Opere matematiche di Luigi Cremona/Considerazioni di storia della geometria in occasione di un libro di geometria elementare publicato a Firenze

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Considerazioni di storia della geometria in occasione di un libro di geometria elementare publicato a Firenze

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Considerazioni di storia della geometria in occasione di un libro di geometria elementare publicato a Firenze
Intorno ad una proprietà delle superficie curve, che comprende in sè come caso particolare il teorema di Dupin sulle tangenti coniugate Intorno ad un’operetta di Giovanni Ceva matematico milanese del secolo XVII

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22.

CONSIDERAZIONI DI STORIA DELLA GEOMETRIA

IN OCCASIONE DI UN LIBRO DI GEOMETRIA ELEMENTARE PUBLICATO A FIRENZE.



Il Politecnico, volume IX (1860), pp. 286-323.



1. Il signor Lemonnier, già benemerito dell’Italia per averle dato bellissime edizioni delle migliori opere letterarie, merita ora la nostra riconoscenza anche per la publicazione di ottimi trattati di matematiche elementari. Nell’agosto 1856 usciva alla luce il Trattato d’Aritmetica di Giuseppe Bertrand, tradotto in italiano dal professore Giovanni Novi; scorsi appena due mesi tennero dietro il Trattato d’Algebra Elementare dello stesso Bertrand, tradotto dal professore Enrico Betti, e il Trattato di Trigonometria di Alfredo Serret, tradotto dal professore Antonio Ferrucci. Un anno dopo si publicavano dallo stesso editore gli Elementi d’Aritmetica, scritti dal professor Novi, perchè servissero d’avviamento al Trattato del Bertrand. Ora da quattro mesi è uscito il Trattato di Geometria Elementare di A. Amiot1, tradotto dallo stesso professor Novi, e ci viene anche promesso un trattato d’algebra superiore, opera originale del professor Betti, già noto per sue profonde ricerche in questa materia2.

Il merito di queste interessanti publicazioni non può esser ritratto in brevi parole, nè può appieno sentirsi se non da chi le abbia avute in mano, e con diligenza studiate. Non solo sono state scelte le migliori opere originali fra le recentissime, ma [p. 177 modifica]anche furono arricchite ed ampliate con preziose note ed aggiunte, che ne accrescono singolarmente il pregio. Così, per le utili fatiche de’ chiari uomini nominati, noi possediamo attualmente ottimi trattati d’aritmetica, d’algebra, di trigonometria e di geometria. Facciamo voti che sì eccellenti principj siano seguiti da cose maggiori.

2. Non è mia intenzione occuparmi qui di tutte le opere sopra indicate, ma di quella sola che più recentemente è uscita alla luce; voglio dire del trattato di geometria. L’opera originale porta per titolo: Leçons nouvelles de géométrie élémentaire par M. A. Amiot; di questa ho sott’occhi la prima edizione (Paris 1850); ma la traduzione sembra fatta sopra un’edizione più recente, il che deduco da qualche lieve aumento che trovo nel testo della traduzione, senza che il traduttore lo aggiudichi a sè. Del concetto di quest’opera è a lungo e con molta dottrina discorso nella prefazione, con cui il professore Novi ha incominciato il suo lavoro. Tale concetto è quello di assimilare, per quanto è possibile, le recenti teorie geometriche, sorte col progresso della scienza, alle dottrine che costituirono fin qui gli antichi Elementi. La geometria elementare da Euclide e da Archimede in poi era rimasta pressochè stazionaria sino al nostro secolo: i geometri che succedettero a que’ due ampliarono piuttosto la dottrina delle sezioni coniche ed altre parti della scienza, meno elementari. Soltanto nel secolo presente, e sopratutto per opera di Carnot3, Poncelet4, Gergonne5, Steiner6, Chasles7, Möbius8, ecc., fu dato uno straordinario impulso alla geometria, [p. 178 modifica]e si crearono tante nuove teorie, che mutarono faccia alla scienza, sì nelle regioni elevate che nelle più elementari. Molte fra le nuove dottrine sono, come giustamente osserva il professor Novi (prefazione, pag. VI), più facili di certe parti della geometria solida, ben inteso purchè vengano convenientemente limitate nella loro estensione; è quindi giusto e ragionevole farle entrare nell’insegnamento elementare. Inoltre si stabilirono nuovi principj (come quello de’ segni) pe’ quali non solo le recenti, ma anche le antiche teorie divengono suscettibili d’una esposizione più semplice e più generale. Di qui l’assoluta necessità di trasformare i vecchi libri destinati all’istituzione della gioventù per render questa partecipe anche degli straordinari progressi dovuti al nostro secolo. La convinzione di siffatto bisogno ha appunto guidato l’Amiot nella compilazione delle sue Leçons nouvelles de géométrie; e la stessa convinzione, anche più sentita, condusse il professor Novi a tradurre quest’opera, ampliandola considerevolmente in quelle parti che concernono le moderne dottrine.

Gli aumenti dovuti al traduttore consistono sopratutto in dieci note aggiunte, destinate quasi esclusivamente allo sviluppo delle teorie recenti soltanto abbozzate nel testo. Ma anche in questo occorrono spessissimo brevi note, poste dal traduttore, allo scopo di indicare nuove conseguenze de’ teoremi esposti dall’autore, o più semplici dimostrazioni, o maniere più generali di considerare certi argomenti.

Il volume è di 514 pagine; 196 spettano alla geometria piana; 186 alla solida; 132 alle dieci note aggiunte in fine dell’opera dal traduttore.

3. La geometria piana è divisa in quattro libri. Il primo di questi è intitolato: la linea retta e la linea spezzata, e si compone di sei capitoli che trattano ordinatamente delle seguenti materie: Della comune misura di due linee e del loro rapporto. — Angoli. — Della perpendicolare e delle oblique. — Delle rette parallele. — Triangoli. — Poligoni.

Da questa enumerazione ciascuno scorge che l’autore, benchè meriti molta lode pel modo con cui ha in generale ordinato le materie nel suo libro, pure per quanto concerne la prima parte di esso, appartiene a quella schiera di trattatisti a cui dirigonsi le seguenti parole del Montucla9:

“C’est sur-tout à ses Elemens qu’Euclide doit la célébrité de son nom. Il ramassa dans cet ouvrage, le meilleur encore de tous ceux de ce genre, les vérités élémentaires de la géométrie, découvertes avant lui. Il y mit cet enchaînement si admiré par les amateurs de la rigueur géométrique, et qui est tel, qu’il n’y a aucune proposition qui n’ait des rapports nécéssaires avec celles qui la précèdent ou qui la suivent. En vain divers géomètres, à qui l’arrangement d’Euclide a déplu, ont tâché de le réformer, sans porter atteinte à la force des démonstrations; leurs effortes impuissans ont fait [p. 179 modifica]voir combien il est difficile de substituer à la chaîne formée par l’ancien géomètre, une chaîne aussi ferme et aussi solide. Tel étoit le sentiment de l’illustre Leibniz, dont l’autorité doit être d’un grand poids en ces matières; et Wolf, qui nous l’apprend, convient d’avoir tenté inutilment d’arranger les vérités géometriques dans un ordre différent, sans supposer des choses qui n’étoient point encore démontrées, ou sans se relâcher beaucoup sur la solidité de la démonstration. Les géomètres anglais, qui semblent avoir le mieux conservé le goût de la rigoureuse géométrie, on toujours pensé ainsi; et Euclide a trouvé chez eux de zélés défenseurs dans divers géomètres habiles. L’Angleterre voit moins éclore des ces ouvrages, qui ne facilitent la science qu’en l’énervant; Euclide y est presque le seul auteur élémentaire connu, et l’on n’y manque pas de géomètres.

“Le reproche de désordre fait a Euclide, m’oblige à quelques réflexions sur l’ordre prétendu qu’affectent nos auteurs modernes d’Elémens, et sur les inconvéniens qui en sont la suite. Peut-on regarder comme un veritable ordre, celui qui oblige à violer la condition la plus essentielle à un raisonnement géométrique, je veux dire, cette rigueur de démonstration, seule capable de forcer un esprit disposé a ne se rendre qu’à l’évidence métaphysique? Or, rien n’est plus commun chez les auteurs dont on parle, que ces atteintes portées à la rigueur géométrique. Mais il leur falloit nécessairement se relâcher jusqu’à ce point, ou commencer à traiter d’un certain genre d’étendue, avant que d’avoir épuisé ce qu’il y avoit à dire d’un autre plus simple, et ils ont mieux aimé ne démontrer qu’à demi, c’est-à-dire, ne point démontrer du tout, que de blesser un prétendu ordre dont ils étoient épris.

“Il y a même, à mon avis, une sorte de puérilité dans cette affectation de ne point parler d’un genre de grandeur, des triangles, par exemple, avant que d’avoir traité au long des lignes et des angles: car pour peu que, s’astreignant à cet ordre, on veuille observer la rigueur géométrique, il faut faire les mêmes frais de démonstrations, que si l’on eût commencé par ce genre d’étendue plus composé, et d’ailleurs si simple, qu’il n’exige pas qu’on s’y élève par degrés. J’ose aller plus loin, et je ne crains point de dire que cet ordre affecté va a rétrécir l’esprit, et à l’accoutumer à une marche contraire à celle du génie des découvertes. C’est déduire laborieusement plusieurs vérités particulières, tandis qu’il n’étoit pas difficile d’embrasser tout d’un coup le tronc, dont elles ne sont que les branches. Que sont en effet la plupart de ces propositions sur les perpendiculaires et les obliques, qui remplissent plusieurs sections des ouvrages dont on parle, sinon autant de conséquences fort simples de la propriété du triangle isocèle? Il étoit bien plus lumineux, et même plus court, de commencer à démontrer cette propriété, et d’en deduire ensuite toutes ces autres propositions„.

