Periodi istorici e topografia delle valli di Non e Sole nel Tirolo meridionale/Periodi istorici/Dal Secolo XVIII. fino al principio del XIX.

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Dal Secolo XVIII. fino al principio del XIX.

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Periodi istorici - Da Bernardo Clesio fino al Secolo XVIII Topografia della Valle di Non
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Dal Secolo XVIII. fino al principio del XIX.


L
Unga quiete godettero questi paesi sotto l’ impero del religiosissimo Imperatore Leopoldo I., finchè vennero a cambiarsi le cose negli ultimi anni della sua vita. Poichè in Novembre dell’ anno 1700 morto senza successione Carlo II. Re di Spagna con un testamento, nel quale chiamava suo erede Filippo Borbone Duca d’ Angiò, la Casa d’ Austria di Germania mosse le sue pretensioni per antecedenti patti di famiglia, e per la discendenza del primiero acquistatore nacque una lunga guerra. Con varia fortuna combattevasi nell’ Italia, quando l’ anno 1703 l’ esercito Francese pensò di passar in Germania per la via del Tirolo, e per togliere ai Tedeschi quella strada, per cui solevano spingere soccorsi in Italia, e per aprirsi la comunicazione colla Baviera, il di cui Elettore era collegato colla Francia. Quindi il Duca di Vandomo nel mese d’ Agosto si mosse dalla Lombardia, e per monte Baldo con mille stenti alla fine del mese giunse alla vista di Trento, ma coll’ Adige frapposto, e con gli abitanti nell’ opposta riva preparati a contrastargli ogni ulteriore avanzamento. Nè le minaccie del Vandomo, nè le molte bombe avventate contro la città avvilirono punto i Trentini, e massimamente da che in ajuto loro con alcuni reggimenti Cesarei accorse il Generale Conte Solari. Ma battuto da’ Tirolesi il Duca di Baviera, il quale fu costretto a precipitosamente ritirarsi ne’ suoi stati, e dubitando i Francesi della fede di Vittorio Amadeo Duca di Savoja, il Vandomo da Lodovico XIV. allora Re di Francia fu richiamato in Lombardia, il quale verso il fine di Settembre ritrovossi già col suo quartier generale a San Benedetto sul Mantovano, dopo avere inutilmente sacrificato molta gente in quella sua infelice spedizione del Trentino1

Le nostre Valli dell’ Anaunia non soffrirono alcuna invasione nemica, non essendosi i francesi inoltrati nemmeno nelle sette Pievi, ma lasciatisi vedere soltanto a Ranzo della Pieve di Banale. Occuparono solo il tratto dal Lago di Garda fino all’ Adige, e pervennero fino in faccia a Trento, dove il Vandomo ricevette l’ ordine della ritirata. Dovettero però concorrere alle marcie militari, e a varie spese, perchè anche il monte Tonale fu presidiato. Non ci resta memoria della somma di queste spese; ma abbiamo [p. 40 modifica]una lettera del Vescovo Principe Gianmichele Conte Spaur data li 21 Dicembre 1704 al nob. Gian Giacopo Sizzo Assessore in Vallibus Anauniæ, & Solis, nella quale per iscanso di litigi nello scomparto di dette spese ordina, che siano distribuite, non solo sopra i beni stabili, ma partecipando tutti della comune difesa, tutti ad esse concorrano, e le Comunità moderatamente collettino anche i negozj, e mercadanti, le osterie, le arti, i censi, le decime non esenti, le porzioni de’ coloni, le malghe, e l’ industria.

Nel 1705 morì il piissimo Imperatore Leopoldo dopo quaranta otto anni d’ impero, e gli successe il suo primogenito Giuseppe I., sotto il quale per un accordo stipulato in Milano li 13 Marzo 1707 i Francesi evacuarono la Lombardia. Secondo il calcolo del Muratori ne’ suoi Annali a questo anno, quella spedizione costò alla Francia settanta milioni di Luigi d’ oro, e il Re Lodovico XIV. pose allora i fondamenti al deficit della Monarchia, i di cui effetti si diedero a conoscere verso il fine del secolo. Dice il citato Muratori, che i Francesi all’ Italia lasciarono una funesta eredità de’ loro insegnamenti, ed esempj, perchè si diè bando ai riguardi, e rigori dell’ età passata.

Rigidissimo fu l’ inverno del 1709, in cui si gelò l’ Adige per modo, che si passava sopra il ghiaccio francamente colle carra. Si seccarono in conseguenza le viti, e mancò la vindemmia, la quale fu scarsissima anche ne’ due anni consecutivi, effetto della medesima seccagione. Nel 1712 ci fu l’ epidemia bovina, che fece strage, e l’ anno seguente l’ epidemia negli uomini, che molti ne mandò all’ altro mondo.

Nel 1711 finì di vivere Giuseppe I., il quale nel suo breve impero aveva sempre avuto guerra coi Francesi, e prese a regnare il di lui fratello secondogenito Carlo VI., il quale fece la pace ricedendo, dalle sue pretensioni sopra la Spagna, e contentandosi dell’ acquisto dei Paesi bassi. Ma nel 1733 scoppiò nuovamente la guerra in Italia fra lo stesso Carlo VI. e la Francia. Essa sparse timori ne’ nostri paesi, furono guerniti diversi passi del Trentino, e tra questi quel di Tonale dalla Milizia urbana comandata dal Colonnello Barone di Vels, e da Truppa regolata: ma nulla successe nelle nostre parti; perchè l’ anno 1735 sopraggiunse la pace. Questa guerra pero costò al distretto delle Valli trentamila fiorini.

Carlo VI. passò ad altra vita l’ anno 1740, e in vigore della pragmatica sanzione entrò erede degli Stati Austriaci la di lui primogenita figlia Maria Teresa accompagnata in Francesco Duca di Lorena, indi per cambio Gran Duca di Toscana, che fu poi Imperatore. Essa fissando l’ occhio sopra il Tirolo, sulla speranza di miglior governo, lo divise in sei Circoli, due all’ Enno con Sterzing, il terzo in Pusteria, due all’ Adige colla Val Venosta,2 ed uno ai confini d’ Italia, al quale da principio andavano sottoposte anche le giurisdizioni Austriache della Val di Non. Tra le [p. 41 modifica]raccolte letterarie abbiamo l’ instruzione spedita ai Capitani dei Circoli nuovamente instituiti, data in Innsbruck li 6 Dicembre 1754, ove all’ articolo 2. si legge: il promovere l’ amor di Dio, e il mantenimento della vera, e incontaminata fede cattolica sono i veri fondamenti di un felice governo del Paese; e però ordinavasi ai Capitani l’ esattissima osservanza su quest’ oggetto.

Ne’ primi tempi della medesima Regina, cioè l’ anno 1744, fu eretto il reggimento del Tirolo, che cagionò il postulato della Provincia di settantamila fiorini annui.

In occasione della guerra di sette anni, che Maria Teresa ebbe con Federico II. Re di Prussia, dalla Baviera, le di cui zecche erano state appaltate ad Ebrei, s’ erano introdotte in Tirolo, e ne’ nostri paesi monete in tronetti, e mezzi tronetti di pessimo intrinseco. Ma l’ Augusta Sovrana l’ anno 1762 spedì riguardevole somma di ottimo danaro in argento, e rame, col quale le deficienti bavare monete furono cambiate. In quest’ incontro per certi abusi, o per mala intelligenza in Ober Maiis sopra Merano i contadini si mossero a rumore. La Pulizia di Merano fece prigioni alcuni de’ più imprudenti in susurrare: ma i contadini di Maiis invitarono altri de’ contorni, e armati di pali, e bastoni tumultuariamente entrarono li 13 Maggio 1762 in Merano in numero circa di trecento, e chiesero la liberazione de’ detenti, del che non poterono essere compiaciuti, perchè i detenti erano già stati spediti in Innsbruck; quindi ne’ seguenti giorni devastarono la cantina del Conte Hendel, che era già fuggito in Venosta, e gli spezzarono le finestre recandogli un danno di circa due mila fiorini.

L’ autore ne fu testimonio occulare ritrovandosi in Merano a motivo de’ studj. Bolzano temeva di qualche visita, e però molti si ritirarono sul Trentino. Il Magistrato di Merano non mancò di usar dolci maniere, e massimamente faticò il Parroco di Maiis dell’ ordine cisterciense per calmare questi susurri; ma non riuscirono. Onde portatone l’ avviso in Innsbruck si fece marciar del militare con due cannoni. Presiedeva alla Provincia il Conte Paride di Wolchenstein Trosburg, ministro di rari talenti, di consumata sperienza negli affari diplomatici, amante delle lettere, e amico de’ letterati, che godeva la confidenza popolare. Coraggioso venne egli in persona il di 24 Maggio in Merano. Quei di Passejer, e di Ulten si esibirono di fargli guardia in numero di più centinaja: ma egli la ricusò per accrescerne la confidenza, aprì le sessioni nell’ osteria del sole per sentire i gravami, dei quali cercava il rimedio, e dopo un mese di permanenza partì per Innsbruck a farne il rapporto.

I tumultuanti, che avevano il loro punto d’ unione in Carintia, diffidando della Commissione, spedirono alcuni deputati in Vienna: ma là giunti i primi furono fermati, il che inteso gli altri, ch’ erano in viaggio, ritornaronsi in fretta addietro, e i detenti dopo cinque settimane furono rispediti. Nel tempo medesimo il Gran Capitano ricevette il permesso di recarsi in Vienna con una deputazione legittima, che fu composta di ventitre soggetti, ai quali li 19 Settembre ammessi all’ udienza della Regina furono benignamente accolti, ascoltati, e con sovrana risoluzione de’ 20 [p. 42 modifica]Novembre sollevati dai maggiori gravami, e con copia della medesima una medaglia d’ oro per cadauno rimandati al loro paese.

Avvegnachè questo fatto sia succeduto fuori delle nostre contrade, era però da riferirsi, perchè nella risoluzione vi furono degli articoli comuni anche a noi. Il decreto ne contien molti, e fra gli altri l’ innalzamento delle monete d’ oro, e d’ argento del cinque per cento, quando sieno di giusto peso, eccettuato però nelle casse regie: risarcimento per i danneggiati, che nel cambio de’ tronetti bavari avevano ricevuto monete calanti, e tose: che l’ appalto dei dazj sarebbe levato, e formata un’ equa tariffa, che fu effettivamente l’ anno 1766 pubblicata: rapporto poi ai sollevati il perdono generale (eccettuati gli autori) e l’ assicurazione della sovrana clemenza. Fu encomiato lo zelo, e la fedeltà del Gran Capitano della Provincia, e così restò tranquillizzato il paese.

Nel 1769 per editto sovrano furono distribuiti de’ terreni incolti per farvi de’ novali con trenta anni di franchigia dalla decima; e nel 1770 s’ introdussero il peso, e le misure viennesi nel Tirolo.

Nella città d’ Innsbruck, dove erasi recata tutta la sovrana Corte in Luglio del 1765, furono celebrate le nozze dell’ Arciduca Leopoldo destinato Gran Duca di Toscana con Maria Luisia figlia del Re di Napoli, e poi di Spagna Carlo III. Vi si recò anche il Vescovo Principe di Trento Cristoforo Sizzo, come pure diversi Cavalieri di questi paesi. Le solennità erano sorprendenti: ma furono funestate dall’ improvvisa morte dell’ Imperatore Francesco I., seguita li 18 Agosto, che cangiò in un tratto tutto in lutto e pompa funebre. Ora nel soggiorno di Maria Teresa in Innsbruck il professore, e consigliere Martini della Val di Non ebbe l’ incarico di riformare gli studj dell’ Università d' Innsbruck sul metodo delle Università di Vienna, e di Praga con risoluzione segnata in Innsbruck li 28 Agosto, che contiene novantatre articoli. L’ anno antecedente con un ordine de’ 4 Febbrajo 1764 dal direttore Gasperi era stato riformato il Ginnasio di quella la capitale, e gli altri Ginnasj della Provincia coll’ introdurvi libri classici di lingua latina, e con altre provvisioni. E nel 1766 fu fondato in Innsbruck il Capitolo di Dame in commemorazione della morte di Francesco I.

A questo tempo è rimarcabile il principiato asciugamento delle paludi di Bolzano, e suo distretto, il di cui vantaggio è evidente, e nel miglioramento dell’ aria rapporto alla salute, e nell’ accrescimento dei prodotti per la vettovaglia, onde è troppo desiderabile, che fosse continuato. Si promosse la piantagione de’ gelsi; e per sovrano decreto fu fatta la conscrizione del Tirolo, il di cui stato nel 1772 fu ritrovato consistere in 19, o secondo altri 17 città, in 29 borghi, 2174 villaggi, 82618 case, e la popolazione di anime 565665, dove le femmine sorpassano di 10971 il numero de’ maschi.

Fu pure incominciata la fondazione delle scuole normali, che per impulso sovrano vennero erette in tutto il Tirolo Austriaco. E con sovrano decreto dei due Gennajo 1776 fu abolito l’ uso della tortura, contro la quale erano stati prima scagliati giustamente molti lamenti. [p. 43 modifica]

Il provvido Principe Vescovo Sizzo per frenare gli omicidj nel suo Principato, fatto rapporto all’ Imperatore Giuseppe II. ed ottenutane la conferma, annullò la lieve pena ordinata nello Statuto Trentino al capitolo 97 de criminal., e surrogò la constituzione criminale Carolina dell’ anno 1552, e per adempimento di questo pubblicò il suo editto li 2 Dicembre 1773. Questo ora si deve chiamare giure criminale antico.

Ma fra queste vicende avvenne anche una cosa per noi d’ incommodo. La steura della Provincia era stata stabilita per comun bene di tutta essa, e per comune consenso de’ suoi stati. La Provincia dunque pretendeva, che tutti in proporzione concorressero a pagarla. C’ erano certi popoli, e tra questi quelli delle Valli di Non, e di Sole, che se ne chiamavano esenti, e intanto tutto il peso ricadeva sopra quelli, che obbedivano. La Provincia riguardava questi pretesi esenti, come renitenti, e instava appresso il Governo del Paese per il braccio, onde costringerli a concorrere a pagar le steure. Il Vescovo Principe Cristoforo Sizzo protesse, quanto potè, questi suoi sudditi. Ma perchè s’ incominciò a mandar truppe contro simili renitenti di altri paesi, per iscanso di ulteriori guai fecero una deputazione del Capitano delle Valli Conte Felice d’ Artz, e in Trento avanti la Commissione Austro - Trentina il dì 7 Luglio 1767 si convenne per Aversum di concorrere in 50 Fanti, computando un fante per fiorini 54, fino alla perequazione generale da farsi.

Non fu di lunga durata questa convenzione, perchè in seguito si trattò della perequazione generale del Tirolo, la quale mediante transazione fu convenuta anche per il distretto Trentino, e in Vienna li 24 di Luglio 1777 fra l’Augusta Sovrana, e Pietro Vigilio Vescovo, e Principe di Trento de’ Conti di Thunn fu segnato un Concordato, dal quale ebbero principio i dazi sui confini, e tra questi quel di Vermiglio. Incominciata l’ opera da una commissione perequatoria in Innsbruck l’ anno 1770, e continuata fino li 28 Novembre 1784, si venne finalmente con grave dispendio al di lei termine. In essa i Fanti mancanti vennero reintegrati: e del totale di 5000 Fanti, al Principato di Trento ne furono assegnati 882, i quali furono di poi ripartiti nel Principato, e alle Valli fissato il numero, come fu detto nell’ Introduzione. Fu pure fatto l’ assegno alle giurisdizioni Austriache esistenti nelle Valli, e furono tassate Castel Fondo col ribasso ottenuto l’ anno 1795 in Fanti 23, Spor 10, Flavon 8, e Belforte di 3 Fanti, che furono divisi sopra le terre, case, livelli, decime, ed altre prestazioni perpetuali: onde ebbe principio la steura nobile, ossia dominicale, e rustica.

La steura nel Tirolo ha la sua origine dallo stato di pubblica difesa. Sotto Massimiliano I. regolossi la pubblica difesa, e col noto altrove accennato Libello ossia Lega del Paese de’ 25 Giugno 1511, compresi li due distretti di Trento, e Bressanone, si concertò di dare alla prima chiamata 5000 Fanti bellici ripartiti tra li quattro stati, prelati, nobili, città, e giurisdizioni. L’ anno 1573 questi in una dieta generale si assunsero i debiti di un milione e seicentomila fiorini dell’ Arciduca Ferdinando II. [p. 44 modifica]Conte del Tirolo; e perciò si dovette pensare ad un piano interinale di concorrenza, e si adottò appunto il sistema suddetto disegnato per la pubblica difesa, e i Fanti bellici si ridussero quindi anche in Fanti steurali.

Nel 1780 passò agli eterni riposi Maria Teresa ultima regnante de’ discendenti per linea maschile dall’ Imperatore Rodolfo d’ Absburg, lasciando di se immortale memoria, e il di lei figlio primogenito Giuseppe II. divenuto Imperatore fino dal 1765 colla morte del padre Francesco I., entrò nel possesso, e governo degli Stati ereditarj dell’ Augusta casa d’ Austria. Fece egli una moltitudine di leggi, e di cambiamenti, che si possono leggere nelle Raccolte stampate. E a di lui imitazione una mutazione in politico assai considerevole avvenne anche nel Principato di Trento, che fu la composizione di un nuovo codice nelle cause civili. Dal Principe Vescovo Pietro Vigilio ne fu commessa l’ impresa a Francesco Vigilio Barbacovi nativo di Tajo suo consigliere, e ultimato il codice il Principe Vescovo lo fece pubblicare il dì 8 Agosto 1788, come pure l’anno seguente alcune addizioni al medesimo. Le Valli di Non, e di Sole, le Giudicarie, Riva, Pergine, e Tenno facilmente vi si accomodarono: ma non così la città di Trento, la quale fece forti rimostranze; e questa, tanto ne procrastinò l’ accettazione, che sopraggiunta la guerra, che pur ora narreremo, l’ affare fu posto in obblio. 3

Morto nel 1790 l’ Imperatore Giuseppe II., e salito il trono il di lui fratello Gran Duca di Toscana Leopoldo II., gli stati del Tirolo compilarono diversi gravami, e supplicarono, che venisse concessa una dieta generale da tenersi in Innsbruck, nella qual occasione presterebbesi il giuramento di fedeltà al Sovrano. La supplica fu accettata con aulico decreto dei 31 Maggio del detto anno 1790, e li 14 Giugno furono spedite le lettere convocatorie dei quattro stati, e dal maresciallo ereditario furono invitati anche i nobili immatricolati del Trentino, e Bressanonese. I due Principi Vescovi fecero al solito le loro proteste contro la convocazione de’ nobili loro sudditi; ma restarono senza effetto, perchè dal Gran Capitano del paese, che era Govematore, fu risposto, che ciò era stato praticato anche nelle diete generali passate, e che la convocazione li portava nella città capitale del Tirolo. Ci vennero dunque anch’ essi, e la dieta generale il dì 22 Luglio fu aperta con grande apparato, presiedendovi il conte Francesco d’ Enzenberg; e il dì 27 del medesimo mese fu prestato l’ omaggio di [p. 45 modifica]fedeltà nelle mani dell’ Arciduchessa Elisabetta, d’ Austria, qual cerimonia fu seguita da una mensa generosamente imbandita di 450 coperte. Continuarono le sessioni con gran calore, tanti essendo li convocati, e dividendosi in diversi partiti. Solo a’ 18 Settembre la dieta venne al suo termine; e in essa fu conchiuso di spedire al Sovrano una deputazione composta di due soggetti per tutti quattro gli stati di prelati, nobili, città, e giurisdizioni colla nota dei gravami ripartiti in cinque generali oggetti: Giurisdizione - Sistema Provinciale - Ecclesiastico - difesa e fortezze - e studj. I deputati si recarono in Vienna, dove furono ascoltati, e in molti punti esauditi. L’ Università d' Innsbruck, che da Giuseppe era stata disfatta, e ridotta a semplice Liceo, fu ristabilita, restituito il tribunale di Appello, rimesso il Gran Capitano della Provincia diverso dal Governatore, indipendente dal sovrano attual servigio, soppresso il Seminario generale di fresco erretto, con alcuni altri articoli, e così terminò questo affare.

