Ascensioni umane/L'origine dell'uomo e il sentimento religioso

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L'origine dell'uomo e il sentimento religioso

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L'origine dell'uomo e il sentimento religioso
Per la bellezza d'un'idea Pro libertate e lettera aperta al Prof. L. M. Billia

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L’ORIGINE DELL’UOMO

E

IL SENTIMENTO RELIGIOSO

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Esitai alquanto a usare la opportunità, offertami con rara benevolenza e cortesia, di parlarvi intorno a ciò che più occupa, da qualche tempo, il mio pensiero.1 L’argomento Vi poteva facilmente parere disadatto, troppo astruso, pericoloso a maneggiare, pericoloso a toccare. Ma poi, considerando il mio dovere verso una grande idea che servo, non ho creduto ritrarmi davanti a queste difficoltà e le affronto con piena coscienza di esse, ben sapendo che avrò qui oggi bisogno, come in un passo vertiginoso delle Alpi, di tutta la mia cautela e di tutta la mia audacia. A un altro interno comando ubbidisco. Una voce chiara dice dentro a me, che la questione sull’origine dell’uomo, malgrado le sue altissime difficoltà scientifiche e filosofiche, è in gran parte una questione di sentimento e di gusto. [p. 126 modifica]

Bene dunque io la porto davanti a V. M. che mi rappresenta un così alto ideale dello spirito femminile, giudico supremo in fatto di sentimento, in tutto che riguarda i moti più misteriosi della parte più divina dell’anima; bene io la porto davanti a Voi, Signora che avete così squisito il gusto, il senso d’ogni eleganza anche intellettuale, d’ogni distinzione, anche morale.

Un gran premio è davanti a me nell’approvazione Vostra, ed io certo lo ambisco. Tuttavia, se non l’otterrò, se non riescirò a persuadere, vogliate credere anzi tutto che la sorte di un semplice soldato di avanguardia sarà indifferente al successo della mia bandiera e de’ miei compagni d’armi, i quali certo, se io cado, passeranno un giorno, vittoriosi, sopra di me; e lasciatemi poi almeno sperare che vi resti il desiderio di una parola più sapiente, più efficace, più lucida della mia, di una forte parola che Vi possa vincere. Solo di avervi ispirato un desiderio tale sarò contento; perchè quando il più eletto spirito femminile si disporrà con benevolenza verso le dottrine nuove circa l’origine dell’uomo, queste saranno per togliere un gran regno alle antiche. [p. 127 modifica]

L’ORIGINE DELL’UOMO

e il sentimento religioso

I.

Ho affrontate altra volta e superate, spero, le prime difficoltà del cammino combattendo l’antica credenza divisa dalla maggior parte dei teologi e dei fedeli, secondo la quale il mondo sarebbe stato creato da Dio con atti distinti e subitanei di creazione, ad intervalli di giorni o di epoche. Ho cercato dimostrare che lo spirito umano si viene da lungo tempo disponendo contro un simile concetto della Creazione. Fino all’età moderna lo spirito umano, tranne in alcuni grandi pensatori solitari, ha concepito un’azione del Creatore simile all’azione di un uomo strapotente, capace d’imporre la sua volontà alla natura, di comandare agli astri, con una parola arcana, che restassero sospesi in aria, di comandare con un’altra frase alla Terra ignuda che si vestisse improvvisamente di piante, al mare senza vita che si popolasse [p. 128 modifica]improvvisamente di pesci, che lasciasse sfuggire, come un enorme vaso a doppio fondo, stormi di uccelli d’ogni specie; capace di ottenere poi con un’altra frase che bucasse rumoreggiando la crosta della terra e vi si spandesse sopra un brulichìo spaventoso di bestie d’ogni specie.

Veramente chi fruga nei diversi sovrapposti scaffali di questo immenso museo ch’è la crosta della Terra, trova molto facilmente che nel primo scaffale sotto i nostri piedi si conservano resti e impronte di animali alquanto differenti da quelli che camminano adesso alla luce del sole; e che nel secondo scaffale se ne conservano altri più differenti ancora e così di seguito. Trova, per esempio, nel primo scaffale un animale affatto simile al cavallo, ma grande solamente come un asino e che ha i rudimenti di due dita; nel secondo scaffale ne trova un altro che ha veramente tre dita; nel terzo scaffale eccone un terzo, grande solamente come una pecora, che ha le tre dita e i rudimenti di un quarto dito. Nel quarto scaffale trova ancora un minuscolo cavallo, grande appena come una volpe, che ha le quattro dita e i rudimenti di un quinto dito. Allora, se questo cercatore è un uomo logico, deve ammettere che gli animali terrestri non sono stati creati tutti ad un punto, ma che vi è stato un indefinito numero di creazioni a [p. 129 modifica]intervalli lunghissimi. Per la sola dinastia del cavallo se ne devono contare, probabilmente, almeno sei. E se colui continua a cercare nel museo, a studiare le collezioni degli animali che abitano l’acqua e l’aria, le collezioni delle piante, giunge necessariamente, anche per queste creature, alla stessa conclusione, trova che insieme alle creazioni successive degli animali vi sono state anche creazioni successive di piante, e non so come possa credere che ciascuna grande categoria di viventi è stata creata a parte, con un atto solo, in epoca diversa, per opera di un Dio che ha composto il mondo a pezzi, come noi componiamo le nostre macchine. Io ho cercato di mostrare che l’intelletto umano fatto adulto, è venuto svogliandosi, come il bambino si svoglia dal latte, da questo primitivo concetto della creazione, che gli è stato prezioso a suo tempo e vivificante, ma che poi non gli bastava più.

La scoperta dell’attrazione universale gl’insegnò come fa veramente Iddio a reggere gli astri nel vuoto, gli mostrò uno stupendo metodo divino di operare, infinitamente lontano da tutti i metodi umani, matematico nella sua espressione, inaccessibile, inconoscibile, nella sua essenza. La fede ingenua, bisognosa di latte, aveva prima detto comando; la scienza le insegnò a dire ordine, [p. 130 modifica]legge. A quella rivelazione che dimostrava come tutto nell’Universo si leghi per effetto di una legge unica, e vi sia quindi corrispondenza fra un atomo di polvere sull’ala d’una farfalla e l’astro più remoto nell’abisso più profondo del cielo, la visione di Dio ingrandì sugli occhi dei credenti più colti come se una lente poderosa fosse stata calata loro davanti. Per effetto di un vasto lavoro scientifico che non è tuttavia compiuto, noi siamo all’aurora, per così dire, di una visione di Dio ancora smisuratamente più grande. Parlai di questo lavoro scientifico incominciato in Francia da Lamark nel 1809, e inteso a dimostrare come tutte le classi, le famiglie e le specie degli esseri viventi sieno discese per via di generazione da poche o forse anche da una sola cellula primitiva, simili a rami di un albero immenso, asceso da un solo seme. Parlai di Carlo Darwin che, cinquant’anni dopo Lamark, osservando come gl’individui della stessa specie non sieno mai perfettamente identici fra loro e come una grande quantità ne perisca prima di raggiungere lo sviluppo completo, ne dedusse che più facilmente dovevano conservarsi e riprodursi quegl’individui di ciascuna specie ch’erano meglio conformati per resistere alle cause di distruzione, che queste differenze dovevano venire trasmesse alla prole, che [p. 131 modifica]aggiungendosi in questo secondo stadio nuove differenze alle prime, e così ad ogni generazione, sorgeva poco a poco dalla specie primitiva una specie nuova.

