516 proverbi sul cavallo/Pregi e difetti: differenze tra le versioni

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Versione delle 15:22, 25 set 2016

Pregi e difetti

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Piedi – Ferratura

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Pregi e difetti.


1. A cavallo bestemmiato risplende il pelo.

Si danno dei cavalli dall’aspetto così poco bello e simpatico che nessuno li vorrebbe per sè, viceversa poi malgrado la conformazione loro, quando sono in moto sviluppano mezzi eccezionali, sono sempre allegri, vispi, sani e per conseguenza lucidi di pelo. Ritengo sia a questo genere di cavalli che allude il proverbio.

2. A cavallo malato, Dio manda la rogna per giunta, ed anche:

Ai cavalli magri, vanno addosso le mosche.

I più disgraziati sono i più tormentati. Questo capita non solo ai cavalli ma anche agli uomini. Ai miseri ed esposti al bersaglio di tutte le saette delle disgrazie accadono i maggiori infortunii, quasi che siano trastullo della cieca fortuna.

3. Al pisciar si conoscono le cavalle.

Dal modo di urinare si può facilmente arguire se una cavalla sia o no in calore, e quando sono in tale condizione, si sa, sono poco comode in servizio. [p. 137 modifica]

4. Bue, cavallo e porco vogliono aver gran corpo.

Questo proverbio non è certo moderno ed è a ritenere abbia avuto origine nel tempo in cui non si pretendevano dal cavallo le celeri andature che si vogliono oggidì. Trattandosi di cavalli da tiro pesante, il proverbio reggerebbe anche ai dì nostri, perchè per questo genere di servizio occorre non solo la forza, ma anche la massa, ma parlando di cavalli da sella, il gran corpo non torna più di grande utilità, perchè tende a rendere grave l’animale, e perciò lento nei suoi movimenti. Pel bue e pel porco invece il corpo grande è una qualità buona.

5. Buon cavallo giunge e passa.

Questa espressione è usata per qualificare uno — dice il Fanfani — che sopraggiunto quando più persone sono a mensa, si pone a tavola e mangia tanto in fretta che arriva gli altri.

6. Cavallo che inciampa e non cade è buon segnale.

È un proverbio frequentemente ripetuto dai negozianti, allorchè vedono che il compratore dopo aver provato un cavallo, rimane dubbioso.

7. Cavallo da vettura è bravo se la dura, ed anche:

Cavallo da vettura fa profìtto, ma non dura, oppure:

Cavallo da vettura, poco costa e poco dura.

I cavalli da vettura, cioè quelli destinati ad [p. 138 modifica]esser dati in affitto, fanno guadagnare quattrini ai loro proprietari, ma poco possono durare, perchè continuamente sottoposti a servizi faticosi e mal ricompensati nell’alimentazione, vanno soggetti a molti acciacchi e malattie, e particolarmente alla bolsaggine che li rende poi inetti a qualsiasi lavoro. Cavallo da fitto, è modo di dire conosciutissimo che trae seco l’idea dello strapazzo, della fame e della miseria. Dice il proverbio È bravo se la dura, ma nessun cavallo da vettura morì vecchio. Siccome poi a questo genere di servizio si adoperano cavalli logori, sfiniti e pieni di magagne, così il terzo proverbio dice bene: Costa poco e poco dura.

8. Caval che muda, presto suda.

Nel tempo della muda, cioè in primavera, quando il cavallo cambia il pelo, va soggetto a facili sudate; conviene per ciò usargli molti riguardi, per qualche giorno, sottoponendolo a moderati esercizi e procurandogli buoni alimenti.

9. Caval che salta, presto si stanca.

Caval che salta, credo voglia significare cavallo inquieto, troppo brioso, che non fa che saltellare; cavalli di tal sorta non durano a lungo in servizio, si stancano presto; sono come i fuochi di paglia.

10. Caval che guarda bene vede male.

Se entrando nella scuderia vedete il cavallo piegar indietro la testa per guardarvi, insospettitevi della di lui vista. L’occhio del cavallo è così opportunamente situato da permettergli di vedere, senza volgersi, quello che succede alla sua groppa; epperò se guarda bene è indizio che vede male. Così pure, se passandogli [p. 139 modifica]vicino vi squadra con l’occhio spalancato, volgendovi la faccia, se è ombroso, se si rifiuta agli ostacoli, il più delle volte gli è perchè vede male.

11. Caval che ticchia caval comune.

In genere il cavallo che ticchia intristisce rapidamente, va soggetto a coliche pericolose, digerisce stentatamente, e finisce col contrarre malattie di corso lento e insidioso.

12. Caval comune nè cavezza, nè fune.

Questo sarebbe l’opposto dell’altro: Donne in trezza, cavallo in cavezza. Al cavallo si mette una bella capezza perchè faccia di sè più bella mostra, ma se il cavallo è comune, nè cavezza, nè fune lo renderan più bello.

13. Caval di razza divien mai una rozza, ed anche:

Caval di sangue non è mai ronzino.

Vale a significare che anche in vecchiaia si mostra quello che uno fu in giovinezza. Gli ippologi usano chiamar cavallo di sangue, quello che riunisce certe qualità originali costanti, caratteristiche e proprie di alcune razze equine antichissime. Caratteri del cavallo di sangue, sono la facoltà di poter far sforzi prodigiosi in fatto di resistenza, la finezza e la distinzione delle forme, l’eleganza delle mosse, e la velocità delle andature. Il proverbio ci dice che un cavallo con queste attitudini e pregi non può diventar ronzino; infatti malgrado i molti anni, le fatiche durate, gli sforzi prodigiosi fatti, non iscorgiamo mai apparire quelle miserande condizioni che fanno dare al cavallo il nome di [p. 140 modifica]ronzino. Il cavallo di sangue non si smentisce mai; anche nelle malattie appalesa la propria distinzione colla potente attività reattiva.

14. Caval d’Olanda buona bocca, cattiva gamba.

I cavalli olandesi sono tra i più belli ed eleganti, ma di poca durata, perciò più di lusso che di servizio. Il Bonsi nel suo libro: Bellezze e difetti dei cavalli, edito nel 1751, scrisse: «I cavalli tedeschi, i frigioni e quelli che vengono d’Olanda, essendo di un temperamento flemmatico ed essendo nutriti in paesi umidi, sono molto soggetti ad aver difettose le gambe

15. Caval furioso è pazzo o scontroso.

Scontroso, è termine toscano e vale capriccioso e riottoso riuniti; da un sì fatto cavallo conviene star lontani, perchè non pigliando a grado nè carezze, nè belle maniere, ed alle cattive pure spesso ribellandosi, riesce un animale inservibile.