Su quest’argomento meritano d’essere ponderate anche le obbiezioni mosse dal [p. 180 modifica]Dott. Baltzer10 contro i trattati di geometria elementare di Schlömilch e Snell, l’ultimo de’ quali fa un completo divorzio fra la planimetria rettilinea (com’ei la chiama) e la dottrina del cerchio, e giunge a dire: Die Einmischung der Kreislehre in die Planimetrie erscheint uns ganz überflüssig und verkehrt11.

È però giustizia osservare che l’Amiot fa sempre uso di dimostrazioni, contro le quali non si ponno elevare seri dubbi. Certo che esse non sarebbero tutte accettate dal cautissimo Euclide, il quale, a cagion d’esempio, non avrebbe parlato (testo, pag. 14) della bisettrice di un angolo senz’aver prima dimostrato che un angolo si può dividere per metà. Ammettendo tacitamente la possibilità della bisezione di un angolo, l’autore dà una dimostrazione assai semplice del teorema: “Se due triangoli hanno due lati rispettivamente eguali e gli angoli compresi fra questi lati diseguali, il lato opposto al maggiore de’ due angoli è maggiore di quello che è opposto all’altro angolo„ (pag. 24). Lo stesso può ripetersi per altre proposizioni. L’ordinamento di Euclide diviene necessario quando d’alcuna cosa non si voglia parlare senz’averne prima dimostrata la possibilità dell’esistenza: ragione che ha indotto molti a dargli la preferenza.

4. Rispetto alla teorica delle parallele è noto che Euclide l’ha fondata sopra una proposizione (postulato) ammessa senza dimostrazione; e si sa del pari che invece del postulato d’Euclide può assumersi come tale alcun’altra delle proposizioni di detta teorica, e quindi dimostrar tutte le altre. Molti autori si sono sforzati, ma inutilmente, di dimostrare tutte quelle proposizioni, senz’ammettere alcun postulato. Gergonne ha proposto di assumere come evidente la proposizione semplicissima:

Per un punto dato fuori di una retta data non può condursi che una sola retta parallela alla data, come quella che sembra più facile a concepirsi di qualunque altra.

Euclide però non poteva assumere tale postulato per ragioni dette di sopra. Il consiglio di Gergonne fu seguito dall’Amiot, non in questa, ma in altra sua opera elementare di geometria12. Nel libro di cui qui è discorso il postulato di Gergonne è dimostrato come teorema (pag. 16), dopo aver ammesso come evidente che “se due rette sono, l’una perpendicolare e l’altra obliqua sopra una terza retta, quelle due prolungate s’incontreranno„. Il traduttore nota essere codesto il famoso quinto postulato d’Euclide: il che non è del tutto esatto, perchè l’enunciato del quinto postulato è il seguente: [p. 181 modifica]

Se due rette essendo segate da una terza fanno con questa due angoli interni da una stessa parte la cui somma sia minore di due retti, da quella parte le due rette convergono13.

A pag. 30 leggiamo il teorema:

“Due poligoni della medesima specie sono eguali quando, ad eccezione di tre angoli consecutivi, le altre parti sono eguali e disposte nel medesimo ordine„.

Si avrebbe potuto dimostrare anche il teorema più generale in cui i tre angoli, invece che consecutivi, fossero disposti comunque; cioè:

“Due poligoni equilateri tra loro sono eguali quando hanno, ad eccezione di tre, tutti gli angoli omologhi, eguali„.

Questo teorema trovasi dimostrato nella geometria in lingua polacca di Nievenglowski14.

In una nota il traduttore pone una assai semplice dimostrazione di questa interessante proprietà:

“Un poligono di n lati è determinato generalmente da 2n — 3 condizioni„.

5. Il secondo libro intitolato: Della circonferenza del cerchio dividesi in otto capitoli, gli argomenti de’ quali sono: Diametro e corde. — Tangente. — Distanza di un punto da una circonferenza. Intersezione e contatto di due cerchi. — Misura degli angoli. — Problemi sulle perpendicolari, le parallele, gli angoli e gli archi. — Costruzione dei triangoli e de’ parallelogrammi. — Problemi sul cerchio. — Poligoni inscritti e circoscritti.

I problemi relativi alle materie trattate ne’ due primi libri, che da Euclide sono frammischiati, senz’ordine apparente, ai teoremi come lo richiedeva l’inflessibile rigore del suo metodo, sono stati dall’Amiot (sull’esempio di altri scrittori) riuniti in tre soli capitoli, che sono gli ultimi del secondo libro. L’ultimo problema ivi trattato è quello di descrivere un cerchio tangente ai tre lati di un triangolo. Le soluzioni di questo problema (com’è notissimo) sono quattro, cioè si hanno quattro cerchi tangenti ai lati di un dato triangolo, l’inscritto ed i tre exinscritti. Fra i raggi di questi cerchi, il raggio del cerchio circoscritto e le linee principali del triangolo (lati, mediane, bisettrici, altezze) ha luogo una grande moltitudine di relazioni elegantissime. Può consultarsi in proposito l’eccellente opera del Bretschneider (professore a Gotha)15 ove trovasi una ricca e giudiziosa raccolta di formule relative ai triangoli, quadrilateri, ecc. [p. 182 modifica]

Nell’ultimo capitolo, che tratta de’ poligoni regolari, troviamo dimostrate le belle proposizioni (pag. 63 e seg.):

“Divisa una circonferenza in n parti eguali, se uniamo i punti di divisione, a cominciare da uno di essi, di 2 in 2, di 3 in 3, ed in generale di h in h, si forma un poligono regolare di n lati, quando i numeri n ed h siano primi tra di loro„.

Il numero h costituisce la specie del poligono.

“Vi ha tanti poligoni regolari di n lati, quante unità vi sono nella metà del numero che esprime quanti numeri interi vi sono inferiori ad n e primi con esso„.

“La somma degli angoli interni, formati dai lati successivi di un poligono regolare di n lati, e uguale a 2 (n — 2h) retti„.

Questi teoremi sono i fondamentali nella teorica de’ poligoni stellati.

6. Gli antichi geometri, per quanto ci consta dalle loro opere rimasteci, non considerarono che poligoni (regolari o irregolari) convessi. Boezio nella sua Geometria dà il primo esempio, che ci sia noto, dell’iscrizione del pentagono regolare stellato nel cerchio. Campano16 autore d’una celebre traduzione d’Euclide, fatta sopra un testo arabo, una delle prime che siano comparse in Europa (13.º secolo) presenta il pentagono stellato come avente la proprietà d’avere la somma degli angoli eguale a due retti.

Al principio del secolo quattordicesimo, Tomaso Bradwardino (arcivescovo di Canterbury) creò una vera teoria de’ poligoni stellati, che egli denominò egredienti17 dando il nome di semplici ai poligoni convessi. Prolungando i lati di un poligono semplice, fino al loro incontro a due a due, si genera un poligono egrediente di primo ordine: il primo di tali poligono è il pentagono stellato. Analogamente dai poligoni egredienti di primo ordine si derivano quei di second’ordine, ecc.: la prima figura egrediente di second’ordine e l’ettagono. Bradwardino enuncia il principio generale che la prima figura di un ordine qualunque è formata dai prolungamenti dei lati della terza figura dell’ordine precedente. Egli arriva, per induzione, anche al teorema: la prima figura di ciascun ordine ha la somma de’ suoi angoli eguale a due retti, e nelle altre figure dello stesso ordine la somma degli angoli va aumentando di due retti passando da una figura alla successiva.

Daniele Barbaro nel suo trattato di prospettiva18 mostrò che i poligoni regolari danno luogo in due maniere ad altri poligoni simili a quelli. Una maniera è di prolungarne i lati fino al loro incontro a due a due; i punti d’incontro sono i vertici [p. 183 modifica]di un nuovo poligono simile al primo. L’altra maniera è di tirare tutte le diagonali da ciascun vertice al secondo o al terzo de’ successivi; esse formano colle loro intersezioni un secondo poligono simile al dato. Egli però non parla di poligoni egredienti.

Al sommo Kepler19 devesi la bella proprietà che una stessa equazione ha per radici le lunghezze dei lati delle diverse specie di poligoni regolari d’uno stesso numero di lati. La denominazione di stellati può dirsi venire da lui; poichè egli chiama tai poligoni stelle, ed i poligoni regolari ordinari radicali. Prima però di Kepler, un altro alemanno, Stifels aveva dedotto da una stessa equazione di secondo grado il lato e la diagonale del pentagono regolare20.