Subito si levò intorno a Darwin un clamore immenso di ammirazione e di scandalo. Cavalieri e araldi della sua idea la sparsero ai quattro venti, si batterono per essa su tutti i campi contro nemici che li affrontavano, in parte con alabarde e stocchi mediovali, con rugginosi cimieri tolti alla polvere dei musei, in parte anche con buone armi moderne e con intrepida calma. Il nome di Darwin andò alle stelle, ma il polverio levato dai combattenti oscura l’aria, e la gente non capisce molto ciò che succede sui campi di battaglia. Molte brave persone si figurano che la grande idea di un progresso continuo di tutto l’universo, dalle vacue, informi nebulose alle ordinate magnificenze dei sistemi stellari, alla vita, alla coscienza, sia sorta nella mente di Darwin, mentre Darwin non ha ideato che un modo di spiegare le trasformazioni supposte di certi organismi sopra un globulo roteante di materia oscura, perduto nell’Infinito. Si confonde la teoria dell’Evoluzione col darwinismo; non basta, si scrive e si grida, di qua con gioia, di là con orrore, che una folla formidabile di giganti muove, col nome di Darwin sugli stendardi, contro Dio. [p. 132 modifica]

In fatto questi insorti contro Dio non sono giganti, e neppure il nome di Darwin, il quale fu del resto assai rispettoso verso Dio, può loro servire molto. La ipotesi di Darwin, che parve sulle prime un gran faro nelle tenebre, andò via via perdendo luce fino a restare una fiaccola, buona certamente a qualchecosa, ma non a molto. Gli uomini di scienza confessano che con questa sola fiaccola di Darwin non si vede punto chiaro come, per esempio, una specie di coccodrillo abbia potuto diventare una specie di uccello. Per non restare al buio, si sono accese altre faci, si sono avventurate altre ipotesi; ma come nella notte, intorno a una luce di incendio che continuamente ingrandisce, la cerchia delle tenebre si fa sempre più smisurata, così tanta luce di osservazione, di analisi e di fantasia ha solamente reso smisurate nella mente degli studiosi le difficoltà di penetrar nel mistero dove si elaborarono le trasformazioni degli organismi. Il progresso ottenuto è questo, che vi è ora da parte degli scienziati un quasi universale consenso nello ammettere la naturale discendenza di tutte le specie viventi da uno o da pochi tipi primitivi, e che sempre più appare l’ombra di una Causa operante nelle cose, inaccessibile ai sensi umani, superiore alla intelligenza, che prima ancora del comparir della vita [p. 133 modifica]determina nella materia inorganica i misteriosi movimenti regolari della cristallizzazione, che origina i primi organismi senza sesso, che genera e sempre più vien distinguendo i sessi, che inizia le inesplicabili differenze fra gl’individui della stessa specie sulle quali sorge la teoria di Darwin, che riproduce vagamente negli organi delle piante, nel corpo degli animali la simmetria dei cristalli, che opera non solamente mediante la lotta e la guerra, come ha veduto Darwin, ma pure mediante grandi alleanze fra diverse forme della vita e grandi associazioni di esseri simili ispirate quasi ad un santo scopo di fraternità.

La meditazione di questa Causa potente e inaccessibile conduce lo spirito al sentimento religioso di un Essere immensamente superiore a lui. Ciò non è ancora inteso, specialmente in Italia, da molti uomini religiosi, ricchi di dottrina teologica e filosofica, i quali si ostinano a non vedere nel campo evoluzionista che nemici di Dio e dello spirito. È naturale ed è anche bene che ci sieno queste ostinate opposizioni ad un radicale mutamento di vecchie idee molto importanti; è bene che anche nello sviluppo delle idee agisca una forza conservatrice in lotta colla forza progressiva, come succede nello sviluppo degli organismi, dove la prima tende a conservare nei figli le forme dei [p. 134 modifica]padri mentre la seconda tende a produrre forme nuove; ma ciò non toglie che quegli oppositori religiosi commettano un errore e un’ingiustizia.

Parecchi nuovi seguaci della nuova dottrina giudicarono che lascia intatte tutte le questioni religiose. Lo stesso De Quatrefages, forse il più grande avversario scientifico della teoria dell’Evoluzione, ha voluto lealmente dichiarare la medesima cosa. Altri pensatori sono andati più in là. Abbracciando col pensiero tutto il passato dell’Universo, riconoscendo insieme al più ardente e potente campione del materialismo scientifico, Haeckel, che una legge di progresso governa il mondo, che la vita ascende dall’Imperfetto al Perfetto, essi hanno visto nella ipotesi della Evoluzione una splendida riprova delle fondamentali credenze religiose, hanno glorificata l’azione continua, immanente alle cose, di una Intelligenza onnipotente che le trasforma e le ordina senza posa giusta un piano meraviglioso di armonia contemporanea nello spazio, e di melodia, di successivo progresso nel tempo. A me parve sublime la bellezza di questo continuo ascendere del Creato verso una perfezione ideale e suprema, possibile ad essere sempre più avvicinata, impossibile ad essere mai raggiunta. Affermai, come artista, il mio diritto di combattere per questa bellezza, e dissi [p. 135 modifica]quale mi paresse nella mischia delle vecchie e delle nuove opinioni, il posto dei poeti spiritualisti. Il Gaudry, membro dell’Istituto di Francia e professore di paleontologia, scrisse che in un museo paleontologico dove i fossili venissero disposti a illustrazione delle dottrine trasformiste, cercherebbero gioie sublimi non solamente i cultori della scienza ma gli artisti pure e i filosofi. Egli vorrebbe che vi sorgesse nel mezzo una statua di poeta senza nome, una figura ideale, meditante sulle magnificenze della Creazione e sul suo progresso futuro. Questa sarà l’attitudine del poeta domani, nel giorno della vittoria; ma vi ha per esso un compito d’onore oggi, nel giorno della lotta. Prima di prendere il mio posto, io, cristiano cattolico, volli porre in chiaro, con buoni documenti alla mano, contro mille pregiudizi di credenti e di increduli, come la mia fede mi consentisse piena libertà di opinare che il concetto di evoluzione non contraddice al concetto di creazione, che rappresenta soltanto il modus operandi della Intelligenza creatrice. Moltissimi cristiani convinti di tutte le Chiese tengono questa opinione e sono fervidi evoluzionisti. Solo sei mesi addietro, nel settembre del 1892, un illustre scienziato inglese, il prof. St. George Mivart, scriveva ad una Rivista di New-York: «Come mai vi sono dei [p. 136 modifica]giovani che abbandonano la fede per la teoria della Evoluzione, come mai vi sono dei vecchi che pretendono abbattere con essa il concetto di Creazione, se io, che sono cristiano cattolico ed evoluzionista, ho avuto pubblici segni di favore dal Sommo Pontefice Pio IX, e se il cardinale Newman al quale ho dedicato uno de’ miei libri, fu il primo inglese che applicò la teoria della Evoluzione persino al dogma cristiano?»

Il Padre Le Roy, domenicano francese, in un libro sulla evoluzione delle specie organiche, predice all’idea trasformista le sorti dell’idea di Galileo, che, prima di trionfare, fece orrore ai credenti. Una Rivista religiosa tedesca, «Die katholische Bewegung» non meno ortodossa, non meno zelante di qualsiasi giornale religioso italiano, si compiaceva poco fa di riferire questo detto di Lubbock: «Una dottrina che insegna l’umiltà riguardo al passato, la fede nel presente, la speranza nell’avvenire, non può essere inconciliabile con la verità religiosa.» Altre simili testimonianze io indussi di scrittori ecclesiastici moderni. Potevano bastare. Stimai tuttavia interessante di scendere, dietro le lanterne di altri cercatori, dalla teologia moderna nell’antica, nelle profondità oscure dei più famosi filosofi cristiani per cercarvi nascoste analogie con la ipotesi della Evoluzione. Vi ho [p. 137 modifica]anzi tutto ammirato la libertà, la potenza e l’ardire di quegli uomini grandi nella interpretazione del racconto mosaico, nel cercarvi sensi rispondenti alla loro idea di Dio, rompendo i sigilli di un senso letterale che poteva bastare alle semplici moltitudini, non al loro alto genio. S. Agostino immaginò una materia prima capace, per virtù infusale dal Creatore, di produrre gradatamente, ciascuno a suo tempo, tutti gli organismi, per modo che il mondo attuale esisteva in potenza dentro di essa.

È ridicolo di supporre che S. Agostino abbia avuto in mente la teoria della Evoluzione; ma se s’interpreta il racconto mosaico a quel modo, riesce ben facile di ammettere che il nostro sistema planetario fu prodotto dal ruotare d’una nebulosa come un altro forse ne prepara la gigantesca nebulosa di Orione; riesce ben facile di ammettere che le specie viventi si sono prodotte per generazione, naturalmente, come fu prodotto ciascuno di noi che pure non crediamo di mentire confessandoci creati e messi al mondo da Dio.

La interpretazione di S. Agostino può essere combattuta dai teologi e lo fu infatti, ma questo poco importa; essa non mi serve per fondare un dogma, bensì per difendere una libertà. Procedendo più avanti, io osai sostenere che la teoria della [p. 138 modifica]Evoluzione risponde alla natura stessa e all’indirizzo del Cristianesimo. Se lo scrittore del Genesi ebbe sostanzialmente la visione di un graduale ascendere del Creato nelle sue origini dall’Imperfetto verso il Perfetto, S. Paolo ebbe la visione delle sue ascensioni future. S. Paolo che vide nell’avvenire una trasformazione dell’uomo e paragonò il nostro presente corpo animale ad un seme che deve generare un corpo spirituale, S. Paolo vide altresì trasformarsi, nel futuro, tutte le creature inferiori all’uomo, salire dietro al loro capo, uscire dal servaggio della corruzione, giungere alla libertà ed alla gloria. Egli ebbe una visione più sublime ancora, vide un sempiterno ascendere nostro de claritate in claritatem, di splendore in splendore, secondo la legge di continuo progresso dall’Imperfetto al Perfetto, scritta nei secoli dietro a noi. Molti commentatori, lo so, hanno spiegato diversamente quel passo meraviglioso della seconda epistola ai Corintii; a me però piace intenderlo come lo intese il Mistico della Imitazione, quando, parlando degli spiriti giusti saliti a una vita superiore, li dice: de claritate in clarilatem abyssi Deitatis transformati: trasformati di splendore in splendore, nell’abisso di Dio.

