Opere volgari (Alberti)/Nota sul testo (volume III)/De Pictura

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De Pictura

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Nota sul testo (volume III) Nota sul testo (volume III) - Elementi di pittura
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I

DE PICTURA

A) TESTIMONIANZE

a) Redazione volgare

manoscritti

Firenze
Biblioteca Nazionale
1. Cod. II. IV. 38 (F1).

cc. 120r-136v: De Pictura. Alla fine del testo la nota: Finis laus deo die XVII mensis iulii Mcccc36. Segue poi una specie di aggiunta, un breve paragrafo che comincia: Sia l’occhio el punto ..., e finisce: ... la distantia insieme col radio perpendiculare altera; il quale è accompagnato da un disegno geometrico1.

Per la descrizione completa del codice vedi vol. I, pp. 367-68.

Parigi
Bibliothèque Nationale
2. Cod. ital. 1692 (P).

Cod. cart. sec . XVI; mm. 140 x zoo; cc. 31 numerate, precedute da 3 cc. non numerate con indicazioni di antico possessore (Biblioteca [p. 300 modifica]Chasles) e note sul contenuto scritte nel ’7oo e nell’8oo. Comincia a c. 1r il testo del De pictura preceduto dalla nota seguente:

Incomenca uno tractato partito in tre parte facto per lo eruditissimo homo miser batista degli alberti facto in latino e lui medesimo reducto in vulgare perche se ne potesse bavere piu comodita per li non litterate che fosseno del arte o a quelli tirate per affectione o amore che habiano al arte.

A c. 31r figura la stessa aggiunta che si trova in F1, ma senza il disegno.

Cfr. Mazzatinti, Inventario dei MSS delle Biblioteche di Francia, Roma, 1886, vol. I, p. 255 .

Verona
Biblioteca Capitolare
3. Cod. CCLXXIII (V).

Cod. misc. cart. sec . XVI2; mm 202 x 161; cc. 169 numerate. Contiene:

cc. 1-83: Leonardus Pisaurensis physicus speculum lapidum (indirizzato a Cesare Borgia Duca della Romagna),
cc. 85-100: Adespoto Carmen lapidum,
cc. 101-126: Tractatus extractus ex Xbri libro de proprietatibus rerum,
cc. 127-131: Adespoto e anepigrafo un opuscolo volgare sulle pietre; incipit: E da sapere mo che le figure che li antiqui sculpevano...
cc. 131-138: Leonis Baptistae Alberti Elementa Picture,
cc. 138-143: Elementa Picture vulgaria per antedictum. D. Leonem baptistam de Albertis,
cc.144-169: De pictura (in volgare); seguito subito dalla stessa aggiunta che figura in F1 e P, ma senza disegno.


Edizioni

I. Della Pittura di Leon Battista Alberti Libri III, in Opere Volgari di Leon Batt. Alberti ... annotate e illustrate dal Dott. Anicio Bo [p. 301 modifica]nucci, Firenze, Tip. Galileiana, vol. IV, pp. 11-86 . Edizione condotta sul cod. F1.

2. Leon Battista Alberti’s Kleinere Kunsttheoretische Schriften mit einer Einleitung und Excursen versehen von Dr. H . Janitschek, Vienna, 1877. Edizione (fondata su F1) della Pittura, insieme con la Statua e i Cinque Ordini Architettonici, con traduzione in tedesco a fronte.

3. L . B . Alberti, Il trattato della pittura e i cinque ordini architettonici, con prefazione di Giovanni Papini, Lanciano, Carabba, 1913. Ristampa il testo dell’edizione precedente con pochi ritocchi congetturali.

4. L . B . Alberti, Della Pittura, edizione critica a cura di Luigi Mallè, Firenze, Sansoni, 1950. Edizione condotta su F1 tenendo anche presente la versione latina a stampa nell’edizione di Basilea, 1540 (per cui v. sotto). Sull’attendibilità di questa edizione ‘critica’ cfr. «Rinascimento», IV, 1953, pp. 54-62.


b) Redazione latina

manoscritti

Firenze
Biblioteca Nazionale
1. Cod. II. VIII. 58, cc. 1r-26r. Cod. cart. sec . XV (F).


Biblioteca Laurenziana
2. Cod. Ashb. 1155, cc. 1r-89r. In:fine la data: MDXLI. IVLII. Già posseduto da Josephus Mallior pictor (FL).


Biblioteca Riccardiana
3. Cod. 767, cc. 65r-1o3v. Cod. misc. secc . XV-XVI . La copia del De pictura è del sec. XVI3 (FR).
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Biblioteca Marucelliana
4. Cod. B . VI. 38. Copia di FR fatto nel ’700.


Genova
Biblioteca Universitaria
5. Cod. B . II. 50, cc. rr -37r. Cod. cart. sec . XV (G).


Livorno
Biblioteca Labronica
6. Cod. Arm. CXII. Misc. cart. sec . XVI. Lo stesso testo del De Pictura in cc. 170r-207r fu trascritto da almeno tre mani diverse; pare infatti essere stato messo insieme da parti di altri manoscritti, di cui rimangono ancora le tracce di antiche numerazioni (L).


Lucca
Biblioteca Governativa
7. Cod. 1448, cc. 8v-54r. Trascritto a Padova da Antonio Bovolenta nel 1518 (in fondo: Finis laus dea ISIB. IJ februarii) (Lu); con figure (cfr. «St. ital. di filologia classica», VIII, rgoo, p. 217).


Milano
Biblioteca Ambrosiana
8. Cod. O. 80. Sup., cc. 1r -52r. Sec. XV (A).


North Carolina
University of N. Carolina Library
8. Cod. 90, cc. 1r-32v. Cod. cart. sec . XVInota (NC).
4 [p. 303 modifica]
Oxford
Bodleian Library
10. Cod. Canon. Misc. 121, cc. 1r-47r. Cod. cart. sec. XV (O).

V. anche più avanti a p. 344.


Ravenna
Biblioteca Classense
11. Cod. 146, cc. 1r-65r. Cod. mise. sec . XV, di cui le cc. l’-65 membr., riveduto da Lodovico Carbone e Battista Panetti5 (R).


Roma
Biblioteca Vaticana
12. Cod. Vat. Lat. 3151, cc. 21v-66r. Cod. misc. cart. sec . XV (V1).

13. Cod. Vat. Lat. 4569, cc. 119r-162v. Cod. misc. cart. sec. XVI (V2).

14. Cod. Vat. Lat. 8104, cc. 1r-54v. Cod. cart. sec. XVI (V3).

15. Cod. Ottob. Lat. 1424, cc. 1r -25v. Ricca silloge di opere latine dell'Alberti, già del Duca di Altaemps. Sec. XV (OL1).

16. Cod. Ottob. Lat. 2274, cc. 1-42 . Cod. cart. sec. XVI . Testo incompleto del De Pictura (manca circa un terzo del testo) (OL2).

17. Cod. Reg. Lat. 1549. cc . 1r-33v. Cod. membr. sec . XV (RL).


Trento
Biblioteca Comunale
18. Cod. 3224, cc. 105r-161rv. Misc. cart. sec. XV con note marginali del vescovo Hinderbach. Già della raccolta Palatina, Vienna (T).

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Waltham, Mass., S. U .
Brandeis University Library.
19. Cod. non numerato, già della Burndy Library, Norwalk, Conn. Cart. sec . XV.; cc. 20 di cui il De pictura occupa cc. 3r-20v (W).

edizioni

1. De pictura praestantissima et nunquam satis laudata arte libri tres absolutissimi Leonis Baptistae de Albertis viri in omni scientiarum genere et praecipue mathematicarum disciplinarum doctissimi, Basileae, Thomas Venatorius, 1540.

2. De pictura (intitolato come al n. 1), nel vol. M. Vitruvii Pollionis De Architectura Libri decem, seguiti dal Lexicon Vitruvianum e da Excerpta ex dialogo De Sculptura Pomponii Gaurici, Amsterdam, L. Elzevirum, 1649.

3. L. B. Alberti, De pictura and De statua, edited with Translations, Introduction and Notes by C. Grayson, Londra, 19726.

B) LA PRESENTE EDIZIONE

Il De Pictura è la più importante opera dell’Alberti che esista in doppia redazione, latina e volgare. Sulla precedenza cronologica dell’una o dell’altra versione si è discusso già a lungo, ma il problema è rimasto aperto7. Giova qui ricordarne gli elementi essenziali: [p. 305 modifica]

1) Nel cod. Lat. 67, cl. XI della Biblioteca Marciana di Venezia, un Brutus ciceroniano posseduto già dall’Alberti, si legge la nota seguente: «Die Veneris ora xx ¾ quae fuit dies 26 Augusti 1435 complevi opus de Pictura Florentiae». Sicura dunque la data ma non la lingua della prima redazione.

2) Il cod. F1, il più antico della redazione volgare, porta la data del 17 luglio 1436, che potrebbe essere la data della composizione, ma non è da escludere che sia quella invece della trascrizione. Esso è, però, l’unico codice volgare che riporti la dedica a Filippo Brunelleschi; e in essa l’A. dichiara: «mi piaccia rivegga questa mia operetta de pictura quale a tuo nome feci in lingua toscana». Non è chiaro se questo feci vada inteso come composi oppure come tradussi (cfr. la dedica degli Elementi al Gaza, a p. 113). Inoltre, nel testo del De pictura l’A. si vanta di «aver presa questa palma d’avere ardito commendare alle lettere questa arte sottilissima e nobilissima»(p. 106), adoperando una espressione («commendare alle lettere») che a quell’età si addiceva meglio al latino che al volgare: sta bene ora cioè in una traduzione volgare perché si riferisce alla stesura latina anteriore. Questo argomento parrebbe essere confermato dal titolo premesso al codice parigino della redazione volgare (P).

3) Della redazione latina non abbiamo codici di data anteriore al 1436; con poche eccezioni (p. es. il cod. R) sono del tardo ’400 o del ’500. Questa redazione latina è preceduta in tutti i codici salvo il gruppo F FR G L V2, dalla dedica a Gio. Francesco Gonzaga, signore di Mantova. Il Mancini suppose questa avvenuta a Ferrara nel 14388, ma niente vieta che la composizione del testo latino sia stata anteriore a quella data. L’unica cosa certa è che la dedica avvenne prima del 1444 quando a Gio. Francesco successe Lodovico, con cui l’A. ebbe poi rapporti più stretti.

In base a questi elementi e a confronti fatti tra la redazione volgare rappresentata da F1 e quella latina stampata nell’edizione di Basilea, non si è potuto arrivare a nessuna sicura conclusione intorno alla relativa precedenza delle due redazioni; ma si crede comunemente che la versione latina sia stata la prima (1435), seguita a pochi mesi di distanza da que11a volgare (1436)9. [p. 306 modifica]

Se infatti è possibile restringere così al giro di pochi mesi tra il 1435 e il 1436 la questione della precedenza dell’una o dell’altra redazione, mi pare che essa perda alquanto d’importanza come problema storico per acquistare semmai maggiore importanza come problema linguistico-filologico in quanto riguarda i motivi della doppia redazione e i rapporti testuali e lessicali-sintattici tra latino e volgare. Vari studiosi hanno riconosciuto il probabile apporto a tale problema dello studio della tradizione del testo latino, ma finora nessuno ci ha posto mano con criteri scientifici. Di fronte alle quattro edizioni moderne della redazione volgare (di cui nessuna però può dirsi edizione critica), non abbiamo che le due edizioni antiche del testo latino; e per lungo tempo i lettori dovettero contentarsi di riproduzioni e traduzioni (in inglese, francese, ecc.) del volgarizzamento italiano del testo latino (dell’edizione di Basilea) fatto da Cosimo Bartoli 10. Un tentativo di classificare i codici del testo latino dovuto allo Spencer può essere subito scartato perché non è documentato e non serve a darci un nuovo testo latino bensi ad appoggiare in modo del tutto insufficiente una cattiva traduzione inglese della redazione volgare 11. Altri invece, come il Mallè, si sono serviti saltuariamente dell’edizione di Basilea per fare confronti e risolvere problemi singoli del testo volgare; ma fino a che punto tale [p. 307 modifica]procedimento sia legittimo è stato messo in dubbio prima dal Michel, il quale ha ben visto che le due versioni sono in un certo senso indipendenti l’una dall’altra; e poi da chi scrive attraverso l’esame di tutta la tradizione della redazione latina12.

