 3, 5, 6), e i novi aprirse (4); v. 61: generoso alunno (3,4,5); v. 62: ch’io ti guido (3), ch’io m’innoltro (2); v. 63: colmo di glorie ad ottener lá dove (4); v. 69: romorosi aduna (3), romorosi occupa (5); in 2 ai vv. 62-69 corrispondono i sgg. quattro: Tu seconda me dunque or ch’io m’innoltro — per li vari spettacoli notturni, — e vo spiegando a te l’ultime norme — che compian tua magnanima carriera; però i vv. 63-69 che mancano, 2 li ha piú avanti, dopo il v. 148; v. 70: ma dove (2, 3, 4, 5, 6); v. 76: onde la plebe (5); i vv. 73-77 mancano in 2,3,6; v. 78: aimè (3,5,6); v. 79: dove (2,5,6); v. 81: convenga (2, 4. 5, 6); v. 82: i cocchieri (4); v. 84: egregio garzon (2, 5, 6); v. 86: all’ (2, 4, 5, 6), riversar (2, 5, 6); v. 87: riversato (2, 5, 6); v. 87: fra (6); v. 90: di picciol (5); v. 91: contento parte (5); v. 93: alto rimbombi (4); v. 94: il sacrilego fatto (4), fa l’oltraggio a te fatto (2,5,6); i vv. 73-101 mancano in 3; v. 102: Forse indiscreto parlatore assedia (2, 3, 5), forse indiscreto parlator trattiene (6), forse ozioso parlator con alte — braccia pendendo dal tuo cocchio assedia (4); v. 107: e la man (4,5); v. 108: di giá (2,6); v. 110: involarsi (5), infin (4); v. 112: Invan chiedi mercé: di mente invano (6), Ahi lasso! invan chiedi mercé: di mente (2), tu in van chiedi mercè; tu a lei di mente (3, 5), tu in van chiedi mercé; di mente in vano (4); v. 115: e manca in 2, 5, 6; v. 116: ombre (2, 3, 5, 6); v. 117: impaziente appella (4); v. 118: l’auriga (4); v. 120: i cavalli (5); i vv. 118-121 mancano in 2; v. 127: lieta del paro (5); l’35: fûr beate (1); v. 136: in 1 era scritto felice ardor, poi corretto in vago desio; v. 137: fida sposa (1); prima il P. aveva scritto: giá son due lune all’altrui fida sposa, poi corresse: all’altrui fida sposa or son due lune; v. 138: ora il tedio alla (1); v. 139: omai (5); v. 140: publico (2); v. 145: altri illustri (5); dopo il v. 148 il ms. 2 aggiunge i vv. 63-69 giá riportati al lor luogo, e poi resta interrotto; v. 152: senza di ciò mal grata (5); v. 160: fra l’onte (5); v. 169: le combattute palme (5, 6); v. 191: e a te la dama (5, 6); v. 193: affidata, o signor (5, 6), v. 195: fiammeggia e gronda (6), fiammeggi e gronde (5); v. 199: alto raccoglia (5), alto sostiene (6); vv. 203-204: misere! per la via... sibila tra la polvere (5), misere! su la via... per la polvere sibila (6). Nel ms. 1 si legge il sg. frammento, che si può confrontare coi vv. 195-203:

 In man de’ servi
largo dinanzi a voi fiammeggia e gronda
il tesoro dell’api; e dietro a voi
altra mano servii de la tua dama
lo smisurato lembo alto raccoglie,
somma felicitá che lei disgiugne
da le ricche mortali a cui per anco,
misere, sopra il suol l’estrema veste
fra la polvere sibila cadendo.

[p. 378 modifica]v. 204: lieve sdegnuzzo (5), novo sdegnuzzo (6); v. 208: da l’un (5); v. 209: guida la dama a diportarsi al vallo (5); v. 211: balza (5,6); v. 214: duopo (6); v. 220: tu col gomito alquanto, un poco anch’ella (5), tu col gomito un poco, un poco anch’ella (6); v, 221: e a le tue forze (6), e a te fidata (5); v. 223: mentre insieme celiando a brevi salti (5), mentre lieti celiando a brevi salti (6); v. 224: su per l’agili scale ambo affrettate (5, 6); i vv. 225-230 non si trovano che nel ms. 7, segnati in margine con una linea; mancano nei due mss. 5 e 6; vv. 232-233: Ecco a te s’apre — di stanze ordine lungo (5), Ecco a voi s’apre — di stanze ordine lungo (6); v. 235: lume or vivo or spento (6); v. 247: È servata (5.6), dei (5); v. 248: stirpe (5); v. 249: penetrar nel tempio (5); v. 264: ivi s’appoggia (5, 6); v. 272: a la sedia (5, 6); v. 277: di riso (5); v. 286: Disse fe’ plauso a se medesmo (5), disse fe’ plauso con le palme (6); v. 287: spiegò volando (5); v. 289: e tese cigne (5); v. 291: leggeri (5, 6); v. 315: celato libro (5); v. 317: lepida imago [in 6 imagin] fe’ notar tra i fogli (5,6); v. 321: a le cóltrici stesse (5); v. 323: fra l’immenso (5); v. 324: solenni? (5); v. 329: la stirpe (5, 6), fra le mani (5, 6); v. 335: bocca spalancata (6); ai vv. 340-341 in 5 corrispondono i tre seguenti: Allor prese l’imperio; e quindi or spande — sopra qual vi s’accosta eterno influsso. — Fuggi adunque, o signor, fuggi dal trono; in 6 il v. 341 suona: ed amor ne sospinse; e trono il fece; in 5 manca la seconda metá del v. 347 e la prima metá del 348, cosícché i tre versi si riducono a uno: sbadigliando distinse, e lá tra i seggi; v. 352: atto egregio (5, 6; anche 7 aveva egregio, ma il P. corresse in eccelso ); v. 362: questi omai (5.6); v. 364: del paro (5); v. 367: ha fra l’a/lre diletta (6); v. 368: Quegli (6); v. 374: annunzia (5, 6); v. 383: Questi (6), ne’ trivi (5, 6); v. 392: orecchio (5, 6); v. 394: Or non conosci del figliuol di Maia (5); vv. 407-408: vincasi e domi; e di sonanti spoglie — d’abbattuto rivl si torni opimo (1, 5); i vv. 394-408 mancano in 6; in 1 ai vv. 401-408 seguono i vv. 456-485; v. 411; legni e cuoi (5); v. 412: fabri (5); v. 419: surga (5); v. 421: a fonte (5); v. 425: fin (5); in 5 i vv. 368-372 vengono dopo i vv. 383-393, poi seguono immediatamente i vv. 409-425, seguiti alla loro volta dai vv. 394-408, In 6 troviamo la stessa disposizione di versi di 5; ma però mancano i vv. 394-408; v. 430: o pur (5, 6); v. 440: or mira un altro (5, 6); v. 444: ambo (5, 6); v. 452: un solo fianco (5), resta (6); v. 453: greca rapita (5); dopo il v. 455 dovevano forse trovar posto i due tipi del frammento I, pubblicato in Appendice; v. 459: E ardito (1); v. 460: t’assidi (i, 5, 6); v. 464: mira ed apprendi (1,6), vedi ed apprendi (5); v. 465: Qui (1); v. 466: lor fortune recenti (1); v. 469; sia ch’a (1); v. 471: a la luce (1, 5); v. 472: Lá gli antichi (1); v. 475: le giá corse in amar fiere vicende ( 1,5,6); v. 476: Quindi (1); v. 479; d’un’adulta beltá (1); v. 491: Qual (1), o pur (1, 5, 6); v. 494: e ride ancora; e de le dame intanto (5); e ride ancor ben che a le dame intanto (6); v. 495: tra l’arco de’ bei labbri aleggia e pende (5), su l’arco de’ bei labbri aleggi e penda (73), [p. 379 modifica]

sul bell’arco de’ labbri aleggi e penda (6); v. 496: vago sbadiglio (1), non voluto sbadiglio (5, 6, 73 ); e v’ha (5, 6, 73); v. 497: felice studio (1); v. 498: e i simil (1, 5, 6, 73 ); v. 501: a cui sui labbri (1); v. 502: il vernacolo (1), risona (1, 5, 73 ); vv. 503-504: assai piú vaghe — de le galliche grazie (1, 5, 73 ), al latte avvezze — di piú gravi dottrine (6); v. 506: sembran chieder (1, 5, 6, 72); begli (73 ); v. 508: effemeride (1, 6); v. 510: Quei fra molti (5, 73 ); v. 511: sopra (5,6,73); v. 513: dopo de le sue mense i mss. 5 e 7 saltano al v. 518: de le sue mense. Altri severo espose — qual per l’appunto; invece 73 aggiunge:

     De le sue mense: qual solingo e cheto
modulando fra sé celesti note,
a i fermagli recenti, al non piú visto
dell’oriolo altrui ciondol sonante,
al felice tupè che un fronte ingombra,
gira dintorno; e va librando i semi
di fugaci pensier, di picciol onte,
di lievi compiacenze, onde poi nutra
il magnanimo petto. Un con inflesse
dita da un lato al suo vicin la guancia
preme furtivo ecc

. e cosí continua coi vv. 525-52S; poi, di inchiostro piú recente, reca ancora i vv. seguenti:

     E tu intanto, o signore, gli occhi alzando
e volgendo il bel capo in giro vai,
modulando fra te celesti note:
ed or qual suol fra gli odorati olivi

E qui il ras. resta interrotto. Il ms. 1 ha invece, al passo corrispondente, i seguenti versi:

     Ma come suol negli odorosi olivi
sciame d’api dorate al novo aprile
co’ zefiri volar di fiore in fiore;
cosí gli sguardi tuoi, signore, intanto
a i fermagli recenti, al non piú visto
dell’oriolo altrui ciondol sonante,
al felice tupè che un fronte adombra,
giran dintorno, e van librando i semi
di fugaci desir, di picciol onte,
di lievi compiacenze, onde tu poi
il generoso cor nudra e fomenti.

Osservo che Mazz. legge però libando e non librando.

v. 515: alfine (1); v. 518: apparve a gran convito (5); v. 519: e v’ha chi stupefatto (1); v. 520 manca in 1; v. 521: narra (1,5); v. 526: il [p. 380 modifica]dente cappel dal braccio invola (5, 6: 73 fura per invola), fura il cappel che tra le man gli pende (1); v, 527: e del colpo felice a sé dá plauso (5; 6 ha felice colpo, e 1, 7 3 colpo leggiadro); v. 528: Ma d’ogni (1, 5, 6; anche 7 aveva Ma, poi corretto in Qual), d’ogni parte (1), i pronti servi (1, 5); v. 529: e luci e tavolieri e seggi e carte (1,5); v. 530: portando (1,5); v - 531: Un sordo (5), E un sordo (1); v. 532: un cigolio (1,5); v. 533: s’ode (1); v. 536: qual d’intorno (1,5), a selvaggi antichi mori (i); v. 537: su l’imbrunir (1,5); v. 538: novelle (1,5). Il v. 538 si trova anche in un mezzo foglietto unito al ms. 1, seguito da altri versi (v. al frammento II in Appendice); — v. 539: romor (1, 5); v. 543: macchinando nell’alma (1); v. 545: ammaestrar che riede (12); v. 547: apprese ad obliar, vaga soltanto (1, 12; v. 555: e seco spesso (1, 12); v. 556: tiene invece di chiede (1, 12); v . 591: piacquele unir (72); v. 592: feudi, a gli antiqui (71); v. 601: Giá ne le aurate sale (1); v. 602: seggono i padri (1); v. 603: dell’Ausonia (71); in 1 il v. 603 suona: de la patria e le madri, e da per tutto; v. 604: gravemente si gioca (1), o la gloria o la speme (71); v. 610: dell’ (1); v. 619: s’attigne (1); v. 623: se n’ugne (1, 71 ); v. 638: Chi la vasta, o signore, osa quiete (71); v. 645: cigolar (71 ); vv. 654-655: cui numerata innanzi — sta d’immagini (71); v. 656: Qual desse il vecchio che da lato negra (71); in 71 ai vv. 665-6 corrisponde un solo verso: che su la punta dell’un piè s’innoltra; v. 669: (71 ); v. 671: ritto su piedi o il gatto o la ridente (71 ); vv. 672-73, in 71 prima era scritto: onde a sé fanno — e giocatori e giocatrici specchio, ma poi il P. piú sotto corresse come è nel testo. [p. 381 modifica]

IV

ODI

Ode I.

Manoscritti: i (Ambrosiano, III 8), 2 (Ambr., III 10), 3 (Ambr., III, 3).

Edizioni: Ar., Ga., R., Bn.

Titolo: La vita rustica (Ga., R., Bn., 2). — La libertá campestre (Ar., 2). — Nei mss. 1 e 3 non c’è titolo.

Varianti: v. 2: o (Ar., 1); vv. 3-4: s’è del mio viver Atropo — presso a troncar lo stame? (1, 2, 3); v. 7: nega (Ar., 1, 2, 3); v. 8: piú ci torni (1, 2, 3 ); v . 11: belle ne (1, 2, 3, Bn.); v. 21: possente (Ar., 1, 2, 3); v. 44: dolce albergo (Ar., 1, 2, 3). Dopo il v, 48, 1, 2, 3, Ga., Bn. hanno la strofa seguente:

     In van con cerchio orribile,
quasi campo di biade,
i lor palagi attorniano
temute lance e spade;
però ch’entro al lor petto
penetra non di men
il trepido sospetto
armato di velen.

e dopo il v. 56 hanno pure la seguente strofa:

     Non fila d’oro mobili
d’illustre fabbro cura,
io scoterò, ma semplici
e care a la natura.
Quelle abbia il vate esperto
nell’adulazion,
ché la virtude e il merto
daran legge al mio suon.

[p. 382 modifica]v. 56: Inni dal cor dettatimi (Ar., i, 2, 3); v. 59: rivolgano (1, 2, 3); v. 61: da voi lunge (1, 2, 3); v. 62: il fremito guerrier (Ar., 1, 2, 3); v. 63: né vi (Ga., 1, 2, 3). Dopo il v. 64, G., Bn., 1, 2, 3, hanno la strofa seguente:

     E, perché a i numi il fulmine
di man piú facil cada,
pingerò lor la misera
sassonica contrada,
che vide arse sue spiche
in un momento sol;
e gir mille fatiche
col tetro fumo a voi.

v. 65; con te (1, 2, 3); vv. 75-76: e del tuo nome un secolo — sonerá la pendice (1, 2,3); v. 77: e sotto l’alte piante (Ar., Ga., Bit.); v. 83: nel bel vostro ricovero (Ar., 1, 2, 3); v. 85: Che quella (1, 2, 3).

Ode II.

Manoscritti: i (Ambr., II 1 autogr.), 2 (Ambr., III 8), 3 (Ambr., III 3), 4 (Braidense, Morbio). Nel ms. 1, dopo il v. 102, c’è un segno di richiamo e in margine si leggono i vv. 110-114; manca perciò tutta una strofa, 103-108, e il primo verso della strofa seguente, 109. Nel ms. 4 l’ordine delle strofe è molto alterato. Eccone i capoversi nell’ordine che esso presenta:

O beato terreno
a te l’Austro scortese
né qui giaccion paludi
giá nel polmon capace
mentre che il timo e il croco
deh! mi sia dato, o ameni
sotto ad una fresc’ombra
e i membri non mai stanchi
dicendo: oh! fortunate
ben diede ancor natura
odio colui che primo.

Certo colui del fiume
mira dipinti in viso
ma non bastò che intorno
e la comun salute
al piè de’ gran palagi
spenti animai ridotti
quivi i lari plebei
né cade appena il sole
gridati le leggi è vero
ma dove ahi! corro e vago
va per negletta via.