Durante il mio cammino per questa via che mi condusse a porre in luce concordanze profonde [p. 139 modifica]fra la ipotesi evoluzionista e le credenze cristiane, io vidi più volte avanti a me, da lontano, e indicai anche a chi mi seguiva e dissi come si potrebbe valicare, il passo arduo, pauroso, al quale oggi vengo di proposito; un passo difeso con ogni sorta di armi, talvolta persino con l’oltraggio e Io scherno, da una moltitudine di nemici della Evoluzione, impedito da un’altra moltitudine di persone gentili e sensibili che rabbrividiscono solo a veder chi osa e passa. Il passo mette ribrezzo a parecchi che mi seguirebbero volontieri fin là ma non più oltre. Tutti, io credo, coloro cui non toccano passioni teologiche nè antiteologiche si farebbero volontieri evoluzionisti con me, se non convenisse passare di lì. Si comprende che parlo della ipotesi trasformista applicata alla origine della specie umana, e che il passo è di ammettere la validità della legge universale anche per l’uomo e quindi la origine della specie umana da una specie inferiore. Ora l’uomo è il punto centrale della Evoluzione. Se noi ammettiamo che tutte le specie inferiori traggono origine da un processo di evoluzione, ma che l’uomo fu creato da Dio, plasmando una statua di fango e animandola con un soffio, non vale la pena di affrontare conflitti per una teoria colpita nel cuore. Perchè sentenzieremmo noi a favore di una sola parte di questa teoria? Sarebbe come [p. 140 modifica]dire a un accusato: voglio essere indulgente con voi, vi assolvo da mille imputazioni, non vi condanno a morte che per una. E se si crede che Iddio abbia voluto fare Adamo con questo metodo adoperandovi del fango, non vi è una ragione al mondo di credere che i signori bruti abbiano avuto il privilegio di venire composti di materia elaborata raffinata meravigliosamente nel fuoco della Vita, come vogliono gli evoluzionisti; non vi è ragione di credere che Iddio abbia adoperate tante migliaia di secoli, tanto sapiente complesso di azioni e di reazioni vitali e fisiche, tanta cooperazione della terra e del cielo a produrre dal fango un cavallo, un bruto qualsiasi, con un lavoro così remoto dai metodi nostri di lavorare, così superiore alla intelligenza nostra, persino alla nostra immaginazione, se poi convien credere che il suo lavoro nel produrre l’uomo è stato simile al frettoloso lavoro di uno scultore quando infonde con le mani e con l’anima la sua idea nella creta. Come è facile, relativamente, di ottenere che si accetti il principio di evoluzione per quanto riguarda la origine dei sistemi stellari e planetari non chè delle forme organiche inferiori all’uomo, così è facile di ottenere che si accetti il principio di evoluzione dopo la comparsa dell’uomo, quando dall’ordine fisico è passato nell’ordine morale, [p. 141 modifica]quando spiega il formarsi degli organismi sociali, il loro sviluppo, la loro decadenza, le loro trasformazioni, il progressivo prevalere della intelligenza nella vita sociale, il progressivo accordarsi delle coscienze umane in un ideale morale unico. Ma se si vuol dare a questa supposta legge di evoluzione il governo dell’Universo in un passato di cui non si vede il principio e in un avvenire di cui non si vede la fine, e si nega la sua solidità proprio nel mezzo, è follia di affidarle così gran peso; essa rovinerà tutta intera. Dunque per me che sinora parlai della grande ipotesi con un concetto così alto del suo valore, della sua bellezza intellettuale e morale, della luce che ne può venire alla fede religiosa, è adesso una ineluttabile necessità di saggiarne la resistenza nel tratto più importante e più dubbio, di vedere quali sostegni scientifici abbia, e se uno possa mettervi il piede portando seco la sua fede cristiana, o se il carico è troppo forte e bisogna prima deporlo. Sarà pure un dovere per me di parlarne poi come artista, di considerare se la presunta discendenza dell’uomo dai bruti faccia davvero nel disegno dell’Universo una macchia schifosa, o se questa macchia sia solamente negli occhi e nelle lenti di chi l’abbomina. Io so che a molti il mio ardimento parrà soverchio. Molte persone religiose, benchè forse [p. 142 modifica]inclinate segretamente alla causa che io difendo, mi biasimeranno, nella loro pietà prudente, per aver toccato questioni di tale natura che possono scoppiare fra le mani, ferire chi parla e chi ascolta. Ma io domanderò loro rispettosamente se abbiano pensato bene in qual modo e in qual tempo vivono, se chi combatte le dottrine spiritualiste abbia gli stessi scrupoli, se non vi sieno cattedre in Italia dove s’insegna che la teoria della Evoluzione ha rovesciato Iddio, se sieno sicuri che simili parole non partiranno mai, in avvenire, da questa stessa tribuna, se non parlino così tanti libri non solo di scienza elevata ma di scienza popolare altresì; se non sia vero che persino tanti piccoli filosofi borghesi, come io per esperienza personale lo so, vadano predicando fra il popolo che l’uomo discende dalle scimmie e che perciò la religione cristiana è falsa.

Io domanderò loro, di fronte a questi avversari, in parte potenti, in parte solo irritanti, di non esortarmi ad avere paura persino della gente mia, de’ miei compagni di fede.


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II.


Riconosciamo anzi tutto che la scienza non possiede ancora un solo documento sicuro, diretto, della origine dell’uomo da una specie inferiore. Uno scienziato illustre, il Virchow, fautore a priori della così detta Pythecoidentheorie, ossia della discendenza della specie umana da una specie scimmiesca, ha detto pochi mesi sono, a Mosca, in un Congresso scientifico: «Nella questione dell’uomo siamo battuti su tutta la linea.»