Ma la teoria de’ poligoni egredienti, fondata da Bradwardino, fu ampliata da Giovanni Broscio, geometra del secolo decimosettimo. Egli21 dimostrò completamente le leggi date per induzione dal suo predecessore, e mise in evidenza la bella proprietà: potersi formare poligoni egredienti di sette, nove, undici, tredici,... lati, in cui la somma degli angoli sia eguale a due retti come nel pentagono di Campano. Le figure di Bradwardino sono considerate da Broscio come poligoni ad angoli salienti e rientranti alternativamente, i cui lati non si segano. È singolare il seguente suo risultato22. Prendiamo, a cagion d’esempio, un ettagono regolare ordinario e dividiamone per metà tutt’i lati. Intorno a ciascuna retta congiungente due punti medi consecutivi, si faccia rotare il piccolo triangolo che questa retta stacca dall’ettagono, finchè questo triangolo cada nell’interno della figura. Si otterrà così un poligono di quattordici lati ad angoli salienti e rientranti alternativamente, il quale ha lo stesso perimetro dell’ettagono proposto. Ora intorno a ciascuna retta congiungente due vertici d’angoli rientranti successivi del poligono di quattordici lati si faccia rotare il piccolo triangolo da essa distaccato, finchè cada entro la figura; risulterà un nuovo poligono di quattordici lati ad angoli alternativamente salienti e rientranti, isoperimetro ai due precedenti. Questi tre poligoni, isoperimetri fra loro, hanno però aree diverse, poichè il secondo è compreso entro il primo, e il terzo entro il secondo. Le due figure così generate non sono altro che gli ettagoni di seconda e terza specie, nei quali siano state levate le porzioni interne dei lati. Tale è la singolare maniera con cui Broscio forma poligoni egredienti isoperimetri a quello da cui sono derivati.

Dopo Broscio queste belle proprietà caddero nell’obblio finchè risuscitolle al [p. 184 modifica]principio di questo secolo l’illustre Poinsot, o piuttosto creonne nuovamente la teoria, quale noi l’abbiamo attualmente23. Fra le altre egli dimostrò la proposizione che la somma degli angoli di un poligono stellato è eguale a 2(n — 2h) retti, ove n è il numero de’ lati, ed h indica la specie.

7. Il libro secondo termina con quarantasette quesiti proposti agli studiosi per esercizio (problemi da risolvere, teoremi da dimostrare) de’ quali gli ultimi tredici sono aggiunti dal traduttore. Fra tali quesiti notiamo i seguenti:

Quesito 3.º: è compreso nel teorema di Vitellione24: “Se da due punti dati si conducono due rette ad uno stesso punto di una retta o di una circonferenza, la loro somma sarà minima quando siano egualmente inclinate alla linea medesima„. Il problema d’inflettere da due punti dati ad una circonferenza due rette che riescano egualmente inclinate alla normale d’incidenza è dell’arabo Alhazen25.

Quesito 21.º: “Se si conducono da un punto qualunque della circonferenza circoscritta ad un triangolo le perpendicolari sui lati, i piedi di queste perpendicolari sono in linea retta„.

Questo teorema è dovuto a Servois, e fu generalizzato da Querret26 così:

“Se da un punto qualunque di una circonferenza concentrica a quella circoscritta ad un dato triangolo si calano le perpendicolari sui lati, l’area del triangolo che ha i vertici nei piedi delle perpendicolari è costante„.

L’analogo teorema relativo ad un poligono regolare è dato da Lhuilier27:

“Se da un punto qualunque di una circonferenza concentrica con un dato poligono regolare si calano le perpendicolari sui lati di questo, l’area del poligono che ha i vertici nei piedi delle perpendicolari è costante„.

Questi teoremi sono tutti compresi nel seguente, più generale, enunciato da Steiner28:

“Il luogo di un punto tale che conducendo da esso le perpendicolari sui lati di un poligono qualunque, l’area del risultante poligono inscritto, avente i vertici nei piedi delle perpendicolari, sia costante, è una circonferenza, il cui centro è il centro del sistema di forze parallele applicate ai vertici del poligono dato e proporzionali ai seni de’ doppi degli angoli del poligono medesimo„. [p. 185 modifica]

Quesito 23.º: “Costruire un triangolo equilatero i cui vertici siano sopra tre circonferenze concentriche„.

Questo problema è un caso del seguente trattato da Carnot29, Lamé30 e Bellavitis31:

“Costruire un triangolo simile ad un dato, e che abbia i vertici a date distanze da un punto dato„.

Quesito 25.º: “Costruire un triangolo eguale ad un triangolo dato, ed i cui lati passino per tre punti dati„.

Problema analogo al seguente risolto da Newton32:

“Costruire un triangolo che sia eguale a un dato ed abbia i vertici sopra tre rette date„.

Newton risolvè anche il seguente33, enunciato la prima volta da Wallis:

“Costruire un quadrilatero che sia simile a un dato ed abbia i vertici sopra quattro rette date„.

8. Il terzo libro che porta per titolo: Delle linee proporzionali è quello che contiene un breve saggio delle moderne teorie. I cinque capitoli di cui esso si compone trattano de’ seguenti oggetti: Trasversali nel triangolo. — Trasversali nel cerchio. — Divisione armonica delle linee rette. — Asse radicale di due cerchi. Rapporto armonico. Involuzione.Similitudine.Problemi sulle linee proporzionali.

Le note aggiunte dal traduttore, ad eccezione delle prime due, sono destinate a dare nozioni più estese delle dottrine troppo brevemente accennate dall’autore nel terzo libro. Queste note hanno per titoli ordinatamente: Metodo delle proiezioni. — Rapporto anarmonico. — Involuzione. — Divisione omografica. — Centro di gravità. Centri delle medie armoniche. — Poli e polari. Piani Polari. — Metodo delle polari reciproche. — Sezioni coniche.

A pag. 95, cioè a meta del terzo libro, l’autore comincia a far uso del principio dei segni; il quale, applicato ai segmenti di una retta, consiste nell’assumere come positivi i segmenti misurati in un certo senso, e come negativi quelli misurati nel senso contrario. Nel far uso di questo principio, l’ordine delle lettere che indicano un segmento cessa d’essere indifferente; per es. AB indica un segmento la cui origine [p. 186 modifica]è A; BA un segmento la cui origine è B. E si ha: AB = — BA ossia AB + BA = 0. Se tre punti A, B, C sono in linea retta si ha: AB + BC = AC = — CA, ossia AB + BC + CA = 0; ecc.

Il signor Chasles ha fatto uso de’ segni + e — per rappresentare la direzione de’ segmenti nella sua classica opera — Traité de Géométrie Supérieure. — Ma il primo a introdurre questo principio nella geometria è stato il signor Möbius (professore a Lipsia), il quale sino dal 1827 nel suo celebre Calcolo Baricentrico lo applicò non solo ai segmenti rettilinei, ma anche agli angoli, alle superficie ed ai corpi34, definendo chiaramente per ciascuna di queste estensioni che cosa si debba intendere per senso positivo e che per senso negativo. L’illustre geometra sassone ha poi sempre continuato a far uso dello stesso principio in tutt’i suoi scritti posteriori di geometria e di meccanica, mettendone in evidenza la grandissima utilità. Egli ebbe la fortuna di trovare numerosi e valenti seguaci in Germania35 ove l’uso di quel principio, preso in tutta la sua generalità, è divenuto universale36. [p. 187 modifica]

Non so intendere perchè l’autore non incominci prima, cioè a pag. 78, teor. 7.º a fare uso de’ segni + o —. Applicando il principio de’ segni, il teorema 7.º (di Menelao Alessandrino) si enuncia così:

“Se i lati BC, CA, AB di un triangolo ABC sono segati da una trasversale qualunque ne’ punti a, b, c, si ha la relazione:

aB . bC . cA = + aC . bA . cB„,


e il 10.º (di Ceva37):

“Le rette condotte da uno stesso punto ai tre vertici A, B, C di un triangolo ABC incontrano i lati rispettivamente opposti in tre punti a, b, c, tali che si ha la relazione:

aB . bC . cA = — aC . bA . cB„.


Veggasi la Géométrie Supérieure dello Chasles a pag. 259 e 263.

L’importanza d’aver riguardo al segno del secondo membro è evidentissima specialmente nelle proposizioni reciproche delle due succitate, che sono i teoremi 9.º e 11.º del testo. Infatti questi, quali vi sono enunciati, non essendosi fatto uso del principio de’ segni, hanno la stessa ipotesi con diverse conclusioni.

Benchè i teoremi 7.º e 10.º che sono i fondamentali nella teorica delle trasversali non appartengano a geometri recenti, pure questa teorica è essenzialmente moderna. Creolla il celebre Carnot38 e l’ampliò moltissimo Poncelet39 mostrandone le numerose [p. 188 modifica]applicazioni. Se ne è occupato anche Plücker40 e gli sono dovute parecchie eleganti proposizioni.

9. La proporzione armonica (harmonica medietas) e le sue proprietà erano note anche agli antichi41. Iamblico, filosofo pitagorico del quarto secolo (dopo Cristo) racconta che essa era in uso presso i Babilonesi, e che Pitagora l’importò in Grecia42. Suo prime nome era ὑποναντία; ecco la ragione di tale denominazione. Siano a, b, c tre grandezze in ordine decrescente; se esse formano una proporzione continua aritmetica si ha ; se la proporzione è armonica si ha l’opposto, cioè ; nella proporzione geometrica si ha .

Archita (quinto secolo a. C.) diede a questa proporzione il nome di armonica a cagione del suo uso nella musica; Iamblico la chiama proporzione musicale. Il primo scrittore presso cui se ne trovi la teoria è Nicomaco (tempi di Tiberio) nativo di Gerasa (Arabia)43.

