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Prediche volgari/Predica XL

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Predica XL

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Predica XXXIX Predica XLI

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XL.

Qui tratta della elemosina, e a chi si dè dare
la limosina

Beatus qui intelligit super egenum et pauperem: in díe mala liberabit eum Dominus (Psalmus Davit XL). Le parole prealegate, dilettissimi, so’ parole di Davit profeta al quadragesimo salmo, dove dice così: — Beato quello popolo, beata quella persona la quale intende e attende sopra al pòvaro bisognoso, però che nel dì de le tribolazioni sue el Signore il camperà e liberarà. — Cittadini, e voi donne, suore e fratelli miei, io parlo con migliore coscenzìa ch’io posso, e non posso con mia salute parlare per altro modo; e quando io vengo a procurarvi intorno intorno, io ci vego dimolte fatighe, peccati assai, e virtù poche. Ma poi che così è, ingegniamci d’atacarci a le virtù più che noi potiamo. Noi doviamo considerare che noi siamo pecatori; e se noi aviamo de le aversità, potiamo dire arditamente a Dio Signore nostro: — noi meritiamo questo e anco peggio. — E pur niente di meno sempre chiediamo a Dio di grazia, che elli ci abbi misericordia; e come noi la domandiamo, simile si conviene che noi la facciamo ad altrui. Hai quello detto: iudicium sine misericordia illi, qui non fecit misericordiam:1 [p. 285 modifica] — Giudicio senza misericordia sarà fatto a colui che non ârà misericordia. — L’operazione de la misericordia è troppo notabile cosa: altri si leva dall’ozio e entra in operazione; e colui che s’adopera in tale esercizio, dice Davit che il Signore el liberarà da le fortune, le quali continuamente ognuno aspetta.

Adunque, volendo intrare in questa santa operazione, noi parlaremo stamane della limosina, come Davit nel sopradetto tema ci dimostra: dove noi faremo in esso tre contemplazioni:

Prima, de la limosina la necessità, quanto ch’è al bisogno: Beatus qui intelligit.

Siconda, de la limosina la qualità: a chi si debba dare: super egenum et pauperem.

Terza, de la limosina l’utilità che ne segue: in díe mala liberabit eum Dominus.

De le quali2 stamane noi diremo le due; de la necessità e de la qualità: domane e noi diremo de la utilità che ne segue. E se, udite queste tre cose, e’ non ti viene voglia di fare limosina, e’ mi parrà gran fatto.

La prima parte che noi aviamo a vedere si è de la necessità. Beatus qui intelligit: dove noi vedremo chi è colui che è tenuto a fare limosina; e sicondo Alisandro de Ales vedremo tre utili dichiarazioni e verità:

Prima, vedremo chi t’obliga a dare limosina.

Sicondo, a chi tu se’ obligato darla.

Terzo, chi è colui che è obligato a dare questa limosina.

E udirai stamane andare la cosa a cauti e a biscanti d’organi, tocando e’ tasti di questa faccienda; e se [p. 286 modifica] vorrai andare cercando chi t’obliga a dare limosina, trovarai tre leggi, che ognuna obliga. Vuo’ le udire? — Mai sì. — Poco poco starai, e entendarâle. Ma sai che ti dico? Fa’ che tu non dorma punto. Donne, imparate quello che voi dovete fare del fatto de la limosina, però che è cosa di grandissima utilità. Or intende queste tre leggi.

La prima legge si chiama legge di natura.

La siconda legge si chiama di Scrittura.

La terza legge si chiama di grazia.

Vede la prima che è legge de la natura. Io ti pongo questa figura, che mai all’uomo non fusse stata data legge per niuno modo. El’uomo è razionale: per questo solo l’uomo debba ed è costretto da la natura di dare limosina a la criatura razionale come è lui. In te medesimo non ti giudica l’animo di fare quello ad altrui, che tu volesse ricevere?3 Certo sl.. Ma se tu avessi bisogno, non vorresti tu essere sovenuto? Io non dico che solamente ti fusse âuto compassione, chè questo è da la parte dentro, ma che coll’operazione tu avessi i fatti. Elli giova molto a chi è appenato la compassione; ma il bisogno suo è più all’operazione, che a compassione. La pruova: hai tu fame? — Sì. — Vuoi compassione? — Sì, ma anco vo’ più tosto l’operazione al bisogno mio. — E però in Canonica, cap. iij: — Non diligamus verbo neque lingua, sed opere: — Fratelli miei, non bisogna solamente amare altrui co la lingua e colle parole, ma coll’operazioni. — A’ fatti, a’ fatti si cognosce chi ama Dio. Anco aviamo il detto di santo Iacomo4 Qui viderit fratrem suum necessitatem habere, et clauserit viscera sua ab eo; quomodo est charitas Dei in illo?5 — Chi vedrà il suo [p. 287 modifica] prossimo morire di fame, in grandissima necessità e miseria, se elli non l’aiuta, come sarà carità di Dio in lui? Bisogna che nella mente ne sia piatoso e anco ne le parole, con dolci parole consolarlo, e anco coll’opera di dargli, avendo modo, di quelle cose che gli so’ bisogno. E a questo vi se’ indotto da la legge de la natura, e sènne obligato.

La siconda legge anco t’obliga ad amarlo col cuore e co la bóca e coll’opera, e chiamasi legge de la Scrittura. Legge ne la Sacra Scrittura al x cap., o vero a l’xj, del Deuteronomio: dice Iddio:67 Praecipio tibi: ama peregrinum, et da ei victum atque vestitum. Et vos ergo amate peregrinos, quia et ipsi fuistis advenae in terra Aegipti. E in altro luogo:8 Praecipio tibi, ut aperias manum pauperi et egeno: — Io ti comando che tu porga la mano al pòvaro. — Amarai el peregrino, e questo ti comando, e fa’ che tu gli porga la mano a vestirlo a calzarlo a dargli da mangiare e da bere, a farlo medicare, e provédelo di tutte quelle cose che gli fanno di bisogno. Non gli pòrgiare la mano a oncichiare,9 ma aprela al suo bisogno; non gli tòllare quel poco che egli ha, ma dagli di quello che egli non ha; cioè di quello che ha di bisogno, non dandogli nulla se non solo per una cosa, che Idio promette. Sì, gli dovaresti dare il suo bisogno, e usare la carità in lui, ut vivas longevus: — Acciò che tu viva lòngo tempo; — chè molto ci promette10 più che noi non diamo.11 Se tu fai limosina di pane [p. 288 modifica] o di vino, e Idio te ne rende in abondazia più che tu no ne dai: anco t’è promesso che tu possedarai infine la terra di promissione, quella che fu promessa a’ nostri padri; e molte benedizioni ci dà Idio per questa limosina. Anco disse Alisandro, vedendo questa essere grandissima virtù: Honora patrem et matrem, ut vivas longevus: — Onora el tuo padre e la tua madre, acciò che tu viva lòngo tempo. — Dà Iddio lònga vita a coloro che onorano el padre e la madre.12 Ma diciamo: solo per vivare assai non dovaremo noi onorargli? Certo sì. E crediamo noi che elli parli solo di questa vita di qua? Elli dice di questa e anco dell’altra. Se tu vivesse grandissimo tempo di qua, e poi morisse di là, e che ti vale la tua vita? Oimmè, che de la morte di là si díe temere! Non pensi tu di colui che sarà scacciato da Dio per le peccato suo? Sarà sbandito da ogni bene, da ogni riposo, da ogni pace e da ogni consolazione, pieno di miseria d’oscurità, di pianto e d’afflizione.

