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Prediche volgari/Predica XIX

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Predica XIX

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Predica XVIII Predica XX

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XIX.

Come il marito díe amare la donna,
così la donna il suo marito.1

Diliges proximum tuum sicut te ipsum. (Iterum ubi supra). Dilettissimi padri miei, le parole preallegate sono pure del comandamento di Dio, in Luca al X. cap., le quali dicono volgarmente: — Ama il prossimo tuo, come te medesimo. — Noi aviamo a parlare stamane della dilezione e amore che díe avere il marito a la sua donna, e la donna al suo marito. Oh quanto si debbano amare insieme cordialmente! Però che noi aviamo nel Vangelo di Cristo le sue parole, dove dice: Erunt duo in carne una:2 — Ellino saranno due in una carne. — E per questo noi potiamo3 dire essere molto prossimo il marito della donna, e la donna del marito. Adunque ama, o marito, ama il tuo prossimo, come te medesimo. E tu moglie, ama il tuo marito come te medesima. Io parlo stamane della vera amicizia, che dieno avere moglie e marito. Chi è savia ha menata stamane la sua figliuola alla predica: colei che è meno che buona, l’ha lassata nel letto. Oh quanto âresti fatto meglio averla menata a udire questa vera dottrina! — Or a casa.

Vediamo stamane tre fondamenti sopra il nostro dire.

Primo fondamento si chiama utile. Sicondo, dilette[p. 86 modifica]vole.4 Terzo è onesto o vuoi virtuoso, che tutto è una cosa. Nullus amor durat, nisi fructus servet amoris. Tu vedrai, e notale bene, tre regole d’ogni vera amicizia, e non mi lassare, se mi vuoi intèndare. La prima regola. Quando le cagioni della amicizia sono pìccole e poche, essa amicizia non può èssare grande nè copiosa. Contiene due pònti notabili: quando so’ piccole e poche; e uno pònto: non può èssare l’amicizia nè grande nè copiosa. Or volta mano, quando le cagioni dell’amicizia sono grandi e assai, non può èssare l’amicizia piccola. Cominciamo a dichiarare. Quando l’utilità è poca, non può èssare diviziosa l’amicizia; quando è piccola l’utilità, non può èssare grande l’amicizia. Vediamo il primo pònto.

Prima: quando sono pìccole le cagioni, non sònno nè possono èssare copiose le amicizie. — Attendete a me se volete intèndare. — A casa. O tu che fai il calcestruzzo, quante cose v’aduòpari, e che utile fa, e quanto tempo peni? Tu hai il mattone, e a poco a poco lo spezzi, e quando tu l’hai così spezzato, e tu il mescoli colla calcina e con quelle cose che bisogna: tanto l’hai caro quanto e’ vale, e quanto è l’utile che tu ne cavarai. Dico che le amicizie possono èssare piccole e grandi.

Or cominciamo inverso del primo: all’utile. Se uno t’è poco utile, poco l’amarai. Se hai poco diletto in lui, poco l’amarai. Se è poco onesto e virtuoso, poco l’amarai. Adunque, misura tu stesso l’amicizia a queste cose ch’io ti dico. Se è piccola l’amicizia, o se è mezzana, o se è grande, subito il cognosciarai a queste cose. È l’utile grande? — Sì. — Grande sarà l’amicizia. È gran[p. 87 modifica]de il diletto? Grande è l’amicizia. È grande l’onesto e il virtuoso? Grande è l’amicizia. So’ tutte e tre insieme, cioè grande l’utile, grande il diletto, e grande l’onesto e il virtuoso? — Sì. — Grandissima è l’amicizia. Or vediamo l’amicizia di Dio con quella del mondo. Ami Iddio? — Si. — Sai perchè? Perchè in lui so’ tutte e tre queste cose; utile e dilettevole e onesto. Or vede dello amore del mondo. È amicizia fra due viziosi? — Sì. — O perchè s’amano costoro? Per qualche utile. O viziosi, se l’utilità è poca, poca sarà la vostra amicizia. O buttigaio, viensi colui a calzare dalla tua buttiga? — Sì. — Amilo? — Sì. — O perchè? Per tuo utile. E quando egli andarà a un’altra buttiga, non sarà più tuo amico, perchè non n’hai più utile. Così dico del barbiere: leva via l’utilità5, e hai levata l’amicizia. O, se egli fusse uno barbiere, e uno s’andasse a radare da lui e il barbiere il pelasse; va’ a contrario chè colui levarebbe l’amicizia, lui, e non vi tornarebbe più. Sai perchè? È, perchè non vi è nè utile, nè dilettevole, nè onesto. Elli fu uno che era al barbiere e radevasi; e diceva al barbiere: — o che fai tu? — E il barbiere diceva: — io ti rado. — Dice colui: — anco6, mi peli. — Qui puoi comprèndare in quanto all’utile.

Agiungne ora l’utile col diletto: come colui che si tiene una amica, la quale il governa, lava, cuoce, aparechia e simili cose, et ha con questo utile anche il diletto de la lussuria, ècci più amicizia. Che se ella fusse una porcaccia, ch’ella7 non stesse netta e pulita, e non tenesse la casa come dovarebbe tenere, non è [p. 88 modifica] tanto il diletto, nè l’amicizia. Basta un tempo a questo modo; ma poi se ella inferma, allo spedale ne vai. Come tu ingiallarai, non v’è più amicizia, però che non v’è nè diletto, nè utile. Un’altra amicizia è, quando tu hai il diletto solo, senza l’utile e senza l’onesto; e sai qual è? È quello di colei, o di colui che tu tieni per amico, o per amica che dice: — io ti servirò di ogni cosa che io sapessi o potessi, e tu non hai il pensiero, se non d’avere il tuo diletto. — Questa è amicizia attaccata da uno lato solo; e se pure ti servisse come dice, sarebbe attaccata da due lati. Anco questa non è la vera amicizia: la vera amicizia vuole èssare attaccata da tre canti. E sai quale è? E l’amicizia di Dio, la quale ha in sè l’utile e il dilettevole e l’onesto. Tutte l’amicizie che tu ci vedi, so’ attaccate da uno o da due lati, ma sola quella di Dio è attaccata da tre. Adunque considera quanto è grande l’utile e il dilettevole e l’onesto di questa vera amicizia. Oh! oh! oh! Considera ora tu!

E però, O uomo, et simile tu, donna, fa’ che cerchi queste tre proprietà, quanto tu puoi, e mai non ti pentarai di niuna operazione che tu facci. Vuoi maritare bene la tua figliuola? E tu, uomo, vuoi pigliare donna? — Sì. — Or fa’ che queste tre cose sieno nella donna, e anco nell’uomo, e vedarai quanta smisurata amicizia sarà infra questi due. Vuo’lo vedere? Se tu, marito, hai una che sia buona, sia bella, sia savia, sia di buono parentado, tutta moderata, con amore di Dio e del prossimo; oh, quanto la dovarai amare! Se ella è piena di carità, di speranza, di fede, d’umiltà, di dirittura, di sofferenza; è piena d’ogni virtù che si può numerare, e oltre a questo, atta ad avere figliuoli; oh! quanto debba èssare grande tale amicizia, ponendo le simili cose èssa[p. 89 modifica]re nell’uomo suo marito, cioè, che sia savio, buono, prudente, gagliardo, sia giusto, sia bello di corpo. Ma se non hai sole due cose, l’amore è solo per quelle due cose. Se fosse savia, buona e onesta, e non avendo figliuoli, l’amore e l’amicizia si stende in quelle due cose8. Se ha solo l’una, l’amore si stende a quella una; ma avendole tutte e tre, essendo buona, savia, e atta avere figliuoli, accostumata, con timore di Dio, coll’amore del prossimo, dico, che questo amore díe èssare grandissimo; e tengo che sia una grandissima ventura, quando si abbattono due in matrimonio, che sieno buoni, savi, temendo Idio, voluntari di servire a Dio, quanto alla via del matrimonio si richiede. E però ciascheduna dovarebbe, la prima cosa che cerchisi, sia la bontà, e poi l’altre cose; ma prima prima la bontà. Or volta mano, e pensa in coloro i quali pigliano donna in altro fine che in questi ch’io ti dico; come so’ di quegli che pigliaranno9 la donna, perchè ella li dà la buona dota: poi che gli è stata promessa, e la dota non viene, che amicizia credi che ci sia? E amicizia attaccata collo sputaglio. E se pure la dota viene, è amicizia immoderata, perchè tu non hai guardato a quello che tu dovevi guardare; chè molte volte10 i danari fanno fare molte cose, che poi altri se ne pente. E però dico a te, donna, [p. 90 modifica] non volere mai pigliare per marito colui il quale ha in pensiero di pigliare i tuoi danari e non te11. Ma vogli pigliare colui che vuole pigliare te in prima, e poi con te i tuoi denari: che se egli ama più i tuoi denari che te, mal va. Laedetur quasi vinea, in primo fiore botrus .ejus12 Sai come io voglio dire? Come l’uva, sai, in fiore; che poi crescendo la messa, diventa viticcio: che assai volte addiviene che si danno le grandi dote, e per le grandi dote si fanno vestiri di grandissimi pregi, e stanno poi morti, non cavandosene alcuna utilità. Oh quanto è pessima usanza! Doh! Io non so’ nè papa, nè imperadore, benchè mi paia èssare: questo dico perchè se io potesse, io farei méttare un’usanza, che tutte le donne andassero vestite a uno modo, come vanno le donne romane, che tutte vanno vestite di pannolino13; per loro orrevolezza hanno in dosso e in capo tutte il pannolino bianco, così le donne di quelli prencipi. come l’altre donne. E quando vanno in caso di morte, tutte vanno vestite di bruno; che per certo molto mi piace quello vestire. Quando elle vanno per li perdoni, elle vanno leggiere; elleno non attrascinano i panni, e non guastano in frastagli, nè con tanto danno di panno i vestiri loro.