Tra questo tempo nelle nostre Valli avvenne una rinnovazione, o adattamento di strade. Erasi formato un piano di fare, e spianare al possibile due strade maestre, per le quali si potesse far viaggio con vetture. Il principio comune doveva essere alla Rocchetta, e subito sopra dividendosi ai due lati del torrente Noce l’ occidentale conducesse in Val di Sole, e l’ orientale arrivasse sino a Fondo. Erano necessarj diversi scavi per aprirle, e grandi dovevano essere le spese. Ora tutto questo si effettuò, le spese ammontarono a più di trentamila fiorini di capitale: si ebbe però la consolazione di veder vetture, che secondo il fine del progetto calcavano quelle strade. Ma li precipizj causati dallo scioglimento delle nevi, dalle dirotte piogge, e da frequenti temporali cagionarono principalmente sotto Denno in una delle due strade, e sotto Vigo nell’ altra aperture, e lavini così precipitosi, che le vetture si dovettero mettere, se non del tutto, almeno in parte in disuso, tanto più, che senza fondo queste nuove strade si potevano difficilmente mantenere. Quando venne il tempo di fare la ripartizione del debito, nacquero mille contese tra le pievi delle Valli, e convenne implorare una Commissione dal Principe, la quale in fatti li 17 Luglio del 1795 aprì le sue sessioni in Cles. Dopo varj dibattimenti si venne ad un progetto, col quale si prescriveva un metodo da osservarsi anche in avvenire, onde evitare ulteriori contrasti. Il progetto fu bensì confermato dal Consiglio di Trento nel dì 29 Gennajo del 1796 per modo di provisione, e sino ad altra decisione; ma non fu posto in esecuzione per la guerra che sopraggiunse.

Di una gloriosa visita furono onorate le nostre Valli, mentre agitavansi queste quistioni. L’ Arciduchessa Maria Elisabetta d’ Austria, Abbadessa dell’ imperial regio Capitolo di Dame d' Innsbruck si determinò di vederle. Partita quindi al fine di Agosto del 1795 dalla sua residenza, accompagnata dal suo Maggiordomo Conte Leopoldo di Spaur, con decente corteggio il primo di Settembre alle ore sei di sera giunse al borgo di Cles prendendo l’ albergo in casa del sig. Lorenzo dal Lago. Grande fu il concorso di ogni classe di persone, come cosa insolita in queste Valli: e si [p. 46 modifica]procurò di darle quei divertimenti, che comportava il paese. E l’ Arciduchessa dopo pochi giorni di soggiorno, lasciando diversi regali, e tutti soddisfatti delle sue obbliganti maniere, il dì 10 dello stesso mese alle ore quattro di mattina ripigliò il viaggio di ritorno in Innsbruck. In memoria poi di questo reale soggiorno il proprietario della casa in Cles fece ergere un busto colla seguente trascrizione:

M. ELISABETHAE. A. A.
D. Francisci. I. Rom. Imp. et. M. Theresiae. Augg
F.
Primae. Ex. Regia. Progenie
Post. Drusi. Caesaris. Bellum. Rhaeticum
In. Hanc. Vallem. Advenienti
M. Sept. CI) I) C C X C V
Augustae. Hospiti
Laurentius. a. Lago
P.


Passiamo ora ad un fatto strepitosissimo, troppo memorabile per i nostri tempi, che è quello della guerra colla Francia. Ritrovandosi quel regno in un enorme sbilancio di finanze, col pretesto di rimediarvi il Re Luigi XVI. fu indotto a convocare un’ assemblea generale degli stati: ma da questa si vide scoppiare il dì 14 Luglio 1789 in Parigi una funestissima rivoluzione contro la nobiltà, il clero, e la corte reale che subito si dilatò per diverse parti del regno, e divenne generale. Morì l’ Imperatore Giuseppe li 20 Febbrajo 1790, e fu inalzato al trono il di lui fratello Leopoldo II. Gran Duca di Toscana. Questi occupato da pensieri sopra la rivoluzione di Francia, ricuperati i Paesi bassi, che poco prima sotto Giuseppe eransi ribellati a motivo delle novità, che questo Imperatore aveva tentato d’ introdurvi, e staccati dal dominio austriaco si erano eretti in repubblica, temendo, che lo spirito rivoluzionario della Francia o non si stendesse anche fuori dei di lei confini, ebbe una conferenza col Re di Prussia in Pilniz, dove si stabilì di opporvi una forza unita; e in conseguenza di questo concertato l’ Imperatore armò un esercito ne’ detti Paesi bassi sui confini della Francia. I capi della rivoluzione francese se ne sdegnarono, e mossero Luigi XVI. ad intimar guerra all’ Austria: ma Leopoldo, di cui fu brevissima la camera, passò all’ altra vita il primo Marzo del 1792, e gli successe nel regno, e nell’ impero il regnante di lui figlio Francesco II., il quale inteso colla corte di Prussia, e formata coalizione di altri Principi persistette nel voler porgere soccorsi al Re di Francia, che era rinserrato nel Temple, e ristabilire la monarchia francese. [p. 47 modifica]S’ incominciò dunque la guerra dalla parte del Reno dalle forze combinate di austriaci, prussiani, ed altri Principi dell’ Impero. Grandi sono le vicende, che avvennero in quelle parti, e nel cuore della Francia, vasto argomento d’ istoria. I francesi quando ebbero de’ vantaggi al Reno volsero le armi anche ad altri confini. Occuparono il contado di Nizza, e già principiava l’ Italia a temere di qualche invasione. Passarono gli anni 1793, e 1794 nel Genovesato, e nel Piemonte con varia fortuna, e la Lombardia austriaca guernita di truppe sotto il generale barone Devins restò coperta, e difesa per tutto l’ anno 1795.

Il generale Devins dopo un rovescio fu richiamato, e vi fu sostituito il barone di Beaulieu, il quale dopo aver militato, come generale di artiglieria ne’ Paesi Bassi, al principio del 1796 venne in Milano, generale in capo dell’ armata d’ Italia. Anche in Parigi dal Direttorio si pensò di dare il cambio al generale Scherer comandante l’ armata francese, e vi fu destinato Napoleone Bonaparte. Da relazioni avute, quest’ uomo straordinario, che nel corso delle imprese e vicende divenne tanto insigne, e grande, è oriondo da San Miniato nella Toscana; nacque in Ajaccio picciola città della Corsica li 15 Agosto dell’ anno 1769 da genitori di mediocre fortuna; fu mantenuto nelle scuole dell’ isola fino all età di anni sedici; indi per la protezione del marchese Maupertuis Vicerè dell’ Isola venne arruolato in uno de’ collegi militari alimentati a spese del Re di Francia: in seguito della rivoluzione guadagnossi il cuore di Carnot, come pure di Barras, il quale lo aveva conosciuto fedele, e valoroso nella difesa, e ripresa di Tolone. Questi dunque in età di anni ventisette creato generale in capo con trentamila uomini provveduti di artiglieria grossa, ma in gran parte armati di soli bastoni, supera li alti gioghi alpini, e qual altro Annibale mostra a’ suoi soldati come facile la conquista delle ridenti campagne del giardino europeo. 4 La sua venuta per monte Cenisio fu un fulmine, che fece retrocedere l’ armata austriaca, e dopo molte sconfitte, singolarmente a Lodi, la obbligò a ritirarsi sino a Roverbella sul Mantovano, e il francese generale Massena li 14 di Maggio occupò Milano, la qual città gli si arrese subito a tenore di un antico concordato, che passando l’ inimico il Ticino la città si può rendere: e il teatro della guerra fu trasportato nello stato veneto.

Se ne divulgò subito la fama, e la costernazione divenne generale, tanto più, che le gole del Tirolo meridionale erano aperte, e la stessa milizia urbana era ita in disuso. Perciò li 17 Maggio dello stesso anno 1796 l’ imperial regio Governo dell’ Austria superiore di concerto colla Provincia tirolese fece noto, che l’ armata imperial regia d’ Italia era per entrare almeno in parte nel Tirolo, e che già in Roveredo, e ne’ contorni erano entrate molte truppe, e li carriaggi di bagaglio con alcuni mila cavalli per dove pure si erano istradati gli ammalati, e molti attrezzi militari. Perciò ordinava per la difesa militare: [p. 48 modifica]

1mo. D’ implorare la Divina Provvidenza con pubbliche preghiere, di esortare ognuno alla fedeltà verso il Sovrano, e di eccitare tutti ad una volontaria contribuzione.

2do. Che sul momento restassero chiusi li teatri, e i pubblici divertimenti.

3zo. Veniva proibita l’ estrazione de’ commestibili dal Tirolo.

4to. Si comandava di accelerare per Roveredo la spedizione di fieno, di paglia, e di biada da cavallo.

5to. D’ invigilare attentamente sopra le persone sospette.

6to. Che tutte le armi adoperabili fossero prese in nota.

7to. Che tutte le spese in fabbriche restassero sospese.

In seguito emanò altro ordine li 21 Maggio per sollecitare la spedizione degli argenti superlui delle chiese, e delle case particolari alla zecca di Halla contro ricevuta. Furono installate due Deputazioni di difesa, una ad Innsbruck per il Tirolo settentrionale, e l’ altra in Bolzano per il Tirolo meridionale, amendue permanenti, composte d’ un consigliere governiale, del gran capitano, del vice capitano della Provincia, e de’ deputati de’ quattro stati tirolesi. Si misero in moto i canopi, in Egna si formò un magazzino figliale, e tutto il Tirolo si mise in movimento, avendo il Governo sotto li 29 Maggio insinuato, che il maggior pericolo d’ invasione si credeva al lago di Garda, Val di Ledro, Giudicarie, e alla Valle di Sole.

Frattanto era partito da Trento il Vescovo Principe Pietro Vigilio de’ conti di Thunn recandosi in Passavia per assistere al possesso solenne, che doveva prendere di quel principato il suo fratello Conte Tommaso, prima di partirsi avendo lasciata in città una reggenza plenipotenziaria.

Dalla Deputazione di difesa nelle nostre parti fu spedito in Tonale il conte Hendel, che fece principio col far iscavare a’ confini veneti una grande fossa: i guastadori di castel Fondo in numero di cento sfilarono alla volta di Tonale seguiti da’ bersaglieri di Merano, e Caldaro, e da’ miliziotti austriaci: il primo di Giugno vi si instradò il militare regolato di Latterman: il generale maggiore barone di Loudon visitò il posto, e il conte Giovanni d’ Arsio ne prese il comando col commissario provinciale Giuseppe di Riccabona. Il dì cinque passarono li bersaglieri di Sterzing seguiti da 300 uomini del reggimento Bender, e due cannoni: non si mancò di spedire munizioni da bocca, e da guerra, e le offerte patriottiche. Si sollecitava la gioventù delle Valli a prender l’ armi; ma con poco effetto, perchè grande era il timore, e maggiore la confusione. Al finire di Giugno si principiò il cambio de’ bersaglieri, che riuscì di grave spesa, ed incomodo per li trasporti de’ bagagli: veniva a mancare il grano, ed in Lavis si vendeva il pane di oncie 4½ per cinque soldi. Allora si conobbe anche ne’ nostri contorni, prima di veder la faccia del nemico, guai tristi effetti produca la guerra. Intanto si organizzò una doppia compagnia sotto il capitano Gilli di Brez con bandiera, in cui era scritto Tridentini Anaunienses, che pure il primo di Agosto partì per Tonale. Già alla metà di Luglio un battaglione del reggimento Devins con due cannoni era partito per Ponte di Legno, e si andavano aumentando le compagnie de’ [p. 49 modifica]bersaglieri passando anche a Pejo quelli di Terla, seguiti da quelli di Sillian, e di Fiemme con bandiera crociata. Si aggiunsero cento dragoni dell’ Arciduca Giovanni, ed altri cento ne arrivarono presto; così pure altre truppe, che si trovavano disperse nelle Valli, ed altri bersaglieri: tutti sfilarono per Val di Sole, e si appostarono a Campiglio nella selva, a Tonale, a Pejo, e a Dimaro. Era cresciuto questo corpo ad un numero rispettabile; e per facilitare la spedizione delle lettere si erano poste in assetto le militari ordinanze, come pure quelle de’ bersaglieri; tutto era all’ ordine per resistere all’ inimico. Lo stesso generale Loudon il primo di Settembre erasi recato al quartier generale in Vermiglio, fattosi precedere da un battaglione di Jellachich con tre cannoni.

Intanto in Italia si era conchiuso da’ Francesi un armistizio col Re di Napoli alleato coll’ Austria, con che restarono debilitate le forze austriache. Bonaparte presa Verona stringeva di blocco la città di Mantova, e Massena minacciava il Tirolo. Era calata sul Trentino una parte dell’ armata del Reno, ed il maresciallo Wurmser era promosso al supremo comando dell’ armata d’ Italia. Aveva egli delle ottime intenzioni, e la prima sua impresa, che fu la liberazione di Mantova, ne’ primi giorni gli riuscì felicemente; poichè a’ primi di Agosto calato da Roveredo, e con gran valore impossessatosi per via delle loro batterie, piombò improvvisamente sopra i francesi, che assediavano quella città, e li fece fuggire. Ma ne’ susseguenti giorni le cose si cangiarono: perdette parte dell’ esercito, e si vide ritornare egli cogli avanzi: nè tardò molto, che li francesi superato Montebaldo, e passato l’Adige s’ inoltrarono a Roveredo. Il supremo comandante Wurmser, che era in Trento, prese la strada di Bassano e il generale Davidovich quella verso Bolzano. Entrarono i francesi in Trento condotti dal general Massena, e seguiti dallo stesso generalissimo Bonaparte. L’ armata di Davidovich fece qualche resistenza a Lavis; ma poi si ritirò a Salorno, dove fu piantato il quartier generale, e sebbene piccolo fosse il suo corpo, pure coll’ ajuto de’ bersaglieri bastò per impedire in allora ulteriori progressi dell’ inimico.

La mira del supremo comandante Wurmser nel prendere la via di Bassano si crede essere stata quella di assalire alla coda l’ armata di Bonaparte nel supposto, che si fosse fermata nel Tirolo a combattere contro Davidovich. Ma Bonaparte lasciato sul Trentino Massena, con un gran corpo inseguì velocemente il Wurmser per la stessa via di Bassano, e superati tutti i trincieramenti oppostivi per la strada, raggiunse l’ armata austriaca, la battè, e costrinse il Wurmser, dopo aver sofferti varj rovesci a rifugiarsi con precipitose marcie in Mantova, e questa città si vide di nuovo stretta di assedio. Il Bonaparte dandone relazione al Direttorio cosi parla di Wurmser: Vecchio generale di settanta anni, verso cui la fortuna si è mostrata in questa campagna più che crudele; ma che ha mostrato una costanza, ed un coraggio, che la storia non dimenticherà. 5 [p. 50 modifica]

Da che si seppe, che li francesi il dì 5 Settembre erano entrati in Trento, si pensò subito ad una precipitosa ritirata del corpo di Tonale, che seguì il giorno 6, e continuò tutta la notte instradati per Merano, e per Venosta se occorresse, lasciando queste Valli nella confusione, e nel timore. Questa spedizione di Tonale fu calcolata per parte della Provincia a sessantacinque mila fiorini, non compresi li carriaggi, e le spese dell’imperial regio erario. Il quartier generale, che stava già da qualche settimana in Cles, si era pure ritirato. Egli era composto del generale maggiore barone Alessandro di Loudon, figlio di un fratello del defunto famoso maresciallo di questo cognome, del colonnello Döller dragoni raggiunti, del capitano di cavalleria Kelbel, del capitano Mor, e dell’ajutante Scharnaich.

Questa ritirata dalle Valli non cagionò per altro alcuna invasione nemica. Si formò un corpo di riserva in Revò: il dì 7 Settembre arrivò il primotenente di artiglieria Henatsch, ed il tenente colonnello Welhom era giunto da Ponte di Legno con quattro compagnie del reggimento Devins nel medesimo giorno: ed in seguito ritornarono da Merano, e da altri luoghi circonvicini li bersaglieri, e le truppe. La cassa provinciale si trattenne in Arsio. Da Tonale veniva una quantità di raggiunti, privi di vestiti, che erano fuggiti dalle mani de’ francesi, partivano per Bolzano, ove era il deposito, e poi venivano spediti ai rispettivi reggimenti. Se il calcolo del daziale di Vermiglio non è alterato, il numero di questi giunse ad alcune migliaja. Si aumentava intanto il numero de’ bersaglieri, e li venti Settembre se ne contarono diciassette compagnie esistenti ne’ diversi villaggi, la cui giornaliera spesa fu calcolata a fiorini 1300. Il dì 26 nove cannoni furono condotti a Cles, e fu munita la Valle Tresenica: sfilarono i miliziotti per Malè, e il primo di Ottobre arrivarono li bersaglieri di Oberintal, di Nauders, e Lagunt, susseguentemente di Lana, Gargezon, e Tirolo, e 200 soldati del reggimento Mitrowski, seguiti da altrettanti raggiunti del medesimo. A’ 16 Ottobre il conte Kuen fu nominato comandante de’ bersaglieri nella Valle di Sole; e ai 20 il capitano Gilli con due compagnie partì per Dimaro. Fu proibita l’estrazione de’ viveri di qualunque sorta; e per aumentare l’artiglieria già il dì 4 erano stati levati da Castel Thunn i dodici migliori cannoni di otto oncie di calibro, e mortaj per il tiro di 900 passi militari. Non è ragionevole il pretendere, che tanti bersaglieri abbiano osservata la dovuta disciplina; onde i disordini arrivarono a segno, che il governo militare dovette reprimerli con rigorosi editti.