Doh, figliuoli, siate, siate ubidienti a^’ vostri padri e madri, e rendete lo’ onore. E voi, padri, date buoni amaestramento vostri figliuoli; e simile, vi ricordo carità l’uno coll’altro; che se voi sarete caritativi chi ha bisogno, voi trovarete poi carità da Dio nel bisogno vostro. Aviate piatà del pòvaro bisognoso! Ode Pavolo ne la Pistola che egli manda a Timoteo al iiij°. cap. Lodando questa virtù sopra tutte l’altre, dice: Pietas super omnia valet13. La pietà è uno condimento a tutte le virtù che può avere uno omo. O se ella è sopra le virtù, [p. 289 modifica] come non credi che ella possa giovare a ogni cosa contraria? Ella è buona contra a la pestilenzia. Meffè sì, che ella la caccia via! Anco è buona contra a la carestia; chè ti darà a divizia di quello che tu hai caro. Ella ti farà avere tutte quelle cose che ti fanno di bisogno, e scaccia via tutte quelle che ti possono fare danno; e come io ti parlo del corpo, così dico anco dell’anima. Pietas super omnia valet. Se tu sarai piatoso di colui che ha necessità, e Idio sarà piatoso in verso di te e del pecato tuo: se tu vorrai avere piatà e misericordia al pòvaro, che non ti può sodisfare o pagare, o vero aitarlo a’ bisogni suoi; così farà Idio a te, che t’ârà pietà e misericordia, e perdonaratti il peccato tuo, se tu te ne penti d’averlo fatto, e aititi con quello che tu puoi. Credi tu che la carità sia accetta a Dio? — Certo, sì; — chè egli l’ha commendata14 sopra a tutte le virtù, e hatti comandato che tu la segua quanto t’ possibile. Credi che sia in dispiacenzia di Dio la crudeltà? — Si. — E perchè a lui dispiace, e elli t’ha comandato che tu la fuga. E però se tu usi carità, sarai meritato da Dio; e se usi crudeltà, sarai punito. Tutte le virtù che si possono usare, tutte ti so’ comendate e comandate da Dio, che tu le abracichi, e tutti e’ vizii ti comanda che tu gli fuga. Se tu farai el contrario de’ comandamenti suoi, che aspetti tu da lui? Non aspettare merito, ma aspetta la punizione. Se fai adulterio, sarai punito: se omicidio, sarai punito [se darai falsa testimonianza, sarai punito]15: se tòlli la roba altrui, sarai punito; e d’ogni peccato che tu farai, fermamente aspettane punizione. Pavolo tel canta tanto chiaro, quanto si possa dire: Quia nullum [p. 290 modifica] malum impunitum, et nullum bonum inremuneratum: male rimarrà impunito, nè niuno bene inremunerato. E perchè di questa virtù s’è trovata tanta perfezione, ti dico che ella giova a tutti i contrari in questa vita e anco nell’altra; a tutti i peccati. Adunque, vedendo tu che Idio dà riposo e consolazione a chi segue le virtù, e a chi segue il vizio gli darà pena, e ultimamente la morte eterna, è da atacarsi a le virtù quanto noi potiamo.

Terza. Di quanti peccati ci guarderemo16, se noi ci ricordassimo del detto di Cristo Iesu nel Vangelo di santo Matteo a xxv cap., quando Egli verrà nell’ultimo dì a giudicare il suo ultimo e universale giudicio! Dove tutti li saremo dinanzi co’ pecati nostri tutti palesi, e niuno li potrà nascondere per niuno modo; e sicondo che lui ci trovarà, sicondo ci giudicherà. Al quale giudicio chi sarà condennato a pena, mai, mai, mai non aspetti d’aver più riposo niuno in niuno modo. E chi sarà eletto, mai mai non aspetti che gli possa mancare l’eterna beatitudine di Dio. Il peccatore stato ostinato, sempre17 in maladizione e pena etterna. El peccatore giustificato, ha gloria e ha benedizione18 etterna. Fatte due parti di tutte le creature, l’una da man sinistra e l’altra da la destra, dirà prima a quelli della destra: Venite, benedicti Patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi19: — Venite, benedetti figliuoli del Padre mio, a possedere el regno, el quale vi fu aparechiato insino dal principio del mondo. E poichè ha detto così, e elli sogiógne la cagione perchè egli gli mena a vita beata. Excurivi [p. 291 modifica] enim, et dedistis mihi manducare: sitivi, et dedistis mihi bibere: hospes eram, et collegistis me: nudus, et cooperuistis me: infirmus, et visitastis me: in carcere eram, et venistis ad me20: — O figliuoli benedetti, la cagione perchè io voglio che voi veniate a la beata gloria, si è perchè voi mi vedeste affamato, e destemi mangiare: voi mi vedeste asetato, e destemi bere: voi mi vedeste forestiere, e destemi albergo. Io era innudo e aghiacciato nel tempo de’ grandissimi freddi, e voi mi vestiste: io era infermo con grandissime fatighe nel corpo, e voi mi visitaste et aitastemi di quello che potevate. Io ero in pregione in grandissime fatighe e affanno, e veniste a me. E però venite, dolci figliuoli benedetti dall’Eterno Padre, venite in tanta gloria, in tanta beatitudine, in tanta pace, che mai non si trovò simile, la quale mai non verrà meno. Voi avete usate le virtù, e voi ârete il merito. — Hai veduta questa virtù fra queste che Idio ha adimostrate nell’ultimo dì: in tutte queste sette opere si vede la carità operare. E per questo vi prego quanto so e posso, che voi siate caritativi; che se operate questa virtù, voi n’ârete poi uno premio eternale in gloria. E se tu non l’usarai, ode quello che Idio ti dirà nel medesimo di del giudicio: dirà Idio a te e a tutti quelli che hanno usata la crudeltà, e’ quali saranno da la mano sinistra: Discedite a me maledicti in ignem aeternum, qui paratus est diabolo et angelis eius: — Andate via, maladetti dal mio Padre e da me e da tutta la Gloria: partitevi e andatene nel fuoco etterno, el quale v’è stato aparechiato dal diavolo e da’ suoi compagni. — E sogiógne e dice la cagione: — Voi maladetti mi vedeste che mi morivo di fame, e non mi voleste socorrire cor uno [p. 292 modifica] boccone di pane: voi mi vedeste assetato, e non mi voleste soccorrere cor un pocolino21 di vino. Voi mi vedeste forestiere fuore de la mia patria, póvarissimo e bisognoso, e non mi voleste ricévare ad albergo. Voi mi vedeste innudo, e non mi voleste ricuprire un poco; voi mi vedeste infermo e vedestemi in carcere in tanta necessità, e non mi voleste visitare. E però partitevi e andate co la mia maladizione, che mai voi non aviate più riposo niuno. — Oimmè, oimmè, che mai non si vorrebe pensare in altro che in questo dì, il quale ognuno aspetta, dove si darà tanta maladizione a’ gattivi! Riparate ora, padri e madri mie, e frategli e suore mie: oimmè, non voliate aspettare tanta maladizione per non aver fatto in questo poco del tempo che noi istiamo in questo mondo, quello che piace a Dio, ma’ sempre seguitando le virtù e tutto quello che sia piacere di Dio. Che se non faremo quello che noi doviamo fare, elli dirà queste parole che tu hai udite: Discedite a me maladicti in ignem aeternum, qui paratus est diabolo et angelis eius. Exurivi enim, et non dedistis mihi manducare: sitivi, et non dedisti mihi potum: hospes eram, et non collegistis me; nudus, et non cooperuistis me: infirmus et in carcere, et noni visitastis me.22

Provedeti ora che puoi considerare che diferenzia è fra coloro che âranno la beatitudine o coloro che áranno la maladizione. Come Idio trovarà le criature, così le giudicarà: da l’uno lato saranno i vertuosi, da l’altro gli iniqui: a questi benedizioni, e a questi maladizioni: qui gloria etterna, e qui pena etterna. Questi acompagnati con angioli, pieni di soavità e dolceza, e canti e feste; [p. 293 modifica] e questi con diavoli pieni di puza e di bruttura, con bastemmie e pianti e strida.23 Costoro vestiti d’ogni consolazione, e questi coperti d’ogni vergogna e dolore: questi vestiti, e questi spogliati e innudi d’ogni virtù. A costoro si mostra24 cor uno viso piacevole e letizioso; e a quest’altri si mostra col viso turbato et irato, per modo che s’aguataranno per non guardarlo in facia. El quale giudicio ti dico si farà a tutte le criature criate da Dio. Non sarà mai stato nè omo nè femina, nè picolo nè grande, che non sia ine a rèndare ragione di tutto il tempo che egli è vissuto nel mondo: ogni atto disonesto, ogni parola, ogni guardatura, ogni operazione, ogni pensiero; chè non sarà niuno sentimento, che non abbi a rèndare ragione di quello che sarà apartenutoli.