Adunque ti dico a te, donna, che mai non pigli marito il quale ami più la tua roba, che te. Doh! Io te ne voglio dire uno esemplo, il quale il pone santo Gregorio. Dice che fu una donna, la quale era rimasta vedova e era ricca, e così visse più tempo. Ella era savia, giovana, buona, bella e ricca. Essendole detto: — doh! perchè non pigli tu marito? — Ella rispondeva: — io non trovo niuno che non ami più la mia robba, che me: [p. 91 modifica] io non mi voglio dare a niuno di questi tali. Ma s’io mi maritarò, mai io mi darò14 a uno che ami me per avere la robba mia; e per questo solo io non mi so’ maritata. — Or vede come va la cosa, quando una si marita, e colui la piglia per avere la robba. Hai avuta la sua robba senza altra bontà o virtù? — Sì. — Come ella giógne a casa del marito, la prima cosa che le è detto, si è: — tu sia la malvenuta; — e se non l’è detto colle parole, sì le è detto co’ fatti; imperocchè costui non ha avuto il pensiero, se non d’avere le dote. Ma se un’altra avesse più che non ha auto costei, cioè, che ella avesse le dote e la bellezza, oh, è una stempeggia!15 Poco poco16 più in là non ci sarà la vera amicizia infra costoro; che come ella diventerà un poco gialla, non le vorrà tanto bene poi. Se una ârà della robba, ârà la bellezza e ârà buono sentimento, tanta sarà più amicizia; se v’aggiugni che ella sia ricca, savia, acostumata, buona, farà figliuoli, comportarà la suociara e il suociaro, temarà Idio, portarà amore a tutti quelli della casa, farà limosime et orazioni a onor di Dio, e farassi voler bene a tutti quelli che bazzicaranno con lei; se ella avarà queste condizioni, non che loro, ma le pietre ne diranno bene. Oh! a questi tali si dimostrarà la vera amicizia. Non è sola la gran dota quella che fa volere bene alla donna, nè anco è la dota grande, nè la bellezza; ma solamente la bontà fa che tanto è amata. E però, o donne, che avete le vostre figliuole a maritare, fate che voi facciate che le vostre figliuole abbino que[p. 92 modifica]sta dota della virtù, se volete che elleno sieno amate dai loro mariti.17

O tu che hai fatta fare la incanta18 perchè il marito della tua figliuola le voglia bene, sai che farà Idio per suo giudicio? Farà che tal bene non durarà, e per questo mai non sarai contenta, e anco nè lui nè lei. O uomini, avetemi voi inteso? Or credetemi, e tenete per fermo, che ciò che io v’ho detto, tutte so’ cose vere; chè ogni volta che le virtù so’ poche, non è copiosa nè grande l’amicizia. Se sono mezzane, mezzana è l’amicizia; se so grandi le virtù, grande e copiosa è l’amicizia. E questo voglio che basti per la prima regola. Tòla19 ora la siconda.

La siconda regola, e imparala. Ogni volta che le cagioni so’ debili e disutili, non possono èssare nè forti né fruttuose l’amicizie. Al debile non è forte l’amicizia; al disutile non è fruttuosa l’amicizia. Son debili le cagioni? — Si. — L’amicizia è debile. Sai come so fatte?20Piglia l’esemplo. Sai come è fatta l’amicizia di un oste con uno viandante? El viandante giógne all’oste: — Dio t’aiuti. — Tu sia il benvenuto. — Hai che mangiare nulla? — Sì. — Or cuocemi una minestra di cavolo e due uova. — E mangiato, il viandante il paga e vassi via; e subbito che è partito d’inde, è dimenticata questa amicizia; chè non sono anco smaltite l’uove, ed è passata quell’amicizia. Quest’amicizia non è attaccata da niuno [p. 93 modifica] canto: queste amicizie passano via, com’uno 21 scrullo che tu dai al pero, subbito caggiono le pere; non sono attaccate con buona amicizia. Se l’amicizia è debile, poca è l’amicizia; se v’è poco diletto, anco poca è l’amicizia: se v’è poca virtù, anco v’è poca amicizia. Tutte queste cose fanno èssare l’amicizia piccola e poca.

L’altro ponto: se è disutile, l’amicizia non farà frutto. Sai quale è? Una donna non è utile in casa, ma èssi così una donna che non s’impaccia troppo. Come va la cosa, così la lassa andare: non v’è grande amicizia. Un’altra sarà bella, e non sarà faccente: anco non si mantiene molto l’amicizia. Or ferma adunque il pònto. Se la donna è debile e disutile, non può mai èssare forte, nè fruttuosa l’amicizia; perocchè cessandosi le cagioni dondel’amicizie sono notricate, quante meno ve ne so’, tanto più durano poco. Se vuoi sapere se io dico vero, guarda nel Decreto nel cap. Cum infirmitas: de rimissionibus. Remota causa, removetur effectus: — Rimossa la cagione, per la quale io ti voglio bene, si rimuove l’effetto. — Se io ti voglio bene per la tua virtù, e tu poi diventi gattivo, subito è andata via l’amicizia. Simile, seio ti voglio bene perchè tu se’ giovano, e poi invecchi, e avarai poi bisogno d’altri, l’amicizia manca, e tu rimani in su le secchie di Barbaria22. Come si cessa l’utile, subito è levata via l’amicizia di questo mondo. Adunque a volérla mantenere, fa’ che tu t’ingegni di èssare virtuoso e virtuosa: che tu sia tutta piacevole a conversare; sia pacifica, sia onesta; e così farai mantenerti l’amore agli uomini. Questa è la cagione che infra i [p. 94 modifica] servi di Dio so’ sempre l’amicizie mentre che vivono, perchè so’ pieni di virtù, non vanno dietro più se invecchia, o se inferma, o per altro modo: chè, mentre che so’ vivi, sempre si mantiene quest’amicizia; chè bene che l’uomo invecchi, la virtù non invecchia già lei. Adunque, ama il giovano e il vecchio per la virtù sua, e sempre durarà. Questo amore del mondo e de’ peccatori è a modo che un fumo; chè uomo con uomo, perchè l’amore è piccolo e basso, dura poco, chè cade e fa fracasso23. Sai d’uno uomo che va dietro agli ufizi? Quando non ne può avere più, e’ non vuole più bene a colui che l’aitava a farnegli avere. Così quando tu non seguiti più colui come tu solevi, non dura più. E però vi dico a tutti voi uomini, e a tutte voi donne, seguitate le virtù, acciò che l’amore abbi queste tre cose: utile, dilettevole e onesto; e sarà infra di voi vera amicizia. E quando tu avarai queste tre cose, ode David che dice di te: Uxor tua sicut vitis abundans in lateribus domus tuae24. Doh! Tutte e tre queste cose ci so’ dentro. Prima v’è l’onesto: Uxor tua, la tua donna. Sicondo, dilettevole: sicut vitis: quanto è dilettevole cosa una vite dinanzi a un uscio! Terzo, è utile, abundans, abondante, che fa dell’uva, cioè fruttuosa: delle quali tre cose viene a násciare e perseverare la vera amicizia infra la donna e l’uomo, i quali so’ congionti col sacramento del santo matrimonio, che so’ dodici ragioni,25 per ognuna quatro. Or vedele, e imparale. — Quattro voglio che sieno le ragioni all’onesto, e quatro al dilettevole, e quatro altre a l’utile. [p. 95 modifica]