16. Cavallino fa quel che puole, cavallone fa quel che vuole.

Questo proverbio starebbe a dimostrare le buone qualità di questo animale, che da puledro rende quel servizio che gli è possibile, e adulto è capace di sottostare ad ogni più considerevole sforzo. Starebbe pure l’inverso: Cavallino fa quel che vuole, cavallone fa quel che puole; e può intendersi che se il cavallo è leggiero come appunto sono gli arabi, è capace di far tutto quello che si può volere da lui come cavallo da sella; se è pesante invece, adoperato a questo uso, non potrà dare che quello che i suoi limitati mezzi e la sua struttura comportano. [p. 141 modifica]

17. Cavallo ingrassato tira dei calci.

Ferociam satietas parit, dicevano i latini; chi è in buona condizione talvolta è superbo e di modi sprezzanti, più di colui che è in umile stato.

18. Cavallo magro non tira calci.

Quo minus copiae, minus insolentiae; cioè chi è in basso stato difficilmente ha voglia d’insolentire.

19. Cavallo piccolo, giornata breve, ed anche:

Cavallo piccolo, lavoro piccolo.

Petit cheval, petite journée, dicono i francesi; ed i tedeschi: Klein pferd klein dachwerck, vale a significare, che con un piccolo cavallo non si può fare gran strada. I latini dicevano: Si tibi parvus equus, tunc parvus erit labor eius.

20. Cavallo sboccato non fu mai buono.

Il cavallo che, o per la mala conformazione delle barre, o per callosità sorvenute alle medesime a causa di troppo violenti squassate della briglia, non sente più l’azione del morso, dicesi sboccato, e, specialmente per uso di sella, fu mai buono, perchè non è più possibile guidarlo a nostro piacimento.

21. Cavalla scaglionata, cavalla scoglionata.

È un modo di dire proverbiale un po’ basso, ma che ci ricorda un fatto che, se non sempre vero, è però generalmente ritenuto per tale, cioè [p. 142 modifica]che le cavalle che hanno gli scaglioni, come i maschi, sono più vivaci, più briose e più robuste delle altre.

22. Cavallo scappato da sè si castiga.

Il più delle volte il cavallo che scappa si punisce da sè medesimo con cadute, sforzi, pericoli corsi e danni arrecati a cose e persone incontrate nella fuga.

23. Cavallo strigliato, cavallo sano.

Vedasi l'altro proverbio: Una buona strigliata vale una passeggiata (Cavallo e cavaliere).

24. Cavallo vacchino, mai più la fine.

Per amor della rima dovrei recarlo in piemontese, ove è comunissimo: Caval vaccin, mai pi la fin. Il cavallo vaccino è ordinariamente nervoso e di buona fibra, ed ha rimarchevole resistenza agli strapazzi; ciò non toglie però che una tale conformazione costituisca un difetto che deprezza il cavallo.

25. Caval restìo, fallo con Dio, ed anche:

Caval restìo, buon bastone, oppure:

Caval restìo, non va innanzi.

Il cavallo restìo fa si che il cavaliere dia in escandescenze, in imprecazioni, in bestemmie senza fine, e tutto ciò è peccare, cioè commetter fallo con Dio. Ma se il cavallo restìo è nelle mani di persona pratica ed appassionata che si studi non tanto di vincerlo quanto di convincerlo, esso finisce quasi sempre coll’abbandonare la mala abitudine ed in questo caso havvi azione meritoria. Più che altro la pazienza giova a [p. 143 modifica]correggere un tal cavallo, e quindi non crediamo molto pratico il consiglio dato dall’altro proverbio, che predica l’uso di un buon bastone. I mezzi coercitivi, il più delle volte, non fanno che irritare maggiormente l’animale. Alle parole fallo con Dio puossi dare anche altra interpretazione e cioè: chi fa diventar restìo il cavallo commette una grave colpa. Come può avvenir ciò? Coi castighi non meritati, colle pretese eccessive, colla nessuna perizia nell’addestrare. In questo caso chi di un puledro fa un caval restìo, merita biasimo ed il proverbio paragona il suo operato al peccare con Dio. In fine può anche ritenersi la parola fallo come derivante dal verbo fare, e starebbe a significare che di un tal cavallo bisogna disfarsene. Senofonte nel suo trattato sulla cavalleria, dice che: «il cavallo indocile e restio non serve che al nemico.»

26. Caval rognoso non vuol lasciarsi strigliare.

Il cavallo affetto da malattia cutanea, è irrequieto, stizzoso ed insofferente della striglia.

27. Caval senza coda, di poco valore.

Questo proverbio era naturalmente di molto peso nei tempi andati quando si usava adornare le code dei cavalli con nastri annodati, o con altri fronzoli; poco stimato era quindi il cavallo senza coda. Più di una volta mi è avvenuto di vedere dei contadini tirare fortemente la coda di un cavallo prima di farne acquisto, e cercare di sollevarla; essi dicono che la resistenza che oppone il cavallo a muoversi, quando è tirato per la coda, e a lasciarsela alzare, è indizio della sua forza. Oggidì è molto in uso l’amputazione di una parte della coda, affine di ottenere che sia portata orizzontalmente e per dare [p. 144 modifica]distinzione ai cavalli comuni. Certo è che la coda è uno degli ornamenti più belli del cavallo, l’essere bene attaccata ed in giusta posizione, ciò che dipende dalla direzione della groppa, è indizio di energia e di purezza di razza.

28. Caval siciliano corto e nano.

Volesse il cielo che fosse così anche oggi!

L’antico cavallo siciliano, piuttosto basso di statura, era agile, forte e celere, e perchè corto di reni assai proprio alla sella ed al correre; il medesimo invece ora acquistò in statura, ma è deperito nel resto, epperò è poco o nulla apprezzato. L’antico era tenuto in grande pregio fin dal tempo dei giuochi olimpici, ove spesso riportava la palma. I migliori erano quelli di Agrigento (Girgenti) ed ivi il culto dei cavalli era giunto a tanto che s’innalzavano tombe e monumenti di egregia fattura, a quelli che in loro vita si erano maggiormente distinti. L’incuria e gli incroci male appropriati, hanno fatto deperire quella ottima razza.

29. Chi vuol un cavallo senza difetti vada a piedi.

Ammonizione per coloro che vogliono più di quello che si può ottenere. Cavalli senza difetti non ce ne sono, perchè la perfezione nelle cose terrestri non esiste.

30. Coda corta non para mosche.

Questo starebbe a riprovare l’uso di amputare la coda ai cavalli per dar loro una certa aria di distinzione, di bontà di razza che non hanno.