Oimmè, questo tempo che noi potiamo operare le virtù, operiamole: non stiamo oziosi per la salute nostra e per non èssare divisi da tanto bene. Oimmè, che quando io considero in colui che ha robbato colui che ârebbe fatto limosina di quello che gli ha tolto, come ne so’ assai che darebbero per Dio, se n’avessero; e come so’ molte vedove e anco de le maritate piatose, a le quali è stato tolto per forza de la robba, e non possono distèndare la mano al pòvaro, stato lo’ tolto il pane di mano, e beuto lo’ il sangue: così anco dimolti che hanno robbati li spedali, i quali fanno de le limosine a’ pòvari, a’ peregrini dando albergo, e dell’altre buone operazioni; e tu hai robbato quello che si sarebbe dato a molti pòvari, che non l’hanno âuto! O che dirà Idio a costoro? Non solamente dirà: — tu mi vedesti affamato, e non [p. 294 modifica] mi desti mangiare; ma tu l’hai tolto a colui che me n’ârebbe dato e non me ne potè dare. Hai più tosto voluto che s’infracidi il grano nel tuo granaio, che darne al pòvaro. Hai più tosto voluto darne a’ cani, che al pòvaro. Così del vino, più tosto l’hai lassato guastare e gittatolo poi, che volutone dare al pòvaro che si moriva di sete. E che credi anco che dica a queste donne che hanno veduto il pòvaretto mezzo innudo aghiacciare, e elleno hanno vestimenti25 tanto grandi che cuoprono la terra, tanto so’ longhi? Simile, di coloro che hanno le maniche tanto larghe, che se ne potrebbero ricuoprire parechi pòvari. Oh, quante maladizioni n’ârai anco da Dio! Elli se lo’ mostrarà turbato con quella vista orribile, dicendo: Via, via, maladette femine del diavolo, che avete voluto più tosto spazare la via de’ vostri vestiri, che darne al pòvaro. Simile penso di colui che ha parechie letta in casa sua [da potere albergare il pòvaro]26, e più tosto ha voluto lassarlo nella via, che ricévarlo in casa. Simile penso che dirà a coloro che so richi ne le divizie del mondo: veduto lo infermo, non aitatolo, non visitatolo, non âutoli compassione. Oimmè, quante maladizioni credo anco che tu ârai! Anco considero di molti crudeli, che âranno âuto avere da uno pòvaretto cinque soldi, e ârannolo fatto méttare in pregione, e fattovelo stentare, e volutone prima le carni, che cavarnelo vivo. Oimmè, che anco ci è magiore iniquità! Che dirà el Signore a colui el quale ârà tolto a uno ciò che egli ârà, e poi fatto lo pigliare, fatto stentare la donna sua, i figliuoli suoi, tolto lo’ ogni cosa e [p. 295 modifica] messo il pòvaretto in pregione e lassatolo morire? Oimmè, quante maladizioni ârai da Dio! Come tu non hai âuto misericordia tu, così non la trovarai. Non pensare però che quello giudicio non sia tutto pieno di misericordia e di giustizia, tanto ragionevole e giusto, quanto mai si potesse dire. Non ti pare ragionevole che ’l buono sia remunerato e ’l gattivo punito? Certo, sì. Così farà lui. Egli darà gloria a’ buoni e pena a’ gattivi. Sai, come tu ti giudicarai te stesso, quando tu vedrai l’operazioni tue, ciò che tu ârai mai fatto. Vedendo ciò che Idio ti comandò che tu facesse e non l’hai fatto, che dirai tu in te medesimo? Forse tu dirai: — Egli mi comandò cosa che io non la potevo fare. — Or pensa un poco quello che Idio ci comanda. Picolissima cosa ci comanda. Elli non comanda che tu dia più che tu possa dare. Elli non vuole che tu ti scortichi. Dice: — vuoi tu dare limosina? Or dàlla. — Non puoi dare uno pane? No? Or danne un poco. Non puoi dare del vino? Or dà de l’aquarello. [Se non puoi dare de l'aquarello], dà dell’aceterello innaquato. Non puoi rivestire il povaro? No? Dàlli almeno, che forse puoi, uno paio di mutande o una camicia. Non puoi aitare lo infermo? Fa’ che tu ne sia almeno piatoso: abbili compassione, confortalo co le parole. Non puoi trarre colui di pregione? No? Visitalo, mandali cotal volte un poca di minestra, e abine compassione. — Se tu avesse queste considerazioni, buono per te! E però dico che Idio giudicarà giustissimamente.

Vede parechie ragioni, perchè i gattivi saranno condennati a pena etterna. Considera prima: che credi tu che sia la gloria di vita etterna a rispetto di tutti i contenti del mondo? La gloria del mondo non è nulla: non la più minima parte che è lassù, si può assimigliare a la maggiore di questa vita. E pure di Dio è ciò che ci è: [p. 296 modifica] Domini est terra et plenitudo eius: 27 — Del Signore è la terra con ciò che ci è dentro. — O rico, quanto hai da ringraziare Idio che t’ha data abondanzia di questi beni terreni! Se tu vivi ingrato, e non dai di questi beni a chi n’ha bisogno, tu ne sarai poi punito. Quanto è agevole cosa ad aquistare vita etterna! Idio ci ha posti i comandamenti suoi tanto agevoli, che è uno diletto a chi gli vuole osservare. Or considera un poco: se Idio ti dicesse: — Io ti vo’ dare vita etterna: s’io ti do questa paglia, e’ voglio che tu la dia a colui: se tu non gli li dài, io ti darò l’inferno. — Se tu non gli li volesse dare, che credi che elli ti facci? Sai che farà? Daratti l’inferno. E che colpa è la sua? Elli ti dà el partito, che tu elega a tuo modo, o vuoi vita etterna, o vuoi l’inferno. Tu eleggi lo inferno? Abitene il danno. O’l paradiso o l’inferno ti conviene avere: se non volesti il paradiso, tuo danno.

O donna de le maniche larghe, se Idio ti dicesse: lassa stare queste maniche larghe, se non io ti darò l’ioferno; — e tu le volesse pure portare, non ti starebe bene? Oimmè, che ben che tu le porti, almeno fussero elleno di buono guadagno! O rico avaro, come non hai tu compassionė al pòvaro, come ne se’ tu tanto crudele, che la gallina dimostra d’essere più piatosa, che tu non se’ tu? La gallina, quando le gittano28 pure quattro granelli di grano, ella chiama l’altre galline perchè n’abbino anco loro. Così anco la chioccia, quando ha nulla da mangiare, chiama tutti i pulcini, spezialmente quando l’è dato un poco di panico. Se altra ragione non ti [p. 297 modifica] movesse, questa ti dovarebbe muóvare. Idio è quello che ci dà tutti i beni in questo e ne l’altro mondo. Se egli t’ha dato tanto pane, che tu vivi in abondanza, e mandati un pòvaretto a l’uscio, il quale si muore di fame, e fattelo chièdare per suo amore, come se’ tu tanto ingrato, che tu non ne gli dai per suo amore? Elli t’ha dato del vino assai: ora ti manda costui perchè tu ne li dia un poco. Come nel sai mandare adietro, che tu non ne gli dia? Simile, t’ha dati de’ denari in abondanzia ora ti manda el pòvaro e fattene chièdare per suo amore, che tu ne gli dia.29 Come se’ tu tanto villane, che tu il mandi via senza? Quel denaio è di Dio. Quello danaio è quello del quale parla il vangiolista santo Matteo al sicondo cap., e chiamasi el denaio diurno, el quale è dato a’ lavoratori, ed è dato a tutti sicondo l’opera loro. E sai, che perchè elli volse dare tanto a colui che lavorò la vigna da la mattina per tempo insino a la sera, quanto a colui che andò a vèsparo, e sai che elli disse quando coloro mormoraro?30 Tolle quod tuum est, et vade in pace:31 — Io t’ho dato quello che è stato tuo patto e mio ora voglio dare tanto a costoro, quanto a te. — E però se elli t’ha dato più a te che a colui che è pòvaro, siene cognoscente e cortese di darne a colui per suo amore. Elli è de’ suoi comandamenti: Cum videris nudum, cooperi eum: cum videris affamatum, frange panem tuum:32 Come tu vedi il pòvaro bisognoso, dàlli [p. 298 modifica] da mangiare, dàli da bere, rivestelo, siene piatoso: dagli uno denaio, acciò che quando non potesse avere del pane per amore di Dio, che almeno egli el possa comprare. —

