Chi l'ha detto?/Parte prima/23

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
§ 23. Donna, matrimonio

../22 ../24 IncludiIntestazione 8 aprile 2020 100% Da definire

Parte prima - 22 Parte prima - 24
[p. 106 modifica]


§ 23.



Donna, matrimonio






Oh che selva selvaggia è mai questa dove sto per cacciarmi! Questo solo paragrafo arrischierebbe di diventare un volume, s’io pretendessi di accogliervi solo il fiore di quello che prosatori e poeti hanno scritto sulle donne, sull’eterno femminino, come direbbe un gazzettiere con frase usata ed abusata, dacchè la creò il Goethe, invocando:

364.   Das Ewigweibliche.1

nell’atto V del Faust, il quale si chiude con la redenzione di Faust, che sale al cielo salvato soprattutto dall’amore di Margherita. Il Chorus mysticus allora intuona un cantico, che finisce:

Das Ewigweibliche
Zieht uns hinan.
e con questo ha termine la mirabile tragedia.

Conviene dire che i più fra coloro che si valgono della frase eterno femminino, la citano, per così dire, a orecchio, poichè i commentatori hanno consumato molto e molto inchiostro per fissare bene il significato di essa. Udiamo quel che ne scrisse uno dei più geniali ed acuti nostri pensatori, Ruggero Bonghi, in un articolo Perchè la donna salva Faust? pubblicato nel Fanfulla della Domenica del 15 ottobre 1882, e poi nelle Horæ subcesivæ (Napoli, 1888), pag. 217:

«Nell’ultima scena appaiono più ombre o anime di donne: la magna peccatrix, la mulier Samaritana, Maria Ægyptiaca e sopra tutte s’innalza la Mater Gloriosa. Quelle domandano a questa che accordi a Fausto la grazia sua, a Fausto che s’è dimenticato una sol volta, che non sentiva d’errare; e la Mater Gloriosa, la Vergine Maria, dice a Margherita queste sole parole: “Vieni, levati a più alte sfere, egli ti sente, ti vien dietro.” [p. 107 modifica]«Ed ecco quel che Fausto ha trovato. È morto in un desiderio più in là e più in su; ed è in cielo dove il più in là e il più in su è infinito. Ha ora davanti a sè la sua innamorata terrena, tanto infetta di peccato quaggiù, in istato di gloria; e questa la Vergine l’assicura che, se Fausto la vede o, per meglio dire la sente, ha sentore di lei, vorrà salire tanto in alto quanto ella sale. Fausto ha ora modo, spazio e ragione di salire più in alto. Le parole del Chorus mysticus spiegano, descrivendolo, e raccogliendone il suo significato ideale, ciò che accade d’intorno a lui.

«Margherita appare spogliata oramai d’ogni accidentalità passeggiera nella natura della donna; essa, le tre penitenti Marie e la Mater Gloriosa, son diventate del pari l’eterno femminino, e lo rappresentano. Anche Elena l’ha rappresentato a suo modo in un altro momento del poema. Che è questo eterno femminino? E l’idealità a cui l’uomo sempre mira e che non riesce mai ad appropriarsi tutta; è quella regione dei tipi in cui Fausto è andato ad evocare Elena che gli si è infine dileguata dagli occhi. Quivi la Mater Gloriosa si libra e sorvola; lassù l’uomo è attratto senza posa e con infinito suo tormento e conforto.»

Se con questo non vi siete fatti ancora una chiara idea di quel che è il femminino eterno, leggete il bello studio di Michele Kerbaker: L’Eterno femminino e l’Epilogo celeste nel Fausto di Goethe, negli Atti dell’Accademia Pontaniana e ristampato a parte (Napoli, Pierro) nel 1903: lo Zumbini nella prefazione preposta a questo saggio dice che esso è «la più bella cosa che sul capolavoro del Goethe abbia la critica italiana.»