Nei sepolcri della età che precedette il comparire della specie umana si trovarono gli antenati prossimi di alquante specie ora viventi: antenati prossimi della specie nostra non se ne trovarono. Furono tratti in luce dal fondo delle caverne avanzi umani di una grande antichità; si misurarono le capacità dei cranii, le lunghezze delle tibie, parve sulle prime a qualcuno che quei nostri [p. 144 modifica]progenitori delle caverne dovessero somigliare alle scimmie più di noi; ma ora gli stessi naturalisti che fondano un loro materialismo scientifico sulla parentela dell’uomo e del bruto, che più si sforzano di raccoglierne e di accumularne le prove, hanno lealmente confessato di non poter trarre alcuna testimonianza in favore di una simile parentela da quelle ossa cui pure attribuiscono talvolta centinaia di secoli. Essi hanno anzi abbandonata la ipotesi che il gorilla o l’orang o qualsiasi altro quadrumane delle specie attuali sia nostro congiunto in linea retta; essi ne hanno fatto dei nostri collaterali, hanno fatto risalire la stirpe loro e la nostra a un ceppo unico remoto, ad una specie estinta della quale non si conosce traccia nè memoria, Qualcuno crede che da questi comuni antenati le scimmie sieno derivate per un processo di decadenza e noi per un processo di ascensione, come da certi antichi saurii discesero i serpenti e ascesero gli uccelli. Gli strati terrestri dove potrebbero trovarsi tracce e memorie di una simile specie, o di qualsiasi animale intermedio fra i quadrumani e l’uomo, furono esplorati sinora in così piccola parte da potersi dire quasi intatti. Affermare che non vi si trovano fossili di una data specie animale è come affermare che una data parola non si trova in un libro enorme di cui non [p. 145 modifica]si è veduta che una pagina. Io penso che a ogni modo l’importanza di una tale lacuna si esageri. I tanti altri anelli che mancano nella serie delle specie animali e fra gli stessi quadrumani, come fra il gorilla e l’orang, non hanno impedito alla immensa maggioranza dei naturalisti di accettare la teoria dell’Evoluzione, molto più perchè non è affatto provato che il procedere delle trasformazioni sia sempre egualmente lento e graduale. Vi ha chi pensa che quando la forza conservatrice delle vecchie forme è superiore alla forza progressiva, questa si accumula via via sino a che prevale, e allora succede un salto, una trasformazione notevole e brusca. Coloro poi che oggi gridano con accento di sfida: «su, trovateci una volta questo anello fra il bruto e l’uomo!» se domani lo si trova, diranno: «e che perciò? Voi avete provato che invece di un milione, poniamo, di specie animali inferiori all’uomo, ve n’ha un milione e una. Se questa nuova specie somiglia più delle altre alla specie umana, ciò dimostra che il Creatore, come noi già sapevamo, ha avuto in mente una scala di organismi animali, edificata sopra una base unica secondo un’idea di proporzione e d’armonia, ma non dimostra affatto ch’Egli non abbia costruito separatamente e messo a posto, belli e fatti, pezzo per pezzo, tutti gli scalini. Voi non potete provare [p. 146 modifica]che il cavallo sia figliuolo dell’Hipparion nè che il vostro pitecantropo sia padre dell’uomo. Agassiz, che di evoluzione non ha mai voluto saperne, lo avrebbe chiamato un tipo profetico e niente altro.» Così direbbero gli oppositori della Evoluzione. D’altro canto io vorrei tenere il seguente discorso a coloro che si affannano tanto per questo prezioso anello perduto, Supponiamo che nessuno abbia mai parlato di evoluzione, che Lamark e Darwin sieno ancora in mente Dei per un secolo remoto nell’avvenire, quando da lungo tempo tutte le razze umane saranno pervenute ad un’alta civiltà e da lungo tempo non si troverà un angolo di terra sfuggito al lavoro dell’uomo. Io vedo in quell’epoca gli animali mammiferi dannosi o inutili all’uomo essere scomparsi per effetto di una legge di natura che oggi stesso agisce. Posso figurarmi che sorgendo allora quegli uomini grandi, il loro genio audace crei per la prima volta la teoria della discendenza e ne propugni l’applicazione all’uomo, quando nessun animale vivrà sopra la Terra più simile a noi dei nostri animali domestici. Concedetemi anche di supporre che nè descrizioni nè disegni abbiano tramandato a quel tempo la memoria delle specie estinte. Vedo levarsi contro quegli uomini una fiera opposizione teologica e scientifica, odo deridere la loro strana idea e [p. 147 modifica]chiedere da mille parti dove sieno queste specie intermedie, questi anelli fra il cane, il toro, o il cavallo, e l’uomo. Posso allora figurarmi che un africano di quei tempi civili trovi nelle tradizioni più antiche del suo continente come vivessero colà una volta nelle selve degli animali strani, affatto simili all’uomo, dei quali si diceva fra le tribù selvagge ch’erano veramente uomini e che non parlavano per paura di esser fatti lavorare; come anzi nelle regioni del Capo Palmas, quegli indigeni dicessero che gli uomini delle selve appartenevano un giorno alla loro stessa tribù, che n’erano stati cacciati per i loro vizi e che le loro ostinate abitudini perverse li avevano fatti imbestialire anche nell’aspetto. Vedo allora frugar nel suolo e trarne parecchi scheletri dei quali si giudica presto che non sono umani, perché hanno la cavità del cranio troppo piccola, le braccia troppo lunghe, le gambe troppo corte e altre particolari differenze; ma si giudica in pari tempo che sono straordinariamente simili agli umani nella struttura generale, e perchè non hanno coda, e perchè qualcuno ha lo stesso numero di vertebre e lo stesso numero di denti, vere è proprie mani, veri e proprii piedi, dove le ossa del tarso rassomigliano nel numero, nella forma, nella disposizione a quelle dell’uomo. Si argomenta di aver trovato l’anello fra i quadrupedi [p. 148 modifica]e i bipedi, s’indovina che alcuni di quegli esseri hanno potuto camminare, curvi sì ma reggendosi sulle sole membra posteriori. io domando se allora gli apostoli della Evoluzione non avrebbero un trionfo alquanto simile a quello dell’astronomo che indicò dove si sarebbe trovato un pianeta non ancora veduto nè da lui nè da altri; domando se si darebbe allora una grandissima importanza all’intervallo che resterebbe aperto fra quegl’ignoti animali e l’uomo. Noi, contemporanei delle grandi scimmie antropomorfe, noi che ne facciamo la caccia, che le studiamo nei giardini zoologici e nei musei, abbiamo potuto osservare tante altre somiglianze anatomiche del loro corpo col nostro oltre a quelle dello scheletro, e le non poche malattie che hanno comuni con noi insieme al gusto dei liquori e del tabacco. Noi sappiamo che i loro piccini, a differenza di quelli delle specie inferiori, nascono affatto incapaci, come i nostri figli, di sostentarsi da sè.

Si affermò che vi ha nella vita occulta dell’organismo umano un momento in cui la colonna vertebrale si allunga in un’appendice animalesca che poi scompare, che vi ha un altro momento in cui tutto il corpo si copre di pelo che poi abbandona, un altro momento in cui vi si manifestano i germi di un numero anormale, assai grande, [p. 149 modifica]di denti che poi si restringono, si consolidano nel numero normale. E l’anatomia ci ha rivelato che vi sono in noi vestigi di organi posseduti dalle specie inferiori, attivi presso di loro, inutili, persino dannosi a noi. Si è giunti ora a studiare con questa idea una piccola glandola nascosta nel nostro cervello, una glandola di cui nessun anatomista sapeva che fare, onde un filosofo pensò di allogarvi l’anima, Io leggo che si ravvisa ora nella glandula pineale il vestigio inutile di un terzo occhio che serviva molto bene a remotissimi proavi invertebrati dell’umanità.

Io ignoro, del resto, se la scienza degli embrioni abbia veramente il diritto di vedere nelle prime fasi dell’essere umano un compendio storico di tutte le trasformazioni, attraverso le quali da un pesce è venuto un uomo. Ciò si afferma e si nega. Io ignoro se l’anatomia possa dire con sicurezza: questa glandola, quest’appendice vermicolare dell’intestino, questo quarto lobo polmonare destro non servono più a niente, sono anzi qualche volta dannosi, non fanno che ricordare un tenebroso passato dell’organismo.

Ciò si afferma; è tuttavia difficile anche a un profano di ammettere che la assoluta inutilità di una sola cellula vivente possa venire dimostrata. Il vero è che non vi ha bisogno di ciò. La [p. 150 modifica]struttura generale del corpo umano, la qualità e la forma delle sue funzioni vitali, la sua composizione chimica dimostrano così eloquentemente la sua identità sostanziale e fenomenale col corpo degli animali inferiori, provano tanto evidentemente com’esso appartenga alla stessa famiglia cui appartengono certe altre specie, che resta solo a discutere se i membri di una famiglia sieno parenti fra loro o non lo siano punto.

Se la vita si spegnesse oggi sul nostro pianeta, se altri esseri intelligenti vi potessero venire da qualche astro a studiar le reliquie degli animali inferiori e dell’uomo, non esiterebbero a giudicare che gli uni e l’altro hanno avuto la stessa origine, che sono stati costruiti con lo stesso metodo.

Superato, in parte con un appoggio in parte con uno slancio, questo intervallo vuoto fra l’organismo del bruto e l’organismo umano, ecco un altro intervallo vuoto, immensamente più largo e profondo del primo, tanto largo e profondo, che il Wallace, uno dei due fondatori della ipotesi denominata dal solo Darwin, rifiutò assolutamente di passare col suo collega.

Se l’intervallo fra il corpo umano e il corpo di un gorilla non appare grande, l’intervallo fra l’anima umana e l’anima del bruto più intelligente appare enorme. [p. 151 modifica]

Darwin saltò e parecchi altri saltarono dietro a lui, sostennero che, come il corpo, anche l’anima umana non ha origine da un atto creativo speciale, ma si è sviluppata naturalmente dall’anima dei bruti. Tutti però non varcarono il passo nello stesso luogo e perciò, se ci figuriamo dei ponti gettati sui vari passaggi, vi vedremo interposti dei veri abissi. Per giungere alla conclusione che non vi è differenza di origine fra il bruto e l’uomo neppure rispetto all’anima, molti hanno preso, dietro al professore Haeckel, la via più facile e corta; hanno detto che non possedono del tutto anima nè le bestie nè gli uomini, che le sensazioni, il sentimento, la intelligenza, la ragione, la volontà, la coscienza sono movimenti della materia e niente altro. Questa idea ha suscitato nelle persone religiose un grande ribrezzo, che è ragionevole, ma insieme anche una grande paura che mi ricorda l’antico motto piemontese: La para a l’é faita d’nen. E invero quei signori trovando di non poter capire il dogma dello spirito immortale, ne inventarono un altro, quello della materia pensante, che si capisce ancora meno. Tolsero dal problema dell’Universo una grande X e misero a quel posto una enorme Y. Ciò li ha potuti divertire, ciò è stato anche utile in un certo senso; ogni errore ha la sua provvidenziale utilità. È [p. 152 modifica]stato utile perchè ha contribuito e contribuisce a stimolare utili studi sulle più recondite operazioni dell’organismo vivente; ma ciò non ha potuto dare alcuna soluzione del problema, nè piacevole nè paurosa; la Y non ha potuto in alcun modo diventare scienza.