Il cavallo a coda corta, se specialmente nell’estate non lo si tiene in scuderia fresca e non [p. 145 modifica]troppo illuminata (la qual cosa alla sua volta ha non pochi inconvenienti) tormentato dalle mosche, che non può pararsi colla sferzate di coda, si infastidisce, si irrita ed alle volte deperisce nello stato di nutrizione.

31. Correre e camminare ogni cavallo lo sa fare.

Proverbio del XVI secolo, riferito dal Caracciolo nel suo libro La gloria del cavallo, che vale a significare nessuna difficoltà trovarsi in ciò che è naturale.

32. Da caval che inciampi, Dio ti scampi, ed anche:

Guardati da caval che scapuzzi.

Il cavallo che per costante debolezza delle membra anteriori, ad ogni poco inciampa, minaccia di cadere, e realmente cade, ponendo sè stesso ed il cavaliere in grave pericolo, è una disgrazia, dalla quale è da pregar Dio che ci scampi.

33. Di puledro scabbioso, alle volte hai cavallo prezioso, ed i tedeschi:

Aus klattrigen Fohlen werden die schönsten Hengste, ed i francesi:

Méchant poulain peut devenir bon cheval, oppure:

De poulain rogneux devient souvent un cheval précieux.

Dicesi di quelli che da giovani fanno delle scappate e fatti poi adulti riescono galantuomini e di genio. [p. 146 modifica]

34. Dorso corto, cammino lungo.

Il dorso lungo non è mai accompagnato ad un robusto ed alto garrese, ad una solida groppa, indispensabili requisiti per costituire un buon cavallo, specialmente da sella. Per la carrozza convengono i cavalli a corpo allungato, con ampie reni, spalla lunga ed agile, petto aperto e forte membratura; ma cavallo allungato non vuol dire cavallo a dorso lungo, che è gravissimo difetto di conformazione, difetto che rende incerte e vacillanti le andature. L’animale che ha lunga la linea dorsale e lombare, manca di vigore ed è poco resistente al lavoro. Questa imperfezione è quasi sempre accompagnata da una groppa corta. La vigoria, l’agilità e velocità dei movimenti e la resistenza alla fatica sono caratteristiche in un cavallo a groppa lunga e dorso corto.

35. Ei cade anche il cavallo che ha quattro gambe, ed i latini:

Errat interdum quadrupes, cum titubat quadrupes, labitur ergo bipes, ed i tedeschi:

Stolpert doch auch ein Pferd mit vier Beinen, e gli inglesi:

A horse may stumble though he have four legs.

Vale l’altro proverbio: Chi è ritto può cadere, oppure: Chi cammina inciampa, e l’altro: Non c’è buon cavallo che non scapuzzi.

36. Gamba di fuoco, gamba di ferro.

Le zoppicature guarite col fuoco non vanno quasi mai soggette a recidive, e sembra anzi che nelle parti sottostanti alla cauterizzazione, rimanga un fondo stabile di tonicità e di [p. 147 modifica]sicurezza funzionale. A menomare quindi l’effetto negativo sul valore del cavallo per le traccie lasciate dal ferro incandescente, sorse il proverbio citato, che commenda l’uso del fuoco, quale efficacissimo rimedio contro le zoppicature.

37. Gran cavallo sono tre B.

I tre B sono: buono, bello, baio. I piemontesi dicono che la miglior razza del mondo è quella di Bonbelbai, che significa appunto; buono, bello, baio. Parlando dei mantelli si sono riportate molte opinioni che correvano e corrono oggidì circa i loro colori. Il cavallo di pelame baio era ritenuto di ottima riescita, di carattere dolce e sensitivo. L’Ariosto disse:

38. Grasso non è condizione.

Un cavallo dicesi in condizione, quando dimostra salute, brio ed energia, senza aver gravezza di carne. L’adiposità diminuisce la capacità toracica, i muscoli addominali sono, per la soverchia pinguedine, inceppati nella loro azione di elevare, deprimere e fissare le pareti toraciche, manca l’energia nervea, i mezzi del cavallo prontamente si esauriscono. È quindi un errore il credere sia vantaggioso che i cavalli sieno grassi, tanto più poi se devono servir da sella. Pei cavalli da tiro è altra cosa e per essi vale quanto è detto al proverbio: Cheval de foin, cheval de rien.

39. Il cavallo nobile non ha malizia.

Proverbio arabo: El aôud hôor ma aand [p. 148 modifica]honche heila, ed è giustissimo. Il cavallo di buona razza, e che è ben conformato, riunisce in sè tutti i requisiti per prestar un ottimo servizio; e siccome nei vari bisogni in cui può essere adoperato, non risente dolore in alcuno de’ suoi arti, in alcuna sua parte, così compie l’ufficio suo, ed è senza malizia.

40. Il cavallo tanto va quanto vale, e viceversa:

Il cavallo tanto vale quanto va.

Il miglior criterio per giudicare della bontà di un cavallo, lo si ha deducendolo dalla velocità delle sue andature. Il cavallo corridore, in qualsiasi condizione, di qualunque conformazione e di qualsiasi razza, desta sempre meraviglia e simpatia; il di lui possesso è sempre ambito e quindi il valore suole ordinariamente basarsi sul pregio che maggiormente colpisce gli occhi e la mente del pubblico. Anche applicato al cavallo da tiro pesante, o ad altro lavoro, sta pur sempre la giustezza del criterio secondo il quale l’attitudine a durar lungamente nel servizio, costituisce un pregio di alta importanza.

41. In guardia contro cavallo in guardia.

Dicesi che il cavallo sta in guardia, quando essendo sulla posta, porta innanzi permanentemente una delle estremità anteriori. Questo è indizio sicuro di malessere locale, di dolore dell’arto spostato in avanti, che il cavallo cerca sottrarre al peso del corpo; le zoppicature, le quali pel cavaliere hanno la massima importanza, sono per lo più conseguenza di questo malessere. Quindi ben giustamente il proverbio ammonisce di star in guardia contro cavalli che presentino un tale difetto. Volgarmente si [p. 149 modifica]dice che il cavallo in guardia mostra la strada di S. Giorgio protettore dei cavalieri, altri dice mostrar la strada di S. Giacomo.

42. Le mosche si posano sulle carogne, ed anche:

Le mosche si posano addosso ai cavalli magri.

