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Il nemico (Oriani)/Parte seconda/V

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Parte seconda - IV Parte terza
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V.

Tatiana rimase sola nella caverna; a quell’ora le contessine Oglobine e Vaska dovevano essere sulle sue traccie, spaventati da quell’assenza. Uscì tentando di correre malgrado le fitte, che l’arrestavano, mentre la foresta le oscillava intorno come squassata da un uragano.

Da lungi risuonava un galoppo.

Il suo bel cavallo, sempre così sdraiato, aveva la gamba destra anteriore spezzata; ella ebbe appena il tempo di sdraiarglisi accanto [p. 141 modifica]e di prendergli la testa sulle ginocchia, che Vaska arrivava a tutta carriera. Sebbene fosse disfatta, nessuno sospettò dell’accaduto; la disgrazia di Giaour spiegava tutto.

Tatiana ammalò, ma imitando lo zio non voile medici. Per lunghe settimane rimase a letto, poi si chiuse nella propria camera in un silenzio di malaugurio, che nemmeno lo zio vivamente impressionato di quel mutamento osava rompere. Il suo volto dimagrito, illuminato dai grandi occhi cilestri, esprimeva tratto tratto uno di quei grandi dolori, che cangiano le epoche della vita, e d’una fanciulla fanno una donna, o di questa una vecchia. Aveva perduto ogni brio, non strapazzava più nemmeno i servi. Questi la credevano toccata dalla grazia del Signore, avendola più di una volta sorpresa in ginocchio davanti alle iconi nel fervore della preghiera. Infatti Tatiana, resa quasi pazza dal terrore di essere incinta, si prosternava dinanzi ai santi, chiedendo loro la grazia di farla piuttosto morire. Furono quattro mesi di una tortura inesprimibile, poi un altro spavento la colpì. Agli angoli della bocca le comparvero alcune granulazioni: sarebbe mai l’ulcera del mento di Topine?

Avrebbe voluto consultare un medico, ma una paura anche maggiore glielo impediva; e se questi avesse indovinato tutto?

Non dormiva quasi più. Malgrado ogni sforzo si vedeva sempre in quella caverna, soffocata [p. 142 modifica]sotto la stretta di Topine, mentre Loris la guardava con quella faccia di marmo, che ella non potrebbe più dimenticare. Quei due uomini la possedevano ancora, la possederebbero sempre; li sentiva dentro di sè come un ferro, che le fosse rimasto nella ferita, o una demenza, che le si allargasse consciamente nel pensiero. Perchè Loris le aveva fatto così, a lei sola? Ella si ricordava il suo volto diventato più bello; le era persino sembrato in un momento d’indovinarvi un dolore.

Tatiana avrebbe voluto morire di quella prostituzione inguaribile.

Le si era manifestato una malattia uterina. Quindi dopo lungo titubare se ne aperse colla vecchia cameriera, che le suggerì dei bagnuoli con alcuni succhi d’erbe altrettanti innocui che misteriosi. Cominciava a soffrire di vertigini; poi colla nevrosi vennero le convulsioni. Allora lo zio fece venire da Veronese il migliore medico, ma Tatiana si chiuse nella propria camera in preda ad una crisi così spaventosa, che lo zio dovette rimandarlo senza nemmeno averglielo presentato. Quantunque dimagrasse le sue forme acquistavano una afflitta grazia femminile, che la rendeva più bella; gli occhi le brillavano di iridi, ingranditi da un cerchio nero, che le scavava le orbite mentre la bocca le si appassiva, e il collo, allungandosele, si piegava teneramente sopra la spalla sinistra. [p. 143 modifica]

Non suonava più. Invece si era data alla lettura del romanzi di Zola, facendoli comprare segretamente dalla vecchia cameriera. Era quella la passione? Quello l’ideale? Eppure Loris, amandola, non era stato così: perchè si era poi mutato? Se lo zio aveva potuto frustarlo per la richiesta della sua mano, quale colpa ne aveva ella? E rivedendosi da capo in quella caverna, si sentiva ancora l’alito fetido ed oleoso di Topine sulla bocca, si vedeva seminuda, colle gambe scoperte, gli stivali in aria, tutte le sottane sul ventre bruciato come da un ferro rovente, mentre Topine la schiacciava con un gomito sul collo, e Loris pallido come un morto si curvava su lei contemplandola.

Allora impeti d’odio la facevano urlare; avrebbe voluto tenere Loris sotto i piedi per ucciderlo o farlo uccidere col più feroce dei supplizi, ma non avrebbe osato rivedere Topine. Il suo aspetto solo l’avrebbe uccisa. Come vivrebbe ella in appresso? A qual uomo potrebbe raccontare quello che le era accaduto? Quale uomo lo crederebbe? Tutto era dunque finito: la sua vita non sarebbe più che l’indomani di quella catastrofe, un indomani atrocemente monotono, senza una speranza, nella solitudine di un rimpianto inconsolabile, colla sensazione inesauribile di quel momento infernale.

Poi lentamente migliorò.

L’anno seguente, nel Novembre, lo zio fu conten[p. 144 modifica]tissimo di accompagnarla a Pietroburgo, malgrado tutti i vecchi giuramenti di non rivedere più la grande capitale. Egli sperava che il mondo guarirebbe Tatiana di quella ipocondria incomprensibile, sentendosi egli stesso molto invecchiato, mentre madama d’Aubrivilliers invece pareva sempre la stessa, sebbene non occupandosi più di Tatiana. Quindi si era fatta prendere da molte piccole manie, annusava tabacco e coltivava i cagnolini: poi guadagnando sempre più autorità nella casa cominciava ad assumere arie di padrona, esigendo la più meticolosa pulizia nell’appartamento. Oramai tutta la sua attività si consumava nel sorvegliare la spolveratura dei mobili e la compitezza dell’arredo, così che una macchia o un ragnatelo le avrebbero dato il senso di una rovina.

