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Prediche volgari/Predica XLII

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Predica XLII

../Predica XLI ../Predica XLIII IncludiIntestazione 16 settembre 2024 25% Da definire

Predica XLI Predica XLIII

[p. 350 modifica]XLIL ^ui tratta come David profeta cercando in questo mondo per]. la pace^ non la potè trovare, ì:\’ i• Ecce quam honum et quam iocundum habilare fratres in > unum, {^Psalmus Davit^ cxxxij ). Dilettissimi, le parole pre- ^j alegate so’ di Davit profeta nel salmo centesimo tregesi- mo secondo, benché altra volta io vel promisi ^ e con \ altra materia e altra via: le quali parole in volgare diil cono così: — Oh, quanto è buono e quanto è gioconde!’ che i fratelli abitino insieme ^ in uno volere, in una con- cordia, non essendo mai fra loro altro che unione! — \ Così simile dico d’ una città e d" uno popolo. Io mi credo che de^ più contemplativi omini che ma •avesse la Chiesa di Dio, si fusse Davit. Quando il con- sidaro, io stupisco. Se tu vai speculando ne’gesti, nei i modi, ne le parole sue, tu vedrai che d’ ogni cosa cavavaj!, odore e sapore. Quando elli era in quelle dolcissime eli suavissime contemplazioni, elli gustava talvolta vita eterna.; chè con tutto che elli fusse in vita mortale, elli salivajj tanto alto co lo intelletto, che elli udiva e vedeva la; gloria di vita eterna; ma non però che elli non avesse! sempre la battaglia del corpo, che sempre el molestavail c da vagli contra. Quia spiritus quidem promptus esf caro auferrvA infirma. ^ El suo spirito pronto sempre saliva in alto a Iq v 1 1 Negli altri Codd., vel proposi. 2 Gli altri Codd., iti sterne pacipeaynente. 3 Vangelo di san Matteo, cap. 23, v. 41. [p. 351 modifica] j cose superne^ e la carne inferma e fragile il tirava giù la queste cose mondane e transitorie. Onde per la con- ttrarietà che elli aveva in sè di questo spirito e carne, pensava seco medesimo: — Doh, potrémi io mai par- itirne da questo corpo; el quale mi tira pure a le cose del mondo seguitare la mente, la quale mi tira a le cose superne? Potrei io lassare queste cose visibili e vane, e andare a vedere le invisibili e salde? — E non vedendo il modo nè la via, cominciò a pensare e considerare in [jueste cose mobili per comprèndare le immobili; queste

nsibili per comprèndare le invisibili. E se tu consideras- le pure in questo poco ch’io ho detto, se tu hai cotantino ! entimento, tu ci vedrai le più nobili cose e le più dolci ì le più suavi che mai tu vedesse in questa vita. Vedrai lure dove noi n’ andaremo. Egli andando speculando in atte le cose del mondo, se in niuna potesse trovare re- uie e riposo, acciò che lo spirito avesse il suo contento if simile il corpo con lui per métturgli in concordia, chè i 3mpre avevano battaglia insieme, e avendo molte cose )eculate, non trovava in niuna cosa quella vera felicità . [le egli disiderava. Onde egli diceva talvolta: In pace ì», idipsum dormiam et requiescam: ^ — Io morrò pure, una .mlta, che io àrò l’effetto mio, e non l’andarò più cercan- 3.— Perchè egli s’ era dato tutto a Dio, elli aveva la ! )lontà sua sempre a Dio, tutta la memoria in Dio, tutto i intelletto per Dio. ’ La memoria a contemplare Dio. La volontà in amare Dio. Lo intelletto in temere Idio. ‘Cori tutto che elli disiderasse d’ èssare diviso dal <rpo per ritrovarsi con Dio, nondimeno elli aveva com- 1 Salmo iiij, V. 9. [p. 352 modifica] preso questo^ che Idio voleva che egli stesse ne la carnt certo tempi*. Termlnum posuisti^ quem nemo transgredietur. ‘ El termine era posto quanto debano stare insieme el corpc coir anima,- ma pare il suo pensiero era d^ essere sciolto Dominus mortificat et vivificata deducit ad inferos et reducit >— El Signore fa vivere la criatura e morire: quando 1 piace egli la conduce nello inferno de le tribuìazioni del mondo, e cavanela fuore. — A lui sta: poi che a lui piac( ch’io sia in questo corpo, almeno mi voglio i»gegnar< di porgli in pace, s’io posso. E comincia ad andari! cercando se truova nulla cosa di potere pónare in pac*- questi due. Cerca e ricerca. Che cerchi tu, o Davit Pax Dei^ quae rapii omnes sensus^:— Io vo cercando li pace di Dio^ che rapisce ogni sentimento. — Poiché ell ha cercato dentro in sé e non vi truova questa pace ij allora cominciò collo intelletto a cercarla fuore di sé, <’] tenne questo modo. Cerchiamo se la vera felicità fuss ne le cose del mondo ^. [ Cerchiamo anco se ella foss. nelle delizie di questo mondo y. Cerchiamo anco si fusse in grandezza di stato, o se fusse in magnificenzi i] d’onori. E in questo pensiero stando, disse in sé: Doh 5 queste cose so’ sì nobili, che forse elle si pos- sono assimigliare a vita eterna? Per certo io vo^ v^ dere sé e’ fusse vero. — E così pensando tutte quest i cose a una a una, in fine non truova che in ess > sia vera quiete e dolcezza e allegrezza. E così avend;! pensato, mette il pensiero in altre cose, se la potessii - 1 Salmo ciij, v. 9. 2 Lib. primo dei Re, cap. secondo, v. 6. 3 Epist. di san Paolo ad Fhilippenses, cap. quarto, v. 7; ma nellr Vulgata dice: pax Dei, quae exuperat omnem sensum, 4 Gli altri due Codd. leggono invece: nella ricchezza delle cose w wondo. ^ Manca al solo nostro Cod. questo periodo chiuso da parentesi.; [p. 353 modifica] trovare. Cerca se nel cantare o nel ballare o nel sonare la potesse truovare; e così pensando elli dice con seco: — per certo, in vita eterna vi debba essere più dolci canti, più suavi suoni, più delicate danze, che non so’ questi: altra dolceza die essere quella, che non è questa! — E non potendo pensare che in questo sia quella che elli cerca, pure dìliberò: — per certo io il voglio provare, — non credendo già di trovarla. 0 mondo cieco, che dimostri a le criature tante dol- cezze e tante soavità di questo mondo, e fa’ lo’ crédare che questo siavita eternai Se tu avessi considerato co- me fece lui, tu àresti veduto e inteso che queste so’ co- me ombra di dolcezza a rispetto che è lassù. Udisti il volgare che dice: — Ciò che luccica non è oro? — Avendo così considerato Davit queste cose così ne la scorza di fuore^ disse: — io le voglio considerare e cercare meglio e più sottilmente. —- E comincia a pen- sare prima ne le ricQhezze del mondo; e comincia a pen- tareincoluichelepossiede,eprima cheegli1’babbi e raguna con molto labore ^ e fatiga: poi che egli l’ha,. 1 vede vivare con molto timore a mantenerle, e in fine, fsl vede lassare con molto dolore, i Con labore averla. [ Con fatiga tenerla, e Con dolore lassarla. 0 tu che araguni araguni, e mai non ti vedi sazio, leh, atacati a Davit, el quale volse cercare d’ andare a i.rovare el paradiso, come Dante s’atacò a Vergilio per mlere vedere l’inferno. — 0 tu che dormi, impara sta- nane e sta’ desto, acciò che tu non capiti male, cre- 5.»endoti avere il paradiso, e forse arai 1’inferno — I ^ Così, anche poco appresso, tutti i Codici, f 2 Apostrofe a qualche sonnacchioso ascoltatore della Predica. i^PRED. VOLG. DI S. BERNARDINO - Vol, III.^ 23 [p. 354 modifica] Vediamo prima di coloro che ragunano la robba \come ’ e’fanno. Ode Favolo a’ Corinti — In tribulaiionibus, in ne i cessiiatibus, in laboribus, in angustiis^ in plagis^ in careeribus^ in\ sedilionibus, in vigiliis^ in ieiuniis, in castitate ec. Oh, oh, oh, quando io ci penso, quanta fatiga ci vego in ragu- Ilare e guadagnare questa robba! Io ci vego molta fati- ga e molto sudore: io ci vego vigilie, io ci vego ango- scio. Io ci vego dimoiti pensieri e dimoiti affanni: io iti cognosco molte volte colui che raguna avere fame,j patire sete, sofferire freddo e caldo smisurato. Tu vaij quando qua e quando là: tu vai quando per mare, e quando per terra: tu per tempi piovatichi tu a nievi, tu a venti, tu nella pr(»pia tua casa mai non ti ristai;• tu a le pocissioni, tu a le vigne, tu in ogni luogo, e inj ciò che tu t’impacci, afanno grandissimo. Eimè, che dO’ loro è egli al fine di riposo sempre afanno 1 Mai non ti vedi sazio: ora aconcia questo in questo modo e questo! in quest’altro, e mai non hai requie; e questo perchèl ranimo è insaziabile, che mai non si contenta, mai non\ direbe: — non più:— sempre apitisce più, sempre più.i Inde r Eclesiastico al quinto cap.: Avarus nunquam satia- hitur pecunia: ^ — L’ avaro è una cosa insaziabile che! mai non si riempie. — Elli lavora e affaticasi dì e nottej; pur per avere più. Ou, ou! Dice Davit: — no, non è| ì qui la vera felicità ch’io cerco, però ch’io ci vego tanta^ i fatiga in ragunarla, ch’io non ci vego pònto di riposoJ Forse che e’sarà quello ch’io cerco in colui che ha de la robba assai ragunata a conservarla. Or vediamo se 1 Gli altri Codd., ìa rohha nel mondo, 2Gap.vj,verss.4e5. 3,Cioè, piovosi. 4 Non già r Ecclesiastico, ma V Ecclesiaste al detto cap, vers. 9, e così con la Vulgata correggasi*, Avarus non implébitur pecimia. [p. 355 modifica] qui fusse vita eterna. — E comincia a pensare e penarvi I mente a colui che ha de la robba assai, e elli ci vede in lui quello che vide Favolo ad Corlnthios In itineribiis saepe pericuUs fluminum, periculis ìatronum. pencuìis ex genere, periculis ex gentibus, periculis in civitate, periculis in solitudine^ periculis in mari ^ periculis in falsis fratri- Ìbus^ Elli vide pericoli ne’fiumi, vide pericoli ne’la- droni che vanno sempre per furare, e vide pericoli nelle solitudini. Egli vide pericoli nel mare, sì de le fortune e sì de le crudeli battaglie che vi si fanno. Elli vide pericoli ne le città, che 1’ uno vuol vedere morto l’altro per invidia: elli vide pericoli ne’falsi fra- telli, che per avere della robba farebbono ogni dì mille tradimenti. Elli vide pericoli in mare, in terra e in ogni luogo. E è vero, o donne! Doli, se io non dicesse il vero, o s’ io smemorasse, fate che voi mel diciate. Doh, ielle bisogna ricordare ogni cosa? Voi sapete bene s’ io dico il vero! Ora io voglio che tu mel confessi. Io vi domando tutti quanti; ècci chi sia sicuro di mantenersi da sua robba che egli ha, che non gli sia tolta? Se c’è aiiiiio, sì alzi el dito. Oh, oh, e’ non c’ è persona che ilzi el dito! Gran mercè, che tu vedi ch’io dico il vero! Egli è tale nel mondo, che dice in se medesimo; — se iiu hai della robba, io te la torrò ancora. — Non vediamo loi, se ben Favolo non ne contasse nulla, quanti pericoli dii sono nel mondo? Tu hai veduto e vedi pericoli nel aare, ne la terra, ne’fiumi, ne le solitudini e ne’falsi

rateili: in ogni modo se’ mal sicuro di questa tua robba.