Quello sciame di mosche che ricopre il povero cavallo ammalato, è sicuro indizio che la malattia volge a male. Non più scosse repentine e violenti di tutto il corpo, non più contrazioni ed increspazioni della pelle, non più rumorose zampate sul terreno, non più sferzate di coda per liberarsi dai fastidiosi insetti; inerte, l’occhio languido, la testa dimessa, il povero animale è completamente insensibile; la vita sta per finire. Il secondo proverbio sta a significare che i più deboli sono i più perseguitati.

43. Mal cavallo fa cattivo sangue, calcia e morde come sa.

Proverbio giustissimo e pur troppo vero nella sua prima parte. Nessuno ignora che esercizio eminentemente salutare è quello di fare una buona cavalcata all’aperto, respirando l’aria a pieni polmoni; ma se uno ha la disgrazia di incappare in un mal cavallo, cioè che abbia dei vizii, la cavalcata gli va in tanto veleno e gli fa ben cattivo sangue! Dal più al meno chi monta a cavallo, sa per esperienza quanto giusto sia questo proverbio. Quanto alla seconda parte, ritengo alluda a quei cavalli d’indole cattiva che mordono e calciano, non solo gli animali, ma anche l’uomo che li governa. Bene spesso però la cattiveria è conseguenza di mali [p. 150 modifica]trattamenti, e lo stesso cavallo in mano di palafreniere più umano sarà docile, buono ed incapace di far male a chicchessia.

44. Morso di cavallo non passa la pelle.

I denti incisivi, od anteriori, del cavallo non essendo acuti, ma piani, sono mal atti ad incidere e solo possono produrre acciaccature e fisiologicamente servono per trattenere come morse. Se si esamina una ferita prodotta da morso di cavallo si riscontrerà una ammaccatura, mai un’incisione.

45. Nel piede o nella spalla il puledro assomiglia alla cavalla, ed i tedeschi:

Von schönen Pferden fallen schöne Fohlen.

Se non si può esattamente definire la parte di influenza che esercita ognuno dei riproduttori sulla futura prole, ritiensi però in generale che lo stallone trasmetta al puledro le attitudini, il carattere e l’energia, che influisca sullo sviluppo degli organi della respirazione, e sulle forme esterne; perciò le gambe anteriori, il collo e la testa ritraggono ordinariamente le sembianze paterne; la madre invece dà al puledro la statura, la tarchiatura e tutto quello che riguarda la vita interna. Se la cavalla ha vizi ereditarii, come sono i piedi difettosi, le spalle incavicchiate e simili, si può esser certi che anche il puledro sarà affetto dagli stessi malanni.

46. Nè per galla, nè per schienella, non restar di metter sella.

Galla è un enfiato che viene nei nodelli dei cavalli prodotto da stravaso di sinovia; schienella è un’escrescenza dura, ossea, che viene [p. 151 modifica]nelle gambe dinnanzi dei cavalli, tra il ginocchio e la giuntura del piede. Sì l’uno che l’altro di questi malanni, alle volte fanno zoppicare il cavallo, ma ciò non sempre avviene, e quando il cavallo non ne risente danno, lo si può adoperare ugualmente.

47. Non c’è cavallo che non scapucci, ed anche:

Non avvi buon cavallo che non metta piede in fallo, ed i francesi:

Il n’y a cheval si bon qui ne bronche, ed i tedeschi:

Es gibt kein Pferd so gut dass es nicht stolperte, oppure:

Auch der beste Gaul stolpert ein mal.

Questi proverbi valgono ad ammaestrarci che tutti siamo soggetti a commetter errori, e mira a disporre benevolmente l’animo nostro verso il cavallo che per una causa ignota od accidentale, contro il suo solito, mette il piede in fallo, o magari inciampa ad ogni passo. In tale caso è bene sospettare che siavi qualche cosa di anormale in esso; esaminandolo quindi attentamente, non si tarderà a trovare o che i finimenti sono male adattati, o che la ferratura è sbagliata, o che l’animale è sorpreso da subitanea indisposizione. Perciò, trattandosi di cavalli conosciuti per antiche prove, loro non si deve imputare a carico se talvolta lasciano a desiderare nella bontà del servizio.

I negozianti usano citare qualcuno di questi proverbi, allorchè vedono che il compratore dopo la prova del cavallo, mostra dubitare della sicurezza delle gambe, ed anzi vi sentirete aggiungere ancora l’altro proverbio: caval che inciampa e non cade, è buon segnale. [p. 152 modifica]

48. Non v’è buon cavallo che non diventi una rozza, ed anche:

Ogni cavallo torna ronzino, ed i tedeschi:

Es gibt kein gutes Pferd, das nicht eine Mähre würde.

Significa che le fatiche e la vecchiaia indeboliscono le forze. Povero cavallo! Heu quantum mutatus ab illo! Quale trasformazione ha subito! Eccolo divenuto una rozza! Arrembato, zoppo, edematoso, coperto di guidaleschi, cade di miseria in miseria più grande col rapido alternarsi delle vendite e dei baratti, poichè ognuno prevedendo non lontano il fine della misera bestia cerca di disfarsene. Cavallo vecchio muore nella stalla del minchione. Ecco in proposito i seguenti bei versi di Virgilio, che riporto tradotti:

49. Ogni bocca ha il suo morso.

Uno stesso morso non può esser adattato alla bocca di qualsiasi cavallo, e vi sono regole speciali per l’adattamento di esso. Quando il canale della lingua è spazioso la lingua sottile, le barre alte e taglienti e quindi più sensibili, l’imboccatura del morso deve essere grossa e diritta; quando il canale è stretto, la lingua grossa, le barre basse e tondeggianti, carnose e per ciò poco sensibili, l’imboccatura deve essere sottile, con più o meno libertà di lingua. [p. 153 modifica]

50. Ogni puledro rompe la capezza, e quando è buono due ne spezza, ed anche:

Non è puledro che non rompa o strappi qualche capezza, ed anche:

Ogni puledro vuol romper la sua capezza.

Si dice per far chiara la strabocchevole forza della gioventù, la quale per il molto bollor naturale è portata a commettere mille errori, in che si fa simile al puledro, che per non essere domato rompe la capezza, e quanto più è vigoroso e forte più ne spezza.

51. Ogni ronzino nel mese di maggio è cavallo.

Maggio è il mese degli amori; parlo dei cavalli. Al ridestarsi della natura, le velleità erotiche si risvegliano anche negli esseri umili della specie.

52. Passo levato, trotto sciolto, galoppo gagliardo, carriera veloce fanno un buon cavallo.

Il cavallo che ha cosifatte andature non è che molto apprezzabile, e come lo dice il proverbio, è veramente un buon cavallo.

53. Più veloce il destriero al corso ha il piede, s’altro il segue, altro il precede.

È un fatto che il cavallo sente l’emulazione come un essere umano, ed è raro che vedendo andare un altro davanti non cerchi di raggiungerlo, e sempre più non s’animi se ne sente un altro corrergli dietro.