A Pietroburgo Tatiana dovette riannodare almeno le più alte relazioni della propria famiglia. Il suo nome, la sua gioventù, la sua bellezza e sopratutto l’immenso patrimonio le attirarono ogni sorta di corteggiamenti; il suo spirito un po’ selvatico parve originalità, la sua malinconia una tendenza sentimentale. Ma considerandosi dopo quella degradazione come morta al mondo, ne indovinò facilmente sotto l’eleganza dei modi la volgarità dei calcoli e la bassezza delle intenzioni. Tutte quelle dame si disputavano l’attenzione della folla come in una fiera di vanità, i vecchi, non avendo rimasto che dei vizi, cercavano di collocare [p. 145 modifica]le figliuole o di fare avanzare i figli in una qualunque carriera; la sola passione segreta, ma universale, era il danaro. Nessuno amava o stimava un altro. Le sue compagne, ingelosite di già, l’aspreggiavano con ogni maniera di calunnie sotto una rugiada di carezze; coloro, che aspiravano alla sua mano, ed erano troppi, non vi scorgevano che un magnifico affare.

Laonde la sua anima s’innalzava istintivamente ad un mondo, ove gli uomini potessero inspirare il sacrificio e comprendere la sventura. Se lo zio fosse stato in grado d’accompagnarla, sarebbe partita per un lungo viaggio. Forse lontana, sotto altro cielo, incognita fra incogniti, avrebbe potuto dimenticare e trovare un uomo, cui dir tutto, così grande da purificarla col proprio amore. Una dolcezza umida ed ombrosa come nelle incantevoli sere dell’autunno russo le scendeva da questo sogno, quando rientrava stanca dalle veglie, e lasciandosi spogliare dalle cameriere non voleva pensare alla solitudine, che l’attendeva nella notte. Allora cominciò a fumare sigarette e a bere qualche fine rosolio per scaldarsi il sangue. Erano piccole ebbrezze, che le richiamavano intorno i fantasmi di tutte le gioventù come la sua, rimettendole nei sensi ancora vergini le bramosie della donna. Quindi ribellandosi alla propria condizione si diceva colla scienza dello scetticismo mondano che nulla era ancora perduto, perchè molte altre ragazze erano anche meno immacolate, e nonpertanto [p. 146 modifica]disposte al matrimonio: che quello era stato un caso, come ne aveva letti tanti nei racconti dei viaggiatori attraverso i continenti misteriosi. Perchè la brutalità mostruosa di Topine avrebbe mutata la sua natura di donna e di principessa? Il mondo non sapeva quella infame vendetta, e non l’avrebbe creduta a Loris, neppure se questi la raccontasse. Nullameno sotto ogni sorriso ironico di uomo ella pensava a Loris, tremando d’essere sospettata. Loris la dominava ancora dall’alto del proprio rifiuto; egli non aveva voluto violarla, e dopo due anni Tatiana doveva ancora indovinarne la ragione. Come mai un uomo volendo violare una fanciulla anche troppo bella, faceva compiere questo delitto da un altro, invece d’inebbriarsene lui stesso? Ma Loris, amandola, e Tatiana ne era sicura, aveva potuto nullameno gittarla a Topine, come si getta un tozzo di pane immondo al proprio cane. Che cosa era avvenuto di Loris dopo quel giorno? A Pietroburgo ella non aveva ancora trovato un giovane che lo valesse; erano tutti eleganti frivoli, o diplomatici già ridicolmente inamidati nella gloriola del proprio grado, che le vantavano la sua bellezza, non pensando che al suo patrimonio, mentre Loris aveva tenuto in pugno quella bellezza senza degnarsi di delibarla. Questa ingiuria misteriosa le diventava ogni giorno più cocente, perchè nessun uomo si era ancora innamorato così pazzamente di lei da riconfermarle la fede nella sua superiorità di donna. [p. 147 modifica]

— Mi farai morire nel dolore di lasciarti abbandonata, le diceva lo zio.

— Voi non morrete così presto, perchè io non lo voglio: non vi sarebbe garbatezza dal canto vostro, ella rispondeva con giocondità simulata.

— Perchè non vuoi maritarti? Nessuno di quei giovani ti piace; forse non hai torto, ma in fatto di mariti la nostra società non offre molto di meglio. Se tu sogni un vero uomo, sarà difficile trovarlo: la gioventù studiosa è rivoluzionaria, quella aristocratica incretinisce nei saloni, o si corrompe nel governo.

— Allora lasciatemi attendere; c’è sempre tempo a rovinarsi.

Nell’estate Tatiana andò alle acque di Ems, che dovevano giovare anche allo zio; il viaggio invece le nocque così che dovettero rimpatriare accompagnati dal principe Vladimiro Gregorevich Tewceff, un uomo sulla cinquantina, già amico dello zio, venuto egli stesso a quelle acque per rinfrancarsi di una lunga convalescenza. Era un signore di grande educazione, coltissimo, dallo spinto severo e mordente, che piacque a Tatiana malgrado tutti gli svantaggi fisici dell’età e della figura. Egli passò una settimana al castello di Kourlak, che parve a Tatiana e allo zio una delle migliori dopo molti anni.

Poi questi essendo ricaduto sotto un secondo attacco di bronchite, nell’autunno Tatiana lo ricondusse a Pietroburgo per costringerlo a curarsi [p. 148 modifica]malgrado tutta la sua caparbietà di vecchio. Tatiana gli si era attaccata colla disperazione del naufrago, che sente sfuggirsi in mezzo alla tempesta l’ultima tavola. Con chi vivrebbe dopo la morte dello zio? Madama d’Aubrivilliers le era diventata così insopportabile, che l’aveva lasciata al castello con autorità di sovraintendenza. Tatiana non abbandonava più la camera dello zio, il principe Tewceff veniva spesso a trovarli; a poco a poco la loro intimità si strinse.

Un giorno lo zio le disse:

— Peccato che Vladimiro Gregorevich non sia più giovane: era l’uomo per te. Non approvo le sue segrete idee rivoluzionarie, ma val meglio averne di queste che non averne affatto.

Tatiana sorrise.

Il principe Vladimiro Gregorevich veniva tutte le sere, e spesso restava a pranzo. Tatiana, conscia della sua passione, gli era grata del riserbo che s’imponeva, quasi egli stesso sembrasse riconoscere per primo l’impossibilità di quell’amore attraverso tanta differenza di bellezza e di età. Ma il principe Vladimiro Gregorevich era forse il solo uomo a Pietroburgo che pensando a Tatiana avesse dimenticate le sue ricchezze. Questa sincerità di passione dava a Tatiana una sensazione dolcissima di nuovo orgoglio.

