I dintorni di Firenze, volume I/VI. Barriera del Romito
Questo testo è completo. |
◄ | V. Barriera del Ponte rosso | VII. Barriera del Ponte all'Asse | ► |
VI.
Barriera del Romito
Itinerario. — Via del Romito - Rifredi - Chiasso Macerelli - Careggi - Ponte Nuovo - Le Masse - Serpiolle - Cercina - Castiglioni.
Mezzi di comunicazione. — Tranvai Firenze-Rifredi —
Diligenze per Careggi.
Uffici di posta e telegrafo. — Rifredi - Pratolino.
alla porta a Faenza che sorgeva precisamente nel luogo dov’è ora il maschio della Fortezza di S. Giovanni Battista o da Basso, la via, oltrepassato il torrente Mugnone, che seguiva allora la linea delle mura, traversava la pianura al disotto del Ponte a Rifredi biforcandosi prima di giungere al luogo detto il Romito o il Romituzzo, proseguiva a destra verso S. Marco Vecchio parallela al torrente Mugnone, e in dirittura raggiungeva il borgo di Rifredi. Di fianco a questa seconda diramazione della strada passava un giorno sopra ad un seguito di arcate l'acquedotto romano che alimentava le fonti di Firenze colle acque raccolte alle falde del Monte Morello fra Castello e Quinto. La località per cagione di questi archi si chiamò in antico tra l'Arcora o Arcovata, nome che divenne proprio anche del fosso che scende dai colli di Montughi e va a sboccare nel Terzolle sotto al Ponte a Rifredi. In questo tratto della pianura fra le mura di Firenze, il borgo di Rifredi e la base della collina di Montughi sorgevano diversi edifizì che per la maggior parte vennero abbattuti prima dell’assedio.
S. Giovanni fra l'Arcora. — Era questo il nome di un antichissimo spedale con oratorio che apparteneva ai Cavalieri Gerosolimitani e che era stato fondato nel 1317 da Fra Jacopo Bartolini. Questi lo donò nel 1397 ad un altro Cavaliere dello stesso ordine, Fra Giovanni de’ Cerchi e quindi venne incorporato fra i beni della Commenda di S. Jacopo in Campo Corbolini di Firenze. Il locale doveva essere abbastanza ampio e decoroso e, secondo narra Giorgio Vasari, era stato adornato di affreschi da Buffalmacco e da Lippo, fiorentini. Lo spedale, che sorgeva presso il borghetto del Romito, venne totalmente distrutto nel 1529, prima dell’assedio e non ne restò traccia alcuna.
Così pure disparve ogni traccia di un altro piccolo spedaletto per i lebbrosi che la Signoria aveva edificato lungo la via fuor di Porta Faenza, nella località chiamata Campo Luccio. Esso era dedicato a San Lazzaro.
Romito o Romituzzo. — Oggi è un borgo assai popolato che occupa un lungo tratto della strada che dalla Barriera del Romito conduce a Rifredi; ma le case che lo costituiscono sono per la maggior parte di moderna costruzione. L’origine del nome di questa località, sostituito a quello più antico e più generico di Tra l'Arcora, devesi ad un romito il quale vi fabbricò una piccola casetta ed un oratorio dedicato a S. Lucia. Il romitorio fu convertito in tempi lontani in spedaluzzo che fu soppresso come tanti altri e poi trasformato. L’oratorio di S. Lucia sorgeva dov’è oggi un tabernacolo con un bassorilievo di terracotta, rozza maniera, nel luogo in cui dal Romito muove la strada che conduce ai Macelli comunali.
Questo tratto di campagna che dipendeva dalla chiesa di S. Lorenzo di Firenze, doveva essere in origine popolato di ville e di casamenti; ma come abbiam detto dapprima, la maggior parte di essi venne sacrificata ai bisogni della difesa della città nei giorni che precedettero il memorando assedio. Proseguendo per la via del Romito, prima di giungere alla Piazza di Rifredi, si trova a destra.
La Torre dello Scorpione. - Villa Pini. — Questa villa che prende il nome dell’antica torre merlata che la sovrasta, appartenne insieme ad altri vicini possessi alla famiglia Guidotti consorte dei Rustichelli; ai primi del secolo XVI passò dei Segni e più tardi fu dei Corsi. Fino a pochi anni addietro sopra un muro corrispondente nel giardino era murato un architrave di pietra con varj stemmi fra i quali quelli de’ Guidotti.
Poco dopo questa villa, si giunge alla Piazza di Rifredi dove sorgevano le prime case di questo antico villaggio.
Ponte a Rifredi. - Scuola Comunale. — Quest’edifizio che conserva in parte i caratteri di una villa medioevale, fu in antico degli Strozzi: nel XV secolo ed in quello successivo fu dei Guidotti de’ quali si vedeva ultimamente uno stemma sopra ad una delle facciate. Più tardi appartenne anche ai Capponi.
Riservando al capitolo successivo le notizie relative al Ponte a Rifredi, volgeremo a destra per la Via Vittorio Emanuele che si dirige verso la Barriera del Ponte Rosso.
Il Palazzo Bruciato. - Villa Pelka. — Gli Ardinghelli, antichi e potentissimi cittadini del sesto di Borgo possedevano fino da tempo remoto un comodo e grandioso palagio di campagna nel luogo che si diceva il Poggiolo a piè della collina di Montughi. Nel 1364, quando le milizie pisane guidate da quell’ardito condottiero inglese che fu Giovanni Hawkwood, volgarmente chiamato l’Aguto, si spinsero fin sotto le mura di Firenze, saccheggiando e distruggendo quanto incontravano sul loro cammino, anche il palagio degli Ardinghelli non sfuggì alla rabbia di que’ soldati e il 1° maggio di quell’anno, insieme ad altre ville di Montughi fu guasto e dato in preda alle fiamme. Di tale incendio è ricordo in un contratto del 1368, 5 febbraio 1 col quale Domenico del fu Ubaldino degli
Ardinghelli vendeva a Lorenzo e Niccolò di Piero suoi congiunti «un casamento bruciato e mezza loggia di una curia (corte) con orto in luogo detto la casa degli Ardinghelli con casolare e 60 stiora di terra per 600 fiorini d’oro».
Ai primi del secolo successivo, la casa da signore già risarcita, apparteneva a Jacopo di Niccolò Malegonnelle, il figlio del quale, Niccolò la vendeva nel 1442 a Messer Piero Beccanugi illustre dottore di legge che nel 1433 prese possesso, per conto della repubblica, del castello di Livorno. All’estinzione di questa celebre famiglia, avvenuta nel 1500, la villa fu acquistata da Niccolò di Bernardo de’ Medici che nel 1534 la rivendeva a Lorenzo e Michele di Ottaviano Ubaldini. Nel 1597 Ottaviano di Lorenzo l’alienava ad Oretta di Vincenzo Bonaccorsi e nel 1670 dai Bonaccorsi ne faceva acquisto il Capitano Gio. Francesco Cardi da Cigoli, per rivenderla poco dopo al Marchese Obizo Malaspina. Il procuratore di Monsignor Pier Luigi Malaspina l’alienava nel 1700 a Carlo di Giovanni Gori i figli del quale la vendevano nel 1726 a Giovan Piero Paoli che alla sua volta la rivendeva a Ferdinando di Donato Orsi nel 1769.
Il Poggiolo o il Palazzo Bruciato. - Villa Ramber. — Anche questa villa ebbe a soffrire i danni dell’audace scorreria compiuta il 1° maggio del 1364 dalle milizie al soldo de’ Pisani ed ebbe comune con quello di Poggiolo il nomignolo di Palazzo Abbruciato più specialmente proprio dell’altra villa un giorno degli Ardinghelli. Fu dei Neroni detti di Diotisalvi, famiglia che venuta a Firenze da Maciuoli, s’inalzò ad alto grado di potenza. Nel 1427 appartenne a Messer Nerone di Nigi cittadino illustre che più volte rappresentò la repubblica in ambascerie importantissime. Il figlio di lui Nigi, a causa di una condanna avuta dagli Otto, dovette cedere in pegno questo suo possesso a Messer Bartolommeo Scala, celebre letterato e cancelliere della repubblica fiorentina che nel 1470 la teneva ad uso di villeggiatura. Restò la villa in possesso dei Neroni fino al maggio del 1558, epoca nella quale Alessandro di Diotisalvi la vendeva insieme al podere per 1400 fiorini d’oro a Messer Pandolfo di Luigi Della Stufa. I Della Stufa abbellirono la villa e gli annessi e l’hanno posseduta fino ai nostri tempi.
Lungo una vecchia stradella chiamata del Palazzo Bruciato è
Il Romituzzo. - Villa Ricci. — Nella località che si chiamava in antico l’Arcora o tra l’Arcora a cagione delle arcate dell’antico acquedotto, possedeva case da signore e poderi che si collegavano coi beni di Montughi la famiglia Boni. Ad essa apparteneva anche questa villa posta lungo la strada del Romituzzo o del Palazzo Bruciato. Nel XVI secolo, essa era passata in proprietà della famiglia Cassiani della Pieve S. Stefano e nel 1560 apparteneva a Francesco di Ser Baldassarre Cassiani, medico fisico. Nel 1699 per crediti verso l’eredità giacente di Gio. Battista Cassiani, la villa fu assegnata per sentenza del magistrato a Francesco e Jacopo Guiducci da Massa i successori de’ quali l’hanno posseduta fino a’ tempi moderni.
