Kant - Geografia fisica, 1807, vol. 1/Capitolo 1/V. Del gusto dell'acqua marina

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Dottrina elementare
della geografia fisica

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Immanuel Kant - Geografia fisica (1802)
Traduzione dal tedesco di Carl August Eckerlin (1807)
Dottrina elementare
della geografia fisica
Capitolo 1 - IV. Del colore del mare Capitolo 1 - VI. Del luccicare del mare

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Del gusto dell’acqua marina, e delle sue parti costituenti.

Il mare ha il gusto salato, misto di amaro e d’oleoso nauseoso, il quale non solamente rende l’acqua non potabile ed alquanto spiacevole, ma benanche pregiudica in modo, che quelli che ne bevono corrono pericolo di morire di sete. Il senso del gusto, ch’è il senso chimico, ci fa conoscere dunque l’acqua marina composta di varie sostanze: ed in primo luogo troviamo, secondo il gusto, il peso e ciò che si precipita nel fondo, che l’acqua marina è salata.

Si è domandato d’onde il mare riceva il sale, se da’ banchi di sale sopra i quali passa e che a poco a poco scioglie, se da sorgenti di sale che zampillano dal fondo, se da piante dalle quali l’assorbe, se da bestie che vi marciscono, oppure se i fiumi ve lo conducono dentro, o se da’ raggi del sole, come sostengono Aristotele e Hume. Queste domande ed ipotesi suppongono, che l’acqua dolce sia propriamente la prima ed originaria, e che l’acqua marina ne risultò poi, forse coll’addizione del sale, e dell’olio [p. 155 modifica] di carbon fossile. Veramente non possiamo altrimenti formare l’acqua salata, o un’acqua simile alla marina, che per mezzo di composizione; ma questa non è la ragione perchè la natura operi nella medesima maniera. Essa produce in una operazione sola ciò che noi non troviamo che per mezzo di una penosa composizione, come per esempio il cinabro. Egli è quasi fuori di qualunque dubbio, che l’acqua marina sia l’acqua primitiva, e che la terra e le piante traggono il sale dalla medesima; tutte le altre acque, la piovana, quella delle sorgenti, dei pozzi, dei fiumi, da quella se ne sviluppano mediante un processo chimico della natura, forse nel modo col quale leviamo interamente anche nei all’acqua marina il sale e l’amarezza. Il sole è il fuoco; il forno, la natura; l’oceano, il matraccio; la regione dell’atmosfera, il collo ove s’innalzano i vapori, e si raccogliono in gocce ed in nuvole; e la terra è il recipiente ove cade l’acqua. La rugiada, la pioggia e la neve, che nascono dai vapori i quali dal mare s’innalzano nell’aria, sopra i mari maggiori non sono mai salate, ma dolci. Ciocchè subitamente c’induce a fare le suddette domande [p. 156 modifica] si è, che noi impariamo a conoscere l’acqua purificata delle fonti prima dell’acqua del mare. Non vi esiste sale, che non lo dobbiamo al mare: anche il sale minerale è pieno di conchiglie, e le sorgenti di sale lo ricevono da ammassi di sale sotterraneo, o da strati di terra salata ripieni di avanzi del mare. L’unica domanda sarebbe, se il sale è un prodotto o un estratto dell’acqua: estratto sarebbe il sale, se il mare fosse stato creato salato, e se l’acqua dolce ed il sale si fossero sviluppati iper mezzo di separazione: un prodotto dell’acqua sarebbe, se nel mare, ove marciscono tanti corpi, ed ove si scaricano le sporcizie della terra, nascesse il sale per mezzo di un meccanismo a noi sconosciuto. De Maison Neuve crede che il sale del mare nasca dal flusso e riflusso.