Finalmente lo zio le rivelò il grande segreto: il principe Vladimiro gli aveva confessato tutto. Naturalmente non aveva nemmeno pensato a [p. 149 modifica]chiedere la sua mano, ma il suo amore era arrivato a tanto, che non si sentiva più la forza di seguitare quelle visite; non potendo essere amato voleva almeno evitare di essere ridicolo. Lo zio diceva tutto questo lentamente, come giudicando egli stesso il caso troppo assurdo. Tatiana rimase pensierosa. Quella sera, quando venne il principe, ella fu più grave con lui; egli parve diventare più timido. Lo zio si lagnava.

— E il principio della fine, rispose al principe Vladimiro: sono come gli dei della vecchia Russia, me ne vado.

Questa parola sconsolata gelò la camera.

Infatti non era possibile farsi molte illusioni. Il vecchio tossiva e dimagrava a vista d’occhio; l’infiammazione dai bronchi era scesa ai polmoni allargandosi alla pleura. Il respiro gli diventava tratto tratto difficile.

Dopo altri discorsi insignificanti egli disse improvvisamente con voce stentata:

— Vladimiro Gregorevich, quando sarò morto, tu sarai il protettore di mia nipote in questo mondo di banditi eleganti, che sono peggiori degli altri.

— Mio buon amico, questa sera tu hai più malinconia che spirito. Signorina, dite dunque a vostro zio che domandare certi favori a vecchi amici, e la voce gli tremava guardando Tatiana, è quasi un supporli incapaci di farli.

— Tatiana resterà sola; non si può star soli. [p. 150 modifica]

Ella sentì inumidirsi gli occhi: tutta la sua sventura le si addensò al cuore.

— Si è sempre soli nella vita....

— Credete che le fanciulle della vostra età, maritandosi, rimangano egualmente sole? intervenne il principe Vladimiro Gregorevich.

— Forse più di prima.

— Anche diventando madri?

Il principe Vladimiro si era già pentito della risposta; si alzò per andarsene. Il vecchio ebbe un accesso di tosse, e sputò dolorosamente sopra una pezzuola. Tatiana corse al comò per prendere una bottiglia; quando l’accesso fu passato, il il principe Vladimiro gli stese con dolcezza la mano:

— Dovresti riposare di più; non è vero, signorina?

— Partirai domani? domandò l’infermo.

Il principe Vladimiro tardò a rispondere, la sua faccia giallastra era diventata pallidissima; pareva lui stesso più ammalato dell’altro, ma lo zio, intento a guardare Tatiana, non se ne accorse. Ella era turbata.

— Allora, esclamò lo zio, dico tutto: già è il mio dovere.

Tatiana e il principe si guardarono istintivamente; ella arrossì, l’altro attese senza un gesto, ma lo zio non sapeva più come esprimersi.

— Ecco, disse finalmente: non ha chiesto la tua mano. [p. 151 modifica]

La formula era così bizzarra che Tatiana non potè schermirsi dal sorridere.

— Non ha chiesto la tua mano, perchè neanche lui può farlo: ora pensaci tu, e si rigettò sui cuscini chiudendo gli occhi, felice di essere finalmente riuscito a porre quel problema. Ma un imbarazzo si era aggravato istantaneamente sugli altri due, inchiodandoli sul tappeto presso il letto di quel morente. Tatiana si sentiva come dentro un suono diffuso e confuso.

Poi intese la voce del principe Vladimiro. Questi aveva rialzato il capo; il suo volto, sempre così malaticcio, era divenuto potente d’espressione, i suoi occhi brillavano.

— Signorina.... vorreste essere la mia vedova? Pensateci bene. Se amate qualcun altro degno di voi, io sarò sempre egualmente ai vostri ordini; vi basterà volere una cosa, perchè io non viva più che per ottenervela. Forse io sono più potente che la mia posizione sociale non lasci supporre: tenetevi pur sicura che nessuno potrà nuocervi impunemente, finchè sarò vivo.

Queste ultime parole, che parevano sfuggirgli in una esaltazione generosa d’orgoglio, furono pronunciate con un suono così terribile di minaccia, che Tatiana stessa ne tremò.

— Ebbene, principe, Tatiana ti risponderà; bisogna lasciare tempo alle ragazze. Io non ho più diritto nemmeno di dare consigli, ma la mia opinione potrò esprimerla. Tatiana è in grado di [p. 152 modifica]giudicare da sè. Tu, amico mio, ti sei espresso benissimo; sciaguratamente bisognerebbe che tu fossi un po’ meno vecchio... anch’io lo sono troppo. Ecco il perchè.

Il principe Vladimiro, per quanto uomo di salone, non trovava il modo di andarsene; avrebbe voluto attendere una risposta, che allora capiva impossibile. Finalmente s’inchinò a Tatiana, che si lasciò stringere la mano, ed uscì come potette.

Due mesi dopo Tatiana aveva sposato il principe Vladimiro Gregorevich Tewceff senza pompa e senza seguirlo nel suo palazzo. Tale matrimonio confuse tutti i calcoli della grande società mondana, incapace d’indovinare la profondità di certi sentimenti.

Tatiana, fredda e riservata, non aveva voluto mutare nulla alle proprie abitudini di ragazza; era uscita un momento per la cerimonia, ed era ritornata al capezzale dello zio, che non lasciava più il letto. Il principe Vladimiro, quella sera, non osò chiederle che un bacio, tornando al proprio palazzo; ella gli offerse la fronte. La devozione di Tatiana per il malato era l’ammirazione di tutti; quando morì, ella fu ripresa da grandi convulsioni, che la compromisero seriamente, e volle ritornare al castello di Kourlak.

Dopo tre mesi di matrimonio si trovava col principe come alla vigilia; egli adorandola non si era permesso nè un lamento nè una allusione, ma Tatiana tratto tratto leggeva ne’ suoi occhi una passione così intensa, che le faceva paura. [p. 153 modifica]

Infatti il principe era più temuto che amato nella stessa propria società, per la quale non aveva mai nascosto il disprezzo; ma lo si credeva generalmente un dotto, che vivesse di studi, quantunque non avesse mai stampato un libro, e nascondesse la propria vasta erudizione.