Di questo denaio diurno io ve ne vo’ dire pur quello che mi pare a conscenzia. Sai quale è il denaio diurno di Dio? È quello dove v’è la sua insegna o la sua impronta. Io mi credetti, già tempo fu, che le ’mpronte de’ denari fussero state fatte per buona operazione. Ora non dico così, chè molto male ne seguita e molta inreverenzia di Dio. E se non fusse ch’io mi credo che quando elle furono trovate da prima, per buona operazione fusse statavi posta33 quella impronta; io ne direi male, e direi che fusse forse bene a guastarla e farvi altro. O perchè? Vuoi te lo dica? Io tel dico, che tu non hai riverenzia a quello che v’è sa. Hai riverenzia ne la croce? — Sì. — O non v’è nel tuo denaio, o grosso, o fiorino?34 — Mai sì. — Quante volte la pichi, quante volte l’hai dato su del pugno! O fanciulli, parvi far bene a pichiare sopra a la croce? Mal fai: nol far più per riverenzia di Cristo Iesu che vi fu crocefisso per salute nostra. Così vo’ dire ad uomo: pârti che vi stieno bene tante croci per terra, e tu vi passi su e ponvi su i piè? Io ti dico che ella è molta inriverenzia. In cap. De episcopi clementia; Nemini licere signum Salvatoris nostri ec. Io dico che noi teniamo la croce con molta inriverenzia. E però quando tu fai simili cose, o pichiare el danaio, o come molti fanno, di ródarlo con boca, quello si può dire non essere el danaio diurno di Dio. Hai quando i [p. 299 modifica] farisei volsero calunniare Cristo, che andaro a lui con falsa intenzione, dicendoli: Licet nobis dare censum Caesaris, an non?35 — Ecci lecito di dare il censo a Cesare, o no? — E elli cognoscendo la loro gattiva intenzione, si fece mostrare la impronta del denaro, dicendo: — Cuius est imago haec: — Di chi è cotesta imagine? — Fugli risposto: Caesaris: — È di Cesare. - E egli disse: — Date quello che è di Cesare a Cesare, e quello che è di Dio a Dio.36 — Così dico io a voi: date l’onore di Dio a Dio, che pur sapete in su la croce vi fu crocifisso per la salute nostra. Per mezzo di quello segno fûmo tratti de le mani del diavolo; e però vi dico che voi ne facciate altra riverenzia, che voi non ne fate. Così, vi dico, ne le lèttare, che poi le gittate per terra e calpestatele. Dice colui: — Oh, ella è una usanza, che sempre ne le lèttare vi si son fatte.37 — Io ti rispondo se ella è usanza, ella è gattiva: è meglio a non farvela, che farvela per calpestarla e anco peggio. Torniamo a casa.

Un’altra ragione. Se tu dai del pane che Idio t’ha dato, al pòvaro per lo suo amore, si può molto ben dire che quello che tu dai e quello che tu ti serbi, sia del pane di vita etterna. Panem angelorum manducavit homo:38 — L’uomo mangia del pane degli angioli. — E sai quanta virtù ha questo pane degli angioli? Ha che se n’aquista vita etterna. — Oh, dice colui, val così poco vita etterna? -Rispondeti Agustino, che ella si può avere anco a meno. Venale habeo, venale habeo. Che vale, che vale vita etterna? — Buon mercato. — Che vale? Quanto? — [p. 300 modifica] Quanto uno bichiere d’aqua fresca. — Oh, tu mi dici un gran fatto! — Io ti dico el vero: queste so’ parole di Cristo: Quicumque dederit calicem aquae frigidae in momine meo, non perdet mercedem suam:39 — Chi darà uno bichieri d’aqua fresca nel mio nome e per lo mio amore, non perdarà la sua merce. — E che credi che Idio dia a chi fa quello che piace a lui? Ma io ti domando te: che credi che dia a chi fa quello che gli dispiace? — Daràgli l’inferno. — E io ti dico che a chi fa quello che gli piace, gli darà vita etterna. Adunque si può aver vita etterna per un bichiere d’aqua, e anco con meno aqua che uno bichiere pieno: uno fondellino basta, a darlo con carità. Ma non pensi tu che Idio ti richiede il suo medesimo? Diciamo così: che ci hai tu di tuo in questo mondo? Arecastici tu nulla? — No. — O la robba che tui hai, donde l’hai tu âuta? E’ te l’ha prestata Idio, e converràtela lassare. E inde Iob, che fu cotanto rico, e tutta la sua richeza gli venne meno, e figliuoli e pocissioni e palazi e sanità, ogni cosa gli venne meno, e ringraziando sempre Idio, disse queste parole: Nudus egressus sum de utero matris meae, el nudus revertar illuc40: — Io venni innudo fuori del ventre de la mia madre, e innudo vi debbo ritornare. — Egli cognobbe che tutto ciò che egli aveva posseduto, el doveva lassare; e fu così giusto omo. Credi tu avere da Dio più grazia di lui? Credi tu essere migliore di lui? Nol credo già io. E però che quando e’ t’è chiesta limosina per parte di Dio, che per sue amore tu ne dia, sia cortese di quello che non è tuo, e [p. 301 modifica] avanzaràne, come tu hai udito. Va’ e fattene onore, poi che tu n’hai in abondanzia. Se tu intendesse e sapesse quello che fanno molti omini cattolici, tu non saresti mai avaro de la robba che t’ha prestato misser Domenedio; chè con quella robba ch’elli t’ha data, t’ha aperta la via che naturalmente tu possa sodisfare a chi n’ha bisoguo; sì che per natura e per grazia e anco per gloria t’ha dotato in questa vita. Nel Decreto, cap. Omnis, ti conchiude tutta questa materia; ma el Dottore sopra detto ti conchiude in poche poche parole.

Doh, hai tu posto mente a’ Comandamenti di Dio? Tutti quasi so’ negativi: Non habebis deos alienos. Non assumes nomen Dei tui in vanum. Non facies díe septimo opus tuum.41 Non occides. Non mechaberis. Non furtum facies. Tutti negativi: Non adorare altro Idio che me. Non ricordare il mio nome invano. Non lavorare el di comandato. Non pecare. Non furare. Tutti dicono: non fare così, non fare così. Questo de la limosina è comandamento affermativo; chè t’è comandato, se tu la puoi dare, che tu la dia: quando el pòvaro viene a te e dice per parte di Dio: — dammi una limosina; — tu gli debbi dare. Diciamo che basti per la prima particella, dove t’ho detto che t’obbliga a dare limosina.

Aviamo a vedere ora a chi tu se’ obbligato a darla. Al bisognoso. Tre generazioni si truovano, che hanno bisogno in questo mondo:

E’ primi chiamo bisognosi.

E’ sicondi, necessitosi.

E’ terzi, in istremità.

A coloro che non hanno bisogno, tu non se’ tenuto, [p. 302 modifica] perchè possono vivare senza te. E anco non se’ tenuto a bisognosi. È sicondi, necessitosi, anco possono vivare, ma male. Ma i terzi che sono in istremità, non possono vivare; e qui non hai scusa niuna. E però dico che tu se’ tenuto di sovenire a tutti quelli che so’ in istato di istremità; e come io t’ho detto che so’ tre generazioni che hanno bisogno, così so’ tre generazioni che non hanno bisogno.

E’ primi sono coloro che hanno abondanzia.

Sicondi, chi n’ha a sufficienzia.

E’ terzi, che n’hanno a necessità.

Sta’ saldo e non ti partire: intende il modo de la vera ragione. Hai tu mai posto mente a coloro che tessono i drappi, che in cotali luoghi per riempire il campo vi pongono cotali fioretti? Così vo’ fare io. E però ti dico che tu intenda, e non pèrdare parola.42

Sai tu chi è tenuto a sovenire? — No. — Tu debi considerare questi tre stati con questi altri tre, bisognosi, necessitosi e chi è in istremità, e pónargli con chi è in abondanzia e tenuto ad aitare tutti questi ch’io ti conto.