Comunque sia, l’acqua marina è salata, e tutto il sale, tutte le sorgenti, le valli tutte e tutte le miniere di sale sono un dono di esso, sono monumenti del suo antico dominio. Svaporando l’acqua marina, deponesi in cristalli il sale che si forma: in questa operazione l’acqua si riscalda, e sparge un odore simile alla viola mammola. [p. 157 modifica] Nelle regioni calde, oltrepassando le sponde in tempo di flusso, ed arrestandosi l’acqua nei fossi, svapora sì presto che lascia il suolo coperto di sale. Anche sulle coste della Norvegia, nelle spaccature e nelle aperture degli scogli, ove l’acqua marina entra e sorte, trovasi una piccola porzione di sale, il quale è raccolto e purificato. Questa operazione della natura ha indotti gli abitanti delle coste marittime a trarre dal mare una maggior quantità di sale per mezzo dell’arte. Nelle regioni più calde nulla è più facile: quivi sulle sponde si fabbricano saline piane e spaziose, sicure contro l’urto dell’onda, ove nelle stagioni secche l’acqua marina entra sino all’altezza di 5 pollici; il sole la fa svaporare in poco tempo, e quindi resta sul fondo un sale verdiccio o cenerognolo, il quale, sebbene sia impregnato ancora di particelle eterogenee dell’acqua marina, è ciononostante servibile, e si smercia benissimo. Il sale di Setubal è il più conosciuto. Egualmente lo sono quelle di Berre, quello di Hieres sulla costa meridionale della Francia, e quello di Cervia, poco lontano da Rimini, nello stato papale sulla costa del mare adriatico, ove ai trova un piano di circa 1140 [p. 158 modifica] tese quadrate. Quivi, per mezzo di un grande canale, s’introduce l’acqua del mare, la quale poi viene svaporata dal sole. Se ne cava una sì grande quantità, che basta a provvedere non solamente lo stato papale, ma benanche potrebbe fornirne a tutta l’Italia. La Lombardia ne consuma una quantità considerabile. Volendolo purificare maggiormente, si scioglie nell’acqua, si schiuma col mezzo del sangue di bue, e si estrae nuovamente col fuoco, e così infine diventa interamente bianco. Questo sale cristallizzato è preparato in enorme quantità nel Portogallo, nella Spagna; nell’Italia e nella Francia.

Nelle regioni più settentrionali e fredde non si ricava il sale con tanta facilità e vantaggio. Quivi il sole non può favorire l’evaporazione, ed il buon tempo è meno stabile, talchè piovendo nelle saline, l’acqua salsa diventa più debole della stessa acqua marina. Dunque ne’ paesi freddi fa d’uopo menare l’evaporazione a forza di fuoco. Questo consuma tanta legna, che ai paesani della Norvegia è proibito di fare maggior bollitura di sale di quella che abbisogna per l’uso domestico di ciascheduno. Presso [p. 159 modifica] Tonsberg nella Norvegia si sono fabbricate grandi saline reali, nelle quali si lavora l’acqua marina in modo da poterne mandare bastimenti carichi per l’estero.

L’opinione che l’acqua marina acquisti le parti salate col mezzo de’ fiumi, fu difesa particolarmente da Buffon, e perciò si considerò il sale del mare come appartenente alla terra. Si credette che il sale preservasse il mare dalla putrefazione; ma, tutto al contrario, l’acqua di mare posta in botti sul bastimento, in pochi giorni acquista un sì cattivo odore, che solamente per questo dovrebbe diventare perniciosa. Anche l’acqua dolce si guasta, e dentro vi nascono vermi lunghi; ma non isparge un sì cattivo odore, e filtrandola si può usarla senza alcun danno. Sopra Sumatra, dopo un alto flusso, stette l’acqua marina quattordici giorni sulla terra, e la sua putrefazione produsse la generale mortalità nel castello lo presidiato dagli Olandesi: anzi Boyle narra che, dopo una calma intiera di tredici giorni, molti navigatori trovarono il mare putrefatto e puzzolente. Ciò viene pure confermato da Forster. Piuttosto potremmo dire, che il sale marino favorisce la putrefazione. [p. 160 modifica] Recenti osservazioni ed esperimenti hanno fatto credere, che nell’acqua marina i corpi si putrefacessero con maggiore facilità che nell’acqua dolce. Molto sale misto con poca acqua ritarda veramente la putrefazione; ma poco sale con molt’acqua la fa sollecitare. L’acqua dolce, gettandovi del sale, acquista maggior peso; ed un uomo che nell’acqua dolce va a fondo, galleggia sciogliendovi in essa del sale. Il piede cubico dell’acqua piovana netta pesa 65 fino a 66 libbre: l’acqua dei fiumi, 70 libbre; l’acqua marina, 72 libbre. I bastimenti entrando dal mare nei fiumi, vanno più in acqua, e passando dai fiumi nel mare, s’innalzano: dunque i bastimenti che vanno in mare possono portare maggior carico di quei che navigano sui fiumi, e nuotasi nel mare con maggior facilità che nel fiume. L’ammiraglio Broderik, il quale nell’ultima guerra fra l’Inghilterra e la Spagna, vedendo il suo bastimento incendiato, si gettò nel mare, nuotò travestito per due ore prima che fosse salvato, giacchè fu trascurato, come non conosciuto.