Lahire44 chiama armonicali quattro rette uscenti da uno stesso punto e tali che una trasversale qualunque sia da esse divisa armonicamente. Al sistema di tali quattro rette Brianchon45 diede il norne di fascio armonico. La denominazione di media armonica è di Maclaurin46 e quella di centro delle medie armoniche è di Poncelet47. I nomi di polo e polare sono rispettivamente dovuti a Servois48 ed a Gergonne49; quello di quadrilatero completo a Carnot50. Quest’ultima denominazione venne generalizzata da Steiner51, introducendo quelle di poligono completo (vollständiges Vieleck), di multilatero completo (vollständiges Vielseit) ed altre richieste dagli ulteriori progressi della scienza. Invece dei nomi polo e polare Steiner adopera quelli di polo armonico e retta armonica o semplicemente armonica52. [p. 189 modifica]

Il teorema: “Se pel punto comune a due tangenti di una sezione conica si conduce una trasversale qualunque, essa è divisa armonicamente dalla curva e dalla corda di contatto„ — teorema fondamentale in questa teoria de’ poli e delle polari e che include in sè il teor. 6.º (pag. 92) del testo — è dovuto ad Apollonio, uno dei più grandi geometri dell’antichita (anni 245 a. C.)53.

Il teorema: “Se un fascio di quattro rette divide armonicamente una data trasversale, dividerà armonicamente anche un’altra trasversale qualunque„ trovasi in Pappo54.

A pag. 91 leggiamo che “in un quadrilatero completo ciascuna diagonale è divisa armonicamente dalle altre due„, proposizione che sotto altro enunciato è dimostrata da Pappo55.

Anche il teorema 5.º (pag. 91): “il luogo di un punto tale che il rapporto delle sue distanze da due punti fissi sia costante è una circonferenza, ecc.„ trovasi in Pappo che lo enuncia come uno di quelli che entravano nel secondo libro de locis planis opera perduta d’Apollonio. La stessa proposizione è dimostrata anche da Eutocio (sesto secolo d. C.) al principio del suo commentario56 sui Conici di Apollonio medesimo.

I teoremi 7.º ed 8.º (pag. 93-4) estesi alle coniche sono dovuti a Lahire57.

Nella teoria degli assi radicali (testo pag. 95) la denominazione di potenza per denotare il prodotto de’ due segmenti determinati da una circonferenza su di una trasversale tirata da un punto dato è dovuta a Steiner58; al medesimo geometra sono dovuti anche i vocaboli: linea d’egual potenza, punto d’egual potenza. I nomi: asse radicale, centro radicale sono di Gaultier da Tours59. In luogo di queste denominazioni Plücker si serve delle seguenti: cordale e punto cordale60. Quando due cerchi non si segano, il loro asse radicale vien chiamato da Poncelet corda ideale comune ai due cerchi61.

La proprietà che gli assi radicali di tre cerchi, presi a due a due, concorrono in uno stesso punto (centro radicale) è dovuta a Monge. Da cui il professore Flauti (a [p. 190 modifica]Napoli) dedusse il teorema, che se per un punto dell’asse radicale di due cerchi si tirano due corde, una per ciascun cerchio, i quattro punti d’intersezione sono in una stessa circonferenza62.

Un gran numero di teoremi relativi agli assi radicali ed ai centri radicali sono dovuti ai citati geometri Gaultier, Plücker e Steiner.

La denominazione di rapporto anarmonico (testo pag. 100) è stata proposta da Chasles63 e adottata in Francia e in Inghilterra. Invece i geometri alemanni fanno uso della voce: doppio-rapporto (Doppelverhältniss) introdotta da Möbius e Steiner. Questo doppio-rapporto, senz’avere una speciale appellazione, era stato considerato anche dai geometri greci. In Pappo64 troviamo dimostrato un teorema che in sostanza equivale al 7.º del testo (pag. 103), cioè:

“Un fascio di quattro rette date è segato da qualsivoglia trasversale in quattro punti il cui doppio-rapporto è costante„.

Pappo dimostra65 anche il teorema reciproco che il traduttore aggiunge in una nota in fondo a pag. 104-5. Siccome queste proposizioni trovansi tra i lemmi di Pappo relativi ai porismi d’Euclide, così Chasles pensa ragionevolmente66 che siano state note a questo geometra e ch’egli ne abbia fatto uso nel suo trattato de’ porismi.

10. Nella nota IV il traduttore dà un eccellente saggio delle proprietà projettive sviluppate nella Géométrie supérieure, per figure poste sì in un piano che su di una sfera. Tra le molte ch’egli poteva scegliere ha dato la preferenza a quelle di primissima importanza. Le teoriche svolte in questa nota sono illustrate con alcuni esempi celebri nella storia della scienza. Primo è il teorema:

“Se due triangoli hanno i loro vertici a due a due sopra tre rette concorrenti in uno stesso punto, i loro lati si segheranno a due a due in tre punti posti in linea retta. E reciprocamente, ecc.„.

Il quale teorema è di Desargues67 celebre geometra francese contemporaneo di Cartesio, Pascal, Fermat, ecc.

Il secondo esempio è:

“I lati opposti di un esagono inscritto in una sezione conica s’intersecano in tre punti posti in linea retta„. [p. 191 modifica]

Questo mirabile teorema (hexagramma mysticum) nel caso che la sezione conica riducasi ad una coppia di rette si trova in Pappo68, ma preso in tutta la sua generalità appartiene a Biagio Pascal69 il noto autore delle Provinciali.

Il teorema di Pascal ha dato origine ad altre belle proposizioni di Steiner70, di Kirkmann71, di Möbius72, di Hesse73, ecc.

Il citato teorema di Desargues serve di base alla teoria delle figure chiamate omologiche da Poncelet74. Diconsi omologiche due figure le cui parti si corrispondono in modo che i punti omologhi siano sopra rette concorrenti in uno stesso punto (centro d’omologia) e le rette omologhe s’incontrino in punti di una stessa retta (asse d’omologia). Invece delle denominazioni: asse d’omologia, centra d’omologia introdotte da Poncelet e usate dai geometri francesi, Magnus (matematico di Berlino) propose dapprima le seguenti: asse di collineazione, centro di collineazione75, e più tardi queste altre: asse di situazione, centro di situazione76.

Le figure omologiche (meno il nome) erano già state considerate da Lahire77. Anzi è da osservarsi che se di una data figura piana si fa la prospettiva, indi il piano della figura si fa rotare intorno alla linea di terra fino a che venga a coincidere col piano del quadro, si ottengono in questo due figure, la data e la prospettiva, che sono appunto omologiche. Il punto ove viene a cadere il punto di vista è il centro d’omologia, e la linea di terra è l’asse d’omologia. Per cui possiamo dire che le figure omologiche non sono altro che le figure date dalla prospettiva.

La nota V aggiunta dal traduttore tratta dell’involuzione. La proprietà che diede origine a questa teoria — “Se una trasversale sega una conica (in due punti) e i lati di un quadrilatero inscritto, il prodotto dei segmenti compresi sulla trasversale fra un punto della conica e due lati opposti del quadrilatero sta al prodotto dei segmenti [p. 192 modifica]compresi fra lo stesso punto della conica e gli altri due lati opposti in un rapporto eguale a quello dei segmenti similmente fatti col secondo punto della conica„ — è dovuta a Desargues78, e fu egli stesso che introdusse la voce involuzione nella geometria. Però la maggior parte di quelle proprietà che ora diconsi d’involuzione di cinque o di quattro punti in linea retta trovasi in Pappo79 in quarantatre lemmi del settimo libro delle sue Collezioni matematiche. Chasles è il primo che abbia considerato esplicitamente il caso in cui uno de’ sei punti dell’involuzione sia a distanza infinita; il suo conjugato venne da lui chiamato punto centrale.

Se nel precedente teorema di Desargues si suppone che la sezione conica riducasi ad una coppia di rette, si ha un teorema dimostrato da Pappo80 sotto diverso enunciato:

“Una trasversale qualsivoglia incontra i sei lati di un tetragono completo81 in sei punti in involuzione„.

Il qual teorema può enunciarsi anche così:

“I lati di un triangolo e le rette che ne congiungono i vertici ad un punto dato sono segati da qualunque trasversale in sei punti in involuzione„.

Devesi a Brianchon82 il teorema inverso:

“Per sei punti (di una retta) in involuzione si ponno far passare i sei lati di un tetragono completo„.

In Pappo83 si trova, sotto altro enunciato, anche il teorema (testo, pag. 439):

“Le sei rette condotte da un punto qualunque ai sei vertici di un quadrilatero completo formano un fascio in involuzione„.

Ovvero:

“Le sei rette condotte da un punto qualunque ai tre vertici di un triangolo ed ai tre punti, in cui i lati di questo sono incontrati da una retta data, formano un fascio in involuzione„.

La proposizione inversa è:

“Sopra sei rette formanti un fascio in involuzione si ponno prendere sei punti che siano i vertici di quadrilatero completo„. [p. 193 modifica]

11. Il prof. Novi (pag. 441-2) applica la teorica dell’involuzione alla soluzione del problema:

“Dati quattro punti in linea retta determinare su di questa un quinto punto tale che il prodotto delle sue distanze da due dei quattro punti dati stia al prodotto delle sue distanze dagli altri due in un rapporto costante„.

È questo il problema noto sotto il nome di problema delta sezione determinata di Apollonio84. Sono altrettanto celebri i due seguenti problemi dello stesso geometra, che io abbraccerò in un solo enunciato:

“Per un punto dato condurre una retta che seghi due rette date e determini con un punto dato su ciascuna di esse due segmenti il cui rapporto, ovvero il cui prodotto sia dato„.

Il primo è il problema della sezione di ragione; l’altro il problema della sezione di spazio85. Veggasi una semplice soluzione del primo di questi due quesiti, data da Flauti86.

12. Ora per fare qualche cenno degl’interessanti argomenti delle altre note aggiunte dal traduttore, e specialmente della IX (Metodo delle polari reciproche) ci conviene dare un’idea della deformazione e della trasformazione delle figure piane.