All’epoca dell’emancipazione dei servi aveva sostenuto il partito più liberale, attirandosi molti sospetti di appartenere a quello rivoluzionario; poi impegnatosi in una lotta colla polizia per difendere un cugino nichilista aveva corso nuovi pericoli. Però la sua vita aristocratica, la sua apparente devozione ortodossa allo Czar, e sopratutto il suo grado e la sua parentela lo rendevano invulnerabile. Quindi di commissione in commissione era entrato nel senato come uno dei membri più giovani. Reggeva allora il ministero dell’interno il conte Tolstoi, spirito mediocre e violentemente reazionario, che divenne presto l’uomo più impopolare della Russia; fra questi e il principe s’accese una rivalità al ministero, nelle commissioni, a corte, da per tutto. Il principe Vladimiro pareva un originale, cui la dura onestà del carattere permettesse molti atteggiamenti ribelli. In tutti i rami dell’amministrazione, ove l’avevano messo, n’era uscito promuovendo grossi scandali ma con così fine abilità da non dar presa ad alcuno dei propri nemici.

Una volta per allontanarlo da Pietroburgo gli fu offerta l’ambasciata di Danimarca; ricusò. [p. 154 modifica]

Poi malgrado lo splendore del nome e la molte ricchezze non aveva mai voluto prender moglie, vivendo quasi sino ai cinquant’anni con una sorella, vedova senza figli, alla quale aveva testimoniato la più nobile affezione, ma che non avrebbe nemmeno essa potuto dare molti particolari sulla sua vita segreta. Non ostante quella vita a parte, passava però per un uomo di grande autorità, capace di rendere eminenti servigi allo stato, se i caratteri della sua tempra avessero potuto davvero trovarvi posto.

Segretamente era un rivoluzionario.

Come molti signori della sua classe, egli aveva cominciato a simpatizzare colla rivoluzione per il liberalismo della propria educazione occidentale. Già l’ardore del temperamento e la vivacità dell’ingegno lo avevano messo da giovinetto fra i più caldi ammiratori di Hertzen; quindi l’esperienza sempre più vasta della corruzione imperiale, cui nessuna riforma poteva nemmeno arrestare, aveva tenuta in lui viva la passione dell’ideale. I primi drammi nichilisti, dei quali tutte le migliori anime russe si esaltarono, quelle deportazioni in massa, la persecuzione a tutti gli scrittori abbastanza coraggiosi per dire la verità, lo esasperarono profondamente. Alcuni suoi compagni di scuola furono condannati alla Siberia; un suo cugino, giovane focoso e da lui sinceramente amato per la dolcezza del suo carattere, fu cacciato nelle mine, e vi morì. Questi non era stato più colpevole di molti altri, ma la Terza Sezione volle ostinatamente [p. 155 modifica]farne una vittima. In tale lotta per salvarlo il principe Vladimiro scese a contatti coi veri rivoluzionari, rimanendo vivamente impressionato della loro grandezza morale. Essi invece lo circuirono, lusingando i suoi più nobili istinti. Presto corsero aiuti in danaro e di ogni altra maniera. Il principe comprò una casipola a Pietroburgo per tenervi nascosto il cugino, affittandola ad altri nichilisti; quando tutti furono arrestati, la Terza Sezione sospettò di lui, ma il principe era ancora troppo ben visto a corte per poter essere travolto in simile processo.

Poi il principe, costretto dal proprio disprezzo pel governo e dall’impossibilità di impiegare in modo migliore la propria attività ad entrare nel partito, divenne pei rivoluzionari uno dei più sicuri ukrivateli, nasconditori. Molti trovarono rifugio nelle sue terre lontane; la sua posizione a corte e la sua conoscenza nell’amministrazione lo posero in grado di fornire notizie e passaporti, sventando spesso i disegni della Terza Sezione. Laonde a questa caccia dovette presto farsi cacciatore per non diventare selvaggina.

Allora tutte le forti qualità del suo carattere apparvero improvvisamente. Il suo grado sociale lo rendeva già capitano fra quei rivoluzionari, usciti quasi tutti dalle file della plebe e, malgrado ogni negazione sistematica, ancora sensibili alle vanità della gerarchia. Poi il suo ingegno e il suo coraggio gli conquistarono un’alta autorità. [p. 156 modifica]Quando si allargò il moto terrorista, egli si schierò col gruppo più moderato senza contrastarvi, perchè la sua fatalità s’imponeva oramai a tutti.

La sua vita si riempì così di una immensa ambizione: essere il presidente di quella segreta repubblica di minatori, che volevano far saltare il trono più grande del mondo. Ma, diplomatico cresciuto nei circoli del governo, affettò il maggiore riserbo in faccia al Comitato, che allora dirigeva quella guerra.

La morte di Alessandro II, disorganizzando il nucleo terrorista, lo mise fra i membri del nuovo Comitato esecutivo, ove recò la terribile prudenza di quell’odio signorile, così diverso dal rancore dei rivoluzionari di piazza. Nessuno conosceva come lui la cancrena delle alte classi, e sentiva più profondamente la necessità di togliere loro il potere a qualunque costo; nessuno forse metteva in tale passione rivoluzionaria una più acuta sete di rivincita, dacchè respinto da tutte le carriere politiche e libero da ogni vincolo di affetti domestici, in sul declinare di una vita malaticcia, non gli restava più che una suprema ambizione di sovrastare a tutti coloro, dai quali era stato sconfitto.

Per opera sua il Comitato mutò subito di tattica, sospendendo gli attentati contro Alessandro III. Il principe, che conosceva bene le campagne e sapeva come tutti i contadini tenessero nella propria isba al di sopra delle sacre immagini il ritratto di Alessandro I, lo Czar martire, temeva una ri[p. 157 modifica]volta rurale, che avrebbe fatto indietreggiare la rivoluzione di forse un secolo. Tutta la sua attività si rivolse ad una riorganizzazione dei gruppi per una nuova forma di propaganda: bisognava penetrare in tutte le recenti assemblee della vita provinciale, ed insinuarsi nell’amministrazione per cessare di temerla.

In quel tempo s’innamorò di Tatiana coll’ardore di un uomo rimasto sino allora, per l’indole del carattere e la povertà della salute, quasi casto.

Le donne non avevano mai avuto significato nella sua vita, tranne una amata molti anni addietro, mentre era già fidanzata ad un altro, e che credeva di aver reso madre. Ma quest’amore troppo breve gli si era mutato in una tenerezza poetica per quella bambina, della quale riceveva notizie, pressochè ogni settimana, senza che gli fosse mai permesso di vederla, perchè quell’altro suo padre era stato uno di coloro da lui denunciati negli scandali delle amministrazioni.