Dalla località chiamata il palazzo Bruciato prenderemo la via chiamata
Chiasso Macerelli. — Il nome di questa strada che dal Ponte a Rifredi conduce fino alla collina di Careggi, si trova in antichissimi documenti; ma nessuno di essi serve a spiegarne l’etimologia. Parrebbe che la via un giorno stretta ed angusta da meritare il nome più umile di Chiasso, avesse dovuto intitolarsi da qualche famiglia che vi avesse possessi; ma il cognome Macerelli non si riscontra affatto nelle vecchie carte.
La località ridente ed ubertosa fu certo gradito luogo di villeggiatura fin da tempi remoti, perchè nel XV secolo ebbero case da signore lungo e presso questo Chiasso molte cospicue famiglie fra le quali ricorderemo i Tornabuoni, i Lottieri, i Bischeri, i Masi ed altri. Modernamente poi vi si sono costruite tante nuove case da costituire come una borgata.
Chiasso Macerelli. - Villa Bai. — Remotissimo è il tempo in cui la potente e ricca famiglia Bischeri, la quale aveva in Firenze le sue case al tergo di S. Maria del Fiore, possedeva poderi e casa da signore presso la riva sinistra del torrente Terzolle. Nel 1470 villa e poderi furono venduti ad Antonio Giuntini del gonfalone Vajo; più tardi il possesso andò in proprietà della famiglia Medici e quando questa fu dichiarata ribelle, l'acquistava Milla moglie di Maffeo Da Barberino lasciandola in eredità ai figli. Nel 1582 pervenne in proprietà delle Monache della Crocetta dette di Suor Domenica del Paradiso e dopo la soppressione francese, l'acquistava nel 1811 la signora Lucia Ricciardi nei Franceschi, lasciandola in eredità ai Da Cepparello.
Il Poggiolo o Chiasso Macerelli. - Villa Matthews. — Più che col nome proprio della località, essa è conosciuta col nome di Villa Lorenzi, perchè furono i Conti Lorenzi che nel XVIII secolo la ricostruirono e l'arricchirono di un ampio e sontuoso giardino, facendone una delle più splendide ville del colle di Montughi. Di questa villa che in origine doveva esser di piccole proporzioni, si hanno ricordi fino dalla prima metà del XV secolo quando apparteneva ad un Antonio di Bartolommeo suonatore d’organi, il quale la vendeva nel 1450 a Martino di Giovanni Dardi. Pochi anni dopo, nel 1457, questi l’alienava ad Antonio di Zanobi Del Giocondo, dal quale l’acquistava Ser Maurizio di Marc’Antonio degli Albertarj. Nel XVI secolo questa villa, con altri beni posti nella località chiamata Chiasso Macerelli dal nome antichissimo della strada che l’attraversava, era proprietà di una famiglia Giorgi dalla quale la comprava nel 1729 il Cav. Bali Francesco Lorenzi che con ingente spesa la ridusse alla forma presente.
Chiasso Macerelli poi Quintero. - Villa Lemmi. — Fra i numerosi possessi che la famiglia Tornabuoni, patrona fin da tempo lontano della Pieve di S. Stefano in Pane, ebbe nel popolo da essa dipendente, fu questa villa situata poco distante dal Chiasso Macerelli, lungo la via che si dice del Quintero. Apparteneva nel 1427 a Niccolò di Filippo Tornabuoni e questa celebre famiglia che ne fu padrona fin quasi alla metà del secolo successivo, la corredò con tutto quel gusto artistico che per essa era quasi tradizionale. Bella ed elegante è difatti l’architettura della villa che ha in alto, sull’angolo, una loggetta di forme squisite e nelle sale interne si vedevano un giorno affreschi stupendi, due dei quali di Sandro Botticelli che aveva in essi ritratti molti fra i personaggi di casa Tornabuoni. Questi affreschi, stati ricoperti dall’intonaco furono rinvenuti modernamente quando la villa era posseduta dal Dott. Petronio Lemmi, e, venduti poco dopo al governo francese, formano ora l’ammirazione di chi visita il museo del Louvre. Lionello di Messer Lionardo Tornabuoni vendè nel 1541 la sua spendida villa a Benvenuto di Pagolo Ulivieri, il quale la rivendeva nel 1601 a Gabbriello di Piero Baccelli. Questi lasciò eredi delle sue sostanze i Poveri Vergognosi di S. Martino, i procuratori dei quali nel 1699 alienarono questo possesso a Giuseppe e Tommaso di Antonio Giorgi. Nel 1717 comprava la villa dai Giorgi Lorenzo di Filippo Grassi e per eredità essa passava nel 1746 alla nipote Maria Teresa Forni che la rivendeva nel 1804 al nobile spagnolo Perez Quinteros a ricordo del quale restò il nome di Quintero anche alla vicina strada. Nel 1819 passò per compra nei Brocca, nel 1824 nei Lemmi.
Sulla destra del Chiasso Macerelli s’inalzano leggermente le gaie colline di Poggio Secco e delle Pergole, popolate di ville, molte delle quali alle bellezze della giacitura uniscono l’importanza di antichi ricordi.
Da queste collinette comincia appunto la vaghissima contrada di Careggi che fin da’ tempi più lontani ebbe fama di Soggiorno delizioso, tanto che in essa più che altrove sorsero in gran numero palazzi di campagna e case da signore. Careggi costituisce un semicerchio di deliziose campagne ricche di case, di orti e di giardini che ha per base la linea tortuosa del torrente Terzolle e per contorno le ubertose e fiorite colline di Montughi, della Lastra e del Monte de’ Vecchi, oggi chiamato volgarmente Monterivecchi. Comode e belle strade attraversano queste gioconde campagne e danno facile accesso a tutte queste ville in mezzo alle quali giganteggia colla sua mole severa il vecchio palazzo Mediceo.
Poggio Secco. - Villa Caccia. — È una delle più ampie fra le ville signorili aggruppate pittorescamente sul cocuzzolo di questo colle che dall’aridità delle sue pendici, oggi coperte invece di rigogliosa vegetazione, ebbe fin da tempo remoto il nome di Poggio Secco. Alla fine del XIV secolo era questa una casa da signore della famiglia Maccianghini che Francesco del fu Matteo permutò il 15 luglio del 1416 con Jacopo di Anichino Riccardi lanajolo dal quale ebbe in cambio due case vicino al Canto alla Macine. I Riccardi che coll’esercizio della mercatura acquistarono più tardi ricchezza e nobiltà, tennero sempre carissimo questo loro antico possesso. Infatti essendo passato nel 1527 in dote a Dianora Riccardi moglie di Tommaso di Marco Marchi, Gabbriello di Riccardo lo ricomprava nel 1558 e da quest’epoca fino ai primi del decorso secolo in cui la famiglia venne a mancare, la villa di Poggio Secco fece costantemente parte del patrimonio Riccardi. Modernamente fu dei Bartolommei, poi Schmitz; oggi è de’ signori Caccia che vi hanno arrecato notevoli abbellimenti.
Poggio Secco. - Villa Harter. — Nel 1427 era di un Niccolajo d’Andrea che la vendè poco dopo a Piero di Cosimo de’ Medici il quale la dava in baratto di certi altri beni a Sinibaldo di Domenico Nelli, che, alla sua volta la barattò con Giuliano Ciaini da Montaguto. Da quest’epoca la villa subì molti e frequenti passaggi di possesso. Fu dei Tornaquinci che la venderono ai Da Sanminiato e da questi per compra andò nel 1535 in Bartolommeo Del Giocondo e nel 1581 in Cosimo di Bartolommeo Lioni per eredità. Nel 1606, per ragioni di dote della moglie, l’ebbe Guido di Giuliano Ricci; poi per compra, passò nel 1657 in Niccolò di Fabio Signorini e nel 1664 nel Conte Domenico Andrea Della Stufa. La figlia di questi Teresa la portò in dote nel 1684 al marito marchese Giovanni di Antonio Corsi che nel 1741 vendeva in parte e in parte cedeva in permuta a Diacinto d’Antonio Ganucci. Ai Ganucci appartenne la villa anche al principio del decorso secolo.
Poggio Secco. - Villa Buzzigoli. — Faceva parte dei possessi della famiglia Davanzati e nel 1427 apparteneva a Lottieri de’ Davanzati. Passò dopo poco nei Nelli e dai Sindachi sugli affari di Sinibaldo Nelli l'acquistava nel 1476 Pietro di Simone Carnesecchi che la rivendè nel 1484 a Forese di Marco Del Forese. Pochi anni dopo, era dei Portinari e Filippo di Carlo la vendè nel 1539 a Ser Gismondo Conti che l'anno dopo l'alienò a Pagolo Macinghi. Ser Carlo di Michele Gherardi di Pistoja l'acquistava nel 1546 e i Sindachi su li affari di suo figlio Filippo la vendevano nel 1618 a Agnolo di Niccolò Da Castello dal quale più tardi, nel 1618, passava per eredità in Lisabetta vedova di Alessandro Marucelli. Dai Marucelli andò negl’incontri che la possedettero fino a pochi anni addietro.