Per mezzo del sale si è pure spiegato il fenomeno della trasparenza e chiarezza [p. 161 modifica] dell’acqua marina. Più che l’acqua è salata, più è trasparente. Ciascuna materia non molto interrotta da’ pori è trasparente; e il cambiamento fra le materie eterogenee e collegate cagiona molta refrazione, in guisa che niun raggio di luce vi passa. I corpi che rigettano tutta la luce sono bianchi. Le acque contengono aria, cioè un vacuo in confronto dell’acqua; e il sale essendo più collegato dell’acqua, e sciogliendosi in essa, opera come l’olio sulla carta, il quale propriamente altro non fa che riempiere gli spazj e produrre maggior coerenza tra le parti. L’oro sarebbe trasparente se non fosse un’unione di parti eterogenee, che rigettano i raggi gialli. Vi sono siti sì chiari nel mare, che si vede assai distinto il fondo con tutti gli oggetti che vi si trovano, i quali a motivo della frazione della luce sembrano più vicini di quel che sono in realtà. Così l’acqua nel mare dei Caraibi è in alcuni siti talmente chiara, che sopra un fondo per 15 tese sott’acqua vi si veggono camminare le tartarughe, in guisa da far credere poterle pigliare colle mani. Nel mar rosso alla [p. 162 modifica] profondità di 20 tese si veggono benissimo sul fondo i coralli e le madrepore.