Imaginiamo che in un piano vi sia un punto che movendosi in modo affatto arbitrario descriva una certa figura. Nello stesso piano o in un altro imaginiamo un secondo punto mobile, il cui movimento sia collegato dietro una legge individuata al movimento del primo punto; nella qual legge entri la condizione che a ciascuna posizione di uno dei punti mobili corrisponda un’unica posizione dell’altro mobile, e reciprocamente. Il secondo mobile avrà così descritto una seconda figura, la quale del resto può, prescindendo da idee di movimento, anche desumersi dalla prima, supposta data, mediante un metodo di deformazione, che tenga luogo di quella legge determinata che legava i due movimenti.

Ora in luogo del secondo punto mobile, imaginiamo nel piano della figura descritta dal primo punto mobile o in altro piano una retta mobile, il cui movimento sia dipendente, in virtù di una legge determinata, dal moto di quel punto; e debba essere soddisfatta la condizione che a ciascuna posizione del punto mobile corrisponda una sola posizione della retta mobile, e reciprocamente. La retta mobile invilupperà in tal modo una figura; la quale può, fatta anche astrazione da ogni movimento, desumersi dalla prima, supposta data, mediante un metodo di trasformazione che faccia le veci della legge che faceva dipendere il moto della retta dal moto del punto. [p. 194 modifica]

Il più antico metodo di deformazione è quello di cui fece uso primamente Alberto Durer, celebre pittore e geometra del secolo decimoquinto87, poi Porta88, Stevin89 ed altri. Ecco in che consiste: da ciascun punto di una figura data si conduca la perpendicolare (ordinata) ad una retta fissa e si prolunghi oltre questa di una porzione che abbia coll’ordinata medesima un rapporto costante. L’estremo del prolungamento genererà la nuova figura domandata. Con questo processo una retta si deforma in una retta, una circonferenza in una conica, ecc.

Stevin90 e Mydorge91 fecero uso del metodo seguente: nel piano d’una figura data si fissi un punto dal quale si tiri un raggio a ciascun punto di quella; e su questo raggio o sul prolungamento di esso si prenda a partire dal punto fisso una porzione proporzionale al raggio stesso. L’estremo di questa porzione genererà una nuova figura simile alla data e similmente posta. Questa relazione tra la due figure venne poi denominata da Chasles92 omotetia diretta o inversa secondo che i raggi non vengano o vengano prolungati oltre il punto fisso (centro di omotetia o di similitudine).

Una circonferenza non può avere per sua linea omotetica che un’altra circonferenza (testo pag. 217). Due circonferenze sono a un tempo omotetiche dirette e omotetiche inverse; cioè hanno un centro di omotetia diretta (centro esterno) e uno di omotetia inversa (centro interno), i quali non sono altro che le intersezioni delle tangenti esterne e delle tangenti interne comuni ai due cerchi. Questi punti dividono armonicamente la retta che unisce i centri di figura de’ due cerchi.

Tre cerchi, presi a due a due, danno luogo a tre centri di omotetia diretta e a tre centri di omotetia inversa; e si ha il teorema che i tre centri di omotetia diretta (ovvero due centri d’omotetia inversa con uno d’omotetia diretta) sono in linea retta. Il qual teorema da Fuss93 è attribuito a D’Alembert, ma Flauti94 crede che fosse noto anche ad Apollonio, e che entrasse come lemma nel di lui trattato de tactionibus. La dimostrazione è da vedersi in Monge95.

Succede il celebre metodo delle planiconiche di Lahire96, del quale ho già fatto [p. 195 modifica]menzione altrove. Nel piano della figura data si fissino due rette parallele ed un punto; Lahire chiama formatrice e direttrice le due rette, polo il punto fisso. Da ciascun punto della figura data si tiri una trasversale arbitraria che incontri la formatrice e la direttrice in due punti, il secondo de’ quali si unisca al polo; e pel primo si tiri la parallela alla congiungente. Il luogo geometrico del punto in cui questa parallela incontra il raggio condotto dal polo al punto della figura data sara la figura deformata richiesta. Le figure ottenute con questo processo sono quelle medesime che Poncelet chiamò omologiche, e che egli stesso e Chasles insegnarono a costruire anche con altri metodi97. Il polo è da Poncelet chiamato centro d’omologia, e la formatrice asse d’omologia. Nelle figure di Lahire ciascuna retta congiungente due punti omologhi passa pel polo, e ciascun punto intersezione di due rette omologhe cade nella formatrice: proprietà che costituisce appunto il carattere distintivo delle figure omologiche.

I metodi di Durer e di Mydorge ponno essere considerati come casi particolari del precedente; per ottenere il primo basta supporre il polo a distanza infinita; per ottenere l’altro dee supporsi a distanza infinita la formatrice.

Altro celebre metodo di deformazione è quello dato da Newton nel lemma 22.º: Figuras in alias ejusdem generis figuras mutare del 1.º libro dei Principia98. Secondo questo metodo, nel piano di una figura data si assuma come fisso un parallelogrammo OABC; da ciascun punto M della data figura si tiri MP parallela ad OA; sia P il punto d’incontro con AB. Si tiri PO che seghi BC in P’ e da P’ tirisi P’M’ inclinata a BC d’un angolo dato, e di tale lunghezza che sia P’M’ : OP’ = PM : OP. Il punto M’ così ottenuto genera la seconda figura domandata.

Chasles ha osservato che le figure di Newton così ottenute non differiscono da quelle di Lahire che per la scambievole posizione; e che per dare a quelle la stessa giacitura di queste basta far rotare nel dato piano la seconda figura intorno al punto B finchè P’M’ riesca parallela a PM. Dopo tale rotazione la retta BC, considerata come appartenente alla seconda figura, avrà preso una posizione Bc. Si guidi per A la Ao eguale e parallela a Bc. Il punto o sara il polo, e la retta BC, considerata nella sua primitiva posizione, sarà la formatrice.

Chasles fa inoltre osservare che il metodo di deformazione di Newton poco differisce dal metodo di prospettiva di Vignola (1507-1573) dimostrato da Ignazio Danti vescovo d’Alatri99. [p. 196 modifica]

Tutt’i metodi precedenti sono poi compresi in quello chiamato di collineazione da Möbius100 che primo ne diede la teoria, e poi chiamato di omografia da Chasles101 che vi arrivò da sè senza conoscere i lavori del geometra alemanno. La collineazione od omografia può definirsi così: due figure diconsi collineari (omografiche) quando a ciascun punto e a ciascuna retta dell’una corrispondano rispettivamente un punto e una retta nell’altra. Nella Géométrie supérieure ponno vedersi varie regole per la costruzione grafica di una figura collineare ad una data. È però degno di osservazione che (trattandosi di figure piane) due figure collineari non sono punto più generali delle omologiche, se non rispetto alla scambievole disposizione, e che quelle ponno sempre essere così trasportate e fatte rotare nel proprio piano in modo da divenire omologiche. Questa importantissima osservazione venne fatta per la prima volta da Magnus102.

13. Venendo ora a dire dei metodi di trasformazione, accennerò per primo quello che Poncelet103 osservò potersi dedurre da un porisma di Euclide. Il porisma cui intendo fare allusione è il seguente:

“Dati in un piano due punti e un angolo che abbia il vertice sulla retta condotta per essi, se da un punto qualunque di una retta data si conducono due rette ai punti dati, esse incontrano rispettivamente i lati dell’angolo in due punti e la retta che li unisce passa per un punto dato104„.

O reciprocamente:

“Dato un angolo e due punti in linea retta col suo vertice, se intorno ad un punto fisso si fa rotare una trasversale che incontri i lati dell’angolo in due punti e questi si uniscano rispettivamente ai punti dati, il concorso delle congiungenti genera una linea retta105„.

Per conseguenza:

“Se da un punto qualunque di una figura data si conducono due rette ai punti dati, esse incontreranno rispettivamente i lati dell’angolo in due punti; la retta congiungente questi punti inviluppa un’altra figura, che è la trasformata richiesta. Se la data figura è una conica, anche la trasformata sarà una conica„.

Nel suo grande Traité des propriétés projectives Poncelet ha dato inoltre il bellissimo metodo delle polari reciproche, a cui è consacrata la nota IX del professor Novi. [p. 197 modifica]Ecco in che consiste tale metodo. Nel piano di una data figura sia tracciata una sezione conica (direttrice) rispetto alla quale si prenda la polare di un punto qualunque della data figura; questa polare invilupperà la figura trasformata (chiamata polare reciproca della data). Inversamente se rispetto alla conica direttrice si prende la polare di un punto qualunque della seconda figura, questa polare invilupperà la prima figura. Cioè due figure polari reciproche sono tali che ciascuna è il luogo dei poli delle rette tangenti all’altra, e simultaneamente è l’inviluppo delle rette polari dei punti dell’altra medesima; sempre intendendo queste polari e questi poli presi rispetto alla conica direttrice. La conica direttrice può essere qualunque; talvolta si è assunta una parabola106, tal’altra un’iperbole equilatera107, ma più spesso una circonferenza108.

Mediante il metodo ora accennato da qualunque teorema di geornetria che involga sole proprietà projettive (rapporti di segmenti, intersezioni e contatti di linee) se ne può derivare un altro che si chiama suo polare reciproco, ovvero correlativo (denominazione di Chasles). Ma se il teorema proposto contiene proprietà metriche o relazioni angolari, allora se ne possono derivare molti altri, ciascun de’ quali corrisponde ad una speciale conica direttrice.

Adduciamo alcuni esempi.