Venne il tempo della marcia, e il dì 27 le compagnie patriottiche sotto il capitano Goldeg di Bolzano partirono per il castello di Konigsberg, li Venostini per Val di Sole, e le altre compagnie sfilarono tutte per Denno, e Spor maggiore; e la sera de’ 31 la cassa provinciale, e lo stato maggiore de’ bersaglieri da Arsio si portò a Cles. Il primo Novembre si passò alla rassegna generale, e si contarono diciassette cannoni di diverso calibro. I posti avanzati s’ inoltrarono sino a Fai, fu ordinata la marcia per Molveno, e la sera da due parti lo stesso stato maggiore militare, e la cassa di guerra tutto si mise in marcia, avendosi saputo, che li francesi [p. 51 modifica]di sorprendere il corpo di Salorno, e d’ inoltrarsi a Bolzano. Per servigio della brigata di Denno c’ erano dieci paja di bovi di cadauna Pieve da cangiarsi ogni cinque giorni, e le comunità dovevano garantire per gli animali, perchè nel tratto Attesino si era manifestata la peste bovina. Questo corpo calò per Val Manara a Terlago, e nelle pianure di Cadine fu attaccata la colonna francese, avendo già i cacciatori occupate le alture del Monte Ravajaol. I francesi furono costretti a retrocedere, e il dì quattro di sera arrivarono in Trento, perduti sessanta uomini, che fatti prigionieri dagli austriaci per la via di Revò furono trasportati a Bolzano. Per assicurarsi la ritirata la notte abbruciarono il ponte di San Lorenzo, ed evacuata la città presero la strada di Roveredo; onde il dì cinque alle ore otto di mattina il colonnello Wolff con due compagnie di Jellachich entrò il primo in Trento, seguito da bersaglieri, e dallo stesso generale Loudon. Dalla parte di Pinè comandavano li generali Barone Wukassovich, e Conte di Spork, i quali in seguito attaccarono un’ altra colonna francese, facendo qualche centinajo di prigionieri, ed obbligandola a retrocedere. Come questi francesi, che erano della divisione Vaubois, avevano occupato castel Beseno, giunti a Caliano voltarono la fronte, e fecero testa agli austriaci, onde fu d’ uopo venir alle mani. Il dì sei seguì l’ attacco, e si combattè ostinatamente; ma da’ bersaglieri uccisi li cannonieri di castel Beseno, mancando ai francesi quel sostegno, ripiegarono, e fattisi gli austriaci padroni del castel della Pietra, i francesi furono costretti ad andarsene con loro perdita. Non fu pubblicata la lista de’ morti; si sa però, che per parte degli austriaci restarono due uffiziali estinti sul campo, ed altri feriti. La sera arrivò lo stesso comandante generale Davidovich, e si proseguì ad inseguire li nemici oltre il Tirolo. Tra questo tempo anche il generale Alvinzi, che aveva nel Friuli radunato considerevole corpo d’ armata, aveva alla Brenta con felice successo attaccato li francesi, e si inoltrava per la strada di Vicenza. Tutto rendeva a fare, che questi diversi corpi si avessero potuti unire ed indi liberare l’ angustiata fortezza di Mantova, ed il maresciallo Wurmser. Prosperavano in fatti gli austriaci tanto al Reno, che in Italia. Ma in questa regione la fortuna fu incostante. L’ Alvinzi fu messo in confusione, e battuto; e il generale Davidovich dopo molti cimenti fu costretto al fine dell’ anno a ritirarsi nuovamente ad Ala di Roveredo per coprire il Tirolo.

Già dai primi di Novembre si trovava in Innsbruck il Conte Lehrbach come commissario plenipotenziario imperial regio nel Tirolo. Questi con dispaccio de’ 7 del detto mese installò in Trento, e nel Principato un Consiglio imperial regio amministrativo, da sussistere finchè lo esigeranno le circostanze, al quale si si dovesse rivolgere in tutti gli affari pubblici, politici, camerali, e giustiziali. Questo fu notificato li 16 di Novembre dal consigliere di Governo Filippo Giuseppe Baroni Cavalcabò constituito Preside: e nella notificazione dicevasi, che ciò si ordinava essendo Sua Maestà Imperiale Supremo Avvocato, Protettore, e difensore della Chiesa di Trento. [p. 52 modifica] In seguito nelle Valli li bersaglieri ridotti ad otto compagnie patriottiche passarono a’ quartieri d’ inverno; il capitano Cominech con 180 uomini del reggimento Mitrovski ai 29 Novembre fissò il suo quartiere in Tajo; lo stato maggiore de’ bersaglieri in Cles; e le compagnie de’ bersaglieri in Spor maggiore, e in Val di Sole. Per questo anno le nostre Valli furono preservare da ogni invasione nemica.

Appena incominciato l’ anno 1797 giunse ordine di aumentare le compagnie Tirolesi sino al numero di ottanta, e le nostre Valli furono tassate di sei compagnie: e per animare le medesime sotto li 12 Gennajo il Gran Capitano del Paese fece pubblicare, che tutti quei Tirolesi, che si erano nella passata campagna distinti, avrebbero conseguito una medaglia di argento colla seguente Inscrizione: Anno 1796, "Tyrolis ab Hoste Gallo undique petita" dall’ altra faccia "Pro Fide, Principe, & Patria fortiter pugnanti." Ma le operazioni militari impedirono la distribuzione delle dette medaglie di onore. Il dì 8 Gennajo era partito da Cles lo stato maggiore de’ bersaglieri per Tione, e Condino, ed ivi si trattenne fino al Marzo; poichè li bersaglieri secondo l’ invito, e l’ uso non erano obbligati di sortire dai confini della patria, la qual esenzione fu loro dai tedeschi religiosamente mantenuta.

I generali Alvinzi, Quosdanovich, Provera, e Davidovich dovevano ad ogni costo liberare Mantova; onde fecero avvanzare le loro armate nuovamente raccolte, e successe una serie di battaglie sul Veronese; ma i maggiori fatti d’ armi avvennero a Rivoli, 6 ed incominciate le zuffe ai 12, terminarono solamente ai 18 Gennajo con esito infelice per gli austriaci. L’ effetto di queste sconfitte fu, che le armate austriache dovettero ritirarsi, e lasciar Mantova alla sua sorte. I generali austriaci Liptay, Wukassovich, e Loudon erano destinati coi loro corpi a coprire il Tirolo: ma il generale Joubert colla sua divisione li 27 Gennajo si ritrovò già in Avio, onde dopo qualche resistenza gli austriaci ripiegarono verso Trento, e proseguirono più oltre fortificandosi sopra Lavis. Quindi il generale Joubert li 30 Gennajo entrò nuovamente in Trento, ove ritrovò un grand’ ospedale di feriti, ed ammalati austriaci, mentre il monastero di santa Chiara, il [p. 53 modifica]ginnasio, ed il seminario vescovile per formar ospedale erano stati evacuati. Aveva il generale Joubert sotto li 2 Piovoso del nuovo calendario francese 7 (21 Gennajo di nostro stile), fatta una proclamazione, nella quale assicurava cogli ordini precisi del generale in capo Bonaparte di avere "tutti li riguardi per gli abitanti; di non fare alcuna requisizione in danaro; ma solamente quella delle sussistenze." Mantenne egli la parola da onesto capitano, e la sua umanità venne encomiata; tanto più, che diverso assai fu il contegno di chi fece la prima invasione, nella quale furono levati tutti gli argenti, e preziosi mobili del castello, e del monte santo, la cassa civica, e li danari steurali rimasti addietro.

A Lavis seguì fiero combattimento colla brigata del francese generale Vial: ma convenne al generale Liptay, che comandava il centro, ritirarsi a Salorno, e già ai 3 di Febbrajo lo ritroviamo in questo luogo: il generale Loudon formava la destra, e il generale Wukassovich la sinistra coprendo Fiemme, e Pinè per assicurare i fianchi del centro. Tra questo tempo li 2 Febbrajo capitolò Mantova, e il generale Bonaparte dopo la resa di quella importante piazza proseguì i suoi rapidi progressi verso la Piave col generale Massena. Intanto il conte di Lehrbach commissario plenipotenziario sotto li 20 Gennajo da Innsbruck aveva ordinata la leva in massa, e nominati de’ commissarj per organizzarla, e il general Kerpen radunava un corpo di armata in Innsbruck. Somma era la confusione specialmente in Bolzano, e continua l’ emigrazione de’ timidi per Venosta, e Bressanone. Nelle nostre Valli però si godette una specie di tranquillità, perchè il generale Loudon le copriva col corpo che aveva in Stenico, e coi bersaglieri al medesimo uniti. In questi incontri Lavis soffrì de’ danni rimarchevoli, e vi furono bruciate le case verso il ponte: moltissimo patì la Prepositura de’ canonici regolari di san Michele. Eranle stati depredati nella prima invasione li argenti nascosti, manifestati da un iniquo al comandante francese. Ma in questa seconda invasione, essendo stata più lunga la permanenza de’ posti avanzati, più lunghi furono li guai con guasti, e requisizioni continue. Li ponti sull’ Adige erano stati tagliati sino a Terla.

Nacque qualche sconcerto tra li generali austriaci, ed il generale Loudon aveva dimesso il comando: e godendo esso la confidenza de’ soldati, questa dimissione produsse una costernazione grande: ma recatosi Loudon in Innsbruck l’ affare fu accomodato, ed egli riprese il comando della sua brigata , e li 12 Marzo raggiunse il suo corpo, seguito da varj rinforzi, e da pionieri per allargare le strade.

Aveva Bonaparte in Italia assestati li affari col Papa, ed altri stati, tra i quali pensò sino alla picciola repubblica di San Marino, alla quale fece fare molte offerte per mezzo del cittadino Monge, che da essa furono [p. 54 modifica]rigettate con saggia, e rispettosa risposta. 8 Aveva destinato per centro d’ unione delle sue forze Mantova, e quivi disposta ogni cosa intraprese la sua carriera verso la Carintia, dove pervenne dopo varj vantaggiosi conflitti, approfittando di aver trovate le armate austriache divise. 9

Nel tempo stesso il generale Joubert aveva in Trento ricevuto dei considerevoli rinforzi, e ricevuto l’ ordine di avanzare, fece attaccare li posti di Cembra per inoltrarsi a Salorno, ed assalire il generale Kerpen, succeduto nel comando all’ infermo generale Liptay. Questi, o non avesse forze bastanti per resistere, o temesse di venir preso in mezzo, perchè calando li francesi per la strada dei Pochi sopra Salorno poteva venirgli tagliata la ritirata, pensò di abbandonare Salorno, e trasferirsi a Bolzano, ed in seguito prendere la posizione della Chiusa di Bressanone, e coi rinforzi avuti dal Reno, e coi bersaglieri tirolesi, e la massa tirolese tentar qualche colpo in quelle stretture, ed inviluppare li francesi, se si fossero inoltrati.

In tali circostanze non rimaneva al generale Loudon, che evacuate le Giudicarie ritirarsi anche dalla Val di Non. Questa ritirata principiò li 21 Marzo; e tutto il militare per san Zeno, e parte per li monti prese la strada delle Palade per unirsi a Merano, e se occorresse passare nella Val Venosta. Mise gran costernazione questa ritirata, e non fu priva di disordini; poichè in Senale fu saccheggiata la cantina del bettoliere, e in Tisens nacque una zuffa coi contadini. Successivamente sfilarono anche dalla Val di Sole i soldati coi loro cannoni, e bagagli, e così pure i bersaglieri, tutti precipitosamente instradati verso Merano, come punto di unione, e le nostre Valli in pochi giorni restarono evacuate. Ebbe però tempo il generale Loudon in Caldaro, onde non fosse raggiunto dagli usseri francesi.

Mossosi infatti il generale Joubert colla sua divisione la notte della Domenica, li 21 Marzo era già arrivato col suo quartier generale in Salorno dopo aver superate le alture di Pressano, e fatti diversi prigionieri. Il [p. 55 modifica]dì 23 alle ore sette di mattina giunse in Bolzano l’ ajutante del generale, alle ore 10 vi capitò il generale con molta uffizialità sotto la scorta di 100 dragoni, ed in seguito arrivò la truppa, che sulla piazza prese posto, e pranzò lautamente: indi ai 24 Marzo continuò la sua marcia per Bressanone senza ritrovare ostacolo alla Chiusa,10 lasciati 700 uomini per guardare il corpo del generale Loudon, e per inoltrarsi, se fosse stato possibile, fino a Merano. In Trento era rimasta poca truppa: e ritiratosi all’ ingresso de’ francesi il Consiglio amministrativo messo dall’ Imperatore, ci stava il nuovo Consiglio da questi installato.

Tra questi ostili timori nelle nostre Valli il dì 26 Marzo giunsero ottanta francesi per fare delle requisizioni. In castel Thunn levarono dodici cannoni piccioli ivi rimasti, armi vecchie, e nuove, 40 capi di bestiame grosso, alcune orne di vino, e di acquavite, con altri commestibili, avendosi calcolato il danno di quel castello ascendere a quattromila fiorini, non compresi gli altri danni da quella cospicua famiglia sofferti sul Trentino, e nel tratto Attesino. Nel medesimo giorno altri cinquanta francesi entrarono in Spor maggiore per esigere quanto mai si potesse avere per le sussistenze. Pensava intanto il magistrato delle Valli a poter in qualche maniera raddolcire l’ animo de’ francesi scegliendo una deputazione di soggetti adattati alle circostanze per riceverli.

Questi in fatti radunati in Cles si partirono per Mezzolombardo a complimentare il generale Chavalier, che colà si ritrovava. Egli sulla responsabilità de’ deputati spediti, con suo figlio, un ajutante, 108 uomini a piedi, con tre cavalli, due dragoni, e due tamburi senza bagaglio li 27 Marzo si pose in cammino verso Cles, avendo la sera pernottato in Denno, e li 28 alle ore quattro pomeridiane tutta questa comitiva pervenne in Cles, smontò sulla piazza incontrata dal sindaco, e si pubblicò l’ editto di libertà, e dell’ eguaglianza francese. Il generale coll’ uffizialità prese albergo in casa del sig. Lorenzo dal Lago, e la truppa fu alloggiata nella casa del comune, destinata all’ uso delle scuole normali. Esso tenne buon ordine, e la notte fece girare le pattuglie, e la mattina delli 29 senza fare alcuna esazione s’ incamminò verso Tajo prendendo il pranzo in castel Brughiero, raggiunse in Tajo la sua truppa, e proseguì il viaggio per Mezzotedesco.11 Erasi trattenuto il figlio del generale coll’ ajutante, e la sera medesima si restituirono in Cles con animo di fermarsi qualche giorno, e scandagliar il paese: ma la notte sparsasi la voce, che vi potessero essere nelle Valli de’ bersaglieri nascosti, fatte forti minaccie si pose ancora nella notte in viaggio, e scortato per vie indirette raggiunse felicemente il generale suo padre [p. 56 modifica]colla truppa. Questa invasione ci costò poco, ed in questa campagna più non si videro francesi nelle nostre Valli.

Convien avvertire, che antecedentemente a questi fatti la deputazione di difesa, che risiedeva in Bolzano, si era ritirata in Sterzing,12 e gli ospedali militari, le casse pubbliche, e le scritture più importanti erano state spedite nell’ interno degli stati ereditarj. L’ Arciduchessa Elisabetta era partita da Innsbruck, ove si era ritirato il Vescovo Principe di Bressanone. Intanto il generale Kerpen radunato un buon corpo di truppe e di bersaglieri il primo di Aprile s’ inoltrò da Sterzing verso Bressanone per cimentarsi col generale Joubert, che minacciava Innsbruck. Joubert ivi si ritrovava in cattiva situazione. Vedeva di non poter superare il generale Kerpen: retrocedendo poteva venir attaccato dalla colonna del generale Loudon, e avanzando il Kerpen, trovarsi tra due fuochi. Prese dunque la via di mezzo, e dopo un fiero combattimento col corpo del generale Kerpen, e colla massa del popolo tirolese, esatte contribuzioni in Bressanone, tentò il passaggio della Pusteria, per così unirsi al generale Bonaparte, che era già penetrato nella Carintia.

Li Pusteri non si presero affanno di ritardare il viaggio a questi ospiti, da cui temevano molestie; onde egli, usando buone grazie per non [p. 57 modifica]irritare i popoli, pervenne al suo destino. Per altro si seppe, che Joubert era in agitazione per il picciolo corpo rimasto in Bolzano, e ne’ suoi contorni, e dalle lettere intercette si venne a comprendere, che se in Pusteria fosse stato frapposto ostacolo alle sue rapide marcie, avrebbe forse dovuto capitolare, perchè si sarebbe ritrovato posto tra due fuochi. Ordinò pertanto ai generali subalterni di evitare qualunque cimento coll’ ardito generale Loudon spiengandosi, che egli non li teneva sicuri nemmeno a Trento; dal che si venne a conoscere, che non aveva potuto ritrovare esploratori fedeli nel Tirolo tedesco per essere informato delle forze del Loudon, le quali non erano tante di numero da cagionargli un tale timore.

Intanto il generale Loudon, che venne forse in cognizione dei timori di Joubert, unite le sue forze, che consistevano la maggior parte in bersaglieri, divisò di attaccare li francesi a Bolzano, e ne’ suoi contorni: a questo fine spedì un distaccamento d’ infanteria leggiera a Gargezon, Villaggio due ore distante da Merano alla sinistra dell’ Adige, sotto il comando del tenente Drippichs, con una compagnia di bersaglieri. Questi seco condusse un cannone, e si appostò in un maso all’ estremità del Villaggio: e quivi li 3 Aprile nacque una fiera mischia coi posti avanzati francesi. Questi postati nelle contigue colline facevano un fuoco gagliardo contro il maso: ma furono bravamente respinti con perdita di alcuni feriti: de’ morti non se ne seppe il numero, perchè alla moda francese vengono alla meglio nascosti: ma i vivi, e sani si ritirarono precipitosamente verso Terla. In questo maso per memoria di tale avvenimento fu posta una Lapide, che annettiamo essendo questa l’ epoca della liberazione del Tirolo tedesco, ed in seguito anche del meridionale italiano, e dei timori della guerra nelle nostre Valli :

ALEXANDRO . S. R. I. BARONI . LOUDON
COH. CAES. PRAEFECTO
JOAN . NEPOM . S. R. I. COMIT . DE . ARZ
PATRIAE . LEGIONUM . TRIBUNO
GALLIS . EX . ITALIA . BELLI. FORTUNA . HEIC . PROGRESSIS.
ET . AVITA . VIRTUTE . REPULSIS
III . NON . APRIL . CI ) I ) CCXCVII
JAC . ANT . MAFFEI . PATRIT . TIROL.
PRAEDII . DOMINVS . P.