Edizioni: Ga., R., Bn.

Titolo: La salubritá dell’aria (Ga., R., Bn.); La salubritá della campagna paragonata con quella della cittá. (Ode scritta prima del 1770) (4). — Nei mss. 1, 2, 3 non c’è titolo. [p. 383 modifica]

Varianti: v. 1: I (2, 4); v. 3: dunque alfin (4); v. 6: che il petto arido inondi? (4); v. 9: un etere (1, 2). Nel ms. 3 le tre prime strofe sono sostituite dalle quattro seguenti:

Oh quel popol felice
cui abitar fu dato
dalla comun nodrice
un dolce aere purgato,
ov’uom non speri invano
viver canuto e sano!
Tu beato terreno
del vago Eupili mio,
m’accogli entro ’l tuo seno
fra il puro aere natio,
che tutto mi circondi
e ’l petto avido inondi.

Qui nel polmon capace
urti se stesso e scenda
un etere vivace
che gli egri spirti accenda,
spingendo al corso il sangue
che intorpidito langue.
Non fia giá ch’io paventi
che con umido infesto
le mie fibre rallenti,
né che treno funesto
meni d’iniqui sali
per gli ascosí canali.

v. 12: Poiché l’austro (1, 2), A te l’austro (4), Poiché borea (3); v. 13: lento vapor (4); v. 14: ché guarda (3), te guarda (4); v. 18: Borea coll’umid’ale (3); v. 19: stagnan (3); v. 20: grembo (1, 2, 3, 4); v. 21: ai corpi (2); v. 22: molestissimo nembo (1,2, 3); v. 25: Odio colui (4); vv. 26-27: a triste acque oriose — ed a fetido limo (1, 2), all’acque paludose ed al fetido limo (3), alle triste e il resto come nel testo (4). La strofa vv. 31-36 in 3 è sostituita dalla seguente:

     Omai sotto alle mure
il gran malnato cresce
fra le lagune impure
onde venen fuor esce,
che per l’aria si stende
e gli uman corpi offende.

v. 39: entro al palustre riso (3); v. 40: gl’infelici cultori (3); v. 42: che te ’l soffri vicino (i, 3), che tal soffri vicino (2), che il soffri a te vicino (4); v. 44: entro al clima (1, 2), entro all’aria (3). — Nel ms. 4 i primi quattro versi della strofa 43-48 suonano cosí:

Deh! mi sia dato, o ameni
colli, o clima innocente,
vivere i di sereni
fra la beata gente

v. 50: da chiare (1, 2); v. 53: villan vivi (1). La strofa vv. 49-54 in 3 suona cosí:

Lá con la mente sgombra
d’importune tenèbre,
sotto ad una fresc’ombra
fia che in versi celébre
i villan vivi e sciolti,
sparsi per li ricolti.

[p. 384 modifica]

Invece in 4 suona:

     Sotto ad una fresc’ombra
di pure linfe asperso,
qui con la mente sgombra

e il resto come nel testo. — v. 60: tra (1, 2, 3); v. 63: un’aura (2, 3, 4); vv. 67-69: Ben diede ancor natura — a la cittá superba — e cielo ed aria pura (4); v. 71: tra (3); v. 73: Ma non bastò (4), No non bastò (3); v. 75: onde annebbiarne il giorno (3), perché a turbare il giorno (4), anzi a turbare il giorno (1); v. 76: ch’entro alle (3); v. 77: scellerati (4); vv. 77-78: i rivi scellerati — trasse a marcir sui prati (3); v. .So: sagrificossi (1, 2, 3, Ga.); v. 83: calpestin per le strade (4); v. 85, in 1, 2, 3 manca e, mentre che il limo e ’l croco (4); v. 88: di vari attomi (1), di mille atomi (3, 4), di vari atomi (2); v. 91, in 4 manca ma; v. 92: fieno (3); vv. 101-102: onde il venen s’aggira — e col fiato s’ispira (4); v. 104: nelle (4), sulle pubbliche vie (3); vv. 107‐08: finché ’l sol gli trasformi — in scheletri deformi (3); v. 109: Nè ancor caduto è il sole (3), Né cade appena il sole (4); v. 110: che ambulanti latrine (3), e ambulanti latrine (1). — Tra il v. 114 e il 115, 3 aggiunge la seguente strofa:

     Tal cura ha del suo cielo
la cittá che si spesso
vide di morte il telo
nelle sue membra impresso,
quando a’ tempi funesti
regnáro orride pesti.

v. 119: Folle! (2,3). — Dopo il v. 120, 3 aggiunge la seguente strofa:

Or ecco che si libra
de’ padri generosi
giá ’l fulmine, e si vibra
contro a te che pur osi,
fra i cotnun beni e l’arti
di te sola curarti.

v. 125: a cui sí puro (1, 2, 3, 4); v. 130: solo felice quando (1, 2), sol di sé paga quando (4).

Ode III.

Manoscritti: 1 (Ambr., II 1 autogr.), 2 (Ambr., III 8), 3 (Ambr., IIII 9), 4 (Ambr., III 3), 6(Braidense, Morbio). — Nel ms. 1 le strofe sono disposte in un ordine alquanto diverso da quello del testo, e qualcuna manca. Ecco la serie dei capoversi nell’ordine stesso del ms.: [p. 385 modifica]

Venerabile impostura
tu de gli uomini maestra
l’un per via piagato reggi
tu dell’altro accanto al trono
giá con Numa in sul Tarpeo
del macedone a te piacque

Mente pronta e ognor ferace
sovra tutto ei non obblia
ave dea. Tu come il sole
i suoi dritti il merto cede
ma qual arde amabil lume
deh perdona. Errai seguendo.

Edizioni: Ga., R., Bn.

Titolo: La impostura (Ga., R., Bn.); L’impostura, ode (6); Ode (1, 2). — Nei mss. 3, 4, 5 non vi è titolo alcuno.

Varianti: v. 5: gran calca (2, 3, 5, 6); v. 14: e fai sí che in grida strane (1, 2, 3), e fai che lor grida strane (4); v. 16: onde poi non culto pane (1), onde non sudato pane (2, 3, 4, 5, 6); v. 17: poi gli frutti la semenza (2, 3, 4, 5, 6); v. 19: a canto (1), accanto (2, 3, 4, 5, 6); v. 20: con l’Iperbole (1, 3, 5, 6); vv. 21-22: e ambe prodighe col dono — di gran titoli ventosi (1), lo stesso 2, 3, 4, 5, 6, mutando di in de'; v. 32: fare un dio e innanzi a lui (2, 3, 4, 5, 6); v. 34: pure in Asia (2, 3, 4, 5, 6); v. 38: scaldi e movi l’universo (i, 2, 3, 4, 5, 6); v. 39: invoca e cole (1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 40: tutto il popolo (1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 42: ti diè (1, 2, 3, 4, 5, 6); vv. 44 e 46: divinitate, potestate (2, 3, 4, 5, 6). — Dopo il v. 48, nei mss. 2, 3, 4, 5, 6, seguono altre tre strofe con brevi varianti dall’uno all’altro ras. Riproduco 2:

     Temerario, menzognero
giá su l’Istro non vogl’io
al geografo Buffiero
tôrre un verso e farlo mio;
e buscar gemme e fischiate,
falso conte e falso vate;
     né me stesso od altri io voglio
por nel coro de’ celesti,
vana speme e pazzo orgoglio

onde or porta gli occhi mesti
il biografo beffato,
quel che ’l Bruni ha effemminato.
     Non invidio il losco ingegno
di sí sciocchi mentitori,
Dea, costor, nel tuo bel regno
abbiati titol d’impostori;
ma sien risi, ed abbian pene,
poi che impor non sepper bene.

v. 51: ave (1, 3, 5, 6), 7 tuo (4, 5); v. 55: obblia (1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 60: verisimile (2, 3, 4, 5, 6). — Dopo il v. 66, nei mss. 2, 3, 4, 5, 6, sono aggiunte due strofe, che riporto secondo la lezione di 2, che è quasi uguale a quella degli altri:

     Ei non come i pari suoi
pompa fa di lingua argiva,
ma vezzoso i mali tuoi
chiama un’«aura convulsiva»;
e la febbre ch’ei nutrica
chiama «dolce» e chiama «amica».

