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Prediche volgari/Predica XVIII

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Predica XVIII

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Predica XVII Predica XIX

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XVIII.

Qui in questa predica si tratta come si deve amare
il prossimo suo; e chi è prossimo.

Diliges proximum tuum sicut te ipsum (Iterum ubi supra). — Amarai il tuo prossimo come te medesimo. — E’ so’, dilettissimi miei, quelle proprie ch’io v’ò dette già più dì, che occorsero la domenica passata. (Doh! io ci veggo una donna, che se ella guardasse a me, non guarderebbe dove ella guarda: attende a me, dico!). lo vi voglio dare insomma quello che voi avete ad amare, e faròvvene una predica1 da portarvela in pugno, come tu debbi amare il tuo prossimo. E prima presuppongo ch’io voglio che tu ami te medesimo, e non parlarò a colui che non s’ama. Questo amare è inteso in diversi modi. Chi ama la robba, chi ama il corpo,2 e chi l’anima. Chi prepone la robba al corpo, non ama; chi mette a pericolo corpo con corpo, ode Jobbe che disse: Pellem pro pelle, nel sicondo cap. Quanto male s’amano costoro che lassano il corpo per avere la robba! Mettenc anco a pericolo il corpo per la robba; non amano loro medesimi, nè anco non ama sè colui che ama più il corpo suo che l’anima. Sai chi è? Chi fa cosa per lo corpo, che l’anima ne patirà poi pena. De’ quali dice Davit profeta: Qui [p. 50 modifica] diligit iniquitatem, odit animam suam3 — Colui che ama e fa iniquità, odia l’anima sua; — non s’ama sè medesimo; e colui che pospone l’anima sua a Dio, che prima vuole morire che offendere a Dio. Regola generale: ogni volta che tu ami più l’anima tua che Idio, ogni volta pecchi mortalmente. Va’, leggi Angustino alla settima distinzione, cap. hominis: questa è la sostanzia. Dice che chi ama più l’anima sua che Idio, costui sta in peccato mortale; cioè chi ama più di campare l’anima che fare la volontà di Dio, costui sta sempre in peccato mortale. Pone mente come tu ami te, sicut te ipsum: noi ci amiamo noi medesimi col cuore et anco colle parole et anco coll’òpare. E con questo ordine noi doviamo amare il prossimo, col cuore, colle parole e coll’òpare. Io ti metto insomma in tre modi, che ognuno richiedarebbe tre prediche, e anco non sarebbe detto a pieno. E poi che noi mettiamo in una predica,4 e il tempo ci fugge che l’aviamo breve, noi aviamo molto che fare. Non ci bisogna andare in maremma a pigliare uòpara. Ricordovi a chi ha fanciulle a maritare, che le meniate5 domane alla predica, però ch’io predicarò come la donna si díe amare col marito, e così il marito colla donna: anco come si díe amare l’uno cittadino coll’altro, e compagnia con compagnia, e amico con amico, e amica con amica. E vedremo la vera amicizia com’ella è fatta. — A casa.

Dico che stamane noi vedremo tre amori: Primo amore, cordiale; il quale ârà con seco sette amori variati in sette modi. [p. 51 modifica] Sicondo amore, verbale; et anco questo ara sette altri amori.

Terzo amore è operale, anco con sette altri amori.

Vediamo prima il primo amore, cordiale, cioè col cuore: a la radice cominciamo, il quale amore ha in sè sette amori.

Primo, amore concordante.

Sicondo, amore perdonante.

Terzo, amore compaziente.

Quarto, amore curante.

Quinto, amore godente.

Sesto, amore dolente.

Settimo, amore compaziente.

Primo, amore concordante. A la radice comincia il vero amore reale. Oh, elli è sì buono, quando elli viene dal cuore! E sai che fa? Sa accordarsi co’ buoni e co’ gattivi, co’ migliori e co’ peggiori, cogli ottimi e co’ pessimi; con tutti naviga. Elli manda le bandiere di Dio innanzi a gloria sua: elli soffera e priega e adattasi sempre in aiutarlo per l’amor di Dio, e di scampare l’anima del prossimo. Non cura che dispiacci agli uomini l’operazione che fa, ma sempre che piaccia a Dio. Ode Pavolo come parla di questi tali: Oportet Deo piacere magis quam hominibus:6 — Elli è di bisogno di piacere piuttosto a Dio, che agli uomini. — Costui va allo inanzi, e lassa il prossimo adietro e Idio inanzi. Pure Pavolo: Si hominibus placerem, Christi servus non essem: — Se io andasse cercando di piacere agli uomini, io non [p. 52 modifica] sarei vero servo di Iesu Cristo. — Vedene ragioni ed autorità ed esempli. Le ragioni prima.

Quatro ragioni ci so’:

L’una7, perchè aviamo uno principio8, il quale è Dio.

La siconda, perchè aviamo divino precetto da Dio.

L’altro, perchè aviamo la similitudine di Dio in noi.

Quarto, âremo poi una finale beatitudine in gloria.

Colui che veramente ama et ama col cuore, si conviene che a tutti abbia concordanza. Non si vuole fare come fa l’asino: quando tu pigni l’asino, et elli si pégne verso di te; e se tu il tiri a te, e elli si tira9 a dietro. Non far così tu quando vedi che bisogna una cosa a salute del prossimo: fa’ che sempre l’aiti. Non volse Idio che la generazione umana avesse principio, se non da uno misterio? Fu questo solo per unione che noi doviamo avere insieme.

Prima, tu vedi che Idio creò Adamo solo; non creò Adamo ed Eva insieme, ma prima Adamo e poi Eva. Non fece così delle bestie e delli animali, che questi li creò a due a due. E anco vedi donde elli creò la donna: non la creò dèi capo dell’uomo, nè anco dei piedi; ma creolla del mezzo, pure per misterio, a significare che la donna non sia capo dell’uomo. Oh, ella sta male, quando sta ella di sopra all’uomo! Anco vedi che non la volse cavare de’ piedi, a dinotare che l’uomo non díe avilire la sua donna: elli la díe tenere come donna, e non come schiava. E però dico, che elli la cavò e formella del mezzo, acciò che fussero pari; ma pure tratta [p. 53 modifica] da Adamo. Non fece così delle bestie. Elli fece due capre, due pecore, due buoi, due asini, cioè, fece l’uno maschio e l’altro femmina; e così tutte le bestie a due a due. Simile fece delli ucelli, due, il maschio e la femina.10 Così anco sai che furono riservati nell’arca al tempo del diluvio uno maschio et una femina, benchè vi fussero più uomini, però che volse riservare quelle anime che erano buone sopra alla terra. Nota il mio dire: dico che le bestie hanno il principio loro da più, e l’uomo l’ha in uno. E dico così che elli dimostra bene, l’uomo èssare bestia quando si strania dal vero amore. Díe essare il suo amore unito in uno; non diviso in più et in diversi modi.

Noi aviamo il comandamento: Diliges proximum tuum, sicut te ipsum. Anco hai in Giovanni a xv cap.: Hoc est praeceptum meum, ut diligatis invicem: — Questo è il comandamento, dice Idio per boca di Giovanni, che voi v’amiate insieme l’uno coll’altro. — Questo vi do per singularità, che voi amiate Idio sopra a tutte le cose, e poi amate quello che è passato per lo suo canale, cioè l’uomo per lo suo amore.

La terza, perchè elli è una similitudine con Dio, il quale è unito, trino et uno, nè mai potrebbe avere in sè nessuna divisione; e se e’ fusse diviso per nissun modo, mai elli non sarebbe Idio. E però come in lui non è nè può essere divisione, così ci doviamo acordare a sua similitudine. Di costoro disse David profeta: Deus qui inhabitare jacit unius moris in domo: 11 — Idio il quale fai abitare in una casa tutti coloro che vi sono in uno co[p. 54 modifica]stumo, in un volere, senza niuna contradizione; — cioè, padre co^n donna e con figliuoli e con fratelli, tutti ordinati in volere bene vivare e in pace et in concordia. Anco si può similmente intèndare d‘ una città, tutti i cittadini che v’abitano, grandi e picoli, ricchi e pòvari, tutti volontarii a ben vivare. Oh, quanto si può dire beata quella casa e quella città, cosi bene ordinata a gloria di Dio! Inde è detto: In tribus congratulatur cor meum, unitas civium ec.12 — In tre cose si rallegra13 il mio cuore14: l’una è l’unità de’ cittadini; l’altra è l’amore e la concordia dei fratelli; l’altra, l’amore di marito e di donna. — Non vedi tu quando i fratelli non s’acordano insieme, che le pietre pare che ne dichino male! O fratelli, fate che mai non venga la cagione da te, nè anco da te. Fate quanto è possibile, se viene alcuna discordia da voi, che ogniuno s’ingegni di levarla via.