Ma è molto tenuto sicondo l’ordine: a chi vede maggiore el bisogno, ine díe suplire. Ma ben dico a colui che dice — io ho bisogno, — non t’ingannare: se non hai bisogno, non cercare d’essere sovenuto lassa a un altro che n’abbi bisogno. E tu che hai de la robba in abondanzia, non debbi dare la tua roba, che43 tu non consideri come tu la debbi dare. Quando tu hai a dare la robba che tu hai in abondanzia, a chi ta la vuoi dare? Pon mente se colui a chi tu la dai, ha figliuoli o figliuole [p. 303 modifica] a maritare, e vedi che egli non li può custodire e governare, è bene a sovenirlo; ma molto è meglio che tu dia del tuo a chi ha necessità o a chi è in istremità, che a chi ha bisogno. Ogni cosa vuole ordine: perchè uno abbi bisogno di mangiare, e elli ha del pane tanto che gli basta, costui sta bene quanto ch’è a lo stato suo. Ma tu rico, che hai tanta robba e in tanta abondanzia, che dovrai dire? Dico che se costui n’ha a suo bisogno, tu gli se’ tenuto, però che a costui non avanza per una ora, e a te n’avanza forse per uno anno o per due o per tre, e però gli se’ tenuto. In sustanzia, tu se’ tenuto da quello che ti bisogna in su, di dare a chi n’ha necessità e a chi è in estremità. Ma poi che tu hai disposto di volere vivere sicondo Idio, fa’ che tu non dica: - io mi voglio serbare quello che è di bisogno per me s’io invechiasse, io non potrei guadagnare: io n’ho bisogno io per me. O s’io vivesse dugento o trecento anni? O s’io infermasse? Io mel vo’ serbare per lo mio bisogno. — Noli cogitare de crastino.44 Dice santo Matteo, che tu non pensi in tali cose; ma che se tu vedi oggi di potere fare uno bene, va’ e fallo: non te ne ritenere: e se tu puoi fare senza vivere tanto splendido, anco el fa. Non fare come colui che ha uno cappone innanzi, e dice: — io mel voglio mangiare oggi per non avere a pensare ch’io n’ho per domane. — Non dico così io: io ti dico che se tu hai de la robba in abondanzia, danne a chi n’ha necessità e bisogno. E quell’altro dice: — Oh, s’io desse de la mia robba a chi mi viene a le mani, io ispergiarei ogni cosa in pochissimo tempo, e verrei in quella miseria d’avere poi bisogno io! — Io non ti dico [p. 304 modifica] che tu facci così, in nome di Dio: io ti dico che tu dia di quello che è dal tuo bisogno in su a chi n’ha bisogno; e anco non dico che tu dia a tutti quelli che te ne vengono a chiedere; ma sl a chi ha bisogno e a chi ha necessità e a chi è in istremità. E se tu hai tanto serbatoti, che sia per tuo bisogno, e uno venga a te il quale abbi necessità, tu debi dare di quello che bisogna a te per sovenire a la necessità di colui. E se tu se’ in necessità anco tu, e uno venga a te, che sia in estremità,45 tu debbi dare di quello che tu hai necessità per dare a colui che è in caso d’istremità. Io t’ho detto quello che tu devi fare: io te l’ho cantata. — Oh, dice colui: io ho guadagnato con molta fatiga ciò ch’io ho. — E quell’altro dice: elli m’è stato lassato da’ mie’ parenti, e ch’io facci bene per la anima lore, e ch’io mel possega. — Dice el prealegato Dottore, che quella robba non è tanto tua, che tu non sia tenuto di darne al tuo prossimo. Io mi credo che chi ha de la robba assai, che egli abbi di molta fatiga con essa; e dico che se tu n’hai, io non te n’ho niuna invidia: abitela senza astio niuno; chè io non ne vorrei avere più che me n’abbia: chi più ci sta involto fra essa, a maggior pericolo sta; e credemi questo, che chi non ha, non ha, a paradiso ne va. — E così dico che — chi ha, chi ha, gravemente se ne va a lo inferno; — però che chi non ha, non può dare, e chi ha, non vuole dare. Doh, io ti pongo questa questione. Qual credi tu che fusse maggiore peccato, o uno che furasse de la robba a chi n’ha assai, o colui che n’ha assai a non darne a colui che per bisogno fura? Certo maggior peccato di chi ha [p. 305 modifica] de la robba assai, e non ne dà al bisognoso. Oh, è peccato el furare? Sì, egli è de’ Comandamenti di Dio: Non furaberis: — Non furarai. — Ma dimmi: se quello è maggior peccato, che diremo? Oimmè, o dove andiamo noi? Che diremo d’uno che è rico, che tòrrà la sua roba a colui che n’ha bisogno? Sai come sta male l’anima di costui? Prima elli ha il peccato, chè è tenuto di darli de la sua robba, e non glili dà; e poi fa un altro peccato, che gli tolle la sua: so’ due gravissimi peccati. Or io tel dimostrarò anco meglio. Lassa sonare la campana, prima46. Cerca nel Dicreto a xviij distinzioni, in cap. Fratrem. E anco Ambrogio ne dice pure sopra al Dicreto a xLvij distinzioni, cap. Si cui, e vedrâvi di belle sentenzie. O tu che hai in casa tanto grano ragunato, pieni e’ granai, pieni i palchi, pieni e’ cassoni, e per la tanta quantità non potendolo governare, elli si viene a guastare, e elli sel mangiano e’ pontaruoli, e anco le passare n’hanno la loro parte, e ’l pòvaro n’ha bisogno, che credi che Idio ti facci? Sai di che t’aviso? Prima ti dico che quello grano non è tuo; anco è di colui che n’ha bisogno. Quello grano è de’ pòvari che patono molte volte fame grandissima. Simile, tanto vino quanto tu hai, che innanzi che tu ne vogli dare al pòvaro, vuoi prima che si facci cercone, e gittarlo, credi che Idio te ne paghi, eh? Simile a te, donna, che hai tanti panni nella tua cassa, pieni i goffani, piene e cariche le pertiche; credi che mai Idio te ne paghi? Che prima vuoi che le tignuole se li mangino, che aiutarne il pòvaro bisognoso. Se tu ti vuoi scusare, o di non averne molti, o per altro modo, almeno a questo non puoi tu fare [p. 306 modifica] scusa buona. O coteste maniche tanto grandi, con tanto panno dentrovi, che se ne potrebbe fare due mantelli, che dirai? Oimmè, non ghigniate, chè ’l diavolo se ne ghigna anco lui! È serafini di Dio hanno due ale; e i serafini del diavolo n’hanno altre due: voi sête veramente e’ serafini del diavolo. Doh, povarette, voi non aspettate se non la vendetta di Dio. Così dico a te che hai tanti denari, che tu non sai che fartene: quando gli poni di qua, quando di là, quando li sotterri. O avaro, e avaro, hâne sotterrati? Sì, assai volte. Ma perchè fai così, nel nome di Dio, che gli smarrirai ancora? Quanti credi che sieno di quelli che hanno de’ danari, che come si sentono uno picolo male, subito gli sotterrano, perchè non venghino a le mani di persona; e perchè elli si crede campare, non gli palesa mai a persona? Infine elli si muore e rimangono colà perduti, e non gli ha colui che gli debba avere di ragione, e l’anima sua se ne va infine a casa del diavolo. E tu, donna, hanne fatto mai niuno gruzolo e postili sotto terra, eh? E così dico di tutte le cose le quali ha bisogno il pòvaro. O rico, di ciò che tu hai divizia, vedendo il pòvaro che n’ha di bisogno, se tu non ne gli dài, tiene a mente che tu ne sarai punito, se non di qua, almeno di là. O se tu gli sotterri, non vedi tu che tu no n’hai bisogno? Egli si vede bene che n’ha bisogno el pòvaretto47 che stenta in pregione per cinque soldi. Odi el detto d’Agustino, overo di Gregorio, sopra al detto capitolo: Egentium panis est, quem tu retines, captivorum redemptio est, quae in orreo retrudis: captivorum redemptio est, quae sub terra ascondis ec. In conclusione, non è niuno peccato che non se n’abbi a rèndare ragione nell’ultimo dl. Credi tu che se tu se’ stato [p. 307 modifica] scialaquatore de la roba del pòvaro, che Idio non tel ricordi nel dì che tu capiturai a la sua punizione? Sappi che le sue leggi non so’ leggi umune, che spesso48 si rompono. Le sue so’ leggi divine, che in eterno non veranno meno. Quante leggi fate voi adosso al pòvaro! Più n’ha peccato colui che non le può fare e falle, che chi le può fare e falle; e vôvi ricordare che se io vi lassai fare l’altra volta le leggi, e voi le faceste, e facestele buone, vi conforto che voi l’osserviate; e se l’avete fatte gattive, non l’osservate. Ma io ho inteso che le buone voi l’osservate, e assai poco begole, poco begole fate49. Or diciamo che basti a questo primo, de bisognosi. Aitali, e cogita el bene e none el male, el vero e none el falso, quello che tu vedi, e non quello che potrebbe essere. Ogni volta che tu puoi fare bene, va’ e fallo.