Poggio Secco. - Villa del R. Conservatorio delle Mantellate. — Vasta e ridentissima villa, d’antica origine, apparteneva ai primi del XV secolo ai Ciai che abitavano in Firenze in Borgo S. Lorenzo. Niccolò di Giuliano Ciai la vendette nel 1450 a Domenico di Antonio Bruni il figlio del quale dovette cederla nel 1493 a Simone Del Cittadino in pagamento di un debito di 690 fiorini d’oro. La comprò nel 1528 da questa famiglia Lodovico di Gino Capponi e Cammillo Capponi la lasciava nel 1592 a Maria di Filippo Peruzzi moglie di Pandolfo di Pier Filippo Pandolfini. Essa la rivendè nel 1608 a Marco di Giovanni Tornaquinci e questi nel 1671 a Giovachino del Senatore Niccolò Guasconi. I procuratori di questi, l'alienavano nel 1679 per 5000 scudi a Leone del Senatore Lorenzo Strozzi ed agli Strozzi appartenne fino al secolo scorso. Dipoi fu Della Ripa, quindi nel 1899 venne acquistata dal R. Conservatorio delle Mantellate.
Le Pergole. — Una delle collinette coperte di giardini e di vigneti ubertosi e sparse di leggiadrissime ville che lentamente si sollevano lungo la sinistra riva del Terzolle e che chiudono da un lato la parte più pianeggiante de’ colli di Careggi, porta fin da tempo lontanissimo questo nome, derivatole forse dai pergolati d’uva che ne coronavano la vetta. Il nome del colle divenne poi comune alle ville che in diversi tempi furono inalzate in questa località deliziosa.
Le Pergole. - Villa Thompson. — Fu questa la casa da signore di un’altra antica famiglia originaria di Pareggi, i Pieruzzi che la venderono nel 1507 a Domenico Rambanti che dovette cederla a Ser Tommaso di Filippo vajaio suo creditore. Nel 1536 questi la rivendè a Giovanni di Giovanni Carnesecchi che nel 1545 l’alienò a Bastiano di Giovanni tessitore. Da lui la compra nel 1548 Beatrice di Lorenzo Veneri per rivenderla nel 1552 a Bernardo di Raffaello Della Strada o Stradi; la ricomprò nel 1562 Matteo Benincasa e i figli di lui Felice e Caterina la lasciarono alle monache di S. Clemente, dalle quali ritorna per una sentenza del vicario arcivescovile nei Della Strada che la rivendono nel 1602 a Margherita di Antonio Michelozzi. I passaggi di possesso della villa si succedono dopo frequentissimi. Va nel 1611 per fidecommisso all’usufruttuario Gio. Battista Da Filicaja che deve lasciarla alla congregazione delle Fanciulle Abbandonate; da questa la compra nel 1638 Bartolommeo Pesci, nel 1658 passa a Giulio Miglietti, nel 1699 a Torquato Consolini Magnanini, nel 1701 al Rev. Giuseppe Sereni, nel 1710 al Rev. Giovacchino Cocchi, nel 1721 al Rev. Carlo Filippo Del Beccuto, nel 1724 a Pier Francesco Panzanini, e dal figlio di lui Agnolo la compra finalmente Diacinto Ganucci per unirla agli altri suoi possessi vicini. Più tardi fu dei Conti della Gherardesca, che l'ampliarono, rabbellirono e la possedettero fino a pochi anni addietro
Le Pergole. - Villa Mercatelli, — Nel 1427, all’istituzione del Catasto, era possesso di Lorenzo di Taddeo Pagagnotti detto Rigogolo e passò nel 1542 in Piero e Francesco Baldovini per dote della loro madre. Quattro anni dopo, essi la vendevano a Filippo di Niccolò Bandocci ed ai Bandocci restò fino all’anno 1591 in cui gli ufficiali dei pupilli, come tutori dei figli di Niccolò la vendevano a Giovanni Stradano di Anversa pittore valentissimo che trascorse gran parte della sua vita a Firenze dove morì. La villa passò al figlio di lui Scipione, poi alla figlia Gondelina i procuratori della quale l’alienavano nel 1613 a Michele di Pagolo Dell’Erede. Nel 1708 n’entrava in possesso Luca Mercatelli per donazione avuta da Tommaso Dell’Erede. Le Pergole. - Villa Fairfax Cholmeley. — Nel XIV secolo era questa una delle case della famiglia Gori; dipoi fu dei Benci, dai quali passava per compra fatta nel 1494, in Filippo di Niccolò Manovelli. Un secolo dopo, essa era passata in parte in possesso delle monache di S. Maria della Misericordia e da queste e da Niccolò di Simone Manovelli ne faceva acquisto Giovanni di Bernardo Arrighi. Nel 1604 Maria vedova di Giovanni di Simone Arrighi la vendeva a Bencivenni di Stefano Albertinelli i beni del quale vennero poi venduti dai Sei di Mercanzia a Lionardo del Senatore Raffaello Carnesecchi. Ma dopo cinque anni, nel 1609, questi alienava il possesso ad Alessandro del Senatore Andrea Alamanni e dagli Alamanni, nel 1679 lo ricomprava Jacopo Mandorli. Il sacerdote Pier Filippo Mandorli legava nel 1751 i suoi beni alla confraternita dei Padri di S. Filippo Neri dalla quale nel 1753 ne faceva acquisto Diacinto di Antonio Ganucci, uno dei più ricchi cittadini de’ suoi tempi. A’ Ganucci restò la villa fino al secolo scorso.
Le Pergole. - Casa Fairfax. — Fu questo uno dei più antichi edilizi che ad uso di casa da signore sorsero sul colle delle Pergole e attorno ad esso costituì il primo nucleo de’ suoi possessi una famiglia originaria di questa località, i Gori che si dissero da Careggi. Essi furon dapprima fieri campioni di parte ghibellina ed ebbero in seguito parte non ultima nelle vicende della storia fiorentina. Nel 1357 Niccolò e Lionardo del fu Goro fanno comprare una casa e delle terre alle Pergole e nel 1375 Niccolò del fu Goro acquista da Francesco del fu Agnolo di Dino da Careggi «un resedio con casa, due canali atti a far vino e delle terre» in questa località stessa. Da quell’epoca fu questa casa la residenza campestre dei Gori che la tennero fino all’anno 1464 in cui la vendevano a Domenico di Neri Bartolini-Scodellari. Nel 1534 la compra Giovanni di Bartolommeo Arrighi e d’allora questa vecchia casa da signore segue la sorte dell’altra villa vicina convertita ormai in più comoda dimora signorile. Nel 1776 i Ganucci nella loro denunzia di possesso dissero che l'antica casa de’ Gori era «casolare e prima villa». Fatto è che non tornò più all’esser primitivo e tuttora è rimasta casa colonica.
L’Oriuolo. - Villa Berretti. — La famiglia Del Pancia che abitava in Firenze presso S. Giorgio sulla Costa, possedeva fin da’ primi del XV secolo questa villa che passò poco dopo nello spedale di S. Maria Nuova. Da questo la comprò nel 1474 Niccolò Valentini rivendendola nell’anno stesso ad Amerigo di Giuseppe Geppi da Monte Rinaldi. Per eredità di Alessandra vedova di Amerigo Geppi, l’ebbero Lucrezia e Alessandra di Galeazzo Alamanni che nel 1533 l’alienavano a Maria Maddalena Rondoni, e questa la rivendeva nel 1576 a Giovali Battista di Simone Arrighi. Da Maria vedova di Simone Arrighi la comprarono nel 1605 Orazio ed altri figli di Benedetto Veli, buon pittore compagno del Passignano. Toccata a Clemenza Veli, moglie di Cammillo Signi, essa la lasciò nel 1627 a Cammilla Veli moglie di Filippo Latini. La figlia di lei Anna la portò nel 1671 in dote al marito Antonio Dei, ma nel 1707 la rivendè a Giovan Domenico ed altri figli di Giovanni Fei gli eredi dei quali la possedevano ancora agli ultimi del XVIII secolo.
I Morulli o Le Pergole. - Villa Carrega di Lucedio. — Faceva parte fin da tempo remoto del patrimonio della celebre famiglia de’ Pazzi ed era una dipendenza della splendida villa della Loggia. Come quella, anche la villa dei Morulli venne confiscata dopo la congiura organizzata dai Pazzi contro Lorenzo e Giuliano de’ Medici ed i Medici stessi, quasi in onta alla famiglia nemica ormai debellata e bandita, l’acquistavano dagli Ufficiali de’ Ribelli. Maria Isabella de’ Medici, morendo il 3 novembre del 1652 lasciava questa villa, della quale era in possesso, ad Orazio ed altri figli di Ruberto Pepi e la famiglia Pepi lungamente ne fu proprietaria restaurandola in ogni sua parte e corredandola di comodi annessi. Nel 1807 Bernardo Pepi vendè la villa a Giulio Cesare Bertolini e dagli eredi di questi passava nei Carrega Principi di Lucedio che ne sono tuttora possessori. Sulla cantonata della villa è lo stemma de’ Medici unito a quello de’ Guasconi appostovi forse da Ottaviano di Giulio de’ Medici che ebbe in moglie Selvaggia d’Alessandro Guasconi. Nella cappella annessa si conserva un dipinto attribuito a Filippino Lippi.