E di questi dice Pavolo a’ Romani a xij cap.: Si fieri potest, quod ex vobis est, cum omnibus pacem habentes. — S’elli è possibile, aviate pace tutti, con ogni gente, quanto che dal vostro canto si può; — e se pure discordia viene, fa’ che non venga da te. — O se elli mi fa guerra, non mi debo io rivòllare15 a farne a lui? — No: soporta. Non vedi tu: se l’una mano fa vendetta dell’altra, come andarà la cosa? Ecci detto che noi doviamo fare due cose: l’una non fare male al prossimo; l’altra, se è fatto male a te, perdonarli:16 noi debi mai odiare. E se [p. 55 modifica] pure tu fussi perseguitato da uno che ti volesse far male, fa’ che tu fugga quanto tu puoi per non offèndarlo. Et essendo pure oltreggiato per modo che ti convenisse pure fare la mischia, aitati e difendeti con darli de’ pugni. E se farai così, non sarà la colpa tua, però che tu hai fuggito quanto tu hai potuto, ma sarà sua. Colui che vuole vivare male, mai non vorrà perdonare. Colui che vorrà vivare bene, dirà: — se i! tale mi vuole male, io non ne posso fare altro: io non voglio già male a lui, io. Elli mi fa il peggio che elli può: ogni dì mi fa ingiuria di nuovo. Non fo così a lui io, nè li voglio fare. — E qui hai veduta la ragione et anco l’autorità:17 vede ora l’esemplo. Tutte le cose che Idio ha fatte in questo mondo, sono i suoi libri. Elli fece l’acqua, l’aria e il fuoco e la terra; e questi quatro elementi so’ contrari l’uno a l’altro: chè l’acqua è contra18 al fuoco, l’aria contra alla terra, la terra contro all’aqua; e nondimeno Idio gli ha posti in modo, che ognuno sta come è stato ordinato da lui. Tu vedi l’acqua di verno farsi ghiaccio sopra della terra: el sole col suo calore disfà il ghiaccio, e fallo spargere in acqua, e così si distilla sotto terra e nasconne le zucche; fanno nasciare le viti19, fanno nasciare i frutti delli arbori; che con tutto che sieno contrari, pure s’acordano tutti a fare fruttificare la terra. Simile, l’uomo ha queste quatro nature: umido, secco, caldo e ghiaccio, e nondimeno tutti stanno dentro nel corpo, e fanno vivare l’uomo. Anco vedi nell’uomo molte varie cose: elli v’è carne, ossa, nerbi, sangue; e con tutto che tante variate cose sieno insieme, nondi[p. 56 modifica] meno elleno hanno tanta concordia, che non fanno mai guerra per niuno modo contra il naturale modo dato dalla natura. E come dico della natura sensibile, così dico della insensibile; e così basti per lo primo.20

Sicondo amore è perdonante. Non vediamo noi che tuttodì21 siamo peccatori? Non è niuno che ogni dì non pecchi per qualche modo. Ognuno consideri in sè s’io dico il vero. Humanum est peccare: diabolicum perseverare: — El peccare è umana cosa, chè niuno se ne sa ritenere; ma il perseverare è cosa diabolica. — Non vediamo noi come noi siamo fragili e caduchi? E però noi doviamo avere compassione fra noi, e perdonare l’uno a l’altro. Ode in santo Luca, volendoci insegnare uno grandissimo aiuto a èssare nella grazia di Dio, al vj cap.: Chi vuole èssare di quelli di Dio dimittite, et dimittetur vobis:22 — Pèrdonate l’uno l’altro, e sarà perdonato a voi. — Lassa la ingiuria che t’è stata fatta, e sarà lassata a te la ingiuria che tu hai fatta a Dio. Doh! Considera che ingiuria t’è stata fatta, e chi te l’ha fatta, e a chi è stata fatta; e poi considera la ingiuria che tu hai fatta tu, e chi tu se’ tu, e chi tu hai offeso. Non vedi che chi t’offese è uomo come tu se’ tu, caduco e fragile? Non conosci tu che tu sei in quello proprio caduco23 e cadi tutto dì? Non vedi tu quanti lacciuoli il diavolo insegna per farci tutto dì fiacare il collo? Quale è la cagione che tu non debbi perdonare? Dall’altro lato considera quante volte tu hai offeso tu, e considera colui che tu hai offeso: Idio tutto buono, e tu tutto gattivo: lui tutto [p. 57 modifica] benigno, e tu tutto superbo. Non volere stare ostinato: se vuoi che ti sia perdonato, perdona ad altrui. Tu sai che Idio ci ha comandato che noi usiamo ogni dì questa santa orazione del pater noster, dove tu dici: dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris: — Perdona a noi i nostri peccati, come noi gli perdoniamo ad altri che hanno offeso noi. — Perdoni? [— No; — e Idio non perdonarà a te. E tu perdoni?]24 — Sì; — e Idio sarà misericordioso verso di te. Ode Pavolo come dolcemente ci dice,25 scrivendo a quelli d’Efeso, al quarto cap.: Estate invicem benigni, misericordes: — DehI siate, fratelli miei e prossimi miei, siate benigni in amare l’uno l’altro,siate misericordiosi e legati con perfetto legame. — Fate nel grado vostro come fece Cristo Iesu nel suo. Non hai tu che in sino alla morte sua elli orò a Dio per li suoi crocilìssori? E perdonava dicendo: Pater, ignosce illis, qui nesciunt quod faciunt: — O padre mio celestiale, perdona a costoro che non sanno quello che e’ si fanno. — Et ha lassatoci le Scritture, come e’ perdona a chi perdona ad altri. Elli ha lassato lìessemplo colla sua propria bocca, che orava e pregava per loro, se essi si pentono. Hattene lassato il segno, che sta colle braccia aperte per volere abbracciare tutti coloro che vogliono tornare a lui. E quanti se ne salvaro26 pure di quelli che si ritrovarono alla sua passione! E sia questo per lo sicondo amore perdonante.

Terzo amore è compaziente, cioè che tu abbi compassione col cuore in verso il prossimo, che tu il vedi [p. 58 modifica] pericolare l’anima, stando ostinato in uno avere amore al prossimo; e talvolta pericola il corpo, talvolta la robba e la fama, e talvolta i figliuoli, la donna e la città, ogni suo bene. Tu li debbi avere compassione per tutti i rispetti. Pavolo nel quarto capitolo cel dice: Invicem compatientes27: — Tutti pazienti l’uno coll’altro. — Anco dimostrando perchè noi ci doviamo amare insieme, scrivendo a’ Romani al secondo cap.28: Quoniam sumus invicem membra: — Sappiatevi comportare l’uno coll’altro, e perdonate l’uno all’altro, però che noi siamo insieme membri. — Tutti siamo membri: la santa Chiesa è il corpo, e noi siamo membri, e Cristo Iesu è il nostro capo. Doh! tu vedi l’essemplo nel corpo nostro, il quale è composto di molti membri, e quando uno di questi membri ha alcuno29 difetto, tutti s’ingegnano d’aiutarlo. Se e’ duole il capo, la mano corre ad esso. Hàlo rotto? E la gamba il porta al medico; e così ogni membro s’ingegna d’aitarlo quanto e’ può. Colui che non aita i suoi membri quando hanno difetto, so’ paralitichi per vizio di non avere compassione. Sai chi so’ costoro? So’ coloro che fanno il contrario di quello che dovarebbero fare; che dovendo aitare, et ellino disaitano.30 Oh, quanto va male, quando va così! E morto il marito a una? Non la róbbare, ma dàlle vigore. È rimasto il pupillo? Aitalo, non a fiacare il collo; chè non aitandolo tu, quando tu puoi, tu ne rimani ubrigato all’anima tua, [p. 59 modifica] dove tu potevi meritare, che n’eri tenuto, e tu non l’hai aitato et hane disineritato. Elli m’è detto, che elli si convien gridare di questa parte della vedova e del pupillo. Io vel dico, vel ricordo e priego, che voi ne siate piatosi e misericordiosi, però che essi hanno perduto il capo loro, il padre loro. Tu ne se’ tenuto e in quanto a Dio et in quanto al mondo. Inde Matteo al quinto cap.: Beati misericordes, quoniam ipsi misericordiam consequentur: — Beati coloro31 che hanno misericordia, però che poi sarà avuta misericordia a lui. — E colui il quale avrebbe potuto aitare, e non volse avere misericordia, quando sarà fatto il giudicio, per lui sarà senza misericordia. Oh, quanto è forte e pieno di gentilezza colui il quale ha più tosto passione nel prossimo, che compassione!32Vedi lo infermo? — Sì. — Halli compassione? — Sì. — Ma piuttosto vorrebbe avere quella passione lui ne le carni, che colui:33 costui è in istato perfetto. Simile, vedi uno prigione, e ha grande fatica e come elli vi stenta? — Sì. — Più ratto vorrebbe patirla lui. Io non so come voi vi fate, voi: io so bene come si fece a Roma, che furono racolti tanti denari, che ne furono tratti da trenta prigioni o circa. Oh, quanto fu piatosa cosa! Oimè, che ho io udito di voi! O tu che tieni il prigione per tre fiorini e favolo stentare, oimè che ne vuoi di costui, se elli non ti può pagare? Vuone le carni? Deh! abine pietà per lìamor di Dio. Se vedi che elli non può, no ’l fare morire con tanto stento. O donne, per amor di Dìo io vi priego che vi sìeno racomandati almeno delle letta.34 Oh, [p. 60 modifica] questa è detta la città piatosa! Per amore della vergine Maria,35 di cui si dinomina la città, deh! provedeteli; e non potendoli aitare, almeno aviate lo’ compassione cordiale. Che non è la perfezione; chè Ja perfezione è questa, che vedendo il lebroso, tu abbi tanta passione di lui, che piuttosto vorresti avere quella penata, che elli l’avesse lui: piuttosto averla nel tuo corpo, che vederla nel suo36. Ma che? Bisogna toccare di questo, che non è ninno che il volesse37. Che si crede di noi, o donne? Elli si crede che noi siamo perfetti. Oh, ella non va così! E però impara, chè tu se’ molto di lònga a la perfezione. Se vuoi èssare in quella perfezione, elli ti conviene, se elli fusse uno collato38, più tosto volere quella pena tu, che colui. Così della povertà: se fusse un pòvaro, e tu se’ ricco, piuttosto volere che elli fusse ricco, che tu39, e tu avere la sua povertà. Doh! Io non dico però che tu il facci, ma dico che questa è la perfezione dell’amare il prossimo tuo. Colui dice: — Alle guagnele40, no ’l farò! — Io tel credo: doh! no ’l giurare! Sai che ti dico? Se tu non fai questo, fa’ almeno quello che tu debbi — A casa.

