Geografia (Strabone) - Volume 2/Libro IV/Capitolo I

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Capitolo I

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Strabone - Geografia - Volume 2 (I secolo)
Traduzione dal greco di Francesco Ambrosoli (1832)
Capitolo I
Libro IV Libro IV - Capitolo II

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CAPO PRIMO


Divisione della Gallia Transalpina. — La Celtica o Narbonese. — Marsiglia. — Descrizione della costa da Marsiglia fino a’ Pirenei. — Pesci fossili ed altre singolarità. — Bocche del Rodano. — Coste da Marsiglia al Varo. — Isole adiacenti. — Popoli e città fra il Rodano e le Alpi; fra il Rodano e i Pirenei. — Dei Tettosagi e loro antiche spedizioni. — Dei fiumi della Celtica.


Seguita ora la Celtica al di là delle Alpi: della quale fu da noi già descritta all’ingrosso e la figura e l’ampiezza; ed ora dobbiamo parlare delle singole sue parti.

Alcuni adunque ne dividono gli abitanti in tre popolazioni, cbiamandoli Aquitani, Belgi e Celti1. E sono gli [p. 379 modifica]Aquitani al tutto distinti dagli altri, non solo di lingua ma ben anco di persona, conformandosi cogl’Iberi più che coi Galati. Gli altri sono Galati nell’aspetto: pur non parlano tutti una medesima lingua; nella quale gli uni discordano alcun poco dagli altri. Così parimenti sono in qualche piccola cosa disformi tra loro nel governo e nella maniera del vivere.

Aquitani e Celti pertanto chiamano quelli che stanno presso a’ Pirenei e son divisi fra loro dal monte Cemmeno2. Perocchè già si è detto essere tutta intiera la Celtica 1imitata al ponente da’ Pirenei, i quali toccano entrambi i mari, sì l’interno come l’esterno; e all’oriente dal Reno che va parallelo co’ Pirenei: che nelle parti settentrionali la cinge l’Oceano cominciando dalle estremità settentrionali de’ Pirenei sino alle foci del Reno: e in quelle di mezzogiorno, il mare di Marsiglia e di Narbona, poi le Alpi che stendonsi dalla Ligustica fino alle sorgenti del Reno. Da’ Pirenei si spicca ad angoli retti il monte Cemmeno, e va a traverso di quelle pianure, in mezzo alle quali poi termina presso a Lugduno3 dopo essersi steso per lo spazio di circa due mila stadii.

Chiaman pertanto Aquitani coloro che occupano [p. 380 modifica]le parti settentrionali de’ Pirenei e del Cemmeno, fra l’Oceano e il fiume Garonna. Celti quelli che stanno sull’altra sponda della Garonna, lungo il mare di Marsiglia e Narbona, e congiungonsi con alcune parti dell’Alpi. Belgi quegli altri che son situati sull’Oceano sino alle bocche del Reno, ed alcuni anche di quelli che abitano lungo questo fiume e le Alpi. Così li divise anche il divo Cesare ne’ suoi Commentarj4.

Augusto poi avendo divisa la Gallia in quattro parti congiunse i Celti colla provincia Narbonese; riconobbe gli Aquitani di Cesare, ma v’aggiunse dieci altre popolazioni abitanti fra la Garonna e il Ligeri5. Appresso divise in due il restante, e ne assegnò a Lugduno quella parte che stendesi fino alle terre dell’alto Reno; e l’altra ai Belgi6. [p. 381 modifica]

Ma l’ufficio del geografo si limita a indicare le naturali divisioni dei paesi, e quelle che procedono dalle differenze dei popoli onde sono abitati, accennando per sopra più le cose che vi si trovano degne di ricordanza. Quelle divisioni poi che i principi v’introducono secondo la varia opportunità delle circostanze, basta al geografo menzionarle sommariamente, lasciando altrui lo spiegarle con maggior diligenza.

Tutta questa regione pertanto è irrigata da fiumi, alcuni dei quali discendono dalle Alpi, altri dal monte Cemmeno e da’ Pirenei: e gli uni sboccano nell’Oceano, gli altri nel nostro mare. I paesi pe’ quali discorrono sono quasi tutti pianura e colline con canali navigabili. E le correnti di questi fiumi sono così bene disposte le une a rispetto delle altre, che agevolmente può trasportarsi ogni cosa dall’uno all’altro mare: perchè non debbono viaggiare per terra se non solamente un piccolo tratto di via; nel restante vanno sempre sui fiumi, tanto a seconda del loro corso, come al contrario. In questo poi il Rodano ha maggior vantaggio degli altri, non solamente perchè ha molti altri fiumi che in esso confluiscono, ma sì anche perchè mette foce nel Mediterraneo, il quale supera il mare esterno, come dicemmo, e perchè scorre a traverso delle province più feconde7. [p. 382 modifica]

Tutta la Gallia Narbonese produce que’ frutti medesimi che l’Italia. Chi va poi verso il settentrione ed il monte Cemmeno trova che l’olivo ed il fico vengono meno, ma tutte le altre cose vi allignano. Avvi anche la vite, ma non reca facilmente a maturanza le uve. Tutto il restante della Gallia produce molto frumento e miglio, e ghiande, e bestiame d’ogni generazione. Nessuna parte di quella provincia è lasciata oziosa, fuor pochi luoghi dove le paludi ed i boschi impediscono la coltura: ed anche questi però sono abitati, ma pel gran numero delle genti anzichè per la loro industria: perocchè quivi le donne sono fecondissime e sanno ben nutrire i lor parti, ma gli uomini si danno al mestiere dell’armi piuttostochè all’agricoltura. Ora per altro sono necessitati, deposte l’armi, di attendere alla coltivazione dei campi. E questo io dico in generale di tutta la Celtica al di là delle Alpi8. Ripigliando ora il discorso intorno a ciascuna delle sue quattro parti, ne daremo una breve descrizione facendo principio dalla Narbonese.