Chiaravalle o le Pergole. - Casa Carrega di Lucedio. Fu anche questa una villa ed apparteneva nel XV secolo alla famiglia dei Mini speziali. Nel 1528 l’ebbe in eredità Stagio di Filippo Bardncci-Chierichini che nel 1576 la vendè a Piero di Vincenzo Puccini; ma dichiarato nullo il testamento, tornò al Barducci, e più tardi la figlia di lui la portò in dote a Giovanni Bartolommei. Nel XVII secolo l’acquistava Orazio di Ruberto Pepi ed i Pepi la riducevano più tardi a casa colonica. Vicino al luogo dove fanno capo varie strade che per differenti direzioni attraversano i colli circostanti è
La Villa Medicea di Careggi. Villa Segre. — Cosimo di Giovanni de’ Medici comprava il 17 giugno 1417 da Tommaso Lippi per 800 fiorini d’oro «un palazzo con corte, loggia, pozzo, volta, colombaja, torre, orto murato ecc.» e subito dopo commetteva all’architetto suo favorito, Michelozzo Michelozzi di ampliarlo, restaurarlo e ridurlo ad uso di comoda villeggiatura per la sua famiglia. Il Michelozzi conservò forse alla villa il primitivo carattere simile a quello d’un castello e spiegò l’opera sua di artista geniale nella riduzione della parte interna e nell’aggiunta di alcune fabbriche che per lo stile loro si staccavano totalmente dall’aspetto cupo ed austero del vecchio fortilizio. Sotto Cosimo de’ Medici, il cittadino più ricco e più autorevole di Firenze, che lo chiamò Pater patriae, la villa di Careggi divenne come il centro della vita politica, letteraria ed artistica fiorentina in quel periodo di tempo in cui la magnificenza e lo splendore delle opere, la protezione accordata a tutti gli uomini di genio, l’ospitalità esercitata con principesca signorilità, aprivano ai Medici la strada al potere supremo. Careggi a tempo di Cosimo il Vecchio, di Piero suo figlio e di Lorenzo il Magnifico suo nipote fu sede gloriosa di studi, fu una vera accademia alla quale convenivano gl’ingegni più preclari, i dotti d’ogni parte d’Italia, gli artisti più famosi di Firenze, attratti dalla liberalità, dalla cordialità, dagli splendori abbaglianti di quella famiglia che era ormai divenuta arbitra delle sorti della patria. Attorno a Cosimo I, mercante ardimentoso che trovava tempo da dedicare agli studj più geniali ed a Lorenzo il Magnifico ingegno multiforme ed assimilatore che rivaleggiava in dottrina cogli ospiti suoi illustri, la villa di Careggi vide raccolti artisti celebrati come Donatello, Michelozzo, Filippo di Brunellesco, Leon Battista Alberti, Michelangelo, il Bertoldo, il Granacci; filosofi e letterati insigni come Pico della Mirandola, il Poliziano, Marsilio Ficino, Cristoforo Landini, Bartolommeo Scala, Carlo Marsuppini, Filippo Valori, Piero Del Riccio e tanti e tanti altri dai quali ebbero vita l'accademia del disegno e quella filosofica in onore di Platone. Cosimo e Lorenzo che suolevano trascorrere i giorni più lieti della loro vita a Careggi, esalarono entrambi l’ultimo sospiro fra queste mura e con loro si spense la luminosa tradizione che rese glorioso il nome di questa villeggiatura deliziosa. Cacciati i Medici, l’ira di quella fazione di giovani arditi e caldi di sentimento di libertà che si chiamò degli Arrabbiati, si sfogò contro tuttociò che ricordava la potenza della famiglia odiata ed anche la villa di Careggi fu data in preda alle fiamme che ne distrussero i tesori preziosi accumulativi dai suoi signori. Alessandro de’ Medici venuto al potere la fece risarcire e Cosimo I la restituì al perduto splendore affidandone l’ornamentazione al Pontormo, al Bronzino e ad altri fra’ più celebrati artisti del suo tempo. Però essa non rivide più le splendide riunioni che l’avevan resa celebre, restò confusa fa le molte altre villeggiature della corte Medicea e divenne quasi un inutile aggravio del patrimonio della corona. Così il 18 settembre 1779 l’amministrazione Granducale se ne disfaceva, vendendola insieme a tutti gli annessi per 31,000 scudi a Vincenzo Orsi. Da questa famiglia l'acquistava nel 1848 il Cav. Francesco Sloane il quale la ridusse a più comodo luogo di villeggiatura, aggiungendovi con nuove compre una vastissima tenuta all’intorno. Alla di lui inerte la villa passò per eredità nei Conti Boutourlinn i quali pochi anni addietro la vendevano all'attual proprietario. La villa di Careggi conserva tuttora nella sua parte esterna l’apparenza di un medievale castello, coronata da un ballatojo sporgente e merlato sul quale poggia una maestosa tettoja. Nell’interno il sentimento di modernità ha preso il sopravvento; ma vi si ammirano ancora il bel cortile nel quale stanno associate l’architettura del XIV e quella del secolo successivo, delle loggie eleganti, delle belle decorazioni di pietrame di stile del rinascimento e degli affreschi vasariani. Circonda la villa un parco delizioso con ampj viali, con vasche, peschiere, fontane e superbe aiuole fiorite, avanzi di quel celebre giardino nel quale si tenevano un giorno le accademie ed i banchetti dell’accademia platonica.
La Torre di Careggi. - Villa de’ Conti Misciatelli. — Era questo il più importante fra gli annessi della Villa Medicea e serviva spesso di ospitale dimora ai molti personaggi illustri che i Medici suolevano accogliere con signorile liberalità.
Fin da tempo immemorabile era stato un palagio forte a guisa di castello che i Vecchietti possedevano in mezzo ai loro beni e che dopo la vittoria di Montaperti fu oggetto delle vendette de’ ghibellini. Da’ Vecchietti passò ai primi del XV secolo in Messer Manno Temperani il quale lo vendè a Messer Orlando de’ Medici. Da lui l’acquistò Piero di Cosimo de’ Medici per accrescere il suo possesso di Careggi ed alla cacciata de’ Medici da Firenze, gli ufficiali dei ribelli lo alienarono ad Alfonso di Filippo Strozzi. Ma questi poco potette godersi questo nuovo acquisto, perchè Alessandro de’ Medici, appena divenuto signore di Firenze, lo confiscava e lo restituiva al patrimonio familiare. La villa della Torre seguì dipoi le sorti della villa Granducale servendo ad uso di fattoria.
L’edificio serba quasi intatto il carattere medioevale colla torre ed il coronamento merlato ed un antico cortile a logge oggi in parte richiuse. Sulla via che conduce alla chiesa è la località chiamata
Belcantone o la Palagina. - Villa Dauphiné. — Gli Arrighetti-Corsetti possedevano ai primi del XV secolo questa villa che passò poco dopo ad un Zanobi chiavajolo che nel 1442 la vendeva a Piero di Cosimo de’ Medici. Fece parte del grandioso possesso Mediceo di Careggi che passò dipoi a far parte dei beni de’ Granduchi. Nel 1631 a dì 1° d’ottobre, il Conte Prospero Bentivoglio di Bologna prese a livello dal Granduca Ferdinando questa villa per se e suoi discendenti, mediante il semplice obbligo di fornire ogni anno due astori per le caccie di Sua Altezza Serenissima. I Bentivoglio possederono fino al secolo scorso questa villa che appartenne dipoi e servì di gradita villeggiatura al Prof. Ferdinando Zannetti medico, patriotta illustre e Senatore del Regno.
Belcanto. - Villa Parri. — Flaminio e Battista Veneri comprarono nel 1480 da Sinibaldo di Domenico Sernelli un podere sul quale edificarono una casa da signore che venderono nel 1537 a Gio. Battista di Antonio Signesi. Diamante Signesi l’alienò nel 1575 a Domenico Beilesi per rivenderla a Domenico Mazzanti nel 1615; sempre per compra passò nel 1619 in Tommaso Tatti, nel 1631 a Girolamo Del Pace, e poco dopo in Antonio Dei dal quale l’acquistava nel 1679 Alessandro di Filippo Fiorini che la lasciò in eredità ai Verdi. Poco tempo addietro era di proprietà Silli.
Chiesa di S. Pietro a Careggi. — Posta quasi nel centro della deliziosa collina disseminata di antichi palazzi di campagna e di ville eleganti, questa chiesa è d’antichissima fondazione; ma in origine non fu che una semplice cura dipendente dalla pieve di S. Stefano in Pane. Nella sua primitiva costruzione era a tre navate ed aveva la fronte rivolta a ponente; ma abbattuta nel XIV secolo da un terremoto, fu ricostruita ad una sola nave e capovolta. Era di patronato dell’antica famiglia de’ Pilli alla quale si sostituirono nel 1483 i Medici divenuti padroni di molta parte del territorio della parrocchia; ma anch’essi nel 1560 rinunziarono ai loro diritti a favore dell’Arcivescovo il quale nell’anno stesso la dichiarò Prioria. Restaurata nel 1808, fu ridotta totalmente a carattere moderno e nelle sue decorazioni apparisce abbastanza ricca ed elegante. Fra i molti distinti sacerdoti che ressero questa chiesa merita soprattutti d’esser ricordato lo storico Pier Francesco Giambullari.
La chiesa, che ebbe molta importanza ne’ tempi in cui a Careggi convenivano i cittadini più autorevoli e gli uomini più dotti, talché poteva dirsi che da Careggi si guidavano le sorti di Firenze, non ebbe mai dovizia di opere d’arte ed oggi, uniche cose meritevoli d’osservazione, sono una graziosa tavoletta colla Madonna, il putto e varj angeli della maniera di Benozzo Gozzoli che verso il 1850 fu qui depositata da alcune monache del soppresso convento di S. Agata in Via S. Gallo, e la tela dell’altare rappresentante S. Pietro che riceve le chiavi, discreto dipinto di Francesco Conti scolaro di Simone Pignoni.
Annessa alla chiesa è la Compagnia della Natività di Maria Vergine e S. Rocco che occupa una delle navate laterali della chiesa primitiva. Sulla porta si veggono scolpiti gli stemmi della famiglia fiorentina de’ Capitani che si estinse nel 1734.