O tu che hai avere cinque soldi, e tieni colui in prigione, e fallo stentare, io non tengo che tu sia piatoso. Io vi chiesi doppo ieri una grazia, che almeno che i debitori, poi41 non possono pagare, di quelli che stanno [p. 61 modifica] inserrati e di fuori di Siena42, che non possono stare sicuri, almeno ch’e’ potessero venire alla predica, tanto quanto io ci sto.43 E non pare ch’io possa credere ch’io debbi avere peggio da voi, ch’io abbia auto negli altri luoghi, dove io ho predicato. Oh, io so’ il Signor del mondo!44 Non può venire ognuno45 dove è il Signor del mondo? Deh! lassateli venire a me questo poco del tempo ch’io sto con voi. — A casa.

Tu dovaresti pigliare essemplo dalle bestie, dalli ucielli, se tu non hai capacità da te. O fanciulli, fanciulli, quando voi pigliate i rondinini, come fanno le rondine? Tutte le rondine si ragunano insieme e voglionsi ingegnare d’aiutare i rondinini.46 Non fa così l’uomo: non che elli si ingegni di aiutarlo, ma egli non gli ha compassione. Peggio che gli uccelìi è l’uomo!47 O beccari, (èccene niuno?) avete posto mente a quello ch’io vi dico? Vedeste mai quando voi ammazzaste niuna bestia grossa? Sai, quando tu amazzi la vitella, e elli vi sia un’altra vitella, o la vaca presente? Certo, se veduto il bu’, la vitella che vede piangente colle lagrime agli echi per la compassione di quella che vegono morire.48 Oh, confusione dell’uomo crudele, che non ha compassione dell’uomo che è suo simile! Chè vedi che la bestia è più piatosa che non se’ tu. Così puoi vedere de’ porci, che tanto sono piatosi l’uno dell’altro, che come uno grida, tutti [p. 62 modifica] gli altri corrono per aitarlo, se ’l potessero aitare. Parlovi io scuro per modo che voi non m’intendiate? Io dico al sì sì, et al no no; e perchè io v’ho parlato stamane della giustizia in parte, anco ne credo toccare più largamente. Se uno si díe aiutare il quale è nelle mani della Signoria, dico, se è innocente, aiutalo; e se credi che meriti la morte, fa’ la giustizia. E’ so’ di quelli che dicono: — O se uno è preso et è innocente, che bisogna che io vada aiutarlo? La ragione propria l’aita.49 — E io dico: tu debbi andare, e aitarlo, e dimostrare come elli ha la ragione, per tutti i modi che tu puoi. E più dico che, essendo elli puro et innocente, potendolo tu aitare, e non lo aiti, tu fai peccato grandissimo. Altri so’ che diranno d’uno che sia degno della morte: — Oh, elli si vuole aitare a campare, però che elli non è persona che se ne facci capo di volerlo aitare! Questa è50 una grande crudeltà a non aitarlo! — Non dico così io: anco ti dico che s’elli merita la morte, lassa fare la giustizia, che è cosa santa e buona, et è una delle principali cose che fa mantenere la città in buono stato.

Doh! io ti voglio insegnare stamane sette amori che si debbono avere con cura:

Primo, amore naturale.

Sicondo, amore spirituale.

Terzo, amore di cura temporale.

Quarto, amore curante.

Quinto, amore dolente.

Sesto, amore godente.

Settimo, amore compaziente.

Primo amore si è il naturale, come è l’amore dei [p. 63 modifica] tui figliuoli propri. O, se tu padre e madre non hai cura de’ tuoi figliuoli; chi credi che n’abbi cura? Se tu non cerchi che eglino piglino ogni buono costumo, chi credi che ’l cerchi? Se tu no ’l meni alla predica, dove s’impara tanto bene, chi credi che vel meni? Se tu no ’l fai ubidiente, che ti ritema,51 chi credi che ’l faccia ubidiente? Se tu il vedi fare le gattive usanze e non te ne curi, 52 chi credi che se ne levi? Se tu il vedi ghiottone e non te ne curi, chi credi che gliel dica? Se tu il vedi scostumato e non te ne curi, come andarà il suo fatto? Se tu vedi che egli piglia gattive compagnie e di persone viziose (e per questo tu n’hai di cotali amicizie, e il diavolo te ne portarà) e tu non te ne curi, et cetera et ceterone; oh, quanto va male a questo modo! Non fare: Filii tibi sunt? erud53 illos (Ecclesiastico, vij); — Hai figli?54 Fa’ che tu gli amaestri con questo amore cordiale, che tutti diventino buoni, acostumati, riverenti in amor di Dio e in timore, e così vivarai molto consolato di tali figli. — Io dico bene anco di chi ha figliuoli altrui a suo governo, e anco a chi fusse tutore di fanciulli, e anco a chi fusse curatore. E questo è in quanto al primo amore naturale.

Sicondo amore è spirituale; e questo è di preti e di prelati, i quali hanno cura d’anime. Oh, ella è si grande tesoro l’anima, la quale ha tanta grazia da Dio, ch’è delle maggiori cose che noi aviamo! El magiore tesoro di Dio è quello dell’anima, e dallo al tuo prelato in guar[p. 64 modifica] dia. Vuoi vedere quanto Idio ha cara quest’anima? Vedi che elli discese55 di cielo in terra per la salute di quest’anima: elli patì caldo, freddo; elli per camini; elli fu odiato e perseguitato, fu voluto lapidare, precipitare; elli digiunò, elli sudò sangue, quando orò per questa anima; e in fine56 volse èssare tradito e passionato con tanto stento in sulla croce. Tutte queste cose fece e sofferse per l’amore della cura che aveva a quest’anima; e poi che l’ebbe aperta la via della salute per la morte sua, sai ch’elli chiamò Pietro, volendoli lassare la cura di questo suo tesoro, e disseti: Petre Simon Johannis, diligis me plus his57? — Pietro, amimi tu più che costoro? — E Pietro rispuose: Domine., tu scis quia amo te: — Signore, tu sai ch’io t’amo. — Allora Cristo gli disse: Pasce agnos meos: — Pasce i miei agnelli. — Anco la terza volta il dimandò: — Pietro, amimi? — Petre, amas me58? E questa terza volta non disse, plus his. Allora attristandosi Pietro, e ricordandosi di averlo negato tre volte, elli disse: Domine, tu omnia nôsti; tu scis quia amo te: — Signore, tu hai cognosciuto ogni cosa, e ch’io amo te. Allora Cristo gli disse: Pasce oves meas: — Pasci le pecore mie; — e non disse agnos meos, come aveva detto l’altre volte, a dinotare come elli doveva universalmente avere cura di tutte l’anime. E disse due volte delli agnelli, e una volta delle pecore, e vedi che il domandò in tutto tre volte, dimostrandoli che egli le doveva amare e pasciarle, prima col cuore, sicondo colle parole, terzo coi fatti. [p. 65 modifica]

Amimi col cuore? — Sì. — Or pasce i miei agnelli.