Arrigo Boito ricordò la frase goethiana quando nel Mefistofele, parole e musica di lui medesimo (atto IV), fece dire da Faust ad Elena:

365.   Forma ideal purissima
Della bellezza eterna.

In questa fiorita di frasi e sentenze sulla donna ci limiteremo naturalmente a spigolare nel vasto campo, ricordando i motti rimasti veramente popolari, e rimandando, chi sia vago di saperne di più, alle numerose raccolte speciali, e in modo particolare al dilettevole [p. 108 modifica]libro dell’amico mio dott. Ludovico Frati, La donna italiana (Torino, Bocca, 1899), cap. VIII.

Che cosa sono le donne? Figaro che non riusciva a comprenderle esclamava:

366.   Donne, donne, eterni Dei!
Chi vi arriva a indovinar!

Un umorista francese disse che

367.   Les femmes sont extrêmes: elles sont meilleures ou pires que les hommes.2

(La Bruyère, Les Caractères ou les Moeurs de ce siècle. — Des femmes, § 53; ed. Servois, Paris, 1865, to. I, pag. 188).
e con più precisione la Bibbia sentenziava che:

368.   Sapiens mulier aedificat domum suam: insipiens extructam quoque manibus destruet.3

Ma per quanto alcuni ne mettano in evidenza i lati buoni, come per esempio la influenza sui costumi, dappoichè:

369.   Les hommes font les lois, les femmes font les mœurs.4

(J. A. H. de Guibert, Le connétable de Bourbon, a. I, sc. 4).

per cui il Leopardi invoca l’aiuto delle donne italiane alla rigenerazione della patria con i noti versi:

370.   Donne, da voi non poco
La patria aspetta.

[p. 109 modifica]i più insistono nell’imprecare ai difetti loro, e principalmente alla loro incostanza e volubilità. Qui i classici non mancano davvero; e poiché tutti, a momenti perduti, sia per gusto proprio, sia.... per dispetto altrui, zufolano l’aria della canzone del Duca nel melodramma Rigoletto, di F. M. Piave, musica di Verdi (a. III, sc. 2):

371.   La donna è mobile
Qual piuma al vento,
Muta d’accento — e di pensier.

vale la pena di ricordare che questi meschini versi, ai quali il fascino della musica dette celebrità, non sono che la parafrasi (stavo per dire la parodia) del couplet di Francesco I:

372.   Souvent femme varie,
Bien fol est qui s’y fie!
Une femme souvent
N’est qu’une plume au vent!5

nel celebre dramma di Victor Hugo, Le roi s’amuse (atto IV, sc. 2), rappresentato e stampato per la prima volta nel 1832, e che è il prototipo del melodramma italiano. I primi due versi, che sono da lungo tempo quasi proverbiali in Francia, avrebbero origine ben più antica. La leggenda vuole che Francesco I, parlando con sua sorella Margherita di Angoulême della incostanza delle donne, li scrivesse col diamante del suo anello sopra un vetro di finestra al castello di Chambord; vetro che naturalmente oggi più non esiste, ma sulla cui fine si hanno versioni diverse, e gli uni lo rimpiangono venduto a un inglese ricchissimo, gli altri lo dicono rotto da Luigi XIV per cavalleria verso Mad. de la Vallière. Il Fournier (L’Esprit dans l’histoire, cap. XXII) non vuol credere a questo romanzetto, e riduce la verità entro più modesti confini, cioè al racconto di Brantôme, il quale nel quarto disc. delle Vies des Dames galantes (art. III: De l’amour des veufres), [p. 110 modifica]dà un’altra versione di questo aneddoto: «Il me souvient qu’une fois, m’estant allé pourmener à Chambord, un vieux concierge, qui estoit céans et avoit esté valet de chambre du roy François, m’y reçeut fort honnestement, car il avoit dès ce temps-là connu les miens à la cour et aux guerres, et luy-mesme me voulut monstrer tout; et m’ayant mené à la chambre du Roy, il me monstra un escrit au costé de la fenestre: Tenez, dit-il, lisez cela, monsieur, si vous n’avez veu de l’escriture du Roy mon maistre, en voilà: et l’ayant leu, en grande lettre il y avoit ce mot: Toute femme varie

Del resto anche Virgilio nell’Eneide (lib. IV, v. 569-570) scrisse:

373.   ....Varium et mutabile semper
Femina.6

e il Tasso nella Gerusalemme liberata (c. XIV, ott. 84):