Gioverà qui nel contesto di queste premesse anticipare e riassumere le conclusioni a cui ci porta l’esame delle tradizioni volgari e latine discusso e documentato qui sotto.

a) Entro la tradizione volgare gli elementi disponibili sembrano illustrare la storia del testo posteriore al 1436 in ambienti forse non letterati, in cui esso subisce corruzione ed emendamenti indipendenti dall’autore.

b) Entro la più ricca tradizione latina l’edizione di Basilea si distingue per molte varianti che sono prive di appoggio nei manoscritti (se si esclude, cioè, il caso estremamente dubbio del cod. NC): questi, d’altra parte, si distinguono in vari gruppi che testimoniano di un processo di correzione probabilmente dovuto all’autore.

c) Nel confronto dei testi viene confermata l’indipendenza delle due redazioni; non si può parlare di traduzione dal latino in volgare o viceversa, ma semmai di libera versione. Al testo volgare del 1436 non corrisponde precisamente nessun ramo della tradizione latina; e quello più vicino sarebbe appunto un gruppo di codici privi della dedica a Gio. Francesco Gonzaga che forse rappresenta la stesura primitiva dell’opera in latino.

d) Si profila insomma la seguente ipotesi: che l’Alberti stendesse prima una redazione latina (senza dedica), poi una libera versione volgare di essa che dedicò al Brunelleschi; in seguito facesse correzioni alla redazione latina per dedicarla al Gonzaga. Sembra esclusa la possibilità che tornasse poi sopra la redazione volgare, mentre, pur diffidando di una edizione (quella, cioè, di Basilea) così tarda e diversa dalla tradizione manoscritta, non si può escludere del tutto l’ipotesi che risalga ad una versione ulteriore dell’autore.

a) Redazione volgare

Non c’è dubbio che l’edizione debba fondarsi su F1. Gli altri codici (P e V) presentano un testo corrotto (anzi molto corrotto in V) e [p. 308 modifica]linguisticamente diverso dal codice fiorentino. I rapporti tra questi codici sono assai complessi e fanno supporre che la tradizione manoscritta dovesse essere molto più ricca di quanto ora ci si presenta. P e V sono indubbiamente legati allo stesso, sebbene distante, antigrafo; e ce lo dimostra, oltre alle lezioni comuni, di cui diremo sotto, un comune ma non del tutto identico errore di trascrizione13. Arrivati tutti e due ad in qual cosa (lib. II, p. 54, 10) saltano nella trascrizione a si leva dal pavimento (lib. II, p. 76, 22) e continuano fino alla fine del lib. II (p. 88). Le pagine omesse (nel nostro testo, 54-76) si leggono poi trascritte, tutte in P, alcune in V, nel modo seguente: arrivato all’inizio del lib. III a che quelle ad una (p. 90, 6), P continua con li altri era col capo armato ritratto (p. 70, 13) e prosegue fino a il calcagno medesimo del pie (p. 76, 21), poi salta di nuovo indietro e riprende da così persequendo affermo (p. 54, 10) fino a per questo dalli pittori (e dalli scultori) non era (p. 70, 12); V invece (a p. 90, 6) riprende dalla p. 70, 12 e va fino a p. 74, 4 (consunto ogni suo arte), poi torna indietro a p. 60, 13 (estrema e quasi infinita) e prosegue fino a p. 70, 11 (mancamento dell’occhio); dopo di che tutti e due i codici riprendono dalla p. 90, 6 (certa distanza) e continuano fino alla fine del lib. III . Tutto ciò vuol dire che in P il testo, malgrado questi spostamenti, è pressoché completo, mentre in V mancano del tutto diverse pagine (pp. 54, 10-60, 13, e 74, 4-76, 22). Siccome in nessuno dei due codici questi salti si trovano a fine di carta, s’impone la conclusione che essi devono risalire ad una fonte comune in cui era già avvenuto questo turbamento delle carte.

L’esame delle varianti rinforza questa conclusione, ma non dimostra dipendenza diretta tra P e V. Più difficile è la questione delle varianti tra P e V e F1. Mentre molte di queste varianti sono più apparenti che reali, potendosi spiegare colla corruzione del testo attraverso il tempo tra le mani di molti copisti, altre invece potrebbero far sorgere il dubbio che derivino da un’altra redazione dovuta forse all’autore e magari anteriore a quella rappresentata da F1. Ma visto lo stato del testo in P e V sarebbe assai difficile supporre che da un testo simile l’autore sia arrivato a quello di F1 o che da questo egli sia volutamente passato alla redazione rappresentata da P e V. La tradizione specchiata in questi codici è troppo corrotta e malfida per autorizzare l’ipotesi di un’altra redazione d’autore. Molto più persuasiva ci pare invece quella [p. 309 modifica]della correzione, corruzione e riduzione del testo di F1 attraverso copie numerose e probabilmente cattive, fatte, come è stato suggerito dal Michel, per l’uso degli artisti (e ne sarebbe testimonianza il titolo premesso all’opera in P)14. Di tale tradizione artigiana piuttosto che dotta, di bottega anziché di biblioteca, i codici P e V si potrebbero vedere come tardi e forse ultimi rappresentanti, unici superstiti di un testo mal ridotto e in molti punti addirittura inintelligibile, tanto che si stenta ora a riconoscerne perfino l’utilità pratica.

Non si vuoi dire con ciò che i codici P e V siano privi di valore ai fini del testo volgare. In alcuni puntì essi ci sono serviti per correggere errori e integrare lacune di F1, e in questi e in altri pochi casi citiamo nell’apparato la lezione di P e V. Ci è parso invece inutile ingombrare l’apparato con le altre varianti (tra cui molti errori ed orrori) di P e V, preferendo dare subito qui sotto una larga scelta delle varianti più importanti in modo che il lettore possa farsi ragione delle osservazioni fatte sopra intorno ai rapporti tra i tre codici15.

F1 V P
Libro I
10, 5 Ma in ogni nostro favellare molto priego si consideri me non come matematico ma come pittore scrivere di queste cose. Ma in ogni nostro parlare prego che consideri me non matematico ma pictore scrivere queste cose. Ma in ogni nostro parlare priego non se considere me como matematico ma come pictore scrivere de queste cose.
10, 15 ... segno quale non si possa dividere in parte. ... segno che in parte dividere non si possa. =V
10, 21 ... tanto sarà sottile che non si potrà fendere. ... partire =V
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F1 V P
10, 24 La flessa linea sarà da uno punto ad un altro non dritto, ma come uno arco fatto segno. La reflexa linea è fra de uno punto a uno altro tracto non dritto segno ma como arco fatto. = F1 (ma infine legge: como arco fatto segno)
12, 16 Quella linea dritta la quale coprirà il punto e taglierà in due luoghi il circolo si dice appresso de’ matematici diamitro. Noi giovi chiamarla centrica ... Quella linea dritta che taglierà el punto e taglierà il circulo in dui logi si chiama da’ matematici diametro. A noi segui (?) chiamarla linea centrica. = F (ma legge che per la quale e da per appresso)
A noi è usanza chiamarla centrica
12, 21 ... cuopra il centro. ... copra el puncto. ... coprirà il centro.
12, 24 Dicesi mutato l’orlo se le linee overo li anguli saranno più o meno, più lunghi, più corti, più acuti o più ottusi. Questo luogo ammonisce si dica degli angoli. Dico angolo essere certa estremità di superficie ... Dicesi mutato l’orlo se li anguli o linee seranno o più o meno. Angolo se chiama certa estremità di superficie... = F1
18, 11 Di qui si conosce qual cagione facci una quantità molto distante quasi parere non maggiore che un punto. Da questo si conosce perche una quantità molto distante quasi non parerà maggiore che un punto. = F1
18, 27 ... come vetrici ad una gabbia, e fanno quanto si dice quella pirramide visiva. Adunque mi pare da dire che cosa sia pirramide e a che modo sia da questi razzi construtta. Noi la descriveremo a nostro modo. come virgulti una gabbia, e fanno quella pirramide visiva la qual noi descriveremo al nostro modo. come verici (?) ad una gabbia, e fanno quanto si dice quella pirramide visiva. Adunque mi pare da dire che sia pirramide et a che modo composta sia da questi razzi, e così la descriveremo a nostro modo.
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F1 V P
20, 7 La cuspide, cioè la punta della pirramide sta drento all’occhio quivi dov’è l’angulo delle quantità. La cuspide siede nell’occhio dove è l’angolo opposto alla quantità. = F1, ma conclude
.........
quivi dove l’angulo apposito alla quantità iace.
20, 9 Sino a qui dicemmo dei razzi estrinsici dai quali sia conceputa la pirramide, e parmi provato quanto differenzi una più che un’altra distanza tra l’occhio e quello che si vegga. Seguita a dire ... Dicta de ragi extrinsici segue a dire ... = F1, con poche varianti:
... è conceputa ...
... avere pruovato ...