L’acqua non in tutti i siti è ugualmente salata; in generale si calcola la trentesima seconda parte di sale, o sia che una libbra di 16 once contenga in soluzione una mezza oncia di sale; questo però varia secondo le circostanze. La differenza è maggiore nella zona torrida, ove il maggior calore fa svaporare maggior quantità di fluido; ma, nonostante ln maggior salsedine, non è in questa regione ove l’acqua del mare pesi più che nelle altre, poichè la forza centrifuga, che ivi è maggiore, diminuisce il peso. Dopo la zona torrida, il sale del mare si con- centra di più nella fredda, poichè quivi congelasi solamente l’acqua dolce: cosi l’acqua intorno alle coste d’Islanda è molto più salata che sulle coste della Norvegia, e su queste molto più che nel mare del nord. Il mediterraneo è il mare più salato fra quelli che abbiamo accennato; esso è situato sotto un cielo considerabilmente caldo, e svapora più acqua di quella che dai fiumi gli viene fornita; motivo per cui l’acqua si precipita in esso tanto dalla parte del mar nero, quanto per lo stretto di [p. 163 modifica]Gibilterra. Secondo il Journ. Oecon. 1756 novembre, una libbra di 16 once di acqua marina presso Malta contiene 4 once di sale: nel seno di Lione, 3; ed intorno la Brettagna e l’Inghilterra, 2 once. De Pages trovò in 100 libbre di acqua sotto 1° 16' di latitudine meridionale 3 ½ libbre di sale: dal 39° sino al 45° di latitudine meridionale, 4 libbre: sotto il 66°, 4 ½: sotto il 74° di latitudine meridionale e settentrionale, 3 ¾, e sotto l’81°, 4 libbre: sotto il 4° sino al 25° di latitudine settentrionale, 3 ⅔ libbre1. Anche nel mar nero l’acqua è più salata che nell’oceano. Per lo più l’alto mare contiene maggiore quantità di sale che le coste, particolarmente ov’entrano i fiumi grandi. Parimenti i mari mediterranei, ed i seni che dall’Oceano traggono la loro acqua, allorquando molti fiumi vi si scaricano, sono meno salati. Cosi il mare baltico, [p. 164 modifica] il mare bianco, il seno arabica, il seno della Persia non sono tanto salati quanto l’oceano. La salsedine del mare è pure diversa secondo la profondità. La salsedine della profondità del mare mediterraneo, secondo Marsigli, sta alla salsedine superiore come 32 a 29; e nello stretto di Costantinopoli, come 72 a 62: dunque dev’essere considerabilmente più salato nel fondo2. Buffon3 sostiene che la salsedine del mare non sia maggiore nel fondo che sulla superficie, rapportandosi alle frequenti osservazioni, senza però nominare qualcheduno che le avesse fatte. Nel medesimo modo egli fa cenno di molte fonti e sorgenti di acqua dolce nel golfo di Venezia. Egli è certo che al piede del promontorio Miseno trovasi nel mare una sì ricca sorgente di acqua dolce, che mantiene il suo sapore sino alla superficie del mare4 [p. 165 modifica] Nel golfo della Spezia, porto del Genovesato, circa un miglio lontano dalla città del medesimo nome, e 65 piedi distante da terra, v‘è una sorgente simile, e talmente abbondante, che s‘innalza alcuni pollici sulla superficie del mare, formando circa una volta di 20 piedi di diametro. Essa è formata di raggi d‘acque ben distinti: l‘acqua stessa è più torbida dell‘acqua marina che si trova nella vicinanza, e meno salata sulla superficie che il resto dell‘acqua marina; sul fondo è interamente dolce, ma torbida e fangosa: la profondità della sorgente importa 38 ½ piedi. Due torrenti che corrono sui lati di una montagna distante 3 miglia italiane dalla Spezia, i quali in seguito si uniscono e si precipitano in un profondo abisso, probabilmente vi conducono il nutrimento necessario5. Anche gli antichi conoscevano le sorgenti dolci sotto il mare, e gli Aradj si procuravano in tal modo [p. 166 modifica] l’acqua da bere, siccome vien descritto minutamente da Strabone, allorchè fa menzione dei vasi coi quali l’attingevano6. Tutte queste sorgenti poc’anzi nominate sono poco distanti dalla terra, ed hanno in essa la loro origine. Tavernier narra che sull’isola Bahareem nel seno della Persia l’acqua sia sì cattiva, che quelli che vogliono dell’acqua buona e dolce, debbono procurarsela per mezzo de’ marangoni, i quali tre volte alla mattina, alla distanza di tre tiri di fucile, calano al fondo del mare per attingere con vasi dell’acqua dolce e potabile. Egli dice espressamente non aver trovata questa usanza in alcun altro luogo: però raccontasi ancora, che presso Ormus nel golfo persico e presso Goa attingono l’acqua dolce ad una profondità di 4 in 5 tese sotto il mare. Pontoppidan racconta, che i pescatori nel Sund moer non rare volte hanno trovato l’acqua dolce nello stomaco de’ merluzzi (Callarias). Siccome però questo [p. 167 modifica] caso non accade sempre, non si può prendere per regola, che l’acqua sia quasi distillata, o filtrata nello stomaco dei pesci, ma piuttosto dobbiamo credere, che sul fondo trovasi dell’acqua dolce, della quale i pesci avevano bevuto; altrimenti la salsedine dell’acqua dovrebbe aumentarsi, poichè l’acqua salata, come, parte più pesante, si precipita nel fondo. È da riflettersi però, che l’acqua marina immediatamente sul fondo non contiene tutto il sale che potrebbe assorbire. L’acqua è pregna di sale quando ne contiene tanto quanto può scioglierne, lasciando poi il resto precipitarsi sul fondo; ciò accaderebbe se 18 once di acqua salata contenessero 5 once di sale. Questo grado di salsedine non può sussistere sul fondo del mare, poichè la superficie in proporzione dovrebbe essere più salata. Wilkens, per esaminare una tal cosa, ha inventato un istrumento assai comodo, col quale in qualunque profondità si può attingere dell'acqua. Questo stromento è descritto minutamente nei trattati dell'Accademia delle scienze di Svezia, 33 volume, I° trimestre.