374.   Femmina è cosa garrula e fallace,
Vuole e disvuole: è folle uom che sen fida.

— che proprio sembrano la parafrasi dei due versi proverbiali francesi, — ed egli stesso in altri de’ suoi componimenti aveva detto:

....In breve spazio
S’adira e in breve spazio anco si placa

375.   Femina, cosa mobil per natura

Più che fraschetta al vento, e più che cima
Di pieghevole spiga.
e quasi il medesimo verso

376.   Femina è cosa mobil per natura.

si ritrova nel Petrarca, in un Sonetto in vita di M. Laura, numero CXXXI secondo il Marsand, che comincia: Se ’l dolce sguardo di colei m’ancide, ed è il son. CL dell’ediz. Mestica condotta sugli autografi. [p. 111 modifica]

Un curioso riscontro con i versi dell’Hugo può trovarsi nel Filostrato del Boccaccio (Parte VIII, str. 30, ediz. del Moutier, pag. 253):

Giovine donna è mobile, e vogliosa
È negli amanti molti, e sua bellezza
Estima più ch’allo specchio, e pomposa
Ha vanagloria di sua giovinezza;
La qual quanto piacevole e vezzosa
È più, cotanto più seco l’apprezza:
Virtù non sente, né conoscimento,
Volubil sempre come foglia al vento.

Altri riscontri ho enumerati in un articolo Il romanzo d’una romanza che pubblicai nella Rassegna Settimanale Universale, 1896, num. 45. Mi contenterò qui di additare ancora questi due:

377.   Crede ratem ventis, animam ne crede puellis,
Namque est feminea tutior unda fide.7

che sono i primi due versi di un epigramma, col titolo De mulierum levitate, nelle vecchie edizioni attribuito talora a Petronio Arbitro, talora a Quinto Cicerone; e l’esclamazione di Amleto nell’immortale dramma di Shakespeare (a. I, sc. 2):

378.   Frailty, thy name is woman!8

Lorenzo da Ponte intitola un’opera comica, musicata da W. A. Mozart e rappresentata per la prima volta a Vienna nel teatro di Corte il 26 gennaio 1790, con la frase ironicamente consolatoria:

379.   Così fan tutte.

o La Scuola delle Amanti; mentre un altro drammaturgo e romanziere mette a carico loro tutti i delitti del tempo passato, presente e futuro con le parole:

380.   Cherchez la femme.9

[p. 112 modifica]

Ricorderete che Alessandro Dumas padre, nel dramma Les Mohicans de Paris, rappresentato per la prima volta alla Gaiéte il 20 agosto 1864, ha reso popolare questa frase ponendola in bocca a un poliziotto parigino, Jackal, che se n’è fatto una massima fondamentale. Vedi atto III, quadro V, sc. 7:

— «Il y a une femme dans toutes les affaires; aussitôt qu’on me fait un rapport, je dis: Cherchez la femme! On cherche la femme et quand la femme est trouvée....

— «Eh bien?

— «On ne tarde pas à trouver l’homme».

Vedasi anche il romanzo omonimo, vol. I, ai cap. 34 e 35. Qualcuno l’ha attribuita originariamente al noto Fouché, altri a De Sartine, luogotenente generale di polizia nel 1759, altri l’ha cercata nel Dialogue sur les femmes dell’abate Ferdinando Galiani: ma le origini si hanno a investigare più lontano, nientemeno che in Giovenale, il quale nelle Satire (sat. VI, v. 242-243) scrisse:

Nulla fere causa est, in qua non femina litem
Moverit....

Nella Revue des Deux Mondes del 1º sett. 1845, Ch. Didier (nell’articolo intitolato L’Alpuxarra) cita un proverbio spagnolo molto grossolano che esprime la stessa idea, e aggiunge (pag. 822): «Le roi Charles III (1716-1788) en était si convaincu que sa première question en toutes choses était celle-ci: Comment s’appelle-t-elle?»