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Le notti antecedenti il generale Loudon col suo corpo, e coi bersaglieri comandati dal Conte d’ Arz,13 e colla massa Meranese era partito da Merano, e prendendo la via de’ monti per Molten, e Jenesien era giunto alla vista di Gries, e passato il torrente Tolfer sopra Bolzano aveva occupate le colline sopra la città. Quivi cercavano i francesi con coperte marcie di far vedere maggiore il loro numero di quello in verità si era; ma scoperto lo stratagemma furono su tutti i punti attaccati, e bravamente respinti. Non fu pubblicata notizia uffiziale delle rispettive perdite; ma certo, che i francesi ebbero la peggio; poichè furono fatte centinaja di prigionieri, ed acquistati tre cannoni. Essi quindi fatto fardello la notte abbandonarono la città retrocedendo precipitosamente verso Bressanone, e in parte verso Lavis, e Trento. E il London con sommo giubilo di tutti il dì 4 Aprile entrò col suo corpo in Bolzano, diede al nemico instradato verso Pusteria la caccia fino a Bressanone, indi ritornato proseguì la marcia verso Trento. Aveva nel medesimo tempo ordinato al Conte di Neüberg capitano dello stato maggiore, che passato l’ Adige attaccasse li francesi a Termeno, e ne’ contorni: ma questi si erano già ritirati in Lavis; ed esso scacciatili anche di qua il dì 10 Aprile alle ore due pomeridiane entrò vittorioso in Trento. Anche il generale Loudon trasportò il suo quartier generale ad Egna, ed il dì 12 complimentato a Gardolo dal Magistrato civico di Trento alle ore undici di mattina fra le acclamazioni del popolo passò in città, e prese quartiere nel palazzo del Conte Matteo di Thunn, dando il rapporto al Conte Lehrbach commissario plenipotenziario in Innsbruck, che lo ricevette alli 14 Aprile, colla notizia, che Trento, Roveredo, Riva e Torbole erano occupati dagli austriaci, che l’ inimico si ritirava verso Rivoli, che avevagli presi dodici cannoni, diversi magazzini, e fatto 400 prigionieri. Nell’ istoria di questo anno, che sorte in Venezia, al Tom. IV. Lib. IX., dove sono descritti li varj fatti successi nel Tirolo, si ritrova qualche abbaglio nell’ indicazione de’ luoghi, e sembrano pure esagerate le perdite, le quali saranno probabilmente state ricopiate dai giornali francesi. Fu in breve tempo evacuato tutto il Tirolo italiano ritiratisi li francesi in Peschiera; e se ne resero grazie al Signore.

In Trento fu nuovamente installato il Consiglio amministrativo imperial regio, che ai 21 Aprile riassunse le sue funzioni. Ritornata poi la deputazione di difesa a Bolzano sotto li 24 dello stesso mese rese noto, che interinalmente era stata fissata la difesa del Paese ne’ confini italiani a due corpi di bersaglieri, e ad un corpo di riserva nella Valsugana. [p. 59 modifica]

Frattanto Bonaparte, che era penetrato fino nella Stiria superiore, si avvide, che erasi troppo allontanato dall’Italia, e se l’inerte neutralità veneta avesse in quelle circostanze operato, potevano gli affari prendere altro aspetto. Evacuato era il Tirolo, l’Arciduca Carlo sopraggiunto nella Stiria comandante supremo aveva conseguiti de’ notabili rinforzi, che si aumentavano di giorno in giorno: ove fosse scoppiata una forte insurrezione armata de’ veneziani, l’armata francese si sarebbe ritrovata nel più pericoloso imbarazzo. Quindi l’accorto comandante francese intavolò trattati di pace coll’Arciduca: il dì 7 di Aprile venne in Judenburg} , ed in seguito per l’armata d’Italia si trattò in Verona alli 18 Aprile, in vigore dei quali trattati il Tirolo restava libero dalle truppe francesi colla demarcazione enunciata nell’articolo terzo, dalla Rocca d’Anfo lungo le frontiere del Tirolo sino a Ponte di Legno. Pochi giorni durarono questi trattati, poichè li 18 Aprile nel castello di Eckenwald presso Leoben nella Stiria superiore vennero da’ rispettivi Plenipotenziarj segnati gli articoli preliminari di pace, fra i quali articoli l’Imperatore riconobbe la Repubblica francese, e fu destinata Udine per il futuro congresso definitivo della pace. Ebbe così fine la prima guerra francese, che aveva durato per il corso fatale di anni sei, per la moltitudine, e grandezza de’ fatti, e per le grandi sue conseguenze ben di molto più strepitosa di quella di sette anni, che sotto Maria Teresa ebbe l’Austria col Re di Prussia.

Era libero il Tirolo da’ nemici, restituito agli antichi suoi confini, e le armate francesi, evacuando gli stati ereditarj di Germania, in virtù dell’armistizio dovevano tener la strada per lo stato veneto: ma in vece si provarono altri flagelli. Già sul fine del 1796 si era in diverse parti manifestato il male, ossia la peste bovina, la quale in vero faceva stragi per varie provincie della Germania, e dell’Italia, effetto delle lunghe guerre, e penetrò anche nel Tirolo, dove notabilmenre si dilatò nel 1797 all’occasione della fiera di San Giorgio, che si tenne in Terla. Molti ingordi, e men onesti trafficanti comprarono da stalle infette, o sospette a prezzo vile animali bovini, e condottili alla fiera suddetta diedero spinta alla dilatazione dell’epidemia. Mancavano esperti veterinarj, onde a migliaja nel Tirolo di questi animali si dovettero ammazzare, ed anche sotterrare. Tutto questo successe anche nelle nostre Valli. Non si può calcolare il numero degli animali per tal modo periti: ma è certo, che in alcuni villaggi intere stalle vennero esaurite. Si conobbe il disordine delle pubbliche fiere, e perciò nel Giugno di questo anno furono proibite con pubblici editti fino ad altra deliberazione.

Esaminato il carattere, e la sede del male, si scoprì, che questo contagio aveva la sua sede nella bile: quando questa si gonfiava di soverchio, il terzo giorno l’animale soccombeva. La causa rimota fu attribuita ai bovi venuti dall’Ungheria, i quali non assuefatti ai fieni secchi, ma a puri pascoli, strapazzati con tanti carriaggi militari, cangiando clima, e chiusi nelle stalle abbiano contratto questo male, che comunicarono poi agli animali bovini de’ paesi, in cui si trovavano. Si fece serio studio sopra [p. 60 modifica]la cura di tali animali; ma non si rinvenne, che un disperato rimedio, il quale fu, che gl’ infetti tosto si ammazzassero, e quelli, le cui carni non si trovassero abbastanza sane, si sotterrassero, o in tutto, o in parte. Questo esperimento fu fatto nelle provincie Belgiche, e dal calcolo apparì, che più della metà si salvò in confronto di quelle provincie, che tentarono di curarli. Questo consiglio fu insinuato anche nelle nostre Valli, e nell’ anno 1800, in cui di nuovo si provò questo flagello, si conobbe, che tra due mali questo era il minore. Per altro si ritrovarono de’ buoni preservativi, come, subito che in un villaggio si manifesta il male, farne la separazione, e nemmeno prevalersi delle pubbliche fonti per abbeverarli; le persone destinate al servigio degli animali non frequentare le stalle infette, acciocchè la lana del vestito non riceva quelle putride esalazioni; sventolare le stalle; usar profumi di aceto, sale nel fieno, erba rinfrescante; esentarli da soverchie fatiche; attaccarvi sacchetti al muso impregnati di aceto con entro l’ assinzio, e bache di ginepro; tener nette le stalle dal soverchio concime, e questo anche coprirlo di calce viva per impedire le esalazioni, ed imbiancare per fino le stalle. Abbiamo creduto convenevole inserire queste esperienze, la notizia delle quali potrà esser utile in casi consimili; tanto più, che certi studiosi di medicina poco conto fanno della veterinaria, quando pure preservando gli animali domestici gran servigio si presta alla società, e si allontanano pericoli di malattie negli uomini. Mancando per questo malore i bovi, nella coltivazione della campagna chi si ajutò colle braccia, e chi si provvide di cavalli da tiro, finchè verso l’ autunno il male quì cessò.

Non bastò il danno negli animali, che in primavera di questo anno si manifestò anche negli uomini un’ epidemia di carattere putrido convulsivo. Rimanevano nel Tirolo ospedali militari, e li ammalati non potevano che mandare morbose esalazioni; e tanti cavalli, ed altre bestie non abbastanza profondamente sotterrate, principalmente lungo le strade regie, riscaldandosi in primavera la terra, fermentavano. In molte persone i timori cagionati dalla guerra, e dalle invasioni, congiunti col rammarico de’ danni sofferti, ed il ritomo di tanti bersaglieri ammalati che portavano alle loro case i funesti effetti di strapazzi, e di disordini; tutti questi motivi influirono ai mali epidemici che serpeggiarono nelle città, nelle ville, e nei monti, e mandarono al sepolcro migliaja di cittadini talmente, che nel tratto Attesino venne sensibilmente a mancar la popolazione, ed in conseguenza notabilmente soffrirne l’ agricoltura, non avendo questo male risparmiato nè sesso, nè età.

La regola di preservarsene era un regolato metodo di vivere, e l’ uso moderato del vino: per chi veniva assalito dal male, giovava, se subito si faceva uso di emetici, acidi, e vegetabili rinunziando all’ uso delle carni. Era così maligna questa epidemia, che quelli, che guarivano, perdevano la maggior parte de’ capelli, e si ebbe la precauzione in più luoghi di dispensare i convalescenti dal convenire alle chiese, acciocchè il loro intervenimento non fosse a loro stessi, o ad altri nocivo; finchè l’ influenza [p. 61 modifica]di questo male cessò nell’ avvicinarsi del gran caldo dell’ estate. I viveri erano alzati di prezzo, e principalmente le carni bovine, per lo che si cercò di servirsi de’ castrati: certi capi erano divenuti affatto rari, e nel Giugno in Trento si vendeva una gallina sei libbre, ed un pollo quarantadue carantani.

Continuava in Trento il Consiglio imperial regio nell’ amministrazione del Principato: onde il Vescovo Principe ritornando nel mese di Maggio da Passavia, veduto se stesso privo dell’ esercizio del suo dominio, e che il castello della sua residenza era senza mobiglie, cavalli, ed argenti, si portò a dirittura in castel Thunn luogo di sua famiglia, ed ivi pose la sua dimora sperando, che ultimata la pace difinitiva fosse anche per cangiarsi la sua sorte.

Le spese della guerra furono grandi: li tanti carriaggi, li trasporti degli ammalati, e delle artiglierie, le ritirate precipitose, in somma tutto contribuì per aumentare le medesime, avendosi calcolato ascendere la spesa delle nostre Valli a settantamila fiorini, non comprese le giurisdizioni austriache, la cui spesa fu calcolata solamente alla seconda guerra francese, senza che in queste spese vi entrino gl’ incomodi particolari per l’ uffizialità, nè le somministrazioni di legne, e di paglie, che dovettero farsi dalle comunità gratuitamente. Secondo l’ asserzione del cancelliere del Principe, la mensa principesca soffrì in questa guerra il danno di duecentomila fiorini; quello della città poi colla Pretura di Trento si computò a fiorini quattrocentomila. Si tralasciano li danni patiti da tanti particolari, gli alberi fruttiferi tagliati, ed abbruciati, le viti sradicate talmente che in certi luoghi ai confini dell’ Italia quelle amene campagne erano affatto deserte, li mobili rubati, e guastati, le case rovinate, ed abbandonate, ed altri, che formano un ammasso di danni incalcolabili.

Dopo l’ accennata conclusione de’ preliminari di pace, Bonaparte ritirò alla linea stabilita le sue truppe, fissando il suo quartier generale in Milano, dove attese ad organizzare una novella Repubblica, che fu chiamata Cisalpina, nome desunto dall’ antica storia romana avanti Augusto, come posta rispetto a Roma di quà dalle Alpi. Ma si aveva in cuore di annientare la Repubblica Veneta. Erano fra queste vicende divisi i pareri, e gli animi de’ patrizj veneziani, e Bonaparte stesso per mezzo de’ suoi corrispondenti vi soffiava per più facilmente ottenere l’ intento, che non gli poteva più mancare, atteso che per li preliminari conchiusi colla Casa d’ Austria, alla quale essa non aveva voluto prestar ajuto, tutta la Repubblica Veneta era rimasta senza soccorso. Raggirò così sagacemente l’ affare colla forza, e colla politica, che in brevissimo tempo ci venne a capo, e li 16 Maggio 1797 in Milano fu segnato il trattato di pace composto di sette articoli palesi, con altri secreti, che contenevano uno spoglio volontario delle principali rarità di Venezia (le quali furono poi trasportate a Parigi) la rinunzia del diritto di sovranità nell’ unione del popolo, e l’ abdicazione dell’ aristocrazia, e vi venne stabilito un nuovo governo; che fu poi ben facile di far cessare anch’ esso, e così annichilare una Repubblica, che contava XIII. [p. 62 modifica]secoli di esistenza politica, dopo tanto lustro, che aveva conseguito fra le nazioni europee.

Anche le armate austriache dislocarono per occupare altre regioni. Nelle marcie per le vie di campagna molti soldati, e specialmente quelli detti del corpo franco furtivamente si levavano dalle strade, e vagando per le ville commettevano degli eccessi; perciò l’ alta Commissione ministeriale abbassò ordine, che costoro fossero fermati, e consegnati al più prossimo comando militare; lo che venne notificato dal Circolo di Bolzano sotto li 24 Aprile di quest’ anno. La Provincia tirolese poi rese a pubblica notizia la sovrana mente di premiare con medaglie distinte tutt’ i più valorosi bersaglieri; e che per le vedove, e per li tanti orfani lasciati da quelli, che sul letto d’ onore erano morti per la patria, si avrebbe pensato al sostentamento. Questo venne in seguito adempito coll’ assegno di annue pensioni a’ medesimi.14 Indi il Conte Lehrbach ministro imperiale sotto li 30 Maggio pubblicò, che atteso l’ utile de’ schioppi rigati col semplice accialino, veniva proibito per tutti li tiri di bersaglio l’ accialino a ruota, e regolò con altro editto dei 14 Luglio il sistema delle marcie, e de’ prodelli.

Si convocò in questo anno la solita Dieta provinciale, e nella sessione tenuta li 27 Luglio si rilevò, che la difesa del Paese dalli 24 Maggio 1796 sino li 27 Giugno 1797 aveva costato al Tirolo due milioni e seicentomila fiorini. Erano però in questi compresi li tanti volontarj gratuiti doni somministrati da’ più zelanti patriotti in danaro, che erano Stati versati nelle pubbliche casse, come pure i sovvenimenti del Sovrano, che aveva contribuito un milione cento e nove mila fiorini, i quali non entravano nel mantenimento delle numerose sue truppe nel Tirolo, che erano pagate a parte.

Convennero intanto i plenipotenziarj per trattare la pace ad Udine in ordine al conchiuso ne’ preliminari. Gli austriaci si collocarono a Codroipo, e li francesi a Passeriano, o Persereano, una posta distante da Udine.15 Per parte dell’ Imperatore intervennero il Marchese del Gallo ambasciatore del Re di Napoli alla Corte Cesarea, il Conte Luigi di Cobenzel, il Conte di Merveldt generale di cavalleria, ed il Barone di Degelmann, e per parte della Repubblica francese lo stesso generalissimo Bonaparte. Importante era l’ affare, perchè si trattava di dare un nuovo aspetto a gran parte della Germania, e dell’ Italia: onde forti furono i dibattimenti, e le conferenze durarono più di due mesi: anzi, quando si [p. 63 modifica]credeva ultimata ogni cosa, nacque una nuova difficoltà circa il luogo da pubblicarsi la conchiusa pace. Insisteva Bonaparte, che l’ atto formale si facesse nel suo quartiere di Persereano: sembrava ciò troppo umiliante ai ministri Cesarei: finalmente si scelse un luogo di mezzo e fu destinato un picciolo villaggio posto alla metà della via tra Udine e Persereano, detto Campo Formido, o Formio. Colà si ritrovarono uniti li 17 Ottobre 1797 li plenipotenziarj austriaci, e il supremo generale Bonaparte in compagnia del generale Massena, e nella casa più vasta di quel villereccio abitato fu segnato il trattato di pace diffinitivo da ambe le parti, che poi da quel meschino luogo prese il nome di Pace di Campo Formido, o Formio.

Questo trattato comprende venticinque articoli pubblici, e quattordici secreti, che si possono vedere nell’ Istoria dell' anno 1798 Lib. V. pag. 45., ed io noto solo quelli, che c’ interessano. Nell’ articolo VI., che poi fu rinnovato nella pace di Luneville all’ articolo 3., del quale si parlerà, oltre gli stabilimenti Veneti per l’ innanzi in Albania, che sono situati più abbasso del golfo di Lodrino, fu ceduto in piena sovranità per compenso a Sua Maestà imperiale l’ Istria, la Dalmazia, le isole veneziane dell’ Adriatico, le Bocche di Cattaro, la città di Venezia, le Lagune, e li paesi compresi fra gli Stati ereditarj, il mar Adriatico, ed una linea, che partiva dal Tirolo, seguiva il torrente innanzi Gardola, e traversava il lago di Garda sino a Lazise, proseguendo poi la linea lungo l’ Adige in guisa, che Porto Legnago restò austriaco, come pure un tratto del Polesine verso il mare. Nell’ articolo VIII. Sua Maestà l’ Imperatore riconosce la Repubblica Cisalpina, come potenza indipendente. Questa comprende la Lombardia innanzi austriaca, il Bergamasco, il Bresciano, il Cremasco, il Mantovano colla città e fortezza, Peschiera, e gli altri Stati fino alla linea descritta, il Modonese, Massa e Carrara, e le tre Legazioni di Bologna, Ferrara, e della Romagna. Ed ecco l’ esistenza politica di questa novella Repubblica, la di cui capitale fu costituita la città di Milano. Nell’ articolo XVIII. il Duca di Modona per compenso veniva a conseguir la Brisgovia austriaca, di cui la capitale è Friburgo nel circolo svevico. L’ articolo XX. dice, che sarebbe tenuto un congresso a Rastadt composto dei Plenipotenziarj dell’ Impero Germanico, e della Repubblica Francese, ove si dovevano eseguire anche gli articoli segreti, e però decidere la sorte eziandio del Principato di Trento.

