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Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte

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Glossario-indice Prefazione: Da Pasquino al Belli e alla sua Scuola
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CORREZIONI E AGGIUNTE

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CORREZIONI E AGGIUNTE


VOLUME I.

(P. = pagina; n. = nota; v. = verso del sonetto.)


P. 20, n. 1: Parini, leggi: Farini.       P. 25, v. 7: saccocce, caggne — saccocce caggne.       P. 59, v. 6: ffrabbicò — ffrabbicó.       P. 124, nel titolo: rruga — rrugà. P. 149, v. 7, sostituisci la virgola al punto.       P. 153, n. 10: Qnanno. fijj —  "Quanno. fijji.       P. 230, n. 1, dopo la parola: Quirinale, aggiungi: la mattina del 1° dicembre 1830, e poi invece di 3 dicembre, leggi: successivo giorno 3.


VOLUME II.

P. 18, n. 7, dopo "capate,, aggiungi: [cioè "scelte."]       P. 25, n. 2, dopo Barbarù, aggiungi: [Barbaroux].       P. 29, aggiungi questa nota: 4 Casotto vagante di burattini. [Intorno al quale può vedersi Baracconi, I Rioni di Roma; Lapi edit., 1889; pag. 362.] E così la nota 4 diventa 5.       P. 41, nella data del sonetto: 1882 — 1832. P. 71, n. 3, aggiungi in fine: ["Scossone,, a Firenze. Sgrullà i panni: scuoterli.]       P. 78 e 105, leggi le note 4 e 2 in questo modo: ["Espressione ironica di tal quale umiltà, di cui si fa molto uso., Cosi il Belli, nel sonetto: Le gabbelle ecc., 19 nov. 36.]       P. 92, v. 11: sta — stà.       P. 100, nel titolo: fuma - fumà.       P. 113, n. 3: Salume fatto — La "sórra,,, cioè quel salume fatto.       P. 116, 119, 120 e 121. I sonetti di queste pagine, benchè scritti tutti nello stesso giorno, andavano disposti in ordine cronologico più rigoroso, secondo il prima e il poi che si ricava dal luogo della data: e simile svista è occorsa [p. cxxviii modifica]anche in altri volumi, non però nel primo.       P. 129, n. 2: Menantimo — Menantino.       P. 137, n. 3, aggiungi in fine: [“La voce mancosus, e la sua valuta di calcolo sono giunti fino a noi, ed oggi nel vernacolo romanesco.... indica il numero collettivo di XXX: un mencoso o mengoso di allodole vuol dire precisamente trenta allodole.„ (Capobianchi, in Bullett. di Numism. e Sfrag.; Camerino, 1887; vol. III, n.º 3, pag. 85.) Come dunque il Belli afferma che voglia dire cento uccelli? Parecchi pollaroli da me interrogati mi hanno risposto concordemente che il vero mengóso è stato sempre, come dice il Capobianchi, una filza o un gruppo di trénta uccelli grossi, specialmente di allodole, e qualche volta anche tordi. Sempre però si sono anche fatti mengósi normali di quarantacinque, o di sessanta, o di novanta uccelletti, computandone tre per due allodole, o due o tre per una; e non è escluso che in via di capricciosa eccezione se ne sian fatti e se ne facciano anche di cento. Il Belli quindi ha confuso questa rara eccezione con la regola generale. — Cfr. anche la voce mengóti, usata da lui in altri sonetti.]       P. 141, n. 9: de — de’. P. 144, n. 1: Bale — Bâle.       P. 158, cambia nelle note i numeri 5, 6, 4, in 4, 5, 6.       P. 161, n. 4: la stessa correzione che alle pag. 78 e 105.      P. 184, n. 1: sostensorio — sostenzorio.      P. 190, n. 5, correggila così: [Cioè, nel cesso.]      P. 197, infine della nota 6, aggiungi: [O, come oggi si crede, di Augusto.]      P. 208, v. 4: arimamnno — arimanno.      P. 220, n. 5: spiedo — spiede.      P. 238, n. 8, dopo l’ultima parola, metti una virgola, e aggiungi: se è vero, come mi viene assicurato, che s’usi anche a Firenze , e che indichi cosa più o meno diversa dall’“orzata„ e dalla “lattata.„ In fine poi dell’ultima nota, aggiungi: [“Mosca cieca,„ in Toscana.]      P. 240, v. 10, i richiami delle note 3, 5, 5, vanno cambiati in 4, 5, 6.      P. 274, infine della nota 4, aggiungi: V. però la nota 1 del sonetto: Campo Vaccino (1), 24 ag. 30.      P. 305, v. 9, togli la virgola dopo Brussio, e mettila dopo Russio.      P. 308, v. 8: S’arifirigge — S’arifrigge.      P. 327, n. 6: Pampieri — Pompieri; e alla fine della n. 9, togli il segno della parentesi.      P. 338, infine della nota 1, aggiungi: [Il 6 gennaio 1833, il Belli mandava in dono alla cugina Orsola Mazio (Cfr, vol. V, pag. 162-64) pinocchiate e ossi di morto o stinchetti, con una letterina in versi, nella quale, scherzando, le dava i titoli di spapòrchia e di ciarafàna. La cugina rispose il giorno 8:

     Spaporchietta quale io sono,
Ho gradito il tuo bel dono;
. . . . . . . . . . . . . . . . .
Ma se miro lo stinchetto,
Ti ravviso, o Cuginetto;

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Vedo poi nolla diletta
Pignoccata pallidetta
Il color tuo parigino,
Cuginetto cerotino ....


E il Belli notò in margine di aver replicato il giorno 9, con un sonetto romanesco della sua raccolta, che è senza dubbio il presente.]      P. 369, n. 9, togli le parole aggiunte tra parentesi.       P. 370-71, n. 9: asciarsi — a lasciarsi.

VOLUME III.

P. 9, n. 14: stare e dovere, leggi: stare a dovere.       P. 27, n. 11:Capellari„ — “Cappellari.„,       P. 56, n. 8: agli scarafaggi — alle piattole.      Ibid., n. 9, dopo la parola domestici, aggiungi: [piattole].      P. 130, n. 14: Al Sentire — Al sentire.      P. 136, infine della nota 12, aggiungi: [Si vedano, a questo proposito, le ultime righe della nota 8, a pag. 308 del vol. VI.]      P. 172, n. 2, dopo le parole: per ischerzo, metti una virgola, e aggiungi: nel senso di “stizzoso, permaloso,„ come nel sonetto: Girolimo ecc., 1 ott. 31.      P. 177, V. 8: Cassandrino — Ccasandrino.      P. 180, infine della nota 6 aggiungi la parentesi quadra.      P. 197, n. 7: ora l’una o l’altra — ora l’una ora l’altra.      P. 224, v. 12, il num. 13 va cambiato in 12.      P. 228, correggi la nota 5 come è detto nella nota 4 a pag. 290-91 del vol. V.      P. 248, n. 10: dimorrò — dimorò.      P. 268, v. 4, aggiungi dopo auffa il num. 4; e poi, a piè di pagina, nella nota corrispondente, cancella l’ultimo periodo e leggi così: Il 4 luglio 1807, l’Abate Cancellieri scriveva al Barone F. della Penna: “è un mese, da che ogni giorno trangugio due gran fiaschi di acqua santa, che p..... a tutta passata. Onde son divenuto anch’io canonizabile, e da vendersi mezzo quattrino, giacchè tutti i cinque nuovi Santi„ (quelli, cioè, canonizzati poco più di un mese prima da Pio VII) “si vendevano a un baiocco, e il Santissimo Padre Santo a uffa, di cui v’era pure il ritratto, come andava strillando per le strade uno spacciatore imprudente e temerario, che fu giustamente arrostato.„ Ms. della Nazion. di Roma, Fondo Vitt. Em., 610, pag. 71.]      P. 304, n. 1: questa città — queste città.      