Amimi colle parole? — Sì. — Or pasce i miei agnelli.

Amimi coi fatti? — Sì. — Or pasce le mie pecoruccie.

Tu meriti più che gli altri, se tu m’ami in ogni modo, e perchè più m’ami, più ti dico59: — guarda le mie anime. — O sacerdote che hai a cura l’anime60, se tu ami più la lana che la pecora, tu non se’ buono sacerdote, e non se’ pastore. E perchè voi sête senza vescovo e senza pastore, fate che voi pregate Idio che ve ne dia uno buono. E credomi che non ci sia niuno che non ne sia tenuto di pregare, e io con voi insieme ne so’ tenuto, perchè avendomi voi eletto a ciò, e io avendolo rifiutato, ne so’ tenuto e per questo e per ogni ragione che voi l’aviate buono61. Imperò che se voi l’aveste gattivo, io temo che mi sarebbero mandati di molti vermocani62. Or fate che voi ne preghiate Idio per amore e con amore, che ve ne dia uno tanto buono, che voi non saltiate di barca in caravella. Se voi sapeste quello che viene a dire, saltare di barca in caravella! Vuol dire: o asso o diciotto. E hai veduto amore naturale e spirituale.

Terzo amore è amore di cura temporale. Se’ de’ Priori?“63 Fa’ che per tuo onore e per salute dell’anima tua. [p. 66 modifica] se tu vedi niuna cosa bisognosa tu puoi fare, la quale sia a loda e gloria di Dio, fa’ che tu t’ingegni di méttarla e di farla méltare in operazione. E se tu terrai questa via, tu andarai per la via dello amore di Dio, e Idio ti farà poi salire in maggior grado.

Quarto è amore curante. Se tu hai amore a altezza di stato, o amore a denari, o amore a compiacere, tu non arai amore a Dio, e così perirà la santa giustizia64. Questo disse Paulo ad Romanos, cap. xij: Qui preest in solicitudine: — Colui reggie et è il maggiore, bisogna che abbi sollecitudine a quelle cose le quali apartengono a lui. — Così dico di chi ha cura di fanciulli; elli si conviene che n’abbi molta sollecitudine, e che lo’ ponga molto cura. Così ti dico che tu ami i popoli tutti in Dio con sollecitudine; e così ti voglio dire del mondo maggiore, come del mondo minore. Vedi che i tempi so’ partiti in quattro parti: elli è autunno, state, verno e primavera; e questo potiamo dire il mondo maggiore. E questi tempi dànno col loro potere, che la terra produca tutte le cose che ella produce, solo per lo sostentamento dell’uomo. Come tu vedi, il sole sempre riscalda, e la terra agghiaccia: l’acqua rimolla, e l’aria asciuga, e tutti i tempi ognuno fa l’ufficio suo. Nondimeno con tutto che l’uno sia contrario all’altro, l’uno aita l’altro; chè vedi la terra è grave, e l’aria è leggiera, contraria l’uno all’altro. El fuoco contrario all’acqua; e pure aitano l’una l’altro: la cagione solo perchè sia in aiuto dell’uomo, che per loro nascono i frutti della terra. Anco puoi pigliare esemplo dal mare [p. 67 modifica] al quale tutti i fiumi danno l’acqua loro, perchè pure dal mare hanno l’essere loro, e tutte l’acque s’accordano insieme ad andare a questo loro principio. Vedi ogni cosa ordinata al suo principio, salvo che l’uomo il quale odia il suo simile, e non ama quello che dovarebbe amare, e non ha cura a quello che dovarebbe avere, al quale Mio ha dimostrato che grande sollecitudine dovarebbe avere. La natura tel detta e te lo insegna: eziandio tu il vedi per essemplo. Vedi la cagna quando ha i figliuoli, con quanta cura gli guarda e con quanta sollecitudine gli alleva. Simile, pone mente agli ucelli: guarda la rondina che mai non resta65; così vedi la pecora, e così vedi d’ogni ucello e d’ogni animale. E questo si chiama il mondo maggiore. Il mondo minore è il nostro corpo. Anco il corpo nostro ci insegna. Vedi lo stomaco, il quale riceve il pasto: lui il piglia per tutti i membri e per tutti i sentimenti. Elli dà vigore alle vene, elli dà vigore al vedere, alle braccia, a le gambe, et in ogni parte del corpo ne fa parte66. Se tu dormi, e elli sta desto e lavora per tutti; e questo ti significa che tu sempre dovaresti stare desto in fare tuttte quelle cose, le quali ti so’ necessarie circa alla salute tua.

Quinto amore è godente. Io ti voglio insegnare, se tu vuoi imparare, che sempre tu godarai di ciò che tu vedi. Recati nella tua mente come noi siamo tutti uno seme, nati di uno padre. Tutti siamo fratelli; e però ogni bene che tu vedi al prossimo, ogni sapienzia, ogni bellezza, ogni grazia, ogni buona fama, ogni onoranza, ogni bene che egli ha, fa’ che tu ne goda. Inde insegnan[p. 68 modifica]doci Favolo questa regola, dice: Gaudete cum gaudentibus:67 — Godete con chi gode. — Se tu vedi uno avere del bene, fa’ che tu te ne rallegri con lui insieme, e fa’ che tu stia armato contra il maladetto peccato della invidia. Oh quanto è grave peccato quello della invidia! Elli converrebbe che lo invidioso avesse più ochi, che non ha il pavone, e che elli vedesse tutti i beni che hanno le creature, acciò che elli crepasse affatto. Elli dovarebbe aver caro che il suo simile avesse del bene; e quanto più bene fusse, più goderne. Et elli ne li porta invidia et incresceneli! O donna, hai tu invidia al tuo dito che ha lo anello? Overo, ha invidia il dito che non ha l’anella a quello che l’hae? Piglia l’esemplo di santo Francesco, il quale godeva del bene che aveva il re di Francia, e avevalo cotanto caro che diceva: — Io l’ho caro come se io l’avesse io; — assegnando poi queste ragioni: — Se egli ha guerra, io non l’ho io; se egli ha pericolo di veleno, io non l’ho io. Se egli ha a guardar terre, io non l’ho io. Se egli ha a spendere de’ danari et a pagare le genti dell’arme, et io non ho questo pensiero, io. Io di questo guadagno, et egli sta a pericolo di perdere. Egli ha gli affanni in mantenere la sua signoria, et io ho il boccone netto senza niuno pericolo. — E così godeva del bene altrui, come se fusse stato suo proprio.

Sesto amore è dolente, o vuoi zelante; e questo è di quello quando elli vede una che balestra ed è stata amonita; e se ella non balestra mentre ch’io so’ qui, et ella aspetta ch’io scenda per balestrare meglio acosto. E costoro so’ coloro che provocano Idio ad ira; e uno che sia zelante di Dio, gli duole di vedere fare niuna [p. 69 modifica] cosa che sia centra alla volontà di Dio. Inde hai quel detto: Vidi praevaricantes legem, et tabescebam, quia mandata tua desiderabam:68 — Io vedevo i prevaricanti i quali facevano contro alla tua legge, et io mi consumavo il cuore per lo tuo amore. — Se ella ha marito, non balestri, ch’io non intendo che frate Bernardino sia fatto ruffiano. E ella non ci tornarà più a predica, se ella sarà perversa. Doh! Io vi mostrarò i segni per modo, che voi cognosciarete quando una femina sarà impazzata. Già non la cógnósciarete per me nè per mie parole, ma solo per gli atti suoi; chè agli atti cógnósciarete s’ella sarà impazzata. — Or a casa.