Questa provincia in quanto alla figura è una specie di parallelogrammo9, circoscritto a occidente da’ Pirenei, dal Cemmeno a settentrione, a mezzogiorno dal mare che stendesi fra i Pirenei e Marsiglia, all’Oriente, in parte dalle Alpi, in parte da una linea retta che va [p. 383 modifica]perpendicolarmente dalle Alpi stesse fino al monte Cemmeno, il quale poi stendesi fino al Rodano, facendo un angolo retto con quella linea tirata dalle Alpi. Al fianco meridionale di questo parallelogrammo si congiunge la spiaggia marittima occupata dai Marsigliesi e dai Salii10 fino al paese dei Liguri, verso l’Italia ed il fiume Varo, il quale (come già dissi) è il confine della Gallia Narbonese dalla parte dell’Italia, e nella state è di poco momento, ma dorante l’inverno si allarga fino a sette stadii11. Di quivi la costa si stende fino al tempio di Venere Pirenea; e quello è il confine tra questa provincia e l’Iberia. Altri però sogliono indicare come confini tra l’Iberia e la Celtica i Trofei di Pompeo. V’hanno poi da quivi a Narbona sessantatrè miglia, da Narbona a Nemanso12 ottantotto; da Nemauso alle Acque Sestie presso Marsiglia, passando per Ugerno e per Tarascona, cinquantatrè; e di quivi ad Antipoli ed al fiume Varo settantatrè: sicchè tutti insieme fanno duecento settantasette miglia13. Alcuni però dal tempio di Venere sino al Varo contano durmila e seicento stadii; e v’ha chi a questo numero ne aggiunge [p. 384 modifica]altri duecento: perocchè non sono tutti d’accordo intorno alle distanze. Rispetto all’altra via che attraversa i Voconzii ed il paese di Cozzio14, si percorre la stessa strada da Nemauso fino ad Ugerno ed a Tarascona: ma di quivi poi sino ai confini dei Voconzii ed al punto dove comincia l’erta delle Alpi, attraversando la Druenza e Cavallione v’hanno sessantatrè miglia, e novantanove per andare agli altri confini dei Voconzii dalla parte del paese di Cozzio nel borgo di Ebroduno15. Altrettanti se ne contano da quest’ultimo paese fino ad Ocelo16, confine del paese di Cozzio, passando pel paese di Briganzio, Scingomago e per le alte Alpi. E già il paese che tien dietro a Scingomago porta il nome d’Italia, sebbene sia soltanto a ventisette miglia da Ocelo.

Marsiglia fondata già da’ Focesi17 giace in un paese sassoso: il suo porto è scavato in un masso che ha la forma di un teatro, e rivolto al mezzogiorno18: e tutta la città, ch’è di notabil grandezza, è ben fabbricata. Sulla rocca poi è costrutto il tempio Efesio e quello di [p. 385 modifica]Apollo Delfio: dei quali quest’ultimo è comune a tutti gl’Ionii: l’altro tempio è consacrato a Diana Efesia. Perocchè è fama che quando i Focesi stavano per partirsi dalle loro contrade, un oracolo comandò loro di pigliarsi da Diana Efesia il condottiero di quella navigazione. Essi pertanto venuti ad Efeso, domandarono in qual modo potrebbero ottener dalla Dea ciò che l’oracolo aveva ad essi ordinato: ed ecco la Dea apparire in sogno ad Aristarchea, una delle più illustri matrone d’Efeso, e ordinarle di accompagnare i Focesi, portando seco qualcuna delle sacre immagini 19. Così ella fece, e quando la colonia fu stabilita, i Focesi edificarono il tempio, e come coloro che veneravano sommamente Aristarchea, nominaronla sacerdotessa. Quindi anche in tutte le città che traggono la loro origine da Marsiglia, Diana suol essere venerata fra le prime divinità, e nella figura della statua, e in tutte le altre istituzioni seguono pienamente ciò ch’è stabilito nella metropoli.