Le prime quatro dell’onesto impararale26 domane, che parlarò sopra del sacramento del matrimonio, e credomi che quando io v’arò predicato quello che chi è a matrimonio debba fare, vedendosi non averlo fatto, che tutti vi confessarete di nuovo; chè molti peccati avete fatti che mai ve ne confessaste. Sicchè domani vedrai se ci sarà niuna borsotta27 di peccati, e udirai in che peccati noi entraremo, che v’entrarò dentro come gallo in feccia. Vedeste mai il gallo quando entra in feccia? Egli v’entra dentro tutto pulito, colle ale assettate in alto per non imbrattarle, per potere volare a sua posta. Così farò io: come gallo in feccia v’entrarò dentro. E però v’avviso che voi meniate le vostre fanciulle domane, che io vi prometto che mai non credo che voi udiste la più utile predica. Io non dico che ci venghino28 le vostre fanciulle maritate; io dico maritate e a maritare; e nel mio predicare io parlarò tanto onesto, ch’io non m’imbrattarò punto punto. Io ho uno grandissimo dubbio di voi, ch’io mi credo che se ne salvino tanti pochi di quegli che sono in istato di matrimonio, che de’ mille, novecento novantanove credo che sia matrimonio del diavolo. Ohimè! Non crédare che sia cosa da asini il santo matrimonio, e quando fu ordinato da Dio, non li ordinò perchè voi v’involleste in esso, come fa il porco nel loto. Verrai domani e sapera’lo. — A casa. Alle prime quatro ragioni: e pigliale con discrezione: santa cosa è. E dico che ci so’ assai frati che dicono: — io vorrei avere preso moglie. — Setuci vieni domani, tu dirai il contrario. Adunque, quatro ra[p. 96 modifica]gioni so’ quelle che muovano l’onesto del matrimonio ordinato da Dio. Hai tu veduto quando la soma va male, che pesa più l’uno lato che l’altro? Sai che vi si pone la pietra perchè ella vada di pari: così dico del matrimonio.29 Fu ordinato perchè l’uno aiti l’altro a mantenere la soma dritta. E avvisovi, donne, ch’io tengo con voi in questo ch’io dirò: che voi amiate più i vostri mariti, ch’e’ vostri mariti non amano voi.

La prima ragione: la sposa che tu hai è sposa a te da Dio ordinata. Siconda ragione: ella è a te con fede disposata. Terza ragione: a esemplo di Cristo debba èssare da te amata. Quarta: per la virtù sua30 [aprezzata].

Prima: è stata da Dio a te per isposa ordinata, che ab eterno l’ordinò. Quando Dio fece Adamo, e poi trattogli una delle coste ne fece Eva, come hai nel sicondo capitolo del Genesis, che fatto l’uomo, disse Dio: Non est bonum hominem esse solum; faciamus ei adiutorium similem sibi — Non sta bene che l’uomo stia solo; facciamoli un adiutorio simile a lui. — E fatto che ebbe Èva della sua costola, allora disse: crescite et multiplicamini et replete terram: — Crescete e moltiplicate, e riempite la terra. — Tu vedi chi l’ha ordinato, e dove egli fu ordinato: cioè Idio l’ordinò, e ordinollo nel paradiso; e prima fu ordinato questo sagramento che niun altro. E quando il fece? Immediate, quando ebbe fatto l’uomo, che non fece niun’altra cosa immediate, che l’ordine di questo sacramento: sicchè tu vedi che egli è il primo di tutti, e credo sia quello che peggio s’osserva. Sai a che tempo fu fatto? Fu fatto al tempo che anco non era stato fatto niuno peccato da niuno di loro, dimostrandoti [p. 97 modifica] che questo sacramento díe stare con purità e nettezza. Ove 31 fu fatto? Fu fatto nel più notabile luogo che fusse nel mondo, nel paradiso deliziano, o terrestro che tu vogli dire. Non fu fatto ine niuno altro sacramento. Perchè fu fatto questo sacramento? Per riempire le sedie della gloria del paradiso e di vita eterna. Tu vedi questo ordinato da Dio scritto per lo Testamento vedilo, e nel nuovo è stato confermato per quatro testimoni.

Primo, il testimonio32 evangelico. Sicondo, il testimonio apostolico. Terzo, il testimonio autentico, come udirai. Quarto, [per clarificato miracolo].33

Prima, dico il testimonio evangelico. Matteo, dove dice:34 Quod Deus coniunxit, homo non separet: — Quello che Dio ha congiunto non sia uomo che lo separi; — che bene che sia stato fatto segreto, sècci.35 O tu che l’hai fatto in segreto, non si può mai separare. E se fai il contrario, mai non puoi capitare bene. Et anco t’avviso che a farlo così segreto, tu hai peccato mortalmente, e se’ interdetto a farlo occulto.36 E se tu ti congióngni, mai non si può partire; ma se pure tu pigli moglie, ella è presa in quanto alla chiesa, ma non vale in quanto a Dio. E così lei, se ella si marita, vale alla chiesa, ma non a Dio. E sai che è a pigliare di segreto donna marito, e marito donna, e poi rómparlo? E il méttarsi il capestro in gola per andare poi all’inferno. [p. 98 modifica]

El secondo testimonio è apostolico, dove è detto: Praecipio non ego, sed Dominus, ne maritus discedat ab uxore: — Io vi comando, non io, ma comandavelo il Signore, che il marito non si parta dalla sua donna. — Non si díe partire il marito dalla donna, come molti fanno, che stanno tre o quattro o sei anni di fuore, e lassanla malcontenta, e tal volta ella..... eccetarone; e tu stai con disonestà e in peccato, e talvolta in vizio di sodomia, e in molti modi atti a cacciar te e talvolta lei a casa del diavolo.

Terzo; dico fu altenticato37 da Cristo Iesu, e quando l’autenticò vi furo presenti Maria sua madre con tutti gli Apostoli. E questo fece Cristo per chiodar la bocca a tutti coloro che volessero parlare il contrario; e perchè questo è stato cognosciuto dalle persone devote perfettissimo e buono stato, è stato sommamente amato e osservato.38 E dico ch’io ho già veduto e cognosciuto uomo di tanta bontà colla donna sua, che è stato uno miracolo; e se tu ci verrai domani, io te ne dirò uno miracolo, et è nuovo.