P. 323, prima di chiudere con la parentesi l'ultima riga, aggiungi: Il 26 ottobre del 1835, il Belli mandava questo sonetto In morte di Geronimo nostro all’Amalia Bottini, con una “lettera dichiarativa,„ di cui ho trovato copia tra le suo carte: "I nostri discorsi (come suole accadere conversando, [p. cxxx modifica]che di uno in altro proposito principiasi talora da un paio di occhiali e si termina coll’incendio di Troia) ci condussero negli scorsi giorni a parlare di quella romana generazione di letterati, i quali, fra sè ristretti e schivi di tutt’altri e tutt’altro che non sia loro e in loro, regalansi scambievolmente il modesto titolo di Santo-petto, e ciò per la santità del loro amore verso le lettere del Trecento, beate quelle e beato questo per omnia saecula saeculorum. Ricorderà, gentil Signora, come io Le narrassi essere uno di costoro venuto a morte nel 1834 e aver commossa la mia povera musa ottocentista a piangerne l’amarissima perdita. Or bene, io Le invio oggi i versi spremuti dal mio dolore in quella lugubre circostanza e consecrati a tutti i Santi-petti compilatori del Giornale Arcadico, giornale profetico, che, zoppo più di Zoilo nelle sue pubblicazioni, suole spesso annunziare, con data p. e. del 32, antichità dissotterrate nel 34. Se questa non è profezia bella e buona, Dio sa cosa ell’è. L’illustre defunto ebbe nome Girolamo Amati di Savignano. Fu veramente buon grecista, buon latinista, buono scrittore italiano. Molto seppe, moltissimo presunse. Con pochi usava: degli altri nè rispondeva pure al saluto. Sordido e senza camicia sotto i panni: di volto Satiro, e così di parole; e tuttavia ne’ suoi scritti, per umana contraddizione, non raro adulatore de’ potenti. Stridulo poi nella voce come cornacchia, e ruvido nel corpo e ne’ modi quanto il rovescio d’una impagliatura di sedia. A quella corrugata fronte, degnissima di un posto nella commedia de’ Rusteghi, profondevano i di lui confratelli il nome solenne di fronte omerica, in grazia forse del cervello che ricopriva. Ne’ miei 14 versi e nella nota dichiarativa incontransi alcuni de’ fiori di lingua onde vanno sparse le carte e olezzanti i colloqui de’ Santi-petti, ai quali il Segato di Belluno niente saprebbe più dare oltre quanto lor concesse la prodiga Natura. Se v’ha da ridere, signora Amalia, rida con me. Se poi, anzichè di riso provi Ella senso di nausea, laceri questi fogli e si rallegri colla dimenticanza e de’ Santi-petti e del loro encomiatore G. G. Belli„      P. 332, n. 1: de ponenti — de’ ponenti.      P. 362, nel titolo: Monte-scistorio — Monte-scitorio.      P. 415, n. 2: Le rivolge — Lo rivolge.

VOLUME IV.