I Marsigliesi poi hanno un governo aristocratico, il meglio regolato di tutti, avendo fondato un sinedrio d’uomiui che in numero di cinquecento tengono quella carica per tutto il tempo della loro vita, sotto il nome di timochi20. Quindici di costoro presiedono a tutto il concilio ed hanno l’incarico di espedire le faccende che [p. 386 modifica]occorrono di mano in mano: e fra questi quindici se n’eleggono ancora tre con maggiore autorità degli altri. Nessuno può esser fatto timoco se non ha figliuoli o non è uscito d’una famiglia che almeno da tre generazioni appartenga a quella cittadinanza. Le leggi sono ioniche, e soglionsi esporre pubblicamente. Il paese porta olivi e viti; ma scarseggia di frumento per l’asprezza del terreno. Il perchè poi confidando meglio nel mare che nella terra, si sono dati di preferenza alla navigazione, siccome occupazione più naturale e più conveniente a loro. Tuttavolta in progreso di tempo col loro coraggio si sottomisero alcuni dei luoghi circonvicini con quelle forze medesime colle quali fondarono anche alcune città da servir poi a loro come di propugnacoli; pei esempio nell’Iberia21 contro gl’Iberi, fra i quali trasportarono anche i patrii lor riti di Diana Efesia; per modo che anche quei popoli cominciarono quindi a sagrificare secondo l’usanza dei Greci. Lo stesso dicasi di Rode ed Agata22 fabbricata contro que’ barbari che abitano lungo il Rodano; poi di Taurento, Olbia, Antipoli e Nicea23, opposte alla nazione dei Salii ed ai Liguri abitatori delle Alpi. Hanno inoltre i Marsigliesi arsenali ed armerie; e in antico ebbero gran copia di navi, d’armi e di macchine occorrenti così alle spedizioni di mare, come alla espugnazione delle città: colle quali poterono poi e resistere ai barbari, e rendersi [p. 387 modifica]amici i Romani, i quali ebbero da loro molti vantaggi, e li aiutarono di ricambio ad ingrandirsi. Però Sestio dopo avere abbattuti i Salii, fondò, non molto discosto da Marsiglia una città24 alla quale impose il proprio nome e quello delle acque calde ch’ivi trovavansi (dicono che ora in parte son fredde); e vi pose un presidio romano: e così cacciò via i barbari da quella spiaggia che da Marsiglia conduce in Italia, d’onde i Marsigliesi non avevano mai potuto interamente cacciarli. Ma anche Sestio non potè se non costringerli a dilungarsi dal mare per lo spazio di dodici stadii nei luoghi dove trovò buoni porti, e di otto soltanto nei siti aspri e importuosi; aggiungendo al Marsigliese il terreno abbandonato da quelli. Trovansi poi nella rocca molte spoglie guerresche tolte dai Marsigliesi in continue battaglie navali a quelli che ingiustamente vollero disputar loro il dominio del mare. E furono anticamente in prospera fortuna, come pel resto, così sopra tutto per l’amicizia che avevano coi Romani, della quale si potrebbero addurre parecchie prove; e fra le altre il simulacro di Diana che questi consacrarono sull’Aventino, simile in tutto alla forma di quello de’ Marsigliesi. Ma nella guerra civile fra Pompeo e Cesare, avendo costoro aderito alla parte che rimase poi vinta, perdettero molta della loro prosperità. Restano per altro tuttora [p. 388 modifica]i vestigi dell’antico zelo di quegli uomini, principalmente rispetto al costruir macchine ed alle cose che servono alla marina. Se non che ammansandosi più e più sempre i barbari circonvicini, ed essendosi volti già dalla guerra alle cose civili ed alla coltura dei campi, per la prevalenza acquistatavi dai Romani, non accade ai Marsigliesi di esercitarsi oggimai punto nè poco nelle cose predette. E lo dimostra ciò che si vede presentemente a Marsiglia: perocchè tutti gli uomini più gentili si danno all’eloquenza ed alla filosofia: e così quella città da poco tempo è divenuta una scuola de’ barbari, e destò fra i Galli cotanto amore degli studj greci, che scrivono nella lingua di quella nazione per sino i contratti25; e già i più illustri Romani preferiscono di andare per istruirsi a Marsiglia piuttostochè ad Atene. I Galli poi, seguitando l’esempio di que’ cittadini, consacrarono anch’essi l’ozio che la pace ad essi procura a que’ medesimi studj; nè solamente i privati, ma tutti pubblicamente: perocchè e i cittadini in particolare e le città in comune sogliono avere e professori di lettere e medici stipendiati. Della frugalità e parsimonia dei Marsigliesi si può poi stabilire questo non piccolo indizio, [p. 389 modifica]che la maggior dote appo loro è di cento aurei; e cinque di tali monete bastano agli abiti della sposa, e cinque a’ suoi ornamenti d’oro: nè è lecito oltrepassar questo limite. Finalmente, così Cesare, come gli altri principi furono assai moderati nel punire le colpe nelle quali i Marsigliesi guerreggiando erano incorsi, ricordandosi dell’antica amicizia; e conservarono a quella città la primitiva sua indipendenza; sicchè nè quella nè i sudditi suoi non sono tenuti di ubbidire ai magistrati che mandansi in quella provincia. E ciò basti di Marsiglia.

La parte montuosa de’ Salii inclina dall’occidente al settentrione allontanandosi a poco a poco dal mare. La spiaggia invece che va verso il ponente, quando è pervenuta a circa cento stadii dalla città de’ Marsigliesi, dov’è un promontorio di ragguardevole ampiezza vicino a una cava di pietre, comincia a piegarsi a foggia di un seno, formando il golfo Galatico che finisce il tempio di Venere, detto Capo de’ Pirenei26, ed anche capo Marsigliese. Quel seno poi è doppio: perocchè la sua spiaggia è divisa nel mezzo dal promontorio Sezio27 e dall’isola di Blascone a quello vicina: e di questi due seni il maggiore, nel quale si versa il Rodano, chiamasi propriamente [p. 390 modifica]Galatico28; il minore è quello che stendesi da Narbona fino ai Pirenei. La città di Narbona pertanto è situata al di sopra delle bocche dell’Atace29 e della palude Narbonese, ed è il più grande emporio di quelle regioni. Verso il Rodano poi avvi la città di Arelate30, la quale è anch’essa un emporio di non piccolo momento: e queste due città sono quasi ad uguale distanza fra loro, quanto Narbona è lontana dal promontorio di Venere, ed Arelate da Marsiglia. Da ambe le parti poi di Narbona scorrono altri fiumi, gli uni (dicesi) dai monti Cemmeni, gli altri da’ Pirenei; e lungo le loro sponde sono alcune città, alle quali si può navigare con grossi legni. Da’ Pirenei discorrouo il Ruscinone e l’Ilibirride31, ciascuno dei quali ha una città che porta lo stesso suo nome. Presso al Ruscinone avvi anche un lago, e un terreno paludoso poco al di sopra del mare, pieno di saline e di muggini fossili. Però se l’uomo scava colà a due o tre piedi di altezza, e immerge il tridente nell’acqua fangosa che trova, può facilmente trafiggere uno di questi pesci di notabil grandezza: essi nutronsi di fango come le anguille. Questi adunque souo i fiumi che scorrono da’ Pirenei fra Narbona e il capo di Venere. Dall’altra parte di Narbona se ne vanno dal monte Cemmeno al mare alcuni altri, come a dire l’Atace, l’Obri32, lungo il quale è fondata la ben munita città [p. 391 modifica]di Biltera presso a Narbona, ed il Raurari su cui sta Agatha colonia de’ Marsigliesi.