Nella solitudine di quella vita il suo carattere era divenuto sempre più cupo, impregnandosi di quell’inesprimibile odio rivoluzionario, che faceva delirare anche le teste più forti. I medesimi eccessi del governo nella propria difesa contro i rivoluzionari lo costrinsero grado a grado a mutare ogni tradizionale idea di giustizia, perchè nessuna onestà sarebbe stata logica in questa lotta contro di esso, che padrone di tutte le forze violava egualmente tutte le leggi. Il suo lungo [p. 158 modifica]disprezzo per l’aristocrazia, ligia al governo per viltà ed ostile al progresso per avarizia di privilegi, gli faceva persino invocare una strage, nella quale sparisse per sempre lasciando libero il campo ad una nuova classe più moderna di idee e sana di cuore.

Ma, innamorandosi di Tatiana, tutti i suoi istinti di uomo si ridestarono come una reazione a quell’assorbimento settario, che lo aveva a poco a poco isolato dalla vita. Al pari dei caratteri troppo duri si spezzò.

Tatiana fu per lui il ritorno alla vita, non ancora veramente vissuta.

Ma quel riserbo di lei, dopo il matrimonio, gli fece presentire un dramma. Quindi diventò più guardingo, affettando quasi le maniere di un padre, ed aspettando da una inevitabile crisi la soluzione. Egli aveva di sè stesso, fisicamente, una opinione così desolata, che non avrebbe mai osato pretendere dalla moglie i diritti coniugali per timore di leggergliene sul volto il disgusto. Era questo il suo martirio quotidiano.

Tatiana con donnesca furberia ne aveva approfittato. Il principe, non avendole lasciato trapelare nulla della propria posizione politica, doveva assentarsi spesso dal castello, quantunque si sforzasse con ogni espediente di diminuire il numero di quelle assenze o di renderle più brevi.

E ogni volta Tatiana gli porgeva la fronte da baciare con languida cortesia come ad un padrino. [p. 159 modifica]

Una sera d’estate il principe, tornato improvvisamente, entrò nelle sue stanze e la sorprese, sola alla finestra, immersa in un raggio di luna. Tatiana, oramai rimessa, era diventata più bella. La notte era piena di soffi e di aromi.

— Ebbene, mia cara, le disse dopo averla baciata in fronte, sedendole vicino e prendendole risolutamente una mano nelle mani: sei contenta della tua vedovanza?

Ella si levò bruscamente, l’altro credendo di averla offesa scostò la sedia. Tatiana si rimise alla finestra, ma si volse poco dopo. Anche lei aveva presa una risoluzione.

— Sedete, gli disse con accento grave.

La sua voce tremava.

— Voi volete che io sia vostra moglie.

— Non lo siete forse?

Ella l’interruppe.

— Pensateci prima... Certamente ho avuto torto verso di voi; non avrei dovuto sposarvi. È inutile rinfacciarmelo, perchè non ne ho bisogno per pentirmene. No, no... non interpretate così le mie parole, esclamò ad un suo gesto: non è di voi che mi pento, ma di me. Voi avevate diritto ad un’altra donna. Ora il male è fatto.

Ella si torse sulla sedia verso di lui, che la guardava immobile, e seguitò:

— Ma tutto è ancora riparabile. Voi potete divorziare; sono pronta ad accettare tutti i pretesti che si converranno, perchè sono io che ho torto. [p. 160 modifica]

Un singhiozzo invano frenato le tagliò la voce; il principe allungò istintivamente la mano per soccorrerla, ma ella lo respinse.

— Ecco la mia condizione, perchè ne pongo una. Voi mi crederete sulla parola: se un dubbio solo vi passa nell’anima, e lo nascondete, sarete più vile di me. Io me ne andrò, e non mi vedrete più.

Il principe non parlava. La passione di Tatiana era così sincera che si sentì preso, tutta la sua anima era sospesa nel terrore. Tatiana si levò. La sua alta figura parve crescere nella penombra, erse il capo.

— Principe, vi ho ingannato... non sono una fanciulla. Non mi chiedete di più. Se volevate una fanciulla... Ah! io sono stata violata da un mostro.

Egli aveva indietreggiato.

— Badate! proruppe Tatiana avanzandosi quasi minacciosamente contro di lui. Se credete questa una scena, colla quale io voglia ingannarvi, non parliamone più. Non posso dirvi come fui violata, ne morrei. Immaginatevi quanto di più turpe una donna, sorpresa in un bosco, possa sopportare da uno sconosciuto più immondo di qualunque animale, e non arriverete alla verità. Mi volete così per vostra moglie?

Tatiana gli si era chinata sul volto per leggerne l’espressione; era pallida, non respirava. Il principe parve sospeso un attimo, poi le aperse le [p. 161 modifica]braccia, la cinse senza quasi toccarla, e travolto dalla passione l’abbracciò, baciandola sul collo. Egli traballava.

Quando si furono rimessi, il principe sedè sopra una poltrona, traendosi Tatiana sui ginocchi.

— Mi ami... un poco? le sussurrò timidamente.

— No, ella disse con dolcezza, volendo essere sincera fino in fondo, ma vi stimo.

Il principe provò al cuore un morso lancinante di serpente, ma non allentò le braccia, che le teneva sulla cintura. Aveva troppo la coscienza della propria bruttezza per non indovinare il sentimento di Tatiana, e le fu quasi grato della franchezza. Il corpo di Tatiana lo bruciava entro quel raggio di luna, che sembrava dare una purezza eterea al candore del suo bel volto desolato.

— Tatiana! esclamò, stringendosela furiosamente sul petto: non mi vorrai dunque?...

Tatiana chiuse gli occhi abbassando languidamente la testa.