Quarto: chiarificato miracolo. Hai che il primo miracolo che Cristo Iesu facesse, sì il fece alle nozze di questo santo matrimonio, pure per autenticarlo, quando egli convertì l’acqua in vino; il quale convertire significò coll’abondanzia, il fare de’ figliuoli, con quello che bisogna allo sposo e alla sposa. Sappi che ’l vino significò l’amore di Dio,39 e l’acqua la grazia di Dio. E questo basti quanto ch’è alla prima parte. Ode l’altra. [p. 99 modifica] l’altra ragione è questa: [con fede disposata].40 Non vedi tu, quando tu consenti al matrimonio, elli t’è dato uno segno, il quale mentre che tu se’ vivo ti díe durare. Tu, donna, ricevi l’anello del tuo sposo, il quale anello il porti in dito, e mettesi nel dito nel quale è la vena, la quale va al cuore: dimostrando che col cuore consenti a quello matrimonio, e non saresti mai isposata se tu non consentisse col dire di sì. [E però vedi che sono ordinate donne e talvolta uomini che ti facciano dire di sì], chè so’ tali che si fanno domandare tre volte, che so’ tali che si fanno domandare tre volte, che per temenza non dicono di sì; e tanto l’è detto, che ella dice di sì.41 Questo farsi dimandare tre volte, che significa? Sai che? Tre cose, cioè: che prima tu gli consenti d’èssare sua sposa colle parole, e però consenti e dici di sì. l’altra, anco consentì coll’operazioni d’èssare sua sposa, e però porti il segno in mano dell’anello. Terza, anco consenti d’èssare sua sposa col cuore, e però si mette l’anello in quello dito il quale risponde al cuore. E però io t’avviso, o donna che balestri: quando l’occhio tuo si diletta di vedere altra criatura che il tuo marito, tu dimostri con quello occhio, il quale è il messo del cuore, di non tenere fede al tuo marito, e solo con quello mirare, hai rotta la tua fede, e vorrebbesi quella vena svenarla, perocchè essa è contaminata. Oh egli è il mal ruffiano l’occhio! Anco si fa peggio. Hai inteso del cuore? — Sì. — Ma chi la rompe colle parole che dice 1 Negli altri Codd. si legge; significò l’amore in sè, l’amore di Dio. [p. 100 modifica] di sì, quando tu ricevi delle canzonette dall’amante, e poi le canti tutte così vane, e cantile talvolta per èssare udita e intesa da chi si sia. Tu m’intendi bene; e talvolta le promesse a la ruffiana, sai: anche hai rotta la fede. Doh! non vogliate mai udirne niuna, chè ella è la più pericolosa cosa, una vecchia indiavolata a svoltare una fanciulla; peggior cosa che possa avere una fanciulla, che essendo la miglior del mondo, è possibile a farla cascare. Corrumpunt bonos mores colloquia mala:42 — Il male parlare corrompe i buoni costumi. — Che diremo quando si viene a’ fatti? Quando tu vieni a questo grado, oh! póvaretta, tu hai rotta la fede affatto; chè l’hai rotta prima col cuore, poi co le parole, et all’ultimo colle òpare. E in simile modo dico a te uomo, che come ella è obligata a te, così se’ tu a lei; chè rompendole la fede, come ella la rompe a te, tutti e due andate a casa del diavolo, se non ti confessi e pèntiti con pensieri di mai non ci cascare più. Tu vedi che l’anello avanza il dito di grossezza, e il dito avanza l’anello di longhezza. Che vuoi dire? Vuol dire che l’uomo non díe avanzare la donna di fare centra la promessa sua. Ode Paolo a’ Corìnti al vij cap. Vir non habet potestatem sui corporis, sed mulier; et mulier non habet potestatem sui corporis, sed vir: — L’uomo non ha podestà del suo corpo, ma la donna; nè anco la donna non ha podestà del suo corpo, ma il suo sposo. — Saldo, saldo, non ti partire, non pigliare l’osso. Non t’è poi mai lecito di consentire al peccato, perchè tu sia donna di costui; anco ti dico che innanzi voglia morire, che consentire mai a peccato mortale. Non hai scusa niuna; e se tu pure volesse dire: — elli mi con[p. 101 modifica]viene fare a suo modo; — io ti rispondo: — prima morire, che fare centra a Dio. — Se non mi credi, non ti bisogna venire a predica. Io mi credo bene ch’io ârò stamane qualche vermocane da qualche uomo disordinato. Ma anco credo che io avrò più benedizioni da coloro che vogliono vivare drittamente; e se so’ vissuti alla sbalestrata, d’amendarsi e vivare sicondo Dio, e non sicondo la sensualità della carne. Non v’ho io detto più volte, che noi predicatori siamo tenuti di predicare e amonirvi, e dirizzarvi più in onore di Dio, che noi potiamo? Ma ben vi dico, che noi doviamo dire con onesto modo più che a noi è possibile. Ohimè! O non considerate voi che a predicarvi di questa materia, elli v’è molto utile? Elli si díe cercare la salute dell’anima: pigliate quello che v’è di bisogno. Doh! pensa se fusse omo avaro che vedesse uno fiorino nella feccia, credi tu che elli andasse cercando con bastoncello per non toccare la feccia? — Sì. — O perchè? Per la sua avarizia. Non farà così colui che non si vorrà imbrattare. E però a quelli che vogliono vivar bene, con tutto che voglino seguitare il matrimonio, che è santissimo sagramento, fate che voi facciate come voi vedete fare al sole. O fanciulli, fanciulli; qual’è quella cosa che sta nell’acqua e non si molla? Non lo sai? È il sole. Così dico a te: — come vedi il sole che va sopra all’acqua e sopra el fango, e non s’imbratta, così fai tu; e credemi, domane tilla predicazione ch’io vi farò colla grazia di Iesu benedetto, migliaia d’anime si cavaranno dalla feccia; e dicovi ch’io mi farò intèndare, e il mio parlare sarà con discrezione.43 [p. 102 modifica] La terza ragione: dico che questo matrimonio si díe amare. O Favolo, che dicesti, quando tu scrivesti a quelli d’Efeso nei V cap.? Viri, diligite uxores vestras sicut et Jesus Ecclesiam44: — O uomini, amate Je vostre donne, siccome Cristo ama la Chiesa. — Io non dico che voi l’amiate con rabbia di lussuria, ma moderatamente le dovete amare, con purità e onestà, come Idio amò la santa Chiesa. Ma quanto l’amò Cristo? Amolla con diligenzia grandissima. E quanto tempo? Quanto egli visse nella carne. E sai come tel dimostrò che egli l’amò tanto? Che per lei volse morire in sul legno della croce, e volse essere confittovi su45, per aspettare il peccatore, che torni a penitenza: che, perchè egli vidde che l’uomo era fragile, egli si pose tutto il peso de’ peccati nostri sopra di sè, e portonne la pena. Adunque cadendo e ricadendo noi nel peccato, egli sta pure ad aspettare la nostra conversione colle braccia aperte, perchè noi ci ammendiamo. E però mai non ti disperare. O scellerato e mal vissuto, torna, torna a Dio; chè se tu veramente vuoi tornare, egli t’ârà misericordia: Vuoi vedere quanta è questa sua misericordia? Va’, legge Matteo al xviij cap., dove disse a santo Pietro: perdona al peccatore, non septies, sed septuagies seplies:46 — O Pietro, io non ti dico che tu perdoni al peccatore sette volte, ma settanta volte sette; — il quale significa uno numaro infinito. E però mai non ti disperare. E sai perchè egli ti dice che si perdoni tante volte? Perchè tu hai in un altro luogo47 septies in die cadit justus: — Sette volte cade il giusto [p. 103 modifica] il dì. — Adunque, volse dire Mio: fa’ che se egli ritorna a te settantasette migliaia dì volte, cioè infinitamente, fa’ che sempre tu gli perdoni, se egli torna a te con verità. Or qui sta ’l pònto, disse Lippo Topi. E però se tu se’ vecchia, o se’ inferma, o se’ gravida, sempre ti debbi aver cura di non fare centra il comandamento di Dio: eziandio se se’ in parto, ti debbi aver cura: essendo gravida, tu ti debbi aver cura della troppa fadiga, che da te non resti che egli48 viva al mondo a gloria di Dio; che se t’avviene che per la troppa fadiga tu uccidi la criatura che tu hai in corpo, tu la mandi non in gloria, ma a casa maladetta. E a te uomo, che mai tu non batta la tua donna mentre che ella è gravida; imperò che quello sarebbe un grande pericolo. Non ti dico che tu la batta mai, ma innanzi aspetta il tempo; e dicoti che so’ di tali, che se elleno potessero quanto il marito, guai a lui, tanta mala condizione hanno. E tali so’ che, prima che si sgarino, aspettaranno prima la morte49. E però mai non la vénciaresti per buttare, per la strattezza loro. Et anco so’ di molte che fatto uno fallo, subito tornano all’ammenda. Inde disse uno nostro dottore: Mulier aut mendanda aut ferenda: — O la donna díe èssare amendata, o ella díe èssare comportata. — Se tu l’amendi, tu l’hai guadagnata, o buona o gattiva che ella si sia. Se ella è buona e tu la sopporti, anco l’hai guadagnata. E però dico: o amoniscela, o sopportala; non la battare mai; fa’ con buone e con dolci parole. Oh oh oh! ora non dormirà, facendo la donna o l’uomo fornicazione col pensiero; e s’egli torna a Dìo, subito Idio l’abbraccia, benchè solo questo sia tanto [p. 104 modifica] grave peccato, che ti caccia a casa del diavolo; imperò che uno solo peccato mortale fa èssare l’anima50 tanto di lònga da Dio, che Idio non la vuole vedere appresso a sè; sì che essendo in peccato mortale, solo il pensiero ti fa perdere la gloria; e però dico che tu torni a Dio. Inde disse Isaia al ij capitolo: Tu autem fornicata es cum amatoribus multis51: — Tu hai fatta fornicazione con molti amanti. — Se tu sei venuta infino alle parole per qualunque modo si sia; anco se torni a Dio, egli è aparecehiato a perdonarti. Anco essendo venuto insino alle operazioni, e Idio è apparecchiato a perdonarti, volendoti tu amendare; benchè in molti modi si venga a questa operazione, pure sempre v’è il peccato, avendo acconsentito52. Come se una fusse stata ingannata, non cognoscendo il pericolo, nè le parole le quali la conducevano a quel fine; non se’ però scusata affatto, ma sia savia e dotta per l’avenire. Quanto è magior pericolo nella donna, che nell’uomo! Imperocchè alla donna è vergogna perpetua, e all’uomo è il peccato maggiore. Maggior peccato è quello dell’uomo che della donna, caeteris paribus; però che all’uomo si richiede più sentimento che alla donna; díe avere più costanza che la donna; non dovarebe mai dover consentire l’uomo, solo per la fede che egli ha data; e se tu vi cadi tu, come vai male! Vuoi tu che la tua donna ti mantenga la fede? — Sì. — Mantiella a lei. So’ molti che desiderano d’avere moglie53, e non la possono trovare; sai perchè? Perchè elli dice: — io voglio una donna tutta savia; — e tu se’un pazzo. Non va bene; pazzo con pazza sta bene. Come la vuoi [p. 105 modifica] fatta questa moglie? — Io la voglio grande, — e tu se’ uno scricciolo: non va bene. Egli è uno paese che le donne si maritano a canna. E fu una volta che uno di questi cotali che voleva moglie, la voleva vedere; e fu menato a vederla dai fratelli della fanciulla; e fugli mostrata scalza, senza cavelle in capo54, e misuratasi la grandezza di questa fanciulla, era grandissima fra l’altre fanciulle, et egli era un cotale piccolino piccolino55. Infine gli fu detto: — bene; piaceti ella? — Et egli disse: — Oh, sì bene che ella mi piace! — La fanciulla vedendolo così spersonito, disse: — e tu non piaci a me. — Doh, quanto bene gli stette! — A casa.