Belvedere. - Villa Bicci. — Fu casa da signore dei Rinieri, ricchi mercanti fiorentini fino dai primi del XV secolo. Bernardo di Rinieri la vendè nel 1457 a Cardinale di Giovanni Del Bulletta e i sindaci di lui l’alienarono nel 1477 a Niccolò di Giovanni Cambi-Importuni il quale la rivendè poco dopo a Ser Jacopo e Antonio di Martino Martini da Empoli. A questa famiglia appartenne fino al 1628, poi passò fra i beni dell’Arte dei Mercatanti la quale la dette a livello all’Abate Orazio di Bernardino degli Albizzi. L’ebbero dipoi a livello i Giambonelli e quindi i Neri del gonfalone Nicchio. Nel 1480, quand’era in possesso dei Cambi-Importuni, il podere della villa confinava con alcuni beni di Vittorio di Lorenzo di Bartoluccio, ossia il valente scultore figlio di Lorenzo Ghiberti.
Le Fontanelle o Careggi di Sotto. - Villa Frank Mason. — Quest’antica villa che ha un’importanza storica notevolissima per essere stata dell’insigne filosofo Marsilio Ficini, apparteneva a’ primi del XV secolo alla famiglia Niccolini e nel 1427 era di Francesco di Niccolino. Come e quando passasse in proprietà dei Medici e poi di Marsilio non risulta dai libri della Decima. Soltanto nel 1470 troviamo che Diotifeci Ficini denunzia la villa ed il podere come «beni donati dall’anima benedetta di Cosimo de’ Medici» a Marsilio suo tiglio. Marsilio, intimo di Cosimo il Vecchio, come di Lorenzo il Magnifico dimorò di continuo in questo quieto asilo di pace; ma forse dopo la morte de’ suoi mecenati l’abbandonò, giacché insieme al fratello Lodovico la dette a linea e poi la vendè a Ser Giuseppe di Benedetto da Pistoja. Dai curatori dell’eredità di Alessandro di Ser Giuseppe l’ebbe nel 1610, parte in pagamento di crediti, parte in compra, Ser Vincenzo di Agnolo Ciacchi del gonfalone Scala. Gostanza di Jacopo Ciacchi, nel 1630 la portò in dote a Tommaso di Piero Masini e poi la vendè nel 1649 al Rev. Paolo di Giovanni Ugolini. Questo la lasciò in eredità al nepote Florido di Piero Benotti che assunse il cognome di Ugolini e i discendenti di lui, gli Ugolini-Benotti, la venderono dipoi ai Grobert di Luneville che lungamente la possedettero. Comprata dal Cav. Sloane passò per eredità nei Boutourlinn.
Casa Nuova. - Villa Giarrè. — I Guardi detti da Montelungo che abitavano in Firenze nel gonfalone del Lion Nero, possedevano questa casa da signore fino dal XV secolo. Nel 1534 metà di cotesta villa apparteneva sempre ai Guardi, mentre l’altra metà era passata per eredità in Ruberto di Simone Altoviti. Un secolo dopo era dei Galli lanciai, poi nel 1760 andò nella famiglia Fabbri.
Il Pino. - Villa Corradi. — Possesso nel XV secolo di una famiglia Bettoni, pervenne nel 1644 per eredità della madre in Alfonso e Carlo di Giuliano Gaetani e dai Gaetani passò nel 1714 per compra, in Gregorio Alessandri Ciribì di Livorno. Due anni dopo, nel 1719, gli Ufficiali dei Pupilli la rivendettero al Marchese Antonio di Ottavio Pucci dal quale la comprava nel 1728 Carlo Mario Ducci di Talla. Margherita di Luca Ducci la donava al figlio Piero di Gio Battista Landi di Talla nel 1754 e da lui l’acquistava nel 1768 Carlo di Francesco Grobert di Luneville. Fu lungamente de’ Grobert poi il Cav. Sloane la comprò per unirla agli altri suoi possessi di Careggi che lasciò ai Boutourlinn da’ quali l'acquistava il Prof. Corradi. Monte de’ Vecchi ora Monterivecchi. - Cappella. — Il poggio coperto di selve che limita dal lato di tramontana quella specie di bacino costituito dai colli di Careggi e che scende da un fianco nella valle del Terzolle e colla parte tergale nella valle di Terzollina si chiamò in antico Monte de’ Vecchi dal nome della potente famiglia che era padrona del luogo e che in seguito si disse de’ Vecchietti. Questi beni che furono devastati dopo la fatal giornata di Montaperti, passarono dipoi in possesso della Badia Fiorentina, l’abate della quale ottenne, nel 1320 da Messer Antonio vescovo di Firenze, di erigere sull’alto del monte «una chiesa con casa e campanile». La chiesa sorse nell’anno stesso e per decreto vescovile fu ammensata a quella di S. Bartolo a Greve o in Tuto che era pure dipendente dalla Badia di Firenze. La cappella, di proprietà Corradi, esiste sempre; ma non è più ufficiata per il pubblico.
La Torre di Monte Piano. - Villa Pellizzari. — La celebre famiglia dei Guidalotti detti Dell’Orco, che ebbe il suo palazzo in Firenze vicino a S. Maria Maggiore, possedeva in epoca remotissima parte di questo poggio boschivo che nella sua estremità occidentale, dal nome de’suoi proprietarj si disse il Monte de’ Vecchi. Nel 1359 Frondina vedova di Mico di Lapo Guidalotti ed altri di questa famiglia venderono il possesso dov’era pure la casa da signore, a Jacopo di Vanni Del Migliore per potere col ricavato dare esecuzione al lascito di 2000 fiorini fatto da Mico in favore dei Frati Predicatori di Firenze. I Del Migliore rivenderono nel 1363 cotesti beni ai Neri di Lippe, ossia ai Del Palagio, dai quali passarono dipoi ai Frati Serviti della SS. Annunziata. Nel 1475 Lorenzo il Magnifico comprò cotesti beni «per accomodita» com’egli dichiara nella denunzia della Decima «e per fare limosina» a detti frati, chè lo comprammo per la metà più che non» valeva». Ma i Medici rivenderono nel 1498 villa, poderi e boschi a Girolamo Gerini. Da lui passò nel 1504 ad Antonio di Bernardo Martolini il quale l’alienò nel 1512 a Giovanni di Francesco Buontalenti e questi ad un Ruberto di Giovanni dal quale la comprava nel 1521 Giorgia di Mariano Ughi. Nel 1524 la villa venne acquistata da un Matteo di Francesco d’Astorre che la lasciò ai frati vallombrosani di S. Pancrazio i quali la tennero fino alla soppressione francese. Più tardi questi beni entrarono a far parte del patrimonio Sloane.
Tantafera. - Villa Donati. — In origine questa casa da signore che era possesso della famiglia Betti-Berlinghieri, era chiamata Gressa, nome comune ad altre situate nella parte più elevata del colle di Careggi a lato al borgo della Lastra, mentre il nomignolo di Tantafera si trova soltanto nel XVI secolo. Andò in possesso, prima del 1480 di Antonio di Andrea Redditi o Del Reddito, ma la villa era in rovina, come risulta dalla denunzia di Lorenzo di Domenico Franceschi del gonfalone Vajo che l'acquistava nel 1478. Esso la rivendette poco dopo a Francesco di Giovanni Calandri e per eredità di Antonia Calandri passò nel 1555 nella famiglia Covoni. Dal 1556 al 1591 la villa viene venduta a vita a Tommaso ed altri Lorenzi e poi ritorna ai Covoni che nel 1593 la vendono a Giovanni Martini. Da lui l'acquista nel 1618 Agnola Busini figlia di Andrea Ardinghelli per rivenderla agli Scarlatti. Gli Ufficiali delle Farine creditori degli Scarlatti la vendono nel 1731 ai Salviati e questi Tanno dopo ai Gabbrielli: i Gabbrielli ai Turchi nel 1748, per rivenderla nel 1759 ai Cioni che possedettero la villa fino ai primi del secolo scorso.
Morelli o i Gelsi. - Villa Gilmor. — La potente famiglia degli Arrigucci possedeva fin da tempo lontano una casa da signore presso la Lastra, che venne distrutta dai Ghibellini nel 1260. Nel 1435, la casa, nuovamente rifatta, appartenne insieme ai poderi, prima a Lionardo di Bartolommeo rigattiere, poi alla di lui moglie Giuliana che la donò nel 1465 ai Frati Serviti.
Della villa non si fa dopo quel tempo più ricordo e solo si trovano in possesso dei frati i due poderi annessi.
Essi erano a confine coi beni dei Doni sui quali Lorenzo d’Antonio Cambini che ne acquistò parte nel 1553, fabbricò una casa da padrone che rivendè al 1559 a Maddalena vedova di Giuliano Bandeni. Dall’eredità di Andrea di Giuliano Bandeni acquistò nel 1591 la villa Anton Maria di Francesco Del Rosso per rivenderla nel 1599 a Iacopo Mergolli Sempre per compra, il possesso va nel 1601 in Tommaso di Filippo Simoni, poi nel 1659 in Giovanni d’Antonio Cinatti e finalmente nel 1662 nei Frati della SS. Annunziata che l’unirono ai loro antichi beni. La villa che fu loro fino alla prima soppressione degli ordini religiosi, servi di villeggiatura ed in qualche tempo anche di noviziato. In epoca moderna la villa appartenne alla celebre cantante Marianna Barbieri-Nini.