Questa spiaggia ha dunque la singolarità già detta de’ pesci fossili; poi n’ha un’altra quasi maggiore di questa, e della quale mi propongo di parlare al presente. Fra Marsiglia e le bocche del Rodano avvi una pianura distante dal mare cento stadii all’incirca: la sua forma è rotonda, e il diametro è pure di circa cento stadii: e chiamasi la pianura sassosa perchè è tutta piena di pietre grosse quanto la capacità di una mano, di mezzo alle quali poi spunta un’erba d’onde le pecore hanno un’abbondante pastura. Fra queste pietre s’aduna un’acqua salmastra e vi si forma anche il sale. In tutto poi il paese, anche in quello situato più in alto, soffiano venti continui; ma sulla pianura già detta trae principalmente il vento settentrionale violento ed orribile, il quale dicono che agita e sommove alcuni dei sassi ond’è piena, e col suo soffio gitta gli uomini giù dai carri, e li priva delle armi e delle vesti. Aristotele pertanto afferma che quelle pietre sospinte alla superficie per forza di alcuni di que’ terremoti che sono denominati Brasti33, andarono naturalmente a raccogliersi nelle parti più basse. Posidonio invece è d’opinione che quella pianura anticamente sia stata un lago, inariditosi poi in conseguenza di una forte agitazione, per la quale si ruppe in molte piccole pietre somiglianti ai ciottoli dei fiumi e delle spiagge [p. 392 modifica]marittime, sì nella grossezza come nella levigatura. E così questi due scrittori studiansi di spiegare questo fenomeno: ma non mi pare34 credibile il ragionamento nè dell’uno nè dell’altro; perocchè que’ ciottoli così radunati non poterono nè raccogliersi da sè stessi in un medesimo luogo, nè formarsi d’acqua agghiacciata; ma bensì dovettero nascere da pietre più grandi, dalle quali staccaronsi di mano in mano che quelle si vennero rompendo. Ma Eschilo, o che vedesse la difficoltà di spiegare questo fenomeno, o che da altri gli fosse così raccontata la cosa, ne fece una favola: perocchè presso lui Prometeo indicando ad Ercole la strada che dal Caucaso guida alle Esperidi, così dice: «Verrai all’imperterrita gente de’ Liguri, dove sebbene tu sia valoroso ti troverai in grave difficoltà, perchè è destino che ti vengano meno le frecce; nè ti verrà fatto di raccogliere alcun sasso dal suolo, il quale è tutto un pantano. Ma Giove poi vedendoti in quell’affanno avrà di te compassione; stenderà nel cielo una nube che piena di pietre rotonde adombrerà la terra: e tu armato di quelle pietre potrai facilmente domare la schiatta dei Liguri.» Ma (dice qui Posidonio) non sarebbe stato miglior consiglio far sì che quelle pietre rovinassero sopra i Liguri stessi e li seppellissero tutti, anzichè fare che Ercole fosse ridotto ad averne tanto [p. 393 modifica]bisogno? Tuttavolta egli è certo che per combattere una gente sì numerosa dovette aver d’uopo appunto di quella moltitudine di sassi: sicchè in questa parte mi sembra più ragionevole chi compose la favola, che non colui il quale si fa a censurarla. Oltrechè il poeta dicendo che tale era il decreto del Fato, non lascia luogo a veruna censura. Perocchè se non fossero la provvidenza e il destino si troverebbero parecchie delle cose umane e naturali, dove forse potrebbe dirsi che meglio sarebbe se fossero altrimenti da quello che sono: per esempio, che l’Egitto avesse sue piogge, anzichè aver bisogno che l’Etiopia l’innondasse: che Paride avesse naufragato mentre viaggiava alla volta di Sparta, anzichè rapirne Elena e pagar poi la pena dopo il delitto, causando cotanta strage di Greci e di barbari; della quale poi Euripide recava la colpa a Giove, dicendo: Il padre Giove deliberato che i Troiani soggiacessero ad una sventura, e che i Greci fossero castigati, ordinò queste cose.

Rispetto alle bocche del Rodano, Polibio contraddice a Timeo, dicendo che non sono cinque ma due: Artemidoro ne annovera tre. Più tardi poi Mario, vedendo che la foce del fiume otturavasi dalle continue alluvioni, sicchè l’adito ne riusciva difficile, scavò un nuovo canale in cui raccolse il grosso del fiume, facendone dono ai Marsigliesi in premio del soccorso prestatogli nella guerra contro gli Ambroni ed i Toigeni35: ed essi ne ricavarono una grande ricchezza [p. 394 modifica]ponendo una tassa a chiunque navigava su o giù per quelle acque. Contuttociò è ancora difficile l’ingresso delle navi in quel fiume per la violenza delle acque, pel terreno che queste vi apportano e per la situazione del luogo sì bassa, che quando l’aria è alcun poco oscura non è possibile vedere nemmanco gli oggetti vicini. Quindi i Marsigliesi vi fecero costruire delle torri che servissero come segnali, appropriandosi così in ogni modo quel luogo; ed avendo pigliato possesso anche di quel terreno che dalle bocche del fiume è abbracciato a guisa di un’isola, vi fabbricarono sopra un tempio e lo consacrarono a Diana Efesia. Al di sopra delle bocche del Rodano trovasi poi un lago d’acque marine denominato Stomalimna36, abbondevolissimo d’ostriche e di pesci. Alcuni lo contano fra le bocche del Rodano, e principalmente coloro che le fanno ascendere a cinque37: ma in questo pure s’ingannano; perocchè v’ha un monte fra mezzo, il quale disgiunge il lago dal fiume.