... Seguita mo a dire ...
20, 19 ... trapassano l’aere quale umido di certa grassezza stracca i carichi razzi. Onde traemmo regola: quanto maggiore sarà la distanza, tanto la veduta superficie parrà più fusca. ... trapassano l’aere che umido di certa grossezza unde si tragano i carichi razzi. Onde trarò regola: quanto la veduta distanza sarà maggiore tanto le cose pareranno più scioche. trapassano l’aere che è umido de certa grossezza onde scarica noi & carca i raggi (sic).
(il resto = F1)
20, 30 Parmi avere dimostrato assai ... alla certezza del vedere. (mancano) = F1
22, 17 tengono gran parentado i colori coi lumi hanno assai convenienza i colori... = V
22, 24 Fia colore di fuoco il rosso, dell’aere celestrino, dell’acqua il verde, e la terra bigia e cenericcia. Li altri colori ... Colore di fuoco il rosso, d’aere cilestrino, d’acqua il verde, de la terra el bixo e cenerario. E perché la terra è feccia di tuti li elementi farsi non diremo male tuti i colori chiamarsi bixi come feccia de la terra. Li altri colori ... El colore rosso dal fuoco el cilestro da l’aere il verde dall’acqua e dalla terra il bigio e scericco (sic). E perché la terra è feccia de tutti gli altre elemente farsi dirimo non male tutte i colore chiamate bigie come fecciose dalle terre. Altri colori ...
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F1 V P
24, 8 alcune similiarsi alle gote delle fanciulle. alcune similiarsi alle guanze di belissime donzelle. alcune similiarsi alle guance de bellissime fanciulli.
26, 3 Seguita de’ lumi. Dico de’ lumi ... = F1 Seguitando più altra la nostra materia volendo recitare del lume dico così che de’ lumi...
26, 11 ... miracoli della pittura quali più miei compagni viddero . da me fatti altra volta in Roma. miracoli della pittura i quali alquanti già da me facti viddono cui e manifesto in Roma. miracoli e maravegla de la pictura li quale alquante da me facte videro chiare e manifeste in Roma.
26, 16-21 Dicemo sino a qui ...
... investigheremo in che modo molte insieme giunte si veggano.
Ora diremo in che modo più superficie insieme gionte se vegiano in un sol guardare. = F1 (in sostanza con alcune piccole varianti e diversi guasti).
26, 26 Estimi ogni pittore ivi se essere ottimo maestro ove bene intende le proporzioni e agiugnimenti delle superficie; qual cosa pochissimi conoscono, e domandando in su quella quale e’ tingono superficie che cosa essi cercano di fare, diranti ogni altra cosa più a proposito di quello di che tu domandi. Estimi ogni maestro esser optimo quando ben intende le proporzioni e giongimenti delle superficie, che conoscano assai pochi,. e dimandamo in su quella superficie quale essi tengano che cosa essi intendano de fare non ti sanno respondere. Estimi ogni pittore ivi se ottimo maestro ave bene intende le proporzioni e agiungimenti delle superficie, la qual cosa pochissimi conoscono; e domandando in su quella superficie la quale essi tingono che cosa cercano essi de fare, responderanno ogni altra cosa più a proposito de quello de que domande.
34, 13 Appresso de l’Ispani molte fanciulle paiono biancose (lacuna) e brune. L’avorio e l’argento sono. bianchi quali posti presso al cigno o alla neve parrebbono palidi. Per questa ragione nella pittura ... A presso Ispani molte donzelle paranno bianchissime che apresso Germani sarebbono nere. E però così nella pittura ... E apresso agl’Ispani multi fanciulle paiano bianchissime che apresso a Germani sarebbono fusche e brune. L’avorio, l’argento bianchi quali sono posti presso al cigno o alla neve parrebbono palidi. Per questa ragione nella pittura ...
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F1 V P
36, 28 Qui sarebbono alcuni i quali segnerebbono una linea ... ... sariano ...
... signieriano ...
... serieno ...
...
segnerieno ...
38, 11 ... li amici veggendole e maravigliandosi chiamavano miracoli. ... li amici vendendo li e amirandosine appellavano miraculi ... ... li amici vedendole e maravegliandosene le chiama miracoli.
40, 29-
42, 6
Ma ad i sottili ingegni ... tedioso a chi leggerà. (manca questo passo) in sostanza = F
42, 10-
25
... per brevità mi parve da lassare Ma sono sì fatti ... da drizzare la saetta. E voglio sia persuaso apresso di noi che solo colui sarà ottimo artefice el quale arà imparato conoscere li orli delle superficie e ogni sua qualità. Così contrario mai sarà buon artefice chi non sarà diligentissimo a conoscere quanto abbiamo sino a qtti detto. Fut’ono adunque cose necessarie queste intersegazioni e superficie. Seguita ad iscrivere il pittore in che modo possa seguire colla mano quanto arà col ingegno compreso. ... per brevità lasso. Voglio sia persuaso quello essere optimo al’ tefice che intenderà che cosa è li orli delle superficie e ogni sua qualità. Seranno adunque cose necessarie queste intersegazioni e superficie. Seguita a scrivere in che modo il pittore possa colla mano seguire lo ingegno. (mancano cioè le righe 11-18). (il testo, guasto in diversi punti, corrisponde in sostanza a F1, ma conclude:



... Seguita ma a scrivere in que modo el pittore possa colla mano seguire quanto haverà collo ingegno apresso).
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F1 V P
Libro II
44, 2 parmi qui da dimostrare quanto la pittura sia non indegna da consumarvi ogni nostra opera e studio. Tiene in se la pittura forza divina non solo quanto si dice dell'amicizia quale fa li omini assenti essere presenti ma più i morti dopo molti secoli essere quasi vivi, che con molta ammirazione del artefice e con molta voluttà si riconoscono. Dice Plutarco ... parmi di mostrare quanto la pittura sia degna. Tiene in sé la pittura forza de divinità... ...................................... ...................................... ... fa gli omini assenti presenti, mai poi la morte vive. Dice Plutarco parmi adonque de dimostrare quanto la pittura sia non indegna da consttmare ogne nostra opera e studio. (prosegue poi come F1 con lievi varianti, omettendo il verbo in fine: si riconoscono)
46, 1 Zeusis pittore cominciava a donare le sue cose quali, come dicea, non si poteano comperare; né estimava costui potersi venire atto pregio quale satisfacesse a chi fingendo dipignendo animali se porgesse quasi uno iddio. Zeusis pittore cominciava avere in tanto pregio le sue cose le quali ....................... ........................................ .......................... costui potersi vendere tanto pregio che satisfacesse a chi fingendo dipignea animali che ne l’opere s’acomparasse quasi a uno iddio. = F1 all’inizio, prosegue:


poi ne estima custui atto pregio poterse trovare el quale satisfacesse a chi fingendo depingeva animali se porgesse quasi uno dio.
48, 10 Racontasi i pregi incredibili di tavole dipinte. Aristide tebano vendè una sola pittura talenti cento; e dicono che Rodi non fu arsa da Demetrio re, ove temea che una tavola di Protogenes non perisse. Possiamo adunque qui affermare che la città di Rodi fu ricomperata dai nemici con una sola dipintura. Racontasi pretii incredibili de tavole dipinte. Possiamo adunque pensare che Rodi da l’inimico per una sola tavola campò. Racontasi pregi incredibili di tavole dipinte. Aristide tebano vendette una figura sola cento talenti ............ (come F1) ...................................... Possiamo adonqua affermare che la cità de Rodi da Demetrio con una sola depintura campò.
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F1 V P
50, 2 Ma io sempre preposi l’ingegno del pittore perché s’aopera in cosa più difficile. Ma io sempre preposi l’ingegno perché in cosa più difficile lo adopera. Ma io sempre preposi lo ’ngegno del pittore perché in cose più difficile l’adopera.
50, 15 ... fecero editto e legge non essere ad i servi licito imparare pittura. Fecero certo bene però che l’arte del dipignere sempre fu ad i liberali ingegni e a li animi nobili dignissima. ... fecero editto e legge non essere licito ad i servi imparare a dipignere; fecero certo bene perché l’arte della pittura sempre ad i nobili ingegni e a li animi nobili è dignissima. fecero editto e legge non fosse licito a servi imparare depignire. Certo fecero bene perché l’arte de la pittura sempre a liberali ingegne e agl’amici (sic) nobile e dignissimi se convene.
52, 12 Raro potrà acquistare nome... Rare volte aquistarà nome = V
62, 6 asperitate asprezza = V
62, 12 bene abbia in be’ corpi composte le superficie. bene abbia ordinati i corpi e ben composte le superficie bene abbia i begli corpi composte e superficie.
64, 25 Dicesi vivere il corpo quando a sua posta abbia certo movimento; dicesi morte dove i membri non più possono portare li offici della vita ... Dicesi il corpo vivo quando ...................... . ... dicesi morto quando i membri non possono più porgere il suo officio della vita ... Dicese el corpo vivo quando ...................... . ... dicese el corpo morto dove i membre non possino più portare lo officio de la vita ...
66, 4 Efigenia Polixena Efigenia
66, 8 il viso fresco e lattoso, sarebbe sozzo soggiungervi le braccia ... il capo fresco e gioioso, sarebbe sozzo farvi le ... = F1
[p. 316 modifica]
F1 V P
66, 10 con quella faccia... non seguendo li altri membri a tanta tisichezza, sarebbe pittore da farsene beffe. quel viso...
a tanta secheza e tisica faccia, sarebbe da farse beffe del pittore.
quella faccia...

= V

66, 25 il suo vizio di zopicare quel viso..... il suo zopicare il suo vizio di sospicare
68, 8 dove apena sedendo vi si assetti dove apena vi si assetti che quasi apena vi si assetti
70, 14 E dice Plutarco li antiqui pittori dipignendo i re, se in loro era qu,alche vizio, non volerlo però essere non notato, ma... ... era alcun vizio non voleva che non fosse notato, ma...... era qualche vizio non volevano però non fosse notato, ma...
72, 10 ... a conoscerli... ad intenderli... ... a cognoscere...
72, 15 schifare di non lo fare piuttosto piangioso che lieto? E ancora chi mai potesse... schifando di non farlo piuttosto piangere che ridere? E chi potria ... schifare di non farlo più tosto doloroso che lieto. E ancora chi mai potesse....
72, 19-23 e sempre seguire... imparamo dalla natura.
(mancano le 4 righe, forse per omeoteleuto) = V
78, 12 (i vecchi)... si sostenghino su le mani. si regano su le mani o in sul bastone. se reggono in su le mani.
78, 35 i movimenti moderati e dolci i movimenti temperati, moderati e dolci = F2
80, 1 a chi miri a chi li guarda a chi vede
80, 16 insegnammo mostramo = V
80, 21 in che modo come = F1
80, 30 usare bene aoperare... = F1
82, 1 ...rilevate. Così il bianco e ’l nero fa le cose dipinte parere rilevate, e dà... rilevate. E quello medesimo fanno il bianco e ’l nero e dà...... = V
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82, 9 biasimerò quelli visi in quali vegga arte niuna altra che solo forse nel disegno. biasimerò quelli in quali non vederò arte avere veruna altro che forza nel disegno. biasimerò quelle li quale non veddero arte niuna altro che inel disegno.

n Libro III

90, 4 Dico l’officio del pittore essere così descrivere con linea e tingere con colori in qual sia datoli tavola o parete simile vedute superficie di qualunque corpo ... Dico l’officio del pittore essere depingere cose cum colori e linee e ciò che a lui sia dato o tavola o pariete le vedute superficie di qualunque corpo, ... Dico l’officio del pittore essere così descrivere con linea e tingere con colori in co che egli sie adatto o tavola o pariete le vedute superficie de qualunque corpo, ...
92, 1 Piacemi il pittore sia dotto, in quanto e’ possa, in tutte l’arti liberali; ma in prima desidero sappi geometria. Piacemi il pittore sia dotto in tutte l’arti liberali ma prima in geometria. Piace il pittore sia dotto in tutte le arte liberali, ma primo desidero sacca geometria.
92, 9 affermo sia necessario al pittore imprendere geometria. affermo essere necessario al pittore sapere geometria. affermo sia necessario al pittore intendere geometria.
92, 12 gioveranno a bello componere l’istoria gioveranno al bel componimento de la storia gioveranno a bello componimento de istoria.
94, 11 Fidia, più che li altri pittori famoso confessava ... |Fidia più che altro famoso depentore nominato confessava ...
94, 16 Ma non raro avviene che li studiosi e cupidi d’imparare, non meno si straccano ove non sanno imparare che dove l’incresce la fatica ... Ma spesso avviene che li omini cupidi d’imparare si straccano ove non sanno imparare dove la fatica li ricresce .. Ma spesso avviene che li avare e cupidi de imparare se straccano ove non sanno imparare che e dove la fatiga le recresce ...
[p. 318 modifica]
F1 V P
94, 13 (membro), e mandino a mente qualunque possa essere differenza in ciascuno membro. (manca questo periodo evidentemente per omeoteleuto) =V
96, 8 porrà mente quanto dolce le gambe a chi segga sieno pendenti. e como dolce si piega le gambe di chi siede. e quanto dolce pendono le gambe a chi sederà.
96, 11-98, 2 E di tutte le parti ... qualunque bellezza lodata (manca un’intera pagina) = F1
98, 3 in una femmina in ogni femmina = V
98, 23 Scrive Galieno medico avere ne’ suo tempi veduto ... Galieno medico se dice avere veduto nei suoi tempi ...