Amore zelante e dolente. Quando tu senti una divisione fra alcuno, fa’ che almeno te ne rincresca, e che tu ti ingegni di méttarvi pace quanto tu puoi. Quale credete voi che sia stata la cagione della mia venuta? La cagione fu perchè io udivo che infra voi era grandissima divisione, e dicevasi anco più che non era. E io diceva in me medesimo: — O se io fo bene agli altri, o a’ miei cittadini non ne so’ io più tenuto? Certo sì. — E dicovi che per l’amore ch’io vi porto a tutti, ogni parola ch’io udivo di voi meno che buona, m’era una bombarda: e per la fede che io ho in voi, che non credo che sia religioso in cui voi aviate più fede che in me, per questo più me ne dolevo. E se non fusse il fatto del vescovado, io ci sare’ stato subito fatta che fu la pasqua; ma io volsi prima mirare a me, che a niuno altro. In monte salvum te fac: — Fa’ la prima cosa, salva te medesimo. — Solo mi ritenni per paura di non essere allacciato; che se io ci fussi venuto così presto, 1 [p. 70 modifica] non àrei fatto così a mio modo. S’io ci fussi venuto come voi volevate ch’io ci venisse, cioè per vostro vescovo, elli mi sarebbe stata serrata la metà della boca. Vedi, così; così sarei stato69, che non àrei potuto parlare se non colla bocca chiusa. E io so’ voluto venire a questo modo, per potere parlare così alla larga; chè così potrò dire ciò ch’io voglio, e potrò parlare più a mio modo d’ogni cosa, e arditamente amonirvi de’ peccati vostri. Questo, è l’amore dolente e zelante, dicendo quelle parole di David: Zelus domus tuae comedit me70; — Signor mio, el zelo della tua casa m’ha divorate. —

Septimo amore è compaziente. O donna, hai il tuo marito che va per la mala via? E anco tu, cittadino, vedi quell’altro cittadino che fa qualche cosa ingiusta? E così di ogni persona la quale è fuore della regola e della via di Dio; e tu li hai posti tutti questi amori, e halo amonito e con carità, perchè lui esca del peccato i e per salute dell’anima sua, e vedi che non basta; debbiti tu però disperare di lui? Non mai: fa’ ragione che tu abbi pazienza, e di bel nuovo ti ingegna di méttarlo nella via della salute71 sua. Ode72 Paulo alli Ebrei: Patientia tua vera est73:— La tua pazienzia è verace. — Ogni volta che tu aspetti tempo della sua conversione con pazienzia, sempre la trovarai a tua e sua utilità, e dico [p. 71 modifica] che ella è necessaria74. Dice colui: — o, io ho una moglie tanto letrosa75, che non vale che io la preghi nè che io la minacci. Che debbo io fare? — Sai che? ti rispondo: quando tu hai fatto quello che tu puoi, lassa stare l’avanzo: non potendo più, non t’è richiesto più. Fa’ però che mai tu non ti ristia di quello che tu puoi. Sai da che ti conviene guardare, e guardati; chè quando tu vedi che uno perde l’anima sua, che tu non la perda con lui76 insieme. Come so’ state molte donne, che hanno veduto pèrdare l’anima al marito, avendoli fatto fare mali contratti per avere de’ vestiri77 e de le vanità assai; e così muore il marito, e poi viene a morte78 lei. Vedendo d’avere mai condotto il marito, infine viene in disperazione. E questo sia detto per lo amore cordiale cum sette amori. Corriamo agli altri.

El sicondo amore è amore verbale, el quale amore si dimostra nelle parole; dal quale nascono sette altri amori:

Primo amore è orante.

Sicondo amore, consolante79.

Terzo amore, amaestrante.

Quarto amore, consigliante.

Quinto amore, correggiente.

Sesto amore, minacciante.

Settimo amore, tacente.

Primo amore è orante; del quale amore disse santo [p. 72 modifica] lacomo: Orate pro invicem, ut salvemini:80 — Orate l’uno per l’altro, acciocchè voi vi salviate. — Dove ci dimostra che se noi non oriamo l’uno per lo altro, mai ci potiamo salvare. Adunque, volendoci salvare, ci conviene pregare Idio per noi [e per lo prossimo; chè come preghiamo Iddio per noi81,] cioè che ci perdoni l’offese, che ci dia sanità, che ci dia robba, che ci dia cognoscimento di ciò che abisogna82; simile doviamo pregare per lo nostro prossimo. E il vero amore che noi doviamo portare l’uno all’altro; questa è la vera amicizia. E benchè tu dicessi; — io oro per tutti i miei amici; — ode Favolo83 che ti dice di colui. Che tu dirai: — o, elli non è mio amico! — Dice Favolo: Orate pro calumniantibus et pro persequentibus vos:84 — Orate per quelli che vi hanno calunniato, e detto male di voi, e per coloro che vi hanno perseguitato e fattovi ingiurie con fatti e con parole. — E questo è il primo amore. Al sicondo.

Sicondo amore è consolante. Non basta pure l’orare alla vera amicizia, che bisogna anco che tu il dimostri colle parole operative; chè se tu vedi il tuo prossimo con tribolazioni, bisogna che tu il consoli. Ode Pavolo come cel canta: Consolamini invicem in verbis istis:85 — Fate che voi vi consoliate insieme con queste parole. — Se ’l vedi infermo, dilli che abi pazienzia per l’amore di Iesu Cristo che patì tanta pena per lui. Se è toltoli rob[p. 73 modifica] ba, dicendo:86 elli verrà anco tempo che elli te la rendarà; e se non te la rendarà lui, e Cristo te la rendarà nell’altra vita, se arai pazienzia. In questa e così in tutte le sue adversità il debbi consolare colle parole operative. Oh quanto so’ utili queste tali parole a colui che è passionato! Che talvolta potrebbe èssare in una disperazione, e con tue quatro parole il fai tornare a Dio.87 E con tutto che piacci a Dio questi tali consolatori, anco so’ talvolta utili a loro propri, chè hanno tanta forza, che eziandio a colui che è nimico il fa benivolo. Ode nello Eclesiastico al vj cap.: Verbum dulce multiplicat amicos, et mitigat inimicos: — La parola dolce moltiplica gli amici, et anco mitiga i nemici. — E questo si può vedere quanta utilità aoperi talvolta uno colle sue parole; che talvolta saranno due et avaranno diferentia insieme, e uno di questi cotali si mettarà in mezzo con sue parole dolci, e furagli di subito amici, et in fine l’uno e l’altro ne gli vorrà bene. Oh quanto sta bene a uno uomo e a una donna avere una lingua piacevole, atta a fare piegare il cuore subito come aspetta d’udire, chè subito il fa rimuovare d’animo!88 Di costoro è detto nella Sapienzia:89 Lingua placabilis lignum vitae: — La lingua piacevole cor una dolcezza e una soavità è legno di vita. — Tu vedi l’utilità che può fare una parola sola al tribolato. Donna, hai in contrada niuna amalata o niuna tribolata o niuna imprigionata o in [p. 74 modifica] niun altro modo affannata? Va’; almeno non potendola aitare per altro modo, confortala co le parole; che non facendo altro che solo le parole, elle sono uno refrigerio al suo affanno, che tutta si conforta delle tue parole. Ma se tu t’abatti, come ne so’, a una lingua immoderata, 90che non ârà niuno freno, oh ella è mala cosa! Elli ti conviene avere lo scudo in braccio e difèndarti per ogni verso, come fa lo schermitore col brocoliere:91 quando dà sotto, quando di sopra; quando disopra e quando di sotto; che come vede venire il colpo, subito ha riparato, che la spada non li giunga. Elli so’ bene di tali lingue tanto imperversate, che si conviene tòllare il tavolaccio a volersi bene difèndare.

Terzo amore è insegnante e amaestrante. Se Idio92 ti ha data grazia che tu sai più che colui, elli te l’ha data perchè tu la comunichi a chi n’ha bisogno: non te l’ha data solo per te. E’ so’ assai grazie che Idio non vuole che tu le insegni per prezo, perchè io so che ne so’ di quelli che no le vogliono insegnare senza danari. O buon uomo, sècci? dico. Quia gratis accepistis et gratis date:93 — Tu l’hai avute da Dio per grazia, e per grazia le debbi comunicare agli altri. — Dice Alissandro94 inverso de’ predicatori: se si predica per denari, o si dice messa per denari, se tu hai il cuore a’ denari, o fai patto, sempre pecchi. Non dico così di una scienzia che Idio t’ha data, che tu la debbi o sia obligato ad insegnarla senza prezo; però che sempre so’ delli indotti e de’ savi, a’ quali è [p. 75 modifica] detto: docete ignorantem: — Insegna a colui che non sa. — E questa è opera spirituale. Doh! imparate a vivare santamente e dirittamente. O giovano, o donna., aviate in reverenzia gli uomini o le donne antiche,95 però che ellino sanno più che non sapete voi. In antiquis est sapientia: — Nelli antichi è la sapienzia. — A’ quali dico, che chi n’ha ne insegni a chi non n’ha. O giovana, quando vedi una antica, fa’ che tu le porti reverenzia in atti et in fatti. E a te, donna antica, ti dico che quando tu vedi una giovana che non va per buona via, insegnale la buona, che tu la cognosci meglio di lei, e lei ti debba crédare, imperò che questo tuo sapere è uno talento il quale sempre il debbi tenere palese. Di questo talento è detto in santo Matteo al cap. xxv, dove dice, che a uno fu dato cinque talenti, a un altro due, et a uno altro uno. Quello che n’ebbe uno, il sotterrò. Non fare così tu; che poi che Idio t’ha dato il sapere, et hatti fatta questa grazia, non lo volere nascondare. E così dico a tutti, che avete alcuna grazia da Dio: comunicatela agli altri, che non l’hanno et hannone bisogno. Non fate come ha fatto il diavolo col suo sapere, che molte cose non si insegnano; che dicono: — s’io le insegnasse, io pérdarei la virtù. — Altri âranno uno breve chiuso, e dirà: — se elli s’apre, elli perde la virtù; — che quello che l’ha fatto o fatto fare, ti dirà la prima cosa96: — non l’uprire mai, se tu vuoi che elli ti sia buono: fa’ che sempre tu il tenga serrato — Sì, che elli v’è dentro il diavolo, che non si conviene che elli vega mai lume, perocchè non vuole mai vedere lume! [p. 76 modifica] Qui male agii, odit lucem:97 — Colui che fa male, ha in odio la luce. — Basti a questo.