Come vuoi tu fatta questa tua moglie? — Io la voglio onesta, — e tu se’ disonesto. Anco none sta bene. Oltre: come la vuoi fatta questa tua moglie? — Io la voglio temperata, — e tu non esci mai della taverna. Non lârai. O come vuoi fatta questa tua moglie? — Io non la voglio golosa, — e tu se’ sempre co’ fegatelli. None sta bene. Come la vuoi fatta? — Vuola fattiva, — e tu se’ un perde il giorno. Come la vuoi? — Vuola pacifica, — e tu gridaresti cor una paglia che ti s’intraversasse a’ piei. Come la vuoi? — Io la voglio ubbidiente, — e tu non ubbidisci mai nè a padre, nè a madre, nè a persona: non la meriti. Come la vuoi fatta? — Io la voglio che non sia gallo, — e tu non sei gallina. Come la vuoi? — Io la voglio buona, bella, savia, acostumata con ogni virtù. — Rispondoti: che se tu la vuoi così fatta, così fatto si conviene che tu sia tu: che come tu la vai cercando virtuosa, bella e buona, così pensa che ella il vuole lei, savio, discreto buono, e con ogni virtù. Cerca quello detto d’Agustino, trigesima quistione, [p. 106 modifica] primo capitolo, Si ducitis in sententia. Disse così: quale tu vuoi che sia la moglie, tal sia tu. Se tu la vuoi savia, e tu se’ un pazzo, non va bene; a voler che vada bene, si conviene a te giovano di tuo paraggio; sicchè se tu la vuoi virtuosa, sia virtuoso tu56. E questo basti per la terza.

Quarta: díe la donna èssare amata e apprezzata per la virtù sua57. Doh! che cosa è ella, che talvolta una fanciulla savia, acostumata, buona, bella, con molte virtù, s’abbattarà a uno che non ha virtù niuna, che meritarebbe d’èssar moglie d’uno imperadore? Ella ârà in sé tutte le virtù; ella è atta a far figliuoli, buona massaia, sollecita, farassi voler bene, sarà della persona grande, sarà giovana, di buon parentado, darà buona dota, et ârà per marito uno che l’ârà da meno che non s’ha una paglia. Oh quanto è d’averle compassione! Sai che ti dico? Se costei è paziente, solo questo è suffiziente a farle avere vita eterna. Sapresti mi tu dire quale è la più bella e la più utile cosa che sia in una casa? E d’avere dimoiti famègli e ubbidienti e bene ornati? Non è essa. Sarebbe dell’avere ornamenti, come so’ argentiere o pannamenti o drappi o velluti? Non è essa. Sa[p. 107 modifica]rebbe avere de’ figliuoli ubidienti, savi e piacevoli? Non è essa. O quale è? Sai qual’è? qual’è? È avere una bella donna, grande, buona, savia, onesta, temperata, e facci de’ figliuoli. Certo, egli non è più bello ornamento che questo in una casa, nè può èssare. Sai come vi sta bene una donna?58 Come sta bene il sole, il quale allumina tutto il mondo; che sopra la terra non si vede più bella cosa che il sole. E che sia vero, chi il dice? L’Ecclesiastico a XV cap. Sicut sol ornamentum est in altissimis, ita mulier sapiens in domo viri:59 — Come il sole è ornamento nei cieli, così la moglie savia e prudente è ornamento in una casa, e così vi sta bene, come sta il sole ne’ cieli. — E questo sia detto in quanto ch’è all’utilità,60 che è la prima parte utile. Vediamo ora il dilettevole.

Quattro cose vedremo quanto al dilettevole, e vedrai che per quattro ragioni il marito díe amare la donna sua. Prima, per la naturale dilezione. Siconda, nell’aversità consolazione. Terza, da’ parenti separazione. Quarta, a spirituale dilettazione.

Tòlle la prima, che è naturale dilezione. Noi61 aviamo naturalmente, che noi ci doviamo amare insieme l’uno l’altro; e questo viene da Dio. Ècci agiònto62 fra il marito e la donna, poi il comandamento, che il ma[p. 108 modifica]rito debbi amare la donna sua. Va, cerca Pavolo ad Ephesios, cap. V, dove dice così: Qui suam uxorem diligiti se ipsum diligit: — Colui che ama la sua moglie, ama sè medesimo. — O come? Non t’ho io già detto, che ella fu fatta della sua carne propria per mano di Dio? E vedi che Idio non la volse fare nè del capo nè del piè, ma del corpo. Misterio ci fu adoperato, se tu raguardi bene: però che non díe èssare nè magiore, nè minore, ma uguale all’uomo. E non sia niuno che dica centra questo; imperò che dicendo contro, egli parlarà63 contra Dio. Ecci niuno sodomito che gli dispiace, e dice che la donna non è da tanto quanto l’uomo? Or intende quello che è scritto per bocca di [Matteo, cap. xviiij]:64 Sunt eunuchi qui se ipsos castraverunt propter regnum Coelorum. Noi parlaremo qui de’ soddomiti maladetti, i quali so’ tanto acciecati in questa loro malizia, che, sia bella la donna quanto è possibile, che a lui li pute e li dispiace, nè mai si vorrà inchinare alla bellezza sua. Non piace così a Dio, no. Egli ha fatta la donna e l’uomo perchè s’amino insieme. Elli so’ già stati degli eunuchi, i quali si so’ fatti castrare per avere il regno del cielo. Dice Idio; e poi sogiónse:65 Non omnes capiunt hoc verbum: — Ognuno non intese queste parole. — E così dico io: ognuno non l’intende. Avetemi voi inteso, donne? Che alla barba di tutti i sodomiti io voglio tenere colle donne, e dico che la donna è più pulita e preziosa nella carne sua, che non è l’uomo; e dico, che se egli tiene il contrario, egli mente per la gola: e tolgolo a provare. Vuolo vedere? Ma dimmi, l’uomo non fu egli [p. 109 modifica] criato da Dio di fango? — Sì. — O donne, la ragione in mezzo. E la donna fu fatta di carne e d’ossa, sicchè ella fu fatta di più preziosa cosa che tu. Doh! tu ne puoi vedere l’esemplo tutto dì, come la donna è più pulita e più netta che tu non se’ tu. Lavisi l’uomo e la donna il meglio che sanno o possono, e poi che so’ così lavati, ognuno pigli dell’acqua chiara e rilavinsi; e poi mira la lavatura dell’uno e dell’altra quale è più salava, e vedrai che quella dell’uomo è più brutta assai, che quella della donna. La ragione. Lava un poco di fango, e mira che acqua n’escirà, e vedrai come sarà brutta. Lava una costola colla carne: e’ sarà un poco salava, ma non sarà però brutta come quella del fango. Meglio un’altra ragione. Se tu lavi uno mattone non cotto, sempre farai66 broda; se tu lavarai un osso, no farai così. Simile è dell’uomo e della donna; che l’uomo è di fango, e la donna è di carne e d’ossa nella prima natura loro. E che questo sia vero, l’uomo che è di fango, sta più quieto che la donna che è d’ossa; l’ossa sempre bussano.

O donne, oh che vergogna è egli la vostra, che la mattina, mentre che io dico la messa, voi fate un romore tale, che bene mi pare udire uno monte d’ossa, tanto gridate!67 l’una dice: Giovanna! L’altra chiama Caterina! L’altra: Francesca! Oh, la bella divozione che voi avete a udire la messa! Quanto ch’è a me, mi pare una confusione, senza niuna divozione e riverenzia. Non considerate voi che quine68 si celebra il glorioso corpo di Cristo figliuol di Dio, per la salute vostra? Che dovareste stare per modo, che niuna non facesse un zitto. [p. 110 modifica] Viene madonna Pigara, e vuol sedere innanzi a madonna Sollecita. Non fate più così. Chi prima giógne, prima macini. Come voi giógnete, ponetevi a sedere, e non ce ne lassate entrare niuna innanzi a voi, — Ora a casa.