100, 2 E se pure ti piace ritrarre opere d’altrui perché elle più teco hanno pazienza che le cose vive ... E se pure ti piace ritrarre cose d’altrii perché cose morte più ti piaccia cha le vive ... ... cose d’altrui ... (per il resto = F1)
102, 14 Allessandro ... sopra li altri bene dipignea animali, massime cani. Aurelio, che sempre amava, solo dipignendo dee ritraeva i loro visi quali esso amava. Fidias in dimostrare la maestà delli iddi più dava opera che in seguire la bellezza delli uomini. Eufranore si dilettava esprimere la degnità de’ signori ... Alessandro dipingea meglio che gli altri animali, massime cani. Aurelio che sempre dipingeva dee e faceva lor visi simili a quelli che amava. Fidia dava più opera in dimostrare la modestia de li dii che insegnare la bellezza de li omini. Eufranore si sforzava di mostrare la dignità de’ signori ... Alessandro dipignea animali e massime cani meglio che gl’altre. Aurelio che sempre amava depegneva dee e faceva loro volti simele a quelli che de chi era preso de amore. Sidia dava più opera in demostrare la modestia degli dii che insegnare la bellezza degli omini. Eufranore se sforzava de demostrare ...
102, 25 e conviensi per nostra negligenza nulla pretermettere quale a noi possa retribuere lode. e conviensi che nulla pretermittiamo per negligenza di che ne possa resultare gloria e laude. e conviene che nulla parte mettiamo per negligenza gloria e laude.
[p. 319 modifica]
F1 V P
102, 29 concetti e modelli di tutta la storia di concetti e moduli e prevedimento de la storia =V
102, 31 E così ci sforr.eremo avere ogni parte in noi prima ben pensata tale che nella opera abbi a essere cosa alcuna qu,ale non intendiamo ove e come ... E così ci ingegneremo de avere ogni parte in noi, e prima ben penseremo in tale modo che nella opera non sia alcuna cosa che da noi non sia ben intesa ... =V
104, 5 quella cupidità di finire le cose quale ci facci abboracciare il lavoro. quella cupidità di finire che fa coi lavoreri se corre e fassi male e imbrattasi. ...la quale fa che al lavorio si corre e fasi male e aborraccase.
104, 7 Né giova fare come alcuni, intraprendere più opere cominciando oggi questa e domani quest’altra, e così lassarle non perfette, ma qual pigli opera, questa renderla da ogni parte compiuta. Fu uno a cui Appelles rispose, quando li mostrava una sua dipintura, dicendo oggi feci questo; disseli non me ne maraviglio se bene avessi più altre simili fatte. Né giova fare come alcuni, imprendere a fare più opere, e cominciano oggi una e domani l’altra così imperfette lasciandole, ma qual opera cominci a fare rendila compiuta e fornita da ogni sua parte. Fu uno che mostrò una sua opera dipinta ad Apelles, e disse questa ho fatta oggi. A cui rispose: non mi maraviglierei se ne avesti fatte più altre. Né govare che alcuno prenda a fare più opere commencando oggi una e domane l’altra e cusì imperfette lasciandole, ma quale prende a fare rendela compiuta e fornita de ogne sua parte. Fo uno che demostrò una sua opera dipinta Appelles e dessegle questa ho fatta ogge. A cui respuse: io non meraveglerei si me ne facesse alcune altri.
104, 21 quella decimaggine quella melensaggine =V
104, 23 prima ... diventa l’opera vecchia e sucida che finita. prima ... invechia e insucida l’opera che finita sia. prima ... invechia l’opera nante che fornito sia.
106 (tra le molte varianti di questa pag. scegliamo solo due o tre)
11 domando in premio delle mie fatiche che nelle sue istorie dipingano il viso mio, acciò dimostrino se essere grati e me essere stato studioso dell'arte. che nelle sue istorie ritragano la mia testa a la naturale ad ciò grati dimostrino d'essere e io stato studioso nell'arte. che nelle sue istorie se retracchino la mia istoria a naturale a co che i gradi dimostrino io essere stato studioso nell'arte.
[p. 320 modifica]
20 priego e molto ripriego piglino questa fatica ... io prego e riprego che mio prego vaglia che piglino questa fatica ... (cfr. Inferno XXVI, 65-66). priego e ripriego e prego che el mio prego valga piglino questa fatica ...

L’apparato che segue (dietro alla nostra discussione della Redazione latina) registra soltanto i punti in cui siamo intervenuti per correggere F1, o in cui ci sembrava doveroso spiegare l’adozione di questa o quella lezione. In tutti i casi va sottinteso il riferimento al testo latino, il quale ci ha aiutato forse più che i codici P e V ad emendare e a punteggiare il testo volgare. Per la discussione dei rapporti tra questo e la tradizione manoscritta del testo latino vedi qui sotto.


b) Redazione latina

Come abbiamo accennato sopra, le due redazioni, volgare e latina, sono simili ma in un certo senso indipendenti l’una dall’altra: nessuno dei codici latini ci dà un testo in tutto uguale a F1 né d’altra parte (e tanto meno) conforta il tipo di varianti presenti in P e V. Nondimeno si distingue tra i codici latini un gruppo di manoscritti, tutti privi della dedica a Gio. Francesco Gonzaga, che potrebbe dirsi per certe lezioni più vicino al testo volgare di F1: sono F FR G L V2. Diamone qui qualche esempio:

Volgare Latino
p. 16, 20 F1: Prima diremo delli estremi, poi de’ mezzani, e ivi apresso del centrico.
(P: Prima diremo delli estremi, poi de’ mezzani, poi del centrico.
V: Prima delli estremi, poi gli altri).
p. 17, 31 ac primo de extremis, postea de mediis, tum de centrico dicendum erit. La frase figura in F FR G L V2, e tra gli altri soltanto in O L2 A FL V3 NC, ma, come vedremo, questi ultimi hanno molte lezioni che li distinguono dal testo di F1.
[p. 321 modifica]
p. 20, 3 F1: I (pure P e V). p.21, 3 F FR G L V2: eam nos nostro more describamus (G describemus); altri codd. nostra Minerva.
p. 30, 8 F1: due volte più che la base e l’altro tre (pure P e V). p. 31, 8 Tutti i codd. salvo F FR G L V2 (e R RL W ai quali per altro, come vedremo, non corrisponde F1): bis quam basis atque semis et alterum ter.
p. 30,30 F1: sono parte del triangolo visivo quanto ti dissi i razzi, i quali certo saranno nelle quantità proporzionali quanto al numero pari (P e V in sostanza uguali) p. 31, 32 F FR G L V2(e R RL W; vedi l’esempio precedente): Partes trianguli visivi sunt ipsi radii qui ... O OL T: sunt anguli ipsi; altri codd.: sunt anguli ipsi et radii (per conseguenza numero figura solo nel primo gruppo: erunt in proportionalibus quanitatibus numero admodum pares)


L’esempio seguente sembrerebbe restringere ancora questo legame a due soli codici del gruppo sudetto:

p. 70, 6 F1:E se così ivi sia licito, sievi alcuno ignudo (pure P e V). p. 71, 14 F FR: Sintque nudi, si ita liceat, aliqui. Tutti gli altri codd.: deceat.


Mentre altri esempi si potrebbero addurre per dimostrare che F1 è più vicino per certe lezioni al gruppo F FR G L V2, non è possibile concludere che si tratti di una traduzione fatta direttamente su un testo uguale a quel gruppo. Resta soltanto probabile che, facendo la redazione volgare, l’Alberti avesse sotto occhio, un testo latino di questo ramo della tradizione. Basteranno alcuni esempi per sottolineare l’indipendenza della redazione volgare rispetto a quella latina e i rapporti complessi che intercorrono tra di esse.

p. 14, 16 P: la superficie cavata sarà dentro (pure P e V). Tutti i codd.: Convexa superficies ea est (soltanto l’ed. di Basilea legge: concava; ma come vedremo, F1 è lontano da questa edizione).
p. 26, 3 F1: superficie (P e V). 21 p. 27, 24 R RL; superficies; tutti gli altri codd.: quantitates (ed. di Basilea: quantitates superficiesve).
[p. 322 modifica]
p.32,26 F1: nel triangolo alla base sarà più ottuso ... p. 33, 28 solo FL (e l’ed. di Basilea) ha: ad basim;
32, 33 l’angolo alla base maggiore (pure P e V). 35, 1 nessun cod. ha ad basim (che figura solo nell’ed. di Basilea).
p. 34, 6 F1: largo, stretto, chiaro, oscuro, luminoso, tenebroso, e ogni simile cosa ... Nessuna fonte latina ha un termine corrispondente a luminoso.

Questi e simili esempi che si citano qui sotto (e altri che si potrebbero moltiplicare) portano alla conclusione che non esiste tra i codici conosciuti una redazione latina corrispondente a quella volgare. Sorge la questione se sia mai esistita, e fino a che punto sia lecito cercare di ricostruirla - il problema insomma, già accennato, dell’uso dell’una o dell’altra redazione come controllo e guida; o meglio, fino a che punto F1, migliore rappresentante della versione volgare, possa e debba determinare gli elementi della edizione critica della redazione latina (il caso inverso è molto meno difficile, perché la tradizione volgare è tanto povera di scelte di varianti ammissibili). Questa ci presenta nei codici e nell’unica stampa una situazione abbastanza complessa che va considerata in sé e indipendentemente dalla redazione volgare.

Possiamo aprire la discussione dei codici della redazione latina riferendoci ad una variante che alcuni anni fa ci parve importante per risolvere il problema della ‘costruzione legittima’ albertiana16. Si tratta delle cinque parole ad alterum lineae caput perpendicularem (p. 39, 25) che figurano non solo nei codd. R e RL (come allora si accennò) ma anche in FL Lu OL2 e V1 . Non si trovano in altri manoscritti né nella ed. di Basilea, e non hanno riscontro nella versione volgare. Così non ricorrono in quel gruppo di codici (F FR G L V2) a cui si avvicina per più altri lati il testo volgare di F1; e pare più probabile che quelle parole costituiscano una aggiunta dell’autore fatta alla versione latina dopo la composizione della redazione volgare anziché una variante d’autore entrata, poi tolta o caduta, nella tradizione latina nel breve tempo che corse tra agosto 1435 e luglio 1436 (seguo qui l’ipotesi formulata sopra a p. 307). Con questo si spiegherebbe l’assenza di quella frase dalla [p. 323 modifica]redazione volgare sulla quale, per quanto si sappia, l’Alberti non tornò. Avremmo qualche ragione invece per sospettare che l’Alberti sia tornato a rivedere la redazione latina in occasione della dedica che ne fece al Gonzaga; e questa può essere appunto una delle aggiunte o correzioni che insieme con altre, che discuteremo più avanti, siano entrate nel testo . riveduto a quel tempo.