In conseguenza di questa conclusione di pace il Conte di Lehrbach Commissario imperial regio aulico nel Tirolo fu nominato Inviato austriaco al futuro congresso di pace coll’ Impero: ed esso prima di partirsi con suo dispaccio de’ 30 Ottobre manifestò ...... In una parola a tutti gli abitanti del Tirolo celebri all’ Europa tutta, li più sinceri sentimenti di vera gratitudine per l’ attaccamento in realtà dimostrato alla Religione, al Sovrano, ed alla Patria in ogni incontro, e per fino nel più prossimo pericolo delle invasioni nemiche, che durante la sua dimora, e commissione in Tirolo successe per fino la quarta volta. Ed egli dopo di ciò partì per Vienna lasciando al Conte di Bissingen Governatore del Tirolo l’ ulteriore incarico. [p. 64 modifica]

L’ anno 1798 fu di qualche respiro per il Tirolo: si erano allontanate le truppe, e mediocre era riuscito il raccolto dell’ antecedente autunno, erasi diminuito il prezzo del vino, e del grano, ed erano cessate le malattie epidemiche. Già sul finire dell’ anno 1797 si era aperto con gran fasto il concertato congresso a Rastadt per ultimare la pace coll’ Impero Germanico. Radunati li Plenipotenziarj de’ Principi, e degli Stati al numero di trecento, il congresso durò tutto l’ anno, e senza potersi ultimare per le molte pretese della Francia, si sciolse all’ incominciamento della seconda guerra, che l’ anno seguente scoppiò. Quello, che interessa assaissimo la Germania, fu la cessione intera della riva sinistra del Reno alla Francia, il qual fiume doveva servire di limite a queste due poderose nazioni. Dopo molte discussioni questo articolo venne dalla deputazione dell’ Impero finalmente accordato. Da questo succedeva, che molti stati soffrivano danni riguardevoli, ed altri restavano affatto spogliati dei loro dominj. I Plenipotenziarj francesi avevano proposto per base la secolarizzazione di alcuni stati ecclesiastici per compensare i Principi, e Stati dell’ opposta riva del Reno, come appunto era stato praticato nei trattati di Westfalia rispetto agli Stati del Circolo della Sassonia. Questo recava imbarazzo ai Principi ecclesiastici, e ad altri stati cattolici, tanto più, che non si sapeva come conciliare a questi Principi il mantenimento della constituzione dell’ Impero Germanico, ed il lustro della Religione cattolica. In queste circostanze qui si temeva della sorte del Principato di Trento: ma dopo molti dibattimenti passò l’ anno, e niente di positivo fu conchiuso.

Continuava però in mare la guerra tra la Francia e l’ Inghilterra, e nella primavera di questo anno azzardò la prima con sorpresa del mondo una gran spedizione marittima verso l’ Egitto sotto la condotta di Bonaparte, che coraggiosamente vi si prestò sulla speranza di aggiungere quel Regno alle sue conquiste, e di aprirsi il passaggio dello stretto di Suez, e di là farsi strada alle Indie orientali a danno dell’ Inghilterra. A simile impresa, giunto già Bonaparte coll’ esercito nell’ Egitto, si oppose la Porta Ottomana, e ai 12 di Settembre 1798 pubblicò il manifesto di guerra contro la Francia. Anche la Russia aveva stretta alleanza colla Casa d’ Austria, cui aveva offerta una poderosa armata sussidiaria, la quale in fatti intraprese in questo anno la marcia verso li confini delle austriache Provincie.

Non si lasciava nemmeno negli Stati austriaci di fare delle disposizioni in caso fosse per iscoppiare nuova guerra. Le alte pretensioni de’ francesi al congresso di Rastadt ricercavano queste precauzioni. Nel Tirolo poi per animare la nazione, ai 28 di Maggio 1798 si diede principio alla distribuzione delle medaglie per li difensori della patria, e questa per mezzo di commissarj militari fu effettuata in tutta la Provincia, avendo oltre la medaglia ogni individuo di difesa conseguito un zecchino d’ Ungheria. E rinnovandosi le spese, con sovrana risoluzione delli 18 Giugno vennero innalzate le lettere di posta dai quattro ai sei carantani, e quelle per Paesi esteri da carantani otto a dodici. [p. 65 modifica]

Intanto nata una rivoluzione nei Grigioni le armate francesi presero posto in quello stato, e cagionarono ai nostri contorni nuovi timori di guerra. Quindi alla metà di Agosto giunse in Cles il decimo battaglione d’ infanteria leggiera sotto il maggiore Francesco Antonini de Siegenfeld con due cannoni, e si cominciò nuovamente a guardare il posto di Tonale, piantato in Cles nel convento de’ PP. Riformati un forno di ferro per uso militare. Questo battaglione fu rinforzato da un altro di Carlo Greth, che prese posto in Denno, e ne’ suoi contorni, per cambiare con esso le compagnie, che dovevano presidiar Tonale, e così passò tutto l’ inverno di questo anno con aver nuovamente truppe di accantonamento. Siccome però continuavano le conferenze a Rastadt, non isvaniva mai tutta la speranza di pace, dandosi luogo a diversi discorsi, ed a conghietture politiche, che solamente la primavera del 1799 dilucidò.

Era peraltro malagevole la custodia del monte Tonale nell’ inverno per la quantità delle nevi che vi sogliono cadere, e de’ ghiacci che vi si formano, lontano due ore dal villaggio di Vermiglio, e la picciola osteria, che sul monte ritrovasi, essendo incapace di dar ricovero ad un drappello di soldati, che colà volevasi mantenere. Perciò il maggiore de Siegenfeld fece il piano di costruire casoni di legno capaci cadauno per un battaglione di truppa. Questo piano fu applaudito dal supremo Consiglio di guerra, e nel cuore dell’ inverno ad onta di tutte le rimostranze fatte si dovette eseguire. Si combatteva col terreno agghiacciato, ed enorme era la spesa, perchè dovevasi travagliare in giorni corti, ed in mezzo alla neve. Vennero costruiti due gran casoni, e le comunità dovettero provvedervi colla speranza di venire poi reintegrate dal regio erario. Dirigeva la fabbrica il commissario Holgart: il regio erario spedì qualche migliajo di fiorini, ma poco significante rispetto alle spese fatte. Per facilitare poi li pagamenti si cominciò ad introdurre nel Tirolo le cedole del banco di Vienna, le quali in seguito vennero ne’ susseguenti anni aumentate a misura, che i monopolisti ci ritrovarono il loro interesse con perdita, e danno comune, singolarmente della gente povera. Per altro le granaglie perseverarono nel prezzo passato, ma il vino cominciò ad alzar di prezzo per il gran aumento di soldati nel Tirolo, e così terminò l’ anno 1798.

Continuavano anche l’ anno 1799 le conferenze diplomatiche di Rastadt senza venire ad un fine: dai francesi, cui era stata accordata la sinistra riva, furono domandate anche le isole del Reno; e siccome curvo è il corso di questo gran fiume, si prese il Thalweg per direzione, per il quale prendono l’ ordinario corso le barche. Intanto le armate austriache vennero messe su di un piede formidabile. Il comando al Reno lo conservò il prode Arciduca Carlo: in Italia fu conferito sopra tutta l’ armata al generale Melas, ed un corpo al generale Kray: nella Venosta comandava il tenente maresciallo Bellegarde, ed una brigata fu affidata al generale Loudon, che doveva custodire i posti verso i Grigioni. L’ armata Russa sotto il maresciallo Suwarow, abbastanza noto nell’ istoria per le sue vittorie nelle guerre della Russia contro il Turco, era già penetrata in Germania, ed un [p. 66 modifica]altro corpo passava in Italia per il Friuli. Le flotte turche, e russe salpavano il Mediterraneo; e l’ Inghilterra aveva promesso de’ forti sussidi all’ Imperatore, se continuava la guerra. Rispetto alle nostre Valli il maggiore di Siegenfeld rinforzato da un battaglione di Michele Wallis con cannoni, e da diverse compagnie d’ infanteria leggera, che prese il nome di esercitata, formata per altro dagl’ individui de’ corpi franchi della passata guerra, che non avevano cangiato costumi: come pure diverse compagnie di bersaglieri regolati sotto il colonnello de Luth, senza parlare delle compagnie de’ bersaglieri patriotti, si mosse dopo la metà di Marzo dalla Val di Non passando col suo stato maggiore in Val di Sole, ed indi in Tonale ad occupare li suoi favoriti casoni, rimanendo il quartier generale a Vermiglio.

Non istavano però i francesi colle mani alla cintola, che anzi a vista di tali preparativi radunate poderose armate in Italia, in Germania, e nei Grigioni minacciavano d’ invadere il Tirolo da due parti; e rinforzati nei Grigioni diedero a pensare al tenente maresciallo Bellegarde per la difesa di Venosta. La deputazione di difesa era già stata sotto li 12 Marzo convocata in Bolzano, si erano pubblicati gli opportuni ordini per l’ arruolamento de’ Circoli dell’ Enno, e dalla Provincia veniva per l’ avvenire pagato de’ nuovi capitali l’ interesse del cinque per cento, onde non mancasse danaro.

Infatti li 14 Marzo, principiarono nel Tirolo le ostilità verso Nauders, ove il generale San Julien, che comandava all’ Enno, dovette sostenere un forte attacco, che fu rinnovato il dì 15, ed essendo i difensori postati sopra i monti verso Martinsbruck, ebbero molto che fare per difendersi da una colonna francese forte, come si pubblicò, di cinquemila combattenti. Furono da Innsbruck subito spediti de’ rinfreschi tanto per la truppa regolata, che per i bersaglieri, e quì non andò malamente l’ affare per gli austriaci. Ma non così passò la vicenda nella Venosta col corpo del Loudon, di cui abbiamo relazione da un ufficiale, che fu presente alle azioni. Una colonna francese composta di circa cinquemila uomini senza cannoni partita da Santa Maria nei Grigioni, per nevi e ghiacci li 25 Marzo alle ore due della mezza notte per la Valle di Taufers sotto il picciolo torrente Rum, che a Glurns si perde nell’ Adige, penetrò nella Venosta, ed assaliti sei battaglioni austriaci ivi trincerati li fece prigioni di guerra con 17 cannoni, e 3 obizzi: restarono feriti de’ bersaglieri tirolesi, ed altri prigionieri, tra i quali il Conte Hendel capitano di una compagnia: con difficoltà salvossi il generale Loudon, che ajutato da’ bersaglieri per la Valle Lang-Taufers pervenne nella Valle superiore dell’ Enno, ed indi si restituì al corpo imperiale sotto gli ordini del generale Bellegarde. Dopo questo improvviso assalto si divisero li francesi: gli uni piegarono verso la cittadella di Glurns, e gli altri valicato l’ Adige penetrarono sino a Mals borgo della Valle, avanzandosi sino al villaggio di Tartsch. Furono bensì ritardati dal fuoco di sessanta e più dragoni, e dalle compagnie, e dalla massa tirolese, che resistettero sino al mezzogiorno: ma inferiori di forze convenne lor cedere, e ritirarsi. I francesi in seguito entrarono in Glurns, e Mals, [p. 67 modifica]e s’ inoltrarono sino al castello di Lichtenberg. Dopo il mezzogiorno seguirono delle scaramuccie, ma di niuna conseguenza; e verso sera i francesi si ritirarono verso il villaggio di Tartsch. Avvertito del successo il tenente maresciallo Bellegarde spedì un soccorso con quattro cannoni a Schluderns. Ma nel tempo stesso il Bresciano Lecchi generale della colonna francese spiccò ordine d’ incendiare la città di Glurns, proibendo sotto pena di morte ai cittadini l’ impedire le fiamme; e alle ore otto di mattina delli 26 fu appiccato il fuoco nella cancelleria, ed in altri luoghi di questa infelice città, la quale restò tutta vittima delle fiamme, nè altro si salvò, che il bestiame, ed i mobili trasportati fuori prima. Durante l’ incendio i francesi con tre cannoni, che ne’ fatti antecedenti avevano tolti agli austriaci, si avanzarono verso Schluderns; ma furono respinti, ed ognuno conservò la sua posizione. Li 27 dopo mezzodì coll’ istesso ordine fu incendiato il borgo di Mals: la chiesa parrocchiale, e il convento de’ Cappuccini con cento e settanta case restarono inceneriti. Quale sia stato lo spavento di quegl’ infelici abitanti, è facile l’ argomentarlo, in mezzo all’ inverno, senza viveri, privati di tutto. Non trascurò il tenente maresciallo Bellegarde di unire tutte le forze possibili coi bersaglieri, e colla massa Meranese, e il dì 28 si mise in cammino col tenente maresciallo Haddich, ed una colonna di cinquemila uomini, e avanzò sino a Schluderns ove stabilì il suo quartier generale. Li 29, e 30 nulla seguì di rimarco. Li 31 aveva divisato di attaccare su tutt’ i punti li francesi: ma questi, forse avutone sentore, la notte fatto il possibile bottino e fardello si ritirarono verso Taufers, abbandonando affatto il Tirolo, e si rintanarono nuovamente nei Grigioni. In questa medesima notte gli arditi francesi, non si sa in qual maniera, appiccarono fuoco allo stesso villaggio di Schluderns per frastornare il passaggio delle carra della polvere, e delle munizioni: diciassette case restarono consunte dalle fiamme; ma le altre si preservarono. Non tardò Bellegarde di avvertire la deputazione di difesa della ritirata de’ francesi ancora il medesimo giorno; ed il primo di Aprile si pubblicò questo felice avvenimento in Bolzano. Così venne aperta nuovamente la comunicazione con Landech, ed allontanato il pericolo per il Tirolo. Bellegarde aveva fatto inseguire i francesi; ma fu tale la loro velocità, che non si poterono raggiungere. In questi varj cimenti restarono morti ottantadue bersaglieri di Mals, e di Glurns, e fu ucciso il parroco di Taufers, non si sa il perchè: li feriti furono spediti a Merano. Della perdita de’ francesi nulla si seppe; ma dovette essere di qualche rilievo, perchè non si poterono sostenere nel Tirolo, e nemmeno eseguire il piano di penetrare più oltre nel paese, nè impedire li rinforzi, che dalla Germania calavano in Italia per l’ armata austriaca, a vantaggio della quale successe in Italia un fatto d’ armi, che forse influì ad accelerare la ritirata de' francesi dal Tirolo.

Ritornando al generale Loudon, che con istenti era giunto al quartier generale, veniva egli in diverse maniere tacciato, che avesse lasciato scoperto il passo di Taufers; altri riguardavano l’ impresa francese in questa stagione da non potersi nemmeno pensare; ed altri attribuirono il funesto [p. 68 modifica]caso ad un tradimento. Noi aggiungeremo solamente, che il Loudon deve essersi giustificato, perchè per tutto il corso della guerra continuò nel comando. Furono rimproverati li francesi degli eccessi commessi nella Venosta contro quegl’ infelici abitanti; ed essi si scusarono con dire, che nel loro ingresso in Glurns, e Mals erano stati maltrattati dagli abitanti in più maniere. Ad un inimico, che fa del male, non mancano mai pretesti per iscusarsi. Per altro quest’ infelici luoghi furono dal Sovrano, e da tutti gli Stati ereditarj con volontarie prestazioni soccorsi, se tanto la cittadella di Glurns, che Mals, e Schluderns rifabbricate. Nulla successe più nel Tirolo in questa campagna; principiando l’ epoca delle gloriose imprese dell’ Arciduca Carlo in Germania, che non appartengono al nostro oggetto: dovendo noi aggiungere solamente, che in conseguenza delle di lui vittorie il Conte di Metternich plenipotenziario dell’ Imperatore sciolse la deputazione dell’ Impero a Rastadt, ed i ministri francesi dovettero partire muniti di passaporti: ma soffersero un grandissimo infortunio, le cui cagioni restano inviluppate, e che il tempo solo potrà schiarirle.

Si alzava un fosco nebbione contro il Tirolo meridionale. Ingrossati li francesi a Porto Legnago nell’ Italia facevano sembiante d’ investire quella città: ma il principale loro scopo era la città di Verona. Ebbe sentore di questo strattagemma il generale di cavalleria Barone Paolo di Kray, il quale li 25 Marzo sostenne valorosamente l’ attacco de’ francesi nella campagna di Verona; e giunta opportunamente la cavalleria di Vicenza riportò una compiuta vittoria. Li francesi dovettero ritirarsi, ed il Tirolo fu salvato anche da questa parte. Venne il Maggio, ed il maggiore di Siegenfeld il dì 17 abbandonò Tonale, e colla sua brigata per Edolo, ed il monte Mombray passò nella Valle Tellina, lasciando ai bersaglieri patriotti la custodia del monte per mantenere la comunicazione. Altro non abbiamo che aggiungere ai fatti bellici di questo anno, perchè fu un cumulo di vittorie tanto in Germania, che in Italia, colla resa dopo un assedio di sei settimane della stessa fortezza di Mantova, che dovette capitolare al valoroso generale Kray; intanto che il maresciallo Suwarow unita l’ armata russa all’ austriaca fece deporre il vessillo alla neonata Repubblica cisalpina: nè altro soffrì il Tirolo in questo anno, che il passaggio dei rinforzi austriaci. Fatto il dì 16 Maggio per mezzo del Gran Capitano ai tirolesi un ringraziamento per li servigi prestati,16 si sciolsero ai 2 di Luglio le deputazioni di difesa, e il Tirolo godette tranquillità, per poi sostenere più funesti travagli l’anno futuro.