Questa pertanto è l’estensione e la natura di quella spiaggia che va da’ Pirenei a Marsiglia. Quella poi che di quivi stendesi al Varo ed ai Liguri ha parecchie città de’ Marsigliesi, come a dire Taurento, Olbia, Antipoli, Nicea, il porto di Cesare Augusto detto Foro Giulio, e posto fra Olbia ed Antipoli distante circa cinquecento stadii dalla città di Marsiglia. Il fiume Varo è nel mezzo fra Antipoli e Nicea, a circa venti stadii da [p. 395 modifica]questa, e sessanta da quella: di qualità che secondo le nuove divisioni dei confini, la città di Nicea appartiene all’Italia, sebbene sia soggetta ai Marsigliesi: i quali a dir vero fabbrirarono le predette città contro i barbari circonvicini, acciocchè se quelli eran padroni del territorio, ad essi almeno restasse libero il mare. Perocchè quel paese è montuoso e naturalmente forte; ma presso a Marsiglia, dov’è occupato dai Salii38 s’apre uno spazio piano di mediocre grandezza: nel resto chi procede verso l’oriente trova che il paese si viene sempre più restringendo fra le montagne ed il mare, per modo che appena lascia una via da potervi passare. Questi luoghi sono occupati nel principio dai Salii, e nell’estremità poi da’ Liguri confinanti coll’Italia, e dei quali parlerassi altrove. Qui frattanto si vuole aggiungere, che sebbene Antipoli sia situata nella Gallia Narbonese, e Nicea nel territorio d’Italia, nondimeno questa è soggetta ai Marsigliesi e fa parte della loro provincia; e quella invece si conta fra le città italiane, e fu tolta ai Marsigliesi e dichiarata libera da ogni loro giurisdizione.

Dinanzi all’augusta spiaggia or ora menzionata, partendosi da Marsiglia, stanno le isole Stecadi39; tre delle quali sono ragguardevoli, e due piccole; e le coltivano i Marsigliesi. Anticamente vi stava un presidio, per impedire che vi approdassero i barbari, giacchè sono anche ben provvedute di porti. Dopo le Stecadi sono [p. 396 modifica]Planasia e Lerone40 amendue abitate. Quest’ultima in cui trovasi il tempio di Lerone, è posta dirimpetto ad Antipoli. Vi si trovano poi anche alcune altre isolette le quali non meritano d’essere menzionate, alcune rimpetto proprio a Marsiglia, altre lungo il restante della spiaggia fin qui descritta. Dei porti sono notabili quello di Foro Giulio e quel di Marsiglia: i restanti sono mediocri, fra i quali comprendiamo anche quello denominato Oxubio dai Liguri Oxubii. E ciò sia detto di quella spiaggia.

II paese situato in fra terra è circoscritto principalmente da montagne e da fiumi. Fra questi è notabilissimo il Rodano, il quale è grandissimo e può essere per un gran tratto navigato contro il corso dell’acque, ed è accresciuto da molte correnti che vi mettono capo. Ma si conviene ragionare di queste cose ordinatamente. Chi dunque si parte da Marsiglia e procede verso il paese situato fra l’Alpi ed il Rodano sino al fiume Druenza, trova i Salii lungo uno spazio di circa cinquecento stadii. Attraversando poscia il fiume e approdando alla città di Cabliona41, si trova tutto il paese dei Cavari fino a quel punto dove l’Isara entra nel Rodano e dove anche il monte Cemmeno vien quasi a congiungersi con questo fiume: e lo spazio dalla Druenza a quel sito è di settecento stadii. Abitano poi i Salii in que’ luoghi così le pianure come [p. 397 modifica]le montagne. Ed al di sopra dei Cavari stanno i Voconzii, i Tricorii, gl’Iconii ed i Medulli. Fra la Druenza e l’Isara discendono dalle Alpi anche altri fiumi a scaricarsi nel Rodano, due dei quali scorrono intorno alla città dei Cavari42, ed entrano poi nel Rodano con una sola corrente. Avvene poi un terzo, il Sulga43, che si mischia col Rodano presso alla città di Vindalona, dove Gneo Enobarbo in una grande battaglia sconfisse parecchie migliaia di Celti. In mezzo a questi fiumi stanno le città degli Avenii e degli Arausii44, ed anche Aeria; la quale (dice Artemidoro) è veramente aerea per essere fabbricata sopra una grande altezza. In generale pertanto tutta quella regione è campestre e di buoni pascoli, fuor solamente la parte ch’è da Aeria fino alla Druenza45, dove si trovano passi angusti e boscosi. In quel sito poi dove l’Isara e il Rodano e il monte Cemmeno si toccano, Quinto Fabio Massimo Emiliano con men di trenta mila soldati sconfisse duecento mila Celti, e v’innalzò un trofeo di marmo bianco, e due tempj, uno a Marte e l’altro ad Ercole.

Dall’Isara fino a Vienna, metropoli degli Allobrogi situata lungo il Rodano, v’hanno trecento venti stadii. [p. 398 modifica]Non molto al di sopra di Vienna è Lugduno, dove l’Arari e il Rodano si mischiano insieme. Da Vienna a Lugduno, viaggiando per terra a traverso del paese degli Allobrogi, si contano circa duecento stadii; per acqua poi qualche cosa di più. E un tempo gli Allobrogi fecero spedizioni guerresche con molte migliaia di soldati; ma ora sono dati a coltivare i campi e le valli delle Alpi. E per la maggior parte vivono in borgate; e i più illustri abitano Vienna, la quale fu anch’essa, già tempo, un semplice borgo, ma poscia ne fecero una città e la denominarono capitale della nazione. Essa pure è situata lungo il Rodano, il quale si disserra dalle Alpi già grosso e impetuoso, sicchè anche quando si spinge a traverso del gran Lemano46, la sua corrente vi si vede distinta per lo spazio di molti stadii. Pervenuto poi nelle pianure degli Allobrogi e dei Segoziani, s’incontra coll’Arari presso Lugduno, città soggetta a questi ultimi. Anche l’Arari discorre dalle Alpi e divide i Sequani dagli Edui e dai Lincassi; poi riceve in sè il Dubi, che discende anch’esso da quelle montagne ed è navigabile; e prevalendo il suo nome, sicchè tutti e due si dicono Arari, va con esso a gettarsi nel Rodano. Il quale impone invece all’Arari il proprio nome, e via prosegue il suo viaggio a Vienna. Tutti e tre questi fiumi nel principio del loro corso vanno a settentrione; poi inclinano verso ponente; e quando all’ultimo si sono uniti in un alveo solo, fanno un’altra svolta di nuovo correndo verso il mezzogiorno finchè, dopo [p. 399 modifica]aver ricevute le acque di parecchi altri fiumi, sboccano in mare. Siffatto adunque è il paese posto fra le Alpi ed il Rodano.