     Ei primiero il varco aperse
a un «ristoro confidente»;
egli a’ medici scoperse
come l’«utero si pente».
Dea, ben dritto è se n’hai scolto
nel tuo tempio il nome, e il volto.

v. 86: ah, ti veggo di lontano (2, 3, 4, 5, 6); v. 88: tu m’accenni (2, 3, 4, 5, 6); v. 91: ah, perdona (2, 3, 4, 5, 6). [p. 386 modifica]

Ode IV.

Manoscritti: i (Ambr., II 1, aut.), 2 (Ambr., III 8), 3 (Ambr., III 10), 4 (Ambr., II 68), 5 (Ambr., III 3), 6 (Braidense, Morbio).

Edizioni: Ga., R., Bn.

Titolo: La educazione (Ga., R., Bn.); Pel signor contino Carlo Imbonati che si ristabilisce d’una pericolosa malattia ed oggi compie undici anni di sua vita (3, 4); Replica con alcune correzioni fatte dall’autore. Pel signor contino Carlo Imbottati che si ristabilisce ecc. (5); Per la salute ricuperata del nobil garzone. Canzone (6). — Nei mss. 1 e 2 non vi è titolo.

Varianti: v. 2: che dianzi illanguidia (3, 4; ma in 3 è corretto come nel testo); v. 12: siede (4); v. 14: manca ahi ( 1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 15: scorrendo alfin disciolti (3, 4, ma in 3 è poi corretto come nel testo); v. 18: artificiose (6); v. 19: nuovo (5); v. 21: natura ecco giá il porta (2, 5), natura ecco lo porta (6, 3, in 3 corretto poi a matita come nei mss. 2, 5); v. 23: tra (4); v. 28: pulito (1, 3, 4, 5, 6: ma in 3 corretto a matita in polito)’, v. 30: diletto! (5, 6); v. 35: ardendo (1, 2, 5), scaldando (3, corretto a matita in ardendo); v. 37: dolci adunque qual dolce (3, 4; ma in 3corretto poi come nel testo); v. 41: l’aure (3, 4; ma in 3 corretto in l’ali)’, v. 43: bon (Ga.); v. 47: adorno! (2); v. 50: doni tesoro offrirti (3, 4; ma in 3 corretto poi come nel testo); vv. 53-54: il lor tesoro è il canto — ch’oggi è negletto tanto (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 55: Ah perchè (4, 3; ma in 3 è poi corretto come nel testo), io non (6); v. 58: pel (4, 5, 3; ma in 3 corretto poi come nel testo), destro? (1, Bn.); v. 60: d’altro che di canzoni (3, 4; ma in 3 è poi corretto come nel testo); v. 62: il centauro (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 65: ma piú assai (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 67: al gazon (1, 5), al garzon (6), al giovin (3, 4; ma in 3 corretto come in L, 5); v. 72: ispira (3, poi corretto inspira); v. 73: scherza la giovanile (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 76: ma per (1, 2, 6), ma con orecchio (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 78: beve (4); nei mss. 3 e 6 i vv. 77-78 sono invertiti 78-77; v. 79: Fanciul (1, 2, 5); v. 81, manca e in 1, 2, 3. 5, 6; v. 84: che in forti (1, 2, 5; 3 ha se corretto in che), membra (6); v. 91: obblio (3, 5); vv. 95-96: la temeraria fronte — che monte ecc. (4); v. 100: lodevoli opre (2, 3, 4, 5; ma in 3 corretto come nel testo); v. 101: mal può giovare il sangue (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 102: anima (4); v. 104: a te (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 106: Tirinzio (5); vv. 105-8: la virtú che Teseo — e Alcide illustri rese — da noi sol si guadagna — e con noi s’accompagna (4, cosí anche in 3, poi corretto come nel testo); v. 111: fe’ pruove (6); v. 113: finché (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo), s’innalzò (6); v. 116: lascia che vanti [p. 387 modifica]e fregi (6); v. 118: son di vil alma i pregi (3, 4; ma in 3 corretto come nel testo); v. 12S: segga (5); v. 130: albero forestiero (3, 4, 5); v. 132: stillan (6, Ga., ma Ga. corregge poi in stillin); v. 133: per che sí ardenti (5), perché i possenti (3, 4; ma 3 corregge come 5); v. 134: nell’alma (3, 4; ma 3 corregge come nel testo), pose! (5); v. 136: e ne vedrai (3, 4; ma 3 corregge come nel testo); v. 137: Indi (2, 5), Quindi la man (3, 4; ma 3 corregge poi come nel testo); v. 138: virtute (4); v. 148: di ferro arma (2, 3, 4, 5; in 3 era scritto prima insanguina, ma fu corretto); vv. 151-156: in 4 la strofa suona cosí:

Quel dolce amabil senso
che l’anima ti piega,
fra lo stuol d’armi denso
usa, e pietá non niega
al suddito che cade
e a te grida pietade.

anche in 3 la strofa sonava cosí; ma poi fu corretta:

Ma l’altro dolce senso
onde ad amar ti pieghi
tra lo stuol d’armi denso
venga, e pietá non nieghi
al debole che cade
e a te grida pietade.

In 2 la strofa suona come è corretta in 3, e cosí pure in 5, solo vi è tra lo stuol, come nel testo; 6 è come il testo, solo ha fra lo stuol. v. 157: Quello te (3, 4; ma in 3 è corretto in Te questo; v. 164: gioviti (2, 4, 5, 6). — In 6 gli ultimi tre versi suonano: E fea Teti che udiva — a la fera divina — plauso da la marina.

Ode V.

Manoscritti: M (Braidense, Morbio).

Edizioni: 1765 (Osservazioni sopra alcuni innesti di vaiuolo di G. M. Bicetti de’ Buttinoni con l’aggiunta di varie lettere d’uomini illustri e un’ode dell’abate Parini. Milano, 1765); Ga., R., Bn. Titolo: L’innesto del vaiuolo (Ga., R., Bn.). — Ga. aggiunge: al dottore Giammaria Bicetti de’ Buttinoni; R. e Bn. aggiungono queste stesse parole, con altre notizie in nota) — Al signor dottore Giovammaria Bicetii de’ Buttinoni che con felice successo eseguisce e promulga l’innesto del vaiuolo. Canzone di Giuseppe Parini; mentre nel frontispizio il componimento del Parini è invece chiamato Ode (1765). — Lo stesso titolo, fino alla parola Canzone, compresa, è anche in M. [p. 388 modifica]

Varianti: v. 15: insegnolli (M., 1765, Ga.); v. 29: questa misera vita che ti avanza (M., 1765 aveva la stessa lezione, ma corresse prima questa vita mortale ov’ei s’avanza, e poi come nel testo); v. 38: casti (M., 1765; ma questo corretto in santi ); v. 39: ringiovenisce (M., 1765; ma questo corregge come nel testo); v. 46, in M. manca o; v. 55: Tra (1765); v. 60: il lievito (M., 1765; ma questo corregge il in lor); v. 68: e con mano (M., 1765; ma questo corretto e con la man); v. 81: nel (M.); v. 91: venen (M., 1765; ma questo corregge in velen); v. 95: Quindi (M., 1765; ma questo corregge in però); v. 103: disseppellendo (1765); v. 113: l’evento (M., 1765; ma questo corregge in la fine); v. 114: a le prove (M., 1765; ma questo corregge a le imprese; v. 116, manca e in M. e 1765; ma in questo fu poi aggiunto); v. 122: di (Bn.); vv. 122125 in M. suonano: si prosteser bocconi — sui frutti velenosi;—gli scettri sanguinosi — strinser. Cosí pure era in 1765, salvo prosteser del v. 122, poi il P. corresse: i lacerati troni — rapiron sanguinose — le frutta velenose — morser; ma poi cancellò e corresse come è nel testo; v. 127: dell’incerto mortal (M., 1765; ma questo corretto poi come è nel testo); v. 135: di natura (M., 1765; ma questo corretto di tal madre); v. 137: o Bicetti (M., 1765: ma questo corretto come nel testo); v. 145: e l’Italia (M.); v. 154: sopra l’orme (M., 1765; ma questo corretto in Tu sull’orme); v. 171: in terra (M.); v. 180: tolse e (M., 1765); v. 188: laudi (M., 1765; ma questo corretto in laude), innocente (M., 1765; ma questo corretto in nocente).