Vedi chi ha ragunata punto di robba, l’haragunata con ^Uolta fatiga e con molto affanno: poiché tu F hai gua- t lagnata, e tu la possedi con tanta paura e timore ^ Epist. seconla, cap. xj, vers. 26. 1 Il Cod. Pal.^ con tanto timore. [p. 356 modifica] Vede il fine: poi che hai ragunato de la robba assai e balla posseduta sempre mai, come la lassi? Oimm è questo è più duro che niuna altra cosa; però che com(Ì si parte da essa, troppo bene cognosce che non la posj sederà mai più. j Or raguna insieme queste tre cose: prima, se ti Faquisti, tu Taquisti con molto sudore e afanno e dolorei Se poi tu perdi quello che tu hai acquistato, affanno e fatig^^ e dolore. Se poi in fine il lassi, grandissimo affanno e do lore e pena; siche se tu Taquisti, se tu la possedi e s( tu la lassi, in ogni modo affanno e dolore, E colui per- chè non gli fussero tolti, che n’ aveva assai, e era ve chio, faceva de’ suoi denari come fa la gatta de"" suo gattuccini: polli oggi qua, domane colà. Così faceva lu quando gli poneva sotto al letto; quando gli sotterrava m la stalla, quando gli metteva fra il panico, quando fra ’ grano, quando fra le fave; e tante volte gli aveva rimoss qua e quando là, che infine non si ricordava dove gli avevi posti, e andavali cercando e piagneva. — E che hai che piagni? — E egli noi voleva dire, si per vergogna e s per dolore, quanto se gli fussero stati tolti, però che elli stava in pensiero di ritrovargli; ma quando egli gl lassa al pònto de la morte, sai, quando egli strègne le pugna, oh, quanto dolore hai allora! Egli te li i3onviene lassare per tal modo, che tu non hai poi più a pen sare in quelli danari. Non è come se ti fussero tolti: s( ti fussero tolti, almeno tu forse pensaresti: —qualche voltila mi saranno rendati! — 0 se gli perdesse, qualche volti pensaresti di ritrovargli; — o veramente s’io non potril avergli per ninno modo, e io ne ragunarò più. — Questo fatto de la morte non va così; che quando tu gli lassi, tij j)uoi dire: — denari miei, io non aspetto mai più di ria vervi: oimm è, denari miei, io non mi so partire da voi [p. 357 modifica] — Res mea^ amarltudo amarissima: — La mia cosa quando io la lasso, m’ è amaritudine amarissima,* * però ch’io Tho guadagnata e conservata con tanta fatiga, che mi duole troppo a lassarla. — E pure perchè gli è forza, elli dice: — io ti lasso, e non ti vedrò mai più; — e così chiude gli occhi con grandissimo dolore, e passa via. Dormierunt -sommm suum-] et nihil invenerunt omnes viri divUiaram in manihus suis, \ 0 avaro, doh, rispondemi a questo: quale è la cagione, quando tu muori, che E anima tua si parte 4:aato malagevolmente dal corpo? Vuoi te la dica io? Per- chè ella è atacata tanto forte alle cose mondane, che non si può arecare per ninno modo a volersene partire. Ma sai che li dico? Sta’ atacato a tuo modo e conficati, se 4u ti sai conficare; chè la morte per forza, o vogli tu o no, te ne farà partire. Una volta te ne debbi partire: fa^pure a tuo modo. Oh, quanto ti sarebbe meglio a non essere tanto legato col mondo! Or avendo così veduto Davit, disse: — no, no, a me non l’atacarai tu, ch’io creda che questa sia vita eterna: non è vero I Chi el erede, crede male! — Inde Isaia a xxiiij cap. disse: Formi- do et fovea et ìaqueus super omnes habitatores terrae: ^ — Formidine, fossa e laccio sopra a coloro che abitano nella terra* — Doh, vediamo prima el laccio. Sai quale è el laccio? Il E la fatiga che tu pigli per ragunare la tua robba; e così da ragunare vieni al robbare. Non dico robbare, ma robbaare:^ chi fa co’ ma^ contratti, questo si chiama cobbare, ma co la fraude è robbaare. Formido è proprio 1 Salmo Jxxv, vers. 6. 2 La Vulgata: Formido et fovea et ìaqueus super te ^ qui habitator ^ es terrae. 1 Prolunga il suono delia parola per afforzarne il significato; ed è inodo deir uso volgare* [p. 358 modifica] il guardare quello che hai ragunato: fovea è la fossa che si fa per te quando muori; e laqueus è il lassare la tua roba. Quando Davit vide questi afanni, queste tribulazio- nì,’ — non è questo quello ch’io vo cercando: non che questa paia ombra di paradiso, ma piuttosto ombra d^on- ferno. Altro mi conviene cercare l — E così levato el; pensiero da questo, e egli va cercando se ne le delizie e prosperità e diletti e’ può trovare il paradiso, dove è: la vera felicità, dicendo seco medesimo: — Io non posso crédare anco che qui^sia quello ch’io cerco^ però ch’io tengo che in paradiso si suona, si canta, sì giubila di- nanzi al Signore continuamente: ine non v’ è se none allegreza, festa, canti e suoni. — Pure, per farne la pruova, elli cerca in queste cose, e elli ci truova tre malizie: Prima, truova che elle c’ ingannano. Sicondo, truova che elle c’isfastigiano e Terzo, truova che elle trapassano. Colui dice ch’io sogno. Vien qua: io ti vo’mostrare colla alturità de la Sacra Scrittura e co la pruova. Vuoi vedere se elle c’ ingannano, c’ isfastigiano e trapassano? Cerca in lob, e vedrai come c’ ingannano: — esse sub sentibus delkias computabant ® E sogiógne poco poco più giù: Et omnia vanitas. 0 pazaregli ^ e anco voi pazarelle, che vi credete sempre stare ne’ diletti del mondo, sai, quando tu hai tanta letizia che tu non ti senti, quando tu vai alle vigne a godere, vai a le feste dove si canta e suona, voi a le 1 È sottinteso; esclamò. ^ Lo stesso che fastiggiano, infastidiscono. ® Gap. XXX, vers. 7. ^ Segue nei Codd. una breve lacuna,, forse,,come altre volte,.per inse- rirvi la versione del passo riportata. [p. 359 modifica] corte S dove mai non vi si fa altro che cantare, danzare e mangiare: chi è in quello luogo sempre si truova in j delizie. Or pon mente che sotto a queste delizie vi son molte spine pugnenti! Or vedele. Se tu vai cercando colui che va dietro a’ diletti del mondo, poco poco tempo gli dura, che gli vengono meno, che non se n’ avede. Vedelo meglio, se è vero. 0 giovano che hai presa donna di nuovo, e cosi dico a te, donna, che hai preso sposo dinuovo,sècciotucheVhaidinuovo?—Sì.—Ecei anco ninno che 1’ aspetti? — Sì. — Doli, considera un poco la domia, quando ella ne va al suo sposo. Tu vedi* quando ella ne va a marito, ella ne va a cavallo tutta ornata con tanti suoni, con tanto triunfo: ella fa dei I grosso, quando ella va per la via, e la strada è tutta I piena di fiori. Ella è vestita tanto ornatamente % co le li- sfcre deir ariento, co’dindoli, piene le dita d’ anella: ella è lisciata: ella ha i capelli raconci, pettinati: ella ha le ghiandarelle in capo: ella halafietta, e in ogni lato al- luccica d^ oro. Ella è a cavallo in tanto triunfo, che mai non fu simile ^ 0 dove ti pare èssare salita? Oh, oh! Poi ella giògne a la casa del marito; con grande festa è ricevuta. Egli V è gittate talvolta la spelda in