L’altra sponda del fiume è abitata per la maggior parte dai Volci soprannomati Arecomici. Dicono alcuni che il porto di questa gente è la città di Narbona, la quale più giustamente direbbesi porto di tutta la Celtica; tanto essa è da lunghissimo tempo superiore all’altre nel commercio. I Volci pertanto abitano vicino al fiume Rodano, avendo rimpetto a sè nella riva opposta i Salii ed i Cavari: ma il nome dei Cavari prevalse talmente in que’ luoghi, che con quello soglionsi menzionare quanti barbari abitano colà intorno: benchè a dir vero non sono più barbari, ma si uniformarono per la maggior parte ai Romani nell’idioma e nel vivere, ed alcuni anche nella forma del governo. Vi sono poi alcune altre oscure e piccole nazioni, le quali si stendono dagli Arecomici fino ai Pirenei. La metropoli degli Arecomici è Nemauso, la quale sì di commercio come di forestieri è molto inferiore a Narbona, ma la sorpassa nel numero dei cittadini. Perocchè tiene sotto di sè ventiquattro borghi tutti d’una stessa gente, ed assai ben popolati; e gode47 del diritto del Lazio, di maniera che quanti in Nemauso erano creduti degni di esser fatti edili o questori consideravansi come Romani. D’onde poi quella nazione non si trova soggetta per [p. 400 modifica]nulla a magistrati spediti da Roma. Ed è situata questa città lungo la strada che dall’Iberia conduce in Italia; la quale di state è comoda, ma nell’inverno e nella primavera suol essere fangosa e inondata da fiumi, alcuni dei quali tragittansi sopra barche, alcuni invece sopra ponti fatti di legno o di pietre. E queste difficoltà provenienti dall’acque sono causate da torrenti, i quali continuano qualche volta a discorrer dalle Alpi fin nella state a cagione delle nevi che si liquefanno. In quanto alla strada già mentovata, un ramo va diritto (come dicemmo) alle Alpi attraversando i Voconzii; e questo è il più breve, l’altro che segue la spiaggia marsigliese e ligustica è più lungo, ma offerisce più facili passaggi in Italia, divenendo quivi più basse le montagne frapposte. Nemauso poi è lontana dal Rodano circa cento stadii, considerando quel punto di cotal fiume dove sull’opposta riva trovasi la piccola città di Tarascona; e da Narbona è distante settecento venti. Toccano il monte Cemmeno, e ne occupano anche il fianco meridionale fino alle sue estremità, i Volci denominati Tettosagi con alcuni altri popoli. Ma di questi parleremo altrove. I Tettosagi abitano in vicinanza de’ monti Pirenei, toccando alcun poco anche il fianco settentrionale del monte Cemmeno48, ed hanno un paese abbondevole d’oro. Congetturasi che un tempo essi fossero potenti e numerosi per modo che, venuti a [p. 401 modifica]sedizione, cacciaron de’ proprii confini una gran moltitudine di loro compatriotti, alla quale si congiunsero quindi anche molti altri delle nazioni circonvicine. Alcuni poi di costoro occuparono la Frigia confinante colla Cappadocia e coi Paflagoni: di che ci rimangono in prova tuttora i Tettosagi di quella regione; perocchè trovandosi colà tre nazioni, quella che occupa Ancira49 porta cotesto nome, e le altre due sono Trocmi e Tolistobogii. E che anche questi sieno provenuti dalla Celtica n’è prova la somiglianza ch’essi hanno coi Tettosagi; ma da quale provincia siansi partiti nol potremmo affermare: perocchè non troviamo che al presente v’abbiano popoli di cotai nomi nè al di dentro, nè al di fuori delle Alpi, nè sulle Alpi stesse; ma è probabile che a cagione delle frequenti emigrazioni sian venuti a mancare, siccome intervenne anche di parecchie altre genti. Cosi anche quel Brenno50 il quale si spinse fino a Delfo è da alcuni denominato Prausio; ma non potremmo poi dire in qual parte del mondo questi Prausii da prima abitassero. E dicesi che anche i Tettosagi furono in quella spedizione di Delfo, e che i tesori trovati appo loro nella città di Tolosa da Cepione condottiero romano, fossero una parte del bottino del tempio, a cui quelle genti [p. 402 modifica]avevano poi aggiunto anche del proprio e consacratolo insieme per propiziarsi quel Dio51: ed affermano alcuni che Cepione per avere osato por mano a quel tesoro finì miseramente la vita, cacciato come sacrilego dalla patria, e lasciando dopo di sè due figliuole, le quali, al dire di Timogene52, furono svergognate e finirono turpemente. Ma più credibile è in ciò il racconto di Posidonio. Secondo lui il tesoro trovato in Tolosa ascendeva a circa mille e cinquecento talenti, e trovavasi parte riposto nel tempio, parte ne’ laghi sacri, non già in moneta coniata, ma in verghe d’oro e d’argento: ma il tempio di Delfo (egli dice), quando ebbe luogo la spedizione dei Galli, non avea più di così fatte ricchezze, delle quali avevanlo già spogliato i Focesi53 nella guerra sacra. Che se pure una qualche parte ve ne fu trovato, dovette esser divisa fra molti. Oltrechè non par verisimile che i Tettosagi se ne tornassero sani e [p. 403 modifica]salvi da quella spedizione ai proprii paesi: sapendosi come dopo che si partiron da Delfo furono da molte miserie travagliati, e, venuti a discordia fra loro, andarono qua e là in varie parti dispersi. Però si vuol dire piuttosto, siccome affermano Posidonio stesso e molti altri, che la Celtica avesse parecchi tesori, per essere quella regione ferace d’oro, e abitata da uomini superstiziosi ed avvezzi a vivere senza sontuosità: i quali poi nascondevano come in luogo sicuro l’oro e l’argento nei loro laghi. I Romani pertanto quando si furono impadroniti di quei paesi, venderono pubblicamente cotesti laghi, nei quali molti dei compratori trovarono poi grandi masse d’argento. Anche in Tolosa eravi un sacro tempio tenuto in gran riverenza dai popoli circonvicini; il quale anch’esso abbondava di grandi tesori, essendo molti coloro che ve li deponevano, senza che niuno mai fosse ardito di toccarli.