Ode VI.

Manoscritti: 1 (Ambr., II 1, aut.), 2 (Ambr., III 3), 3 (Braidense, Morbio).

Edizioni: 1766 (Canzone dedicata all’illustrissimo signor don Pierantonio Wirtz De Rudenz ecc., Milano, Galeazzi, 1766); Ga., K., Bn. Titolo: Canzone dedicata all’illustrissimo signor don Pierantonio Wirtz De Rudenz del senato dell’illustrissima e potentissima repubblica di Unterwalden, commissario reggente del contado di Locarno e sue pertinenze ecc. ecc. ed al magnifico suo officio, dal prete Giambattista Galli principe dell’accademia degl’Ifeliomachi, laureato in teologia nel collegio Elvetico (1766). — Ode (1); Il bisogno, ode (2); Sul bisogno, canzone (3); Il bisogno. Al signor Wirtz pretore per la repubblica Elvetica (Ga.); Il bisogno (R., Bn.).

Varianti: v. 1: O (1, 2, 3; però 1 al v. 3 dice: O male, oh persuasore ); v. 5: Bisogno! (2, 3); sprezza (2); v. 6: fierezza? (1, 3, 1766); v. 8: cigne (1); v. 12: assogetti (3); v. 21: ma il timor ch’è lontano (2, 3); vv. 25-30: in 1766 e 1 questa strofa precede quella che nel testo è quarta; v. 39: strumenti (1, 2, 1766); v. 40: veggio (2); v. 42: muri! (2, 3); v. 43: [p. 389 modifica]Giustizia armata (i); v. 47: sprezzar (1); v. 48: de (2); v. 53: lá con sereno volto (1766, 2, 3); v. 58: qui l’orecchie (2), qua l’orecchie (1); v. 59: chi di voi (1); v. 60: priega (1), prega! (2); v. 62: crucciati (1766, 1, 2; ma in 2 corretto in cruciati), cruciati! (3); v. 68: commove! (2); v. 69: Chi (1766, i, 2, 3); v. 70: move! (2); v. 71: Wirtz (1766, 1, 2, 3, Bn.); v. 74: pietá (1766, 1, 2, 3); v. 81: od aiuto (3).

Ode VII.

Manoscritti: i (Ambr., II 1, aut.), 2 (Ambr., II 4, aut.), 3 (Ambr, III 8), 4 (Ambr., III io), 5 (Ambr., III 3, cc. 4-5), 6 (Ambr., III 3, cc. 40-41), 7 (Braidense, Morbio).

Edizioni: Ga., R., Bn.

Titolo: nei mss. 1, 2, 4, 5 non ha titolo, nella seconda copia del ms. III 3 è intitolata Replica (s’intende, del testo del ms. 8) con alcune correzioni fatte dall’autore; Ode (8); Contro l’evirazione. Ode (7); La musica (Ga., R., Bn.; ma Bn. aggiunge in nota: Quest’ode aveva giá per titolo «La evirazione»).

Varianti: v. 1: abborro (4, 5, 6, 7); vv. 5-6: e per immensa foce — manda un filo di voce (2, 4, 5); v. 7: ah (2, 4, 5); v. 11: dole (4, 5); v. 12: prole. (Ga., 1, 2, 4, 6, 7), prole; (5); v. 13: adunque (1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 14: va! (2, 5); v. 17: ed angue (3, 6); vv. 1718: e con fronte secura — calpesti la natura? (2, 4, 5); v. 19: O (1, 2, 3, 4, 5, 6), Ahi (7); v. 21: fra (3, 7); v. 24: sussurrando (4, 5, 6, 7); v. 25: E la (7), femminea (4, 5, 6, Ga., Bn.); v. 26: ti offerse (1, 3, 6), ti diè (2), per cui soave (2); dopo il v. 30 i mss. 2, 4, 5, 6 aggiungono la strofa seguente:

     Poi con piú aperta strada
diè a’ maschi poderoso
petto onde l’aere cada
turgido impetuoso,
che d’alta meraviglia
ti sospende le ciglia.

v. 31: Tu però non (7); v. 38: lascivo (1, corretto poi in superbo, non corretto in 2, 4, 5); v. 39: fa che pietá si obblia (1, 2, 3, 4, 5), sa che pietá t’obblia (6), sa che pietade obblia (7); vv. 41-42: che non può a Cipro offrire — altro fuor che ’l desire (2, 4, 5); vv. 46-47-48: onde il molle garzone — vede non senz’affanno — sorgere il decim’anno (2, 4, 5); v. 54: spinge all’atroce ufizio (1, 3, 6), chiama al barbaro ufizio (2, 4, 5), spinge all’orrido ufizio (7); v. 55: T’arresta (4, 5, 6 ); v. 58: ah, co’ suoi [p. 390 modifica]membri (i, 2, 3, 4, 5, 6, 7); v. 61: Natura (2, 4, 5); v. 62: d’oro si crude brame (2); v. 65: terribil (7); v. 66: asfalto (1, 2, Ga., Bn.); dopo il v. 66, i mss. 2, 4, 5, 6 aggiungono la seguente strofa:

     Né il dí [né allor, 4, 5, 6] che arrampicasti
tra la selce e tra ’l ghiaccio
dietro agli uomini [ai popoli, 4, 5] guasti
col gran pelago in braccio,
e festi alte vendette
su le [sull’, 4, 5, 6] inondate vette?

v. 75: rammenterassi (2, 3, 4, 5); vv. 76-78: e il paventoso ciglio — rivolgerá tremendo — dal carnefice orrendo (2, 4, 5). La strofa seguente (vv. 79-84) negli stessi 2, 4, 5 suona:

     A la tua prole in seno
con la troncata salma
a cui vigor vien meno,
depraverassi l’alma,
ch’ivi impeto non trova
che a virtute la mova.

v. 85: In vano (1), alla mensa de’ regi (5); v. 86: ella stará (2, 4, 5); v. 87: superbo (1, 3), pomposo (2, 4, 5); vv. 88-89: tu n’andrai mendicando — canuto, infame e solo (1, 2, 4, 5; ma 1 ha E davanti a tu), e tu andrai ecc. come 2, 4, 5 (3, 6, 7). — L’ultima strofa in 1, 3, 6 suona:

      Per quel suolo che, adorno
di riti e leggi e studi,
tale in sé pate scorno
che agli affricani ignudi,
ben che cotanto vaglia, [saglia, 6]
e ai barbari l’agguaglia.

In 2, 4, 5, 7 suona:

     Per quel suolo che vanta
gran riti e leggi e studi
e glorie onde s’ammanta;
ma agli affricani ignudi,
benché cotanto [tant’alto, 7] saglia,
e ai barbari s’agguaglia.

[p. 391 modifica]

Ode VIII.

Manoscritti: M (Braidense, Morbio), C (correzioni autografe del Parini alla copia dell’edizione del 1777 conservata in Ambrosiana, II 1).

Edizioni: S (Per la laurea in ambe le leggi conferita nella regia universitá di Pavia alla signora Pellegrina Amoretti d’Oneglia. Ode di Giuseppe Parini, Milano, Marelli, 1777); Ga., R., Bn.