Aveva umiliato la Provincia al Sovrano un piano di difesa provvisionale: ma siccome non ottenne la sua approvazione che ai 22 Marzo di questo anno, così abbiamo differito fin quì di farne menzione, avvegnachè [p. 69 modifica]nella passata campagna fosse già posto in uso. Contiene 26 articoli, tra i quali all’articolo secondo viene fissato, che ogni compagnia delle quattro requisizioni sarà composta in regola di dugento vent’ uomini per lo meno, cogli ufficj, e paga giornaliera, come segue :

Capitano ... fiorini 2 car. --
Primo Tenente ... " 1 " 8
Sotto Tenente ... " -- " 56
Alfiere ... " -- " 54
Scrivante ... " -- " 42
Archibugiere ... " -- " 42
Chirurgo ... " 1 " --
Falegnami, quì detti marangoni, per cadauno ... " -- " 30
Sonatore ... " -- " 30
Cappellano, dove la Compagnia lo desideri ... " 1 " 8
Comuni per cadauno ... " -- " 30

Altri articoli contenevano le marcie di questa milizia. All’articolo ottavo fu stabilito agli uffiziali, o comuni non competere verun’ altra cosa al loro mantenimento, se non che il quartiere colla legna, lume, e paglia da sommistrarsi gratuitamente. All’articolo XIV. si ordinava, che sei compagnie formeranno un battaglione. All’articolo XV., che vi saranno due colonnelli. All’articolo XVI. vien loro assegnata la paga di sei fiorini al giorno, e ad un comandante di un battaglione fiorini quattro. Nell’articolo XXI., e seguente veniva ordinata la leva in massa secondo la costituzione del Paese in caso di bisogno. Finalmente all’articolo XXVI. concludevasi: Speriamo con tutta ragione, che la valorosa nazione tirolese s’ impegnera nello stesso zelo, e nell’esatta osservanza della normale di pienamente conservare la fin quì acquistatasi fama, e gloria, al qual intento Iddio voglia concedere la sua santa Benedizione.

Erano giunte a tal grado di fortuna le operazioni belliche in Italia, che il maresciallo Melas potè alla fine di Agosto trasferire il suo quartier generale in Torino. Nel Piemonte si avanzava, e non restava che la riviera di Genova col suo porto in mano de’ francesi comandati dal generale Massena, contro del quale fu spedito con un corpo il generale Klenau per rinserrarlo, e si pensava, se avesse resistito, di bloccare poi il porto anche nell’inverno, attesa la dolcezza del clima; mentre gl’inglesi [p. 70 modifica]potevano fare lo stesso per mare. Si si rammentava quanto il gran Montesquieu aveva lasciato scritto, che i francesi erano stati scacciati sette volte dall’Italia, 17 e Tito Livio, che la fortuna della guerra è varia, e Marte ambiguo18.

Desiderava il maresciallo russo Suwarow d’intraprendere qualche invasione nella Francia stessa. Questo piano non fu eseguito; ma si fece la spedizione per la Svizzera. L’armata russa nel Settembre ebbe de’ gran rovesci a Zurigo, e il maresciallo, che saliti i monti dalla parte d’Italia passo passo combattendo s’innoltrava, dovette abbandonare la sua posizione, e correre in ajuto con tutta la sua truppa, la quale ritirandosi per la più corta via calò in Germania. I cannoni d’assedio, ed i bagagli più pesanti presero la strada del Tirolo, e per la Venosta passarono a raggiunger l’armata. Fu assai molesto questo passaggio, perchè avvenuto in tempo, che le frutta erano nelle campagne; onde nei luoghi esposti si dovette anticipar le vendemmie. Questi passi retrogradi de’ russi avevano dato occasione a nuovi timori: ma il maresciallo Melas dal suo quartier generale di Asti sotto li 9 Settembre aveva con sua lettera assicurato, che non vi era da temere per il Tirolo ed il Vorarlberg. Siccome però l’Arciduca Carlo meditava di avvicinarsi al Reno, e i russi sloggiando dalla Svizzera avevano lasciato aperto ai francesi l’adito ne’ Grigtoni, a difesa de’ quali con un corpo stava il tenente maresciallo Linken, così l’Arciduca dal suo quartier di Donaueschingen sotto li 5 Novembre avvertì il Conte Governatore, che egli aveva prese tutte le opportune misure per la difesa del Tirolo: ma che nullaostante per precauzione, e per sostenere in caso l’armata, giudicava espediente un pronto armamento organizzato de’ tirolesi. In seguito di ciò, convocatesi nuovamente le deputazioni di difesa, si fecero le necessarie disposizioni. Intanto il Principe Vescovo di Coira aveva abbandonato sua residenza, e si era ritirato a Merano; mentre sempre più ne’ contorni di Coira s’ingrossavano li francesi. Ma il tempo passò sì avanti, che si chiuse la campagna, e finì l’anno, intavolatesi di bel nuovo trattative di pace.

Soggiornava tuttora il Vescovo Principe di Trento Pietro Vigilio de’ Conti di Thunn nel castello di sua famiglia di questo nome in Val di Non, aspettando di venir rimesso nell’amministrazione del Principato: e per promuovere quest’importante affare aveva già nel decorso Settembre spedito in Vienna il preposito della cattedrale Barone de’ Pizzini. Quando verso la metà di Gennajo di quest’anno 1800 sorpreso da gagliardo catarro, dopo sole trentasei ore di malattia, munito di tutt’i Sagramenti li 17 dello stesso mese passò agli eterni riposi, Principe degno di migliori tempi, e di più fortunate circostanze. Era egli nato in Trento li 14 Dicembre del 1724, e fu eletto Vescovo e Principe a pieni voti li 29 Maggio 1776 in sua assenza, coprendo in allora con riputazione la carica di gran decano della [p. 71 modifica]Metropolitana di Salisburgo. Il di lui cadavere fu trasferito a Trento, e depositato nella chiesa di San Martino, venne colla solita funebre pompa trasportato nella Cattedrale, e dopo essere stato esposto tre giorni fu sepolto nella tomba vescovile. Non tardò il Capitolo di pensare all’elezione del successore, la quale seguì il 2 Aprile, con universale soddisfazione caduta nella persona di monsignor Suffraganeo, Vescovo di Jasso in Palestina, e Canonico della Metropolitana di Salisburgo, Emmanuele Maria de’ Conti di Thunn di Castel Brughiero, nato in Trento li 28 Marzo 1763. Pochi sono gli esempj nella Storia Trentina, che Canonici in età così verde siano pervenuti al Vescovato. Ma lasciando queste cose passeremo a descrivere brevemente le calamità che in questo anno afflissero il Tirolo, ed il Trentino ed anche le nostre Valli.

Per quale sconcerto politico si sia ritirata la Russia dalla coalizione contro la Francia, è a noi ignoto: bastandoci di dire, che l’armata russa nella primavera di questo anno per la strada di Moravia fece ritorno nei rimotissimi suoi paesi. L’Arciduca Carlo anch’egli prese congedo dalla vittoriosa armata austriaca, da quanto si pubblicò, per attendere alla sua sconcertata salute, e si recò in Praga, lasciando in tutte le sue truppe sommo rincrescimento per la mancanza della sua persona. Gli fu sostituito il maresciallo Barone di Kray richiamato dall’Italia. Questi aveva veramente fatta in quelle contrade una gloriosa, e memorabile campagna. Ma da che assunse il comando dell’armata di Germania, si ritrovò abbandonato dalla fortuna. Forse che il dispiacer dell’armata per la partenza dell’Arciduca, che rammemorava come amoroso padre, diminuì al Kray la confidenza delle truppe, e per avventura anche la subordinazione de’ comandanti, con gran vantaggio per l’armata francese comandata dall’attento, ed esperto generale in capo Moreau. Intanto in Italia per terra dagli austriaci, e dagl’inglesi per mare veniva investita Genova, nella quale era rinchiuso il generale Massena, che si sostenne sino all’ultimo segno sulla speranza di prossimi assicurati soccorsi dalla Francia, alla quale doveva premer il mantenimento di questo passo, e porto, perchè le sue armate non si ritrovassero costrette ad abbandonare interamente l’Italia. Il Direttorio francese si era ben avveduto, che la spedizione del generale Bonaparte in Egitto aveva messa l’armata d’Italia in una spezie di languore: perciò aveva spediti ordini secreti per il suo ritorno. Infatti egli col generale Alessandro Berthier suo ajutante all’improvviso nella primavera di questo anno sopra un naviglio neutrale, non conosciuto, e sfuggito alla vigilanza inglese, approdò ne’ porti di Francia: e giunto in Parigi fece stupire in modo, che in varie parti d’Europa non si voleva credere questo impensato ritorno, finchè strepitosi fatti lo confermarono. Osservava egli in Parigi uno stretto ritiro, meditando con occhio filosofico il successo, ed il modo di nuovamente ricuperare lo splendore perduto nella passata campagna, ed ordinata per tutta la Francia una coscrizione generale si formarono de’ corpi di riserva pronti alla spedizione tanto per l’Italia, che per la Germania. Rivoluzionato indi il Direttorio francese, che fu convertito in Consolato, venne [p. 72 modifica]egli eletto primo Console della Repubblica, e sull’esempio de’ Consoli romani intraprese in persona la spedizione per l’Italia. 19

Spinse l’armata per la Franca Contea, e per la Vallesia al gran San Bernardo, ed egli salito su di un destriero tra ghiacci e nevi, ed una densa nebbia superò il gran monte 20 calando con una formidabile armata nuovamente in Italia. Opportunamente a queste circostanze nel Tirolo fu pubblicato il seguente regolamento:

"Confermando unanimamente tutte le notizie ufficiali giunte da diverse parti, che il nimico minaccia i confini tanto settentrionali, che meridionali del Tirolo, e che questo non solo per la Baviera, e Svevia, ma ben anche su molti punti per la Svizzera, e in forze considerevoli si avvicina al Tirolo, e un corpo di questo di già è penetrato a’ 28 Maggio per Vercelli verso il Milanese; in conseguenza essendo stato espressamente indicato da parte del general comando de’ Grigioni per il possibile distornamento di qualunque mira del nemico il celere avanzamento dei cacciatori tirolesi ai confini meridionali del Tirolo, specialmente verso Bormio, e l’Engadina; così si è trovato confacente da parte del Governo concordemente colla Provincia del Tirolo di erigere immediatamente le deputazioni di difesa del Paese tanto per il Nord, che per il mezzodì; e che queste debbano regolarsi dietro le prescrizioni, che furono osservate negli anni 1796, 1797, e 1799, e ch’ebbero un esito così felice. Tutti gli affari concernenti la difesa del Paese dovranno quindi d’ora innanzi essere partecipati alle Deputazioni di difesa in Innsbruck, e Bolzano. Inoltre senza perdita di tempo tutte le compagnie de’ cacciatori tirolesi, che potranno venir erette, dovranno esser pronte, onde alla prima intimazione della Deputazione di difesa partire per i luoghi destinati. Parimente dovrà venir organizzata nei diversi Circoli la leva in massa, acciocchè possa venirne fatto quell’uso, che richiederanno le circostanze. Il rapporto sopra questi due ultimi punti risguardanti le misure di difesa dovrà esser fatto più presto che sia possibile dalle Superiorità alle sopraddette Deputazioni di difesa. In tal incontro vengono eccitati con calore tutti gli Ecclesiastici in cura d’anime di adoprarsi secondo il lor dovere mediante prediche acconcie, e con altri adattati mezzi per conservare nella sua energia lo zelo, e il coraggio dei bravi difensori del Paese, che coll’ajuto dell’Altissimo combattono per la Religione, per il Sovrano, e per la Patria. Si è inoltre pienamente convinti, che anche in quest’epoca la tanto fedele, e [p. 73 modifica]brava nazione tirolese farà fronte con forze unite al superbo nemico con successo felice"

Innsbruck li 3 Giugno 1800.

Ferdinando Ernesto Conte di Bissingen Governatore, e Commissario Aulico plenipotenziario per la difesa del Paese.

Successe in seguito la strepitosa battaglia di Marengo, 21 che incominciò li 12 Giugno, e continuò per altri due consecutivi giorni tra il primo Console Bonaparte, e il maresciallo Melas colla peggio di questo, ed indi seguì un armistizio, in virtù del quale dovette cedersi ai francesi tutta l’Italia superiore, ed evacuarsi Genova, che pochi giorni prima di questa battaglia fatale aveva capitolato, e tutta l’armata austriaca ritirarsi al Mincio sul Mantovano. Stupiranno i posteri in leggere un così strano avvenimento, molto più, se verranno schiarite col tempo le circostanze, e le perdite delle due armate. Per conto de’ francesi essi gettarono ne’ contigui fiumi li cadaveri, e si sbrigarono alla meglio anche de’ feriti, come raccontavano alcuni loro uffiziali, che furono nell’azione. Secondo la loro voce fra morti e feriti di ambidue le parti combattenti cadettero sul campo trentamila soldati. Dopo questa vittoria Bonaparte nuovamente installata la sua Repubblica Cisalpina, ed assestati gli altri affari d’Italia, carico di allori fece ritorno a Parigi, ove fu accolto con quel fasto, che corrispondeva alle sue imprese, ed a’ suoi militari talenti.

Ratificato a Vienna l’armistizio, che la necessità aveva fatto conchiudere per l’armata d’Italia, prese questa una nuova posizione. Il quartier generale colla cassa di guerra, fu stabilito in Verona: una colonna sotto gli ordini del tenente maresciallo Barone di Wukassowich s’inoltrò verso Trento per allargarsi, e così coprire il Tirolo; una brigata fu spedita in Giudicarie sotto il comando del general maggiore Loudon; ed una in Val di Sole per guardare da questa parte nuovamente Tonale, e la Valle di Pejo, sotto gli ordini del generale maggior Stojanich. A formare questa brigata verso la fine di Giugno giunse il maggiore di Siegenfel innalzato al grado di tenente colonnello, come informato del posto, già nell’anno 1796 e seguenti da lui custodito. Arrivato questi col suo battaglione fu raggiunto pure per la via di Val Camonica dal battaglione di Greth, che nell’altra campagna era stato stazionato in Denno. Ma mancavano di tutto; onde [p. 74 modifica]convenne far delle requisizioni di segale alle Comunità delle Valli per far il pane: li forni di ferro erano restati in Italia, onde nel convento di Cles si dovette ergere nuovi forni di muro, e nel borgo formare nuovamente il magazzino, ove finalmente giunsero le necessarie farine. Si spediva a Verona alla cassa di guerra; ma gli uffiziali spediti mai non ritornavano; e mancando la pecunia, nerbo della guerra, si dovette dar mano a cercar imprestiti dalle Comunità, e da’ particolari. Anche la Provincia spedì delle compagnie di bersaglieri; e mancando il numerario, si facevano i pagamenti in cedole, e ramaglia, con che penava la truppa. Fu altresì ingrossato questo corpo con due altri battaglioni confinarj ungheresi.

Questo corpo non poteva lungamente sussistere nella Valle di Sole; perciò fu distribuito in Val di Non. Il battaglione di Greth fu stazionato da Revò sino a Fondo; Siegenfeld da Cles sino alle quattro Ville di Tassullo; e gli altri due battaglioni persistettero in Val di Sole, cangiandosi per la custodia di Tonale ogni quindici giorni il battaglione. Una delle principali cure del tenente colonnello Siegenfeld, comandante interinale, fu di far ristaurare li casoni di Tonale, che erano malconci e mancanti, cui ne furono aggiunti degli altri. Si fecero dei fortini a Malè, e Terzolàs; e per i carriaggi, le provvisioni, e i bersaglieri, tutto camminava sul piede della campagna antecedente. Così passò la faccenda tutto l’estate tra la speranza di pace, e il timor di guerra.

Non era migliore la condizione del Tirolo settentrionale. La Venosta veniva minacciata dall’armata francese esistente ne’ Grigioni, comandata dal generale in capo Macdonald. Perciò fu unito un corpo di circa diecimila uomini sotto il comando del generale Auffenberg, non comprese le numerose orde de’ bersaglieri, che da tutte le parti concorrevano alla difesa della patria. Ma più di tutto sembrava il turbine impetuoso minacciare i due Circoli dell’Enno, tanto dalla parte di Svevia per Scharnitz, quanto dalla Baviera per Kufstein. Alla difesa di questo importante tratto fu destinato il tenente maresciallo Hiller, il quale piantato il suo quartier generale in Innsbruck, aveva raccolto un corpo rispettabile d’armata per li tanti rinforzi, che dall’interno degli Stati gli arrivavano. I villici, i possessionati, e tutta la gente abile alle armi si mise in moto, chi in regolate compagnie; e gli altri pronti ad unirsi in caso alla massa tirolese. Nacquero anche de’ fatti d’armi fra i posti avanzati: ma questi non erano decisivi. Questo corpo era unito all’armata austriaca di Germania.

Ma il centro dell’armata comandata dal maresciallo Kray combatteva con perversa fortuna a tal segno che dovette abbandonar il Danubio, e ritirarsi verso il Salisburghese. Lo stesso Sovrano, sorpreso da questi passi retrogradi, si recò all’armata, e conchiuse un armistizio di due mesi, cedendo le piazze di Filisburgo, Ulma, ed Ingolstadt in deposito ai francesi. In seguito fece una mutazione di generali. All’armata d’Italia fu sostituito il maresciallo Conte di Bellegarde in vece del defatigato maresciallo Melas; ed al comando dell’armata di Germania l’Arciduca Giovanni con altri esperti generali, lasciando andar in pace per altro destino lo sgraziato [p. 75 modifica]maresciallo Kray. Intanto s’intavolarono nuovi trattati di pace, e dal Governo francese fu proposta per il futuro congresso la città di Luneville in Lorena, come luogo di mezzo, e vicino all’Impero, e perciò opportuno a queste diplomatiche negoziazioni; tanto più, che ivi si ritrovava un superbo castello per li alloggi. Solamente il dì 11 Ottobre di questo anno fu dal Consolato francese nominato il ministro plenipotenziario Giuseppe Bonaparte consigliere di Stato, e fratello del primo Console, e da parte dell’ Imperatore il Conte Luigi di Cobenzel, ministro di Stato, che aveva pure trattata la pace a Campo Formido, il quale effettivamente si mise in viaggio alla volta di Luneville alla metà di Ottobre.

Tra queste circostanze l’Arciduchessa Elisabetta abbandonò Innsbruck, e si recò a Vienna, perchè a’ 20 d’Ottobre veniva a spirare l’armistizio.

Ma altro gran male minacciava il Tirolo, e l’Italia ancora, il qual era la fame. Era bensì riuscito buono il primo raccolto de’ grani: ma un’ orrenda siccità, tanto in Italia che nel Tirolo meridionale, principiata alla metà di Luglio, e continuata sino verso li 20 di Agosto, diseccò il secondo raccolto, che fu scarsissimo a segno, che le rape, per altro sì abbondanti in queste valli, si pagavano trenta carantani lo staro, la tassa del frumento fu fissata a troni quindici, e della segale, a troni dodici lo staro trentino: nè questo bastò, perchè fu anche scarsa la raccolta del vino: le tante pioggie cadute in tempo, che le uve fiorivano, le fecero cadere; e la siccità sopraggiunta diseccò in gran parte le non cadute; talchè la tassa senza esempio in tutta questa istoria fu fissata a troni ottantacinque la misura di vino di queste Valli, che equivale a dieci bacede trentine. Si temeva, che consumato il primo prodotto del grano, al consumo del quale ajutavano sessantamila ospiti, tanto calcolata l’intiera truppa esistente, nel Tirolo, la più minuta gente ne dovesse mancare nella ventura primavera.