Dal teorema dell’esagramma mistico di Pascal:

“Se un esagono è inscritto in una conica i punti di segamento de’ lati opposti sono in linea retta„;

deducesi il non meno famoso teorema di Brianchon109:

“Se un esagono è circoscritto ad una conica le rette congiungenti i vertici opposti passano per uno stesso punto„.

Dal teorema di Maclaurin110:

“Se un tetragono è inscritto in una conica le tangenti in due vertici opposti si tagliano sulla retta congiungente i punti di concorso de’ lati opposti„;

si conclude:

“Se un quadrilatero è circoscritto ad una conica la retta che unisce i punti di contatto di due lati opposti passa pel punto comune alle due diagonali„. [p. 198 modifica]

Dal porisma di Pappo111:

“Se un poligono di n lati si deforma in modo che gli n lati rotino rispettivamente intorno ad altrettanti poli fissi situati in linea retta, mentre n — 1 vertici percorrono n — 1 rette date, anche l’ultimo vertice descriverà una retta individuata„;

si deduce:

“Se un poligono di n vertici si deforma in modo che gli n vertici percorrano altrettante rette date passanti per uno stesso punto, mentre n — 1 lati rotano intorno ad n — 1 punti dati, anche l’ultimo lato roterà intorno ad un punto individuato„.

Il teorema di Newton112:

“Dato un angolo, si conducano quante trasversali parallele si vogliano; e dai punti in cui ciascuna trasversale incontra i lati dell’angolo si conducano due rette passanti rispettivamente per due punti dati; il punto di concorso di queste due rette genera una conica passante pei punti dati e pel vertice dell’angolo dato„;

può essere generalizzato assumendo le trasversali non parallele ma passanti tutte per uno stesso punto; in tal caso quel teorema coincide con uno di Maclaurin113 e Braikenridge114 che può enunciarsi così:

“Se i lati di un triangolo variabile rotano intorno a tre punti fissi, mentre due suoi vertici scorrono su due rette date, il terzo vertice descrive una sezione conica„.

Così enunciato questo teorema dà per suo polare reciproco il seguente:

“Se i vertici di un triangolo variabile scorrono su tre rette date, mentre due lati rotano intorno a due punti fissi, il terzo lato inviluppa una sezione conica„.

Il succitato teorema di Newton può risguardarsi (siccome ha notato lo Chasles) quale generalizzazione del seguente di Cavalieri115:

“Dato un angolo retto AOB se ne seghino i lati con una serie di trasversali parallele, una qualunque delle quali incontri i lati OA, OB in a, b; il punto d’incontro delle aB, bA genera una conica circoscritta al triangolo AOB„.

Dal teorema di Sturm116:

“Tre coniche circoscritte ad uno stesso tetragono sono segate da una trasversale qualunque in sei punti che formano una involuzione„;

si conclude:
[p. 199 modifica]

“Le sei tangenti condotte da un punto qualunque a tre coniche inscritte nello stesso quadrilatero formano un fascio in involuzione„.

Il menzionato teorema di Maclaurin fu da lui stesso generalizzato così117:

“Se i lati di un poligono variabile rotano intorno ad altrettanti punti fissi, mentre tutt’i vertici, meno uno, descrivono linee rette, l’ultimo vertice descriverà una conica„.

Da cui:

“Se i vertici di un poligono variabile scorrono su altrettante rette date, mentre tutt’i lati, meno uno, rotano intorno a punti dati, l’ultimo lato invilupperà una conica„.

Nella nota IX il traduttore dà anche un saggio della trasformazione delle proprietà metriche delle figure, giovandosi del citato opuscolo del Mannheim.

14. Nella nota III il traduttore offre un breve ma sugoso cenno del metodo delle proiezioni — metodo che ha servito di punto di partenza ai progressi della moderna geometria e che tanto ha contribuito ad allargare il campo troppo ristretto delle ricerche dei geometri anteriori. Desargues e Pascal furono i primi ad applicare il metodo della proiezione conica o prospettiva alla teoria delle sezioni coniche.

Il professor Novi parla anche delle proiezioni stereografiche. Questo metodo, antico come l’astronomia, è fondato sui seguenti teoremi:

1.º La proiezione stereografica d’ogni cerchio esistente sulla sfera è un cerchio (teorema di Tolomeo)118;

2.º L’angolo di due circonferenze esistenti sulla sfera è eguale all’angolo delle loro proiezioni stereografiche (teorema di Robertson);

3.º Il centro del cerchio in proiezione è la proiezione del vertice del cono circoscritto alla sfera secondo il cerchio messo in proiezione (teorema di Chasles).

Per le proprietà della proiezione stereografica veggansi le memorie di Chasles, Quetelet, Dandelin negli Annali di Gergonne, tomi XVIII e XIX, e nelle Memorie dell’Accademia di Bruxelles.

Di questa teoria lo Chasles ha fatto una magnifica generalizzazione, sostituendo alla sfera una superficie qualunque di second’ordine, e ponendo il centro della proiezione in un punto qualunque dello spazio119.

La nota VII (pag. 461) tratta del centro di gravità e del centro delle medie armoniche.

15. L’ultima nota (pag. 492) versa sulle sezioni coniche. La dottrina di queste linee interessantissime sorse nella scuola platonica di Atene, insieme al metodo analitico120 [p. 200 modifica]ed alla teoria de’ luoghi geometrici (380 a. C.). Aristeo (350 a. C.) scrisse cinque libri sulle coniche, che andarono perduti. Scrisse quattro libri anche Euclide (285 a. C.) che pure si sono perduti. Archimede (287-212 a. C.) trovò la quadratura della parabola e il centro di gravità d’un settore parabolico, e misurò i volumi de’ segmenti degli sferoidi e de’ conoidi parabolici ed iperbolici121.

Pel primo Apollonio (245 a. C.) considerò le sezioni piane d’un cono obliquo a base circolare122. A lui si devono: le proprietà degli assintoti (II lib.); il teorema che è costante il rapporto dei prodotti de’ segmenti fatti da una conica sopra due trasversali parallele a due rette fisse, e condotte per un punto qualunque (III, 16-23); le principali proprietà de’ fuochi dell’ellisse e dell’iperbole (III, 45-52); i teoremi esser costante l’area del parallelogrammo compreso da due diametri coniugati, e costante anche la somma de’ quadrati di questi (VII, 12, 22, 30, 31); il teorema che una trasversale condotta pel punto comune a due tangenti di una conica è divisa da questa e dalla corda di contatto armonicamente (III, 37), ecc. A lui viene attribuito da Pappo anche il famoso teorema ad quatuor lineas:

“Dato un quadrigono, il luogo di un punto tale che, condotte da esso sotto angoli dati due oblique a due lati opposti e due oblique agli altri due lati, il prodotto delle prime due oblique sia in rapporto costante col prodotto delle altre due, è una conica circoscritta al quadrigono„123.

Il teorema polare reciproco di questo è stato dato da Chasles124:

“Dato un quadrilatero, l’inviluppo di una retta tale che il prodotto delle sue distanze da due vertici opposti sia in un rapporto costante col prodotto delle distanze dagli altri due vertici è una conica inscritta nel quadrilatero„.

Questi teoremi e gli altri notissimi di Pascal, Brianchon, ecc. ponno dedursi come corollari dai due seguenti di Chasles e Steiner:

“Il doppio-rapporto delle quattro rette congiungenti quattro punti dati di una conica con un quinto punto qualunque della medesima è costante„.

“Il doppio-rapporto de’ quattro punti in cui quattro tangenti date di una conica segano una quinta tangente qualunque della medesima è costante„. [p. 201 modifica]

È noto che cosa s’intende per parametro (latus rectum presso gli antichi) di una conica. Giacomo Bernoulli ne dà questa bella definizione125: Data una sezione piana di un cono a base circolare, si conduca un piano parallelo alla base e distante dal vertice quanto lo è il piano della sezione conica proposta; quel piano segherà il cono secondo un cerchio il cui diametro è il lactus rectum o parametro della conica data. Ora le tre specie di coniche si distinguono in ciò che il quadrato dell’ordinata (perpendicolare condotta da un punto della curva sull’asse trasverso) è nell’ellisse minore, nell’iperbole maggiore, e nella parabola eguale al prodotto del parametro nell’ascissa (segmento dell’asse trasverso compreso fra il vertice e l’ordinata). Appunto da ciò provengono i nomi di ellisse, iperbole e parabola126.

Sereno contemporaneo di Pappo (400 d. C.) dimostrò l’identità delle ellissi risultanti dal segare un cono o un cilindro127.

A Proclo (412-485 d. C.) commentatore d’Euclide devesi il teorema:

Se una retta finita scorre co’ suoi termini sui lati di un angolo, un punto di essa descrive un’ellisse128.

Dopo parecchi secoli, la dottrina delle sezioni coniche venne ampliata da Cavalieri, Roberval, Fermat, Desargues, Pascal, Lahire, Newton, Maclaurin, ecc. Primo Desargues risguardò le diverse coniche come varietà di una stessa curva, e considerò le sezioni fatte ad un cono con piani diretti comunque, mentre per lo avanti si era sempre supposto il cono tagliato da un piano perpendicolare a quello del così detto triangolo per l’asse. È celebre il problema di Desargues:

“Dato un cono che abbia per base una conica qualunque, qual dev’essere la direzione di un piano segante, onde la sezione sia circolare?„.