Altri tenne altra via. Colui che pose maggiore studio a dimostrare la evoluzione della intelligenza, la origine dell’anima umana da quella dei bruti, il Romanes, mostrò avere della scienza un concetto più severo ed esatto.

Considerando ammessa una legge generale di evoluzione, il professore Romanes sostenne che non si poteva spezzarla in quest’unico posto, per dare all’anima umana una origine speciale. Egli credette osservare che nel bambino neonato la intelligenza somiglia per qualche breve tempo, nella sua espressione, a quella di talune specie di animali più favorite dalla natura. Ciò gli parve un ricordo storico del passato nell’ordine intellettuale, come le forme successive dell’embrione fisico. Egli ha inoltre veduto un’ascensione, una evoluzione intellettuale continua della rezza umana dai tempi preistorici ai presenti, e siccome prima aveva veduto un’ascensione, un’evoluzione intellettuale continua dagli animali infimi sino ai superiori, ha giudicato probabile che si tratti di un movimento solo non interrotto mai. [p. 153 modifica]

Ha notato una ventina di emozioni diverse, come il timore, la sorpresa, l’affetto, l’irritabilità, la gelosia, la collera, la gioia, l’emulazione, l’orgoglio, la tristezza, l’odio, la vergogna, comuni alle bestie e all’uomo; ha notato la presenza dell’istinto anche in noi. Parlando delle facoltà superiori, esclusivamente umane, come la coscienza e la capacità di formare un concetto, disse, almeno con molta prudenza e discrezione, che, sorgendo esse da un fondo di altre facoltà, comuni anche alle bestie, suggeriscono l’idea di un processo evolutivo. Perciò studiandone lo sviluppo nel bambino ha cercato di mostrare che si formano successivamente, gradatamente, onde indurne per analogia un simile graduale passaggio dalla mente di un bruto alla mente nostra, riconoscendo però che al momento del passaggio qualche ingrediente nuovo ha potuto essere posto nel crogziuolo.

Egli ha molto considerato le forme del linguaggio che anche i bruti possiedono e le origini della parola umana. Mi è ora tanto impossibile di riassumere le sue laboriose e sottili indagini, quanto fu impossibile a lui di cavarne più che semplici probabilità e verisimiglianze.

Certo chi guarda nel passato del linguaggio umano vede facilmente le mille e più lingue ora esistenti pullulare come rami e frondi da un [p. 154 modifica]numero scarso di tronchi e questi salire da un numero ancor minore di ceppi; ma vedere anche le radici sotterranee, ma ritrovare i germi onde uscirono i primi concetti dai quali son venute le prime parole, non è possibile ad alcuno. Però, se da questi primi concetti e da queste prime parole si sono svolti naturalmente tutti i linguaggi umani, pare probabile al Romanes che anche quelli si sieno svolti naturalmente da uno stato anteriore in cui l’animale vicino a diventare uomo non aveva ancora nè parola nè concetti. Il Romanes ha pure studiato la qualità di pensiero che si può estrarre dalle poche primitive parole fossili cui la scienza ha scavate. Egli vi ha trovato un pensiero di qualità inferiore che riflette soltanto il mondo esterno, il mondo fisico. Come nello studio del poeta la conchiglia petrificata gli suggerisce immagini di un tempo in cui l’uomo non era, così nello studio del pensatore la parola pietrificata gli suggerisce immagini di uomini in cui non si erano ancora sviluppate le facoltà superiori del pensiero. Ciò lo persuade sempre più della probabilità che come il bambino arriva poco a poco da una miserabile condizione intellettuale alle prime articolazioni istintive e imitative, ai concetti, alla vera e propria parola, così poco a poco vi sia arrivata la razza. Vi hanno, secondo lui, migliori ragioni di [p. 155 modifica]ammettere la evoluzione dell’intelligenza che quella dell’organismo; e, quantunque si tratti di probabilità, non sarebbe savio di rifiutare il primo assenso a una probabilità così grande,

Questa scienza può errare ma tiene un linguaggio sereno, veramente scientifico. Quando invece gli evoluzionisti della scuola di Haeckel lavorano a fondare la nuova teoria, non si sa se preparino veramente le fondamenta di un edificio sa scientifico o se scavino trincee d’approccio contro una fede, se facciano un’opera di pace o un’opera di guerra. Mentre narrano la storia dell’Universo, pensano con odio, lo si sente, al racconto sacro e la loro parola vibra spesso come un’accusa, onde si direbbe che siedono non già sulla cattedra della Scienza ma davanti alle Assise, in un processo contro il Creatore, sullo scanno del Pubblico Ministero.

Essi parlano con un certo dispregio della pura osservazione scientifica, Con un buon paio d’occhi e un buon microscopio, dicono, il primo che passa può diventare celebre. Occorre essere filosofi, occorre persuadersi che il mondo non ha bisogno alcuno di governo e che la presenza di Dio vi è intollerabile.

Essi chiedono perciò la morte dell’imputato o almeno la sua relegazione perpetua nelle teste [p. 156 modifica]deboli e nei cuori sentimentali, fuori dei quali gli sia interdetto di agire in alcun modo e persino di farsi vedere. Respingono come viziate di frode o d’imbecillità o di poesia tutte le testimonianze favorevoli a lui. Inveiscono poi contro il collegio della difesa e insultano come bugiarde tutte le Chiese cristiane.

Siccome, togliendo di sotto a queste Chiese il concetto dello spirito immortale, esse non possono reggersi, così costoro producono nella lite i documenti della derivazione dell’uomo dal bruto per conchiudere che non si può discorrere di spiritualità nè d’immortalità dell’anima umana, che anzi non si può discorrere di una speciale anima umana qualsiasi. Se i giurati ammettono questo, non possono rifiutarsi alla condanna di un Essere, in nome del quale si sarebbe ingannato per trenta o quaranta secoli il genere umano.

Invece quest’altra scienza ispirata alla classica equità inglese non vuol giudicare se l’anima umana differisca o no, in molti punti di natura, dall’anima delle bestie, se abbia o no il privilegio dell’immortalità. «Un vangelo può affermarlo» confessa il Romanes «noi non lo possiamo negare. » Giunta sulla porta della Chiesa, questa scienza si ferma in silenzio. Congediamoci adesso da lei ed entriamo nella Chiesa, vediamo se fra [p. 157 modifica]le tante diverse dottrine che vi sono entrate dopo avere lungamente atteso fuori della porta, come la dottrina sulla esistenza degli antipodi, la dottrina di Copernico e di Galileo sul sistema solare e la dottrina sull’antichità dell’Uomo, che sta entrando adesso, possa prender posto, e qual posto e in qual modo, anche la ipotesi evoluzionista circa l’origine della specie umana.


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III.


Il posto della ipotesi evoluzionista nella Chiesa non può certo essere sul pulpito nè sugli stalli d’onore che spettano alle verità conosciute.

La Chiesa non ha una ragione al mondo di aderire ad alcuna ipotesi scientifica. Io che dichiaro di aderire a questa, se tenessi una dignità, un ufficio qualsiasi nella Chiesa, userei probabilmente un linguaggio più guardingo. Tocca alla scienza di provare le proprie ipotesi. La ipotesi sulla origine della specie umana non è ancora provata; forse una prova matematica, sicura, non l’avrà mai. Perciò non ho mai pensato e non penso che la Chiesa debba pronunciarsi a suo favore. Ma vi sono ipotesi delle quali la Chiesa neanche può tollerare la discussione nel proprio seno. Vediamo se la ipotesi trasformista sull’origine dell’uomo sia tale. È perciò necessario di considerarne [p. 160 modifica]distintamente. la parte che riguarda il corpo e la parte che riguarda l’anima umana,

Non v’ha dubbio che per quanto riguarda il corpo dell’uomo le coscienze cristiane sono libere di opinare ch’esso non è stato creato immediatamente nella sua forma attuale con un pugno di fango, ma che invece v’è salito da una forma vivente inferiore. Questa libertà si prova col fatto, come il moto si prova camminando, Il teologo Grossmann confessa, in un’opera premiata dalla Facoltà teologica dell’Università di Monaco, che non è un’eresia, Il padre Bellinck, gesuita, scrisse che i cattolici possono liberamente disputare se il corpo umano abbia subite delle modificazioni o no. Un altro gesuita più antico, il Suarez, cita insigni scrittori ecclesiastici, fra i quali anche S. Giovanni Grisostomo che opinarono come una imperfetta specie d’uomo priva d’anima razionale abbia preceduto la specie presente.