capo, e dimostranti che tu se’ una bestia. E in capo di

tre dì pare che ’l marito sia impazato e indiavolato di lei. Va’pur là! E in capo d’otto dì e ella fa la ritor- I nata: la ritornata fa’ che tosto sla! Tutto questo tempo I comunemente sempre suole stare in festa. E anco a tali >;! lo’ comincia a venir meno in più breve tempo: pochi 1 Cioè, corti 0 cortÌDe. Cf. la Predica sesta, Voi. 1, pag. loS, nota 1. 2 Gli altri Codd., onoratamente. 3 Notevole descrizione, che illustri quel corteo nuziale che si osserva in una parete della Sala della Pace nel Palazzo pubblico, stupendamente frescata a mezzo il secolo decimoquarto da Ambrogio Lorenzetti. i Pannolino, col quale costumavano ornarsi il capo le donne. [p. 360 modifica] dì lo’suole durare: in qualunque modo ella è, tosto lej’ manca. Se ella è bella, subito el marito ne diventa ge- ìoso: così se lui è bel giovano, e ella ne diventa gelosa! lei; e così comincia a entrare di subito in dolori eafaiinÌ5j che in pochi, in pochi pochi dì va sì la cosa, che ella! non può mangiare uno bocone che buono le paia. Oltre:! se ella vi truova figliastri, e ella non lo’ porta amore,; che non vorebe apena che mangiassero. E talvolta so’tanto astuti, che cognoscono come ella non lo’porta amore, e non vorrebero che ella mangiasse lei. Se ella vi truova nuora, o ella vi venga doppo lei, poco tempo vi dura la conccn’dia. Oh, oh, oh, se è la suocera, non te ne vo’ dire nulla: tu tei sai in ogni modo! Poca pace: poco ti durò quello bel tempo! Oltre. Or poniamo che ella sia soza, el marito non lo vuole bene; ma se è sozo lui, no ne vuole a lui. Poniamo che siano belli ognuno e eglino no’ si vogliono bene; non so’ richi, phe lo’ manca de le cose del mondo, stentano. Se si truovano richi, e V uomo si vede di picelo affare, di poco paren- tado e di vile nazione, non è aprezato, non è gradito. Un altro sarà di buono parentado, e non ara tanto al mondo, che vaglia quanto uno paio di panni da gamba buoni, e vorebbe più ratto essere di vile nazione e avere un poca di robba per capire * fra la gente, e che di lui fusse fatto un poco di conto. Vedi che nell’ uno c nelP altro ^ non è contento. Un altro sarà rico e di buono parentado e àrà bella donna e sarà bello lui, ma dii non potrà avere figliuoli, e vorebbe prima avere de .la robba meno e avere figliuoli, e criepa, chè elli vede che uno pòvaro àrà de’ figliuoli assai e begli e porta- 1 Negli altri Codd., per potere capire: per trovar luogo nel mondo, cioè, 0 anche, por larvisi largo, a Sottintendi, modo, stato. 3 e povcreglif aggiunge il Cod, Pai. [p. 361 modifica]L negli astio: sì che con tutto che tu vega costui avere ì’à minestra de la buona lasagna, non di meno v’ è ca- duta la mosca: tu non la rnangiarai così in pace: caduta \’è dentro la mosca! Un altro sarà rico, giovano, bello e di buon parentado, e ha de’figliuoli, ma egli ha una moglie tanto letrosa, che egli non la può con lei. Oh, elli n’ è geloso, perchè ella è bella, giovana; e anco lei \ chè come sente uno bussarello per casa, pur della gatta, subito gli entra el suspetto; e se egli è nel letto, si leva e cerca la casa tutta quanta, e va a vedere V uscio se è serrato, e talvolta per sospetto vi seuìina la cénnare per vedere se persona v’ entra. Tale sug- gella r uscio per gelosia. Oltre. Un altro àrà tutte tutte queste cose: àrà bella moglie, e lui anco bello gio- vano^: sarà rico e di buon parentado: àrà figliuoli, [mo- I^lie] buona,giovanaeno’nesaràgeloso,manon sarà le lo staccio e tanto lì dorrà questo, che elli portarà nvidia a tutti coloro che hanno stato. E però vedi che n ninno modo altri ci si può contentare: chi ha meno !iinacosa, chiun’altra:inogni stato ocondizione che u ti truovi, tu ti truovi la lasagna con la mosca den- " rovi^ e non la puoi mangiare senza qualche scontento. ^ ^ però dico che tutte queste cose t* ingannano, però che ® Il non ci trovi vera felicità dentro. Oltre. 0 donna, poniamo che ninna di queste cose ti sia lOntrarìa, tu dirai al tuo marito: — io voglio una ioppa in tal modo: io la voglio fatta come quella de ® i tale, che la strascina cotanto per terra. — Oltre, e urabbi.“Hàla?—Sì.—Etuvediineapochidì ’r- 1 Vuol dire, è gelosa di liii. lo,’ 2IICod. sarà bello giovano. 3 Non sarà,, cioè, del novero di coloro che governano, che hanno il lestolo in mano. [p. 362 modifica] che per lo tanto panno t’ agrava sì, che ella ti fa do lere le spalle, e dici: — io non la posso portare; — ( per questo t’incresce, e non la porti più, e tu la fa ine a un tempo racconciare a nuova usanza; e anco poc( ti basta, chè tu non te ne contenti. Simile fa anco quelh giovano che dice: — io non mi contento di pigliar donna e se pure io venisse a pigliarla, io la voglio bella. — Oltre: dimmi chi ti piaciarebbe? — Io vorrei la tale —Oroltre;etuVabbi.Se’contento?—No.—0eh vorresti? — Vorrei anco altro.— 0 che?— Io vorre vivare splendidamente: io vorrei de’ cibi dilicati: vorre starne, fagiani, pernici, capponi ed ogni buona carne —Oroltre,etuVabbi:mancatialtro? —Oh,mo’i vorrei da bere perfettissimi vini, sai di quello ‘ da Ma ciareto, e fornirmene in abondanza: ogni volta pigliarn una corpacciata. — Or oltre: tòllene quanto tu vuo Quando tu se’ pieno^ e tu dici: — non più bombo, - e che mai non ti vedi contento! altro dice: — i^ vorrei da dormire molto bene e con buono letto di piuq ma, con bellisimi panni in sul letto. — Oltre, abbili i se’contento? — Mai no. Anco voglio altro. — Che vuoi! — Io voglio de’vestimenti ornati per me % di pannai di scarlatto, di seta, di drappi per èssare tenuto d’assai i — Or oltre: tòlle. Se^ contento? — Non anco. — Dol che andiamo tanto cercando? Quanto più hai, più ti mar ca: ma’ non diresti: — io so’ contento di queste cotali cosìj — però che qui in questa vita non è quella cosa tanf perfetta, che ci possa contentare. Doh, starai pure vedere.dove noi capitaremo ^ Dice nello Eclesiastico ì • Negli altri Codd., di quelli. 1 Negli altri Codd., per me onorati. 3 li solo Cod. Pai., voi capiterete. [p. 363 modifica] quarto cap.Dixi ego in corde meo: Vadam^ et affluam ÌdeliciiSj etfruarbonis.Etvidi quod hoc quoque esset vanitas: — Io dissi nel mio cuore: io mi voglio godere quando ho voglia d’una cosa, e io V ho, e non so^ anco con- tento,s’io non n’ho un’altra; eio l’ho:anco non so’contento, ch’io voglio V altra, e così con tutto ch’io abbi ciò ch’io so chièdare, anco non mi posso conten- tare. — Allora dice Davit: —* Oimè, a questo modo io rego che ciò ch’io fo per contentarmi, non mi giova; 3hè mai non mi vego contento. Ora cognosco io che jgpaesta è una vanità: non è in questo quello ch’io cer- aio: no, no. Non vo’ pèrdare più tempo in questo, già j|o! — E così lassa andare il cercare circa a queste cose» Ma ditemi, o vechi che già fuste giovani, e faceste di Jaolte cose ne le vostre gioventù, che tutte dispiaqueno I Dio: che hai tu de la tuagioventudine? Nulla. Che |ai tu delle lussurie che tu facesti tante? Che hai tu . eia tua belleza che tu avevi tanta? Che hai tu de la agliardia che tu avevi, che non trovavi chi ti vincesse lj er forza? Che hai tu de la tua vanità, che tu avevi jijlnta, d’andare ornato e ben vestito? E tu, donna, che ai de la bellezza che tu dimostravi d’avere, quando tu dipegnevi con cotanti modi contra al comandamento Dio? Che hai de la tua golosità, del volere mangia- e bere tanto splendido? E così del bere tanti sapo- isi e delicati vini? Sai che n’hai? No n’hai se non cato. Cercati pure nel borsello de la tua conscienzia, vedrai s’io dico vero: ciò che tu avevi a quel tem- .,, non è ora altro che fummo. Cercando Davit come ti dico, pon mente fra quelli giovanotti e fra quelle ^ Correggi, Ecclesiaste, cap. secondo, vers. 1. 2 11 Cod. Fai, di tutta la tua. [p. 364 modifica] giovane, e vede che il tempo lo’ fugge, e come e’per dono forze, onori, virtù e prodeze, e che ogni loro bel tempo si parte, e lassagli gravi, sozi, letrosi e con ogni spiacevole modo. Ogni ogni loro virtù se ne va via, come si va via uno fumo, o come si parte a poco poco la schiuma dal bicchiere del vino, o come Fombra del sole, levando via la cosa che fa Fombra: chè come tu levi via l’uomo di terra, così hai levata via Fombra che elli faceva. E questo diceva Favolo nel sicondo cap ad Thessalonicenses: Translt mundtis et concupiscentia eius — Elli passa el mondo co le sue concupiscenzie e vf via, però che niuna cosa ci è stabile. — E però non pó nare V affetto in lui, chè ogni volta ti trovarai inganoa to da lui; come hai in Giovanni nella Canonica sua pel amaestramento nostro: NoUte diligere mundutn et transitorii eius ^:— Non vogliate amare il mondo nè niuna cosa chi sia in esso, però che ogni sua cosa è transitoria. — Si mile, cognoscendole Davit, con tutto che e’ V andassi provando: mane sicut herba iranseat^ mane floreat et transea^ vespere decidati induret et arescat La mattina, dice, sai. Ch ti significa la mattina? Significati la puerizia, la quale come una erba tenaruccia, quanto tu se’ fanciullo. 0 faD| ciugli, voi avete quello che non hanno e’vechi: cos dico a voi, giovani e vechi: sapiate che mai voi noij potete tornare adietro: se se’vechio, mai non tornara giovano. Cosi dico a te, donna: mai non tornarai fanciulli che tu sia bella, leggiera, gagliarda, come tu già Se tu se’ vissuta male, tu ti potrai bene amendare 1 Deve correggersi: Epistola prima di san Giovanni, cap. secocJ do, vers. 17. ^ ® Nolite diligere mundum^ neque ea quae in mundo simt: così l ì Vulgata al secondo cap. de!P Epistola prima, vers. 15. 3 Salmo Ixxxviiij, vers. 6. [p. 365 modifica] tornare adietro del mal fare; ma de V età mai non tor- narai tu adietro. Quando tu giògni colà in su’ diciotto anni, allora tu se’ gagliardo, fresco, giocondo, allegro, e quello si chiama el fiore de la tua età, e durati insino a trenta anni. Tutto il tempo che tu stai in questa vita, lon è più bello e giocondo che quello; e però il chia- na Davit el fiore. Passati e’ trent’anni, e elli comincia a /enire el vèsparo, che è in su 1’ età di quaranta anni, e /engongli cotali imbasciadori, misser Canuto, e anco del- ’ altre imbasciate. Indurci et arescat. Passa e’quaranta e dòglie a sessanta anni, e egli comincia a diventare picc- ino e ripiegato: egli comincia avere gli echi cipicchiosi, ogli ochi sciarpellati: egli va chinato col capo verso Urrà: elli diventa sordo, non vede ben lume: elli diventa sdentato. Giògne a’ settanta e agli ottanta anni, e egli j oroincia a tremare e rimenare el capo, e fa così \ E égli Ietto:—comehaifattobenninno?—Eeglirimenail Rpo così, e dice con quelli cenni di no. — E farai mai iene? — Anco ti risponde col cenno a quel medesimo aodo. Se è ben vissuto, e gli è detto, — hai dato gattivo semplo di te? — elli risponde a quel modo, e dice di 0. — Hai voglia di far male ninno? — Anco dice di no. e è stato gattivo, gli è detto: — sarai mai buono? — E Ili mena el capo e dice di no. Infine dimandalo di ciò he tu vuoi, elli dice che non farà mai bene e non sarà lai buono. — Se^ben vissuto? — No. — E così morrai, ili dato el bichiere col vino, e egli el piglia, e gli trie- la la mano, e rnezo si versa prima che sei possa pónare la boca, e poi che elli se Tha posto a boca, comincia bere e cadevegli dentro la bava. Così quando ha la 1 Imita col tremolar del capo e delle membra 1’ uomo per molta età tto cadente. [p. 366 modifica] rniaestraj quando si mette el pane in boca, per lo tre- mare tutto s’embratta la boca e ’l mento. Quando unc gli parla e elli sia sordo, sta come uno sbalordito. Tu^ el dimandi d’una cosa e elli tì risponde a un^altra; e viene a la sua fine, e come è vissuto, così si muore. Sei è ben vissuto, va bene: se è mal vissuto, va male; e sei; ha àuto male di qua, e egli ara anco male e peggio dir là. E se elli è stato malagevole, gattivo, scorretto, e norl temuto Idio, non è voluto vedere nè da’ suo’ parenti nél da’cognoscenti: da ninno non è voluto vedere, a ognuno! rincresce. Così, simile gli adiverà di là: non sarà nè Dicf nè santi che n’ abbi compassione; e per questo elli viene! a pèrdare tanto bene, quanto poteva avere se fuss( ben vissuto: e cosi capita l’anima sua a casa maladetta Se è ben vissuto, dato buoni costumi, temuto Idio, com- portato in pace le tribulazioni, non rottosi mai per im pazienzia, passa di là e ogni santo è piatoso di lui, e con festa e con letìzia e riceùto da Dìo e da tutta la Gloria. ’ Così avendo cercato Davit, disse: — Doh, Idio non posso anco trovare quella vera quiete ch’io vo cer- cando: qui dentro non è ella. Signor mio, prestami gra- zia ch’io la truovi in qualch’altra cosa. — E così lass^ questo c dìessi a cercare in altro. — Deh, dice Davit io voglio cercare s’io la potesse truovare negli onori e ne le magnificenzie. — E così andando speculando, e egh ci vede tre contrarietà a la dritta felicità: vedeci ser- vitù, vedeci non temere Idio, e vedeci promesse senze attenerle. Elli vede che colui che è bene alto e grande in ista to> è in servitù. E pon mente s’io dico vero: quanto è da più r uomo in alteza d’ onori, più gente ha a servireji 1 Qui, come altrove, per celestìal corte. [p. 367 modifica] che colui che si trova in alteza di stato, cerca avere sempre de la gente che ’l facci riguardare, e sempre quelli cotali s’ingegna di servigli quanto e’ può. Anco ci vede dentro in tali uomini non avere timore di Dio. La cagione si è che egli ha tanto il pensiero di mantenersi in quell’ altura, che egli non si ricorda nè di Dio nè de’ santi.