Tu hai veduto naturale dilezione. La siconda dico, che è nelle avversità consolazione. Avendo Idio fatto l’uomo, disse:69 Faciamus adiutorium similem sibi: — Non è buono che l’uomo sia solo, facciamoli uno aiutorio simile a lui; — e però fece Eva, come t’ho detto. Dove tu potrai comprèndare il peccato di molti, i quali non vogliono pigliar moglie, e di molte che non vogliono pigliar marito», ma vogliono vivare sciolti per far male. Non dico così di quelli i quali vogliono vivare santamente, chè questi tali dico che fanno molto bene: ma chi vuole stare senza compagnia di matrimonio per peccare e fare dissoluzioni, di questi voglio parlare, de’ quali dice l’Ecclesiaste al IV capitolo: Vae soli, quod si ceciderint, non sublevabuntur:70 — Guai a chi è solo, perocchè se egli cade o in lussuria o in sodomia o in altro peccato di carne, egli non ha chi l’aiti, o chi el sollevi; — perocchè la donna è data in adiutorio dell’uomo; e però non avendola, e cascando, non può essare aitato. Ma che diremo se egli ha la donna, e anco casca nel peccato? Oh quanto fa peggio che se non l’avesse! Imperocchè egli fa danno a sé, e anco ad altrui. Vedi tu colui che tiene la femina e ha la donna? Oh! egli è un coltello nel cuore della sua donna ogni volta che ella la vede, e quando la sente ricordare, tutta si turba. Io ti dico che la donna díe èssare aitata dall’uomo, e anco [p. 111 modifica] díe èssare la donna adiutorio all’uomo; e tu donna sei tenuta, se il tuo marito è caduto in peccato, di aiutarlo a rilevare, e non aitarlo a minare; e se tu l’aiterai a trarlo fuore della miseria e del peccato, oh! tu acquisterai quanto merito da Dio, e andarà bene la cosa. E simile tu, marito, anco debbi aitare la tua donna, non a rómpare il collo, ma a trarla del peccato; chè veggo voi, donne, tanto essere trascorse nella vanità, che mi pare una confusione, con vostre code e civette,71 più che io vi vedesse mai; e in molte altre vanità. E come io veggo qui, così ho veduto in molti altri luoghi; e fralle altre vanità che io ho veduto, non trovai niuna così grande, quanto qui a Siena; chè voi mi parete tanto grandi donne, che voi avanzate l’altre,72 quando voi sete intrampalate con panni trascinanti; che mirandoli io, mi dimostrano di voi tanto vituperio, che io temo che solo per questo voi non facciate venire qualche grande isterminio io questa città. E dice colei: — la spesa è pure fatta: che doviamo fare? La cosa che è fatta non può tornare a dietro. — Dici vero. Ma ditemi? Uno che stesse in su la torre, se egli desse il salto fuore, e, dato il salto, egli vedesse e conoscesse come egli ha fatto male, egli non può però tornare a dietro, che e’ li si converrà che egli facci il fracasso in terra. Così mi credo che interverrà a voi de’ vostri vestiri, a voi che dite: — che se ne fa, poi che la cosa è fatta? — Io non lo so già io, se non che io aspetto qualche fracasso; chè quando io considero le cose vane tanto multiplicate, e le spirituali mancate, non so vedere che bene ve ne possa seguitare. Egli non ci so’ [p. 112 modifica] più gli uomini spirituali come solevano èssare, e come già se ne vidde;73 e anco delle donne, che ce n’erano assai e nella città e nel contado, tutto pieno qui di fuore. Non so che si voglia dire; pure vego che le possessioni vostre si lavorano, le quali solevano essere delle chiese: come si sieno andate, voi il sapete voi meglio di me. Simile, quando io guardo le chiese, li spedali, che solevano essere uffiziati, io veggo quine essere mal capitata74; in quello spedale non esservi letta da potere ricévare i pellegrini; quale è caduto, quale ha uno difetto, e quale n’ha più. I mali75 vego multiplicare, e il bene mancare. Vego i prigioni76 non avere aiuto da coloro che possono; veggo le vedove e pupilli èssare abbandonati, e ogni misericordia venuta meno. Dall’altro lato vego méttare in pompa e in vanità. Anco viddi le compagnie vostre stare già molto bene: non so io come ora si stanno. Anco mi ricordo di quanti buoni religiosi d’osservanza c’erano, che ora non ci sono: tutti venuti meno; chè pure quegli ch’io viddi in queste compagnie, era una devozione l’osservanza loro. Del bene si díe dire bene. Dico che di donne a Milano ci so’ due munisteri d’osservanza: el numero so’ in tutto di quaranta donne, sotto l’ordine che diè santo Francesco a santa Chiara; donne di grandissima devozione. Anco a Crema vi sònno di quelli del terzo ordine di santo Francesco; e quanto frutto vi fu! Forse è tre mesi e meno, che credo che da cinque miglia battenti vi fussero di disciplina; che tutti si battevano con catene di ferro, e uscivane sangue, che a vedere era una devozione. Non pare [p. 113 modifica] che si facci così qui, che quando io mi partii, io mi credeva che voi faste tutti santi. Ora non dico così. Voi mi siete così cascati di collo, quanto niuno popolo che io bazzicasse mai. Ora a Perugia sono circa trenta giovani, rendati a tanta buona vita, che è uno miracolo, tutti vestiti di nostro abito. Non dico degli altri; che so’ molti che si comunicano ogni settimana, quando dieci, quando venti, quando trenta, o circa; non dico delle confessioni, che è una cosa santa. E però dico a voi, uomini: aiutate le vostre donne. E voi, donne, aiutate i vostri mariti non a pericolare, e non vogliate méttare il vostro avere ne’ gòffani, là dove tu vedi che ti fanno peccare te, e anco il marito tuo, il quale ti contenta di quello che tu gli chiedi; chè facendo tu e lui così, l’uno aita a pericolare l’altro. E hai nell’avversità consolazione.

Terzo: rigore e rispetto, perchè ella fa da’ parenti separazione; come si vede che la donna si parte dal padre e dalla madre e da tutti i parenti, e vassene a stare a casa del marito, e talvolta andarà di lònga in altra patria, chi cento miglia di lònga, e chi più e chi meno. Tu vedi che ella lassa tutti i suoi per venire a te: quanto solo per questo la dovresti amare! E come tu vedi che ella ama te, così tu debbi amare lei, e anco più se tu potessi; e se tu l’amarai come tu debbi, ârai soddisfatto a quello che tu se’ obbligato. Ode Geremia77: Memor sum tui: — Io mi ricordo di te, dice il profeta in persona del marito; bene mi costregne il tuo amarmi ad amarti. —

Quarto: è spirituale dilettazione; che con tutto che si pigli piacere mondano, nondimeno essendo ordinato, [p. 114 modifica]anco riesce piacere a Dio: eziandio gli uomini e le don— ne ne possono pigliar buono esemplo; ma se cascano, o escano della dritta via ordinata da Dio, costoro non possono mai capitare bene. E però tutti vi priego che siate ordinati a onore di Dio nel santo matrimonio. Dice nello Ecclesiastico: In tribus placitum est spiritui meo, con— cordia fratrum, amor proximi, et vir et uxor bene consentien— tes78: — Tre cose piacciono a Dio: l’una, l’amore dei fra— telli, i quali s’amano insieme; l’altra, amore dei prossimi, cioè fra’ cittadini l’uno all’altro; l’altra è l’amore fra la moglie e il marito, e ’l marito e la moglie; i quali si intende che tutti il faccino in carità di Dio. — E hai compreso, onesto e dilettevole. Veniamo al fine. O donne, promettetemi voi una cosa, prima ch’io dica più oltre79. Io voglio che voi me la promettiate. Promettetemela? Or oltre. Io voglio che voi v’aumiliate, e non che voi insuperbiate; col capo basso, e voglio tener con voi.

La terza parte. Quatro cagioni dell’utile voglio che voi udiate che esce de la donna, e poi sarà fine al nostro dire. Prima, del frutto la preziosità. Siconda, perchè è defensione nella fragilità. Terza, è sovenimento nella necessità. Quarta, concordia con tranquillità.