La Bibbia non ha dato impaccio nè a quegli scrittori nè al Santo. La Bibbia non ci rivela il modo tenuto da Dio nel comporre col fango della terra il corpo degli animali inferiori e dell’uomo, Dice: «formavit» formò, Io rassomiglio anche questa parola ad un germe, Come l’albero più gigantesco è tutto virtualmente contenuto in un germe e conserva la propria natura dall’oscuro, [p. 161 modifica]minuscolo principio semplice fino alla gloria di una rigogliosa vita che si espande in molteplici forme, nei rami, nelle frondi, negli organi più delicati delle foglie e dei fiori, così tutta la scienza moderna era virtualmente contenuta in questa parola «formavit» quando essa fu seminata, quando gli uomini non potevano vedervi che un senso molto piccino, molto semplice; e questa parola conservò un’anima di verità durante tutto il progresso dell’intelletto umano, mentre quel senso piccino e semplice si sviluppava, metteva le sue radici, metteva il suo stelo, discendeva nell’idea della Causa formante a sempre maggiori profondità, ascendeva nell’idea dei metodi che questa Causa ha tenuti a sempre maggiori altezze, a dimostrazioni sempre più luminose delle vie complicatissime per le quali la Vita è ascesa dal semplice al complesso, dal fango all’Uomo,

La Bibbia dice: «Iddio formò». La Scienza dice: «in questo modo». Il racconto biblico della Creazione è stato chiamato da un grande evoluzionista: «la teoria del Creatore — Falegname». A torto, perchè in quel racconto. Iddio non lavora meccanicamente. come un falegname: forza operatrice è sempre la Parola, Come nel Genesi, così nei Salmi, così nel Vangelo è sempre glorificata la Parola come operatrice prima di tutte. [p. 162 modifica]le cose. «Amen» dice un libro sacro «principium creaturae Dei.» Amen, così sia; non la conclusione ma il principio; non la parola articolata, il comando sonoro, ma l’ordine, la Legge. E la Scienza, nel suo continuo lavoro, incontra dappertutto, nella terra e nel Cielo, in ogni movimento meccanico di atomi, in ogni fenomeno della forza vitale, nello studio del passato, nelle previsioni dell’avvenire questa Parola operante, quest’ordine, questa Legge; anzi non incontra che la Legge, e se la Legge non fosse, la Scienza stessa non sarebbe la Scienza.

Il corpo umano è dunque, anche secondo la Bibbia, il prodotto di una legge. Come questa legge operi, i Libri Santi non lo dicono. Il profondo buio enigma è proposto a noi quasi con un silenzioso gesto.

Quando dunque noi cerchiamo come il corpo umano si è formato e troviamo che probabilmente non è stato formato senza una legge, ossia senza un’azione regolare di forze dirette, ordinate a questo fine, noi siamo certo sulla buona strada. Andiamo avanti. Noi vediamo queste forze all’opera, di specie in specie, sin dall’infimo animale, una pura cellula, un puro stomaco. Esse incominciano con prepararvi un capo, un posto d’onore per qualcuno che verrà, che avrà potenza e gloria [p. 163 modifica]e dominerà la terra. Esse gli preparano lo strumento del regno, formano una prima fibra nervosa, varie fila di nervi, le raccolgono in gruppi, le accentrano nel capo, ed ecco disegnarsi il trono del principe futuro, ecco, piccino, umile, debole, il primo cervello. Questo cervello ingrandisce sempre e, come Darwin ha osservato, alle sue fasi di sviluppo corrispondono sempre modificazioni misteriose nella forma delle altre membra.

Ingrandisce fino al punto in cui al suo sviluppo corrisponde una modificazione arcana negli organi della voce. Allora se ne sprigiona il primo concetto e se ne trasmette la prima parola; no, la seconda parola, la risposta costata infiniti secoli, sforzi, dolori e vite, la risposta, dico, alla Parola Prima, all’ordine di Dio. Con lo stesso continuo, meraviglioso lavoro le stesse forze preparano nella cellula primitiva una vaga diffusa sensibilità ai raggi luminosi, la raccolgono in un nervo speciale, iniziano una torbida visione, costituiscono una camera oscura, una lente, uno strumento complesso che raccoglie la luce del sole e il colore delle cose, che rende la luce della vita e il colore delle passioni, dove finalmente apparirà la coscienza e che avrà pure in quel momento la sua parola, si leverà verso il Cielo a dare la sua risposta e sarà l’occhio umano. Noi vediamo queste stesse forze [p. 164 modifica]preparare poco a poco e svolgere un altro organo, renderlo mobile prima ad arbitrio, abituarlo poi ad un moto regolare inconscio, formarne il centro vitale potente che incomincia nel bruto a misurar la passione, a palpitar di terrore, di gioia e di collera, che, quando il cervello sarà pronto a concepire l’esistenza della sua interna persona e del mondo esterno, a trarre dai fenomeni naturali l’idea di una Forza superiore, sarà pronto esso pure a dar la sua impetuosa parola, la sua istintiva risposta, il suo primo palpito religioso, Noi vediamo prepararsi nei secoli l’organo più proprio della nostra specie, vediamo animali già superiori agli altri nella costituzione del cervello, nella mutabile vivacità delle passioni, nella disposizione degli occhi raccolti in fronte, condurre per bisogno di cibo, per paura di nemici feroci, una vita arborea che li costringe ad arrampicarsi, a tenersi sospesi, li viene preparando alla posizione eretta e, sopra tutto, a un uso nuovo, più complicato delle estremità. L’abitudine della posizione eretta, oltre a sviluppare i muscoli del petto in modo utile alla vociferazione, modificherà le estremità inferiori, le renderà più stabili, mentre le superiori usate dall’animale per afferrare i rami, per cogliere e maneggiare le frutta acquisteranno una mobilità, un’abilità sempre più grandi, e saranno pronte a diventare uno [p. 165 modifica]squisito strumento dell’intelligenza, la mano umana, che dara ella pure mirabilmente la sua parola e la sua risposta scrivendo: «In principio Iddio creò il Cielo e la Terra.» Questo è il segreto senso che noi troviamo nella parola «formavit». Altri ne può trovare un altro, può preferire l’antico: la coscienza cristiana è libera, Credo tuttavia che quando la interpretazione moderna verrà universalmente accettata, si vedrà in questa una prova che frutto della vera scienza è non già distruggere ma ingrandire l’idea di Dio, purificarla sempre più dalle somiglianze materiali con l’Uomo, dalle somiglianze dei metodi divini con i metodi umani di operare, rendere quindi lo spirito umano più religioso; perchè infatti se Iddio compare più grande al nostro spirito, non può essere perchè Egli cresca ma solo perchè noi ci andiamo avvicinando a Lui. Succede allora questa cosa stupenda che quanto più ci riconosciamo lontani e dissimili da Dio nella parte inferiore dell’esser nostro, tanto più gli diventiamo simili e vicini nella parte più elevata, che prende quindi sempre maggiormente della Sua luce, del Suo calore, onde più vigorosa e rapida si sviluppa.

L’anima umana! Qui di fronte a coloro che affermano essere tutto l’uomo, nell’anima come nel corpo, un prodotto di evoluzione, la coscienza [p. 166 modifica]cristiana, di tutte le Chiese, sorge e dice: «Io vedo che non vi è differenza di natura fra il corpo dell’uomo e quello dei bruti; io posso credere che il primo discende per via di generazione dal secondo, ma io vedo che v’è una differenza di natura fra l’anima dei bruti e l’anima dell’uomo in quanto solamente la seconda è capace di un vero e proprio concetto, di una vera e propria coscienza; io debbo credere che a produrre la seconda è intervenuta una Parola divina e che la seconda è immortale personalmente,»

Premesse queste dichiarazioni, la coscienza cristiana è libera di accettare qualunque concetto sulla origine dell’anima che non sia inconciliabile con esse.

Io entro qui per un momento non propriamente nel campo dove si discute intorno alla origine dell’anima prima, bensì in un altro campo molto vicino e simile, dove si discute intorno alla origine di tutte le anime che vennero poi.

La teologia cristiana non è mai riuscita a trovarsi tutta concorde su questo punto, ha poste avanti più ipotesi contradditorie. Si è detto che ciascun’anima è creata direttamente da Dio per ciascun corpo, vi si è opposto che in tal caso le anime andrebbero immuni dal peccato originale. Si è detto che le anime sono nei germi, [p. 167 modifica]passano dai genitori nei figli; vi si è opposto che siccome l’anima umana è immortale, converrebbe allora dare l’immortalità anche ai germi che non vengono sviluppati.