A Newton devesi il teorema129:

“In ogni quadrilatero circoscritto ad una conica la retta che congiunge i punti di mezzo delle diagonali passa pel centro„;

ed anche il seguente che contiene la sua famosa descrizione organica delle coniche130:

“Due angoli di grandezze costanti ruotino intorno ai loro vertici, mentre il punto comune a due lati descrive una retta; il punto comune agli altri due lati descriverà una conica„. [p. 202 modifica]

Se in questo enunciato si suppone un angolo nullo e il suo vertice a distanza infinita, si ha un altro teorema, già dato dall’olandese Giovanni De Witt:

“Un angolo di grandezza costante roti intorno al suo vertice, e pel punto in cui un suo lato incontra una retta fissa si conduca una retta in direzione data; il punto in cui questa retta incontra l’altro lato genera una conica„.

Le teoriche moderne hanno fatto scoprire innumerevoli nuove proprietà delle coniche, le quali sono divenute in certo modo il campo in cui quelle poterono ad esuberanza spiegare la loro maravigliosa fecondità.

Gli studiosi che si applicheranno alla lettura del libro di cui qui ci occupiamo, troveranno nella nota X aggiunta dal traduttore le più interessanti proprietà delle coniche esposte con un metodo che per la sua elegante semplicità veramente corrisponde allo spirito della scienza attuale.

16. Ritornando al nostro testo, dal quale troppo ci siamo dilungati, il libro terzo è seguito da buon numero di quesiti proposti. Fra i primi vi scorgiamo il celebre problema:

“Inscrivere in un cerchio un triangolo i cui lati, prolungati se occorra, passino per tre punti dati„.

Questo problema nel caso particolare che i tre punti dati siano in linea retta trovasi risoluto in Pappo131. Preso nella sua generalità venne proposto nel 1742 da Cramer a Castiglione. Questi ne lesse nel 1776 la soluzione all’Accademia di Berlino. Era presente a quella lettura il sommo Lagrange, il quale nel dì seguente mandò al Castiglione una sua elegante soluzione algebrica. Lo stesso problema venne poi risoluto in nuova maniera da Giordano di Ottajano, giovinetto napoletano allora sedicenne. Questi nello stesso tempo imaginò e risolvette il problema più generale d’inscrivere in un cerchio un poligono di un numero qualunque di lati obbligati a passare per altrettanti punti dati132: problema del quale sono poi state date altre soluzioni da Malfatti133 e da Scorza134.

Gergonne risolvette135 il problema di Cramer esteso ad una conica, ed anche il problema correlativo: circoscrivere ad una conica un triangolo i cui vertici cadano su rette date. Il problema generale della circoscrizione di un poligono fu risoluto da Encontre e Stainville136. [p. 203 modifica]

Problema analogo è il seguente:

In un dato poligono inscriverne un altro dello stesso numero di vertici, i cui lati debbano passare per altrettanti punti dati; problema risoluto da Servois, Gergonne, Lhuilier137, Steiner138, ecc. Sull’argomento dell’iscrizione de’ poligoni ne’ poligoni esiste un apposito trattato di Luca Pacciolo139.

I problemi 7-14 del testo (pag. 127) sono quelli de tactionibus di Apollonio, Essi ponno considerarsi come compresi in quest’unico: descrivere una circonferenza tangente a tre date; osservando che un punto può risguardarsi come una circonferenza di raggio nullo ed una retta come una circonferenza di raggio infinito. La prima soluzione di questo problema fu data da Vieta nel suo Apollonius Gallus. Più tardi se ne occupò Camerer140. Nel secolo presente furono date semplici soluzioni da Fergola nel 1809141, da Gergonne nel 1814142, da Plücker nel 1828143 e da altri.

Al numero 22 leggiamo un teorema di Archimede144:

“Se per un punto qualunque preso nel piano di un cerchio si conducono due seganti perpendicolari fra loro, la somma de’ quadrati de’ quattro segmenti è costante„.

17. Il quarto libro tratta delle proprietà metriche delle figure, e dividesi in sei capitoli: Misura delle superficie piane. — Relazioni fra i lati di un triangolo. — Relazioni fra i lati di un quadrilatero. — Poligoni regolari. — Misura della circonferenza ed area del cerchio.Costruzione delle figure equivalenti.

A pag. 145 si danno due dimostrazioni del teorema di Pitagora sul triangolo rettangolo; un’altra dimostrazione è aggiunta dal traduttore a pag. 141. Forse nessuna proposizione di geometria venne dimostrata in tante maniere diverse come questa. È degna d’esser notata una dimostrazione intuitiva dovuta al geometra persiano Nasir-Eddin da Thus, che visse nel secolo tredicesimo e fece un commento su Euclide145. Tre interessanti dimostrazioni, oltre la notissima di Euclide, leggonsi nell’eccellente libro: Lehrbuch der Geometrie zum Gebrauche an höheren Lehranstalten, von D. E. Heis [p. 204 modifica]und V. J. Eschweiler; Köln 1858 (pag. 74 e seg.). Altra dimostrazione assai semplice dello stesso teorema trovasi nell’opera dell’indiano Bhaschara-Acharya intitolata: Bija Ganita or the Algebra of the Hindus, by E. Strachey (London 1813).

Fra le proposizioni del secondo e terzo capitolo non troviamo il bel teorema di Pappo146: “Se sopra due lati AB, AC di un triangolo ABC si costruiscono due parallelogrammi qualisivogliano ABDE, ACFG, sia H il punto d’incontro de’ lati DE, FG, prolungati se occorra; la somma de’ due parallelogrammi nominati è equivalente al parallelogrammo i cui lati siano rispettivamente eguali e paralleli alle BC, AH„.

Dal quale si conchiude facilmente il teorema di Varignon147 su cui riposa in meccanica la teoria de’ momenti:

“Se sopra due lati e la diagonale uscenti dallo stesso vertice di un parallelogrammo si costruiscono tre triangoli aventi un vertice comune in un punto qualunque, la somma algebrica de’ primi due triangoli sarà eguale al terzo„.

A pag. 152 troviamo la formola che esprime l’area di un triangolo in funzione de’ lati. Sarebbe stato bene dare in seguito anche la formola affatto analoga pel tetragono inscrittibile nel cerchio. L’enunciato geometrico della formola relativa al triangolo è il seguente:

“Un triangolo equivale ad un rettangolo di cui un lato è medio proporzionale geometrico fra il semiperimetro e la differenza fra il semiperimetro e un lato, e l’altro sia medio proporzionale geometrico fra le differenze del semiperimetro cogli altri due lati„.

Similmente si enuncia il teorema sul tetragono inscrittibile. Il teorema sul triangolo, che dapprima si attribuiva a Nicolò Tartaglia148 e poi all’arabo Mohammed-ben-Musa149 che viveva alla corte del califfo Al-Mamoun di Bagdad (nono secolo), ora e accertato, per le indagini del Venturi, essere dovuto ad Erone Alessandrino, detto l’antico150, che visse dugent’anni prima di Cristo. Il teorema sul tetragono inscrittibile che in Europa venne trovato da Eulero151, appartiene per priorità di tempo, all’indiano Brahmegupta152 (sesto secolo d. C.). L’opera di questo geometra venne tradotta dal [p. 205 modifica]sanscritto e fatta conoscere in Occidente solo nel 1817. L’illustre Chasles ha decifrato e chiaramente interpretato le proposizioni troppo oscuramente enunciate nel testo del matematico indiano. Nel quale, oltre i due teoremi risguardanti l’area del triangolo e del tetragono, trovansi molte altre belle proprietà, di cui ecco qualche esempio:

“Il prodotto di due lati di un triangolo diviso per la perpendicolare abbassata sul terzo lato dal vertice opposto è eguale al diametro del cerchio circoscritto„.

“Nel tetragono inscrittibile, se le diagonali sono ortogonali, il quadrato del diametro del cerchio circoscritto è eguale alla somma de’ quadrati di due lati opposti„.

“L’area del tetragono inscrittibile, se le diagonali sono ortogonali, è eguale alla somma de’ prodotti de’ lati opposti„.

“In un tetragono inscrittibile che abbia le diagonali ortogonali la perpendicolare ad un lato condotta dal punto comune alle diagonali passa pel punto medio del lato opposto„.

A proposito del tetragono inscrittibile osserva lo Chasles (Aperçu historique) che coi quattro lati a, b, c, d del medesimo si ponno formare altri due tetragoni abdc, acbd inscrittibili nello stesso cerchio; questi tetragoni hanno in tutto tre diagonali e sono tra loro equivalenti. Si ha inoltre il seguente teorema dovuto ad Alberto Girard153: “il prodotto delle tre diagonali diviso pel doppio del diametro del cerchio circoscritto è eguale all’area di ciascuno dei tre tetragoni„.

A pag. 153 del testo troviamo un teorema di Sereno154:

“La somma de’ quadrati di due lati di un triangolo è eguale a due volte la somma de’ quadrati della metà del terzo lato e della sua mediana„.

A pag. 160 troviamo il notissimo teorema di Tolomeo155 sul tetragono inscritto nel cerchio: “Il rettangolo delle diagonali è eguale alla somma de’ rettangoli de’ lati opposti„. Il teorema reciproco è stato dimostrato da Förstemann.156

18. Anche il quarto libro è seguito da buon numero di quesiti proposti per esercizio de’ lettori. I primi si aggirano sulla divisione delle figure. Il libro più antico che tratti di questa materia e che ci sia rimasto è la Diottra di Erone. Ma su di ciò aveva scritto anche Euclide, e Chasles opina che a lui appartenga il trattato che va sotto il nome di Maometto Bagdadino (secolo decimo)157. Questa parte di geometria fu con certa predilezione coltivata dagli Arabi e poi dai matematici italiani del [p. 206 modifica]secolo tredicesimo e successivi: Leonardo Bonacci158, Luca Paccioli159, Nicolò Tartaglia160, ecc.