Anco ci vede promesse grandissime: promette e male litiene Udisti mai dire Lòng’he promessa coirattènJar corto? Egli promette a colui che gli vuole male, per paura, ì poi non glili vorrebe attèndare pur per paura: non !he e2:li el volesse servire, ma el vorebbe vedere mor- aghiado. Talvolta per paura pure el serve. 0 omo che anto ti fidi del mondo, hai tu posto mente quanti agallili ci so’dentro? In ciò che tu t’impacci, ti truo- i ingannato da lui, e questo ti dimostra e insegna he tu non ti debbi fidare di lui. Hai a memoria quello he fu voluto fare a Cristo, quando elli venne in lem- ìlem el di della palma, a xxj di santo Matteo? Quando ìsn veniva una volta in lerusalem, el popolo che era ifiammato ^ di lui el volsero ricévare con tanto trionfo: li ingioncava le vie co’ rami delli ulivi, chi con palme I mano, chi distendeva e’ vestimenti per terra, perchè )n tocasse la terra i piei suoi, et eziandio la maggiore irte per dargli loda, dicevano: Benedictus qui mnit in mine Domini^ osanna Jìlio Dami: 4 — Salvaci, Signor no- 1 Inferno, xxvij, 110. 2 II (Jod, Pai, ha sempre, attenere, 3 II nostro Testo qui legge, in-fìato. ^ Vangelo e cap. cit-, vers. 9. [p. 368 modifica] stro, figliuolo di Davit, o tu che se’ venuto nel nome d Dio. — E però ch’elli era stato profetato che elli dovevi andare in su l’asina e in su il polleruccio con tanti umiltà: Ecce rex tuus venit tihi mansuetus^ sedens super asì nam et puUum filium suhiugalis *: — 0 figliuolo di Sior eco el tuo re che viene a te mansueto, sedendo sopri all’asina e sopra al polleruccio. — Sai perchè non vols^ andare sopra a cavalli? Per levare via gli onori de mondo, perchè gli conobbe molto bene lui comre erani da fare pericolare gli uomini. E perchè così cognobbe disse; — 0 mondo, io ti conosco bene io, me non mi c cogli tu; e se mi ci cogli, non mi ci catacogli Io c voglio entrare con umiltà e con mansuetudine, cavalcali do l’asinella col polleruccio. — Ognuno fu affatigàto d questi due animali: in su V uno v’ era lesu e parte de vestimenti degli Apostoli^ e 1’ altra parte de’ vestiment erano in su l’altro bestiuolo. Io mi credo che quella asi na fusse la madre di quello asino de le tre ville, che er: affatigato da ognuno che lo voleva. Hai compreso in queste alteze del mondo quanti al fanni ci so’? — Sì. — Or non li seguire, non gli ama re, non gli cercare. Se tu ti sai guardarè da loro, mj non t’ingannaranno. Questi due animali cavalcati d lesu significano due Testamenti: l’asina è il Testamene Vechio e ’l pulleruccio è il Nuovo; ma l’asina fu pij affatigata che ’l polleruccio, perchè era magiore animai^ Misterici Sai che ti dimostra? Dimostrati che tanto quali! lo tu se’ maggiore, tanto se’ più cavalcato e affatigato. C o. o, che ho io [veduto] pur io essere state donne è » Ivi, vers. 5. s Vuoisi intendere; se pure mi cogli in inganno, non mi ci cogli pe modo che io non me ne avveda ed abbia tempo a ripararvi subito. [p. 369 modifica] grandi signori vivare in tanti affanni e tante tribulazioni, che so’state tenute da meno che una fantesca, chi per gelosia^ chi perchè non può avere figliuoli^ vede il uo marito tenere altre feinìne. Credi che lo’ sia dolore, h? Simile di molti signori ch’hanno servito per forza per paura il loro nemico, quanti credi che sieno di [uelli ohe servono, che voreboro che chi riceve el ser- dgio fusse tagliato a pezi? Forse uno. Simile, quanti ere- li che sieno negli onori, a’ quali 1’ è fatto di capuccio, e )0i quando e^ è passato, si fanno magior beffe di luì, he d’ una bestia, dicendo molte volte, quando elli va li mezo accompagnato, — egli è l’asino fra le ceste? — fedendo Davit tutte queste cose disse in sè: — Oh, questa vita etterna? No, no: non è vita etterna con questi so- etti, con queste sugezioni e con queste paure! In vita Itterna è tutta libertà, e questa è tutta sugezione. In vita terna non v‘ è temenzia di nulla, però che quella glo- asidàunavoltaemainonlivienemeno,equi mpre si teme dei pèrdarla. In vita eterna non v’è pe- colo di mai essergli tolta, nè che mai gli venga meno, qui non ci vego altro che pericoli. Chi è in alteza di lesto mondo ha sempre paura: se elli mangia, egli ha lira di non essere avelenato, e fassi fare la credenzia non si fida di criatura, nè di fratello e nè di figliuolo, di madre, nè di persona ninna: sempre vuole la cre- nzia. Se va a dormire, se si leva o se vuole andare cavallo, se si calza gli speroni alla sella del cavallo, ogni cosa la credenzia. 0 non vedi tu se questo [indo è pieno di tribolazioni? Non vedi tu che tu hai Lira de’ più propinqui che tu hai? 0 se tu temi el tuo tello o ’l tuo figliuolo, che debi tu fare del tuo nemi- ? — Questo pure è da considerare: vedeci de’ pericoli ai in questo mondo? — Sì. — Or pensa di quello ED. VOLG. DI S. BERNARDINO - YoL 24 [p. 370 modifica] che s’ è già veduto per questi stati: chi è stato morta»; ghiado, chi tagliato a pezi, chi è tradito per uno modOj chi cacciato del suo stato per un altro. Ma che bisogna che noi andiamo cercando e’ libri antichi? Va^, cercai el libro della memoria, quello che è stato pure dal quattrocento in qua, pure de la memoria di Lombardia, e! anco per altri luoghi: chi affogato, chi tagliato a pezi e in molti modi perduto lo stato loro. Quando Davitj ha v(^.duto cosi ogni cosa non èssarci altro che ’ingannij e tradimenti, allora dice in sè medesimo: — non è que- sta la vera felicità, però che io non ci truovo ninna pace e consolazione, ma tutto affanno e paura. — E cosi! stando e mirando d’ atorno, e elli vide uno popolo tutto unito insieme in uno volere, in una carità, in una con- cordia, e elli disse allora: — ora ho io trovata V oni- bra del paradiso, ch’io so’ tanto tempo andato cercan- do! — E vedendovi tanta dolcezza, allora disse queste parole; Ecce quambonum et quam iocundum hahitare fratrei in unum! — Oh, quanto è buono e quanto è giocondei abitare e’frategli in uno volere! — E qui cognobbe èssare la vera pace e la vera quiete. Adunque, cerchia- mo e spieghiamo le bandiere, e mettiamei in effetto sj gloria di Dio di trovare questa pace e consolazione, hj quale Davit chiama ombra de la gloria di vita eterna; ej facciamo sì e per sì fatto modo, che non ci rimang£ ni una pace a fare.