Dopo quella scena rimasero dolorosamente imbarazzati. Il principe avrebbe voluto sapere come Tatiana era stata violata, perchè un dubbio sottile gli era penetrato in fondo al cuore attraverso l’irresistibile sincerità di quella confessione, mentre Tatiana stessa se ne accorgeva fra il disgusto insormontabile di quel primo contatto maritale. Non poteva amare il principe. Tutta la riconoscenza per le sue maniere e la stima del suo ingegno non bastavano a riempire l’orribile lacuna rimastale in cuore; [p. 162 modifica]quell’uomo le richiamava Topine. Nei momenti più convulsi dell’amore ella non vedeva che la sua faccia gialla di malato diventare più brutta, mentre alla veemenza di certi suoi scatti le pareva quasi di essere preda di un animale. Quindi il sangue, invece d’infiammarsi, le si gelava; il principe lo sentiva, mordendosi le labbra e chiudendo gli occhi per nasconderne il lampo di dolore.

L’indomani ella dovette rimanere a letto; il principe ne fu così vergognoso che non osò nemmeno restare a lungo nella sua camera. Ella invece si concentrava in lunghe meditazioni, provando ancora quella stessa angoscia nauseata, che l’aveva sorpresa dopo la violenza di Topine. Che il principe fosse suo marito, il fatto ne diveniva anche peggiore, giacchè con Topine aveva potuto resistere sino a non soccombere che quasi morta. Adesso si rimproverava acerbamente quel matrimonio, accettato per paura della solitudine e per la vergogna di presentarsi così ad un giovane, che sposandola per il danaro non le avrebbe certamente creduto. E il suo pensiero tornava a Loris, terribilmente bello in quella caverna, quando le aveva gettato addosso Topine, e più terribilmente cattivo dopo con quel sorriso di scherno. Se egli sapesse ora il suo matrimonio col principe, sarebbe capace di credere che Topine le avesse inoculato il gusto dei mostri. Quell’uomo, certamente superbo della propria bellezza, si sarebbe sentito anche più bello immaginando lei fra le braccia del principe, e ram[p. 163 modifica]mentandosi di avere già un’altra volta ricusato di possederla.

Quando Tatiana lasciò il letto, dopo una settimana, al principe stesso parve di guarire; ma non osò per lungo tempo parlarle d’amore. Tatiana affettava una tale aria di sacrificio nel proprio languore di convalescente, che una straziante vergogna qualche volta gl’impediva persino di guardarla. Ma la sua passione così repressa raddoppiava di violenza; egli amava quella donna col delirio di tutta la propria carne, e lo spasimo inconsolabile di non poter essere amato. Tutta in lei tradiva questa impossibilità. Dandogli la mano o fissandolo negli occhi, non aveva mai la più fugace di quelle intimità della donna coll’uomo, al quale ha conceduto sè medesima; mentre al tornarle dei colori sulla faccia, quando pareva riaprirsi alle gioie della giovinezza, il principe indovinava nella voluttà di certe sue pose un desiderio femminile, che lo oltrepassava forse sulla traccia di un altro uomo.

Chi era colui, che aveva violato Tatiana?

Il principe non voleva dubitare di quella sua confessione, ma una gelosia, resa più dolorosa dal sentimento della propria inferiorità fisica, gli faceva spesso pensare ad un amante, cui Tatiana avesse ceduto. Benchè non fosse mai stato donnaiuolo, conosceva troppo le donne per poter essere senza dubbi. Chi era colui? Nullameno il carattere di Tatiana, così forte nella propria dolorosa fran[p. 164 modifica]chezza, s’imponeva alla sua ammirazione, mentre un abisso s’allargava continuamente fra loro. Tatiana non lo interrogava mai, non si preoccupava di nulla, pareva estranea alla sua vita; nella stima, che gli mostrava, v’era una indifferenza micidiale. Egli pensò perfino di rivelarle la propria vita politica per apparirle così sotto un aspetto migliore. Chi sa se la grandezza del pericolo, al quale era sempre esposto, non l’avesse commossa; ma la voce rauca dell’esperienza gli diceva che anche questo sarebbe indarno. L’amore è anzitutto una frenesia fisica, che nessuna ammirazione morale o intellettuale può produrre. Sciaguratamente Tatiana nell’ingenuità del proprio sentimento aristocratico stimava i nichilisti una setta di assassini, e parlando della tragica morte di Alessandro II se ne commuoveva come per una sventura domestica. Nell’inverno a Pietroburgo Tatiana, profittando finalmente della propria condizione di moglie, si sottopose alla cura di uno specialista, dal quale si fece naturalmente proibire ogni contatto maritale. Poi tornò ai saloni sfoggiando un’eleganza fine come l’incanto, che le veniva dalla stessa malattia. I suoi occhi umidi d’isterismo avevano uno splendore di poesia, alla quale le donne stesse rimanevano prese; i suoi languori, le sue debolezze improvvise, mentre alle volte ballava colla foga più pazza, il tono amaro della sua conversazione originale le diedero per una stagione l’impero della moda. I giornali [p. 165 modifica]la citavano nei loro articoli mondani; a tutte le feste ella compariva come una gloria, davanti alla quale tutte le altre s’inchinavano.

Troppi s’innamorarono di lei, ma affettando molto scetticismo galante nei discorsi ella respinse ogni omaggio. Nessuno le aveva tocco il cuore. Allora una segreta opposizione le si formò intorno, alimentata dal rancore delle donne meno belle e degli uomini respinti; si cominciò a ridere della sua originalità trovandola ostentata, del suo matrimonio col principe Vladimiro, della sua onestà senza ragione dal momento, che mostrava tanta indifferenza pel marito e tanto dispregio per la virtù coniugale. La sua malattia servì di pretesto alle più immonde invenzioni femminili; alcune signore parlando di lei sfoggiavano ignobili nozioni mediche.

Ella se ne offese.

Intanto un bisogno, lentamente cresciuto, le occupava tutto il cuore. Voleva l’amore come tutte le altre donne, ma un amore, che la purificasse dalla sozzura, lasciatale da quel mostro nell’animo. Quindi in preda alle fantasie di una testa giovane e disoccupata tesseva romanzi su romanzi, senza nemmeno guardarsi attorno per cercare l’uomo, che potesse amarla davvero. Se qualcuno le avesse chiesto di quell’uomo, come doveva essere, non avrebbe forse saputo rispondere. Lo sognava bello e grande, nello splendore della gioventù e nell’onnipotenza della forza: il suo amore [p. 166 modifica]per lei, che il mondo avrebbe certamente conosciuto, doveva essere una di quelle glorie della passione egualmente ammesse dai più umili e dai più illustri — Byron o Napoleone, un re dell’idea o un re della guerra. Solo così avrebbe potuto ripensare senza vergogna a Topine, come ad una espiazione anticipata del trionfo, perchè tutto si paga nella vita, e non s’arriva sulle sue alte cime che passando per le valli profonde.