Ma se i codd. R e RL hanno in comune con FL Lu V1 OL2 questa importante lezione, essi se ne distinguono per molte altre, mentre FL Lu OL2 e V1 dimostrano maggiore affinità col gruppo A V3, a cui si affianca per alcune varianti OL1. Contro questi abbiamo non soltanto il gruppo già in parte delineato di F FR G L V2, ma anche il resto dei manoscritti, O l’W, legati tra loro da lezioni uguali, e affini pure a R RL. Cerchiamo di illustrare questa situazione con alcuni esempi. Per comodità indichiamo il gruppo F FR G L V2 con la lettera α; il gruppo A V3 FL Lu V1 O L2 con β; e l’ed. di Basilea con B.

p. 13, 13 Gruppo β più O L1: Eritque et ipsa fimbria aut unica aut pluribus lineis perfinita, unica ut circulari, pluribus ut altera flexa altera recta aut etiam quae pluribus rectis aut pluribus flexis lineis ambiatur. Manca aut pluribus fiexis in tutti gli altri codici: B legge: rectis flexisve (nessuna traccia di queste lezioni nella redazione volgare).
p. 13, 21 Gruppo β: Linea iccirco quae bis coronam circuli secuerit perque centrum recta ibit, ea diameter circuli apud mathematicos vocatur. Gruppo α: reptabit. Gli altri codd. e B: rectabit (corr. in R: recta ibit). Il volgare ha coprirà.
p. 17, 1O Gruppo β più OL1: Ac imaginari quidem deceat radios quasi fila quaedam distenta et prorsus tenuissima... Tutti gli altri codd.: teretia. Non figura in B né distentateretia (nessuna traccia nel volgare).
p. 25, 2 Gruppo β: Neque tamen eos philosophantes aspernandos putem qui... Tutti gli altri codd. e B: aspernor.
p. 31, 5 Gruppo β più OL1: Intelligendum est quid sit hoc loco proportionale pictori. Manca pictori in tutti gli altri codd. e B (che legge invece quid apud nos); nel volgare nessuna traccia di questa parola.
[p. 324 modifica]
p. 31, 34 Gruppo β più OV: altera istarum non proportionalium visa quantitas ... Manca visa in tutti gli altri codd. e B; nessuna traccia nel volgare.
p. 43, 11 A FL V3OL OL1: Hic enim sola prima picturae artis rudimenta pictor quidem pictoribus recensui. Eaque iccirco rudimenta nuncupari volumus ... Manca pictor quidem pictoribus in tutti gli altri codd. e B (ma avrà forse figurato nella fonte di Lu V1 che omettono tutte le parole tra i due rudimenta); nessuna traccia nel volgare.
p. 47, 1 Gruppo β: plumbum ... esse pretiosius fortassis videbitur. Altri codd. e B: putabitur; volgare si stimerà.
p. 73, 24 Gruppo β (salvo V1): Sine maximo labore, studio et diligentia ... Manca labore negli altri codd. e B (non figura nel volgare).
p. 75, 30 Gruppo β: Septimus vero movendi modus est is qui in girum ambiendo vehitur. R: vertitur; tutti gli altri codd. e B: vergitur.
p. 79, 15 Gruppo β (salvo V3 che presenta un testo confuso): Tum denique in maxima animi pertuYbatione maxime in membri s significationes adsint necesse est. Tutti gli altri codd. e B: maximarum animi perturbationum (il testo volgare corri. sponde a questo gruppo).
p. 103, 8 Gruppo β: Magnum id quidem atque nulli antiquorum concessum. Tutti gli altri codd. e B: vis ulli (volgare: e a chi si fusse da li antiqui non molto concesso).


Sorge il dubbio in questi e casi analoghi se le varianti del gruppo β rappresentino aggiunte o correzioni dell’autore. Se si tratta effettivamente di revisione dell’autore, non è sempre facile precisare il momento in cui una data variante sia entrata nella tradizione. Per esempio:

p. 81, 2 Gruppo α più R RL Lu V1:Sed sint motus omnes ... moderati et faciles, gratiamque potius quam admirationem laboris exhibentes. Tutti gli altri codd. e B: exhibeant.
[p. 325 modifica]
p. 97, 21 Gruppo α: ... neque ulla est usque adeo difficilis res quae studio et assiduitate quis assequi non possit; sit studiuM non futile ... A FL V8: assiduitate superari non possit, sed qua sit (FL: dum sit'');
gli altri codd. e B:
quam non studio et assiduitate possis perficere, sed qua sit.
p. 105, 12 Gruppo α: Vidi ego aliquos ... opus aggredi, qui postea, dum ardor ille ingenii deferbuit, inchoatum ac rude opus derelinquere. FL: dereliquunt;
altri codd. (salvo R che omette il verbo): deserunt (o erroneamente deferunt l’ Lu).


Chi abbia la pazienza di scrutare gli esempi fin qui citati e di studiare l’apparato delle varianti, si renderà conto della complessità dei rapporti tra i vari rappresentanti della tradizione; tanto che è assai difficile ricostruire uno stemma dei codici che non sia in qualche modo contrariato da qualche elemento importante. Il raggruppamento dei manoscritti si intravede chiaramente; ma i loro rapporti s’intrecciano così che è quasi disperato qualunque tentativo di dimostrarli schematicamente. Conoscendo già l’abitudine dell’autore in altre opere di fare correzioni e aggiunte in diversi momenti e magari su diversi esemplari, è difficile in questo caso resistere alla tentazione di immaginare un simile processo di lavoro da parte sua, che non avesse, come noi vorremmo, lo scopo di preparare una redazione definitiva. È una situazione poco favorevole per l’editore, la quale si potrebbe forse rappresentare graficamente nel modo seguente:

[p. 326 modifica]

Il lettore noterà in .questo stemma la presenza di un codice non ancora menzionato: NC; e l’assenza dell’edizione di Basilea (B). Essendo questa finora, insieme con la ristampa di Amsterdam, l’unica fonte accessibile del testo latino, essa è sempre stata citata e adoperata come termine di confronto con la redazione volgare. Il fatto è però che questa edizione ci offre un testo diverso in molti punti di ogni pagina dalla lezione dei manoscritti fin qui discussi. L’unico codice che le rassomiglia è NC, e ciò soltanto perché è stato largamente corretto. Il testo base di questo codice (che indichiamo con NC1), trascritto da una mano del primo quarto del ’800, è affine a quello del gruppo β, e tra questi si avvicina di più a A V3. Ma esso è stato collazionato con un altro testo, o con l’edizione B o con un manoscritto simile all’edizione, così da produrre un nuovo testo che indichiamo con NC2. La prima ipotesi ci pare la più probabile. È esclusa la possibilità che B derivi da NC2 per il fatto che, forse per negligenza di chi fece la collazione, vi rimangono parecchie lezioni caratteristiche del testo base corrispondenti ad A V2. Così in tutti i casi sopra citati NC1 riflette la lezione del gruppo β o dei soli codd. A FL V3; mentre NC2 quasi sempre rispecchia quella di B, ma non negli esempi delle pp. 17, 1O; 73, 24; 97, 21, dove rimane la lezione originale di NC1 uguale al gruppo di codici a cui appartiene. Entro questo gruppo NC1 è affine a V3, come dimostrano, tra altre somiglianze, le due seguenti comuni omissioni:

p. 71, 19: ... ea tantum parte vultus pingebat qua oculi vitium non aderat...
p. 73, 21: ... variare. Tum quis hoc, nisi qui expertus sit, crediderit usque adeo esse difficile, cum velis ridentes vultus effigiare, vitare id ne plorabundi magis quam a
lacres videantur
. Tum vero ...

Tutti gli elementi del cod. NC si possono spiegare col testo base del gruppo β e con l’ipotesi della collazione, non però completa in tutti i particolari, con B.

Per conseguenza, ad eccezione delle correzioni e aggiunte di NC2, B rimane isolato dalla tradizione manoscritta che ora si conosce. Esso se ne distingue per un’aggiunta sostanziale:

p. 71, 20: Et Homerus cum naufragum Ulixem e somno excitant (sic) ex sylva ad muliercularum vocem progredì nudum faceret homini ex frondibus arboris ramum obscenarum partium corporis tegumentum dedisse legitur;
[p. 327 modifica]che si legge solo in NC2 (con la variante arboreis); e per molte altre lezioni di cui diamo qui sotto alcuni esempi.
Codd. latini B (e NC2)
nos legentes intellexerint. nos legentes pictores intellexerint.
ora (fìmbria) quae totum circulum continet. ora quae totam circuii aream complectitur et continet.
ex duabus harum superficierum compositae sunt. ex praedictis compositae sunt.
purissimae aquae. purissimae et quiescentis aquae.
Nam situ mutato aut maiores aut omnino non eiusdem quam hactenus fuerant fimbriae, aut item colore fraudatae superficies appareant necesse est ... Nam intervallo situve mutato aut minores aut maiores aut omnino ... fìmbriae, aut item colore auctae vel fraudatae superficies appareant necesse est.
aliquod densum vel (o et) opacum. aliquod densum et non penitus opacum.
tertius vero angulus tertius atque primarius vero angulus
perterebrant percurrunt
lumine pereunte colores ipsi quoque pereunt ... redeunteque luce ... colores restaurantur. lumine pereunte colores ipsi quoque obscurescendo pensim pereunt ... redeunteque luce ... colores conspectui restaurantur.
ut per eam tota pyramis visiva permearet... ut per eam tota pyramis visiva veris visendis corporibus permearet ...
unde omnia rectius concerni intelligunt. unde omnia rectius concerni commetirique intelligunt.
Est quidem homo pusillus homini maximo proportionalis nam eadem fuit proportio palmi ad passum et pedis ad reliquas sui corporis partes in Evandro quae fuit in Hercule. ....................................................................... ... proportionalis ad cubitum ubi eadem fuerit proportio palmi et pedis ad reliquas ... partes in hoc puta Evandro quae fuit in ilio puta Hercule.
superbipartiens (om. O l’ FL OL V1). subsesquialterum
[p. 328 modifica]
Ex quo fit ut qui picti homines in ulteriori parallelo steterint, iidem longe minores sint quam qui in anterioribus adstant, quam rem ... Lo stesso con l’aggiunta dopo adstant: nec tamen esse caeteris minores sed semotiores apparent (quam rem...)

Queste e molte altre varianti di B (registrate nell’apparato) dimostrano la sua indipendenza dalla tradizione rappresentata dai codici (fuori di NC2); e inentre non cambiano sostanzialmente il senso dell'opera, non lasciano immutato lo stile e talvolta la costruzione delle parti. Allo stesso tempo, B non è privo di errori e omissioni rispetto alla tradizione manoscritta17; e, come sarà evidente da esempi già citati, sta dalla parte della tradizione rappresentata dal gruppo α e i suoi affini piuttosto che da quella del gruppo β. Non figurano in B, per esempio, le cinque parole ad alterum lineae caput perpendicularem (p. 39, 25). Se effettivamente le non poche varianti del gruppo β risalgono a correzioni d’autore, queste non sono entrate in B. Più grave il problema se le ancora più numerose correzioni e aggiunte di B rispetto ai codici conosciuti siano dovute ad ulteriore revisione del testo fatta dall’Alberti. Gli emendamenti che si trovano in B non sono diversi in genere da quelli fatti dall’Alberti in altre opere; non sono del tipo da escludere la possibilità che egli ne sia stato responsabile. Nondimeno sono così diversi dalle lezioni offerte dai codici che, senza ulteriore garanzia della loro attendibilità (non pare sufficiente o è comunque sospetta la testimonianza di NC), si esita ad accettarli come opera dell’autore. Non c’è dubbio che accettare il testo di B come versione definitiva dell’autore sarebbe la soluzione più facile ai problemi che abbiamo già rilevati nella tradizione del testo latino di questa opera; ma in questo caso rimarrebbe la questione delle altre eventuali correzioni d’autore testimoniate da alcuni codici, ma non passate a B. È una questione già avvertita altrove, e cercare di risponderle testualmente vuoi dire tentare la risoluzione di un problema forse mai postosi all’Alberti18.