Quarto amore è consigliante. Di questo amore sarebbe da dirne uno dì, di tutti i Consigli che voi fate in questo vostro palazzo98, ma per istamane noi ne diremo pure del consigliare il dubitante, chè talvolta uno consiglio a uno dubitante sarà suffìziente di cavarlo della mala via, e ridurlo a buona, con due parole che tu li dica. Sai che ti ricordo? Fa’ che mai tu non consigli che uno torni a dietro99, volendo lui andare alla religione; che se le tue parole âranno tanta forza che tu il facci tornare a dietro del suo proposito, tu sei tenuto a restituzione a quella religione d’uno che tu l’hai tolto; e se elli capita in ninuo pericolo, tu ne se’ cagione tu. E questo è uno gattivissimo mal mendo100 che voi secolari usate. Non so già vedere la ragione, se non che ogni simile apetisce il suo simile. Chè colui che insegna di stroppiare colui101 che non entri102 alla religione, ti mostrarà i pericoli che in essa religione so’, e non li dimostra i pericoli del mondo. Va’, vede Scoto quello che n’ha detto103. Io ti dico che chi ha consigliato uno che non entri a la religione104, elli ha tolto colui a quella religione, et è tenuto a farvelo ritornare, se elli può. E se elli non può, elli è tenuto a entrarvi lui in suo luogo, [p. 77 modifica] se elli è in abito che possa, acciocchè quella religione non perda quello che è suo. E se tu non fai questo, o simile, mai non ti sarà perdonato in tutto. Uno uomo hai tolto a quella religione; uno uomo convien che le sia restituito. Questo è chiarissimo: quia non remittitur peccatum, nisi restituatur ablatum: — Elli non si perdona mai il peccato, se elli non si restituisce quello che è stato tolto a colui a chi fu tolto. —

Quinto amore è correggente. Vedi come è buono questo tale amore, poi che colei che fu corretta, non ha ancora balestrato105. E se ella sarà savia, dirà parechi paternostri per me che la corressi del suo mal fare. E questo hai nella Sapienzia al vij cap. Corripe sapientem, et diliget te:106 — Corregiarai il savio, ed elli ti amarà. — Et anco è detto di colui che correggie i peccati a xxvij dei Proverbi: Meliora sunt vulnera diligentis, quam fraudulenta oscula odientis107: — Elli so’ migliori le battiture e corregimenti di colui che t’ama, che non sono i baci di colui che t’ha in odio. — Meglio so’ le saette che ti so’ date nel cuore per l’amore di Dio e della salute tua, che non ti sono le lusinghe e le risa di chi ti vuole male. Se tu vuoi cognósciare chi ti vuol male, o donna, mira se elli ama il tuo onore: se elli non ama l’onore tuo, elli non ti vuole bene. Dirà una: — o, elli dice che mi vuole bene di buono amore. — Io ti rispondo: guarda se elli vuole conservare il tuo onore: non so’ de’ segni, se elli non lo conserva.108 [p. 78 modifica]

Sesto amore è minacciante. Sai quale è questo? Che talvolta bisogna dire una carta di villania a chi fa quello che non debba; chè so’ tali tanto accecati nel peccato, che non solo può fare crédare nè confessare che ’l male che ellino fanno sia male. E anco so’ di tali che non si vorranno tirare a dietro dal loro pessimo desiderio. A’ quali dice Pavolo109: Argue, obsecra, increpa110: — Riprende, grida, scongiura, prega, minaccia. — Riprende, ma sempre con carità, imperò che talvolta le dolci parole non so’ utili, e talvolta sì. E però aopera come bisogna; se basta a dirlo piano, non gridare — e se non basta, e tu grida.

Septimo amore è tacente. Sai qual è? Che se fusse uno scomunicato, non gli parlare; tace e sappi ch’egli è uno utile amore questo. Non dico che non gli parli niuno. Sai chi gli può parlare? Tutte le sue genti, e tu scomunicato puoi parlare a loro; e se tu che non hai a fare nulla con lui, tu gli parli, sempre pecchi mortalmente. E se è cosa che tu possi lassare, e non parlagli, fai più salvamente; chè ogni volta che tu ritemi111 la scomunicazione, tu meriti e non fai peccato niuno a non parlagli, anco è grande carità. Non vedi tu che egli è stata interdetta la parola fra te e lui e fra lui e te? Se adunque tu gli parlarai, tu peccarai e farai peccare lui, non osservando quello che ha comandato la santa Chiesa. Sarebbe salvo partito, prima che se li pargli, domandarne consiglio dal tuo padre spirituale112. E anco è amore tacente questo [p. 79 modifica] altro. Hai incontrata una ribalda la quale non si vuole amendare, et è stata ripresa? Non la favoreggiare113, se ella non si ritrae dal peccato suo: non le dare fuoco nè acqua nè niuna cosa; non le fare motto niuno. Et anco se tu la vedi passare per la via, vollele114 le reni. Ma se tu vedi che ella s’amendi, fa’ che tu le favelli, che tu l’abracci, che tu li dimostri ogni amore co’ fatti e colle parole, in ogni modo; che l’amore tuo si stenda sempre mai, così quando tu le puoi parlare, come quando tu non le debbi parlare. Quia tempus tacendi et tempus loquendi:115 — Tempo è da tacere e tempo è da parlare. — E diciamo che basti per lo sicondo amore, amore verbale.

El terzo amore si chiama operale, chè non basta il primo col cuore, nè anco il secondo colle parole, che bisogna anco il terzo coll’òpare. El quale amore anco n’ha sette sotto di sè. Vedegli tutti e sette, brevi brevi.

Primo è esemplante.

Secondo è sollecitante.

Terzo è onorante.

Quarto è soveniente.

Quinto è condiscendente.

Sesto è castigante.

Septimo è per lo proximo morire.

Primo è esemplante; che tu debbi dare el buono esemplo di te in ogni modo che tu puoi. E questo disse Luca evangelista:116 Sic luceat lux vestra coram hominibus, ut videant opera vestra bona: — Così reluca la vostra luce dinnanzi agli uomini, acciò che essi veggano le vostre [p. 80 modifica] buone operazioni. — E questo è detto in genere, che ognuno facci così. Ma che diremo di colui che è obligato117 a dare il bono esempio, e noi dà?118 O voi che avete a dare buon esemplo di voi; o preti, o frati, non sai119 tu quanto danno tu fai al prossimo, se tu non dai buono esemplo di te,120 della tua vita, de’ tuoi costumi, e in ogni modo che tu puoi? Che pure debbi sapere questo: Plus movent exempla, quam verba: — Più muovono gli esempli di quello che si vede, che le parole che si dicono. — Che se tu dai buono esemplo della vita tua e dei modi tuoi, con buone parole e con buoni fatti, oh quanto fai bene, e quanta gente farai rimuovare a far bene di quelli che farebbero male! E per opposito, o tu che se’ tenuto di far bene e di dare buono esemplo, e tu fai tutto il contrario; oh quanto male si seguita per lo malo121 esemplo! Dice.....122, sexta quest, prima: Deteriores sum qui malis exemplis bona corrumpunt, quam qui ec.: — Peggio fa colui che dovarebbe dare il buono esemplo, e dàllo gattivo, che un altro che non ne sarà tenuto in tal modo come costui. — Colui dice l’opposito; che dice: — io voglio fare uno male, e non due. S’io so’ tenuto di dare buono esemplo di me, et nol do, perchè io so’ gattivo, io non voglio dimostrare d’èssare buono, e èssare gattivo; però che questa è ipocresia. Io fo uno solo: io dimostro quello ch’io so’. E io ti dico che tu se’ gattivo per te e per gli altri; che vedi che uno che usi di far male, egli fa danno a sè, elli perde [p. 81 modifica] l’onore, e da ognuno ne è detto male, et infine n’ârà pena, se egli non s’astiene nè per paura di sè, nè per l’amor del mondo, nè per cagione di Dio. Eglino conoscono bene che eglino fanno male, e non lo vogliono lassare, solo per lo diletto che hanno in farlo. A’ quali si può dire: Nec Deum timenL nec homines reverentur:123 — Ellino non temono Iddio, nè anco non hanno riverenzia agli uomini, — che vogliono far bene e vivare santamente all’onor di Dio.