Gressa o Malgioco. - Villa Amari. — Villa situata in ridentissima situazione fra Monte Rinaldi ed i colli di Careggi, elegante nelle forme ed abbellita da un vago giardino. Più comunemente è chiamata La Concezione, dal titolo di un piccolo monastero vicino. Di questo luogo si hanno remoti ricordi. Nel dì 6 marzo 1357 Bartolo del quondam Boccardo pettinagnolo disponeva con suo testamento che dopo la morte di sua moglie Giovanna il suo podere detto Gressa andasse alla Società della Crocetta o di S. Egidio in Firenze con varj obblighi 2. Questa Società o compagnia che si radunava sotto la chiesa di S. Gilio o Egidio, tenne il possesso del podere con casa da signore e nel 1495 lo dette a fitto perpetuo ad Andrea di Filippo ealzaiolo. Nel 1644 la Compagnia vendè questa proprietà a Francesco Brunacci; ma a causa di vicende commerciali i beni di lui, ereditati dal figlio, andarono ai Sei di Mercanzia che nel 1666 vendevano la villa di Gressa a Giuliano d’Antonio Gerini. A questa famiglia si deve l’ampliamento e la più elegante decorazione della villa. Nel secolo scorso essa appartenne alla celebre cantante Carolina Ungher Sabatier la quale suoleva accogliere un’elettissima società in questo quieto e delizioso asilo dove essa cessò di vivere.
Le Ballodole o il Pieruzzo. - Villa Bargilli. — Nel secolo XIV apparteneva allo Spedale dì S. Maria Nuova il quale nel 1365 ne vendeva l’usufrutto a Bartolommeo di Tieri ed a Caterina sua donna. Nel secolo successivo era passata alla Compagnia di Or S. Michele che nel 1414 la vendeva a Gilio di Buonaventura Giglioli di Ferrara. Da
Francesco di Buonaventura Griglioli l’acquistava nel 1567 Bastiano di Giovan Battista Pieruzzi da Careggi ed allora al nome primitivo della villa venne sostituito quello di Pieruzzo o Peruzzo. I Pieruzzi vendettero nel 1596 il possesso a Benedetto Serbaldesi ed il figlio di lui Donato, nel 1636 lo rivendeva a Lorenzo di Bastiano Lapi di Peretola, che lo alienò poco dopo a Pasquino Luti. Nel 1673 comprò la villa Pierfrancesco Fontebuoni e gli ufiziali de’ pupilli la rivendevano nel 1677 ai Frati della SS. Annunziata. Anche questa villa fece parte del patrimonio Sloane.
Nelle vicinanze di questa villa, era un cimitero costruito in tempo di pestilenza. Il nomignolo della località dette origine al dettato popolare: andare alle Ballodole, che si usa per significare che uno sta per morire.
I Fraticini o Grassa. - Villa Monti e Zuffanelli. — Il nome più antico di questa villa era Gressa, comune ad altre di questa località; quello di Fraticini le venne più tardi dalla vicinanza al piccolo convento di Cappuccini della Concezione. Era in antico di una famiglia Pagoioni del gonfalone Lion Bianco che lo possedette nel XV e XVI secolo. Fu quindi dei Donati di Bergamo, poi Doni e più modernamente Marchionni.
La Concezione o I Cappuccini di Sopra. — Chiesa con annesso un piccolo convento od ospizio, essa fu edificata dai Cappuccini di Montughi. Si diceva i Fraticini o i Cappuccini di sopra a differenza dell’altro de’ Fraticini di Montughi o di sotto. In luogo de’ Cappuccini occupano ora questo piccolo convento le Suore Stimatine.
La via che passa dinanzi al giardino della villa Medicea conduce al Ponte Nuovo, che attraversa il torrente Terzolle e si congiunge alla Via delle Masse che noi seguiremo per compiere la nostra escursione fino a Serpiolle, a Cercina ed alle località vicine. A sinistra della strada s’incontra poco dopo il ponte
La Loggia de’ Bianchi. - Oratorio. - È un piccolo, ma grazioso oratorio di carattere del xvi secolo, preceduto da un elegante portichetto con svelte colonne di pietra. Nell’interno è un frammento di una vecchia immagine del XIV secolo e le pareti sono decorate di affreschi, parte da attribuirsi a Bernardino Poccetti, parte di maniera più scadente. Una tradizione, che ha carattere di leggenda, racconta come nel XIII secolo avesse qui rifugio una di quelle compagnie di penitenti Bianchi che andavano pellegrinando per l’Italia; ma da i documenti raccolti risulta che la cappella fu costruita, forse nel luogo di un’antico tabernacolo, alla fine del sedicesimo secolo da Bernardo di Giovanni Corona Da Ponte d’Almenno mercante bergamasco abitante a Firenze3.
La Loggia de’ Bianchi. — Casa delle Signore Montalve. — Presso l’oratorio è un’antica villa oggi ridotta a quartieri da pigionali. Nel 1427 cotesta villa apparteneva alla famiglia Mazzuoli e si diceva a’ Bianchi e da quella passò il 29 gennajo 1453 alla cospicua famiglia Rinieri, la quale la possedette fino al 2 decembre 1557 in cui fu venduta a Giovanni di Matteo Concini. Nel 1568 l’acquistò Benedetto Pandolfi; ma tornò poco dopo ai Rinieri che la venderono nel luglio del 1598 a Bernardo di Gio. Corona Da Ponte bergamasco, fondatore del vicino oratorio. Da quel tempo, villa ed oratorio subirono i medesimi passaggi di possesso. Dai Da Ponte passarono per eredità negli Alberghetti, pur essi bergamaschi che esercitavano la mercatura a Firenze, ed a loro appartennero fino a che nel 1774 il Conte Antonio di Francesco Alborghetti le dava in enfiteusi perpetua alla congregazione delle Minime Ancelle, dette le signore Montalve del vicino monastero, oggi R. Conservatorio della Quiete.
Le Masse. — È un piccolo casale con osteria che sorge lungo la via che costeggiando il torrente Terzolle conduce a Serpiolle ed a Cercina.
L’oratorio posto a destra fu edificato nel 1542 da Orlando Orlandini, come si rileva dall’iscrizione posta sotto uno stemma.
Le Masse. - Villa Orsini. — Ai primi del XV secolo era della famiglia Ristori del gonfalone Drago. Più tardi e per molto tempo appartenne agli Orlandini.
Le Masse o la Massa. - Villa e fabbrica Dosio. — In origine si diceva la Massa e nel xv secolo apparteneva ai Martelli insieme ad un mulino sul torrente Terzolle. Nel XVIII secolo passò ai Salviati, poi ai Del Poggio ed ai Beriguardi. Oggi la villa coll’antico mulino costituiscono un importante stabilimento industriale dove si fabbricano confetture, dolci e liquori.
Oltrepassate le Masse, la strada si biforca; a destra si dirige verso la pittoresca valle del torrente Terzollina dov’è il Tiro al bersaglio militare e conduce poi a diverse ville; a sinistra sale verso la chiesa di Serpiolle.
Terzollina. - Villa Del Corona. — La famiglia Doni del gonfalone Vajo ebbe fino dal XV secolo il possesso di quest’antica villa che per il corso di oltre quattro secoli non uscì mai dal di lei patrimonio. Questi Doni ne erano padroni anche ai primi del decorso secolo.
Capornia. - Villa Gemmi. — È una delle ville antiche esistenti sopra ad un poggio che domina la valle del torrente Terzollina. Fu possesso antichissimo dei Buonafè o Buonafede famiglia cospicua dalla quale discese quel Lionardo che fu Vescovo, spedalingo di S. Maria Nuova, benemerito dell’arte e degli artisti dei suoi tempi per aver fatto ornare di opere insigni chiese e luoghi pubblici di varie parti di Toscana nello scorcio fra il XV e il XVI secolo. Verso la metà del xv secolo la villa di Capornia con altri beni di Caterina vedova di Giovanni Buonafè passò per eredità nel nipote Paolo di Giovanni Dal Borgo e dai Dal Borgo la ricomprava nel 1498 Giovanni d’Antonio Buonafè. Da questa famiglia passò nei Pescioni che nel 1554 la venderono a’ Lupicini da’ quali passò nel 1730 nei Marzi Medici.
Capornia o S. Cristina. - Villa Bruce. — Nel 1427 apparteneva ai Benci che abitavano nel popolo di S. Lorenzo. Giovanni di Taddeo vendè nel 1482 la casa da signore col podere a Luigi di Cambio Cambini. Nel 1534 il possesso era andato nella famiglia Grifi la quale lo vendette a certi Generotti, famiglia di contado che nel 1582 ottenne la cittadinanza fiorentina. I Generotti possedettero la villa fino al 1806, anno in cui la comprarono i Doni proprietarj di molte altre ville nelle prossime località.