In questa situazione abbiamo creduto meglio non seguire il testo dell’edizione di Basilea, ma prendere come base dell’edizione nostra i codici del gruppo β. Non abbiamo esitato però, date le difficoltà della situazione già illustrata, ad accogliere, dove sembrava opportuno, lezioni del gruppo α, e di altri codici, soprattutto nei casi in cui la lezione [p. 329 modifica]di β (o di parti di esso), anziché essere autentica variante, poteva derivare da omissioni, errori o fraintendimenti di copisti. Ne risulta, lo confessiamo, un testo ibrido, che per le singole lezioni, secondo i meriti del caso, cerca di raccogliere il meglio di una tradizione confusa nei codici superstiti e forse magari anche, sebbene involontariamente, nella mente dell’autore stesso. L’apparato registra tutte le varianti importanti (nonché altre di poca importanza che servono a caratterizzare certi codici), e illustra ampiamente il dilemma che confronta l’editore di questo testo; qualche volta, nei casi di maggior dubbio, spiega anche la ragione della lezione adottata, ma questa nella maggioranza dei casi si lascia intendere. Il sistema seguito nell’apparato è il seguente. La base del testo è costituita dal gruppo: A V3 FL OL2 Lu V1; perciò nell’apprato il resto dei manoscritti viene citato come «altri codici» (a.c.) . Nei casi in cui vi sono lezioni diverse entro il gruppo-base si cita sempre prima il cod. (o codici) di questo gruppo che non contengono la lezione adottata, e poi, occorrendo, altri codici. Nei casi in cui la lezione del gruppo-base non viene accolta si cita prima questo (e poi, occorrendo, altri codici). Qualche volta (e raramente) si accoglie la lezione di B (ed. di Basilea) e allora si registra con «Tutti i codici» la lezione rifiutata.