Ad un ballo dell’ambasciata inglese fu presentata alla principessa Dolgorouki, amante, poi sposa morganatica, ora vedova di Alessandro II. La principessa ancora bella e corteggiata, quantunque decaduta da quella potenza, che per tanti anni l’aveva resa arbitra di tutte le Russie, si mostrò tenerissima per Tatiana, colla quale non avrebbe potuto rivaleggiare.

Tatiana riportò di lei un’impressione così gradevole, che nei giorni seguenti si fece raccontare tutti gli aneddoti più contradittori sul conto suo, al tempo de’ suoi amori imperiali. Quella donna aveva potuto credersi grande, vedendo talvolta l’Europa intera sospesa ad un suo capriccio.

Involontariamente pensò ad Alessandro III, all’amore dello Czar, minacciato di morte come Alessandro II e fermo contro tutti i pericoli, buono e colossale come un guerriero dei tempi eroici.

Da principio non fu che una fantasia, quindi le si mutò in un desiderio ancora oscuro, nel quale lo Czar era piuttosto l’ultimo termine di un pro[p. 167 modifica]blema ideale che un uomo. Tatiana non aveva la più piccola idea sulla vera vita della principessa Dolgorouki fra tutti quegli intrighi di palazzo, e la lotta incessante per conquistare o conservare una influenza equivoca ed effimera; avrebbe voluto solo che lo Czar s’innamorasse perdutamente di lei vedendola.

Laonde, non essendo ancora andata ad una festa di corte, quell’inverno volle esservi presentata solo per parlare allo Czar. Ne rimase abbagliata; l’imperatore, che le aveva diretto appena alcuni complimenti insignificanti, le parve un semidio.

Tornata a casa non pensò più che a lui. Il principe Vladimiro, che si permise una osservazione sprezzante sullo Czar, fu vivamente colpito del calore, col quale ella lo difese.

— Non siete principe voi?

Questa volta egli s’ostinò.

— Non è che robusto, può alzare un quintale d’acciaio con una mano; è un po’ più facile che sollevare un’idea.

Tatiana non s’arrese; il principe finì col sorridere del suo fervore monarchico. Ma siccome quella sera ella sembrava anche più fresca, arrischiò un motto d’amore. Da sei mesi ne aspettava il momento. Era ridiventato timido. Tatiana lo guardò quasi meravigliata, confrontandolo colla gigantesca figura di Alessandro III, come le era rimasto nell’immaginazione.

Allora una collera fredda irrigidì la faccia del [p. 168 modifica]principe, che nullameno con uno sforzo incredibile potè ancora frenarsi.

Ella gli aveva già letto nell’anima, ed alzò duramente la testa.

— Siete cattiva meco, mormorò con accento insinuante.

— Non intendo di ammalarmi.

Ma egli la fissò in modo da farle comprendere che quella scusa non poteva ingannarlo: Tatiana arrossì. Il principe le prese una mano fra le sue ardenti dalla febbre.

— Non diverrete dunque mai mia moglie?

— Volete dunque prostituirmi, dacchè il medico vi ha pur detto tutto! gridò volgendogli le spalle sdegnosamente.

Il principe rimase atterrato.

Qualche tempo dopo dovette andare a Sebastopoli per coordinarvi alcuni circoli nichilisti, nei quali pericolosi dissensi minacciavano di produrre una catastrofe. Partì colla morte nell’anima. Si credeva sicuro che Tatiana non lo ingannerebbe con alcun uomo, ma quel suo ultimo rifiuto irrevocabile gli toglieva l’estrema ragione della vita. A che pro lottare ancora? La passione rivoluzionaria veniva languendo nel partito, scompaginato dall’ultimo sforzo terrorista; era quindi impossibile sognare una prossima rivincita, colla quale giungere simultaneamente alla gloria e al potere. Egli stesso si sentiva troppo vecchio.

A Sebastopoli il partito si sfasciava. Egli si [p. 169 modifica]informò appena delle sue condizioni, dimenticando persino quella prudenza, che aveva sempre usato per nascondere i propri rapporti coi rivoluzionari; molti lo credettero malato. Ma una mattina ricevette per la posta questo biglietto:


«Vostra moglie è stata ricevuta dallo Czar: guardatevene.»


Invece della firma v’era la sigla del Comitato Esecutivo.

Il principe riconobbe il carattere di colui che l’aveva scritto; era il suo rivale, ma appunto per questo non potè dubitare della sua sincerità. Fu uno schianto di morte. Ripartì subito col primo treno, scordandosi persino le valigie. Il viaggio lunghissimo gli parve eterno, sebbene non vi pigliasse alcuna decisione. Viaggiava in uno scompartimento di prima classe, affagottato nella pelliccia, nascondendovi il volto, così che gli altri viaggiatori credevano sempre dormisse, e parendogli in quel rullìo incessante del vagone di essere sopra una nave abbandonata alla tempesta in alto mare. Non sapeva raffigurarsi nemmeno chiaramente Tatiana. Quando bisognava scendere per mutare treno, sembrava smarrito; non mangiò e non bevve.

Ma arrivando a Pietroburgo si sentì nell’animo come un colpo di vento gelido, che ne spazzò tutte le nebbie. Si gettò nel primo fiacre e si fece condurre al palazzo. Erano le undici del mattino, Tatiana doveva essere alzata. Entrando nel suo [p. 170 modifica]gabinetto passò dinanzi ad uno specchio, e vi si vide talmente disfatto che rabbrividì di sè stesso.

Il suo volto era terribilmente livido; ella balzò in piedi arretrando e questo atto la tradì. Una luce quasi fumida ondeggiò sugli occhi del principe.

Era impossibile dubitare. Rimasero così qualche secondo, squadrandosi, quasi egualmente pietrificati da quella confessione.

Tatiana vacillò.

Allora il principe abbassò gli occhi e, traendosi dalla tasca interna della giacca nera il biglietto, glielo porse. Tatiana in quell’attimo lo aveva già osservato. Il principe aveva gli abiti spiegazzati, il colletto della camicia sudicio e pesto; il giallore cinereo del suo volto, in quell’insonnia disperata di due giorni senza riposo e senza cibo, era diventato spaventevole, ma i suoi occhi sprofondati nelle borse, che gli penzolavano floscie sulle gote, brillavano come due carboni.