S. Agostino confessò che non poteva venirne a capo; il più grande de’ suoi discepoli e amici, S. Fulgenzio, scrisse ch’era lecito di tenere la prima come la seconda opinione, ma che nè l’una nè l’altra si potevano dimostrare.

Sono appena diciotto anni che un dottissimo consultore della Sacra Congregazione dell’Indice ha difesa vittoriosamente la libertà delle coscienze cristiane circa questo punto.

Ora è possibile, io credo, di formarsi circa l’origine dell’anima umana un concetto così generale che non conduce sicuramente a scoprire il modo particolare di questa origine, cui non seppero scoprire nè S. Agostino nè S. Fulgenzio e cui la scienza non potrà mai dimostrare con certezza, ma che non contraddice alla fede cristiana e neppure a una dottrina la quale colleghi e subordini il concetto di Evoluzione al concetto di Creazione. Secondo un tal principio generale, io vedo ciascun’anima umana essere prodotta dalla Parola originaria «facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» che non potè essere una parola articolata, sonora, passeggera, ma solo può significare la Volontà [p. 168 modifica]Divina in azione, come legge di natura, all’origine dell’uomo, in azione, come legge di natura, nel riprodursi degli individui umani, in azione, nel più lontano futuro, dove io vedo l’uomo venirsi conformando sempre maggiormente a immagine e simiglianza di Dio.

Per una data energia, dunque, della Volontà Divina, ossia per legge di natura, l’embrione umano, appena si forma è animato, è disposto dai suoi genitori a diventare un essere umano, ma solo quando perviene ad un certo grado di sviluppo impossibile a determinare, l’anima, tocca da una divina luce, vi è creata umana a somiglianza, quasi, dell’occhio che preparato poco a poco nell’embrione, acquista improvvisamente, tocco dalla luce corporea, la facoltà di vedere.

Ecco in qual modo diretto io vedo la Volontà Creatrice operare all’origine di ciascun’anima,

Ma se mi è lecito, come cristiano, di pensare che le anime dei figli di Adamo sono create umane a questo modo per effetto della Divina Parola originaria, per una legge di natura, molto più mi sarà lecito di sostenere che la Divina Parola ha prodotto in questo modo Adamo stesso, ch’Essa, operando come legge di natura, ne ha preparato insieme il corpo e l’anima nella vita inferiore, e, quando il corpo è stato pronto, vi ha creata l’anima, operando sempre come legge di natura. [p. 169 modifica]

L’anima umana, così di lunga mano preparata, così creata improvvisamente, diede essa pure, nascendo, la sua risposta: eccomi, io sono.

L’ingresso nel mondo dello spirito cosciente e della parola creata chiude un’epoca e ne apre un’altra in cui l’attività della Evoluzione diventa morale, L’anima umana che non sarà mai stata così pura come nel suo nascere, che ha cominciato con dire «io sono» si vedrà poi da uno stato d’innocenza giungere attraverso l’errore e il dolore ad un nuovo arcano, rigenerante contatto con la sua Causa, onde con più intelligente amore potrà dire ad essa: «Tu sei». Ma ciò non entra nel mio tema, al quale io ritorno per dire un’ultima parola come artista.


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IV.


Respingo anzi tutto il pregiudizio di coloro che provano ribrezzo della idea trasformista applicata alla specie umana come di una bassezza morale.

Poesia e bassezza morale possono talvolta pur troppo incontrarsi in una persona, in un’idea no. Se si predicasse che l’uomo nacque dal leone e dall’aquila, la donna dal giglio e dalla rosa, non vi sarebbero forse tante proteste cui suscita ora la immagine di pro-genitori deformi appunto perchè ci somigliano, per la loro imperfetta, mostruosa umanità di aspetto. Io posso immaginare che in uno stadio futuro e superiore della nostra esistenza tutte le miserie del corpo umano animale ispirino un simile sentimento di ribrezzo a coloro che possederanno un corpo spirituale, un corpo trasformato, che già esiste in potenza dentro al nostro, un corpo al quale inconsciamente aspiriamo, che intravvediamo nelle nostre [p. 172 modifica]idealizzazioni amorose e che ci fa già tante volte sentire sdegno e ribrezzo della nostra umiliante animalità. Ma noi dai bruti non discendiamo. La stessa coscienza della nostra dignità umana; la vibrante parola che l’afferma, maturarono in noi per una illuminazione superiore, la quale ha penetrato, trasfigurato, illuminato anche il deforme volto che, solo, essi potevano tramandarci,

Noi non discendiamo, noi ascendiamo da essi e il nostro tempo sempre meglio comprende che se la vanità umana può compiacersi qualche volta di discendere, la vera gloria dell’uomo è di ascendere. Se vogliamo cercare un vanto nella nostra origine, il vanto sia questo, che non fummo tratti in un attimo, gran tempo dopo i primi animali, dal fango, come dire da putredini di vite passate, ma che un immenso lavoro si è fatto sul nostro pianeta perchè dalla polvere che non conosceva nè putredini nè morte sorgessero forme viventi atte a tramandare la vita, ad avviarla, cooperandovi tutta la natura, verso forme superiori, senza lasciarla mai cadere un momento fino a che una fronte, uno sguardo, una parola vivente si alzassero al Cielo. Io non so del resto come tanto si adontino di una qualsiasi parentela coi bruti coloro che credono in un solo Autore di tutte le cose. Noi che pensiamo essere stati portati nel [p. 173 modifica]grembo della Natura animale inferiore, abbiamo per essa un sentimento più religioso e più morale, che va infatti penetrando praticamente nella vita, va diventando un elemento di civiltà moderna.

Non può essere morale di sentire ed esprimere disprezzo per creature che tengono il posto loro assegnato dalle leggi di Natura. A me la storia dell’Universo, dalla prima cellula alla prima coscienza, pare un divino dramma, retto in ogni parola come nell’insieme, da leggi complesse, rigorose, come forse il più perfetto poema umano può darcene qualche pallida immagine. Non vi possono essere in un tale poema parole spregevoli quantunque paiano vili, poichè ciascuna porta nel posto che le conviene il suo filo d’idea; perchè, almeno, necessariamente prepara, precede e in certo modo genera la parola luminosa che viene poi.

Secondo il concetto spirituale della Evoluzione, che io difendo, la dignità morale sta nel combattere certa nostra strettissima unione con un bruto, sì, ma con quel bruto di oscura innominata specie che freme ancora, testimonio vivente del passato, nel cuore umano, e aspira senza posa a farsene padrone, e vi lotta contro l’impero di un principio a lui sconosciuto, la coscienza morale; che vuole invece. per sè un’altra forza non interamente nuova per lui, la intelligenza, e, se vince, sale fino al [p. 174 modifica]volto, guarda per gli occhi umani, talvolta coperto e insidioso, talvolta ridicolo, talvolta orribile, secondo la qualità e i movimenti della passione che in lui prevale, secondo il maggiore o minore uso d’intelligenza che ha dovuto fare; e, se l’uso è stato poco, se la passione è rimasta quasi semplicemente bestiale, se il trionfo è duraturo, lo scolpisce nella fronte conquistata, impronta di sè i lineamenti, ci mostra un essere ambiguo che discende obliquamente verso uno stato nè brutale nè umano, molto peggiore dell’uno e dell’altro,

L’arte moderna deve conoscere l’ufficio che secondo una legge fondamentale di natura tocca a lei come espressione delle facoltà superiori umane. Tocca a lei, secondo la legge di evoluzione, di aiutare il divino a comprimere il brutale, il futuro a svolgersi dal passato. Molte volte ell’ha compiuto e compie quest’ufficio senz’averne piena coscienza, colla semplice rappresentazione della bellezza o anche con l’espressione dei sentimenti più nobili, con la testimonianza delle credenze più elevate; adesso è meglio che lo riconosca quale lo illumina una fiaccola della scienza.

Pochi o molti che siamo, noi militanti per la potenza e la gloria dello spirito, e pieni insieme di fede nella scienza, in ogni progresso umano, non intendiamo anzitutto di soffrire che la grande [p. 175 modifica]idea della Evoluzione venga abbandonata, quasi con disprezzo, ad una filosofia materialista, che non avendo il minimo diritto sopra di essa, la impugna come un’arma contro il nostro stesso ideale.