C) APPARATO CRITICO

a) Redazione volgare
Libro primo
p. 10 3. F1 conosciutola 8. F1 la forme 13. F1 interpretato 23. F1 dritta tratto un lungo, V dritto tratto un longo, P dritta tratto in lungo 25. F1 come uno arco fatto segnio e in marg. al seno senza indicazione se seno debba sostituire arco o segnio, ma a giudicare dal testo latino doveva probabilmente sostituire arco. Comunque lascio stare il testo originale di F1.
p. 12 28. F1 segni, V segui, P segne.
p. 14 6. F1 altre, V altre ... stanno, P stanno 24. F1 P prima de luogo.
p. 16 16. P et iquali.
[p. 330 modifica]
p. 18 10. F1 P V quando 20. F1 lascia uno spazio vuoto tra estremi e saranno senza ragioni evidenti.
p. 22 11. F1 obscure, P V obscurità.
p. 24 3. F1 se elli, P che se agiunga, V se gli agiungo.
p. 26 16. F1 della 33. F1 P sappiano che con, V sappia queli che circuiscono 35. F1 si presentino.
p. 28 8. F1 P tavole 9. F1 P converralle 16. F1 artificioso, P artificiosi et e:xpressi representata, V artificioso et expressa overo rappresentata 21. F1 Dico le superficie, P Dico che le superficie 30. F1 centri.
p. 30 32. F1 non (proporzionali) agg. in interlinea, V om. non.
p. 32 19. F1 qualità 32. F1 Quella.
p. 34 14. F1 biancose et brune (una piccola croce posta nell'interlinea tra queste due parole pare fatta per segnare una lacuna), V bianchissime che apresso germani sarebbono nere e brune, P bianchissime che apresso a germani sarebbono fusche e brune (su cui fondiamo la nostra integrazione) 23. F1 quale più sia più chiaro, P quello che sia molto più chiaro 24. F1 V notissime, P om. la parola; F1 V P Pictagora (malgrado quanto dice il Mallè, ed. cit., p. 69, n. 3; lo stesso «errore» ricorre altrove nello stesso cod. F, cfr. vol. I, p. 132, 6 e p. 430 della presente edizione) 28. F1 P comparata.
p. 36 13. F1 però che come misurando, P però che misurando, V però che uno homo conviene si atrova di queste tre braccia 17. Lascio stare questo passo come figura in F1 rinunciando alla tentazione di correggere traversò in traversa; V (molto scorrettamente) e questa linea medesi.mo a meno per proportionale a l'ultima de la quantità quali (spazio) traversino inanci, P e questa linea è a me proportionale a la ultima de le quantità quale me se traversano innanze 36. V om. farebbe che sempre; P superbi e patiente, V superbi pertinenti.
p. 38 2. F1 segnassero, F1 om. a loro ditto 17. F1 seguito in interlinea sopra conosco ma senza cancellatura. P così al seguito (forse un alias seguito entrato nel testo), V come l'una segua l'altra così seguita (mantengo conosco, supponendo un errore di trascrizione in F1 o nell'antigrafo da cui discende). Per l'interpretazione di quanto segue poi nel testo cfr. la nostra ed. del testo latino cit. sopra (p. 304, n. 3), pp. 113 sgg.
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p. 40 29. F1 P la apprenderà, V ha la procedere (sic).
p. 42 11. F1 P arti, V om. arti 24. F1 iscrivere, P V scrivere.
Libro secondo
p. 44 17. F1 aelide (e cu (?) sopra a cancellata), P V Athene Ig. F1 P V honestissimo.
p. 46 3. F1 venire, V vendere tanto pregio, P atto prego trovare el quale (propongo invenire in base al testo latino) 17. F1 Narcis 33. F1 P V Pelleo (cfr. Plin., N. H. XXXV, 111).
p. 48 3. F1 dalle lettere, P comendate dalle lettere, V acomodate alle lettere F1 profani 20. P V Turpino (così forse potrebbe leggersi anche in F1, essendo il nome spezzato tra due righe e la lezione un poco indistinta; comunque ci mettiamo il nome corretto).
p. 50 5. F1 V dotti l’indotti 9. F1 arti et bene.
p. 52 27. F1 diterminiamo, P V discerniamo (che corrisponde al discernimus del testo latino) 28. P V però possiamo 30. F1 P V conscrittione.
p. 56 16. F1 P conosciute dubbie et incerte 29. F1 P intersegazione.
p. 58 11. F1 della.
p. 60 18. P cogerlo, V toglierlo 23. F1 delle compositioni (P V al sing. come il testo latino) 26. F1 Grandissimo 27. F1 con (uno collasso).
p. 62 1. F1 della superficie 4. F1 dreto, P V dentro 26. F1P allegare, V allogare.
p. 64 13. P V om. a (quello).
p. 70 13. F1 P om. col capo nudo ma (che figura però in V; per la confusione delle cc. nella trascrizione di P e V proprio a questo punto vedi sopra a p. 308) 25. V quando uno è tristo, P quanto uno è atristato (tutti i codd. cioè, con queste varianti, presentano lo stesso passaggio dal singolare al plurale: stanno).
p. 72 9. F1 Apello 17. F1 P nel.
p. 74 14. F1 era, P come è ira.
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p. 76 1. F1 om. il piè, che figura in P e dà miglior senso, corrispondente anche al testo latino (il passo manca in V) 5. F1 tanto e sì grande, ma il vi è cancellato con un tratto di penna, e non figura in P.
p. 78 16. F1 P V comuni 24. V Dilettane (conservo la lezione di F1 P, sottintendendo un soggetto plurale indeterminato, cioè: «essi (la gente) dilettano vedere...»).
p. 82 8. F1 iodico idotti (sic), V Io cum li dotti, P I como dotti 12. F1 P V colorata 22. P lo (le riporta alle superficie della riga 20) 27. F1 om. ciò, P Et aco conoscere te fia buona a guardare neto specchio, V E a ciò a cognoscere ti sia guida el spechio.
p. 86 14. F1 Sarà questa comparazione. Seguo la lezione di P, che può essere anche un ‘rimedio’ del copista, parendomi meno felice la correzione Farà per Sarà (il testo latino è troppo diverso per prestare aiuto).
Libro terzo
p. 90 4. F1 linea.
p. 92 28. P arso, V fusse maestro rimasto (!)
p. 94 g. F1 lettera 22. F1 e studioso, P V assiduita(te) di studio.
p. 96 22. F1 prensere, P prendere, V om. prendere 30. F1 beni.
p. 98 14. F1 queste.
p. 100 4. F1 mediocle, con r agg. sopra l.
p. 102 13. F1 altre (ma cosa).
p. 104 30. F1 moderate.
b) Redazione latina
Dedica:
p. 9
2. V1 maxime, a. c . maiorem 5. FL OL2 paratam, Lu peccatam 8-9. R RL non minus quam literarum peritia caeteros, FL om. literarumque peritia 15. OL1 ut (prout) 17. FL OL2 connumerare 18. a. c . habere. Sis felix.
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Liber I
p. 11 7. R RL om. omni 10. B arbitramur 12. B legentes pictores 13. O FR puto, l’pure 16. a. c. B in partes queat 17.Lu V1 ita est 19. a. c. B negat
p. 13 5. Lu V1 ut inde prorsus, Lu nihil (nisi), a. c. B nisi prorsus 12. a. c . (meno OL1) B appellemus 15. B rectis flexisve lineis, a. c . (meno OL1) om. aut pluribus flexis 16. R RL O TG W B ipsa ora 17. B quae totam circuli aream complectitur et continet 20. B Idem vero punctum 21. B om. idcirco, F FR G L V2 vero 22. F G L V2 reptabit, a. c . B rectabit (R corr. in recta ibit): B om. ea 25. B aiunt limbum secantem lineam 28. FR om. potest, F G L V2 possim.
p. 15 2. A V2 FL OL2 Lu V1 om. mutuo 12. B ex praedictis compositae 15. A V2 FL OL2 Lu V1 similis: FL OL2 om. purissimae, B purissimae et quiescentis aquae, R tranquillissimae corr. in marg. ex purissimae 18. Codd. convexa, B concava 20. V2 dicam, G dixerimus, B ut sic dixerim 21. A V3 FL OV Lu V1 om. vero 22. Codd. convexam, B concavam (cfr. 18) 24. B columnarum pyramidumve 25. R RL dorsis 28. B de se exhibent 29. B om. tamen gg. B Nam intervallo situve mutato aut minores aut maiores 34. B colore aucte vel fraudate.
p. 17 g. A V8 FL OL2 ipsi quidem 5-6. B rara et luce pervia penetrantes 6. B densum et non penitus opacum, a. c . densum et opacum 9. A ipso II. a. c . (meno OL1) quaedam teretia et prorsus, B quaedam prorsus tenuissima 12. B rectissime 13. A V3 om. interius 19. F FR G L V2 Hos ergo quod 20. B librando: a.c. B volitent 31. Lu V1 OL1 R RL O l’W om. ac primo de extremis, postea de mediis, tum de centrico dicendum erit.
p. 19 1. a. c. B om. cum II. B tertius atque primarius vero 13. B in ea superficie 17. B in oculo primarius consistat 20. A V8 FL OL2 multo intervallo mutato quantitas, Lu multo intervallo mutato item fieri quantitas 22. A V3 FL F pauciorem, OV paucior est 23. B illius superficiei; B Quod ipsum 27. a. c. (meno OL1) om. aliquos 30. B quo magis illi quidem a fimbria.
p. 21 2-3. B om. quove pacto ea radiis construatur. Eam nos nostra Minerva describamus 3. F FR G L V2 nostro more 7. B extremis 10. R B om. ex: a. c . B oratione 13. B extremis 26. B percurrunt; B deijiciat 30. B ut pares utrinque 31. O l’Bo m. et: F FR G L V2 respondeant. Quantum vero ad 35. A V2 FL OL2 extiterit.
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p. 23 11. FL OL2 Cum centrici, A V3 Lu V1 Concentrici 15. Codd. convexa, B concava 20. Lu V1 Tamen et 31. B quoque obscurescendo pensim pereunt 32. B colores conspectui restaurantur 34. B colores quemadmodum.
p. 25 2. B permixtionibus; F FR G L V2 existat 3. a. c . B aspernor 17. a. c . B acquae color 18. R RL Ceteros vero omnes 22. B albescat 27. A V2 FL OV Lu V1 admixtione multa e colorum species oriuntur (errore di ripetizione, vedi sotto al r. 30) 31. O l’W patet alteratur, B patebat alteratur.
p. 27 1. B demonstrent 3. A V2 FL O L1 luminum. Luminum alia 7. O B Atque 12. B eo colore nonnulla ex parte imbuuntur 24. B quantitates superficiesve, R RL superficies 25. B referunt, FL OL2 Lu V1OL1 O l’W referant 26. R RL prospectae 34. O B pictore.
p. 29 r. A V3 OL2 tentari nihilque magis queri, F tentari nihil magis queri, FL nihil tentari nihilque magis queri (seguo la lezione degli altri codd. pur tenendo conto della possibilità che derivi dalla caduta per omeoteleuto di un nihil tentari; d’altra parte le varianti qui riportate potrebbero discendere da un queri alias tentari entrato poi nel testo e sistemato come in FL: comunque il senso rimane lo stesso) 5. B visiva veris visendis corporibus permearet: F FR G L V1 recto intervallo, R tanto intervallo 6. FL OL2 quominus in re, FR communis in aere, RL minus in aere, R metas in aere, B eminus in aere; R RL constituens 8. B duce huius ipsius cuspidem 9. B concerni commetirique 10. A FL V2 sit scilicet in qua pingitur (forse una semplice glossa entrata poi nel testo) 11. B plures et varias: B superficies pyramidesque studet r2. B pyramidem hanc visivam 15. a. c . Lu V1 B pyramidis vident (difficile dire in questo caso se questa lezione nasca dalla caduta di un videre, o viceversa se quella accolta nel nostro testo derivi dall’aggiunta di videre per appoggiare l’equivoco videntur per vident) 16. intercisio è nei soli codd. A V2 Lu (a. c . B intersectio), cfr. 19 intercisionem nei soli codd. A V3 FL OL2 Lu (a. c . B intersectionem) e l’oscillazione nel testo volgare 21. B intercisionis partes omnes sint notissimae.
p. 31 2. B minori lateribus proportionalis 4. B clarior pictoribus sit: B latius paulo rem explicabimus: F G V2 proportionem, A V3 FL OL2 Lu V1 positionem 5. B quid apud nos sit 6. a. c. (meno OL1) B om. pictori 8.R RL F FR G L V2 W om. atque semis 9. a. c . B huiusmodi 11. B sunt omnes inter se proportionales 12. B ad partem sui extat 13. B in minori extabit 13-14. B omnes apud nos inter se proportionales dicentur 16-17. B proportionalis ad cubitum ubi eadem fuerit proportio palmi et pedis 17-18. B in hoc puta Evandro quae fuit in illo puta Hercule 19. O B Neque eum (O tum) etiam fuit 20. a. c. (meno F FR G L V2) B fuerit: B corpore ut enim utrisque 22-23. B inter se dimensione congruebant. Ita hoc ipsum in nostris triangulis 22. F FR G L V2 om. inter se 28. B triangulo ut illi loquuntur similem ut vero nos proportionalem 30. R RL W F FR G L V2 mutuo respondent 32. R RL W F FR G L V2 sunt ipsi radii qui, B sunt praeter lineas etiam ipsi radii qui 33-34. B in proportionalibus picturae quantitatibus spectandis numero veris pares, in non proportionalibus vero illis erunt non pares, nam altera 33.F FR G L V2 R RL numero admodum 34.F FR G L V2 non proportionalibus aequedistantibus: F FR G L V2 R RL nam altera 35. a. c. B om. visa.
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p. 33 1. B proportionalis dicatur 2.F FR G L V1 B constitui 4.B visae superficiei: a. c. Lu V1 B om. sui 5. A V2 alterationem quandam 5-7 . G V2 om. Nam sunt ... pares 7. B suis corrispondentibus proportionales 8. B ex quibus area completur quibusve fimbria g. B Atque illud II. F O proportionalem 14. R Verum enim cum, RL Verum enimvero cum 19. B ex mathematicorum regula 28. Codd. (meno FL) om. ad basim (figura in B) 30. O B obtinet, FL occupabit 31-32. Lu V1 a. c . B sit quantitas aliqua distans.
p. 35 I. F FR G L V2 in triangulis: codd. om. ad basim (figura solo in B) 8. Lu V1 R RL O l’OL1 om. latum, B om. clarum 9. Integro luminosum, che non figura nei codd. né in B, sulla base del testo volgare 10. F FR L ea tamen, G V1 ea tum, OL2 ea philosophorum sententia accidentia nuncuparentur 11. B earum plena cognitio 13.F FR L V2 videtur, G videatur 14. B deo 15. A V3 FL OL2 fusci (forse lectio facilior) 16. O RL B esse haberentur, R viderentur 18. A FL OL2 cignis 24. A FL OL1 magnum etiam dicimus.
p. 37 7. B ea exprimatur 22. B punctus eum locum, R quod eum locum 23. F FR G L V2 O R LOV V1 B applicet 30. B successurus intervallo sub aspectu coarctantur.
p. 39 2. A V3 FL OL2 Lu V1 RL O W ad antecedentes (preferisco la lezione al singolare che si riferisce a spatium e non a lineas), B id antecedens subsesquialterum ut 3. FL OL2 V1 OL1 O l’om. superbipartiens II. B Cum etiam 12. B rebus conformes 16. F FR G L V2 B dixi omnia maxime 21. B om. successivis 24. B Deinde 25. A V2 a. c . (meno R RL) e B om. ad altenum lineae caput perpendicularem 33. A V3 FL OL2 inter se.
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p. 41 1-3. Lu V1 a. c . (salvo F FR) e B om. Est enim parallelus ... nonnhilil tetigimus, F id spatium ... attingimus, FR abtingimus 9. R RL His igitur 16. B adstant nec tamen esse caeteris minores sed semotiores apparent, quam rem.
p. 43 5. A V2 FL OL2 sequuntur 11-12. Lu V1 a. c. (meno OL1) B om. pictor quidem pictoribus 14. R RL iacerent 27.F FR G L V2 continuano senza interruzione dal lib. I al lib. II .
Liber II
p. 45 5. B quod ut 15. B venerantur 17, a. c. B potissimum coniuncti 24. V3 a. c . gratissimam, B gravissimam.
p. 47 3. a. c. B putabitur 9. R RL om. deo (dis agg. in marg. R), FR tum se paene diis, G tum se pene simillimos diis, F V2 tum se pene simillimos esse, L tum se pene (spazio) esse 20. R RL O W om. pictor (agg. in marg. R), F FR G L V2 B pictor dopo numero 31. A V2 FL OL2 Lu V1 fuisset (lezione forse dovuta al fuisse che precede, oppure all'influsso del volgare) 35. A V2 FL OL2 Lu V11 novisse 36. A Lu V1 existant.
p. 49 5. B commendatum 8. R RL quidam 11. F G L hasdepium, V2 has .. na (sic), FR lascia lo spazio per il nome 21. B om. a scriptoribus' 26. A FL homines in urbe nobilissimi, O L2 homo in urbe nobilissimi 28. B proconsul.
p. 51 18. O B in tanta laude pictura 22. B praestantis 29. F FR G L V2 centauros 30. A FL barbaras, F FR G L V2 OL2 larvatas: R jaciet effigies, RL faciet effigiet, A FL v1 efficiat, Lu V1 efficiet.
p. 53 3. B colueris 4. R RL effeceris 5. A FL OL2 Lu om. res: A FL sint 8. F FR G L V2B impendant 13. R RL om. fuisse 31. B omnes ferme differentias 32. A OL2 Lu V1 perceptio, FL preceptio.
p. 55 6. R RL B Nam et 7. B notatio est (est agg. dopo nihil in R) 14. a. c . B ergo 18. B tinctum: FL crassioribus 19. R paralelos proportione quadros, F FR G L V2 proportiones quadris, O l’W OL1 B quadris, OL2 quadratas, FL om. quadras, RL om. in parallelas portiones quadras 27. B non de se perpetuo: B picta ab aliis res, F FR G L depictae, V2 om. Hinc est ... servent 30. A V3 FL OL2 Lu V1 om. visa.
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p. 57 2. R l’FR G V2collocabis 4. B turgidam 12. A V2 FL OL2 om. exposcimus 18. R FR V2 prosequantur 19. Lu V1 V3 F O R RL B perfectam, W l’perspectam, G V2 praesectam 31. A FL OL2 Lu V1 RL inexpertis in pictoribus 22. FL B qui non 24.B eam rei 34. A V2 FL OL2 aliud 35. B quod quidem
p. 59 g. O FR G metiamur: B superficiebus circumscribendis 10. FR G V2 R RL erudimentis 24. R RL ipsis 29-30. B om. Nam diametri a diametro ... locum possidet, R RL O T OL1 Nam diametris ... possident 32. B a solo medium conscribo.
p. 61 6. Codd. (meno FL V3) e B quae 7. A V2 FL Lu angulares lineas circumscribere 11. B quadrangulo aequilatero rectorum 22.A V3 FL precisionibus, Lu V1 OV percisionibus: Lu V1 noto, B O notato 23.A V3 FL OL3 Lu V1R RL om. hos 24. B umbram lampadis 26. B ratione lumen exciperet et suo loco 28. A V3 FL OL2 Lu V1 conscribantur 33. FL B historia est 36. B historia ex qua ultimum.
p. 63 11. A V3 Lu V1R RL amodo, B admodum, FL om. modo, F FR G L nulla modo mihi alia via visa est certior, V2 nulla modo alia mihi via visa est certior 15. A V3 OV Lu V1 quem, a. c. (meno FL), quo 28. B om. membrorum: B om. sane 30. B subtercolare 33. B om. video.
p. 65 9. R RL verum tamen II, FR B metiamur 27. B apud Romanos 28. B asportatut et qui subsunt angi 30. B appareat scilicet omnia 35. B redderet.
p. 67 1. R proprio vacet, O prorsus vacet, V2

priore vacet: F FR G L V2 ita ut, B adeo ut 13. R rugosa, lacerti pilosi, crura (sopra cancellatura) 14. RL T B levia: R RL redderemus 18. A V3 convenientiam 25. B tenenda sunt diximus satis. Nam rei pro 26. B Et Venerem.