Lentamente procedevano i trattati a Luneville, perchè la Francia ricusava di ammettervi altre Potenze, e principalmente l’influenza dell’ Inghilterra, a segno, che nel Dicembre di nuovo incominciarono le ostilità. L’eletto Vescovo di Trento aveva bensì ottenute le bolle per il Vescovato col ribasso del terzo delle solite tasse dal regnante Sommo Pontefice Pio VII.; ma non era stato ammesso al possesso del Principato: onde credette a proposito di ritirarsi; e con picciolo seguito si trasferì a Gorizia, ove rimase sino alla conclusione della pace. Il Consiglio imperial regio amministrativo spedì frattanto ordine nelle Valli di riscuotere un’annua steura per la provvisione della necessaria legna. Di fatti era caduta quantità di neve, in mezzo all’inverno, un battaglione doveva sempre dimorar ne’ casoni alla custodia del posto, e il monte consistente in praterie non somministrava legna bastevole. La spesa del taglio, e le condotte formavano un ammasso esorbitante, il fuoco doveva essere continuo, e pressochè infernale per guardarsi, quanto fosse possibile, dall’eccessivo freddo, tanto più che si posero de’ picchetti anche al Moltoz verso Pejo. Stava il general Stojanich col suo quartiere in Pellizzano, e gli altri battaglioni erano distribuiti in Vermiglio, e ne’ contorni, quando la notte dei 22 Dicembre levatosi un [p. 76 modifica]distaccamento francese da Ponte di Legno venne alle mani col battaglione esistente in Tonale, del qual fatto si pubblicò la seguente relazione:

“Il nemico forte di 5000 uomini comandati dai generali Vandamme, Vaux, e Digonet fece attaccare le nostre truppe prima dello spuntar dell’alba da 800 Granatieri della 17.ma mezza brigata. Il sig. general maggiore e brigadiere de Stojanich aveva di già fatte fare dal sig. Conte di Hohlgart primo tenente dello stato maggiore tali disposizioni di difesa, che si poteva sperarne il migliore successo. Di fatto col mezzo di queste, mediante le saggie misure prese dal sig. colonnello de Siegenfeld, ed il valore della brava truppa, il nemico fu respinto, e liberata da questa parte la patria. I morti francesi ritrovati sul campo sono 36 comuni con due uffiziali, ed un sargente: i feriti poi si computano a circa 120. Dalla nostra parte restarono morti 9 comuni, e feriti 22, oltre il primo tenente Muralt del battaglione leggero Siegenfeld; il primo tenente Müller, e i sotto tenenti Calderoni, e Frasnelli del corpo de’ cacciatori volontarj tirolesi.”

“Il tenente colonnello Siegenfeld, il quale spiegò anche in questo incontro il suo valore e le sue cognizioni militari, loda particolarmente il capitano Barrach, li primi tenenti Wolkart, e Muralt, li sotto tenenti Mitschl, e Milakara, e l’alfiere Frapporti, tutti del battaglione Siegenfeld; indi il capitano Levelling, il primo tenente Müller, ed il sotto tenente Calderoni, tutti dei cacciatori tirolesi volontarj.”

Altra azione seguì li 24 di poco momento, nella quale però il capitano Morathi di Greth restò gravemente ferito, e trasportato a Vezza vicino ad Edolo li 31 Dicembre passò all’altra vita.

Manteneva la sua posizione il maresciallo Bellegarde al Mincio, dove respinse diversi attacchi, ed anche il generale Loudon si sosteneva nelle Giudicarie. Ma l’Arciduca Giovanni in Germania aveva sofferti de’ rovescj grandi, per cui era stato costretto di ritirarsi alla Salza. Si pensò quindi di richiamar nuovamente l’Arciduca Carlo, il quale rimesso in salute li 14 Dicembre da Praga si mise in viaggio verso l’armata a riprenderne il comando. Ma per istrada venuto in cognizione, che l’armata battuta ne’ confini di Salisburgo era in piena ritirata verso l’Austria, passò a Stein, picciola città sul Danubio nell’Austria inferiore, e quì trattò subito di un armistizio secondo le circostanze col francese generale in capo Moreau, il quale venne anche conchiuso li 23 Dicembre per due mesi, colla speranza, che fra quel tempo si stabilisse la pace. Molti furono gli articoli di quest’ armistizio, essendo per il Tirolo interessante, che venne accordata una Salvaguardia francese nel Tirolo settentrionale, sì nella città, come pure nelle fortezze limitrofe con altrettanti soldati austriaci, nel minor numero possibile. La linea di demarcazione era il fiume Mura nella Stiria, e venendo nel Tirolo, Lienz, Bressanone, Bolzano, Merano, Glurns, e Bormio sino all’armata d’Italia, restando però il Governo politico, camerale, e civile agli austriaci dipartimenti, e così terminò l’anno 1800.

Il principio dell’anno 1801 incominciò con una ritirata generale dal Tirolo meridionale delle armi austriache. Ai due di Gennajo li francesi [p. 77 modifica]erano venuti nuovamente a riconoscere il corpo di Tonale: ma vedendo, che non era il loro caso, e che nemmeno per Moltoz potevano da questa parte penetrare, ripiegarono verso le Giudicarie. In questo fatto non restarono che quattro feriti fra gli austriaci; e il dì 4 tutti li battaglioni e bersaglieri presero la strada di Trento: la sera del detto giorno rinfrescarono in Cles; indi proseguirono celeremente il loro viaggio. In questa ritirata per l’attenzione dell’uffizialità al buon ordine non nacque in queste Valli alcuno sconcerto. Giunti in Trento, restò in città il battaglione di Greth per coprire la ritirata, che si faceva per Bassano, e quivi nacque un fatto d’armi al ponte di San Lorenzo: ma incendiato il detto ponte, anch’essi di notte presero la strada di Pergine. La mattina dei 7 del detto mese entrarono i francesi in città, e vi giunse anche il generale in capo Macdonald collo stato maggiore, e tutta la sua colonna, computata a dodicimila uomini, ch’egli divise per il Trentino, i confini austriaci italiani, alla destra dell’Adige sino ad Andrian, dove qualche giorno soggiornarono de’ picchetti per guardare la destra del ponte di Terla, ed alla sinistra del detto Adige sino a Bronzolo verso Bolzano. Nelle nostre Valli l’invasione francese fu di gran timore, e di grave spesa; ma di niuna conseguenza. Vi venne per Tonale il generale di brigata Deurignì con novecento soldati, e quantità di tamburi. Dopo qualche giorno di dimora in Malè, la sera degli 8 arrivò in Cles, e la sua brigata fu divisa per il tratto di quà dalla Novella in compagnie. Dovevano essere mantenuti dai rispettivi distretti con una razione di carne di sedici oncie, ventiquattro oncie di pane, e mezzo boccale di vino quotidianamente. Il generale poi diminuì queste razioni, convinto con cortesia, e persuasioni dal Magistrato delle Valli: pochi erano i cavalli; mentre il capitano medesimo, se non oltrepassava li cinquant’anni, andava privo di destriero, e come gli altri soldati portava il suo fardello. Solamente sul principio in Val di Sole, in una o l’altra casa separata dai Villaggi, nacque qualche saccheggio: ma in generale il comandante fece osservare una esatta militar disciplina: non giravano per le case soldati, contenti dei loro quartieri: la notte la truppa non usciva: nè le chiese, nè li sacri ministri furono punto molestati, e nemmeno i privati, avendosi intesi pochissimi furti, e nessun insulto. Un generate, che entrato in un paese di conquista non lascia la briglia sciolta a’ suoi soldati, è sempre commendabile anche agli stessi nimici.

Il generale in capo Macdonald abitava nel castello di Trento, ove dovè essere mantenuto con fasto repubblicano a spese della Mensa vescovile: eresse egli un Consiglio superiore, di cui fu creato Preside il letterato Carl’Antonio Pilati di Tassullo: i consiglieri potevano nominarsi dai distretti, i quali dovettero pur presentare i deputati centrali, e tutti questi impiegati dipendevano dai cenni del generale in capo per provvedere l’armata, e per incassare le contribuzioni. A quest’effetto il generale pubblicò un ordine li 25 Nevoso, 14 Gennajo, stampato in tre linguaggi, francese, italiano, e tedesco, col quale impose a tutto il Tirolo meridionale una contribuzione di duecento sessantamila franchi, computato il franco a [p. 78 modifica]carantani venticinque della nostra moneta per le provvigioni dell’armata in naturali; ed in danaro in tre pagamenti eguali da farsi alla cassa dell’armata la somma di fiorini trecentomila, al qual pagamento veniva astretto tutto il tratto Attesino, principiando da una parte dell’Adige dalla Giurisdizione di Hohen Eppan, e dall’altra da Bronzolo, e tutto il resto sino ai confini del Tirolo meridionale verso l’Italia. In conseguenza il Consiglio superiore ne fece il riparto sull’ente steurale nobile, e glebale, colla riserva di collettare in solievo i capitalisti, e le persone d’industria, e sotto li 17 Gennajo 1801 insinuò alle nostre Valli la loro tangente, non comprese le giurisdizioni austriache, calcolata a fiorini quarantasei mila, cento, e quarantatre. Convocatosi il Magistrato delle Valli li 20 Gennajo fu stabilito di pagare il terzo con fiorini quindicimila trecento ottantasette, e supplicare per il rilascio del rimanente. Simile supplica fu presentata da tutto il Paese occupato: onde il generale in capo rilasciò il seguente ordine, al quale convenne ubbidire:

"REPUBBLICA FRANCESE

Armata dei Grigioni Libertà Eguaglianza

Dal quartier generale di Trento gli 11 Piovoso anno 9 della Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MACDONALD, generale in capo dell’armata dei Grigioni,

AL CONSIGLIO SUPERIORE DEL TRENTINO.

Avendo presi in considerazione, o signori, i diversi reclami, che voi mi avete indirizzati relativamente alla contribuzione generale vibrata sopra tutto il Tirolo meridionale col decreto del 25 Nevoso; e desiderando diminuire per quanto è in mio potere i pesi degli abitanti, che le sventure della guerra loro impongono, e senza nuocere agl’interessi dell’armata, io vi dichiaro in conseguenza, che questa stessa contribuzione sarà ridotta a due terzi del capitale, tanto per la somministrazione di vestiti, ed equipaggi, quanto per la somma in numerario, col dovere però, che voi facciate versare nella cassa dell’armata la prima parte entro ventiquattr’ore, la seconda per il giorno 15 Piovoso corrente, e la terza per il giorno 20 dello stesso mese; ed in mancanza delle persone obbligate alla contribuzione di soddisfare alla totalità così ridotta di questa contribuzione generale, alle epoche sopra disegnate, gli abitanti comodi del Tirolo meridionale saranno tassati straordinariamente, e senza altra regola, che quella delle loro fortune presunte: e per assicurare il pronto pagamento, saranno presi degli ostaggi i più notabili, per essere inviati in una fortezza di Francia sino alla totale soddisfazione del debito; indipendentemente dai soldati di guarnigione, che saranno collocati nelle loro case, ed a loro spese. Vi saluto.

MACDONALD."

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A quest’ epoca erano li 28 Gennajo partiti i francesi dalla Val di Non per Trento, e furono stazionati a Calavino, e ne’suoi contorni, ed ai 3 Febbrajo era anche partito il generale Deurignì, dal che provarono le Valli qualche sollievo, non essendo rimasto in Cles che un Comandante di piazza, e poca truppa stazionata in Tajo, e ne’ suoi contorni.

Appena pubblicato l’armistizio nel Tirolo si radunarono gli Stati, e fu conchiuso di spedire a Vienna una Deputazione per umiliare al Sovrano l’attaccamento del Paese all’antica costituzione, e religione. Partì il Barone di Reinhard cogli altri deputati per la capitale, e richiesta udienza privata, furono li 5 Febbrajo alle ore dieci di mattina ammessi, ed accolti benignamente. Essi esposero: 1mo. lo stato attuale del Tirolo, tanto del compreso nella linea, come del meridionale invaso; 2do. la spesa per la salvaguardia francese; 22 3zo. le contribuzioni, requisizioni, e mantenimento dell’armata francese nel Tirolo meridionale; 4to. le violenze usate nel tratto di Venosta, e Burgraviato di Merano dall’armata francese con oltrepassare la linea convenuta nell’armistizio; 5to. la scarsezza del grano, e del vino per la meschina raccolta di due consecutivi anni; 6to. pregarono, che nella pace non venisse fatto verun smembramento di questa così fedele Provincia; 7mo. e per il mantenimento del credito nazionale: per tutte queste cose si raccomandavano alla sovrana clemenza. Con somma benignità si degnò il Sovrano di ascoltarli, e ai due deputati delle Giurisdizioni encomiò lo zelo, e la fedeltà per la passata difesa; spiegandosi, che i suoi amati tirolesi erano un esempio per gli altri suoi sudditi. Rispose poi a cadauno dei punti della supplica colle più graziose, ed obbliganti maniere: e principalmente al sesto riguardo allo smembramento, che avrebbe tutto impiegato, acciò non venisse cangiata la costituzione del Paese, il quale nemmeno in parte sarebbe smembrato: e che seguìta la pace già vicina avrebbe cercato ogni mezzo per il mantenimento, e credito del Paese, e per rimetterlo successivamente nell’antico suo splendore. I deputati umilmente ringraziarono Sua Maestà per la sovrana assicurazione, e supplicarono di poter in iscritto riportare ai loro committenti il sovrano aggradimento; al che l’Imperatore annuì con accordare un esemplare eguale a ciascuno dei due deputati, ove con ministeriale dispaccio sotto il dì 20 di Febbrajo di tutto furono assicurati, e venne loro partecipato, che il dì 9 dello stesso mese era stata in Luneville segnata la pace, che potevano recare questa lieta nuova al Paese nel loro ritorno, persuasi della sovrana grazia, e benevolenza, che non si sarebbe mai scordato della fedeltà di questa valorosa Nazione, e che avrebbe cercate tutte le occasioni di sollevarli. Ciò insinuò agli Stati il Gran Capitano con circolare dei 5 Marzo dopo il ritorno dei deputati. In fatti si videro subito immense spedizioni di vettovaglia per il Tirolo, somministrando alle Comunità ogni sorta di [p. 80 modifica]grani, e farine con respiro senza supporto; anzi ai poveri questa medesima granaglia fu generosamente donata.

Fece bensì ritorno nelle Valli li 21 Febbrajo il generale Deurignì colla sua brigata; ma recando la consolante notizia, che era stata segnata la pace il dì 9 a Luneville. Ciò che nei 19 articoli del trattato di pace evvi d’interessante per la nostra Istoria si è, che per base fu preso il trattato di Campo Formido; che all’articolo terzo fu stabilito, che l’Adige, dal sortire che fa dal Tirolo fino alle sue foci, serva di linea di frontiera; all’articolo quarto, che S. M. l’Imperatore e Re si obbliga di cedere al Duca di Modena in risarcimento dei Paesi, che questo Principe e suoi eredi avevano in Italia, la Brisgovia; all’articolo quinto, che S. A. il Gran Duca di Toscana rinunzia al Gran Ducato di Toscana, e alla parte dell’isola dell’Elba, che ne è dipendente "ma otterrà in Germania una piena, ed intera indennizzazione de’ suoi Stati italiani; all’articolo settimo, che in conformità dei principj formalmente stabiliti nel congresso di Rastadt, l’Impero sarà tenuto di dare ai Principi ereditarj, che si trovano spossessati sulla riva sinistra del Reno, un’indennizzazione, che sarà presa dal seno dell’Impero; negli articoli undici, e dodici viene nuovamente ristabilita la Repubblica Cisalpina secondo la base di Campo Formido; nel quartodecimo fu dichiarata libera la navigazione sull’Adige; e finalmente al decimonono fu convenuta l’evacuazione delle truppe francesi dagli Stati ereditarj dieci giorni dopo il cambio delle ratifiche, ed entro trenta giorni da quelli dell’Impero.

Secondo i dettagli pubblicati, colla cessione fatta ai francesi della riva sinistra del Reno veniva a perdere l’Impero Germanico mille e duecento miglia quadrate incirca, tre milioni e seicentornila abitanti, e la rendita ai rispettivi Stati di cinque milioni e settecentomila fiorini, se non è maggiore.

Fatti bruciare i dispendiosi casoni di Tonale e dalle Comunità spianati li fortini in Val di Sole, ai 4 di Marzo fece fardello il battaglione del generale Deurignì, e dalle Valli si partì per Tonale, e per Ponte di Legno passando al suo destino; ed ai 6 se ne andò anche il generale Deurignì. Il suo nome sarà sempre a noi memorabile, mentre ci portò prima la guerra, poi ritornato da Trento ci recò anche l’annunzio della pace. Ricercato prima della sua partenza delle perdite fatte dai francesi in Tonale, egli le ridusse a tredici in quattordici morti, e quaranta in cinquanta feriti. Ma secondo le osservazioni de’ villici di Vermiglio sopra i cadaveri scoperti in primavera nel coltivare le terre, la perdita in morti dovette essere maggiore, quando non si dica, che alcuni sieno morti di malattia, non uccisi in guerra. Era restato nelle Valli il tenente colonnello Pillet con trecento uomini del terzo battaglione dell’undecima mezza brigata leggera. Egli era quà giunto ai primi di Marzo per entrare in luogo del generale Deurignì nel comando di queste Valli, e divise le sue truppe in Cles, e ne’ suoi contorni: ma il dì 21 Marzo partì anch’ esso per Trento, e le Valli si ritrovarono affatto libere dai francesi, i quali nel loro soggiorno avrebbero potuto farci più male di quel che ci fecero, come lo provarono, e dovettero soffrire tanti altri paesi circonvicini. [p. 81 modifica]

La spesa della guerra già gli anni 1796, e 1797 ascendeva nelle Valli a cinquanta e più mila fiorini: la contribuzione francese sorpassò li trenta mila, non comprese le giornaliere prestazioni in naturali. Calcolate nel mese di Marzo 1802 in Cles avanti una particolare deputazione le spese incontrate per le fortificazioni del monte Tonale, non che per la legna, che servì alla truppa nel rigore dell’inverno, furono ritrovate ascendere alla somma di fiorini ottantasettemila: e quelle della seconda guerra sino al suo fine, fatta la terza calcolazione delle spese belliche delle Pievi, si ritrovarono ascendere a fiorini cento cinquantadue mila: alla Valle di Rabbi toccò di contingente fiorini due mila. L’imperial regio erario assunse in se fiorini vent’un mila.