Ma prima ch’io dica più oltre, io vi voglio ricordare’ de lo scandolo ch’io ebi V altra volta: la qual cosa fii cagione di stroppiare uno grandissimo bene e onore di Dio. Chà come doppo ieri quella nebbia fu cagione d fare cascare tutte le pesche che si sarebbero condottai a maturità^ così fece quello scandolo cascare dimoltli frutti che l’altra volta si sarebbero maturati per quelhj [p. 371 modifica] predicazione che io vi feci. E dico ch’io mi credo che quello fosse uno diavolo che facesse fare quello, ac- ciò che quelle utili cose che sarebbero seguite, non seguissero. Avete a memoria di quella donna che tra- mortì? Oh, quanto mi parve mal segno! E poi si vide per ispirienza, che mai non mi ricorda che a tal predica si facesse meno paci^ che a quella ^. Adunque, perchè a queste cose io ci so’ un poco più sperto di voi^ vi prie- go che voi stiate attenti, e che ninno si parta da sedere per ninna cagione. Adunque, cercando Davit la vera pace, e non tro- vandola in altro che in uno popolo unito o in una casa fra fratelli uniti, disse quelle parole: Ecce quaìn bonum et quam iocundum habitare fratres in unum. Della qual pace noi faremo al sentimento di Davit tre conclusioni: Prima, de la sua esortazione.* Ecce quam bonum, Sicondo, de la sua esemplificazione; gwam Terzo, de la pace la sua quisizione habitare fra- tres in unum. E prima ch’io entri più in là, mi conviene dire al- cuna parola. Egli è ei tempo che si suole pigliare dei tordi al fischio colla pania. A me mi pare che queste donne m’ abino impaniato, ch’io non mi posso partire da voi, che mi C‘)nviene predicare domane, che sarà la predica del li Angioli, cosa molto gentilissima. E sabato mi conviene predicare a casa ® una predica di santo Francesco, sì che veretevi Domenica: non si vuole las- 1 Diffìcile, per non dire impossibile, riotracciare il fatto a cui qui si al- ude: cagione, a quel che pare, di grave disturbo alla predicazione della folta precedente. Le nostre Croniche tacciono. 2 Voce latina; ricerca. 3 Qioè^ al Convento della Capriola, ossia deir Osservanza, cv’egli di- no ra va. [p. 372 modifica]lì 372 PREDICA QUADRAGESIMASECOKDA

sare per danaio; predicherò pure qui \ Or coll’ aiuto 4 lesu benedetto fate che ninno si muova, acciò che no " si guasti la nostra predicazione \ E ricordovi che do» mane voi non lavoriate, però che elli è comandato da li santa Chiesa^; et avisovi che chi vendemiarà domane* el diavolo ne ’l portarà; e chi tramuterà, el diavolo ab: tara in quella casa, dove lui abitarà.Or tenetelo a menie" Benché io sia stato pregato molto teneramente ch’i predichi qui in questa quaresima, or io noi vogli aver detto fate d’avere frate Alberto, che avetedett ch’io non 1’ ho anco ricordato^. Oh, elli è il più coi diale figliuolo ch’io abbi! Questo il dico, perchè se ( venisse ninno, e dicesse: — io so’discepolo di frate Ber nardino, — noi lo crediate, se voi non sapete aperta] mente ch’io ve lo scriva di mia mano, però che io sj bene ciò che Berta filò. Io cognosco le mie pecore, comi disse Cristo. Or a casa.

Sabato predicherò in su la Piazza de’Frati Minori: domane predicarò qui, e domenica per bene andata ’ ar co predicarò qui. Domane vi predicarò de la gloria c vita eterna, e domenica vi predicherò di quello che i amaestra lo Spirito Santo. Torniamo a casa. ’ 1 Qui, cioè in Piazza del Campo, alla Signoria ed al Popolo. 2 li Cod. Pcil.^ acciò che noi non guastiamo la nostra predicazioni 3 II detto Cod., è comandamento della santa Chiesa. ^ Cioè, sia per non detto. 1 ® Compagno e discepolo del Santo, imitatore delle sue virtù e pred^ catore indefesso delle sne dottrine. Nella vita del Santo è ricordato spesso: come negli Annali Francescani si annovera tra i più insigni religiosi d6j suo tempo. ) 6 Cioè, nella Piazza ora appellata di San Francesco. Nel vestibolo dei 1’ Aula Capitolare della Metropolitana vedesi una Tavola dipinta da San di Pietro, contemporaneo del Santo, dove questi è rappresentato neirattj’ di predicare su la detta Piazza a molta frequenza di popolo. 7 Intendasi, per dare buon fine alla mia predicazione. ! [p. 373 modifica] Aviamo prima, dove dice: Ecce quam bonum est^ la sua esortazione: et quam iocundum, la sua esemplificazione: habi~ (arefratres in unum: la sua quisìzione. La prima parte, es(»r- tazione. Ecce quam bonum, EU’ è tanto utile cosa questa pace! Ella è tanto dolce cosa pur questa parola — pace, — 3he dà una dolceza a le labra! ’ Guarda el suo opposito, ì dire — guerra! — È una cosa ruvida tanto, che dà ina rustichèza tanto grande, che fa inasprire la boca. 3oh, voi l’avete dipènta di sopra nel vostro Palazo, che edere la Pace dipènta è una allegreza. E così è una •ita a vedere dipènta la Gruerra dall’ altro lato, ^ Hai lemoria quando Mio fece la guerra colle criature del ido, quello che egli fece? Egli uccise tutte le cria- 5 del mondo, salvo quelli che erano nelTarca; e’ quali ò perchè crescessero e multiplicassero a rèndargli ’ia. E non sapendo Noè che Mio fusse anco rapàcifl- ) co la natura umana, mandò la colomba fuore, e vo-

à di Dio fu che ella ritornasse all’ arca coll’ulivo in

a, dimostrando che elli aveva fatto pace con lei per milita di Noè. E però colui che è in pecato, è sempre tra a Dio, e colui che s’ aumilia, è sempre con Dio. )erò vi dico, vi dico per parte di Dio, che ninno none ostinato a non volere perdonare, ma tutti con per- 1 Rammenta il verso dantesco, Che dà per gli occhi uua dolcezza al core. 2 Nella Sala dei Nove, detta poi della Face, dalla quasi divina imagine uesta Virtù, che là dove regge, come è detto nella sottoposta leggenda. Induce ad unità li animi molti, )rogio Lorenzetti dipinse nel 1338-39 su le pareti le Virtù proprie di un 3rno buono, i Vizi che accompagnano un Governo cattivo, e gli effetti che ’ un Governo e dall’altro derivano a una città. Questi dipinti, sebbene ano non poco soffèrto dalle ingiurie degli uomini e del tempo, rendono

ta Sala uua delle più cospicue d’Italia, e pel concetto filosofico che

omina e j)el magistero dell’ arte. [p. 374 modifica] fetta urnilità chinare el capo per amore del suo Criatore. E inde disse Favolo a’ Romani a xij cap: Si fieri poteste \ quod ex voòis est^ curri omnibus hominibus pacem habentes: — - Se egli è possibile, figlinoli miei, ingegnatevi d’ avere pace con ognuno. — Quasi dica: — Non voliate ma;: èssare cagione di guerra nè d’ odio o nimicizie, ma piu^ tosto èssare cagione di pace, d’amore e di concordia. — Lice, se egli è possibile. Hai tu a memoria di colui ch(: voleva andare a Studio, e aveva padre, dicendoli? — Doli, padre mio, io vi priego che voi mi diate licenzia ch^ io vada a imparare e scienzia e virtù. — E ’i padre perchè elli cognosceva quanto era pessima cosa la ini micizia e 1’ odio, gli disse: — figliuol mio, se tu vuo ch’IO ti dia licenzia che tu vada a imparare, io voglia che tu mi prometta di mai non fare questione con per sona vicina. — Rispose il figliuolo: — padre mio, io v prometto che mai io non farò quistione che venga d me. — Disse el padre: — no no: io non voglio che ti vi vada: va^, rimette el cavallo ne la stalla. — Dice € fìgliuolu: — o padre mio, perchè non volete voi ch’i vi vada? — Sai perchè? disse el padre: perchè tu no se’ atto a ciò. Tu non m’ubideresti di quello ch’io t‘’h comandato. Tu mi dici che mai non farai questione coi ninno, che venga da te el principio; e io non voglio eh tu la facci nè che venga da te, nè che venga da altr — E solo per questa parola non lo lassò andare a sti “lo diare. Simile vo’ dire a te, cittadino: non volere quistioii e discordie: se tu ben vedesse che venisse da un altre fa’che tu non la seguiti. Golia, golla ogni cosa: non iia serbare in boca ogni parola; fa’ che tu abbi gargalon d’oca. ’ Se tu vorrai andare cercando [quando queslj ’ 1 Lo stesso che Gorgozzule, che le oche hanno lungo e capacOi. [p. 375 modifica] icosa e quando queU’altra, tu andarai cercando] ^ nimicizie e odii: non far così, dico. Ma più tosto debi chiudare gli ochi, che volere vedere quello che può fare danno e odio all’ anima tua: che se tu andarai cercando, tu tro- varai più male che tu non vorresti trovare. Chi va cer- cando el male, è di bisogno che ne trovi; se cercarai odio, e tu el trovarai da Dio: se cercarai nimicizia, e tu la trovarai da Dio. E però ogni volta che tu vai dietro a ciò, sempre andarai di male in peggio. Quando tu vedi una cosa che ti dispiace, va’ in buon’ ora: non 1’ andare ritrovando — o come andò? o come fece? — Fa’ che tu te la gitti dietro a le spalle. Sappiti mantenere e con- v^ersare con buoni, con gatti vi con peggiori e con pes- simi. Mantenetevi insieme, e non voliate disfare l’uno r altro, ma amarvi insieme. Se pure ci fusse niuno che ledesse guerra, non la voler tu. Fugela: fa’ che tu sia

empre di quelli che cerchi la pace e sì delle genti e sì

iell’anima tua e sì quella di Dio. Fa’ che ogni tuo pen- derò, ogni tuo atto, ogni tuo fatto, tutto sia circa a la )ace. E inde, insegnandoti Davit — Rogate qiiae ad pa- )em sunt — pregate Idio per la vostra citta, che ella itia sempre in. pace e in unione. Vuoi ti dica ch’io mi ‘.redo che e’ bisogni ben pregare? Chè così mi credo che mi non potiate scampare da guerra, come non può scani- )are uno a non mangiare, che non abbi fame. E questo olo v’ adìverrà, perchè tra voi non è pace e unione: voi lon vi intendete fra voi. Io me n^ andarò e dorròmene: e altro ve n’ aviene, non me ne siate rei, ^ chè da me non imane ch’io non vel dica. Io vi dico che questa è una

  • .Ai Codd. Senesi mancano le parole chiuse fra parentesi.