La Bibbia fa carico alle donne di condurre l’uomo, anche savio, alla perdizione:

381.   Propter speciem mulieris multi perierunt.10

382.   Vinum et mulieres apostatare faciunt sapientes.11

Certamente non c’è chi ignori quanto grandi siano la malizia e l’astuzia delle donne:

[p. 113 modifica]

383.   ....A tutti, se vuole, la donna la fa.

che è il verso finale del dramma giocoso L’Italiana in Algeri, parole di Angelo Anelli, musica di Rossini (a. II, sc. ultima); ma esagerano coloro che sospettano di lei anche quando è sola, ossia nella materiale impossibilità di peccare, come il filosofo che scrisse:

384.   Mulier cum sola cogitat male cogitat.12

(Publilio Siro, Mimi, n. 335, ed. Wölfflin et Ribbeck; n. M. 27, ed. Meyer).

Soprattutto non s’impaccino delle cose che non le riguardano:

385.   Mulieres in ecclesiis taceant.13

come dice il Vangelo. Secondo Origene (In Exod., hom. XII, 2; Migne, Patr. gén., 12, 383) e le Costituz. Apost. (lib. III, 6) il monito era diretto soprattutto a vietare alle donnette di chiacchierare durante gli uffici divini: ma fu interpretato restrittivamente, fino al punto che si volle con esso giustificare il divieto per le donne, durato molti secoli, di cantare in chiesa e quindi il barbaro uso di adibire i castrati alla musica sacra. Ma sulla storia e sulla interpretazione di questo testo ha scritto dottamente nel Bulletin d’ancienne littérature et d’archéologie chrétienne, Ire année, n.os 1-2 (15 janvier, 15 avril 1911) Pierre de Labriolle: «“Mulieres etc.”: un aspect de la lutte antimontaniste». Ed un contegno discreto e remissivo è doveroso per le donne, essendo ormai pacifico, anche per un ditterio degli antichi giuristi, che la donna vale meno dell’uomo:

386.   Major dignitas est in sexu virili.14

(Ulpiano, nel Digesto, lib. I, tit. 9, lex 1).

[p. 114 modifica]

A chi, perseguitato dalle donne, volesse trarne vendetta, è difficile di suggerire il come. Forse perseguitandole? oibò! cattivo mestiere,

387.   Il mestiere di molestar le femmine, il più pazzo, il più ladro, il più arrabbiato mestiere di questo mondo.

L’unica vendetta possibile, secondo alcuni, è.... il matrimonio! ma è un’arme pericolosa, come il cattivo coltello, che taglia prima il dito che il pane. Cominciano a dirne plagas gli etimologisti:

388.   “Cælebs”, cælestium vitam ducens.15

ha il coraggio di affermare, senz’ombra di dubbio, Prisciano nelle Institutiones Grammaticæ (lib. I, § 23; nella ediz. dell’Hertz, Lips. Teubner 1855, a pag. 18). Del resto domandatelo ai mariti. Quanti di loro chiameranno beato solo colui che possa scrivere:

389.   Ci-gît ma femme: oh qu’elle est bien
Pour son repos et pour le mien.16

Fournier dice di questo feroce epigramma, «qui n’est pas d’un trop méchant poëte, si elle est d’un assez méchant mari.» Alcuni l’attribuiscono a Piron, ma lo calunniano, poiché «il fut bon mari, même en vers»: è invece di J. Du Lorens, «bon faiseur de satires, dans lesquelles, en mari malheureux et conséquent, il continue de ne pas épargner sa femme.» Non lo si confonda con Enrico Giuseppe Du Laurens, vissuto circa un secolo più tardi, e autore di molti scritti satirici e irreligiosi. Questo epigramma fu mediocremente imitato dall’ab. Saverio Bettinelli:

Oh come ben mia moglie qui si giace
Per la sua, per la mia pace!

Un giornale parigino narrava che nell’ottobre del ’96 un negoziante andò all’amministrazione del cimitero del Père Lachaise [p. 115 modifica]a chiedere di potere scrivere sulla tomba di sua moglie i due versi francesi or ora citati, che gli piacevano tanto da non fargli comprendere come qualcuno potesse trovare sconveniente la epigrafe.

— «Vi assicuro, egli diceva, che mia moglie ne riderebbe come ne rido io. Era tanto allegra!» Vedendo che i suoi argomenti non riuscivano a smuovere la direzione dal suo rifiuto, propose una mezza misura, rassegnandosi a fare scrivere queste sole parole:

À ma femme, morte le.... 1896
Enfin!!