Tutt’i laghi hanno acqua dolce simile [p. 168 modifica] a quella dei fiumi e della pioggia, eccettuati quelli che comunicano immediatamente col mare, come, per esempio, nella Sicilia i due laghi presso la Maerza e Terranova, de’ quali il primo si asciuga nell’estate, e lascia il sale sul fondo, il quale poi tagliato in grandi pezzi è venduto per pochi soldi. Il Lago basso, posto all’oriente del Messico, contiene egualmente sale, ed il Lago Maggiore, posto più in alto, è dolce; ciocchè nasce dalla vicinanza dell’acqua marina che quivi si filtra. Contengono anche del sale que’ laghi i quali sono avanzi dell’antico mare che una volta coprì la terra. Quindi sono circondati da grandi strisce di sabbie, da valli di sale e cose simili, e vi si scaricano uno o più fiumi senza avere uno sfogo visibile. Questi laghi, quasi senza eccezione, sono tutti salati, come il mare caspio, il lago di Aral, il mare morto, ed innumerabili altri in tutte le parti del mondo. Questa regola però ha le sue eccezioni. Il lago Baickal nella provincia Irkuizk, secondo gli ultimi rapporti, è di acqua dolce, benchè esso si distingua già dagli altri per la comunicazione col Jenisei, mediante l’Angara inferiore. Il lago Titicaca nell’America [p. 169 modifica] meridionale, nella Plata, non ha alcuna vera uscita; egli inghiottisce 10 o 12 fiumi considerabili, oltre i piccoli. L’acqua che contiene non è salata nè amara, ma torbida, ed ha un gusto sì ributtante, da non potersi bere.

La seconda qualità dell’acqua marina è l’amarezza stomachevole. Si credette per lo passato, che nascesse dalle parti oleose degli animali e dalle piante putrefatte del mare, e si restò fino persuaso di poter cavare dell’olio dall’acqua marina: frattanto i più diligenti esperimenti di Bergmann e di Macquer hanno fatto vedere, che non contiene alcun grasso, e lo stesso confermasi per l’eccellente analisi dell’acqua marina fatta da Vogel. L’amarezza forse nasce dalla selinite, o dal sale generato dall'unione dell’acido di vitriolo colla terra calcarea, del quale contiene non poco, come egualmente dalla magnesia e dall’alcali minerale apiro, oppure dalle bestie che in essa si putrefanno. Gl’innumerabili pesci, e l’altre creature che muojono nel mare, si gonfiano, poi galleggiano sulla superficie, e sono scomposte dall’aria e dal sal marino; e giustamente questa amarezza trovasi sulla [p. 170 modifica] superficie. Il dottore Sparmann ha attinto varie volte dell’acqua marina da una profondità di 60 tese, e l’ha trovata come l’acqua dolce mista col sale comune: e più si attingeva a fondo quest’acqua, più puro era il suo gusto. Alcuni fiaschi di quest’acqua regalata al cavaliere Bergmann, furono da questi esaminati chimicamente. La pinta ne conteneva