2 Salmo cxxj, vers. 6. SET Alighieri, Inf. xxx, 120: E sìeti reo, che tutto ’l mondo sallo. [p. 376 modifica] cosa che voi fate provocare Idio a ira. Avete voi a me- moria el detto di Giovanni a xiiij cap. per boca di Gri- sto? Pon mente a quello che eli! dice: Pacem rdinquoì i)obis^ pacem meam do vobis; non quomodo mundus dat, ego\ do vobis. Non turbetur cor vestrum: — Io vi lasso la mia pa- ce, io vi dono la mia pace; no come quella che dà ilj mondo, che è d’averla l’uno con l’altro; però che questa; non la può avere ognuno, questa io ve la lasso. L’altra pace è quella che altri tiene dentro in sè nel cuoce: que- sta io ve la dono; e questo è uno dono di tanta valuta, che non voglio che mai voi aviate guerra con criatura; 6 se voi volete ch’io sia con voi sempre, voglio che voi aviate questa pace. — Dove è guerra, mai non v’ è Idio. Credi tu che Idio sia nella tua casa, quando tu v’ hai guerra e discordia? Certo, no. Egli non vuole abitare se non dove sìa concordia e pace e tranquillità: — questapace ch’io vi do, dice Idio, non vi sarà mai tolta da persona;; ma quella che dà el mondo, molte volte la tòlle. — E inde Isaia h Et factus est in pace locus eius^ et habitatio^ eiusinSion:—Elluog’osuoènelapace elasua abitazione è in tranquillità. — E però pensati! come stai la tua casa: come tu vedi divisioni ne le case fra padri,’! madri e frategli e figliuoli, dì: — questa non è abitazio- nediDio.— Io ho una tela grandissima di genti che sono in guer- re, di mogli con marito e di marito con mogli; e simile, i anco di molte altre persone, chè credo avere uno fascio di scritte, di memorie, di questioni che sono fra cittadini,] l’uno centra a l’altro. E però se io non potrò fare fare le paci particolari, parlaremo de le generali, e potrai nel 1 Correggasi, David: che il passo allegato appartiene al salmo Ixxv, vers. 3. j’ 2 II Cod. Pai. dice: El luogo suo è fatto nella pace ec. j [p. 377 modifica] mio dire comprèndare per l’ima e per V altra. Doh, cit- tadini miei, rabracciatevi insieme; e chi ha ricevuto in- giurie, perdoni per 1’ amore di Dio, e in questo dimo- strarà di voler bene a la sua città. Hai Tessemplo della vita di Cristo: sempre disse, pace: non truovi che ninna cosa tanto teneramente racomandasse, quanto la pace. Que^sta è esortazione. Vediamo la siconda parte, de la sua essemplazione, dove dice: et quam iocundum. Sempre il nostro Signore die’ essempio di pace e d’ unione, mentre che visse al mondo, e eziandio volse dimostrare quanto la pace gli era piacente nel suo cospetto. Chè quando elli discese e incarnò nel ventre di Maria, dodici anni era stata pace e concordia in tutto il mondo: questo fu prima che in- carnasse. Poi quando incarnò, gli angioli del cielo can- tavano quello dolce canto: — Gloria in exceìsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis: — Sia gloria a l’Ai- tissimo Idio, el quale è nato nel mondo, e pace sia in terra agli uomini che hanno buona volontà. — E questo avendolo Idio sempre dimostrato, si conviene chi vuole avere da Dio grazia e ultimamente * gloria, si vuole i seguitare le vestigie del Re de la pace. 1 Cittadini miei,iovipredico pace,io viracomando la pace. 0 voi che avete buona volontà, non vi tirate a dietro, seguitate questa pace per V amore di colui el quale ve la racomanda. Fate che hi voi sia sempre perfetto amore e perfetta carità. Sapete voi perchè io indugio quasi dietro dietro questa predica de la pace? Solo perchè avendo voi veduto da prima i pecati che > voi fate, e dimostrato la pena che Idio darà a chi sta in ostinazione, questa poi suole commuòvare i cuori e 1 Cioè; in fine, da ultimo. [p. 378 modifica] coudùciarli a piegarsi inverso coloro che hanno fatte le ingiurie, e fannoli rapacifìcare. Ma chi è in ostinazione, sta male el fatto suo. Questi cotali non gustano e non intendono li Comandamenti di Dio. In maìevolam ani- mam non introihit sapientia ^ — Ne la mali vola e pessima anima non entrarà questa sapienzia de la j3ace, — che* ben cognoscono che ella è utile e santa cosa, ma per malizia non vogliono udire nulla. Ma in quelli che soMi 1 Dio, sempre vi granisce e germoglia, però che elli §i pie- ga a la ragione e al detto de’ dottori e a la volontà di Dio e a quello che comanda la santa Chiesa, e volentie- ri si conduce a udire di queste tali prediche, e volontieri le mette a effetto, e cognosce che il nostro dire è santo e buono e utile a chi è del numaro de li eletti da Dio. Vuoi vedere se Idio s’ingegnò sempre ch’e’ suoi usassero questa virtù de la pace? Non disse egli a’ suoi discepoli: in quameunqm domum intraveritis^primum dicite: pax huic do- rimi: * — Quando voi entrate ^ in una casa, fate che la ’ prima cosa che voi facciate, che voi diciate: la pace sia: in questa casa? — Simile siamo amaestrati ^ noi da |: santo Francesco. , Tu hai veduto prima che Idio incarnasse, èssare il mondo tutto in pace. Anco hai veduto quando e’ na- eque, quello dolce canto che facevano gli angioli. Or 1 vede ora ne la sua conversazione. Elli conversava co li Apostoli suoi; quando per caso nissuno eliino avessero |i avuto quistione di nulla, sempre gli rapaciflcava, dimo- li 1 Sapienza, cap. primo, vers. 4. 2 Vangelo di san Matteo, cap. decimo, vers. 12: salvo che la lezione della Vulgata è la seguente: Intrantes autem in domimi, salutate eam dicentes: Fax huic domui, ® Il Cod, Fal.^ entrarete. 4 11 Cod. Pai., siamo stati amaestrati. [p. 379 modifica] strando lo’ tanto dolce cosa, quanto è la pace. Così dove vedeva alcuna differenzia venire, sempre la stroppiava; sì che tu vedi che ella piace a Dio questa pace so- pra a tutte le virtù. Or vede ora ne la morte sua se elli volse sempre bandire questa pace, e se elli vol- se sbandire e scacciare la guerra e la diferenzia quan- do elli era in croce. Ibi super crucem confregit poteri- tias arcuum^ cutum^ gladium et bellum * *. Elli vinse co la pace tutte le tentazioni, coll’ arco del ben vivere, collo scudo sempre difendendosi, col coltello de la mano drit- ta e sinistra e co le battaglie sì de’ farisei, sì de li scri- bi, sì de’ Giudei, sì de’ sacerdoti e sì de^ tiranni. In ogni modo elli ebbe vittoria, però che mai in lui non cadde peccato nissuno, nè in atto, nè in pensiero; ma sempre ciò che elli operò, fu in somma perfezione, dando essem- pro a noi. E cosE finendo la sua vita, chinando el capo, quando elli ebbe racomandato T anima sua al Padre, dimostrando in quello atto segno d^ amore e di pace, quasi dimostrando: — imparate, figliuoli miei, che vole- te seguitare la via la quale ho tenuta io: fate che voi in ogni modo, in ogni atto e a ogni tempo voi vin- ciate le tentazioni ch’’1 diavolo vi fa. Voi vedete bene con quanta umilità io ho passati i dì miei, che ma’ in me non fu turbazione che facesse caso all’ anima mia, ma sempre so’ stato in quiete e in pace: sempre ne la mia casa del Signore ^ è stata e sta pura tranquillità. — Misterio! Hai, quando si fece il Tempio di Salamone in lerusalem, malleus et securis et alia ferramenta non sunt , * È il salmo Ixxv, vers. 4; so non che nella Vulgata non sono le pa- role super crucem, 1 Sottindendi: fece, operò. 1 Il Cod, Sen, 6; sempre ne la mia casa è stata ec. [p. 380 modifica] inventa in domo Domini —Non vi fu fatto nissuno bus- so nè con maglio, nè con ferro % nè scure, nè altro ferro vi si aoperò, dando e dimostrando segno che nel tempio di Dio non vi fu mai altro che tranquillità; sì che infìno alla morte di Cristo hai veduto sempre questa pace. Simile, anco dopo la morte, quando aparve ai Discepoli, sempre questo era il suo dire: pax voiis: —lapacesiaconvoi.—Mainluinonsipotèvede- re più dilettevole cosa, che questa pace. Sempre diceva: — pace, pace. — Hai vedute già le due parti: vediamo ora la terza. Ne la terza parte aviamo a vedere de la pace la sua quisizione: Habitarefraires in unum; e dirò poco poco. Tu hai veduto vita buma e vita santa; vede ora vita ottima. Tre effetti si vegono nascere da questa terza conclusione: Prima, i vizi via levare. Siconda, pace cercare. Terza, la pace accettare. Prima, dico, che chi vuole vivere sicondo Idio, la prima cosa li fa via e’ peccati e vizi levare. Piglia questa regola: come tu vedi in una casa, in uno popolo e’ pec- cati multiplicare, non v^ aspettare pace; imperò che con tutto che eliino dichino pax^ pax^ pax co la bocca, in cordìbus eorum non est pax. Ellino dicono co le labra pace, pace, pace; é chi cercarà dentro in loro, non vi si truova. Quando io fo così, non m’aspettare. De’ quali dice Isaia a xlviij cap.: Non est pax impiis.^ dìcit Dominus: — Non è pace negli uomini gattivi, dice el Signore. — Adunque, non può avere pace colui nè colei che vive ne’ peccati; e però chi vuole pace, bisogna che viva 1 La Vulgata: et malìeus et semris et omne ferramentum non sunt audita in domo cum a&dipcaretur (Libro 111 dei Re, cap, Tj, vers. 7). 