Ed è la città di Tolosa fondata in quel sito dov’è più angusto quell’istmo che disgiunge l’Oceano dal mar di Narbona, sicchè al dire di Posidonio è minore di tre mila stadii. Qui poi, come abbiam detto già innanzi, merita d’essere notata prima d’ogni altra cosa la grande comodità che hanno tutte le parti di quel paese di comunicare fra loro a cagione dei fiumi e de’ mari (l’Oceano ed il Mediterraneo); perocchè chiunque si faccia a considerare queste circostanze troverà ch’elleno sono una parte non piccola della felicità di que’ luoghi; potendosi, dico, agevolmente portar navigando tutto quanto è necessario alla vita da un luogo ad un altro, per modo che tutti del pari se ne [p. 404 modifica]vantaggiano: principalmente in questa nostra età in cui avendo cessato dalle armi, attendono con diligenza a coltivare la terra, e si studiano di fondare un viver civile. E però di qui si potrebbe trarre argomento a provare l’opera della Provvidenza, non potendosi credere che quei luoghi siano così bene disposti per caso, anzichè per un segreto consiglio. Perocchè puossi colà risalire il Rodano navigando un lungo tratto con legni carichi da gran peso di mercatanzie; le quali poi si diffondono nelle varie parti di quella regione per mezzo de’ molti fiumi cbe vengono a scaricarsi nel Rodano stesso, navigabili anch’essi e capaci di portar grandi pesi. E nel vero questi carichi passan nell’Arari54 e poscia nel Dubi che in quello si getta: quindi trasportansi per terra sino al fiume Sequana, a seconda del quale vanno poi giù fino all’Oceano, ai Lexobii ed ai Caleti55; e da questi con un viaggio di meno che un giorno trasportansi nella Britannia. Ma per essere il Rodano rapido e difficile a rimontarsi, alcune delle mercatanzie sono invece condotte per terra sui carri; come a dir quelle che portansi tra gli Arverni od al fiume Ligeri56, sebbene il Rodano scorra vicino anche ad una parte di que’ paesi: ma per essere la strada piana, e lunga soltanto un ottocento stadii all’incirca ne viene che non trovino conveniente risalire il fiume a ritroso del suo corso, [p. 405 modifica]mentre possono invece viaggiare comodamente per terra. Dopo di ciò s’imbarcano sopra il Ligeri, il quale discorre dai monti Cemmeni all’Oceano. Da Narbona si naviga, ma un piccol tratto, su per l’Atace; quindi si fa un cammino più lungo per terra fino alla Garonna, per lo spazio di forse ottocento o settecento stadii: ed anche la Garonna scorre verso l’Oceano. Queste cose risguardano gli abitanti della provincia narbonese, i quali dagli antichi furono denominati Celti57; e credo che di qui poi tutti i Galati fossero detti Celti dai Greci, pigliando il nome da quelli a cagione della loro celebrità, o perchè forse contribuissero a questo anche i Marsigliesi abitanti vicino a que’ luoghi.