Titolo: si veda sopra il titolo della ed. 1777; in M: Per la laurea data a Pavia alla signora Pellegrina Amoretti d’Oneglia .— La laurea (Ga., R., Bn.).

Varianti: v. 9: bicchieri (M.); v. 12: entro la (M.); v. 2S: oltre (M.); v. 40: pingi a ingenuo (M.); v. 43: al par (M.); v. 46: uffizi (M.); v. 67: verdi tronchi (M.); v. 79: Tal (S, corretto poi in Qual); v. 83: fuoco (M.); v. 100: aggiungersi (M.); v. 103: istessa (M.); v. 112: si mira (M.); v. 114: s’addira (M.); v. 120: È figlia mia (M.); v. 123: serto novello (M.); v. 145: è beata (M.); v. 155: reina (M.); v. 175: fra lieti (M.).

Ode IX.

Manoscritti: i (Ambr., III 8), 2 (Ambr., III 3), 3 (Atnbr., II 1, aut.), 4 (Ambr., II 3, aut.), 5 (Ambr., II 1, aut.), 6 (Braidense, Morbio). Edizioni: 1777 (Perle nozze de’nobili signori marchese Carlo Malaspina e contessa Teresa Montanari, Verona, Moroni, 1777), Ga., Bn., R.

Titolo: in 1 e 3 Ode; in 2 Canzone nuziale; in 5 Canzonetta; in 6 Canzone epitalamia. In 4 non ha titolo.

Varianti: v. 3: lo sposare una donzella (6); v. 11: manca è (6); v. 16: contemplar (1); v. 24: ch’or discende or alto sal (1, 2, 3, 6, Ga.; ma in 3 è corretto come nel testo); v. 46: fra lieti (2); vv. 47-48: nell’amata Montanari — gran tesoro di beltá (1, 2); v. 56: voglia femminil (6); v. 62: fino al rogo (1); v. 64: bella gioventú (1). Le ultime due strofe in 2, 6, Ga. suonano:

Te garzone avventurato,
che vedrai fra i lieti lari
dell’amata Montanari
gran tesoro di virtú.
La virtú conduce a lato
de la tomba i casti amori,
poi che il tempo invola i fiori
della bella gioventú.

Il ms. 4 ha una minuta, piena di cancellature e di correzioni, delle prime tre strofe. Il ms. 5 ci dá la prima redazione dell’ode, mandata dal P. al Passeroni che doveva spedirla a Verona; ma nell’incarto c’è anche un foglio a mano del P. che dice: «Stracciate di grazia la copia della canzone che vi diedi iersera, e sostituitele la presente. Il vostro [p. 392 modifica]amico Parini.» E «la presente» è quella che fu poi stampata nella raccolta per nozze Malaspina-Montanari e riprodotta nelle edizioni posteriori. La prima redazione, che il poeta voleva fosse stracciata, dice:

     È pur dolce in su i prim’anni
de la calda giovinezza
10sposare una bellezza
onde amor giá ne ferí.
     In quel dí gli antichi affanni
ci ritornano al pensiere,
ed accrescesi il godere
de la doglia che finí.
     Quando il sole in mar declina
palpitare il cor si sente:
gran tumulto è nella mente:
gran desio negli occhi appar.
     Quando riede la mattina
con la luce avventurosa,
11bel volto de la sposa
si comincia a contemplar.
     Bel vederla in fra le piume
riposarsi al nostro fianco,
l’un de’ bracci nudo e bianco
distendendo in sul guancial.
     E, contrario al suo costume,
il bel crine andar negletto
a velarle il giovin petto,
ch’or discende, or alto sal.
     Bel veder de le due gote
sul vivissimo colore
sparso un limpido madore,
onde il sonno le spruzzò;
     come rose al guardo ignote,
ove appar minuta e rada
la freschissima rugiada,
che l’aurora distillò.

     Bel vederla all’improvviso
riaprire i rai lucenti:
e restar pochi momenti
di suo stato incerta ancor:
     indi schiudere il sorriso
e le molli parolette
fra le grazie ingenue e schiette
dell’affetto e del pudor.
     Giovinetto, amabil figlio
di famosi e grandi eroi,
sul fiorir de gli anni tuoi
sí bel giorno a te verrá.
     Tu domane, aprendo il ciglio,
mirerai fra i lieti lari,
nell’amabil Montanari
un tesoro di beltá.
     Ma ohimè, come fugace
se ne va l’etá piú fresca;
e con lei quel che ne adesca
fior sí tenero e gentil!
     Come mai quel che ne piace,
posseduto perde il vanto
e dilegua coll’incanto
de la voglia giovenil!
     Giovinetto fortunato,
che vedrai fra i lieti lari
ne la bella Montanari
un tesoro di virtú!
     La virtú non cangia stato;
ma risplende ognor piú chiara.
Senza lei saria discara
la piú bella gioventú.

Ode X.

Manoscritti; 1 (Ambr., III 9), 2 (Braidense, Morbio).

Edizioni: 1786 (Memorie per le belle arti del luglio 1786); Ga., R., Bn.

Titolo: Del sig. ab. Parini. Ode (1). — Improvvisata per mensa (2). — Ode del sig. abate Parini sopra l’uso di recitare i versi alle mense e davanti a persone incapaci dí gustarli (1786). — La recita de’versi (Ga., R., Bn.). [p. 393 modifica]

Varianti: v. 35: de (1, 2); v. 41: mai corda (1); v. 45: unse i costumi rei (1786); v. 46: Tullio lodando; ed or (1786), nuovo (1, 2); v. 52: due (Ga.).

Ode XI.

Manoscritti: 1 (Ambr., II 4, aut.), 2 (Ambr., III 9), 3 (Braidense, Morbio).

Edizioni: 1786 (Memorie per le belle arti del gennaio 1786; il testo ambrosiano ha correzioni autografe del Parini); 1789 {Giornale poetico di Venezia dell’estate 1789); Ga., R., Bn.

Titolo: nei mss. 1 e 2 non v’è titolo. — Per caduta dell’autore. Ode (3). — Ode del chiarissimo sig. ab. Parini (1786). Nella ed. del 1789 non vi è titolo, ma precede il motto oraziano: Impavidum ferient ruinae. — La caduta (Ga., R., Bn.).

Varianti: v. 2: minacciando (1, ma corretto in declinando); v. 7: obbliqua (3, 1786, ma qui è corretto in obliqua ); v. 12: camino (1786, corretto in camminai); v. 15: che (Bn.); v. 22: ei di terra (3); vv. 25-26: Te di censo comune — ricca ( 1789, 1, 2; lo stesso è in 1786, ma corretto poi come nel testo); v. 42: nuovo (1786, ma corretto in novo); v. 43: se giá il canuto (1789); v. 56: commandano (3, 1786, ma qui corretto in comandano); v. 58: seccessi (1786, ma corretto in recessi); v. 60: noia e facezie e novellette spandí (1786, corretto le facezie e le novelle), noia le arguzie e le novelle spandi (1789), noia le inezie e le novelle spandi (3); v - 65: nuova (1786, corretto in nova); v. 66: pubblico (1786, corretto in publico); v. 75: servile (2); v. 87: capi (2); v. 88: guidi (1789); v. 89: piú (1786, corretto in poi).

Ode XII.

Manoscritti: 1 (Ambr., III 8), 2 (Braidense, Morbio). Edizioni: 1789 (Giornale poetico di Venezia dell’estate 1789); Ga., R., Bn.

Titolo: La tempesta (1, 2, Ga., R., Bn.). In 1789 non ha titolo.