2 11 Cod. Fal..^ nè con alcuno ferro. [p. 381 modifica] ne’ Comandamenti di Dio. 0 donne, volete pace? — Sì. — Or levate via le vostre vanità, levate via tanti su- perbi vestimenti, e tanti arienti e tante forge. Levate via cha nelle chiese non si facci ^ tanti vagheggiamenti e tante disonestà. Avìate un poco più timore di Dio, che voi non avete. Così dico a voi, cittadini: volete pace? — Sì. — Or levate via e’ peccati dove voi sete involti. Levate via le vostre scomunicazioni: non date vigore che mai si facci peccato ninno: fate che voi leviate via che non si presti a usura. Doh, fate quello ch’io vi dico, e fate che mai voi non diate contra a la eclesiastica li- bertà; però che se voi le date contra, e voi date con- tra a Cristo. Se voi darete contra a lui e elli è più po- tente di voi, voi ne pérdarete co’ lui; che non avendo se non la sua disgrazia, non è possibile che mai voi capi- tiate bene. Idio non ama mai gli uomini gattivi e impi Crede alle parole di Dio che ti dice per boca d’Isaia, che mai non sarà pace nell’ uomo gattivo. Che vuole Idio da te? Vuole che tu ami il tuo prossimo, e che sempre tu abbi pace con lui. E sai che ne seguita? Che se tu non hai pace coll’ uomo, e Idio non ha pace con teco. Doh, non considerate voi che quanta più guerra altri ha, più fatiga e affanno gli viene? 0 se così è (che così è vero) chi è in fatiga, perchè credi che vi sia? Non per altro che per li peccati suoi. Leva via, adunque, e’ peccati e levarai le fatighe. Leva via le fatighe e gli affanni, e avrai pace. Hàla in- tesa? — Sì. — E però fa’ che tu levi via tutti i mali contratti e ogni atto e ogni modo che tu vedi che è contra al comandamento di Dio; e fa^ che tu t’ amendi. 1 Il Cod. Pai., non si faccino. 2 11 Cod. Pai., così legge: E se voi date contra a Cristo, elli ec. [p. 382 modifica] I e del peccato fatto peritetene^ e ricorre a la misericor- dia di Dio^ e va’ a la confessione con intenzione di fare quella penitenzia che è iaiposta dal sacerdote, e, non vi volere mai più ritornare dentro in quelli pecati E così facendo, tu arai da Dio pace e tranquillità. E se tu non t* * amendarai e vorai fare pure a tuo modo. Idio ti punirà. Io ti dico che ^1 peccato che tu fai, e, la cagione d’ ogni tuo male. La Scrittura il dice: Pro- pter peccata veniuni adversa populis: — Per li molti pec* i cati vengono le fortune, come so’ guerre, grandini.;! tempeste, omicidi e dimoUe cose, le quali le lasso consi- derare a te. — Sicondo effetto è la pace cercare. Ode parola ch’io ti dico: ogni volta che tu stimarai la cosa buona, tu i r andarai cercando. Vuoi pace? — Sì. — Or estimala € (j cercala. Ami tu Idio. — Sì. — Or cerca le cose chei; tei faranno trovare, e piglia questa regola generale:! mai colui che dispregia la grazia, non la trovarà: mai i colui che dispregia el senno, mai noi trovarà; nè colui! mai non trovarà scienzia, se la dispregia^. Così colui che’ non ama ^ la gramatica, non la trovarà. Così dico a te, che non aprezi nè stimi la pace: mai non Farai: mai( non trovarai la cosa, se non 1’ ami e cerchi. Vuoi tu, pace? Or la cerca. Qaerite et imenieaUs i se andarete cercando la cosa che voi amate, voi la troverete: sean- darai cercando scienzia, o vuoi arti, o vuoi virtù, o vuoii pace, ciò che si sia, tu la trovarai. E però è detto Inquire pacem^ et persequere eam: — Cerca la pace e valla domandando. — Domandala, ridomandala e anco, se non la puoi avere, ridomandala più; e se tu perseguiti pure 1 II Cod Pal.^ se la dispregiarà. 1 Invece che non ama, il Cod, Pai, legge, che dispregia. [p. 383 modifica] con domandarla co le circostanzie che bisognano, ere- demi che tu la fc rovarai. Ma sai che fa’, quando tu l’haì troN^ata? Fai che tu non la lassi mai più partire da te, però che chi ha questa grazia, ha grazia che viene da vita eterna: chi ha la pace col prossimo, 1’ ha anco con Dio. Che volsb dire Isaia, quando disse: Erii sabatum exsabhato\ — cioè, el sabato è del sabato? — Vuol dire la pace di dentro è ombra de la pace de la gloria con Dio^. Or volta mano e dì: del non sabato non sabato, e mira se tu intendi quello che e^ dice. Oh, io lo intendo: la guerra e la discordia di qua nel tuo cuore sarà arra de la discordia e de la guerra di là. Dirà in- fine Idio a questi, li quali non hanno voluto mai altro che guerra e discordia di qua: — hai voluto sempre male ad altrui, e tu male arai. — Hai già due effetti: vede ora el terzo. Terzo effetto è che poi che tu hai levati via e’ pec- cati e hai cercata la pa ce e hàla trovata, allora ti con- viene venire al terzo, cioè accetarla, e non ti vogliono a nulla, se tu hai queste due di sopra, se tu non hai la terza. Se tu lassi e’ pecati e amenditi e poi cerchi la pace, e quando Y hai trovata, tu non l’acetti, tu non hai fatto nulla. 0 tu che se’ stato già quaranta anni in guerra e nimicizia, e non hai mai voluto dare pace, ma dimmi, che credi tu fare ogiumai? Oimmè, non consideri tu al- r anima tua, che sempre è stata in istato di dannazione? Non pensi tu che tu ti truovi ora vechio, e tutto il tuo tempo % del quale tu arai anco a rèndare ragione? Co- me andarai tu dinanzi al sommo Giudice? Andaràvi colFo- dio nel cuore? 0 poveretto, che se tu avesse temenzia i Gap. Ixvj, vers. 23. ^ II Cod. Paì.y delia pace di Dio, 3 È sottinteso, ti truovi; vale a dire, sei prossimo a consumare tutto il tuo tempo. [p. 384 modifica] di quello che t’ averrà, se tu non perdoni, io ti prometto! che tu anderesti cercando colui che t’ha fatta ingiuria. 10 parlo ora a utile de la vostra città. Sai che si vo> > rebe fare a questi tali? Elli si vorebe fare uno statuto,; che tutti coloro che non volessero rèndare pace, fus- sero cacciati de la città, e dar lo’bando di rubelli, poi v che eglino non vogliono tornare ne la via de’Cornan- damenti di Dio. E così si vorrebe fare di colui che le stroppia, ch’elleno non si faccino. Odi pessimo veleno» che molti cavan fuore, che dicono che altri s’ avila a fare pace con colui che V ha offeso. Oimrnè, non hai tu * posto mente come fece Idio? Era vile Idio? Fu viltà f la sua a perdonare a coloro che l’avevano offeso. Oh, d elli non cercò mai altro che pace: sempre cerca di i perdonare al pecatore! Guai a noi, se egli non ci per- donasse? 0 non vedi tu, se tu se’ cristiano, come Idiod tei comanda che tu ami il tue» nemico e che tu òri per 3 luq e che tu li facci bene? Quanto doviamo fare me- )i glio noi che i pagani! Come altra volta ti dissi, già furo % 11 pagani ^ tanto fermi in non volere odiare ninno, che! quando fusse stato lo’fatto ninna ingiuria, sapevano a dire:—tunonàrestiforzad’averelamia ira;—e- non potevano tanto ingiuriarli, che odio fusse in loro. i Dunque, tu cristiano che credi fare? Tu se’sgridato da-> I gli Infedeli, tu se’sgridato da Cristo, da la Chiesa, da’^ la coseienzia: ognuno ti grida: pace. E però io ti prego 1 e t’ amaestro e ti comando per parte di Dio, che tuL perdoni. Oh, tu hai tanti essempli di coloro che so’ vo- luti stare ostinati a non volere perdonare, che dovare- sti tremare di paura, che Idio non ti mandi qualcheI giudicio! Oimrnè, non volere aspettare il suo giudiciu 1 il Cod. Pal.^ già furono tutti li pagani ec. [p. 385 modifica] perdona ^ al nemico tuo per 1’ amore del Signore, che ti comanda che tu li perdoni. Degli assempli io te n’ho detto per altre volte; ma io te ne vo’dire uno che è fresco fresco, che ha pochi anni. Fu nel 1419, eseppilo da uno che fu Guardiano di Monte Sion in lerusalem. Oh, che giudicio di Dio fu quello! E però, donne, quello che voi non faceste l’altra volta, fatelo ora: fate che come vi partite di qui da la predica, che voi entriate in Santo Martino, entrando così per Porrione; ^ e questa entrata de la chiesa sia per dimostrare che con ogni persona voi facciate pace, e apresentate e offerite questa pace nella chiesa, chi vi può entrare. E poi quando voi vi ritrovarete insieme con quelle a cui voi avete portato odio, e voi vi rapacificherete insieme, e fate che ninna ci rimanga a fare. E se voi non poteste tutte entrare dentro, passate oltre da la Piazza per segno di dare e rèndare pace. E fate che voi vi riguardiate: se ci so’ di quelle che sieno gravide, non vi mettete a pericolo di farvi danno a le vostre persone nè a le orlature che voi avete concepute. Simile dico a voi, uomini: andate a offerire la pace a la Vergine Maria in Vescovado, acciò che ella vi conservi in pace, e guardivi da’pericoli, e’quali vi so’apa^ rechiati, avendo Y odio nel cuore. E poi quando vi ri- 1 trovarete insieme con quelli co’ quali voi avete odio, e ijvoi vi rapacificherete. Or fate che ninna non ce ne ri- imanga a fare ^ — A casa.