Prendo volentieri quest’occasione per dir poche [p. 154 modifica]parole sul significato delle varie voci: destriero, ronzino, corsiero, palafreno.

Destriero era detto, nei tempi andati, il buon cavallo condotto a mano destra dallo scudiero, acciocchè il cavaliere potesse inforcarlo al momento della battaglia. Ricchi e grossi cavalli, li dice il Varchi, perchè alle barde d’acciaio o di rame, aggiungevasi l’armatura del cavaliere, le mazze e le accette appese agli arcioni ferrati; e con questo peso dovevano i destrieri mostrarsi agili alòla battaglia od alla giostra. Epperò erano con cura serbati a quest’uso.

Ronzino dicevasi un cavallo di poca grandezza, specialmente adoperato da tiro e non di gran pregio.

Corsiero veniva chiamato il cavallo bello, nobile, veloce, e serviva per i viaggi e per il corso; ma perchè anch’esso doveva esser forte e generoso, adoperavasi bene spesso anco in battaglia. Quindi alle volte usavansi le due voci, corsiero e destriero, l’una per l’altra indifferentemente, non però che i più diligenti scrittori non ne facessero distinzione al bisogno.

L’Ariosto infatti scrisse:

Palafreno significava un cavallo grosso e di gran forza, che si adoperava pel tiro, da soma o da comparsa, non da battaglia o da corso. L’Ariosto chiama palafreno il cavallo d’Isabella e quello d’Angelica; ma Rabicano, Brigliadoro, Baiardo sono sempre chiamati corsieri o destrieri, perchè cavalli da corsa e da guerra. La voce palafreno deriva dal barbaro paraveredus, cavallo da posta. Tali cavalli erano, al tempo [p. 155 modifica]dei Romani, disposti lungo le strade militari e consolari con un carro (rheda), acciocchè i corrieri mandati nelle provincie, potessero cambiare e far presto.

Aggiungerò ancora che è detto palafreniere il servitore che va a cavallo dietro al padrone.

Staffiere, quello che nell’atto di scendere o di salire in carrozza o a cavallo, stende, prepara, e, al bisogno, regge la staffa.

Far da staffiere, è modo di dire quasi proverbiale, e vale rendere servizio od omaggio umiliante.

54. Quando il cavallo sente la stalla raddoppia il passo.

È quello che si suol chiamare generosità della scuderia; è un fatto che il più dei cavalli, allorchè s’accorgono di avvicinarsi a casa, raddoppiano il passo e taluni anche diventano fastidiosi.

Il Metastasio nell’Olimpiade, atto 1°, scena terza, così si esprime:

55. Sangue non è acqua.

È una frase che si usa per qualificare un cavallo di buona razza, che quantunque in età avanzata ed in appena mediocri condizioni, spiega nondimeno tali e tanti mezzi, che male si sarebbero indovinati giudicando dalle apparenze. Al proverbio: Cavallo di sangue non è mai ronzino, ho già detto cosa s’intende per cavallo di sangue, aggiungerò ancora che nella stessa maniera che negli uomini, si usa accennare ai [p. 156 modifica]quarti di nobiltà, nei cavalli si vuole colle espressioni di puro sangue, mezzo sangue, tre quarti di sangue e senza sangue indicare le differenti origini genealogiche dei cavalli stessi, ossia che quel dato cavallo discende da animali di una stessa razza, famiglia, classe, o da incroci con animali d’altra razza o famiglia, più o meno stimate.

56. Se il cavallo si conoscesse d’esser cavallo, vorrebbe esser uomo.

Vale a significare che se il cavallo conoscesse la sua forza, guai all’uomo!

57. Tristo è quel cavallo che va contro lo sperone.

Triste è colui che vuol contrastare contro chi può offenderlo. Durum est contra stimulum calcitrare, dicevano i latini. V’hanno cavalli così irritabili e viziosi, che tocchi dallo sperone vi si gettano contro; questo difetto è particolarmente proprio delle cavalle in calore. In tali casi occorre prudenza e pazienza, perchè l’impiego dello sperone può essere causa di serie conseguenze.

58. Tanto raspa il caval che male giace.

È un proverbio padovano, il quale vuol fare intendere che il cavallo a forza di zampare finisce col farsi un cattivo letto, smuovendo la lettiera e scavando la terra su cui deve giacere.

59. Un cavallo di razza deve avere: tre cose lunghe, tre corte, tre larghe, tre pure. [p. 157 modifica]

È una sentenza degli arabi:

Tre cose lunghe: orecchie, collo e gambe anteriori;

Tre cose corte: osso della coda, gambe posteriori e dorso;

Tre cose larghe: fronte, petto e groppa;

Tre cose pure: pelle, occhi e unghie.

Altri dicono che il cavallo per esser buono deve avere:

Tre qualità della donna: petto largo, chioma lunga e fianco aperto;

Tre qualità del leone: alterezza, arditezza e furore;

Tre qualità del bue: occhio, nari e giunture;

Tre qualità del montone: naso, dolcezza e pazienza;

Tre qualità del mulo: forza, costanza nel lavoro e piede;

Tre qualità del cervo: testa, gambe e pelo corto;

Tre qualità del lupo: collo, gola e udito;

Tre qualità della volpe: orecchio, coda e trotto;

Tre qualità del serpente: memoria, vista e contorno;

Tre qualità della lepre o del gatto: corsa, passo e flessibilità.

60. Zampata di cavallo vecchio fossa grande.

È un antico proverbio toscano, il quale ci ammaestra che il cavallo vecchio (che qui sta per adulto), se dà zampate, lo fa con cattiveria e con forza, e quindi tale sua offesa è assai pericolosa. [p. 158 modifica]

Voci di paragone.1


1. A cavallo corridore ed a uomo giuocatore, poco dura l’onore, ed i tedeschi:

Spieler und Rennpferde dauern nicht lange, e gli inglesi:

Gamesters ande race-horses never last long.

I cavalli corridori purtroppo non durano molto in servizio perchè è difficile che capitino in mano di persone che li risparmino e non piglino ogni occasione per far vedere agli altri come corre il loro cavallo, epperò a forza di continui, violenti esercizi presto si sciupano. Al giuocatore, si sa, poco dura l’onore, poichè per lo più questi signori finiscono per fare un brutto fine. [p. 159 modifica]

2. A ferro di cavallo.

In termine di architettura civile e militare, così si chiamano talune opere foggiate come un ferro da cavallo. Tavola a ferro di cavallo, si dice d’una tavola a semicerchio colle branche prolungate, come un ferro da cavallo. In generale s’indica così un oggetto, un’opera che abbia forma traente a quella di una porzione maggiore dell’ovale. I teatri, ad esempio, sono per lo più di tale forma.