Varianti: v. 6: Ahimè! (Bn.); v. 17: far preda (1789); v. 21: tuono, il vento (1, 2, Ga., 17S9); v. 27: incendiario (è variante segnata da R., ma non so donde derivi); v. 32: l’altro (2}; v. 46: ambi (2); v. 50: d’abeti (2); v. 54: di canapi (1); v, 55: fortunati i venti (1789). — La strofa vv. 61-65 manca in 1789 e 2. — v. 75: all’alto lume (2); v. 78: Tu in fra (2); v. 79: emisfero (1, 2); v. 81: nove (2); v. 85: supremo Giove (2); v. 89: i (2); v. 90: lo condanna (1789); v. 92: sonante onda (1789); v. 100: due (2); v. 104: sdruscita (1789, 1, 2); v. 105: salviamci (1789, Ga., 2); v. 106: giovinetti (2, Ga.). [p. 394 modifica]

Ode XIII.

Manoscritti: 1 (Ambr., II 4, aut.), 2 (Braidense, Morbio).

Edizioni: 1789 (Giornale poetico di Venezia dell’estate 1789). Ga., R., Bn. — Un altro autogr., giá Morbio, cita il Mazzoni (Tutte le opere, LIX) ma non si sa dove sia al presente.

Titolo: Ode ( 1); In morte del celebre maestro di cappella Sacchini. Ode (2); In morte del maestro Sacchini (1789, Ga., R., Bn.).

Varianti: v. 2: sul volto (2); v. 19: perfido e (2); v. 24: difficile (1, 2, 1789); v. 29: chiude (2): v. 30: rimove (2); v. 31: obblio (2); v. 32: a novo (1789), in nuovo (2); v. 36: ordisti! (Bn.); v. 42: orecchie (1789, 1, 2); v. 44: chiuse (1789): v. 45: aere (1); v. 46: nuovi piaceri (1789); v. 47: poiché tu amasti vanto (2), ove tu amasti vanto (1789); v. 49: Per la (1, 1789); v. 54: sperar piú gravi all’alme impor catene (2); v. 57: nobil genio (1789); v. 57: nuovi (2); v. 50: o fra i (1789); v. 62: sdegnando (1), il folle orgoglio (2); v. 65: con liberi (1789); v. 66: avido di bear (1789); v. 67: Che se (1789); v. 70: del tesoro (2;, grembo (1789); v. 73: ahi, credea fra le belle (1), ahi, sperava alle belle (2); vv. 80-81: alzò la morte e con funeste prove — le meditante nuove (1789); v. 85: supplici pupille (2); v. 87: che tante nel tuo petto (2). — Nella ed. 1789 l’ultima strofa è un po’ diversa che nel testo:

     Né piú vaghe pupille
di cara donna, né d’amici aspetto,
giá tante nel suo petto
validi d’estro ad eccitar faville,
destar potranno arguto
suono dal cener tuo per sempre muto.

Ode XIV.

Manoscritti: 1 (Ambr., III, aut.), 2 (Ambr., III 8), 3 (Braidense, Morbio).

Edizioni: 1789 (Giornale poetico di Venezia della primavera 1789); Ga., R., Bn.

Titolo: Ode (1); Alla nobil donna Cecilia Tron (2); Per N. D. ’veneziana. Ode (3); Dama veneta giunta in Milano (1789); Il pericolo (Ga., R., Bn.).

Varianti: v. 9: braccio o (3); v. 10: armi (3); v. 18: darle (3): v. 37: tra i (2); v. 38: che coi (1, 2, 3, 1789); v. 42: per le (1789); vv. 61 e 63: fabbro, labbro (1, 2); v. 81: Ahimè! (3, Bn.); v. 85: quarto di (3); v. 97: imagini (Bn.); v. 99: adriatiche (3). [p. 395 modifica]

Ode XV.

Manoscritti: i (’Ambr., III 3), 2 (Braidense, Morbio).

Edizioni: 1788 (Tributo delle veritá, Vicenza, Turra, 1788); Ga., R., Bn.

Titolo: 1788. Pel nobil uomo Camillo Gritti podestá e capitan grande a Vicenza, che chiamato a Venezia prima del tempo prefissato alla sua pretura, fu eletto senatore (1). — Per S. E. il nob. Camillo Grilli improvvisamente richiamato dal reggimento di Vicenza (2). — Nella ediz. 1788 non vi è titolo, ma in essa, come nel ms. 1, precede l’epigrafe oraziana (Odi, IV, 15): Ordinem rectum et vaganti fraena licentiae iniecit amovitque culpas et veteres revocavit aries. — La magistratura (Ga., R., Bn.; ma Ga. aggiunge: Per Camillo Grilli pretore di Vicenza nel 1787).

Varianti: v. 4: al par di loro (1788); v. 10: anche (1); v. 21: nepoti (1); v. 30: l’audace fantasia (1788, 2), l’ardita fantasia (1); v. 32: betica (1); v. 33: scende copia felice (1); v. 34: di (1, 1788); v. 41: in ogni (2); v. 43: il fertil (1788); v. 61: E quel (1); v. 63: me (1); v. 68: cuor percuote (1); v. 70: sparse (2); v. 72: cotanti doni (1), affanno? (2); v. 75: eguale (2); v. 77: beato (2, 1788); v. 78; per cui (x, 2, 1788); v. 86: divelta (1788); v. 88: nuova (1); v. 90: altrove (2); v. 98: sacrati (1); v. 103: Né giá (1788); v. 104: e alle (2); v. 105: e sovra (1), o sopra (1788, 2); v. 108: spade o lance (1788), spade o lanci (2); v. 110: dai grandi (2); v. 112: in 1 manca a; v. 114: piú belle del miglior splendono l’orme (1), piú belle de’ miglior splendean l’orme (2), piú belle de’ miglior splendono l’orme (1788); v. 115: Che (1); v. 116: flagello (1); v. 117: piú bello (1); v. 118: augusta veritá (1); v. 119: piú lene (1); v. 120: impero (1); v. 121: Dinanzi (1, 2, 1788); v. 126: incide! (1); v. 128: proveder (1); v. 129: de’ popoli (1); v. 138: benefizi (1788). — I vv. 134-138 mancano in 1; v. 143: conciliando estreme (2); v. 144: amistade (1788); v. 147: a cui (1, 2, 1788); v. 148: presseder (1); v. 149: sua ventura (1); v. 152: da (1), e sale (2), e collocalo al giorno (1, 1788); v. 155: e ogni senso lo ammira (1, 2, 1788); v. 156: e ognun di possederlo arde e sospira (1, 2), e all’uopo ognun di possederlo aspira (1788); v. 157: Qual fia (1788); v. 160: provede (1), lo chiama! (2); v. 162: sorgon (1, 2); v. 164: fuochi (1, 2); v. 168: minaccia! (1); v. 172: d’unire al fianco suo le menti e i petti (1788); v. 173: ov’ardon (i7- v S, 1); v. 179: suonar (1). — In 2 i vv. 179-180 suonano: e d’opere preclare — ampiamente sonar la terra e il mare. [p. 396 modifica]

Ode XVI.

Manoscritti: 1 e 2 (Ambr., III 8; 2 copie), 3 (Ambr., III 9), 4 (Braidense, Morbio).

Edizioni: Ga., R., Bn.

Titolo: Alla marchesa Paola Castiglioni (1); Alla signora marchesa donna Paola Casliglioni nata Lilla per le tragedie del conte Altieri da lei regalate all’autore (2, 3, 4): Il dono (Ga., R., Bn.; ma Ga. aggiunge: Per la marchesa Paola Castiglioni, e lo stesso, presso a poco, dicono R. e Bn. in nota).

Varianti: v. 1: il vate egregio (1, 2, 3, 4; ma in 1 corretto: il fiero allobrogo); v. 7: come ahi (1, 2, 4); v. 19: imagine (Bn.); v. 21: grata spargendo (1); v. 23: nuova (3); v. 24: occulta voluttá (4); v. 30: nudri (2): v. 35: delle insidie (2). — I vv. 31-36 mancano in 4; v. 38: piacerai (1, 2, 3, 4); v. 54: sei sol (4); v. 56: nuovi (2, 3, 4); v. 60: diè. (4).

Ode XVII.

Edizioni: 1791 (Milano, Marelli, aprile 1791): Ga., R., Bn.