1 Qui comincia il

XXXIV, ed. da Zambrini, loc. cit., pagg. 85-90.

2 Antica denominazione delia via che dalla Piazza del Campo mena,

klla Chiesa di San Martino. Appartenuta prima ai Lateranensi, poi ai Lec« ptani questa Chiesa trovasi ricordat i fino dal secolo sesto. Pio il la con- sedò nel 1460. Fu rifabbricata nel 1537 secondo il disegno di Giovambattista ì^eloro, e contiene non poche opere d^ arte pregevoli. Oggi è parrocchia. 2;^Auna^ cioè, delle paci da fare.

  • RED. VOLG. DI S. BERNARDINO - Vol.!//.<

25 [p. 386 modifica] Dico’ che nel dicianove andò una galea in lerusalem; al Santo Sipolcro di Cristo, ne la quale galea fra gli altri v’era una vechiarella di quelle nialadette superbe, che come sa chi v’ è stato ^ elli vi si sta dentro a sedere. Colei stava così co le gambe distese, e uno garzone * pure peregrino passando per la galea, li viene posto il piè a questa vechiarella, e fecele un poco male, e mai non potè tanto operare nè pregare che ella gli perdo- nasse, che mai gli volesse perdonare. A la fine, quando furono giòliti in Ciaf, dove iscaricano i peregrini, questo. garzonetto le domanda più e più volte perdono: ella ’ sempre stette ostinata a non volere perdonare. Non po- tendo avere perdono da lei, andò, come è usanza^ al. luogo de^ frati, là dove tutti si debbono confessare prima ohe vadano vedendo quelli santi luoghi, e come so’con- fessati, di subito si comunicano. Costui essendo confes- sato d’ ogni suo peccato, e avendo detto come sciagura- i. tamente, non avedendosene, elli aveva fatto male a questa 1 donna e domandatole perdono più e più volte, e che ella l non gli aveva voluto perdonare, gli fu detto che egli ritornasse a lei e domandassele perdono, prima che elli ì si comunicasse. E elli così facendo, giùnto a lei, dicen- doler — madre mia, io vi prego per amore di Cristo j lesu nostro Signore, il quale volse essere crocifisso per la salute di tutti i peccatori, i quali gli hanno fatto of- fesa; deh, io vi prego che voi mi perdoniate el male ch’io vi feci: fu sciaguratamente, noi feci a studio: per r amore di Dio, io ve n’ adunando perdono; — infine,! avendola costui molto pregato, ella non volendo udire, i 1 Ricomincia il suo racconto, rimasto poco sopra interrotto. Nella stampa tutto il tratto della interruzione fu omessso. 2 II God. Pal,^ garzonetto. [p. 387 modifica] cl cacciò via, dicendoli: — io non ti vo^ perdonare. — A la fine non potendo costui avere ninna buona parola da lei, ritornò al confessore, dicendoli come non poteva avere niuna buona parola. Anco el confessore volse che egli ritornasse a lei la siconda volta, e che gli chiedesse perdono. E esso così fece. Tornato a lei dimandandole per r amore del Nostro Signore lesu Cristo perdono, anco il cacciò, dicendoli che mai non gli perdonarebbe. El garzone tornò la siconda volta al confessore, e dis- seli come ella T aveva cacciato, come ella aveva fatto la prima volta. El frate volse che elli ritornasse a lei anco la terza volta. Come ella aveva fatto V altre volte, così fece la terza, dicendo che di perdonare non ne vo- leva udire nulla, linde che, ultimamente tornato al frate, e dettogli come la cosa stava, el frate gli-disse: — va’, e piglia el Santissimo Corpo di Cristo, poiché tu hai fatto quello che tu debbi dal canto tuo: va’ e comunicati e Ifa^ la tua divozione. — Oooh l Oh, che orribile cosa fu ’questa! 0 giudicio di Dio grande! 0 che cosa ne seguì Ìelli?CheessendocostuiaFaltare,comeelliebbepreso el Corpo di Cristo, così di subito entrò el diavolo adosso a colei. Era nel mezo de la chiesa una citernuzza *, hà dove costei fu da’ diavoli gittata viva viva, e a fatiga vi [potrebbe entrare una persona, tanto è poco largai Ella non fu veduta quando vi fu gittata,* ma essendo sentuto el busso grande, e non trovata costei, fu veduto apertis- ùmamente come fu lei che fece quello busso. E come ddero che costei v’ era meno, così subito ebbero graffi, 5 cercaro se la potessero trovare; e avendo i graffi atti i potere avere quei corpo, el trovare, e ritirarolo fuore; i pensare che veramente el diavolo ve F aveva gittata » Il Cod» Pal.^ cisterna. [p. 388 modifica] dentro considerando la picola offesa che V era stata fattd e il modo che fu. disavedutamente, e veduto con quanti! umilità el garzone Y aveva domandato perdono, e vedutd dove costei andava, cioè in luogo santo e divoto, là dovq el Signore del cielo e della terra volse patire tanta penr’ per la salute de’ pecatori che vogliono tornare a luì. I questo sì dimostrò quando elli disse a 1’ Etterno Padre: Pater ^ dimitte ilUs ^ quia nesdunt quod fadunt:^ — Doli Padre mio, perdona a costoro che mi crociflgono, ch< elli non sanno quello che si fanno. — E per certo ij considerare questo.essemplo ha da avere grandissimi; paura in colui che non vuole perdonare ^ E questo t’hi detto che è fresco fresco. State salde, donne non vi partite. Che è, che è Non vi partite ninna: aspettate la confessione prima eh’,; vi partiate. Oh, elli è il mal segno! Mal segno è questo^ Così mi fu anco rotta la predica V altra volta. Io vor? rei che mi costasse tre lire ^ di sangue, e questo mie parlare non mi fusse stato rotto! lo fo fine: ode h conclusione. Vuoi tu vedere come è dolce la pace? Or guardri r essemplo che ci ha dato el Re de la pace. Elli ci hr comandato che noi leviamo via 1’ offesa, e confessarsi^ deir odio che elli ha portato, e fare penitenzia di ta; pecato, e cercare di fare pace, e domandare di grazia misser Domenedio, che gli conceda grazia di trovarci colui a chi ha portato odio, e fare pace con lui. E coinet el Signore gli ha conceduta la grazia, sappila conservare s 1 Vangelo di san Luca, cap. 23, vers. 34.

1 Qui ha fine il detto racconto trigesimo quarto. J ® Rimprovera coloro che s’ eran mosse per allontanarsi dalla predica. dimostrando stanchezza. ^ Intendasi, libbre. ] [p. 389 modifica] Chi vuole veramente avere pace, gli bisogna quello che io gli dirò. Prima, gli bisogna avere pace con Dio; e questo è co la confessione: poi gli bisogna la pace col prossimo, con amarlo; e poi bisogna la pace con Tanima -sua, di guardarla e conservarla, e fugire da’ peccati. E chi non ha con seco la pace, come io ti dissi V altra volta, non gli può valere a vita eterna ninno bene che elli facci; sì che per non avere la pace, tu perdi vita eterna. Se tu andasse mille volte al Sipolcro, non avendo con teco la pace, tu non aquisti merito ^ ninno a vita etterna. E così volta mano: se tu hai la pace, senza che tu vada al Sipolcro, tu hai acquistato vita eterna. Tu hai delli essempli in quantità di chi ha perdonato. Molle grandi cose se ne so’ vedute: e così di chi è stato osti- nato. Così dico che de le alturità tutta n’ è piena la Sacra Scrittura del Nuovo Testamento. Ma non essendoci altra alturità che questa, ti debba bastare. Se’ tu cri- stiano? — Sì. — Or se tu vuoi essere amato da Cristo, fa^ r operazioni che fece lui nel grado tuo. Non sai tu <ìhe elli perdonò a chi 1’ aveva offeso, e orò per loro al Padre Etterno? Così fa’ tu: chè ciò che elli fece in que- sto mondo, sì 9 fece per nostro amaestra mento. Omnis criatio nostra est instructio, Doh, fratelli e padri miei, amatevi insieme: doh, amatevi e rabracciatevi insieme, e se ninna cosa è passata mal fatta, per P amore di Dio perdonate le ingiurie: non tenete più odio in voi, acciò che voi non siate odiati da Dio. Amatevi insie- me e dimostratelo V uno in verso l’altro co le pa- role, col cuore, co 1’ operazione, come il dimostrò Cristo a chi V aveva offeso. Sai che quando elli era in sul legno de la Croce, egli il dimostrò come gli amava e non gli odiava; chè col cuore e colle parole ^ Il solo Cod. Pàl,^ bene. [p. 390 modifica] I disse al Padre che lo’ perdonasse; e coll’ operazioni i dimostrò per tutti coloro che si pentirono, come fu il ladrone, come fu il Centurione, come fu Longino e molti altri, che si penteròno del peccato loro. Adunque chi sarà quello tanto iniquo e crudele che per 1’ amore di Dio non vogli perdonare? Fate che valentemente con un perfetto animo e con fervore per amore del nostre Signore, ognuno perdoni: tutti quelli che saranno buoni uomini, tutti si rapacificaranno. Bonus homo de hono (he sauro \ Diceva Idio: — Venite a me tutti voi che volete pace con meco, chè a tutti ve la vo’ dare.— Doh, cit- tadini e voi donne, io vi prego, io vi esorto, io vi co- mando quanto io posso^ che voi aviate e toniate là pace *. Simile a voi, donne, vi prego che voi m’ aitate per amore di Dio. A tutti dico, a uomini e donne, che voi m’ aitate a la fatiga ch’io ho portata con tanto di letto e amore per la vostra pace. Chi può aitare a nulla, mettisi a far fare ogni pace e concordia l’uno colFaltro. Che se così sarete rapacificati insieme, voi àrete la pace qui in terra, e di là l’ àrete poi in gloria; la quale io prego che ve la conceda per la grazia e per la sua mi- sericordia in saecula saecuìorum, amen. Donne, valentemente per Porrione; e voi valenti uof mini, in Vescovado 1 Yacgelo di saa Matteo, cap. xìj, vers. 35. ^ Nel Cod, Pal.^ ed amiate la pace. 3 Rinnuova T esortazione alle donne di recarsi per Porrione in San;: Martino, e agli uomini di andare alla Cattedrale. Quanto sentimento di, carità cristiana e quanto amor cittadino in tutta questa predica su la pace, massime io queste caldissime raccomandazioni a procurare e serbareji 4:oncordia fra tutti!

Note