Sicondo amore è sollecitante, cioè fa’ che tu sii sollecito a ogni buona operazione. Se tu hai a rèndare l’altrui, va’, paga, non indugiare. Se t’hai a confessare, va’ subito. Se hai a governare figliuoli, fa’ che tu sia sollecito. E così dico per te come per altrui. In omni opere tuo esto velox124: — In ogni tua operazione fa’ che sia veloce, esperto. — Non èssare mai pigaro, chè mai pigarizia non puotè125 èssare buona se non a mal fare.

Terzo amore è onorante; che tu porti onore al tuo maggiore, e anco al tuo uguale, e al tuo minore. Del quale ci dice Pavolo scrivendo ai Romani a xij cap. Honore invicem praevenientes: — Portatevi onore e amore l’uno all’altro; — il maggiore al minore, ed il minore al maggiore. Fate che ognuno sia amato per l’amor di Dio.

Quarto amore è soveniente; che se fusse uno infermo, al quale tu li portasse tutti questi amori, dico che non li bastano. Tu vedi che per la infermità sua elli non sì può aitare: va’, aitalo tu che puoi. Cuoceli quello cbe gli bisogna, che non può cuocere lui; lavalo quanto n’ha [p. 82 modifica] bisogno126; nettalo. sollevalo, governalo di quello che puoi; poichè vedi che e’ non si può aitare. Fa’ che tu dimostri di usare la carità e l’amore in lui. Vuoi vedere se uno è caritativo, o no? Or guarda: Qui viderit fratrem suum sitientem et non subvenit eum, quomodo est charitas Dei in illo?127 — Colui che vede il suo fratello e ’l suo prossimo avere sete e non lo sovviene, come è carità di Dio in lui? — Se tu se’ crudele e non hai compassione del suo male, tu non l’aiti, tu nol sovvieni, come hai carità?

Quinto amore è condescendente. Se tu vedi lo ignorante e ’l fragile o uno infermo, fa’ che tu sia atteso128 a condiscéndare in quello in tutte quelle cose che non sònno di peccato. Se tu digiuni, ’l tuo marito ti dice che tu non digiuni, se è dì non comandato, va’ ed ubidiscelo. Non ti dico così del dì comandato, che se ti dicesse, — non digiunare, — non lo ubidire mai; ma dicendoti d’uno tuo digiuno il quale tu t’hai preso a tua reverenzia, e elli sarà quine a tavola, solo diratti per sua consolazione: — tòlle uno boccone di carne in mia compagnia; — sai che fa’: pregalo prima, che non ti facci rómpare il tuo digiuno; e elli pure ti dirà che tu ti tòlla un boccone ridendo; vedendo pure la sua volontà, va’, e tollelo, e mangialo; imperò che questo non è peccato. Anco ti dico che tu meriti in due modi: prima tu non rompi il tuo digiuno e la tua divozione. Va’ innanzi: l’altra si è; che tu ubidisci al tuo marito, il quale tu debbi ubidire. [p. 83 modifica] Io dico che se tu mangi non con malignità, ma con amore, et in suo contento. Ma io voglio anco dire a voi uomini, che voi dovete avere discrezione, e vedere se quello che elleno fanno è bene. Se è bene, lassatelo fare e condescendete alla loro volontà. Simile dico a voi altri cittadini: condescendete l’uno a l’altro nelle buone operazioni: e di questo vi conforto ognuno, e non aviate niuno pensiero di niuna cosa. Non vi recate niuno sospetto nell’animo: imperocchè io cognosco che il dimonio è sottile, e mette nei pensieri vostri cotali subbillazioni. Cavateveli del petto, e non vi pensate; chè io so’ certo che non bisogna. Sapete voi come si gonfia la vescica? O fanciulli, sapete come voi gonfiate la vescica? Colla paglia, che voi vi soffiate dentro, e a poco poco gonfia, gonfia, gonfia; e talvolta quando è così gonfiata, la leghi col filo e mai non si isgonfiarebbe da sè medesima. Tali so’ che la vorranno poi sgonfiare; e sai come? Che vi saltano su, e ella farà uno scoppio grande, che parrà una bombarda. Così si fa talvolta tra’ popoli: che chi ammazza questo, e chi caccia quello; e così va male la cosa. Meglio sarebbe, quando ella è pure gonfiata, di farvi uno bucarello coll’aco, e sgonfiarebe a poco a poco. Fa’ che tu tema Idio con buona conscienzia, e pensa che ognuno vuole far bene, e in questo modo tu sgonfiarai l’animo tuo. Quando tu vedi uno cerchio di uomini che si parlano insieme, non pensare che eglino favellino di te; ma pensa che il parlare loro è tutto buono. Non gonfiare la vescica di quello che non bisogna; che se tu pure la gonfi, tu poi verrai a tanto, che tu vi saltarai su, e farai uno grande scoppio. Non fare.

Sesto amore è gastigante. Ha furato colui? — Sì — O gastigalo. Hai preso uno? — Sì — Castigalo; fa’ che la giustizia non perisca. E questa è grande carità a ga[p. 84 modifica] stigare; e anco ti dico che è grande carità di colui che l’accusa; ma prima debba avere usate le debite circumstanzie colle buone cagioni.

Settimo amore moriente per lo prossimo. Elli è in noi robba, corpo et anima. Se tu ami a contrario, tu ami male. Sai come debbi amare? Debbi amare prima la tua robba, che quella del prossimo. Così debbi prima amare il tuo corpo, che quello del prossimo. Simile, prima l’anima tua, che quella del prossimo. Se tu uscisse della regola, tu capitaresti male; come se tu vedi che l’anima del tuo prossimo non si può salvare, se tu non metti a morte il corpo tuo, tu se’ tenuto di morire per salvare l’anima sua. E questo è sotto la pena del peccato mortale. Simile, campare il suo corpo per la sua robba.129

Tu hai stamane veduto tre amori: primo amore, cordiale: sicondo, verbale: terzo, operale; ognuno con sette amori, i quali operandoli, ârete di qua la grazia di Iesu Cristo, e poi di là la gloria, amen.130