Il Cigallo di Sopra. - Villa Englefield. — Insieme a molti altri beni posti in queste vicinanze, appartenne fin da tempo remoto ai Ciampelli, famiglia originaria di Careggi e consorte dei Gori. Nel 1427 era di Giovanni di Domenico Ciampelli ed alla metà del secolo successivo, quando la famiglia stava per estinguersi, passò in Antonio di Girolamo Fineschi da Radda. Da lui la comprò nel 1561 Agnolo di Giovanni Vernacci che nel 1573 la rivendeva a Neri di Jacopo Neri, dovizioso e valente medico-fisico e questi nel 1589 l’alienava a Oderigo di Marchionne Linch tedesco. Questi non la tenne che un anno, vendendola a Matteo d’Alessandro Galli e questi pure, un mese dopo, la rivendeva a Domenico di Niccolò Cerrini fabbro al Ponte a Rifredi. Nel 1624 l’ebbe in eredità Giovan Francesco Turi e, sempre per eredità, nel 1689 Caterina Sacchini che la vendè ai Cinganelli i quali la possedettero fino al xix secolo
Chiesa di S. Lorenzo a Serpiolle. — Sopra una ripida collina che domina la valle del Terzolle è questa chiesa la quale, nonostante l’antichità sua, nulla serba del primitivo carattere, se si eccettua il campanile a torre che è di remota costruzione. Nel suo aspetto moderno la chiesa e però graziosa, elegante e ben mantenuta. Nel 1202 essa doveva trovarsi in cattivo stato, perchè Pietro Vescovo di Firenze la concesse alla Pieve di S. Stefano in Pane, affinchè fosse riparata colle rendite di quella. In un documento del 1367 è ricordo di un lascito fatto da Taddeo del Maestro Taddeo del popolo di S. Donato dei Vecchietti per dotare la chiesa di una tavola con Nostra Donna e S. Lorenzo e di una campana. La tavola, se fu fatta, andò certamente dispersa in tempi lontani, perchè oggi non esiste, nè se ne ha affatto memoria.
Nel popolo di Serpiolle si trovano queste ville:
Lepricino o Lepricine ed anche Le Precine. - Villa Martini. — Del nomignolo di questa villa, non è facile trovare l'etimologia; ma esso si trova ricordato fino in documenti del XIII secolo. Ai primi del quattrocento la villa, situata in poggio ed in deliziosa situazione, era dei Giunta Bindi cospicua famiglia di lanajoli originaria di Calenzano. Essa ne fu padrona fino all’anno 1604, in cui i Signori di Mercanzia per provvedere agli affari degli eredi di Niccolò la vendettero a Michele di Zanobi Grazzini. Dai Grazzini andò per eredità nei Bartolini Baldelli e da questi nei Mori-Ubaldini Alberti che la vendevano al Cav. Sloane, il quale aggiunse al suo possesso di Careggi questo ed altri beni del popolo di Serpiolle. Dipoi fu dei Boutourlinn.
La Casa Bianca. - Villa Martini. — Appartenne nel secolo XV alla famiglia Inghirlani che aveva palazzo e case nella via de’ Gori, oggi del Canto de’ Nelli. Nel XVII secolo passò nei Grazzini e venne unita agli altri possessi di Serpiolle de’ quali seguì le sorti
Torre al Prato. - Villa Warrak. — Nel 1427 questa casa da signore apparteneva alla famiglia Ciofi che aveva le sue abitazioni nel popolo di S. Lorenzo ed era di Messer Antonio d’Ugo, valentissimo giureconsulto. I successori di lui l’ebbero fino alla fine del XVI secolo e dipoi fu di una famiglia Rombenchi e quindi dei Baldi.
Da Serpiolle la via che costeggia le pendici orientali del Monte Girello conduce rapidamente a
Cercina. — La contrada è importantissima per memorie storiche, per la sua felice giacitura e per i molti ricordi di antiche chiese in gran parte distrutte o soppresse, le quali stavano a dimostrare come in antico questi luoghi dovessero esser più popolati di quello che oggi non siano.
Pieve di S. Andrea a Cercina. — Certamente è questa una delle pievi più antiche e più importanti, non solo dei dintorni; ma di tutta la diocesi fiorentina. Le prime memorie sue datano da tempo remotissimo, quando era chiamata S. Jerusalem (abbreviazione di S. Pietro in Jerusalem) a Cersino. Alla metà dell’XI secolo la troviamo già indicata col titolo attuale di S. Andrea. Molti sono i ricordi storici che ad essa si riferiscono; ma ci limiteremo ad accennare soltanto a quelli che offrono un interesse speciale. Posta in mezzo alle possessioni degli antichi Cattani di Cercina e di Castiglioni, essa deve in gran parte a questa famiglia che vi esercitò i diritti patronali, i diversi restauri ai quali andò soggetta e molte delle opere d’arte che l'adornano, mentre nel corso de’ secoli ebbe fra i suoi pievani molti personaggi appartenuti a quella nobile famiglia. Aveva il piviere abbastanza esteso e da lei dipendevano sei chiese parrocchiali tutte di patronato dei Catellini da Castiglione e tutte, meno quella di S. Michele a Castiglioni, soppresse in seguito o convertite in annessi. Qualche altra famiglia che possedeva beni nelle vicinanze si trova in antico a parte del patronato coi Cattani di Cercina; nel 1229 gli Adimari ed i Figiovanni, nel 1395 pure i Figiovanni, nel 1394 un Gherardo di Pazzino del popolo di S. Paolo, nel 1412 certi Della Greca e gli Adimari, mentre nel 1467 restano soli patroni i Catellini Da Castiglione. Un’antica immagine della Vergine tenuta in gran venerazione dette origine alla costituzione di una compagnia di Fiorentini che annualmente si recava processionando a Cercina, trattenendovisi l’intera giornata per celebrare solenni funzioni. A queste processioni presero parte una volta l’Arcivescovo S. Antonino, un’altra Papa Leone X, mentre non mancarono d’intervenirvi successivamente i sovrani ed i principi di casa Medici. Delle antiche chiese del suo piviere le furono unite in varie epoche quelle di S. Martino a Bugliano, S. Maria a Starniano, S. Marco e Caterina a Monte Morello e S. Margherita a Cercina Vecchia.
Sorge la pieve sulla pendice di Monte Girello che scende verso la valle del Terzolle, alla falda del poggio dove inalzava un giorno orgogliosa le sue torri e le sue mura merlate la rocca di Castiglione. Conserva all’esterno in molta parte la sua vetusta struttura, colle mura di filaretto, colle tre absidi e col campanile di forma assai singolare. Cosi pure rimane il carattere di severa antichità alla vicina canonica in mezzo alla quale si apre un chiostro del XIV secolo, con loggiato retto da esili colonnette. Precede la chiesa un portico sotto il quale sono i resti di un grande affresco del XVII secolo che rappresenta la sfarzosa cavalcata che accompagnò il Pontefice Leone X quando il 2 gennajo del 1515 insieme a cinque cardinali si recò a visitare l'immagine della Madonna, signorilmente accolto dal Pievano Francesco Da Castiglione. La porta della chiesa ha decorazioni di pietra del più gentile carattere del rinascimento. L’interno ha subito notevoli alterazioni, perchè due delle absidi vennero chiuse e molte aggiunte più moderne hanno sensibilmente turbato la severità solenne del vecchio edifizio. Di fianco alla porta è un caratteristico sarcofago di pietra con padiglione e sculture di bassorilievo, opera del 1244 destinata ad accogliere le spoglie di varj della famiglia de’ Filitieri Da Castiglione. Entro un tabernacolo ricchissimo di ornamenti di carattere barocco, si conserva l’immagine oggetto di secolare venerazione. Consiste in una figura seduta della Vergine che tien ritto dinanzi a se il fanciullo Gesù, modellata di terracotta e colorita. Ha i caratteri dell’arte del XII secolo e fu qui collocata nel 1285. Le pareti, la volta e l'archivolto della cappella sono adorni di affreschi attribuiti a Bernardino Poccetti.
Dentro la piccola abside a destra dell’altar maggiore potei rilevare resistenza di buoni affreschi del XIV secolo che rappresentano i Santi Girolamo, Antonio Abate e Barbera.
Ricca di opere d’arte è pure l'annessa canonica. Sotto il portico del chiostro sono resti di affreschi dipinti di verde terra e d’eguale fattura sono il Cenacolo e la storia del giudizio di Salomone che adornano le pareti del salone ad uso di refettorio. Tradizionalmente si attribuiscono cotesti affreschi a Paolo Uccello; ma l'attribuzione non è giustificata nè da documenti, nè da prove di fatto. Sono lavori caratteristici della fine del XIV secolo che piuttosto si avvicinano, per quanto di fattura più rozza, ad alcune di quelle storie che attribuite a M.° Dello, si veggono nel chiostro Verde di S. Maria Novella. Nello stesso salone sono un camino ed un lavabo di pietra, buoni lavori di scultura fiorentina della fine del XV secolo.
S. Margherita a Cercina Vecchia. — Sul piccolo rialzo di terra dov’era la chiesa, fu in epoca remota un castellare chiamato di Cercina Vecchia, appartenuto agli antichi Cattani di Cersino o Cercina. Della chiesa che fu parrocchia di un piccolo popolo, si hanno ricordi fino dal 1260. Il patronato di essa fu diviso fra i Catellini Da Castiglione, i Pezzini, i Lippi, gli Adimari. Nel 1789, soppressa la parrocchia e riunita a quella della pieve, la piccola chiesa venne profanata e più tardi ridotta a capanna di una casa colonica oggi di proprietà Tajuti. Tuttora se ne vede chiaramente l'antica struttura medioevale.
Nel popolo di questa vecchia parrocchia possedeva una casetta con un poco di terra, Corrado di Doffo Bigordi dal quale passò poi al figlio Tommaso padre di Domenico, David e Benedetto detti del Ghirlandajo pittori celebrati.
Calonica o Canonica. — È un gruppo di ville e di case che costituisce un casale o villaggio, posto sulla sommità di un colle che s’inalza fra le alte valli del Terzolle e del Mugnone. Il nome di Canonica trasformatosi in seguito per corruzione in Galonica e Colonica, ricorda evidentemente resistenza o il possesso di beni di una chiesa; ma in questo luogo non risulta che anche in antico esistesse una chiesa parrocchiale, quindi è più logico supporre che si tratti di beni della chiesa o di chiese fiorentine. E ad avvalorar questo dubbio, contribuisce evidentemente un documento del 17 gennajo 1370 dal quale risulta che il Proposto della chiesa fiorentina e vicario del Vescovo concede al rettore di S. Giovanni Evangelista di vendere a Matteo di Jacopo Pitti e Nera sua donna, vita loro naturale durante, un podere con casa in luogo detto Calonica4.