Loth (mezz’oncia)
Arancia 6, 48
Magnesia salita 1, 77
Gesso 0, 21

La magnesia disciolta nell’acido aereo importò meno di 1/100 di una mezz’oncia. Il solfato di magnesia non vi era contenuto per la minima parte, e nell’acqua marina si è sempre trovato sulla superficie7. Si è creduto per lo passato che l’amarezza, separando anche il sale, si conservasse, ed impedisse la preparazione di un’acqua potabile. Ma il dottor Lind, nella sua opera eccellente sulle malattie degli Europei nelle regioni più calde, ha confutato questo antico pregiudizio, ed ha insegnato eccellentemente [p. 171 modifica] a rendere quest’acqua bevibile. Quest’invenzione non fu ancora resa praticabile per le navi, perchè non si poteva caricare il bastimento di tanta legna necessaria a quest’uopo; ma Irwing l’applicò con vantaggio all’economia della nave. I marinaj non ricevono che per tre giorni della settimana la carne, e pel resto mangiano i legumi; dunque una delle grandi caldaje navali murate non serve in questi giorni; e perchè non soffra troppo pel fuoco, sogliono empirla d’acqua marina. Irwing applicò al coperchio dl questa caldaja un tubo d’ottone nel quale i vapori si raccogliono e gocciolano nel recipiente; ed acciocchè il condensamento dei vapori in acqua procedesse con maggiore celerità, fece passare quel tubo per un altro più lungo, egualmente di ottone, nel quale continuamente si getta dell’acqua fresca di mare per rinfrescare il tubo interno. In tal modo dunque si sono distillati quattro volte per settimana 120 quarti d’acqua dolce per volta, senza maggior dispendio di fuoco, che quanto fu necessario per preparare i cibi; cosicchè, se l’equipaggio è di 120 uomini, ogni due giorni si può dispensare un quarto [p. 172 modifica] d’acqua potabile per testa; ma questo non è alla lunga sufficiente. Volendo distillare per un equipaggio l’acqua necessaria, dovrebbe questa operazione continuarsi giorno e notte, per il qual oggetto niuna nave può portare i combustibili sufficienti. In caso di bisogno veramente non si esiterebbe molto a sacrificare le barche, le tavole e tutto ciò che non è assolutamente necessario alla conservazione della nave, per prevenire il terribile male della mancanza d’acqua bevibile. Anche il medico Brehmer a Lubeck ha insegnato un nuovo metodo per rendere bevibile l’acqua marina in quantità su’ grandi vascelli8. Come rimedio contro una gran sete si raccomanda ancora d’immergere gli abiti nell’acqua, e poi di metterli bagnati addosso; il corpo umano ne assorbe l’umidità, e si ristora meglio che per mezzo di una bevanda. Così racconta il capitano Black il quale, essendo nata una rivolta fra l’equipaggio, fu [p. 173 modifica] esposto in ima barchetta, nella quale fece felicemente il viaggio dalle isole degli Amici fino a Timor. Egli per prevenire la mancanza d’acqua si bagnò giornalmente; cosa che lo rinforzò, lo rinfrescò e supplì al bisogno di bere.

  1. Ved. i suoi viaggi intorno al mondo, e verso i due poli per terra e per acqua; negli anni 1767, 1774-76.
  2. Ved. Hales lnstruct. pour ses mariniers. Ott. System einer allgmeinem Hydrographia pag. 303
  3. Storia Nat. art. 10.
  4. Volkmann kritische Nachrichten von Italien. III 214.
  5. Vedi Spallanzani nel Journ. de Phys. Ingl. 1726. ed un estratto di ciò nel magazzino di Gotha fuer das neueste aus der Physik. vol. V. quint. 4 1789. p. 96.
  6. Strab. XVI. ed. Casaub. 2 (Paris 1620) p. 753 seg. Plin. hist. nat. v. 31 et lib. 4 cap. 103 dice: dulces haustus in mari plurimis locis, ut ad Chelidonias Insulas et Aradum.
  7. Ved. Gothaisch Magazin fuer das neueste aus der Physik (pubblicato da Lichtenberg) 2 vol.1 quint. pag. 99-101, nuova edizione.
  8. Vedi Voigd. Magazin fuer den neuesten Zustand der Physik. 1804 quint. 5 n. VI.