E si adirò sul serio quando gli fu detto che erano ancora sconvenienti e l’Enfin e i due punti ammirativi che lo mettevano in rilievo, e voleva ricorrere ai tribunali (Corriere della Sera, 4-5 novembre 1896).

Non c’è dubbio invece che il matrimonio ha del buono: per lo meno esso è sovente valvola di sicurezza contro i traviamenti del senso, secondo la sentenza del Vangelo:

390.   Melius est nubere quam uri.17

Ma ci sono anche tanti guai! Anzi tutto, se si ascoltano alcuni scrittori, che cosa potrebbe esistere di più intollerabile di un legame da cui l’amore è fuggito? poichè, non ostante le restrizioni dell’autore, tutti ripetono che:

391.   Il matrimonio è il sepolcro dell’amore; però, dell’amor pazzo, dell’amore sensuale.

(F. D. Guerrazzi, Epistolario, a cura di G. Carducci, I, lett. 421, del 6 ottobre 1853, al dott. Antonio Mangini).

Inoltre pericolosissimo scoglio fra tutti quelli che possono incontrarsi navigando per questo mare traditore, è lo scoglio delle coniugali infedeltà, benchè:

392.   Peu en meurent, beaucoup en vivent.18

[p. 116 modifica]detto che si attribuisce a Jean de Santeul, col quale un marito si lagnava della infedeltà di sua moglie, e che gli avrebbe risposto: «Gran cosa in fondo! Non è che un male d’immaginazione. Peu en meurent, beaucoup en vivent!» È certo che nel secolo passato si guardava assai poco a queste miserie, mentre il cicisbeismo aveva portato tanta rilassatezza di costumi, e a tante mogli poteva applicarsi il verso del Parini:

393.   La pudica d’altrui sposa a te cara.

(Il Mattino, v. 749).

Egli stesso più sotto al v. 1024:

De l’altrui fida sposa a cui se’ caro,
e lo stesso concetto è ripetuto, con frequenza forse eccessiva, in tutto il Giorno.

E, quel che è peggio, anche a quelle che erano immuni dal vizio, non era da darsi gran lode per la virtù loro, se era vero che:

394.   L’honnêteté des femmes est souvent l’amour de leur réputation et de leur repos.19

(La Rochefoucauld, Maximes, § CCV).

Al marito che si trovasse in tali dolorose circostanze, non saprei davvero quale consiglio dare. Mi parrebbe peccare di soverchia indulgenza declamando i versi con i quali Victor Hugo dà principio alla poesia XIV nei Chants du crépuscule:

395.   Ah! n’insultez jamais une femme qui tombe!
Qui sait sous quel fardeau la pauvre âme succombe!20

ma d’altra parte non sarei così feroce da ripetere col drammaturgo francese:

396.   Tue-la.21

[p. 117 modifica]A proposito di un clamoroso processo, il processo Le Roy Dubourg, dove un marito, colta la moglie in flagranza di adulterio, l’aveva uccisa insieme all’amante, Henry d’Ideville aveva pubblicato nel Soir un articolo sulla questione: «Faut-il tuer la femme adultère? Faut-il lui pardonner?». Alessandro Dumas figlio rispose nel giugno 1872 con un celebre opuscolo L’homme-femme, di cui la conclusione è la seguente: «Ce n’est pas la femme (parla della donna colpevole), ce n’est même pas une femme; elle n’est pas dans la conception divine, elle est purement animale; c’est la guénon du pays de Nod, c’est la femelle de Caïn; — tue-laDumas ha poi scritto la Femme de Claude (l’annunzia già nell’Homme-femme) per sostenere sul teatro la sua tesi; ma ne ha errato la dimostrazione, poichè Claudio uccide Cesarina perchè ladra e traditrice della patria, non perchè adultera.