E’ sicondi che hanno de la robba, e hannone a sufficienzia, non v’è troppa abondanza, ma hannone tanta, che lo’ basta, costoro so’ meno obligati che i primi: costoro so’ obligati a due generazioni, cioè a chi ha necessità e a chi è in istremità. Non aitando il primo, non peca mortalmente; ma al sicondo, talvolta mortalmente, e talvolta no. Ma a’ terzi, cioè chi è in istremità, sempre si peca mortalmente.

E’ terzi so’ coloro che hanno de la robba a necessità. Pare che costoro non sieno tenuti a darne, che se so’ in istremità, dicono potere serbarselo per loro, e così è vero; ma se vedi magiore stremità nel prossimo, che in te, tu ne se’ tenuto: questo rimane ne la conscenzia tua; chè potendo tu un poco aspettare,50 tu debbi 8 [p. 308 modifica] sovenire lui, e tu aspetta il tempo. Or diamo una voltarella. El primo che ha de la robba in abondanzia, è tenuto a tutte tre; el sicondo che n’ha a sufficienzia, è tenuto a due; el terzo che n’ha a necessità, è tenuto in certe estremità a uno. E dico che in qualunque stato tu ti truovi, tu non hai scusa. O tu che dici: — io non ho che dare; — io ti dico che se tu se’ innudo, hai da potere dare, e debbi dare, e non hai scusa niuna dinnanzi a Dio. Non t’ho io detto che la limosina si fa col cuore, co le parole e coll’òpare? A queste non ârai tu mai scusa tu se’ tenuto di sovenire col cuore, quando vedi la necessità, al pòvaretto. Inde disse Isaia a lviij cap.:51 Cum effuderis esurienti animam tuam, et animam afflictam repleveris, orietur in tenebris lux tua, et tenebrae tuae erunt sicut meridies; et requiem tibi dabit Dominus semper52. Doh, quando tu vai ne lo Spedale, che tu vi vedi il pòvaretto infermo, e nol puoi aitare di levargli la pena sua, dàgli almeno la limosina del cuore: siane piatoso. E con tutto che tu gli abbi dato questa limosina, anco ne gli puoi dare un’altra, che forse l’ârà più cara: dàgli quella de le parole. Confortalo di due parole, che farai a lui stesso allegierare53 la pena sua. Non potendo dare coll’operazione, a questa non ârai tu mai scusa54. In ogni modo, in ogni stato che tu vedi il pòvaro, tu il puoi consolare. Oh, ella piace tanto al pòvaro la limosina de le parole, che tutto si conforta, tutto [p. 309 modifica] si ramorbida! Ode ne lo Eclesiastico a xviij cap.: Nonne ardorem refrigerabit ros? Avete voi mai posto mente di state, quando egli è una grande calura, che poi la mattina trovate la rugiada grandissima? Così talvolta interviene, quando tu parlarai a uno infermo bisognoso, non potendolo sovenire de la robba del mondo, che tu il conforti di cotali parole, tutto pare che si rinfreschi, tutto pare riconsolato, con tutto che tu non gli abbi dato il suo bisogno. O se e’ fusse uno mutolo, che non potesse dargli questa limosina? Dico che anco non se’ scusato: tu il puoi almeno ricucirlo, aitarlo a vestire, a calzarlo; e dell’altre cose che gli fanno di bisogno, qualche cosa pur puoi tu. Chi è colui che si scusa, che elli non possa aitare il bisognoso in niuno modo? Non ce n’è niuno. Or vede nell’Esodo a xxij cap., come è comandamento che, vedendo tu l’asino caduto a uno, eziandio se ti fusse memico, tu el debi aitare a rizarlo. O se tu se’ tenuto d’aitare l’asino d’uno tuo nemico, che dirai d’uno che sia in pregione? Pârti èssare tenuto d’aitarlo? Certo, ti dico di sì: tu non hai scusa che Idio l’accetti mai. Or diciamo che basti quanto a la prima parte principale, cioè de la necessità, quanto ch’è al bisogno: dove è detto: Beatus qui intelligit ec.

Hai veduto tre leggi, le quali obrigano ciascuno: la legge de la Natura, e la legge de la Scrittura, e la legge de la Grazia. Poi ti mostrai tre stati, ne’ quali sta la creatura: prima, chi ha de la robba in abondanzia: chi n’ha a sufficienzia, e chi n’ha a necessità. E da altro lato t’ho mostrato tre generazioni di genti: i primi, bisognosi; eʼ sicondi, necessitosi; e’ terzi, in stremità, a’ quali tu rico non hai scusa niuna. Ma tu pòvaro hai ben parte di scusa, ma non in tutto. Or vediamo ora la siconda, la quale s’io non te la dicesse, [p. 310 modifica] so che tu l’âresti troppo per male; e domane e noi diremo terza.

La siconda è de la limosina la qualità, a chi tu la debbi dare. Super egenum et pauperem. — Sopra al pòvaro bisognoso. Io ti vo’ provare stamane cosa che ti gustarà molto bene, ed è altentica. Udisti tu mai di Zacheo che aveva così grande voglia di vedere Iesu, e elli era picolino picolino, e per vederlo salse in su uno arboro? In santo Luca l’hai55. Vedendo Iesu la sua buona volontà, gli volse dare una letizia nell’animo tanto grande, che ’l fece scendere di su l’arboro. Zachae festinans descende: — Scende giù, o Zacheo. — E esso discese alegrissimo, e disse sette parole: — Io voglio dare limosine, Signor mio, per tuo amore: io voglio dare ciò ch’io ho. — Questo Zacheo era uno granello di pesce, tutto pieno di senno. Doh, ode le sue parole, come elle so’ piene di dolcezza. Ecce, dimidium bonorum meorum do pauperibus.56

Prima57 dimostra prontezza allegra: Ecce.

Siconda, quantità magna: dimidium.

Terza, qualità: bonorum.

Quarta, vera proprietà: meorum.

Quinta dimostra libertà: do.

Sesta, piatà buona e vera: pauperibus.

Così è insegnato che facci tu, quando tu dai la limosina dâla con allegreza. Fa’ sempre ciò che tu fai per amore di Dio, che suoni allegreza: non mai con acidia. Sai perchè? Perchè si dice che spiritus tristis dessicat ossa. Sai che vuol dire? Vuol dire che [p. 311 modifica] quando el pòvaro ti viene all’uscio e tu gli dai la limosina cor uno tedio, cor una accidia, mal volentieri, prima che tu sia giónto all’uscio è consumato el merito di quella limosina. Sicondariamente, la debbi fare allegra, col cuore, co le parole, e coll’òpare; prima, da la parte dentro volontaroso; sicondo, co le parole. Come giógne el pòvaro al tuo uscio, e dimandati limosina per amore di Dio, — eh, molto volontierì, — che tu sia il bene venuto; — e che tu il dimostri nel dare allegramente, col cuore, co le parole, col viso allegro e con presteza.

Sicondo modo: co’ le parole debbi dimostrare dì dare volentieri. Hai nello Ecclesiastico: Hilarem datorem diligit Deus58. Più rallegra una parola quando tu dai la limosina, che tu non pensi. Oh, ella è sì cara, quando tu la dai volentieri e dimostrilo cor una dolce parola!

Anco, nel terzo modo, debbi dimostrare di darlo volentieri e allegramente: non farlo stentare un’ora prima che tu glieli dia, però che quando tu el fai aspettare, quasi che si pente el pòvaro d’avertela chiesta. Vedi tu questa parola Ecce? Dimostra una prestezza: non so’ più che quatro lèttare! E però ogni volta che tu vieni a dare, dà presto e allegro. E più piace al pòvaro uno bichiere d’aqua con allegrezza e con prestezza, che uno quartucsio di vino con accidia o con stento. Sai come molte fanno? El pòvaro o ’l frate chiede la limosina; e ella dice: — Oh, aspettate. — E egli aspettarà talvolta una mezz’ora; e infine quando l’ha fatto stentare, e ella gli gitta uno pane da la finestra, e daràglì talvolta intro el capo. Questo pur posso io dire di pruova, che quando [p. 312 modifica] io andavo acatando, gittandomi una il pane a quel modo, egli mi giónse in sul dito, e dolsemi molto bene: forse che colei non mel de’ volontieri. E però ti dico che tu dia volontieri, come ti viene a casa59. Come t’è adomandato per amor di Dio, e tu ti leva su prestamente. Ecce, e molto volontieri.