Ella gittò macchinalmente uno sguardo al biglietto, e lo lasciò cadere sul tavolo mirabilmente incrostato di madreperla. Il principe fece un passo, lo riprese gualcendolo furiosamente, e se lo rimise nella tasca dei calzoni.

— Vero!? stridè a denti stretti.

La sua voce parve a Tatiana di agonizzante, ma la sua bocca tremava di una tale minaccia, che davanti al pericolo ella ritrovò tutto il proprio coraggio.

L’altro ripetè quella parola con un gesto.

— Se lo credete, perchè chiedermelo? [p. 171 modifica]

— Confessate?...

— Che cosa?

Il principe sentì di perdersi nell’uragano, che lo squassava; la donna, come sempre in questi casi, aveva già riacquistata la propria superiorità. Ma il principe nella confusione di un dolore anche più violento della collera non capì quello, che stava per dire; gli rimaneva solo la coscienza di uno strazio inesplicabile, e come un fanciullo gridò singhiozzando:

— Perchè dunque?

Ansava. Si vedeva che non poteva piangere e nemmeno pensare. Tatiana lo contemplava, accumulando inconsciamente le energie della resistenza; l’egoismo vitale le toglieva di partecipare a quell’angoscia.

Ma quando il principe potè parlare, le loro volontà si cozzarono come due montagne di ghiaccio. Erano troppo forti per minacciarsi scambievolmente, e tuttavia le loro spiegazioni avevano la terribilità della morte.

— Mi avete tradito.

— Non fui mai vostra moglie.

— Sia, ma la vostra parola...

— Adesso avete la mia vita.

— La vostra vita! esclamò con uno scoppio di rimpianti, che la fece fremere: la mia vita eravate voi, ora non ho più nulla. Un assassino non potrebbe offrire la propria vita ad una mamma dopo averle ucciso il figlio. Allora, perchè ucciderlo prima? Ma vi è un mistero qui... [p. 172 modifica]

Ella non rispose.

— Voi non amate lo Czar; è un facchino, mentre io....

Un sorriso tagliente passò sulle labbra di Tatiana; egli lo colse, e fremette di un nuovo spasimo.

— Una donna si rivela nell’uomo che sceglie.

— Infatti io vi ho sposato, e avrei per amante lo Czar.

— Lo confessate?

— Accetto la vostra affermazione. Dal momento che mi accusate sulla fede di una lettera anonima, non posso difendermi scendendo più basso di chi la scrisse. Aspetto la vostra decisione. Quando ebbi qualche cosa a confessarvi, lo feci non richiesta. Avete tutto il tempo per riflettere, aggiunse con calma ironica: lo Czar non mi difenderà.

— Non lo potrebbe, nemmeno volendo, perchè sua potenza non arriva sino alle anime! Noi siamo qui dinanzi al problema della nostra vita. Io non ho amato che voi; perchè? Voi potete saperlo forse, io no. Quando una passione mette così una persona umana nella dipendenza di un’altra, questo tremendo mistero non può rivelarsi alla creatura, che vi soccombe. Io vi ho amata inevitabilmente, così come vi veggo, perchè ho gli occhi. Quando mi diceste di essere stata violata fanciulla da un mostro, lo credetti: se mi diceste ora di non esservi abbandonata allo Czar, lo crederei ancora. Ma voi non amate lo Czar, non avete ceduto che al suo grado: ecco il vostro mi[p. 173 modifica]stero. La vanità non può essere una passione, è troppo piccola.

— Avete ragione.

Il principe a poco a poco si ricomponeva: una severità solenne gli apparve sul viso. Aspettò qualche momento, poi le si volse:

— Ditemi ora quello che intendete di fare. Io appartengo a qualche cosa di così alto, che debbo sempre sapere dove sia la mia vita. In Russia l’amante dello Czar potrebbe, anche involontariamente, riuscire fatale a molti.

A questo discorso Tatiana tremò; il principe proseguì:

— Il vostro potere finisce in me: al di là vi è un’altra ragione, che nessuna passione può travolgere. Ecco perchè devo chiedervi che cosa intendiate di fare. L’amante dello Czar può chiamarsi principessa Dolgorouki come principessa Tewceff, ma il mondo ha diritto di conoscerla. Volete restare nel mio palazzo come portate il mio nome? Ditemelo, è il mio diritto di uomo, non di marito, poichè non avete voluto mai essere mia moglie. Volete divorziare? Ditelo, è il vostro diritto di donna. Non chieggo altro: regolerete i vostri rapporti, come vi piacerà, e mi farete apparentemente nel mondo la posizione, che vorrete. Che importa? La vanità è troppo piccola per essere una passione.

— Si può diventar vani anche per disperazione, ella ribattè con una allusione egualmente torbida.

Ma il principe la richiamò alla realtà di quella strana situazione. [p. 174 modifica]

Tatiana si sentiva travolta, nullameno potè ancora dirgli:

— Decidete voi stesso se dovrò restare presso di voi o divorziare.

Non vi era più che una parola da dire.

Allora il principe provò come un altro improvviso avvallamento. Quella terribile scena era finita troppo presto, e quasi volgarmente nell’apparenza, malgrado la tensione dei sentimenti e delle idee, che vi si appiattavano. La fatalità della decisione lo sorprese.

Tatiana, tuttora vibrante della prima emozione, gli parve in quel momento più bella di purezza. Un lampo lo abbagliò; e se quel membro del Comitato Esecutivo si fosse ingannato per un caso inesplicabile? Tatiana era tal donna da lasciarsi accusare di adulterio, subendone tutte le conseguenze, piuttosto che scendere a difendersi. Infatti la sua bocca era rimasta contratta in un sorriso doloroso, mentre la fronte le splendeva superbamente, e negli occhi limpidi e cilestri come il cielo delle albe più vivide le s’allargava una divina trasparenza. Simile all’incredulo, nel quale rimase il bisogno della preghiera, egli sentiva la fede in quella donna invadergli nuovamente l’anima, contemplando la sua immagine sempre più lontana, quasi immobile sul filo luminoso del proprio sguardo, come l’ultimo fantasma della vita, quando le onde della morte stanno per sommergerla.

— Restate.