Al Tue-la classico furono contrapposte altre frasi, Tue-le, Tue-les: il primo da chi consiglia di risparmiare l’adultera, e vendicarsi sul complice, il secondo da chi vuole punire ambedue. Dumas stesso svolge la tesi del Tue-le in altro de’ suoi drammi, anteriore di alcuni anni alla Femme de Claude, la Diane de Lys dove il marito offeso uccide l’adultero, ed agli accorsi risponde: «C’était l’amant de ma femme, et je l’ai tué!» — Invece Émile de Girardin nella risposta all’Homme-femme, pubblicata nel luglio 1872 col titolo: L’homme et la femme, ricordando il processo Le Roy Dubourg, dove era un marito che aveva fatto una pratica applicazione del Tue-les, dice che quell’uomo era turbato dallo scioglimento della Diane de Lys.

A coloro ai quali il consiglio di Dumas o de’ suoi imitatori non garbasse troppo, e che non si sentissero di ripetere a sé medesimi la terribile interrogazione di Otello:

397.   Come la ucciderò?

nel dramma lirico omonimo di Arrigo Boito, musica di Verdi (a. III, sc. 6), suggerirò forse il divorzio? prima di tutto il divorzio non è ancora ammesso dalla nostra legislazione, e poi

398.   Le divorce est le sacrement de l’adultère.22

[p. 118 modifica]

Io credo che in molti casi il miglior partito sarebbe di fare come faceva Gosto con Mea, che

399.   ....Sulle spalle a lei fece sovente
Scender legnate da levare il pelo,
Uso che bene spesso e volentieri,
Passò poi dai villani ai cavalieri.

tanto più che, si vera sunt exposita, non tutte le donne si ribellerebbero all’applicazione di questa ricetta. Ricordatevi di Martina, la moglie di Sganarello, che battuta dal marito, al casigliano venuto a prender le sue difese, e cui tocca di andarsene schiaffeggiato dalla donna e bastonato dall’uomo (Molière, Le médecin malgré lui, atto I, sc. 2), risponde:

400.   Et je veux qu’il me batte, moi!23

È proprio il caso di dire che

Varii sono gli umor come i cervelli:
A chi piace la torta, a chi gli uccelli.

Se vuoi lodare donna, comincia dalla bellezza, e non ti sbaglierai; e in tal caso potrai salutarla con le parole di Paolo alla cognata Francesca

401.   ....Bella
Come un angel, che Dio crea nel più ardente
Suo trasporto d’amor

ovvero dirle:

402.   Quanto è bella, quanto è cara!

come nel melodramma L’Elixir d’Amore, parole di Felice Romani, musica di Donizetti (a. I, sc. 1). E se puoi permetterti con lei una celia innocente, ripetile il principio della cabaletta di Radamès: [p. 119 modifica]

403.   Celeste Aida, forma divina.

(Aida, opera di A. Ghislanzoni, musica di G. Verdi, a. I. sc. 1).

ovvero lagnati col destino che per tua disgrazia la fece tanto bella, e di’ che:

404.   La faute en est aux Dieux
Qui la firent si belle,
Et non pas à mes yeux.24

usando le parole di un oscuro poeta del seicento, Jean de Lingendes (1580-1616) di cui la sola cosa non dimenticata è il madrigale che finisce con i tre versi citati.

Puoi lodarne la modestia, paragonandola alla rosa del giardino d’Armida, la quale

405.   Quanto si mostra men, tanto è più bella.

a differenza di quel che diceva Glauco alla schiava nel melodramma di Giovanni Peruzzini, la Jone, musica di Petrella (a. II, sc. 4):

406.   Meno ritrosa sarai più bella.

ovvero puoi vantarne le domestiche virtù, sia ripetendo l’elogio che un’antica iscrizione sepolcrale romana fece di Claudia, bella, pudica e frugale massaia (Orelli, Inscript. lat. ampliss. coll., vol. II, n. 4848):

407.   Domum servavit lanam fecit.25

sia lodandola per la semplicità dell’acconciatura, poichè

408.   Mulier recte olet, ubi nihil olet.26

(Plauto, Mostellaria, a. I, sc. 3, v. 273).
[p. 120 modifica](confronta con Cicerone [Ad Atticum, 2, 1, 1]: Mulieres ideo bene olere, quia nihil olebant), ma non lodarla per la ricchezza, poichè veramente, troppe volte se non sempre:

409.   Intolerabilius nihil est quam femina dives.27

Puoi anche lodarla tutta, e dire col gentile cantore di Laura:

410.   Beati gli occhi che la vider viva.

(Petrarca, Sonetto in morte di M. Laura, num. XLI secondo il Marsand, comincia: L’alto e novo miracol ch’a’ dì nostri; ed. Mestica, son. CCLXVIII).

ovvero chiamarla col Parini:

411.   Un tesor che non ha pari
E di grazia e di beltà.

(Le nozze, str. 12).