Prima: del frutto la preziosità. Oh quanto so’ preziosi i frutti della buona donna! Inde hai il detto della Scrittura80: Ex fructibus eorum cognoscetis eos: — A’ frutti loro li cognósciarete. — El pero a che si cognósce se egli è buono? Sai, uno pero ciampolino? Al frutto suo il cognosciarai. Simile, la vite a che la cognósci quando ella è buona? Al frutto suo. Così delle sùcine: al frutto [p. 115 modifica] suo. Così dico d’ogni arboro81. O come tu conosci gli arbori? Per frutto, se è buono o no. Così cognósciarai al frutto della donna se ella è buona; quando la donna è buona, ed ella fa figliuoli, che è il più nobil frutto che si possi fare in questo mondo, quando eglino so’ buoni. Tu sai che questo arbore il piantò Iddio, e il frutto suo è la più nobile cosa che possa èssare. Oh, a vedere uno fanciullo mastio, non vedesti mai il più bel frutto! L’arbore tu sai che fu piantato in così prezioso luogo, cioè nel paradiso terrestro, e fu fatto per le mani di Dio proprio. Molti so’ che non considerano quanto egli è uno fanciullo o una fanciulla; e molte persone avendoli, non l’apprezzano nulla; e quando lo’ vede fare una fanciullezza, non li sanno comportare, tanta poca discrezione hanno! Che tali so’ che sapranno meglio comportare una gallina, che fa ogni dì un uovo fresco, che non comportaranno la propria loro donna; e talvolta la gallina romparà uno orciuolo o ’l bicchiere, e non le darà, solo per l’amore che non le manchi il frutto di quello uovo. O pazzi da catena dimolti, che non sanno comportare una parola da la loro donna, la quale fa così bello frutto; che come ella parla una parola più che a lui non pare, subito piglia il bastone e cominciala a bastonare; e la gallina, la quale gracida tutto dì, che mai non si ristà, e tu hai pazienza di lei per avere l’ovicciuolo, che talvolta ti romparà, e farà più danno che ella non vale; e tu pure hai pazienzia per l’uovo. Molti letrosi, che talvolta vedranno la donna non èssare così netta e dilicata, come eglino vorrebbero, subito la pereuote; e la gallina talvolta insino in su la tavola t’imbratta, et hai pazienzia. O come non consideri tu a quel[p. 116 modifica]lo che tu debbi? Non vedi tu anco il porco, che sempre grida e sempre gracida, e sempre t’imbroda la casa; e tu il sofferi, tanto che elli venga il tempo che tu l’ammazzi? Solo hai questa pazienzia per avere il frutto della carne per mangiarla. Considera, gattivello, considera il nobile frutto della donna, e abi pazienza: non per ogni cosa se conviene buttarla, no. Doh! basti alla prima preziosità.

Siconda, dissi che era difensione nella fragilità. Egli so’ molti in questo mondo che si so’ posti in cuore di stare con castità, mentre che vivano, bene che abino moglie; e dico che fanno molto bene. E se pure questi tali non potessero istare, se cascano colla moglie loro, non lo’ è imputato da Dio in mortale peccato. Melius est nubere, quam uri82. Chi può stare in questo stato di astinenza, stievi, ma miri che mai egli non caschi in peccato mortale. Se pure egli cognoscesse che egli non si potesse astenere, dico che è meglio che egli pigli donna, che stare in quello pericolo; chè solo una volta cascando, era meno peccato che sempre tu fussi istato colla donna tua in santo matrimonio. Passiamo al terzo.

Terzo è sovenimento nella necessità. La donna dove vede il bisogno, sempre vi sta attenta. Se ella è gravida, ella dura fadiga ne la sua gravidezza; ella ha fadiga in partorire e’ figliuoli; ella s’affadiga in governarli, in allevarli, e anco ha fadiga di governare il marito, quando egli è in nissuno bisogno e infermità: ella dura fadiga in governare tutta la casa. E però, come tu vedi che in ogni modo ella dura fadiga, così tu, marito, quando la tua donna ha niuno caso, fa’ che tu l’aiti a portare la fadiga sua. Se ella è gravida o in parto, aitala in quello [p. 117 modifica] che tu puoi, perocchè quello è tuo figliuolo. Ognuno l’aiti in quello che egli può. Vedi bene di lei, che ella vi dura fadiga al partorire, fadiga al notricare, fadiga all’allevare, fadiga in lavare e nettare di dì e di notte. Tutta questa fadiga vedi che ella è sola della donna, e l’uomo se ne va cantando. Una volta fu una donna d’un signore che mi disse: — egli mi pare che misser Domenedio facci ciò che gli piace, e vo’ dire che egli fa bene. Ma la donna sola ha fadiga del figliuolo in molte cose: ella in portarli, ella in partorirli, ella in governarli, e talvolta vi pate grandissimi stenti. Almeno avesse Idio dato una parte all’uomo, almeno in parturire! — Assegnandomi queste ragioni, io le risposi; egli mi pare che tu abbi una grande ragione. Or a casa. Dice colui: — che mi bisogna pigliare moglie? Io non ho niuno affanno; io non so’ desto di notte da’ fanciulli quando io dormo; io non ho di molte ispese che io ârei. Perchè voglio io questo affanno? Se io pure infermarò, io sarò governato da’ miei famegli, meglio ch’io non sarei governato da lei. — E io ti dico il contrario: che la donna governerà meglio il suo marito, che persona del mondo. E come ella governerebbe meglio il marito, così anco tutta la casa, di ciò che fa di bisogno. Ode Salomone83: Qui possedit bonam uxorem, bonum inchoabit: — Chi possiede la buona moglie, ogni cosa gli conserva bene. — Dice colui: — oltre; io non voglio moglie, ma io terrò una amica: almeno io sarò governato, io e tutta la mia casa e la mia massarizia. — Anco ti dico, che una femmina a quello modo mai non pensarà in altro che in fare gruzolo; sempre s’ingegna di furare; e se pure vede [p. 118 modifica] una cosa andare male, non si cura come ella si vada; perocchè ella dice in se medesima: — che mi bisogna d’affadigare e di procurare così a ogni cosa? Chè come io invechiarò, così non sarò voluta vedere. — E per questa ragione ella lassa guastare quello che la donna non lasserebbe guastare lei. E inde è detto: Qui nutrit scortum, perdit substantiam84: — Colui che nutrica l’amica e la ribalda, disperge la sostanza, cioè la sua robba. — Ella sempre chiede, e ’l pazzarone le dà ciò che ella gli chiede, e così va male la cosa. E però ti dico che è meglio di pigliar moglie, poi che tu non ti puoi o non ti sai astenere da la carne; e poi che l’hai, fa’ che tu viva come díe fare ogni fedel cristiano. Sai chi ’l sa? Sallo colui che l’ha, e buona massaia85, la quale sempre procura a tutta la casa. Ella ha cura al granaio; ella il tiene netto, che non vi possa andare niuna bruttura. Ella conserva i coppi dell’olio, ponendo mente: — questo è da lograre, e questo è da serbare. — Ella il governa, sì che non vi possa cadere nulla su, e che non v’entri nè cane, nè altra bestia. Ella pon mente in ogni modo che ella sa, o può, che eglino non si versino. Ella governa la carne insalata, sì al salarla, e sì poi al conservarla. Ella la spazza e procura: — questa è da véndare, questa è da serbare. — Ella fa filare, e fa poi fare la tela del pannolino. Ella vende la sembola, e de’ denari riscuote la tela. Ella pone mente alle botti del vino; se ella vi trova rotte le cerchia, o se elle versano in niuno luogo. Ella procura a tutta la casa. Non fa così la fantesca, sai; che [p. 119 modifica] d’ogni cosa che ella tramena, ella ne fura86. Ella non procura alle cose come elleno si vadano; che, perchè la robba non è sua, non vi dura fadiga volentieri, e non v’ha troppo amore. E se uno si sta, e non ha nè moglie nè persona che ’l governi, sai come sta la casa? Oh! io tei vo’ dire, perchè io il so. Se egli è ricco e ha del grano, le pàssare sel mangiano, e topi. Egli nol tiene assettato, ma porrallo isparto per modo che tutta la casa se ne imbratta. Se egli ha l’olio, perchè non vi procura, egli si versa; quando si rompono i coppi, e se n’è versato, egli vi pone su un poca di terra, ed è fatto. E ’l vino? Finalmente giógne alla botte, attegne il vino e non pensa più là: talvolta la botte mostrarà dal lato dietro, e il vino se ne va. Simile, romparassi uno cerchio o due, e egli il lassa andare; simile, qual vino si fa aceto, e qual si fa cercone. A letto, sai come sta a dormire? Egli dorme in una fossa, e come egli ha messo il lenzuolo nel letto, mai non nel cava se non si rompe. Similmente, ne la sala dove egli mangia, quine in terra so’ bùcciche di poponi, ossa, nettatura d’insalata, ogni cosa lassa ine in terra senza mai appena spazzarvi. La tavola sai come sta? Che in tal pònto vi pone su la tovaglia, che mai non se ne leva se non fracida. E’ taglieri li forbe un poco poco; e ’l can li lecca e li lava. E’ pignatti tutti ónti: va’, mira come stanno! Sai come egli vive? Come una bestia. Io dico che non potrebbe mai stare bene a stare solo a quel modo. — Donne, col capo basso. — La donna è quella che sa governare la casa: d’ogni altra cosa si fa beffe; che mai non potresti vivare bene in tal modo come tu vivi. Passiamo all’altra. [p. 120 modifica]

Quarta, dissi, concordia con tranquillità. Quanta concordia si vede èssare addivenuta per la donna! Chè anco dove sono istate le discordie, per la mezzanità della donna so’ state grandissime tranquillità; chè talvolta sarà stata guerra mortale tra uno casato e un altro, tra uno schiattale e un altro, tra uno signore e un altro; e per una fanciulla che si mariti di questa casa in quella, subito fatti parenti con tanta tranquillità e concordia e pace, che è stata una consolazione. Adunque, se elleno so’ cagione di méttare pace fra uno e un altro, quanto saranno pazzi e pazze se mai saranno cagione d’avere guerra fra loro! Doh! diciamo che basti per stamane. Coglie insieme.87