3. Al canto l’uccello, al trotto il cavallo, ed anche:

     Al canto si conosce l’uccello
     Al trotto il cavallo bello.

Trotto è qui dal proverbio adoperato per esprimere lavoro e non già per indicare un’andatura a preferenza di un’altra, come criterio probativo, e vuole indicare che a quel modo che si fa giudicio dell’uccello dalla melodia del suo canto, così si giudica del valore del cavallo dalle prove che se ne fa nel limite dei suoi mezzi ed a seconda dell’uso a cui lo si vuol destinato. Non è però da tacere che il trotto è oggidì l’andatura più comunemente impiegata, e quindi in maggior pregio è tenuto il cavallo che ha veloce ed elegante questa andatura. Se il cavallo trotta giusto, come si suol dire, il rumore dei piedi sul suolo non batte che questa misura: uno, due, uno, due.

4. Aver una febbre da cavallo.

Cioè veemente, molto alta. Come per l’uomo, così pel cavallo quando la febbre supera i 41° e raggiunge i 42° è letale. [p. 160 modifica]

5. Botte di buon vino, cavallo saltatore duran poco col signore.

Chi è ricco ed ha buon vino in cantina gode assaporarlo e farlo assaporare agli amici, epperò dà presto fondo alla botte; similmente chi ha buon cavallo saltatore, ama provarlo agli ostacoli, e far vedere agli altri le esimie doti della cavalcatura, e a forza di farlo saltare, finisce per logorarlo più sollecitamente che non avverrebbe se non possedesse queste qualità. Non è raro veder giovani cavalieri possessori di un buon saltatore, abusarne spensieratamente, facendolo saltare ad ogni momento.

6. Bue giovane e cavallo vecchio.

Per vecchio intendesi ammaestrato e non più puledro indomito.

7. Bue lungo e cavallo corto.

La lunghezza del dorso nel bue è un pregio, viceversa il cavallo da sella deve avere il dorso corto.

8. Cane affamato e cavallo assetato nulla temono.

Per natura, ben più che la fame il cavallo teme e soffre la sete; il cane invece diventa per fame, feroce; l’uno e l’altro in tali condizioni nulla temono, cioè nessun pericolo o rischio li spaventa.

9. Cane mogio e caval desto, ed anche:

Can morto, e cavallo vivo.

Il cavallo con la prontezza dei moti e con la stessa vivacità dello sguardo annuncia il vigore [p. 161 modifica]e la bontà che ha in sè; laddove il can vivace che troppo scorrazza, male serve al cacciatore, epperò occorre che sia mogio, mentre il cavallo deve essere desto, brioso. Nel secondo proverbio riportato, le parole morto e vivo, voglionsi rispettivamente intendere nel significato di tranquillo, sveglio e vivace.

10. Carezze di cavallo.

Calci; in senso figurato vale ad indicare l’ingratitudine od i cattivi modi di una persona nel trattar con un’altra.

11. Castroni pugliesi, mannarini pistoiesi, gran siciliano, zucchero di Candia, cera veneziana, magli romaneschi, sproni viterbesi, cacio di Creta, raviggioli fiorentini.

Indica i luoghi dove queste diverse cose sono migliori.

12. Cavallo da basto, caval da carrozza.

In senso figurato si usa per indicare un uomo grossolano e stupido.

13. Caval da cardinale.

Idest, una mula su cui solevano cavalcare i cardinali.

14. Caval da medico.

Si usa per indicare un cavallo senza sangue, cioè molto docile e tranquillo. [p. 162 modifica]

15. Caval da prete.

È di massima sinonimo di rozza, senza fiato, senza valore, e che a stento si muove.

16. Cavallo dell’Apocalisse.

Di un cavallo grosso e magro si dice che pare il cavallo dell’Apocalisse.

17. Cavallo di Aristotile.

Alessandro il Grande, invaghitosi di una indiana, pareva aver perduto ogni desiderio di conquista. Aristotile, suo precettore, volle riprenderlo e persuaderlo che ad un guerriero suo pari, male addicevasi posporre all’amore di una donna, la gloria che poteva acquistarsi. Si arrese Alessandro ai consigli del suo maestro, ma l’indiana conosciuta la causa dell’abbandono in cui era lasciata, pensò di trarne vendetta, e tanto fece, tanta malizia mise in opera da rendere a sua volta quel sommo filosofo pazzamente innamorato di lei. Un dì che Aristotile le dichiarò il suo amore, essa finse di non credergli, e volle da lui una prova che l’assicurasse della verità delle sue parole. Acconsentì il filosofo, ed allora essa gli disse: «Onfale voleva veder filare un eroe, voi dovete soddisfare ad un mio capriccio: desidero cavalcare sulla schiena di un filosofo.» Si acconciò Aristotile ad appagare questo strano desiderio, e lasciatosi imbrigliare ed insellare messosi carpone lasciò che la giovine gli salisse a ridosso. Così scherzando e girando di qua e di là, essa fece in modo di condurlo in un luogo dove Alessandro erasi appiatato, il quale vedendo il suo maestro acconciato a quel modo, lo rimproverò perchè così male mettesse in pratica i consigli che dava agli altri. Non si confuse per questo Aristotile, chè anzi ne pigliò [p. 163 modifica]argomento per dimostrare ad Alessandro a quali eccessi poteva portare l’amore, dacchè aveva indotto lui filosofo e vecchio a commettere tanta follia. Di qui ne venne il detto: Far il cavallo di Aristotile, per indicare una penitenza che nei giuochi di società s’infligge quando uno vuole riavere il suo pegno, e consiste nel prendere la posizione di un cavallo, cioè mettersi carponi, per portare sulla schiena una dama colla quale si fa il giro della sala.

18. Cavallo di battaglia, oppure:

È il suo caval di battaglia.

In latino: Equus bellator, era il cavallo che serviva ai principi ed ai grandi capitani nelle fazioni campali. In senso figurato serve a denotare quella parte che un artista sa meglio eseguire o che mostra preferire perchè serve a far risaltare il suo talento, le sue qualità, e ad acquistargli gloria e fama.

19. Cavallo di Frisia.

Macchina da guerra che serve di difesa e di ostacolo contro la cavalleria; è formata da una grossa trave in cui sono impiantati dei piuoli di ferro acuminati.