O vechio avaro, o vechio avaro, io ti ricordo uno Ecce. Eco già la morte adossoti, e non provedi a la salute tua. Non vedi tu che tu hai già el capo ne la fossa? E che aspetti tu, se non la morte? Doh, pòvaretto, fatti lume dinanzi, non aspettare che il lume ti sia fatto dietro. Quando danno la limosina molte persone? Sai! quando? Quando ellino si vegono in sul capezale, e che non possono campare e non possono portare la robba con loro. Costoro si possono assimigliare al bossolo denaio, che mai non si possono avere e’ denari che vi sòn dentro, se non quando elli si rompe. Così anco si può assimigliare al fanciullino, quando egli ha la pera ed ammorsala, e poi la dà a la madre, e non la voleva dare in prima, e diceva: — te’, te' — Doh, pòvaretto, non aspettare più! Se vedi il pòvaro, soviello, aitalo tu60, non aspettare che un altro facci bene per te, poi che tu nol fai, tu. Io ti voglio dire uno essemplo61 di una che era usa di dare la limosina, e usava questo Ecce. Essendo una volta in chiesa, e uno pòvaretto mezo innudo domanda limosina a costei; e mentre che il pòvaro la chiedeva, el prete diceva: Sequentia sancii Evangelii. Costei considera: — che fo io? Fo io aspettare costui, o [p. 313 modifica] lasso stare el Vangelo? S’io il fo aspettare, elli si muore di freddo. Andò diliberatamente in uno canto de la chiesa, e spogliossi la fòdara, e dêlla a questo pòvaro. Odi miracolo! Torna all’altare: el prete era a la medesima parola! E però va’ come t’è adomandata, fa’ che subito, tu sia presto: Ecce. Basti62.

Siconda è quantità magna, dove dice dimidium: la metà. — O avaro, quanto lo strègni prima che tu vogli dare pure uno quatrino! Or priemelo bene! A chi aspetti tu di darlo? Dice che non gli pare avere ben data la limosina, se egli non la dà a chi n’ha necessità. E pure a chi n’ha necessità la desse tu! Fu uno miserabile in grandissima necessità, e andò a uno rico a chièdargli limosina.63 E egli dice: — che vuoi? — Dammi una limosina per amore di Dio, se ti piace. — E egli gli dice: — aspetta, — e costui aspetta. E quanto vuoi che egli t’aspetti, tanto che e’ sia mezo morto? Fa’ in nome di Dio, quando tu puoi far bene: non aspettare tempo, quando tu l’hai. Falla presta; non dire pure: — a chi, a chi la do la limosina? — Dalla presta a chi ti viene a casa, e dagli quello che gli bisogna. Dice dimidium — per mezzo — e non ti paia dare tutto il mondo, quando tu dai per Dio la limosina al pòvaro. Dice Pavolo ai Corinti: Qui seminat pacem, pacem metet.64 Vuol dire che chi semina con benedizione, Idio gli dà de la robba in questo mondo assai. Luca al vj cap. t’insegna come tu dia la limosina. Dice: Omni petenti te, tribue: — che a chi ti chiede [p. 314 modifica] la limosina, tu la dia presto: danne assai, se n’hai assai. Sai come fece una volta uno, quando gli fu adomandata la limosina per amore di Dio? Infine tanto dè, che non gli rimase nulla e poi che egli aveva dato ogni cosa, e uno giónse a lui, e chiesegli limosina per Dio: e elli disse: — io non ho più che dare, io: ho dato ciò ch’io avevo. non ho se non me: tolle me. — Anco fu in Roma, in campagna, uno fanciullo che tutti i denari che aveva, dava per Dio, e se n’avesse âuti più che non n’aveva, anco gli dava.

L’altra dice la qualità: bonorum: che sia buona la robba che tu dai; che so’ tali che quando danno la cosa, la danno quando ella è fracida. E immè, non pensi tu per amore di chi tu la dai? Io non dico però che tu dia il meglio che tu hai, ma da’ la cosa almeno che sia buona: bonorum. Vede al iij cap. de’ Proverbi, che limosina tu debbi dare: De primitiis bonorum tuorum da pauperibus:65 Che tu dia de le primizie dei tuoi beni, de le prime biadora. — Così del vino il primo, de le pecore le prime, del guadagno el primo: non dice che tu dia l’ultimo, no, ma de primitiis: — de le prime. —

L’altra parola dimostra vera propietà, dove dice meorum. Non di meno, con tutto che tu abbi de la robba altrui, non la debi tenere, anco la debi dare a colui di cui ella è; e se non è vivo, dalla a colui che possede i suoi beni, e dàlli tutto ciò che era suo, o tanto che ’l vaglia, se non hai quella tal cosa. Non solo che tu dia una parte, ma tutto ciò che era suo. Non fare come colui che furava tutta la semmana, e poi la domenica dava ai pòvari due soldi. Non t’è lecito di tòllare la robba altrui̇ [p. 315 modifica] per darla poi per amor di Dio. Eclesiastico a xxiiij: Qui facit sacrifitium de substantia aliena, facit sacrifitium filii ad patrem suum66. O usuraio, o usuraio, che dai la limosina de la usura, [non è acetta e Dio quella limosina, però che]67 ella non è tua; anco è del pòvaretto che stenta di fame e di freddo. E ricordoti che con quella usura tu non puoi fare per niuno modo di salvare l’anima tua: in ogni modo che tu la lassi, fai male per te. Vedi tre tuoi peccati: tu fai prima el peccato a tollarla: poi se tu la tieni, anco è pecato: se tu la dai a altri che a coloro di cui è, anco è pecato: se tu la lassi senza frne altro conto, anco è peccato: se tu lassi che se ne facci niuna cosa in chiesa o in espedali o a maritare fanciulle, vanagloria, tela con vento! E però ti dico che se tu dai la robba a uno di cui non è, e tòllila a colui di cui è, è come è a tòllare i figliuoli a uno e tagliaglili a pezi innanzi agli ochi. Or pensa ora tu in che stato è posta l’anima tua! O pòvaretto, ravediti ora che tu puoi, che poco tempo t’è dato che tu possa ritornare a Dio, e non è però sì poco, che non ti basti. Ritorna, ritorna, poi che elli t’aspetta; e se pure tu torni a lui, rende altrui.

L’altra è petizione dritta: Domine. Lassarlo con pura intenzione: fa’ che quella mala bestia de la vanagloria non sia in te: al sentimento della Scrittura. In santo Matteo al vj cap.: Cum facis eleemosynam, noli tuba canere: — Quando tu fai la limosina, non volere trombarla: — come fanno molti ipocriti, che quando dànno la limosina, [p. 316 modifica] la danno per le piaze dove è molta gente, e così anco per le strade per èssare veduti. Talvolta si pongono in su cotali cantoni, e vogliono dimostrare d’aguattarsi, e fanno per èssare più veduti. Vuoli cognoscere questi tali? Or pon mente che e’ sogliono far fare cotali capelle, e- pongonvi armi loro, e penasi una età prima che si fornisca. — El tale fa fare una capella nel tal lato, e hâvi posta la sua arme. — Che arme v’ha posta? Non è quella l’arme che vi si vorrebbe pónare. Se vi porrai da dritta tua arme, tu vi porrai le forche. Ponvi le forche, e farai meno male.

La sesta parola dice, do: dimostra libertà larghissima. Or questa toca molto a le donne. Quando tu dai, non dire che tu la venda; che dimostri di dare, e vendila più che ella non vale; che talvolta darai a una pòvaretta, e dirai: — aitatemi un poco a fare il letto: — falla spazare la casa, falla andare per l’aqua: talvolta la fa filare! Oh, questa è la buona limosina: chiamasi la limosina di madama Scroca el fuso. E poi dice: — io do. — Anco, l’hai venduta: non è quello il modo. Ode Davit come dice che si dia: Dispersit, dedit pauperibus: iustitia eius manet in saeculum saeculi68: — Elli diè ogni cosa che elli aveva, a’ pòvari, e la sua giustizia rimase69 nel secolo dei secoli. Vuol dire che mai non si perde quella limosina: è viva, non morta, come di colei che la vende.