Note

  1. Nel vol. delle Prediche edite dal Milanesi, questa è la sesta.
  2. Genesi, cap. secondo, vers. 24.
  3. Il Cod. Sen. 6 e il Pal., possiamo.
  4. Negli altri Codd., dilettabile.
  5. Errano gli altri Codd. leggendo, autorità, e alturità.
  6. Cioè, anzi.
  7. Il Cod. Sen, 6 e il Cod. Pal., la quale.
  8. Diversa, ma non migliore, è la lezione degli altri Codd. in questo luogo. Dice così: Se ella è piena di carità, di speranza, di fede, d’umiltà, di drittura, di sofferenza, è piena d’ogni virtù che si può numerare, e oltre a questo, atta ad avere figliuoli; oh! quanto simili cose essere nell’uomo suo marito, per certo sarebbe grande tale amicizia; cioè l’uomo sia savio, buono, prudente, gagliardo: sia giusto, sia bello di corpo. Ma se non ha solo due cose, se fusse, savia, buona e onesta, non avendo figliuoli, l’amore e l’amicizia si stende in quelle due cose.
  9. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal. leggono: come si può dire di quegli che pigliano ec.
  10. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal. hanno: Guarda che molte volte ec.
  11. Gli altri Codd., e non ama te.
  12. Libro di Giobbe, cap. xv, vers. 33.
  13. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal., di lino.
  14. Negli altri Codd., mi maritarò.
  15. È una brontolona, una inquieta.
  16. Negli altri Codd.: Un poco.
  17. Invece negli altri Codd. si legge: E però, o donne che avete le vostre figliuole, fate abbino questa virtù, se volete sieno amate dalli loro mariti.
  18. Cioè l’incanto.
  19. Gli altri Codd. e la stampa: Tolle.
  20. Il Cod. Sen. 5 così legge: Al debile non è forte l’amicizia; al disutile non è forte l’amicizia, è debile. Sai come sono fatte?
  21. Il Cod. Sen. 6, cor uno.
  22. Il nostro Cod. legge; in su le sechie di Barbarino. l’errore della lezione è evidente. Sechie per Secche è anche negli altri Codd.
  23. Il Cod. Sen. 6, dura poco e fa fracasso.
  24. Salmo cxxvij, vers. 3.
  25. Il Cod. Sen. 6, cagioni.
  26. Le imparerai.
  27. Il Cod. Sen. 5, boccata. Meglio il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, seguito dalla Ed. Mil., borsata.
  28. Il Cod. Sen. 6., non ci venghino. Il Cod. Sen. 5: Io non dico che venghino solo le maritate; io dico ec.
  29. Quest’ultimo periodo manca per intero a tutti gli altri Codici.
  30. Così gli altri Codd. Nel nostro manca la voce, aprezzata.
  31. Il Cod. Sen. 6 e la stampa, Due.
  32. Per verità il nostro Testo, qui e per altre tre volte consecutive, testamento; e così leggesi pure nella Ed. Mil. Ci parve bensì lezione scorretta, e accettammo di preferenza quella degli altri Codici.
  33. Mancano al nostro Testo le parole poste fra parentesi.
  34. Cap. xviiij, vers. 6.
  35. Cioè, ci sei, ci se' nel matrimonio (M). Gli altri Codd., ma con errore, facci.
  36. Negli altri Codd., se intendete a farlo occulto.
  37. San Paolo ad Corinthios, I, vij, 10. Ma la Volgata dice: Praecipio non ego, sed Dominus, uxorem a viro non discedere.
  38. Invece di, autenticato.
  39. Gli altri Codd., conservato.
  40. Le parole che stanno fra parentesi, omesse inavvertenteniente nel nostro Cod., si leggono negli altri Codd. e nella stampa. Lo stesso dicasi del periodo che vien poco sotto, chiuso ugualmente da parentesi.
  41. E gli altri Codd., che elleno dicono di sì.
  42. San Paolo ad Corinthios, I, cap. xv, vers. 33.
  43. Emendata là lezione del nostro Testo coll’aiuto del Cod. Sen. 6.
  44. La Vulgata, loc. cit., vers. 25 dice: Viri, diligite uxores vestras, sicut et Christus dilexit Ecclesiam.
  45. Il Cod. Sen. 6 e il Pal., e volse esservi confitto.
  46. Non dico tibi usque septies, sed usque septuagies septies (vers. 22).
  47. Nei Proverbi, cap. xxxiiij, vers. 16.
  48. Il Cod. Sen. 6, ella, cioè, come poco dopo dice, la criatura.
  49. Il Cod. Sen. 6: E tali sono che prima appitirebbero la morte.
  50. Il Cod. Sen. 6 e il Pal., l’uomo.
  51. Non Isaia, ma Geremia al cap. iij, vers. 1.
  52. Il Cod. Sen. 6, consentito.
  53. Il Cod. Sen. 6, donna.
  54. Gli altri Codd., e senza niente in capo.
  55. Negli altri Codd., et egli era un piccolino.
  56. In una predica detta nella quaresima del 1423 in Santa Croce di Firenze trattava l’Albizzesclii questo medesimo argomento quasi direi con le stesse parole. Eccone un breve saggio. — «0 mariti, dice santa Agostino: qual tu vorresti trovare la moglie, fa’ che tu sia di quella fatta tu. — Vuola trovare ch’ella sia savia? or fa’ che tu non sia un pazzo. Volla trovare umile? fa’ che tu non sia un superbo. Volla obediente? or fa che sia obediente a tuo padre et a tua madre. Volla che sia costumata? fa’ che tu sia costumato anco tu. Di tutte quelle condicioni che tu vorresti ch’ella fussi come tu ài detto di sopra, così fa’che tu sia tu, et abbi tutte tutte quelle cose» (V. Del tôrre moglie, massime di S. Bernardino da Siena, edite da L. Banchi — Siena 1871 — pag. 12 e segg.)
  57. Il Cod. Sen. 6 e il Pal.: la donna díe essere per virtù amata e aprezata per la virtà sua.
  58. Seguitano nel Cod. Sen. 6 e nel Cod. Pal. le parole, in una casa a questo modo?
  59. Il passo appartiene invece al cap. xxvj della Vulgata, vers. 21 e dice così: Sicut sol oriens mundo in Altissimis Dei, sic mulieris bonae species in ornamentum domus eius.
  60. Il Cod. Sen. 6, in quanto ch’è all’ultima; che vuol dire all’ultima ragione della prima parte, o, come ha detto in principio alla predica, del primo fondamento che si chiama utile.
  61. Gli altri Codd. e la stampa: Imperò noi.
  62. Gli altri Codd. e la stampa, aggiunto.
  63. Il Cod. Sed. 6, parla.
  64. Le parole poste fra parentesi mancano ai Codd. e alla stampa.
  65. Il Cod. Sen 6, sogiunse.
  66. Gli altri Codd. qui e appresso, farà.
  67. Il Cod. Sen. 6, tanto gridano! E subito dopo: L’una dice, Giovanna; l’altra, Caterina.
  68. Gli altri Codd., qui, cioè nella cappella di Piazza del Campo.
  69. Genesi, cap. secondo, vers. 18.
  70. Non così la Volgata che dice: Vae soli, quia cum ceciderit, non habet sublevantem se.
  71. Questa parola sembra che qui stia a significare una foggia di abbigliamento donnesco.
  72. Il Cod. Sen. 6, l’altre donne.
  73. Gli altri Codd. aggiungono, in questa terra.
  74. È sottinteso, la città di Siena. La stampa, male capitate.
  75. Il Cod. Sen. 6, il male.
  76. Negli altri Codd., i pellegrini.
  77. Voleva forse dire il Salmista, che esclama: Si memor fui tui ec. (Salmo Ixij, vers. 7).
  78. V. in questo a pag. 54, n. 1.
  79. Gli altri Codd., più altro.
  80. Vangelo di san Matteo, cap, vij, vers. 20.
  81. Il Cod. Sen. 6 ha quasi sempre, arbolo.
  82. San Paolo, Epistola prima ad Corinthos, cap. vij, vers. 9.
  83. Correggi, l’Ecclesiastico, che al cap. xxxrj, vers. 26, così dice: Qui possidet mulierem bonam, incohat possessionem.
  84. Qui autem nutrit scorta, perdet substantiam (Proverbi, cap. xxviiij, vers. 3).
  85. Negli altri Codd. e nella Ed. Mil., e halla buona massaia.
  86. Gli altri Codd. leggono: Non fa così la fantesca. Sai che fa la fantesca? D’ogni cosa che ella tramena, ella ne fura.
  87. Come in altre Prediche, manca pure in questa la conclusione, o il riepilogo, che costumava il Santo di fare.