P. 22, n. 1: si ci, leggi: ci si.      P. 36, v. 12: jjjòja — jjòjja.      P. 38, V. 13: dritto ddritto — ddritto dritto.      P. 40, n. 2: libre — libbre.      P. 69, v. 10: Ggnissuno — Ggnisuno. P. 75, [p. cxxxi modifica] n. 4: di farro — di gran duro.      P. 145, nel titolo: zoffragio — zoffraggio.      P. 158, correggi la nota 1 come è detto nell'altra nota 1 a pag. 40 del vol. V.      P. 161, n. 6: [altra.] — Altra.      P. 165, V. 5: qua — cqua.      P. 175, n, 5: [Si morde] — [Morde].      P. 179, n. 6: leggi l'ultimo periodetto così: “Sórra„ in Toscana.      P. 182, v. 10, togli il punto dopo Canale, e metti la virgola.      P. 187, n. 1 : Muti-Papazzurri — Savorelli-Muti-Papazzurri. E cancella poi le parole: ai Savorelli, e.      P. 202-03, n. 1: Dat tellu — Dat tellus.      P. 215, n. 3: infinte — infinite.      P. 220, v. 11: ttutto — tutto.      P. 252, n. 2: 10 agosto — 16 agosto.      P. 282, aggiungi questa nota alla fine del titolo: [Benchè possa anche darsi che il Belli usi qui il nome di Marco Spacca come un nome romanesco qualunque, tuttavia è sempre bene avvertire che così si chiamava realmente l'oste delle Cinque Lune, famoso per cucinare la trippa. Il celebre Calamatta, tornato nel 1844 a Boma, scriveva il 31 maggio al Mercuri a Parigi : “Roma non è più Roma : Marco Spacca non esiste più! Andetti per mangiare un piatto di trippetta alle Cinque Lune dal gran Marco Spacca, e mi dissero che li non si mangiava più. Svenni dal cordoglio, e rinvenuto in me, volevo pigliar la posta per non più restare in questa misera città. Annunzia questa terribile nuova a Michelini: ma digliela un poco alla volta, altrimenti l'ammazzi.„ Vittorio Corbucci, L. Calamatta incisore ; Civitavecchia, 1886; pag. 162.]      P. 341, n. 11: bocchetti — bocchette.      P. 345, alla fine della nota 2, aggiungi: [Ma c'è qualche eccezione. Cfr. la nota 4 a pag. 235 del vol. VI.]      P. 371, n. 7: “dove sie„ — “dove se.„      P. 373, n.7: E negroscopio — [E Negroscopio.     P. 375, V. 6: Sta' attento — Sta' attenta. E alla fine della nota 2, aggiungi: [Per il femminile attenta, si veda la nota 5 del sonetto: Le caluggne ecc., 26 dic. 44.]      P. 395, v. 4: grostini — ggrostini.      P. 424, n. 1: 1859 — 1863.      P. 431, n. 13: cosidetta — cosiddetta.      P. 438, n. 4: dai Romaneschi Ir — dai Romaneschi er.

VOLUME V.

P. 17, n. 11 : libra, leggi: libbra.      P. 24, v. 11: pontescife — Pontescife.      P. 42, v. 12: scacarccio — scacarcio.      P. 65, nella data del sonetto: 23 — 25      P. 103-04, n. 4: 26 fobbr. — 21 febbr.      P. 125, v. 2 : casca — cascà.      P. 147, aggiungi questa nota al secondo verso: [Qui pure, come in qualche altro sonetto, manca la rima.]      P. 157. n. 5: da supprì [p. cxxxii modifica] — da supprìso, supprì.      P. 163, n. 12: 21 ott. 1830 — 21 ott. 1840.      P. 181, n. 12, leggila così: [Su questo vocabolo, che qui è usato per contrapposizione a pivieri e sbusciafratte, si veda la nota 3 del sonetto: La madre ecc., 22 nov. 32.]      P. 187, V. 1, aggiungi una lineetta dopo Ccorèa?      P. 188, v. 4: Tterrarscina — Tterrascina.      P. 228, v. 2: Presidene — Presidente. P. 290-91, aggiungi questa nota: 6 Benedizioni. P. 299, n. 2: 1853 — 1835.      P. 313, v. 4: fa — fà.

VOLUME VI.

P. 35, n. 2: 4 dell’altro, leggi: 5 dell’altro.      P. 78-79, in fine della nota 1, prima di chiuderla con la parentesi, aggiungi: E il 13 marzo 1850, Pierfrancesco Leopardi, fratello di Giacomo, scriveva nel suo Diario: “Oggi, dopo quindici anni che li ho portati, mi son tolto i mustacchi per condiscendere al Governo, che ha mostrato desiderio di veder tolto questo disgustoso segno di rivolta dal viso de’ suoi impiegati governativi e comunali. Io però sento fastidio di questa privazione per la lunga abitudine contratta, e siccome non portava i mustacchi per nessun fine politico di ostilità, tornerò facilmente a rimetterli, tanto più che la mia fisonomia, non certamente bella, ora mi sembra alquanto ridicola, ed io, potendolo, voglio risparmiare al mio prossimo l’incomodo di ridere alle mie spalle.„ Antona-Traversi, Studi su G. Leopardi; Napoli, 1887; pag. 136.      P. 186, in fine della nota 1, aggiungi: [La brachetta.]      P. 307, n. 7: aspettetela — aspettatela.      P. 358, n. 2: menbro — membro.


NB. In molte copie del foglio precedente manca questa correzione: Volume I, pag. 10, n. 2-3: 1812, leggi: 1813.