Nella giurisdizione di Castel Fondo le spese della guerra sino all’arrivo de’ francesi ascesero a fiorini diciottomila; e quelle de’ francesi in tutto a sei mila e cinquecento fiorini.

Nelle giurisdizioni di Spor, Flavon, e Belfort le spese suddette di guerra restano ancora da calcolarsi.

Comunicato con decreto imperiale nelle solite forme il trattato di pace alla dieta generale dell’Impero in Ratisbona, questa aprì il protocollo li 6, e 7 di Marzo, e risultò dai voti degli Stati, che la totalità aveva approvato la pace, e la maggiorità l’accettazione illimitata, minore essendo stato il numero di quelli, che vi avevano apposte delle condizioni. In seguito il risultato fu spedito a Luneville colla ratifica, ove secondo il concertato seguì vicendevolmente il cambio della medesima, e li 16 del detto mese furono cambiate le ratifiche in Parigi. Questa lieta notizia non giunse però a Trento, che per corriere spedito da Parigi per la via di Roveredo li 25 Marzo di sera. In conseguenza di essa il generale in capo Macdonald in Trento fece le necessarie disposizioni per la partenza: incassate le contribuzioni disciolse il Consiglio superiore di Trento, e la Deputazione centrale, lasciando solamente nella città una guardia, che fu cangiata poi con una guardia civica nella città stessa eretta; e spediti diversi battaglioni, rimise al Capitolo l’amministrazione del Principato, fino che ne assumesse il governo il Principe eletto. Indi li 30 Marzo di buon mattino con tutto il suo stato maggiore prese la strada di Roveredo per recarsi a Verona, e in seguito a Milano. Non mancò quindi il Capitolo di pubblicare un editto del seguente tenore sotto li 31 Marzo dell’anno 1801:

"1mo. Che nel Capitolo risiederà la suprema autorità per rimetterla poi al suo Vescovo Principe eletto, allorquando egli prenderà nelle forme consuete il possesso di questo Vescovato e Principato.

2do. Rimette il Capitolo l’aulico Consiglio composto dei soggetti da esso assunti, quale secondo la patria costituzione eserciterà tutta quella giurisdizione, che questo tribunale ha esercitato nelle occasioni di sede vacante.

3zo. Restano quindi espressamente incaricati i signori Consiglieri, come anche tutti li Giudici, Magistrati, e Ministri d’invigilare attentamente per il mantenimento della pubblica tranquillità, ed esatto adempimento delle patrie, e statutarie leggi.

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4to. Si comanda inoltre a chiunque fosse munito di licenza di portar le armi per via di rescritto, oppure di salvocondotti, e passaporti, di dover le une e gli altri presentare in questa cancelleria aulica fra il termine di un mese prossimo avvenire, da computarsi dopo la pubblicazione del presente, ad effetto di riportarne dall’autorità dell’illustrissimo, e reverendissimo Capitolo la conferma, che sarà accordata gratuitamente senz’ alcuna spesa, quando che per giuste cause non ne fosse giudicata opportuna invece la sospensione, e così ecc. non solo con questo, ma con ogni ecc."

Passate le vicende della guerra, restava da temersi la fame. L’Italia, granajo solito del Tirolo meridionale, era chiusa, e somma era la penuria in quelle stesse contrade. Provvide furono le disposizioni dell’augusto Sovrano Francesco II., e dei direttori della Provincia: si fece la ricerca del deficit delle granaglie, e tanto in Halla d’Innsbruck, che in Bolzano si fecero dagli Stati ereditarj tante tradotte sì per l’Enno come per terra, che nulla mancò, la qual provvigione se non fosse venuta, avrebbe convenuto dar mano ai bestiami domestici con discapito grandissimo dell’agricoltura. Sotto la garanzia delle comunità per la classe più bisognosa la Provincia somministrò grani, e farine, cedole di banco, e ramaglie senza supporto per un anno; ricevendo la detta Provincia ogni cosa dall’imperial regio magazzino di Halla. Il frumento era salito, senza esempio nell’istoria di questi Paesi, in misura trentina a fiorini quattro lo stajo, e la segale a fiorini tre e carantani dodici, e così a proporzione gli altri grani; il giallo poi, ossia grano turco sorpassava di prezzo il frumento, ed alla fine di Maggio questo genere non si ritrovava più che a prezzo esorbitante. Mancava anche il fieno nel tratto Attesino consumato dalle cavallerie tedesche, e francesi, senza parlare delle acquavite, e del vino, il di cui prezzo infimo nella state era di fiorini venti e più la nostra misura di dieci bacede trentine. La carne sola si trovò a prezzo moderato, perchè cessò il commercio coll’Italia per la mancanza di fieni, e per le malattie di bestiami in quella regione serpeggianti.

Restava un altro importante oggetto, cioè la decisione della sorte del Principato di Trento. Trattava l’Imperatore colla dieta dell’Impero l’affare delle indennizzazioni secondo la conchiusa pace, ma lentamente andavano le negoziazioni. L’eletto Vescovo e Principe di Trento era partito da Gorizia, ed a quest’ oggetto si era portato in Vienna, ove si ritrovano già altri Principi ecclesiastici dell’Impero. Passò ivi tutto l’anno, e niente più ottenne che la soppressione dell’imperial regio Consiglio amministrativo, e che venisse riconosciuto il Consiglio capitolare.

La convenzione segnata in Parigi li 26 Dicembre 1802 tra l’augusta Casa d’Austria e la Francia coll’accessione dell’Imperatore delle Russie dal Conte di Cobenzel Ministro imperial regio, e dal Senatore Giuseppe Bonaparte, decise la sorte del Principato, ed in conseguenza quella delle Valli, le quali passarono sotto l’augusto Francesco II. La convenzione a noi concernente è del seguente tenore: [p. 83 modifica]

1mo. Per aumentare le indennizzazioni del Duca di Modena, S. M. I. gli cede l’Ortenau nella Svevia.

2do. Per risarcire S. M. I. per questa cessione dell’Ortonau verranno secolarizzati li due Vescovati di Trento, e di Bressanone, e sua Maestà entrerà nel possesso de’ loro beni, rendite, diritti, e prerogative senz’ alcuna riserva, coll’incarico di provvedere li due presentanei Principi Vescovi, e li membri dei Capitoli in una maniera da convenirsi tra di loro; come pure la dotazione del Clero da impiegarsi nelle due diocesi sarà stabilita secondo il piede consueto nelle altre Provincie della Monarchia Austriaca.

Avendo il vice-Presidente del Governo, e dell’Appello del Tirolo, e Commissario Aulico immediato Giovanni di Strobl con suo dispaccio segnato in Trento li 28 Febbrajo 1803 diretto all’ufficio assessorio delle Valli d’Annone e Sole ordinata la pubblicazione del seguente imperiale dispaccio, questa pubblicazione seguì li 6 Marzo nelle più solenni maniere, essendosi in tutte le chiese cantato l’inno ambrosiano, e fatte pubbliche feste: e quì termina la nostra Istoria.

"NOI FRANCESCO II. per la grazia di dio eletto Imperatore Romano, sempre Augusto, Re in Germania, d’Ungheria, Boemia, Galizia, e Lodomiria ecc.; Arciduca d’Austria; Duca di Borgogna, e di Lorena; Gran Duca di Toscana; Conte Principesco del Tirolo ecc. ecc. ecc.

Annunziamo a tutti i sudditi, ed abitanti dei due distretti di Trento, e di Bressanone, di qualunque grado, o condizione, senza eccezione veruna, la nostra grazia, ed ogni bene.

E facciamo ai medesimi clementissimamente noto, qualmente in seguito alla convenzione conchiusa fra Noi e la Repubblica Francese il dì 26 Dicembre 1802, abbiamo occupati, e pienamente, ed immediatamente uniti al restante della nostra fedelissirna Provincia tirolese, i distretti di Trento, e Bressanone, con illimitata superiorità territoriale, della quale i diritti principali già pria ci competevano in qualità di Conte principesco del Tirolo.

Noi dunque ci attendiamo da tutt’ i sudditi ed abitanti d’ambidue li distretti una inviolabile fedeltà, ed ubbidienza, a gara con gli altri sudditi del restante del Tirolo, che presteranno a Noi, ed a’ nostri successori ereditarj del Trono, come pure alle Superiorità da Noi costituite, o da costituirsi, tra le quali le in ora esistenti locali d’ambedue li distretti sino ad ulteriore nostra suprema determinazione restano graziosamente confermate.

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Con ciò li nostri fedelissimi sudditi si renderanno sempre più meritevoli della nostra sovrana protezione, e paterna benevolenza, della quale clementissimamente li assicuriamo.

Dato dalla nostra Capitale di Vienna li 14 Febbrajo 1803.

FRANCESCO.
LUIGI CONTE D’UGARTE.
Gio. Barone von der Mark."

In tal occasione nel borgo di Cles tra le altre inscrizioni composte dall’Autore per eternare la memoria di quest’avvenimento fu esposta al pubblico la seguente inscrizione dedicata al Sovrano:

ANAVNIA . CVM . TIROLI . AVSTRIACA
FELICISSIME . IVNCTA
VI . MART. 1803.

  1. Muratori Annali d’ Italia all’ anno 1703. La città di Trento il dì 4 di Settembre celebra annualmente la memoria della sua preservazione dall’ incendio di questa guerra.
    Nel sobborgo della città d’ Innsbruck, detto oggi la città di Maria Teresa, in una colonna in mezzo alla contrada si ritrova la seguente iscrizione: Mariæ Virgini Matri Immaculatæ filiæ divæ Annæ ob hostes, tam Bavarum quam Gallum anno MDCCIII. Tyrolim invadentes, utrimque tamen, & OEniponto quidem in festo Sanctæ Annæ Tridento autem in nativitate B. M. V. depulsos Tyrolensis Provincia in perpetua debitæ gratitudinis tesseram præsens monumentum ex voto posuit.
  2. Il Circolo di Merano con Venosta fu poi soppresso, e unito a quel di Bolzano sotto Giuseppe II.
  3. Chi esaminò questo codice, e fece osservazioni intorno il medesimo, ebbe a dire, che quanto concerneva l’ appello, ottime erano le sue disposizioni: ma che nel resto l’ autore lo aveva implicato con tante formalità, che le liti punto non si sarebbero abbreviate: eppure questo era il principale scopo del Legislatore. L’ esperienza verificò quanto fu osservato, e non s’ ha mai inteso, che il Capo XXXI. §. 2. delle pene de’ temerarj litiganti sia stato posto in pratica. Del resto si diede un grande crollo alla lingua latina con questo codice, perchè di poi in latino si trattarono solamente quelle cause, che sorpassando il capitale di fiorini mille potevano in terza Instanza passare ai suprerni Tribunali dell’ Impero.
  4. Istor. del 1797 Part. III. pag. 187.
  5. Istoria dell'anno 1796 Part. II. Lib. 8. pag. 267.
  6. Alla destra dell’ Adige alle falde di Montebaldo giace il Vicariato di Garda, che ha sotto di se otto Comuni , alcuni composti di poche case, tra’ quali è Rivoli: vi sono all’ intorno diverse alture, e colline, e vi passa accanto il torrente Gardola, che sortendo dalla Valle di Caprino sotto Rivoli va a perdersi nell’ Adige. Queste importanti alture noi le ritroviamo occupate dai francesi l’ anno 1701 per impedire al prode Principe Eugenio la discesa sul Veronese, la quale in vece egli fece per Val Fredda ne’ monti Lessini, che separano il Veronese, resi prima a forza di lavoro praticabili alcuni passi per la cavalleria, ed artiglieria, e si pose a Breonio alla sommità della Valle Pulicella. Di queste colline situate dirimpetto a Garda tra il Lago di detto nome e l’ Adige, fecero conto anche i Romani per impedire la calata de’ Cimbri in Italia: anzi il March. Maffei nella Verona Illustr. Lib. III. pag. 54. crede, che in vicinanza di Rivoli, e Canale esistessero i campi romani: Castra Romana.
  7. Questo calendario fu introdotto in Francia l’ anno 1793 nel mese di Settembre, quando fu sanzionata la nuova costituzione, ed incomincia all’ equinozio autunnale de’ 22 Settembre.
  8. La risposta fu concepita in questi termini: "La semplicità delle nostre consuetudini, l’ intimo sentimento della nostra libertà, sono l’ unico retaggio, che ci è stato trasmesso dai nostri antenati, e che noi abbiamo saputo conservare intatto in mezzo alle scosse politiche cagionate da una rivoluzione di parecchi secoli. Ritornate dunque, o cittadino inviato, presso l’ Eroe che vi spedisce, e ditegli, che la repubblica di San Marino contenta della sua mediocrità, teme di accettare l’ offerta generosa che le vien fatta d’ ingrandire il suo territorio ciò che in seguito potrebbe compromettere la sua libertà . . . . . essendo piuttosto amante della semplicità de’ costumi Spartani, che dell’ eleganza di Atene."
  9. È fama avere il Principe Eugenio lasciato scritto, che per passare dal Tirolo in Italia conveniva dividersi in picciole colonne, ma poco distanti una dall’ altra per potersi vicendevolmente soccorrere. Saggio consiglio, perchè attesi li tanti cespugli, fosse, e canali, la cavalleria non può facilmente agire; ed è facile venir presi a fianco, tagliati fuori, e fatti prigionieri. L’ avvertimento per parte degli austriaci, o non fu ben eseguito col troppo dividersi, o non giovò.
  10. Non aveva l’imperial regia Corte sparmiato spese, mentre contribuiva per la comune difesa ogni mese quarantamila fiorini, e non si potè comprendere, come negli angusti passi da Bolzano alla Chiusa non sia stata frapposta resistenza. Per altro i francesi rispettavano gli alberi fruttiferi, e le viti.
  11. Il generale Chavalier era allora nell’ età di anni cinquanta: e si seppe, che nel seguente Giugno morì vicino a Trieste.
  12. In memoria, che dalla città di Bolzano la deputazione di difesa transferì le sue deliberazioni nella città di Sterzing, e per restare in comunicazione anche colla deputazione d’ Innsbruck, fu lasciata la seguente notizia per mezzo di una inscrizione :

    D. O. M.
    FRANCISCO . II. CAESARI . AUGUSTO . PP.
    HUNG. ET . BOHEM. INVICTO . REGI POST . LETHALE . BELLVM . ANNOR. VI. CUM . GALLIS
    DEMUM . ITALICO . LIMINE . TIROLIS . BIS. PERRUPTO
    HISARCO . TRAJECTO
    MENSE . APRILI . CI) I) CCXCVII . REDUCE . FORTUNA
    A . CAES. MILITE . PATRIAE . VICTRICIBUS . CATERVIS . HOSTE . REPRESSO
    SUMMO . PRINCIPI
    STATIBUS . IN . DEFENSIONEM . HEIC . COLLECTIS
    S. P. Q. VIPITINEN . D. D.
    COMIT. DE LEHRBACH . I. R. LEGATUS
    BISSINGEN . GUBERNAT.
    BAR. KERPEN . MILITUM . DUX
    EX . PROVINC.
    COMIT. DE WOLKENSTEIN CAPIT.
    WELSPERG . VIC.

  13. Questo fatto si conferma con un decreto dato in Vienna 6 Aprile 1804 di S. A. R. l’ Arciduca Carlo come Gran Mastro dell’ Ordine Teutonico al Conte Gio: Nepom: d’ Arz, col quale lo aggregò all’ Ordine suddetto. L’ originale porta che questi si era particolarmente distinto nella difesa del paese in tempo del maggiore pericolo, e segnatamente li 27 Marzo, li 2, e li 3 Aprile 1797, e con ciò si era reso benemerito anche del Bailaggio all’ Adige , e monti.
  14. Secondo il catalogo pubblicato l’ anno 1801, l’ importo de’ pensionati nelle Valli di Non, e di Sole comprese le giurisdizioni austriache ascende a fiorini 668 annui dal principio della guerra fino a 3 Gennajo 1800, e in tutto il Tirolo importavano fiorini 19383.
  15. Tra le castellanie, che entrano nel parlamento del Friuli, Büsching dell'Italia Tom. III. Geograf. pag. 108. ediz. Veneta scrive: "Codroipo feudo de’ Conti di Zogliaco, è una non picciola terra a ponente del torrente Stella sulla via di Germania. Vicino e questa è la Villa di Persereano, in cui le delizie de’ Conti Manini patrizj veneti originarj del Friuli sono degne di qualunque Principe."
  16. Questa riconoscenza fu insinuata alle nostre Valli dal Consiglio amministrativo ai 17 Maggio
  17. Spirito delle Leggi Lib X. cap. II.
  18. Lib. XXI. Dec.
  19. Lo aveva egli promesso prima di partir dall’Italia li 14 Novembre 1797: Gli ordini del mio Governo, ed un pericolo imminente per la Repubblica Cisalpina, soltanto mi farebbero ritornare fra voi: sono sue parole. Istor. dell' anno 1798 Lib. V. pag. 189.
  20. G. T. Büsching Geog. Tom. V. pag. 54. del Piemonte scrive: Sui confini del Paese di Wallis vi è il gran Monte di S. Bernardo anticamente Mons Peninus, ove passa la strada, che conduce nel Piemonte; per commodo de’ viandanti vi si ritrova un monastero, ed accanto al medesimo uno spedale.
  21. Marengo picciolo villaggio in pianura con alberi, e cespugli sul Milanese, tra Alessandria e Tortona, situato sulla via regia tra il Tanaro, ove riceve il fiume Bormida, ed il fiume Scrivia, che bagna le mura di Tortona, il Po, e la stretta di Serravalle, che chiude la foce del Monte, e si apre nella pianura. Pretesero alcuni, che il comandante francese ad arte avesse tirato gli austriaci in questa posizione per impedire alla cavalleria austriaca, che era assai numerosa, il poter operare, sull’esempio di Agesilao, di cui Cornelio Nipote XVII. §. 3. racconta, come "lo Spartano vedendo, che i nemici erano superiori di cavalleria, non diè giammai loro luogo di averlo in campo aperto, e venne alle mani in quei luoghi, in nei quali potessero giuocar meglio le truppe a piedi."
  22. La salvaguardia fino alla sua evacuazione costò al Tirolo 163,958 fiorini, non compreso il Tirolo meridionale, che si considerò come paese di conquista.