Note

  1. La Gallia si divideva in quattro grandi parti, Narbonese, Aquitana, Celtica e Belgica. Strabone copiò principalmente Cesare, non osservando ch’egli parlò solamente delle tre province da lui conquistate, e tacque della Gallia Narbonese, soggetta ai Romani già prima della sua spedizione. Ed. franc.
  2. Le Cevenne.
  3. Lione.
  4. Trovansi qui (dice il Gossellin) molti errori, probilmente perchè Strabone cita de’ Commentarj di Cesare un estratto imperfetto. Bisogna ricordarsi che il nostro Autore credeva che la catena de’ Pirenei andasse dal nord al sud, mentre va invece dal ponente al levante; e siccome egli aggiunge che le Cevenne (il Cemmeno) si partono da’ Pirenei ad angoli retti, così dovrebbero stendersi secondo lui dall’occidente all’oriente, mentre invece si allungano dal mezzodì al nord. Egli finalmente credette che la Garonna, la Loira e la Senna scorressero dal mezzogiorno al nord: e dopo queste false supposizioni ha dovuto di necessità collocare fuor de’ veri loro luoghi tutti i popoli cbe vien nominando.
  5. La Loira.
  6. Osservano gli Ed. franc. che Augusto non mutò punto la divisione generale della Gallia, ma solo ne rese meno inuguale l’estensione delle province.
  7. Il Coray e gli Ed. franc. hanno corretto assai ragionevolmente questo periodo che nelle edizioni ordinarie riesce oscuro per trovarsi fuori di luogo le parole ὥσπερ εἴρηται (come dicemmo). I vantaggi poi del Mediterraneo sopra l’Oceano consistono nell’aver le coste sotto un clima migliore e abitate da popoli più inciviliti. (V. il lib. ii).
  8. La Gallia Transalpina, come i Romani dicevano; cioè la Francia.
  9. Anche questa figura si fonda sull’opinione dell’Autore in torno alla situazione de’ Pirenei e delle Cevenne. (G.)
  10. Costoro occupavano la Provenza. (G.)
  11. Il Varo, che ha conservato il suo nome, è piuttosto un torrente che un fiume. (G.) - Non trovasi poi dove l’Autore ne abbia parlato da prima, sicchè quelle parole come già dissi, ὡς εἶπον πρότερον, paiono soverchie.
  12. Nimes. Le Acque Sestie sono ora Aix; ed Ugerno è Beaucaire.
  13. Le misure qui indicate non si trovano corrispondenti a quelle degli antichi Itinerarii.
  14. Il paese di Brianzone. Le Alpi Cozie ricevettero il nome da questo principe riconosciuto indipendente da Angusto e vissuto fin sotto Nerone. Alla morte di lui i suoi Stati diventarono provincia romana. (G.)
  15. Così dee leggersi invece di Epebroduno. Ori poi dicesi Embrum.
  16. Uxeau.
  17. Circa 600 anni prima dell’era Volgare. (G.)
  18. La posizione di Marsiglia non è ora precisamente quella di prima, però il suo porto è ora volto all’ovest.
  19. L’espressione ἀφίδρυμά τι τῶν ἱερῶν potrebbe significare anche un disegno del tempio e delle statue. (Ed. franc.)
  20. Da τιμή onore e da ἔχω possedere. Però il Buonacciuoli tradusse Onorati.
  21. Tali sono Emeroscopio, Emporio e Rodope, delle quali Strabone ha già parlato descrivendo la Spagna.
  22. Agde.
  23. Ora Taurento, Euba, Antibo e Nizza.
  24. Aquae Sextiae, ora Aix. - In quanto alle acque così ne parla Solino: Quarum calor, olim acrior, exhalutus per tempora evaporavit; nec jam par est famae priori. La vittoria poi di Sestio si riferisce all’anno 629 di Roma. (Ed. franc.)
  25. Quest’usanza però (dicono gli Ed. franc.) si vuol intendere solamente dei Galli abitanti quella parie occupata dai Romani sotto il nome di provincia romana, e di alcuni popoli limitrofi. Ed anche fra questi si vuol limitare ai nobili ed ai druidi, perchè soltanto queste due classi potevano fare contratti, mentre il popolo consideravasi come schiavo: Nam plebs pene servorum habetur loco, quae per se nihil audet, et nulli adhibetur consilio. Caesar, lib. VI, c. 13.
  26. Il Capo Creus.
  27. Ora Cette. L’isola menzionata subito dopo è uno scoglio rimpetto ad Agde, il quale fu congiunto poscia colla spiaggia per fare il porto di Agde stessa. Il promontorio di Cette (cbe Strabone denomina monte Sigio) sporge assai meno di quello che non dicono Strabone stesso e Tolomeo e in generale tutti gli antichi. (Ed. franc.)
  28. Il golfo di Lione.
  29. L’Aude.
  30. Arles.
  31. Ora Tet e Tech.
  32. Orbe.
  33. Βράστοι o Βρασματίαι dicevansi i terremoti accompagnati da eruzioni. (Ed. franc.)
  34. Non mi pare. Cosi correggono gli Ed. franc. Il testo dice invece mi pare, πιθανὸς μὲν. Il Coray per togliere la contraddizione di questo periodo vorrebbe espungere la negazione che viene appresso οὐ καθ᾽ ἑαυτοὺς.
  35. Popoli elvetici che si unirono coi Cimbri per venire in Italia, e che furono poi vinti da Mario presso Aix. (G.)
  36. Cioè lago che sbocco in mare.
  37. Le edizioni ordinarie leggono sette.
  38. I Provenzali.
  39. Ora Isole d’Hières.
  40. Le isole di S. Onorato e di Santa Margherita. Dell’eroe Lerone non trovasi parlato da nessun altro autore.
  41. Cavaillon.
  42. Nella lezione πόλιν Καουάρων καί Ουάρων la città de’ Cavari e dei Vari, si credono comunemente intruse per errore de’ copisti le ultime parole.
  43. Il Sorga - Vindalona è Vedène.
  44. Avignone ed Orange.
  45. Il Coray non esita a sostituir questo nome a quello di Δουρίωνα.
  46. Il lago di Ginevra.
  47. Il Coray legge ἔχουσα. Gli Ed. franc., e il Silandro lessero ἔχουσας riferendo cosi il diritto del Lazio non solo a Nemauso, ma a tutte le ventiquattro borgate.
  48. Cioè il lato settentrionale delle Cevenne tra Lodève e Tolosa. Bisogna ricordarsi (dice il Gossellin) che secondo Strabone le Cevenne andavano dall’ovest all’est.
  49. Angora.
  50. La lezione comune καὶ τὸν ἄλλον Βρέννον, ed anche quella adottata dal Coray καὶ τῶν ἄλλων Βρέννον lasciano incerto il significato della parola. L’intendimento però dell’Autore non può esser dubbio.
  51. Giustino racconta che i Tettosagi ritornati da quella spedizione a Tolosa loro patria, furono assaliti da un morbo pestilenziale, del quale non poterono liberarsi per consiglio dei loro indovini, se non gettando nel lago di quella città tutto l’oro e l’argento che vi avevan portato. (Ed. franc.)
  52. Costui avea scritta la storia dei Galli. La sua opera, della quale fa menzione anche Ammiano Marcellino, andò perduta.
  53. Gli abitanti delle Focide eccitati alla guerra da un decreto che gli amfizioni avevano scagliato contro di loro, furono poi obbligati di manomettere i tesori del tempio per sostenerne le spese. L’oro e l’argento ch’essi ne tolsero si fa ascendere a 10,000 talenti, val quanto dire a 53 milioni di franchi. ( Ed. franc.)
  54. Ora Saona e Doubs.
  55. I Lexobii abitavano le rive meridionali dell’imboccatora della Senna. I Caleti occupavano le rive opposte della Senna e la costa dell’Oceano fin verso Tréport. (G.)
  56. Il Ligeri è la Loira; l’Arvernia è l’Alvergna.
  57. Tutta la Gallia nominavasi anticamente Celtica prima che i Romani vi penetrassero. Quando poi questi n’ebbero conquistate le province meridionali le separarono dal resto della Celtica denominandole Gallia Narbonese; di che pare che i Greci non fossero bene informati. (G.)