Confronta più sotto, alla str. 15 della stessa canzone, i versi:

Un tesor che non ha pari
Di bellezza e di virtù.

Tuttavia non esagerare nella lode, perchè guai a chi ha una donna perfetta, come malignamente dice Giovenale:

412.   Quis ferat uxorem cui constant omnia?28

Ma se al contrario vuoi farle ingiuria, l’Ariosto te ne insegna una ricetta sicura:

413.   ....A donna non si fa maggior dispetto,
Che quando o vecchia o brutta le vien detto.

Cito qui per ultimi, non essendomisi offerta altra occasione, i due notissimi versetti biblici, che si ripetono ad ogni momento a proposito di matrimonio e di moglie: [p. 121 modifica]

414.   Os ex ossibus meis, et caro de carne mea.29

415.   Erunt duo in carne una.30

Il Vangelo di S. Matteo soggiunge anche nel vers. seguente (6): «Quod Deus coniunxit, homo non separet.»

E finirò col verso ovidiano, di cui la satira misogina si vale per raggiungere le donne fino in teatro dove esse:

416.   Spectatum veniunt, veniunt spectentur ut ipsæ.31

(Ovidio, Ars Amatoria, lib. I, v. 99).
  1. 364.   Il femminile eterno.
  2. 367.   Le donne vanno agli estremi: o sono migliori o sono peggiori degli uomini.
  3. 368.   La donna saggia edifica la casa: la donna stolta rovinerà con le sue mani quella già costruita.
  4. 369.   Gli uomini fanno le leggi, le donne fanno i costumi.
  5. 372.   Sovente muta la donna e ben pazzo è colui che in lei confida; sovente la donna non è che piuma al vento.
  6. 373.   La donna è sempre cosa varia e mutevole.
  7. 377.   Confida la navi ai venti, ma non il cuore alle fanciulle; poichè l’onda è più sicura della fede donnesca.
  8. 378.   O fragilità, il tuo nome è donna.
  9. 380.   Cercate la donna.
  10. 381.   La bellezza delle donne mandò molti in malora.
  11. 382.   Il vino e le donne fanno apostatare i saggi.
  12. 384.   La donna quando pensa da sola, mal pensa.
  13. 385.   Le donne in chiesa (ossia nelle pubbliche adunanze, nei pubblici affari) stiano zitte.
  14. 386.   Il sesso maschile ha maggior dignità del femminile (ossia prevale di fronte alla legge).
  15. 388.   Celibe, vuol dire chi conduce vita celeste.
  16. 389.   Qui giace mia moglie: oh come sta bene qui per il riposo suo e per il mio.
  17. 390.   Meglio è sposarsi che ardere [di concupiscenza].
  18. 392.   Pochi ci muojono, molti ci vivono.
  19. 394.   L’onestà delle donne spesso significa soltanto l’amore della loro riputazione e della loro quiete.
  20. 395.   Ah! non insultate mai la donna che cade! chissà sotto quale fardello quella povera anima soccombe!
  21. 396.   Uccidila!
  22. 398.   Il divorzio è il sacramento dell’adulterio.
  23. 400.   E io voglio ch’egli mi batta, io!
  24. 404.   La colpa non è degli occhi miei, ma degli Dei che la fecero tanto bella!
  25. 407.   Visse in casa filando lana.
  26. 408.   Di buono sente quella donna che di nulla sente.
  27. 409.   Nulla è più insopportabile di una donna ricca.
  28. 412.   Chi sopporterà una donna che abbia tutte le perfezioni?
  29. 414.   Osso delle mie ossa, e carne della mia carne.
  30. 415.   Saranno due in una carne sola.
  31. 416.   Vengono per ammirare, e per essere loro stesse ammirate.