L’ultima parola significa e dimostra pietà buona e vera; che quando tu dai la limosina, tu la dia a’ pòvari: pauperibus: dice che tu non la dia a’ tuoi parenti, che non n’hanno bisogno, ma a’ pòvari bisognosi. So’ stati [p. 317 modifica] di quelli che hanno data la robba loro a’ loro parenti, e dannola insieme insieme, e poi si ritrovano a goderla il parentado insieme insieme, che vi vanno a schiera a casa di quel tale. Io non dico che tu facci così; ma va’ cercando di darla a’ più pòvari, non mirando più a parenti che non parenti. Quando vedi il bisogno grande in uno luogo, in una casa, in una contrada, va’, soviene a quello bisogno, e faciendo così, sempre la tua limosina sarà viva dinanzi al cospetto di Dio. Ergo: Beatus qui intelligit super egenum et pauperem.

Hai veduto stamane de la limosina la necessità: Beatus qui intelligit: dove vedesti che tu se’ obligato per tre leggi: per legge di Natura, per lege di Scrittura, per lege di Grazia; e vedemo tre generazioni di genti che hanno de la robba del mondo: chi n’ha in abondanzia; chi n’ha a sufficienzia; chi n’ha a necessità: tutti ubligati a dare limosina a queste tre generazioni: a chi ha bisogno, a chi ha necessità e a chi è in estremità. E questa fu la prima parte principale. Ne la siconda parte dissi de la limosima la qualità: super egenum et pauperem. A chi debbi dare la limosina? Debila dare a colui che è pòvaro; dove hai veduto sette parole di Zacheo, significate come tu debbi dare la limosina: prima, festinante e allegro; poi, pronto e presto: Ecce. Poi la quantità che debbi dare magna; dimidium: poi la qualità, che sia la robba buona: bonorum: poi debbe essere veramente tua: meorum: non dare l’altrui. Poi dimostra libertà, che tu la dia, e non la venda: do. Ultima piatà buona e vera; a chi tu la dia; pauperibus. E se terrai questi modi che io t’ho dichiarati, tu edificarai per te nell’altra vita, possedendo la gloria beata, ad quam ille vos perducat in saecula saeculorum, amen.



Note

  1. Epist. di sant’Iacopo, cap. secondo, vers. 13.
  2. Sottinteso, contemplazioni.
  3. Il Cod. Pal. legge, che tu volesse fatto a te?
  4. Correggi, san Giovanni Apostolo, Epistola prima, cap. iij, vers. 17.
  5. La Vulgata invece: quomodo charitas Dei manet in eo?
  6. Al cap. x, vers. 18, e nella Vulgata dice così: Facit (Deus) iudicium pupillo et viduae; amat peregrinum, et dat ei ec.
  7. Cioè, al cap. xv, vers. 11, del Deuteronomio.
  8. Ma la Vulgata: fratri tuo egeno et pauperi.
  9. Invece che, uncicare, sottrarre, portar via.
  10. Sottinteso, Iddio.
  11. Negli altri Codd., più che quello che noi diamo.
  12. Negli altri Codd. è questa variante: che rendono onore al padre e alla madre.
  13. Così nei Codd.; ma la Vulgata al cit. passo dell’Epistola prima a Timoteo così dice: pietas autem ad omnia utilis est, promissionem habens vitae, quae nunc est, et futurae.
  14. Il solo Cod. Pal., ella è commendata.
  15. Mancano queste parole al solo nostro Codice.
  16. In luogo di, guarderemmo.
  17. Cioè, starà sempre.
  18. Il solo Cod. Pal., beatitudine.
  19. Vangelo di san Matteo, cap. xxv, vers. 34.
  20. Vangelo detto, vers. 35.
  21. Nel Cod. Pal., con uno poco.
  22. Vangelo di san Matteo, loc, cit., verss. 41-43.
  23. Cod. Pal., e pianti e ira e strida.
  24. Il detto Cod., si mostrarà. E così poco sotto.
  25. Il Cod. Pal., hanno i vestimenti loro.
  26. Le parole poste fra parentesi furono omesse nel nostro Cod.
  27. Salmo xxiij, vers. 1.
  28. Negli altri Codd., quando l’è gittato.
  29. Segue negli altri Codd., qualche dunaro.
  30. Così in tutti i Codd, tranne la variante, perchè elli volesse dare, comune ai Codd. Sen. 4 e 6.
  31. Vangelo di san Matteo, cap. xx, vers. 14; ma nella Vulgata non sono le parole: in pace.
  32. Il passo appartiene alla profezia di Isaia (cap. lviij, vers. 7), ma vuolsi emendare così: Frange esurienti panem tuum.... cum videris nudum ec.
  33. Il Cod. Sen. 6, vi fusse posta.
  34. È noto che la moneta senese portava nell’esergo la croce gigliata a nell’altro lato una S con attorno la leggenda: Sena vetus Civitas Virginis.
  35. Licet censum dare ec. (Vangelo di san Matteo, cap. xxij, vers. 17).
  36. Vangelo detto, vers. 21.
  37. Cioè, è usanza di far nelle lettere una o più croci.
  38. Salmo lxxvij, vers. 25.
  39. Il passo è del Vangelo di san Matteo (cap. X, vers. 42), ma riferito molto inesattamente. Eccolo secondo la Vulgata: Quicumque potum dederit uni ex minimis istis calicem aquae frigidae tantum in nominie Discipuli; amen dico vobis, non perdet mercedem suam.
  40. Libro di Giobbe, cap. primo, vers. 21.
  41. La Vulgata: Septimo autem díe sabbatum Domini Dei tui est: non facies omne opus in eo (Esodo, cap. venti, vers. 10).
  42. Interrompe il discorso per dirigere queste parole a taluno che dava segno di andarsene.
  43. Sottinteso: per modo che, in guisa che.
  44. Dice invece la Vulgata: Nolite solliciti esse in crastinum (Cap. vj, vers. 34).
  45. Nel solo Cod. Pal., in caso d’istremità.
  46. In margine nel Cod. Sen. 6 dinanzi a queste parole sta scritto: Furono l’ore: e intendi che la campana della Torre del Comune sonava l’ore.
  47. Negli altri Codd., el pòvaro.
  48. Negli altri Codd., spesso spesso.
  49. Cioè, poche sciocchezze, o poche chiacchiere fate.
  50. Nel solo Cod. Pal. seguono le parole: e vedi il prossimo tuo che non può aspettare, tu debbi ec.
  51. Nel Cod. Pal seguono le parole: e fa’ che tu lo noti bene.
  52. Segue nei Codd. una lacuna: è da credere che nient’altro manchi se non la consueta versione del passo allegato.
  53. Così il Cod. Sen. 6: negli altri Codd., allegiarargli.
  54. Cioè, non potendo tu dare al povero infermo un qualche sollievo con l’elemosina, nulla ti scuserà dell’avergli negato il conforto di alcuna parola.
  55. Al cap. xviiij dell’Evangelo.
  56. Ivi, cap. cit., vers. 8. E nella Vulgata le parole di Zaccheo sono propriamente sette, essendo qui stata omessa la parola, Domine.
  57. Cioè, prima parola.
  58. Non all’Ecclesiastico, ma la sentenza appartiene a san Paolo, Epistola seconda ai Corinti, cap. viiij, vers. 7.
  59. Sottinteso, il povero.
  60. Negli altri Codd., ora tu.
  61. È il trigesimo de’ Racc. di S. Bernard., editi da Zambrini, pagg. 76-77.
  62. Qui finisce il Racc. precitato.
  63. Il Cod. Pal., la limosina per amore di Dio.
  64. Così in tutti i Codd., ma il passo è riferito con errori ed incompiutamente. Ecco come dice nella Vulgata, Epist. seconda, cap. viiij, vers. 6: Qui parce seminat, parce et metet: et qui seminat in benedictionibus, de benedictionibus et metet.
  65. La Vulgata, al vers. 9: Honora Dominum de tua substantia, et de primitiis omnium frugum tuarum da ei.
  66. Concordi così tutti i Codici, ma discorde la Vulgata, che al cap. xxxiiij dell’Ecclesiastico, vers. 24, così dice: Qui offert sacrificium ex substantia pauperum, quasi qui victimat filium in conspectu patris sui.
  67. Le parole fra parentesi leggonsi nel solo Cod. Pal.
  68. Salmo cxj, vers. 9.
  69. Gli altri Codd., rimarrà.