20. Caval di monaci, porci di mugnai e figli di vedove non hanno pari.

Perchè sono troppo ben pasciuti e trattati con soverchi riguardi. I cavalli dei monaci ed i figliuoli delle vedove diventano perciò per lo più pigri, molli e snervati, e poco vogliosi di lavorare.

21. Cavallo di parata.

Cavallo di figura, di rispetto; e figuratamente dicesi: Uomo da figura e non da fatti. [p. 164 modifica]

22. Cavallo di Seiano.

Questo cavallo riuniva in alto grado tutte le più belle qualità, ma per una funesta fatalità al suo possesso andava unita la rovina del possessore. Sejano suo primo padrone fu condannato a morte da Marco Antonio; Dolabella che lo acquistò, dicono, per cento mila sesterzi, perì di morte violenta, vittima della guerra civile; Gajo Cassio che ne fu il terzo possessore perdette tragicamente la vita per mano di uno schiavo; Antonio, nelle cui mani passò di poi, si tolse la vita da sè stesso. Questa lista diede origine ad un proverbio, riportato da Aulo Gellio nelle sue Notti Ateniesi: «Costui — dicevasi parlando di un disgraziato — ha il cavallo di Sejano

23. Cavallo di S. Francesco.

Il bastone del pellegrino. Viaggiar col cavallo di S. Francesco, vale viaggiar a piedi.

24. Caval Pegaso.

Pegaso, cavallo favoloso che nelle poesie e nelle dipinture figurasi fornito di ali.

Figlio di Nettuno e di Medusa; subito che nacque sen volò verso il cielo, e secondo Ovidio, si fermò sul monte Elicona, ove per lo più dimorò fino a che stette sulla terra, ed ove con un calcio fe’ sgorgare il fonte d’Ippocrene.

Nettuno e Minerva, avendolo domato, lo donarono a Bellerofonte che lo montò per combattere la Chimera. Fu Pegaso assunto fra gli astri, e vi formò una costellazione. Si crede che questo cavallo alato non fosse altro che una nave ornata dalla figura di cavallo sulla poppa.

Parlando di un cavallo che abbia velocissima andatura, dicesi: È un Pegaso. [p. 165 modifica]

25. Cavallo per correr, mulo per tirar e musso per strusciar.

È un proverbio veneto che indica a quali diversi uffici queste tre bestie sono più adatte.

26. Cavallo senza briglia e fanciullo senza verga fanno mai bene.

Proverbio tedesco; un po’ troppo severo in quel che riguarda il fanciullo.

27. Cavallo sulla strada e bue sul campo.

Ognuno a suo posto, ognuno a quel lavoro per cui Dio l’ha creato; il cavallo è più fatto per correre e tirar pesi sulle strade, il bue invece per lavorare nei campi.

28. Caval Troiano.

È nota la storia dell’eccidio di Troia, e del cavallo di legno che i Greci introdussero nella città. Questa espressione vale l’altra: Gatta ci cova, e vale a denotare che conviene stare in guardia contro gli insidiatori; esser vigilanti contro chi tende agguati alla nostra quiete.

29. Caval vecchio e servitore minchione, non ingannan mai il lor padrone.

È un proverbio veneto, forse un po’ troppo assoluto nella sua affermativa. Quanto al cavallo diremo che l’età ha una grandissima influenza sul suo valore, e più esso è giovane, di massima, è assai più commercialmente apprezzato. Però chi non è perfetto cavallerizzo, all’età giovane deve preferire quella da adulto, ed anche la [p. 166 modifica]avanzata, (purchè non decrepita) e ciò perchè nei cavalli fatti, la grazia, l’agilità, l’obbedienza, sono qualità dovute più che tutto all’ammaestramento, sono il risultato dell’educazione.

30. Corre come un barbero.

Barberi, chiamavansi a Roma quei cavalli che erano fatti correre gli ultimi giorni del carnevale per la città scossi, cioè senza cavaliere e coi pungoli ai fianchi. Questa espressione vale a dire correre velocemente.

31. C’est l’ambassade de Viarron, trois chevaux et une mule.

Espressione usata per deridere un equipaggio messo male assieme.

32. Esser come il caval del Ciolle, oppure:

Essere il caval del Ciolle.

Dicesi di chi si lambicca il cervello sperando vanamente una qualche fortuna e ne va cicalando qua e là. Il caval del Ciolle si pasceva di ragionamenti. Dicesi pure di chi è pieno di malanni, perocchè si narra che il caval del Ciolle avesse cento e più guidaleschi (ulceri, piaghe) sotto la coda.

33. È un bucefalo.

Si usa per indicare un cavallo brioso, di bellissime forme e generoso, ma per ischerno antifrastico suole usarsi per cavallo triste e da poco. Bucefalo, si sa, è il nome del cavallo domato da Alessandro. Dicono che avendo egli udito dagli scudieri di Filippo, suo padre, [p. 167 modifica]dichiarare che il cavallo era indomabile, volle provarsi a montarlo. Avutane licenza dal re, si avvicinò a Bucefalo, tenendolo dolcemente con le redini, gli si aggirò dinanzi mirandolo e quasi per esserne mirato, poscia poco a poco lo rivolse con gli occhi al sole; accortosi che il primo bagliore gli aveva offesa la vista, spiccò un salto e gli si pose sul dorso e datogli delle calcagna nei fianchi lo lasciò ire disperatamente per la campagna; così riescì ad Alessandro di domarlo. Narrano poi gli storici come questo cavallo insellato e adorno delle insegne regali non acconsentisse che altri, fuor d’Alessandro, lo cavalcasse. Quinto Curzio, Aulo Gellio ed altri scrittori ci tramandarono le molte prodezze di Bucefalo. Paolo Luigi Courier, antico ufficiale delle batterie a cavallo, nell'esercito francese, nella sua traduzione del libro di equitazione di Senofonte, annota che Bucefali o testa di bue, chiamavano gli antichi i cavalli che avevano molto spaziosa la fronte; nella Tessaglia esisteva una razza speciale di cavalli che portavano questo nome. Il cavallo di Marco Aurelio, nel Campidoglio, è un bucefalo.

34. È un caval da circo.

Un cavallo che o per il colore originale del mantello, o per qualche altra particolarità rara e molto spiccata, come ad esempio, un cavallo pezzato, od un cavallo che ha movenze singolari e tale da attirare l’attenzione del pubblico, dicesi che è un cavallo da circo equestre. Tale espressione si applica pure ad un cavallo ammaestrato all’alta scuola.

35. È un caval sfrenato.

In senso figurativo si dice di un libertino, di un uomo incorreggibile. [p. 168 modifica]

36. È un caval da nolo.