Noi non intendiamo che la rappresentazione artistica dei concetti morali più rispondenti all’idea cristiana sia rispettata soltanto come una fedeltà onorevole al passato. L’arte, secondo il nostro concetto, promovendo ogni ascensione morale, fa sue proprie le divinazioni più ardite della scienza moderna e si serba fedele al futuro. La legge di evoluzione governa il mondo col giuoco di due forze, la forza conservatrice e la forza progressiva. Esse sono egualmente degne di ammirazione, ma se, come fu detto, il primo animale che si decise a rizzarsi e a camminare sulle sole estremità posteriori è stato un radicale, anche l’arte che tende a correggere ogni viziosa inclinazione obliqua dello spirito umano, che tende a porlo alto e diritto sulla via che si allontana dalla animalità, è un’arte radicale, è un minimo strumento, sì, ma pure uno strumento della forma progressiva, come ne è massimo strumento la Divina Parola vivente, piena ancora di nascosti germi, che opera nel mondo, in palese ed anche in occulto, conosciuta e sconosciuta, come Legge morale cristiana. [p. 176 modifica]

Non intendo, così, di consigliare all’Arte la rappresentazione esclusiva di tipi ideali. Essa farà bene di praticare anche l’autopsia della bestia umana. «Il est dangereux» dice Pascal «de trop faire voir à l’homme combien il est égal aux bêtes sans lui montrer sa grandeur, Il est dangereux de lui faire trop voir sa grandeur sans sa bassesse. Il est encore plus dangereux de lui laisser ignorer l’une et l’autre; mais il est très-avantageux de lui réprèsenter l’une et l’autre».

Qualunque soggetto deve dare argomento all’Arte di questo doppio lavoro. Mai arte umana non sarà vera che non sappia trovare nella stessa persona elementi di vita superiore ed elementi di vita inferiore; almeno qualche germe della prima, almeno qualche avanzo della seconda.

. Ma l’artista non adempie la sua missione se non fa sentire che ne ha la coscienza e che lavora contro il bruto antico, contro la tendenza dell’elemento umano inferiore a impedire lo sviluppo dell’elemento superiore. Non si tratta di subordinare l’arte alla morale, come tanti hanno fatto per modo che la morale sopra l’arte pare una cosa morta che schiaccia una cosa viva; si tratta di trovare una loro unità così piena che sia impossibile distinguervi l’intendimento morale dall’intendimento artistico. [p. 177 modifica]

Quest’attività dell’elemento inferiore umano che prende nell’individuo mille forme di movimenti diversi, è pure presente nel disordine organico di cui soffre la società. Sarebbe facile dimostrare che il disordine organico sociale deriva dall’opera di cupidigie inferiori, in parte passate, consacrate dal diritto, consolidate nelle istituzioni dalla consuetudine, divenute inconscie, automatiche, in parte vive, attive e conscie nel basso e nell’alto della società, le quali si sono sovrapposte al sentimento di quella legge suprema che nell’ordine morale corrisponde alla legge di attrazione nell’ordine fisico, che comanda nell’ordine morale alle anime umane e nell’ordine fisico agli atomi di attrarsi reciprocamente e di gravitare insieme verso un Centro.

Perciò la nobile arte che si appassiona per le miserie sociali deve guardarsi da quanto può anche indirettamente suscitare quelle cupidigie; tutte deve combatterle con un ideale di giustizia atto a trasformare il mondo mediante l’amore e la equa distribuzione non dei godimenti ma dei doveri, e dei doveri non rispondenti a diritti armati di codici e di forza: a questi ci pensano i legislatori; bensì rispondenti alla legge di attrazione morale, ai diritti dell’Amore, al diritto di Dio.

Cavalieri dello spirito, non per questo noi disprezziamo nè odiamo il corpo. È naturale alla [p. 178 modifica]poesia come all’amore di idealizzare il corpo umano, di anticipare, istintivamente, in un vago, fantastico, profetico modo, la sua evoluzione futura. Una piccola, delicata mano di donna non ha nella mente del poeta e dell’amante che forma, colore, vita, senso, intelligenza, passione, femminilità; è per essi un breve, squisito poema, una silenziosa parola dell’anima, e diventa un simbolo, quasi, nel suo durevole fiore, di giovinezza immortale. Essi abborrono dal pensare che la dolce mano spirituale discende da membra non umane anche per una interposta miriade di secoli, ma egualmente abborrono dal pensare l’interno di quella mano come lo pensa un professore di anatomia. Le due ripugnanze hanno la stessa radice, l’idea di una vita inferiore, puramente animale, di un organismo simile nel suo giuoco interno, a quello dei bruti.

È un fatto che offende molto più, considerandolo nel corpo intero. A negarlo nel passato vi è ben poco guadagno perchè bisogna poi ammetterlo nel presente. Ebbene, io trovo che il senso di questo fatto, quanto più è vivo, quanto più è forte, tanto più impetuosa reazione cagiona, tanto maggiore slancio imprime all’amorosa fantasia che solo vuol pensare in un corpo la bellezza esterna, il fiore della vita, la intensa espressione dell’anima, ossia [p. 179 modifica]le qualità che si convengono a un corpo umano ideale, al corpo umano della promessa evoluzione futura. Dirò pure che noi abbiamo necessariamente un’ideale della bellezza corporea diverso dall’ideale antico. Ciascuno che sia moderno nello spirito sente la freddezza, la insufficienza della bellezza femminile di puro tipo classico come ispiratrice d’amore e d’arte; ma noi possiamo anche dirne le ragioni. La bellezza greca esprime una serena e radiante, benchè non vanitosa letizia di sè stessa; essa mi rappresenta la sublime gioia della natura umana emersa dalle tenebre di una vita inferiore, finalmente, nella luce, felice di riposare contemplando. Il suo carattere è la soddisfazione e la quiete. Invece il nostro ideale di bellezza, tutto penetrato di sentimento squisito e d’intelligenza in ogni linea della persona, ha per carattere l’aspirazione, esprime una inquietudine di desiderii non mai paghi perchè domandano all’amore, alla Vita, l’infinito e l’eterno. Esso mi rappresenta la natura umana, salita ancora, rinnovata nello spirito, illuminata da un ideale ch’ella non intende bene ma che sente, che sogna e cui anela di congiungersi tutta intera.

Un’arte che s’ispira in tal modo alla ipotesi dell’Evoluzione nell’ordine morale e nell’ordine fisico ha un carattere evidentemente religioso, Il [p. 180 modifica]concetto della evoluzione umana così applicato si accorda col sentimento religioso e morale più puro.

Ecco perchè io credo con tutta l’anima che la grande ipotesi è vera.


Un materialista che io amo, non certo per le sue dottrine, ma per la profonda, amara, leopardiana tristezza che gliene sale al cuore, ha considerato che tanti elementi minerali della Terra si trovano pure negli altri astri, che perciò molto probabilmente vi si sarà pure trovata la materia ond’ebbe origine qui la prima cellula vivente, e che, la legge di evoluzione essendo universale, se una prima cellula ha potuto, sulla Terra, produrre poco a poco esseri che hanno il senso e la potenza della poesia, un’altra cellula avrà pure, molto probabilmente, potuto produrne nello stesso tempo in qualche stella del cielo. «Perciò» scrive il Maudsley «quando uno di noi guarda dalla Terra negli azzurri abissi di una notte serena e, rapito da inesprimibile commozione, dimentica le cose terrestri, vibra tutto di misteriose simpatie per qualchecosa che non vede, che non intende, ma che pur sente, egli subisce forse l’azione oscura di lontani esseri più affini a lui che non sospetti.» Io amo di pensare che così è veramente, che [p. 181 modifica]almeno in qualche altro pianeta si sono svolti ed esistono adesso esseri simili a noi nell’intelligenza e nell’amore, che vi hanno fra questi esseri e noi simpatie misteriose e che qualcuno di essi attesta lassù in questo momento come io qui l’attesto, la bellezza e la gloria della Legge a cui le nostre stelle devono la luce e noi dobbiamo la parola. Io amo di pensare che non vi è astro del mondo dove non si sieno levati, o non si levino adesso, o non abbiano a levarsi un giorno testimoni fedeli a confessare la unità dell’ordine col quale una Causa infinita di tutto fa continuamente ascendere la vita verso di Sè, sempre più conformandola ad immagine propria per trarne a Sè un amore sempre più intelligente, sempre più simile al Suo.

Molte voci si alzano già dalla Terra per questa testimonianza. Benchè sieno accusate, come mai? di ferire il sentimento religioso e la dignità umana, io mi onoro di unire ad esse la voce mia; e se quanto al dogma mi sono appellato ai maestri in nome di altri maestri, quanto ai più divini sentimenti dell’anima mi appello a Voi, in nome dell’ Ideale.


  1. Questo Discorso fu letto in Roma, nella sala della Società per l’Istruzione della Donna, presente S. M. la Regina.