p. 69 18-19. B in omni rerum varietate animus et copia 26. a. c . B tunc: FL pictores: A FL OV assequantur 35. B dignitatem varietas gratiam affert.
p. 71 8. B est ea tamen, A FL OL2 V1 tum 10. a.c. B sunt 14. F FR liceat 20. B aderat. Et Homerus eu m naufragum Ulixem e somno excitant ex sylva ad muliercularum vocem progredi nudum faceret homini ex frondibus arboris ramum obscenarum partium corporis tegumentum dedisse legitur. Periclem 20. B oblongum et deformem habuisse caput 31. B aderunt quieti homines.
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p. 73 r. Codd. e B labentia s. B acerrimae 8. B Paridis vultus 10-11. F FR G L V3 Est et Demon quoque pictor (F FR pictura) celeberrimus quem natura esse iracundum 11. B eius tabulis 15. B prope r7. B assequimur 21. R RL siquis, F FR G L V1 Tum nemo hoc: A FL OL2 Lu V1 om. qui 22. A Lu V1 effingere 24. V1 a. c. om. labore 25. R RL O l’mentem, B mentam.
p. 75 6. F FR cum iam in, L cum ea vero sit in, V2 cum eam vero ut in 30. R vertitur, a. c. e B vergitur.
p. 77 5. A V3 FL OL2 Lu ponderosiori 7. R quidem capiti 10. B quibus 12. B protrahat: B respondeat FR G L V2 super constituamus 15. B Intellexi et stantis 20. F FR G L V2 super constituamus 28. B elevetur 34. A V2 Lu V1 OL2 uno sub aspectu prospiciantur, FL uno sub aspectu conspiciantur.
p. 79 5. FL V2 B sit, FR sunt 6. B simplici aetate 7. F FR G L V2 B et dulcem quietem, O l’OL1 et dulcem et quietem, A V3 FL OL2 Lu V1 dulcem et quietum (seguo W) 12-14. F FR G L ut non modo ambobus pedibus corpus sustineatur sed et manibus aliquo inhereat (F inhereant), V2 ut non modo ambobus pedibus sustineant sed et manibus aliquo modo hereant 15. A FL Lu in maxima animi perturbatione, V1 in maximi animi perturbatione 25. A FL Lu diximus (ma tutto il discorso è al singolare) 33. B om. partim inferius tracti, partim emineant.
p. 81 1. F FR G L V2 V3 B nulla, O OL1 W R RL nullis: FR intentio, F G L V2intensio 4. F FR G L V2 R RL Lu V1exhibentes 13. l’ B impulsione 12-13. l’om. ne ulli ... nimium refracti 13. R RL refracti porrective sint 15. R RL om. et rerum inanimatarum 31. FR B putabat, FL putant.
p. 83 5. Codd. om. appareat (che tolgo da B) 22. O quonam 23. B nullo corpore 23-24. A V3 om. lumine illustretur, in quo eodem contrarias superficies 27. V3 FL B sunt.
p. 85 28. O B splendidissimasque 31. B om. Quam, FL Quare, F FR G L V2 Quam ob rem: F FR ipse quidem vellem, G L ipse iccirco vellem, V1 ipse ideo vellem.
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p. 87 8. B eo obstruenda est magis 12. Codd. referantur 13. O B rubra 14. R saluti et valde contriti 20. F FR G ut huc usque, L V2 ut huic usque, R huc agg. in marg. 22. R RL spectare 23. B om. iuxta 24. B ut si ... choros 27. B certae 33. B quiddam.
p. 89 7. B vehebatur omniaque, F FR V2 denique omnia 15. A FL fiant 22. F FR G L V2 om. Diximus de compositione superficierum, B om. superficierum 24. A FL Lu V1 om. a nobis.


Liber III
p. 91 2. F FR G L V2 OL1 RL l’V2 B supersunt 9. O B om. vel, RR om. vel magis 17. O B comprobandam L2I. B et lucra
p. 93 10. a. c . geometriam artem, B geometriam (i. e . om. artem) 14. A V2 FL Lu V1 construendam 30. O l’puella, FR puellas, RL pilla
p. 95 2. Codd. e B Egle (lascio stare l’errore, che corrisponde pure al volgare) 25. B subinde.
p. 97 10. B nimis grata 14. R RL FR V2 om. percipiendam 15. G FR V2 om. atque exprimendam 21-22. F FR G L V1 assiduitate quis assequi non possit, fit (sit) studium, R RL O l’Lu V1 B quam non studio et assiduitate possis perficere 23. FL Dum sit 24. Lu V1 a. c . (meno F) B multorum 25. R RL concedunt.
p. 99 28. A V2 om. monilibus, V1 operibus 31. B Camalidem, F FR G L V2Damidem 32. A V2 FL Lu V1 om. ita.
p. 101 I. R RL O l’OL1 representarent 5. F FR G L V2 tibi admirandam 18. B reperies 19. B sive ... sive 27. A proniores 35. F FR G L V2 R RL baculo.
p. 103 I. A FL V2 manus: A admovent, V2 admoveant 8. a. c. B vix ulli 22. B in eaque re 23. OL1 B cuiusque 26. R RL B excercitio, F FR G L V2 exercitio recolendas 28. B debet.
p. 105 3. A V8 FL Lu V1 adhibeamus 6.A V3 FL ut dum plura 7. A V2 om. opera: A V3 FL haec ... haec incoata atque imperfecta 15. F FR G L V1 derelinquere, FL derelinquunt, l’Lu deferunt, R om. deserunt 28. B est ingenii non diligentis 31. A V3 FL Lu V1 accipiendi: B sic enim pictoris opus, F FR Pictoris enim motus 'multitudini gratos fore volunt, G L V1 Pictores enim motus multitudini gratos ferre volunt 35. O B dicere.
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p. 107 5. O B ut 13. B expecto 14.A V3 FL Lu V1 om. ut 17. A FL Lu V1 Si quid est laudis 19. FL om. laudi essse 20. F FR G L V2 Fortassis aliqui aderunt 22. F FR Quos si qui sunt, G L V2 Quos ergo si qui sunt 26. FL fuimus 27. G V2 mandaremus, O R RL FL mandarimus, B mandare studuerimus 33. F FR G L V2 ingenio nobis prestantiores.


Note

  1. Il testo di questa aggiunta e il disegno sono riprodotti nel mio articolo, The text of Alberti’s «De Pictura», in «Italian Studies», vol. XXIII, 1968, p. 92 e Fig. 1.
  2. Questo codice è stato discusso dal Miche! nel suo art. cit. più avanti (p. 304 n.) in termini che ci lasciano alquanto perplessi: egli lo vorrebbe della metà del ’400 e della scuola di Felice Feliciano. Non indica la collocazione del manoscritto, ma pare evidente dai passi che cita (pp. 86, Bg dell’art.) che si tratta del cod. CCLXXIII.
  3. Cfr. Opuscoli inediti di L.B.A.: Musca, Vita S. Potiti, a cura di C. Grayson, Firenze, I954, pp. 7-8.
  4. Cfr. De Ricci and Wilson, Census of Medieval and Renaissance mss in the U.S. and Canada, New York, 1935·40, vol. II, p. 1918. Erronea ivi la congettura che il cod. sia autografo dell’Alberti (vedi più avanti a p. 326).
  5. Su questo cod. vedi il mio art. «L . B . Alberti’s costruzione legittima», in «Italian Studies», vol. XIX, 1964, pp. 22 -27.
  6. Per la bibliografia delle numerose traduzioni in lingue volgari del testo latino si può consultare P. H. Michel, La pensée de L. B. A., Parigi, 1930, pp.:23-24 . La nostra edizione cit. al n. 3 presenta lo stesso testo del De pictura (latino) che si pubblica in questo volume, con traduzione inglese a fronte.
  7. Vedi C. Grayson, Studi su L. B. A., in «Rinascimento», VI, 1953, pp. 54-62; R. Watkins, Note on the Parisian ms of L. B. A.’s vernacular «Della Pittura», in «Rinascimento», VI, 1955, pp. 369-72; P. H. Michel, Le traité «De la Peinture» de L. B. A.: version latine et version vulgaire, in «Revue des études italiennes», 1962, pp. 80-91; C. Grayson, The Text of Alberti’s De pictura cit. sopra.
  8. Vita di L. B. A., 2° ed., Firenze, 1911, p. 388.
  9. Non basta il nome di Masaccio nella dedica al Brunelleschi per persuaderei di riportare la composizione dell’opera ad una data di molto anteriore, come hanno voluto alcuni, cioè ad un soggiorno dell’A. a Firenze nel 1428. La nota nel cod. Marciano esclude tale possibilità. Comunque, quella dedica si riferisce senza dubbio ai primi incontri con l’ambiente artistico fiorentino intorno al 1428, o a Firenze o a Roma; ma non è detto che l’incontro e la composizione dell’opera avvenissero contemporaneamente. Anzi direi che la dedica va letta come richiamo di anni già passati (le amicizie sono ormai vecchie) quando Masaccio era ancora vivo, e quando l’A. stesso faceva le sue prime esperienze di pittore e di ricercatore di arte antica. Compose poi nel 1435 il De pictura durante il suo soggiorno fiorentino (dal 1434), e dedicandolo al Brunelleschi ricordò vivamente quella rinascenza artistica e quelle figure di artisti di alcuni anni prima che su di lui avevano esercitato una forte influenza. A quella distanza di tempo e in quel ricordo, era proprio necessario richiamare un doloroso fatto a tutti noto, la morte di Masaccio? Mentre correggo le bozze di questa edizione, leggo il più recente contributo alla vecchia questione della precedenza dell’una o dell’altra redazione, di Maria Picchio Simonelli, On Alberti’s Treatises on Art and their Chronological Relationship, nella nuova rivista «Italian Studies Annual» della Università di Toronto, I, 1971 (ma uscito nel 1972), pp. 75-102; in cui si sostiene, senza però apportare nuovi elementi sostanziali convincenti, la tesi contraria alla mia, cioè che l’Alberti scrisse prima la redazione volgare . Ai singoli argomenti conviene rispondere in altra sede. Aggiungo soltanto qui che non mi trovo neppure d’accordo con la Simonelli intorno alla datazione del De statua, per cui vedi l’Introduzione alla mia ed. di questo testo, cit. sopra, p. 304.
  10. In Opuscoli morali di L. B. A., Venezia, 1568.
  11. On Painting by L. B . Alberti, translated from the Italian with an introduction and notes by John R. Spencer, Londra, 1956. (ed. riveduta, New Haven, 1966).
  12. P. H . Michel, art. cit.; C. Grayson, art, cit,
  13. Questo errore di trascrizione in P fu già rilevato. da R. Watkins, art. cit.
  14. Di riduzione del testo si può parlare piuttosto nel caso di V, in cui intere pagine sono riassunte in poche righe (per un esempio vedi il mio art. cit. in «Ital. studies», XXIII, p. 74 n. g) non sempre intelligibili.
  15. Nei passi citati riproduco fedelmente la lezione dei codd., senza correggere evidenti errori o fare integrazioni ovvie.
  16. Art. cit. sopra, p. 303 n., tn t Italian Studies $, XIX., Per l’interpretazione della ‘costruzione’, vedi S. Y . Edgerton, in «Art Bulletin», XLVIII, 1966, pp. 367 sgg., e i vari contributi più recenti di A. Parronchi sulla rivista «Rinascimento», vedi vol. VIII, 1968, pp. 351.56. Cfr. anche l’ed. cit. sopra a p. 304, n. 3, pp. 7 -29.
  17. Vedi l’apparato, pp. 21, 2-3; 59, 29-30; 71, 30; 79, 33.
  18. Cfr. il caso dei Profug. ab aerumna libri, nel vol. II, p. 429, della presente edizione.