Quante malinconiche riflessioni non sorgono nell’animo all’udir questa espressione: È un cavallo da nolo! È una povera bestia adoperata in tutti i modi, in tutti i tempi e senza posa in ogni genere di lavoro e con magra ricompensa, e per similitudine dicesi anche di un uomo adoperato per ogni incombenza e caricato di lavoro.

37. È un Ronzinante.

Ronzinante, è il nome della bestia magra e sciancata che Cervantes ha dato per cavalcatura a don Chisciotte. Si usa a titolo di scherno, parlando di un cavallo sfinito e di brutto aspetto.

38. Fa come il buon cavallo che si riscalda mangiando.

Pare che questo proverbio si riferisca all’uso generale, di strofinare il cavallo e frizionarlo talvolta con liquidi eccitanti, allorchè ritorna da un lungo lavoro e questo si fa perchè non si raffreddi cambiando temperatura e ritornando improvvisamente alla quiete. Ma quando un cavallo ha fondo buono ed è sano anche dopo un lungo lavoro mangia tosto volontieri, ed in tal modo si riscalda meglio che con frizioni e strofinature di cui potrebbe anche far senza, attesa la sua buona costituzione fisica.

39. Far come il caval del Ciolle che si pasceva di ragionamenti.

È un modo di dire toscano, usato da diversi scrittori classici.

40. Far come il caval grasso, o come il [p. 169 modifica]caval turco, che mangiata la biada dà dei calci al vaglio.

Corrisponder male ai benefizi ricevuti. Però il dar dei calci al vaglio non è indizio di cattiveria nel cavallo, ma piuttosto d’ingordigia; dopo che esso ha mangiata la biada, scuote col piede il vaglio per veder se ce n’è ancora.

41. Far d’una formica, o d’una pulce un cavallo.

D’una cosa o d’un fatto da poco, farne un gran caso.

42. Ha più difetti del caval del Gonella, che non soffriva nè basto, nè sella.

È un modo di dire usato in tutte le provincie d’Italia e intende denotare un cavallo od una persona sopracarica di difetti.

43. Il cavallo è come la minestra, chi la vuol troppo calda e chi troppo fredda, pochi al vero punto.

Infatti, come la minestra, che vi ha chi la vuol molto calda, e chi molto fredda, così vi è chi vuole il cavallo molto ardente e chi lo vuole molto tranquillo; pochi vogliono quella e questo al vero punto.

44. I soldati fanno come i cavalli, che annitriscono a chi li governa e tiran calci al padrone.

I cavalli d’indole cattiva difficilmente mordono o calciano l’uomo che li governa, mentre tiran calci ad ogni altra persona, compreso il [p. 170 modifica]proprietario. Colle buone maniere, assuefandolo alla voce ed alle carezze, si modificherà questa mala abitudine. Che anche i soldati si comportino in modo analogo non potrei affermare. Il proverbio ebbe origine in tempi da noi molto lontani e quando i soldati eran ben diversi da quelli dei giorni nostri.

45. La gli va come ai cavalli vecchi.

Poveri cavalli! Quanto mutati da quel che erano prima! Magri, logori, arrembati, nessuno più si cura di loro, sottoposti a gravi e dure fatiche, mal nutriti spesso frustati a sangue, stentano penosamente gli ultimi giorni della loro vita in attesa che la morte pietosa ponga fine ai loro patimenti. Per traslato, ad uno che è martoriato da tutte le contrarietà, si dice che, La gli va come ai cavalli vecchi.

46. La pulce vuol contender col cavallo.

Si dice del debole che vuol contrastare col forte.

47. Lavoro da cavallo.

Lavoro assai faticoso. I tedeschi dicono: Wie ein pferd arbeiten, cioè: Lavorar come un cavallo, come un somaro.

48. L’asino al basto, il bue all’aratro ed il cavallo al corso, ed i veneti:

Al cavalo la sela, a l’aseno el basto, al bò l’aratro, al can la cazza.

Questo proverbio ci predica che ogni animale deve essere adoperato per quell’ufficio pel quale la natura lo ha creato. [p. 171 modifica]

49. Les chevaux courent les benefìces et les ânes les atrapent.

Vale a significare che non è sempre ricompensato chi più se lo meriterebbe. Purtroppo sonvi e sarannovi sempre degli asini, cioè della gente poco meritevole, che trova modo di arrampicarsi agli impieghi più lucrosi ed onorifici, di lucrare e procacciarsi lauti benefici mediante intrighi e bassezze a detrimento di uomini onesti, laboriosi e generosi.

50. Matto come un cavallo.

Matto da sette cotte, smodato, pazzo da catena e simile.

51. Medicina da cavallo.

Rimedio troppo violento. Ferinum medicamentum, dicevano i latini.

52. Ombroso come un cavallo.

I cavalli, come in genere le altre bestie, vuoi per la conformazione dell’occhio, vuoi per naturale istinto, hanno maggior predisposizione a spaventarsi, adombrarsi di molte cose ed in specie di quelle che vedono per la prima volta. Di un uomo che per ogni più piccolo detto od atto si offende, dicesi è Ombroso come un cavallo.

53. Pare il cavallo della morte.

Si dice d’un cavallo magro, arrembato, stecchito, che non ha più che pelle ed ossa.

54. Spropositi da cavallo.

Cioè grossissimi, e tali che non li farebbe un cavallo. [p. 172 modifica]

55. Stomaco da cavallo.

Si dice di uno che ha uno stomaco refrattario alle medicine, su cui l’emetico per es. non ha azione, giacchè, si sa, che il cavallo non vomita; e dicesi pure di uno che digerisce assai bene e mangerebbe di qualunque cosa.

56. Tre cose sogliono esser guaste: vecchie uova, vecchi amanti, e cavalli vecchi.

Questo è un proverbio troppo chiaro per aver bisogno di commento.

57. Tre cose son stimate ugualmente: cavalli vecchi, vecchi cani e servitori vecchi.

Purtroppo il proverbio nella più parte dei casi è vero! Cavalli che in loro gioventù han procurato ogni sorta di godimenti ai loro proprietari, facendo anche guadagnar loro dei quattrini, cani che da giovani hanno serviti i loro padroni o per la caccia o per guardia; servitori fedeli ed affezionati, ora perchè vecchi sono messi in disparte, e stimati tutti ad una stessa stregua.


fine.

  1. Come ho detto nella prefazione, dividere ed ordinare, quel meglio che fosse possibile la materia di questi proverbi, che rivestono tante forme senza coerenza nè legamenti, non fu facile compito. Non pochi quindi dei proverbi qui riferiti troverebbero più opportuna sede negli altri capitoli.