Note

  1. Il Cod. Pal., predichetta.
  2. Gli altri Codd.: Chi ama la robba., chi ama il prossimo, chi ama il corpo.
  3. Salmo X, vers. 6.
  4. Cioè, mettiamo tutta questa materia in una predica.
  5. Gli altri Codd. Sen., che le meni: il Cod. Pal., a portarle.
  6. Non trovo in San Paolo queste parole; ma da quel che segue risulta chiaro che il Santo aveva in mente quel passo dell’epistola dell’Apostolo ai Galati, ove è detto; Modo enim hominibus suadeo, an Deo? An quaero hominibus placere? Si adhuc hominibus placerem, Christi servus non essem (Cap. I, vers. 10).
  7. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 5, Prima.
  8. Gli altri Codd., uno principio solo.
  9. Gli altri Codd., si spigne.
  10. Il Cod. Pal. dice così: Non fece così delle bestie: due pecore, due buoi, due asini; cioè fece l’uno maschio e l’altro femmina; e così fece di ogni bestia, maschio e femmina.
  11. Salmo lxvij, vers. 7.
  12. Il passo è dell’Ecclesiastico (cap. xxv, vers. 1), ma dice così; In tribus placitum est spiritui meo, quae sunt probata coram Dea et hominibus: Concordia fratrum, et amor proximorum, et vir et mulier bene sibi consentientes.
  13. Il Cod. Sen. 6^ ralegrara.
  14. Il Cod. Pal., il mio spirito.
  15. Alla senese, per Rivolgere, Rivoltare.
  16. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal.: l’altra è: Ha fatto male a te? Perdonali.
  17. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal. quasi costantemeute, altorità e aultorità.
  18. Gli altri Codd., contraria.
  19. Gli altri Codd., nascono le viti.
  20. Tutto questo ultimo periodo manca agli altri Codici.
  21. Negli altri Codd., tutti.
  22. Ma la Vulgata dice: dimittite et dimittemini (vers. 37).
  23. Gli altri Codd., caduto.
  24. Le parole peste tra parentesi, dimenticate evidentemente dall’amanuense, mancano al solo nostro Cod.
  25. Il Cod. Sen. 6 cel dice, e il Pal., ce lo dice.
  26. Il Cod. Sen. 6, salvarono.
  27. Intende forse di riferire le parole di san Paolo ad Ephesios, cap. quarto, vers. 2; supportantes invicem in charitate.
  28. Non a’ Romani, ma agli Efesi, al cap. quarto, vers. 25: costrutto irregolare di cui si trovano non rari esempi in questa sorta di antiche scritture.
  29. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 5, qualche.
  30. Tanto il Cod. Pal. che il Cod. Sen. 6 leggono, aiutare e disaiutano. E così quasi sempre.
  31. Il Cod. Pal.: Beati a coloro. Il Cod. Sen. 6: Beati so’ coloro.
  32. Cioè, colui che non si contenta di compatire i mali del prossimo, ma ne prende dolore.
  33. Vuol dire; Ma l’uomo perfetto piuttosto vorrebbe portar lui quelle sofferenze, che vederle in altri.
  34. Plurale eteroclito di Letto. Letta per Letti sì dice in Siena tuttora.
  35. Il Cod. Pal. ha: Per lo amore di Dio e della vergine Maria.
  36. Il Cod. Pal., piuttosto vederla nel tuo corpo., che nel suo.
  37. Bisogna ragionar di queste cose, che nissuno vorrebbe udire, perchè non è chi voglia farle.
  38. Tormentato con fune; pena non di rado inflitta a quel tempo.
  39. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, fusse ricco lui che, tu.
  40. Cioè, per li Evangeli; storpiatura delle parole latine, ad sancta Dei Evangelia, che troveremo usata anche altrove.
  41. Cioè, poichè.
  42. Dico di quelli che stanno in distretta, e non sono di Siena ec.
  43. Cioè, per tutto il tempo ch’io rimarrò in Siena.
  44. Intendi: Io, allorchè predico il Vangelo, rappresento il Signore del mondo; rappresento Iddio che parla per mia bocca.
  45. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 5, ogni uomo.
  46. Così il solo nostro Testo. Tutti gli altri Codd. leggono: e voglion i aiutare tra loro di campare i rondinini.
  47. Il Cod. Pal. e ii Cod. Sen. 5, è gli uomini.
  48. Così in tutti i Codici.
  49. Gli altri Codd., l’aiutarà.
  50. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, sarebbe.
  51. Cioè, che ti tema; avendo pure questo semplice significato il verbo Ritemere.
  52. Tutti gli altri Codd., e non te ne levi; che vuol dire, e non ti muovi a toglierle via.
  53. Nei Codd. invece: instrue.
  54. Gli altri Codd., figliuoli. Così poco sotto.
  55. Negli altri Codd., scese.
  56. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, dopo le parole per quest’anima, così leggono; Vedi che elli discese di cielo in terra, e in fine ec.
  57. Vangelo di S. Giovanni, cap. xxj, vers. 15.
  58. La Vulgata, loc. cit., vers. 17, dice: Simon Joannis, amas me?
  59. Per errore il nostro Cod. e il Cod. Pal. dicono: ti do.
  60. Il Cod. Sen. 6, che hai cura d’anime.
  61. A questa sua elezione al vescovado di Siena, da lui rinunziata, accenna anche un’altra volta in questa stessa Predica, come vedremo in breve. Forse il lettore ricorda ancora la menzione che il Santo ne fa nella Predica quinta (Vol. I, pag. 121. e n. 2).
  62. Vuol dire: ne fareste colpa al mio rifiuto, e imprechereste contro di me.
  63. Intendi, de’ Priori del Comune. E nota quanto spesso s’adopra ad eccitare negli animi l’amor di patria congiunto a quello di Dio.
  64. Seguono in tutti gli altri Codd. queste parole: Non fare così: anco fa’ che abbi sollecitudine alla santa giustizia. È da credere che la parola giustizia, ripetuta a così breve distanza, abbia tratto in inganno l’amanuense del Testo che seguiamo.
  65. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. . 6, non si rista.
  66. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 così hanno: et in ogni parte del corpo nostro ci insegna e fanne parte.
  67. Epist. ad Romanos, cap, xij, vers. 15.
  68. È il salmo cxviij, vers. 158, che secondo la Vulgata dice così: Vidi praevaricantes, et tabescebam, quia eloquia tua non custodierunt.
  69. Cresce forza al discorso, facendo atto di chiuder la bocca; e tutto ciò per meglio dinotare come la dignità episcopale gli avrebbe scemata o tolta la libertà della parola.
  70. Salmo Ixviij, vers. 10.
  71. Il Cod. Sen. 6, salvazione.
  72. Il Cod. Pal. ha; Ode, ode.
  73. Così i Codd., ma la Vulgata; Patientia enim vobis necessaria est (Cap. X, vers. 16). E necessaria il Santo stesso l’appella pochi versi appresso.
  74. Cioè, la pazienza.
  75. Solecismo, per schizzinosa.
  76. Scritto, come di frequente, collui.
  77. Tutti gli altri Codd., vestimenti.
  78. I detti Codd., a morire.
  79. I Codd. Sen. 5 e 6 a questo e ai participi seguenti antcicipano verbo è.
  80. Cap. V, v.16.
  81. Le parole chiuse da parentesi, necessarie al senso, mancano al nostro Cod., ma si leggono negli altri Testi.
  82. Il Cod. Pal., che ci bisogna.
  83. Il Cod. Pal. ha quasi costantemente, Paulo.
  84. La citazione è errata, appartenendo questo passo al Vangelo di san Matteo, cap. V, vers. 44, ma con qualche leggera variante.
  85. Ep. prima ad Thessalonicenses, cap. IV, v. 17. Fu aggiunta la parola istis, mancante ai Codici.
  86. È sottinteso; consolalo.
  87. Il Cod. Pal.: con ine quattro parole a colui che è appassionato, il fai tornare a Dio.
  88. Così nei Codici, meno che nel Cod. Pal., dove lamentandosi in questo passo la mancanza dì molte parole, la lezione riesce anche più imperfetta.
  89. Qui ancora è errore di citazione: non nella Sapienza, ma nei Proverbi, cap. xv, vers. 4.
  90. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal., smoderata.
  91. O broccoliere: lo stesso che brocchiere: piccola rotella.
  92. Così il Cod. Pal., ma il nostro: Che Idio.
  93. Vangelo di san Matteo, cap. X, vers. 8.
  94. Alessandro d’Ales, già ricordato dal Santo (V. la n. 3 a pag. 143 del 1° Vol.).
  95. Qui vale, vecchie. E così poco appresso.
  96. Cioè, per prima cosa.
  97. Vangelo di san Giovanni, cap. iij, vers. 20.
  98. Vuol dire; e ci sarebb’anche da ragionare una giornata di tutti i Consigli che si tengono nel palazzo del Comune.
  99. Qui e poco dopo il Cod. Pal. legge, a dirietro.
  100. Il Cod. Sen. 6 e il Pal., mal modo.
  101. Ossia, storpiare, che qui significa, impedire, porre ostacolo.
  102. Il Cod. Pal. dice, di stroppiare che uno non entri ec.
  103. Il Cod. Pal.: vede quello che Scoto n’ha detto.
  104. E il Cod. Pal. invece: chi ha isconsigliato che uno non entri in religione ec.
  105. Vale a dire, non è ancora ricaduta nel fallo di divagarsi, guardando ora qua ora là.
  106. Questa citazione è errata, nè ci sembra appartenere questo passo a verun libro della Sacra Scrittura.
  107. La scorretta lezione dei Codd. emendammo con la Volgata.
  108. Così hanno tutti i Codici, salve lievissime differenze grafiche.
  109. Epistola seconda ad Timotheum, cap. quarto, v. 2.
  110. Nei Codici, impreca.
  111. Il solo Cod. Sen. 6, che tu temi.
  112. Negli altri Codd. questo periodo si legge così: Sarebbe savio partito prima domandarne il tuo padre spirituale. Se ta ne domanderai consiglio dal tuo padre spirituale, farai bene. Forse è da dubitare che dove i Codd. dicono salvo partito, abbia a leggersi, savio partito.
  113. Gli altri Codd.: Non le favellare.
  114. Il Cod. Pal., voltali.
  115. Ecclesiastico, cap. iij, vers. 7.
  116. Non san Luca, ma bensì san Matteo, cap. V, vers. 16.
  117. Il Cod. Sen. 6, ubligato; il Cod. Pal., ubrigato.
  118. Il Cod. Pal., e non loda.
  119. Il Cod. Pal. ripete: nol sai, non sai tu.
  120. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal. ., se tu non dàlli l’exemplo buono di te.
  121. Gli altri Codd., gattivo.
  122. Lacuna dei Codici.
  123. Il passo è tolto al Vangelo di San Luca, cap. xviij, v. 2, dove bensì dice: qui Deum non timebat, et hominem non reverebatur.
  124. Ecclesiastico, cap. xxxj, vers. 27, e dice: In omnibus operibus tuis ec.
  125. Tutti gli altri Codd., potè.
  126. Il Cod. Pal., quanto fa il bisogno.
  127. Così nei Codici; ma il passo che appartiene alla prima Epistola di San Giovanni ai Romani (cap. iij, v. 17) dice come appresso: Qui habuerit substantiam huius mundi, et viderit fratrem suum necessitatem hahere, et clauserit viscera sua ab eo; quomodo charitas Dei manet in eo?
  128. Il Cod. Pal., che tu stia atteso; cioè che tu stia intento.
  129. I Codd. Sen. 4 e 6, per la tua robba.
  130. Il Cod. Pal., la gloria eterna, amen. Il Cod. Sen. 6, più alla sanese, grolia.