In questo villaggio di Canonica ebbe certo possessi antichissimi la famiglia dei Gori da Careggi consorte de’ Ciampelli, giacché apparisce che nel 1363 Giovanna
vedova di Bettino Gori, vende a Domenico del fu Allegro Nuti un podere e casa «nella villa di Canonica» per 120 fiorini d’oro.
I Ciampelli consorti dei Gori, per il corso di varj secoli continuarono a possedere numerosi beni nel villaggio e nei dintorni, tanto che fra il 1427 e la seconda metà del XVI secolo li troviamo padroni di una casa da signore a Calonica e di un’altra in luogo chiamato la Fonte. Un’altra villa ebbe fin da tempo antichissimo a Calonica la potente famiglia Tedaldi, villa che passò successivamente nei Del Rosso ed una terza infine fu prima degl’Inghirlani poi dei Ciofi. Le prime due ville sono oggi di proprietà Pavoli e Lazzeri Lastricati. Sulla fine del XVIII secolo, alla soppressione della piccola parrocchia di S. Margherita a Cercina, si pensò, per comodo delle popolazioni vicine, di costituire una nuova parrocchia con sede a Canonica, smembrando alcune case dai popoli di Cercina e di Careggi e già nel 1786 pareva che tutto fosse disposto; ma poi la pratica restò dimenticata e non se ne tenne più parola 5.
Segalari. — Da tempo immemorabile appartenne alla celebre e potente famiglia de’ Figiovanni, consorti dei Cattani da Barberino la quale la possedeva anche nel 1427. Più tardi, ma nello stesso secolo, passò ai Sogliani, la famiglia dalla quale uscì il valente pittore Giovanni Antonio.
Da’ Sogliani andò più tardi nei Manetti, celebre famiglia d’Oltrarno e nel XVIII secolo nei Pescetti.
Roncastaldo. - Villa Brioschi. - Fu villa antichissima dei Manetti nel XV secolo, poi passò ai primi del secolo successivo in Baldo di Antonio de’ Medici.
Castello di Castiglione di Cercina. - Villa Carminati. Di castello oggi quest’edilìzio non ha più che il nome ed i ricordi, giacché pochissime tracce sussistono ancora, come la torre e dei tratti di mura perimetrali, nella villa che i Catellini da Castiglione rifecero quasi interamente nel XVI secolo. Come ricordi, essi datano da quasi dieci secoli ed
evocano tutta la storia gloriosa di una famiglia che qui ebbe si può dire il principio della sua potenza. D’origine longobarda,
essa ebbe assai prima del mille autorità sopra ad un ampio territorio che si distendeva attorno alle balze del Monte Girello, dove edificò un forte e ben munito castello. Dapprima si chiamarono Cattani di Cercina, poi da un Tieri di Diotisalvi, Filitieri, quindi Catellini Da Castiglione, volendo propagare il ricordo del fortizio che fu la loro prima dimora. Ricchi, potenti, i Catellini serbarono sempre un’affezione costante a questi luoghi, dove esercitarono dapprima la loro autorità e dove appaiono di continuo le tracce e le prove della loro grandezza e della loro magnificenza nelle chiese di loro patronato e nelle fabbriche che servirono loro di dimora. La villa di Castiglioni aprì spesso le sue porte per accogliere con signorile ospitalità personaggi illustri che si recavano in devoto pellegrinaggio alla pieve di Cercina e che passavano per la non lontana via Bolognese. Di due fra gli altri è rimasto vivo il ricordo: di S. Antonino arcivescovo di Firenze che nel 1452 vi fu ricevuto da Messer Francesco canonico fiorentino e di Papa Leon X ospite più tardi d’un altro Francesco Catellini suo familiare. Fin che Castiglione appartenne alla famiglia de’ suoi antichi signori, si conservò in una sala lo stocco che Dante di Bernardo Da Castiglione aveva adoperato nel celebre duello avuto nel periodo dell'assedio col fuoruscito Bertino Aldobrandi.
Castiglione, da oltre mezzo secolo non è più della vecchia e gloriosa famiglia che lo aveva edificato e che nelle fortunose vicende della storia aveva trovato in esso una sicura difesa, un dolce asilo di pace e di riposo. Venduto dai Da Castiglione, fece diversi passaggi di proprietà fin che oggi appartiene ai signori Carminati.
Chiesa di S. Michele a Castiglione. — Ai piedi della villa che fu già castello de’ Cattani di Cercina e Castiglione sorge la chiesa di S. Michele, modesto edifizio che nonostante la sua antichità nulla presenta d’interessante. In origine la chiesa sorgeva in località diversa; ma per l’incomodità dell’accesso e perchè era caduta quasi in rovina, i signori Da Castiglione, che ne furono sempre patroni, la riedificarono fra il 1245 e il 1300. Della vecchia chiesa si veggono tuttora poche tracce in una capanna annessa ad una casa colonica. A S. Michele a Castiglione vennero unite due delle vecchie chiese parrocchiali soppresse: S. Jacopo a Ceppeto e S. Maria a Urbana.
S. Maria a Urbana. — Fu chiesa parrocchiale di remota origine che sorgeva sulla pendice orientale del Monte Girello o del Giro, a poca distanza da Castiglione. È ricordata in varj documenti dell’XI e XII secolo come appartenente ai Vescovi di Fiesole. Nel secolo successivo era di patronato dei Da Castiglione ed aveva annesso un monastero nel quale stavano nel 1326, undici monache. La chiesa ebbe vita fino al XVIII secolo, mentre nel 1337 il monastero era stato unito a quello di S. Orsola di Firenze. Nel 1739 venne soppressa anche la parrocchia, aggregandola a quella di S. Michele a Castiglione. La chiesa fu distrutta ed il podere che vi era annesso è oggi di proprietà Paoletti.
Nel territorio della soppressa parrocchia di S. Maria a Urbana sono due antiche ville.
Cerretello. - Villa Paoletti. — Fino dai primi del XV secolo era dei Benci lanajoli del popolo di S. Lorenzo i quali avevano su questi poggi un’ampia possessione che comprendeva pure un’altra villa situata a Capornia.
Cerretino. - Villa Sampieri. — La famiglia Inghirlani che aveva a Firenze palazzi e case in Via del Canto de’ Nelli, era fin dal XV secolo padrona di questa villa e di molti altri beni che si stendevano nei popoli di Careggi e di S. Stefano in Pane.
S. Martino a Bugliano. — Era anche questa una delle numerose chiese parrocchiali che esistevano nel piviere di Cercina, anche nell’XI secolo. Era di patronato dei signori Da Castiglione fino dall’origine e più tardi nel XIV secolo entrarono a parte del patronato anche gli Albizzi. Fu soppressa e ridotta ad annesso della pieve ed il podere contiguo fu dai Pievani venduto nel 1782 ai Marchesi Da Castiglione. Della vecchia chiesetta sussiste tuttora il fabbricato coll’abside semicircolare; ma è ridotto ad uso di capanna. S. Maria a Starniano. — Parrocchia di remotissima origine e pur essa di patronato dei Da Castiglione, fu soppressa nel XVI secolo e riunita alla Pieve di Cercina. Di essa non esistono oggi sul poggio dell’Uccellatojo che poche rovine ed il piccolo campanile semidiruto in un podere che fu acquistato nel 1782 dai Da Castiglione. Matteo Villani nelle sue storie parla di danni che nel popolo di Starniano vennero arrecati nel 1364 dalle milizie dell’Aguto al soldo dei Pisani.
Chiesa di S. Jacopo a Ceppeto. — Sul crine del poggio che divide il versante del torrente Terzolle da quello della Carzola esiste tuttora quest’antichissima chiesetta che fin dall’XI secolo fu parrocchia di patronato dei Da Castiglione. Soppressa questa e riunita alla Pieve di Cercina, restò ad uso del culto la piccola e caratteristica chiesetta che viene tuttora ufiziata.
Romitorio dei SS. Girolamo e Maddalena ed Eremo di S. Maria e Caterina a Monte Morello. — Di questi due edilizi religiosi che sorgevano sulla vetta, allora boschiva, di Monte Morello si hanno remoti ricordi. Del primo si sa che fu soppresso nel 1519 e riunito alla Pieve, dell’altro mancano affatto ricordi posteriori. Sull’alto monte, oggi squallido e nudo, si veggono resti di una costruzione che si dice essere stata un giorno un convento e la tradizione locale aggiunge anche che da quello venne trasportato nella chiesa di Pescina un altare Robbiano che recentemente venne audacemente rubato. Certo quelle rovine additano il luogo dove un giorno doveva sorgere uno dei due romitorj.
- ↑ Archivio dello Spedale di S. Maria Nuova.
- ↑ Doveva la Società nel giorno di S. Bartolommeo fare cantare messa solenne coll’intervento di 10 preti e dare due salme di vino ai Frati di Monte Oliveto, una a quelli di S. Marco ed una ai Servi dì Maria.
- ↑ Vedi l’opuscolo La Loggia de’ Bianchi di P. Minucci Del Rosso. Firenze 1894.
- ↑ Archivio di S. Maria Nuova.
- ↑ Vedi Tosi C.O. - Il Piviere di S. Andrei a Cercina. 1892.