Titolo: Per l’eminentissimo cardinale Angelo Maria Durini. Ode, e sotto l’epigrafe: Magnum hoc ego duco quod piacui tibi, Horat. (1791); La gratitudine (Ga., R, Bn.; ma Ga. aggiunge: Per Angelo Maria Durini cardinale, e lo stesso dicono R. e Bn. in nota).

Varianti: v. 91: oltre (1791); v. 93: si che quell’atto (1791); v. 97: a'hi (1791, Ga.); v. 140: pregio (Bn.); v. 150: fede; (Bn.); v. 223: remote (1791); v. 311: profani! (Ga., Bn.).

Ode XVIII.

Manoscritti: 1 (Ambr., II 4, aut.), 2 (Ambr., III 5, aut.), 3 (Ambr., III 8), 4 (Ambr., III 9), 5 (il ms. autografo esposto a Brera nel 1899 e del quale dá notizia lo Scherillo nelle sue Spigolature pariniane, Napoli, 1900).

Edizioni: 1795 (Anno poetico, Venezia, 1795, II, 217-224); 1799 (Il mattino, il mezzogiorno e le odi, Milano, 1799); R., Bn.

Titolo: Per l’inclita Nice. Ode (1, 3, 4, 5, 1799). — Per l’inclita Níce ossia Maria di Castelbarco ( R.). — Per l’inclita Nice, e in nota si cita la lettera del Parini al Bernardoni dell’11 novembre 1796 (Bn.).— Alla signora contessa di Castelbarco. Ode ( 2). In 5 al titolo tien dietro la seguente dichiarazione: L’inclita Nice è supplicata di riconoscere sotto [p. 397 modifica]la forma poetica de’ seguenti versi, i veri sentimenti da cui provengono: cioè il rispetto, l’ammirazione e la riconoscenza dell’autore per l’esimie qualitá di Lei, e per la singolare benignitá di cui Ella si degna di onorarlo.

Varianti: v. 3: i (1, 5); v. 10: fibre (1795, Bn.); v. 12: pensiere (2), piacere (1795); v. 14: il messo (1795, 1799); v. 15: tutto (1795), veggio (2); v. 16: nuovo (2, 3, 4); v. 17: imagine (Bn.); v. 20: dilicate (1799); v. 27: nutrono (2, 3, 1799): v. 30: va; (Bn.); v. 35: di baci (2, 1795, 1799); v. 37: nuovo (2, 1, 5); v. 38: fra (5). — In 1 i vv. 37-38 erano da prima come in 2 e 5, ma poi furono corretti: Ben può ben può sollecito — d’almo pudor costume, e in margine vi è ancora un’altra correzione: Ben puoi ben puoi tu rigido — di bel pudor costume; v. 39: ama (1); v. 48: del (Bn.); v. 52: cori (3); v. 54: ottien (Bn.); v. 61: il labbro (1799); v. 66: molle (1799, 1; raa qui è corretto in lene); v. 73: imagine (Bn.); v. 78: vo! (4, 5); v. 79: volgo (2, 3, 4, 1795, Bn.), mormori? (2, 1795. Bn.); v. 81: ridente (4); v. 84: tornò! (4); v. 87: ti solleciti (2); v. 89: di titoli (2); v. 94: ti (4); v. 97: Nice, (Bn.), Nice (1), assi; (Bn.); v. 102: giovinetto (3, 1, in 1 corretto in pargoletto), usci (Bn.); v. 103: vicino (1, corr. in vicine ); v. 105: esercitan le vergini (2, 3, 4, 5, Bn.; cosí anche in 1, ma corretto poi come è nel testo); v. 107: di guidar s’apprestano (2, 3, 4, 5, Bn.; anche in 1, ma fu corretto in sospirano), s’appressano (1795); v. 121: deh (1, 2); v. 123: tra (3); v. 125: volar! (5, Bn.), suonar! (4).

Ode XIX.

Manoscritti: ms. (Ambr., III, 9, con cancellature e correzioni. Non è autografo, ma parrebbe copia di un autografo).

Edizioni: prima ed. (A Silvia, ode scritta nell’inverno del 1795. Opuscolo senza note tipografiche); il Mazzoni cita una ed. di Como, Ostinelli, 1795, che ha lo stesso titolo dell’opuscolo citato, e pare rechi una lezione identica); 1795 (Anno poetico, Venezia, 1795, III, 225-231); 1799 Il mattino, il mezzogiorno e le odi, Milano, Pirola, 1799); R.; Bn. — Nel 1799 l’ode veniva ristampata anche nell’opuscolo intitolato Lo spirito dell’abate Parini, pubblicato subito dopo la morte del poeta; ma è una riproduzione della prima edizione.

Titolo: A Silvia. Ode scritta nell’inverno del 1795 (ms., prima ed., 1795). — A Silvia (1799, Bn). — Sul vestire alla ghigliotina (sic), e in nota: Quest’ode indirizzata a Silvia fu scritta nell’inverno del 1793 ( R.).

Varianti: v. 18: femminei (1795, 1799); v. 20: imiti (1795); v. 25: T’arrossi (1795), dubbia (.1795, Bn.); v. 32: scelerata ( 1795, Bn.); v. 36: ornato! (1795); v. 39: imagine (Bn.); v. 40: tinse (1795); v. 45: Ahi (1795); v. 46: nuoce (1795); v. 47: giovine (1795); v. 57: improvida (1795); v. 69: [p. 398 modifica]Onde mutata (ms„ poi corretto in Quindi perversa), Onde perversa (1795); v. 71: sazio (x. ed., 1795); v. 72: corse sfrenato (1. ed., 1795); v. 73: Allor ove (ms., cancellato e corretto E lá dove), Lidia (1795); v. 75: urli (1. ed., 1795); v. 81: perverse (ms., poi cancellato e corretto Baccanti); v. 82: di piú nefando (ms., 1795; ma in ms. è corretto in di piú ferale, e poi infine d’abbominando); v. 94: et (ms., Bn.); v. 96: licenziosi (r. ed., 1795); v. 111: l’onor (ms., 1795; ma nel ms. corretto il valor); v. 113: Togli (1. ed., 1795, ms.; ma nel ms. è corretto Fuggi); v. 117: obbliar (ms.).

Ode XX.

Manoscritti: ms. (Ambr., III, 9; è probabilmente copia di una stampa).

Edizioni: 1796 ( Mercurio d’Italia, Venezia, febbraio, 1796, IV, 121-123); 1796bis ( Anno poetico, Venezia, 1796, IV, 261-266); 1799 (Il mattino, il mezzogiorno e le odi, Milano, Pirola, 1799); R., Bn. — Il Salveraglio dá ai vv. 82 e 94-5 delle varianti tolte da una edizione del 1795, a me ignota. Ma tali varianti corrispondono a quelle della edizione 1799.

Titolo: Alla Musa (ms., 1796, 1799, R., Bn.; ma R. e Bn. in nota aggiungono che l’ode è Per Febo d’Adda; 1796 aggiunge Ode senz’altro; 1799fa precedere al titolo Per Febo marchese d’Adda. Ode; ms. ha pure una nota in cui si dice che l’ode fu composta in giugno 1795, a Faprio, in casa Castelbarco).

Varianti: v. 9: giovine (1799); v. 14: modulare (ms.), ed imita (1799); v. 44: pasce (B11.); v. 46: grazia (ins.); v. 48: obblio (1796); v. 51: dille (Bn.); v. 63: per l’acque (1796); v. 67: bene e io (ms.), fra i (1799); v. 70: bello (Bn.); v. 74: conscio; (Bn.); v. 78: fosti; (B11.); v. 79: chiaramente fra (ms.); vv. 82-83: nuovo (1796); e in te novo per lui sorgere affetto (ms.), e novo entro al tuo cor destarsi affetto (1799); v. 84: diletto (Bn.); v. 88: tono (Bn.); v. 94: che i voti (1799); v, 95: ed io che son de la Memoria prole (1799); v. 97: coi (ms.).