A pag. 197 si domanda qual sia il luogo geometrico di un punto tale che la somma de’ quadrati delle sue distanze da più punti dati sia eguale ad una quantità data. Risposta: il luogo richiesto è una circonferenza; teorema di Roberval161.

A pag. 194 si propone il problema: trovare entro un triangolo un punto tale che congiunto ai vertici dia tre triangoli equivalenti. Questo problema è di Oronzio Fineo162.

18. Termino ciò che mi ero proposto di dire intorno alla parte del testo che tratta della geometria piana, coll’osservare che forse il traduttore avrebbe fatto bene d’ampliare il numero de’ quesiti proposti, più di quanto egli abbia fatto, includendovi certi problemi cha hanno molta importanza per sè, o che sono divenuti celebri nella storia della scienza. A cagion d’esempio:

Il problema di Lagrange163: Dati tre punti A, B, C trovare la base comune de’ tre triangoli AXY, BXY, CXY conoscendo le differenze de’ loro angoli ne’ vertici A, B, C, non che i rapporti fra i rapporti AX : AY, BX : BY, CX : CY de’ loro lati.

Il problema di Lamè164: Costruire un triangolo conoscendone due lati e la bisettrice dell’angolo da essi compreso.

Il problema: Determinare il punto da cui sono veduti i lati di un dato triangolo sotto angoli dati.

Il problema di Fergola165: Date tre circonferenze aventi un punto comune, condurre per questo una retta in modo che negli altri punti di segamento venga divisa in due parti di rapporto dato.

(Di questi quattro problemi ponno vedersi le semplici soluzioni ottenute col metodo delle equipollenze dal professor Bellavitis166.

Il problema di Malfatti: In un dato triangolo descrivere tre cerchi che si tocchino fra loro e ciascuno de’ quali tocchi due lati del triangolo; [p. 207 modifica]del quale Steiner167 ha dato una semplicissima soluzione ed una generalizzazione nel seguente:

Dati tre cerchi descriverne tre altri che si tocchino fra loro e ciascuno de’ quali tocchi due de’ dati.

Due problemi trattati da Plücker168, cioè: Descrivere una circonferenza che seghi tre circonferenze date sotto angoli dati;

Descrivere una circonferenza che seghi quattro circonferenze date sotto angoli eguali.

Ecc., ecc., ecc.


Cremona, 28 marzo 1859.

Dott. Luigi Cremona169.



Note

  1. Trattato di Geometria elementare, di A. Amiot. Prima traduzione italiana con note ed aggiunte di Giovanni Novi, professore di meccanica nel liceo militare di Firenze. Con un atlante di 59 tavole. Firenze, Felice Lemonnier, 1858, Prezzo: paoli 12.
  2. Egli è uno de’ compilatori degli Annali di matematica pura ed applicata, periodico bimensile che da un anno si pubblica in Roma, e fa seguito ai cessati Annali di scienze matematiche e fisiche. Gli altri compilatori sono i professori: Francesco Brioschi (Pavia), Angelo Genocchi (Torino) e Barnaba Tortolini (Roma).
  3. Géométrie de position. Paris 1803 — De la corrélation des figures, en Géométrie. Paris 1801. — Essai sur la théorie des transversales. Paris 1806.
  4. Traité des propriétés projectives des figures. Paris 1822. — Mémoire sur les centres des moyennes harmoniques, nel tomo 3.º (1828) del giornale di Crelle (Journal für die reine und angewandte Mathematik, herausgegeben zu Berlin von A. L. Crelle) — Mémoire sur la théorie générale des polaires réciproques, nel tomo 4.º d. g. — Analyse des transversales, appliquée à la recherche des propriétés projectives des lignes et surfaces, nel tomo 8.º (1832) d. g.
  5. Annales de mathématiques pures et appliquées, 1810-1831.
  6. Systematische Entwickelung der Abhängigkeit geometrischer Gestalten von einander. Berlin 1832 (opera classica di cui non è publicata che la prima parte; quando l’autore vorrà darci le altre?) — Monatsberichte der Berliner Akademie — Giornale di Crelle, ecc.
  7. Aperçu historique sur l’origine et le développement des méthodes en géométrie, suivi d’un Mémoire sur deux principes généraux de la science: la dualité et l’homographie, Bruxelles 1837. — Annales de GergonneMémoires de l’Académie de BruxellesCorrespondence mathématique et physique de Quetelet. Bruxelles 1824-1838. Comptes rendus de l’Académie des sciences de ParisJournal de M. LiouvilleTraité de Géométrie Supérieure. Paris, 1852.
  8. Der barycentrische Calcul. Leipzig 1827. - Lehrbuch der Statik. Leipzig 1837 — Giornale di CrelleAbhandlungen der K. Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften. — Berichte über die Verhandlungen der K. Säch. Gesell. der Wiss. zu Leipzig.
  9. Histoire des Mathématiques, etc. Paris 1758, tom. I, part. I, liv. IV.
  10. Die Gleichheit und die Aehnlichkeit der Figuren und die Aehnlichkeit derselben, von Doctor Richard Baltzer, Dresden, 1852.
  11. Lehrbuch der gradlinigten Planimetrie von Karl Snell. Zweite Auflage. Leipzig 1857.
  12. Élémens de géométrie, rédigés d’après les nouveaux programmes, etc. par M. A. Amiot, Paris 1855.
  13. In molte edizioni di Euclide, come per es. nella bellissima del Peyrard (Les Élémens de géométrie d’Euclide, par F. Peyrard, Paris 1809); i postulati quarto e quinto sono posti fra gli assiomi (decimo e undecimo).
  14. Geometrya, przez G. H. Nievenglowskiego. Poznaǹ, 1854.
  15. Lehrgebäude der niedern Geometrie. 1844.
  16. La prima edizione dell’Euclide coi commenti del Campano fu fatta in Venezia nel 1482; essa manca di frontispizio. La r. biblioteca in Cremona ne possiede un bello esemplare.
  17. Geometria speculativa, Thomæ Bravardini, etc. 1496.
  18. Pratica delle prospettiva. Venezia 1569.
  19. Harmonices mundi, libri V. Lincii Austriæ. 1619.
  20. Arithmetica integra. Nuremberg 1544.
  21. Apologia pro Aristotele et Euclide, etc. Dantisci 1652.
  22. Per le notizie storico-bibliografiche mi sono giovato specialmente dell’Aperçu historique; oltre poi tutte quelle fonti originali che mi fu dato di consultare.
  23. Journal de l’École polytéchnique, cahier 10.
  24. Vitellonis Thuringo-Poloni Opticæ, libri decem. Basileæ 1572.
  25. Opticæ thesaurus Alhazeni Arabis, libri septem nunc primum editi, etc. Basileæ 1572.
  26. Annales de Gergonne, t. XIV.
  27. Bibliothèque universelle, an. 1824.
  28. Giornale di Crelle, tomo I. (1826).
  29. Géométrie de position, § 328.
  30. Examen des différentes méthodes employées pour résoudre les problèmes de géométrie, 1818, pag. 81.
  31. Sposizione del metodo delle equipollenze. (Memorie della Società italiana delle scienze, tomo XXV. Modena 1854).
  32. Philosophiæ naturalis Principia mathematica, auctore Isaaco Newtono. Genevæ, 1739. Lib. I, lemma 26.
  33. Ibidem, lemma 27.
  34. Veggasi la nota a pag. 532 della memoria del signor Möbius: Theorie der Kreisverwandischaft in rein geometrischer Darstellung (aus den Abhandlungen der mathematisch physischen Classe der K. Säch. Gesellschaft der Wissenschaften). Leipzig 1855.
  35. Vedi per es.: Witzschel, Grundlinien der neuern Geometrie, etc. Leipzig 1858: libro ottimo per chi desiderasse introdursi nello studio delle moderne dottrine geometriche. — Per un ampio sviluppo della teoria del senso nelle figure geometriche veggasi: Staudt, Beiträge zur Geometrie der Lage. Nürnberg 1856-57.
  36. Considerando una retta fissa A’OA e in essa il punto O come origine de’ segmenti, il segno + o — anteposto ad un segmento preso su questa retta serve a distinguere se esso sia diretto da verso A, ovvero da O verso A’. Assunto il principio de’ segni sotto questo ristretto punto di vista, esso è stato generalizzato mediante un algoritmo che serve a rappresentare un segmento OM inclinato ad OA di un angolo qualunque facendo uso di coefficienti imaginari (veggasi: Drobisch, über die geometrische Construction der imaginären Grössen. Berichte über die Verhandlungen der K. Säch. Gesel. der Wis. Leipzig 1848). Il primo che abbia rappresentato la direzione ortogonale col coefficiente sembra essere stato Buée (Mémoire sur les quantités imaginaires nelle Philosophical Transactions for 1806), ma la rappresentazione grafica de’ numeri imaginari, in modo completo, non è stata data che nel 1831 da Gauss (Göttinger gelehrte Anzeigen 1831). Su tale rappresentazione grafica degl’imaginari il professore Bellavitis, nel 1835, (Annali delle scienze del regno Lombardo-Veneto, 3.º volume) fondò un nuovo metodo di geometria analitica, che chiamò allora metodo delle equazioni geometriche, e poi disse metodo delle equipollenze. Di questo metodo egli diede ulteriori sviluppi ed applicazioni in parecchie memorie posteriori (Annali c. s. 7.º volume, 1837 — Memorie dell’Istituto Veneto, 1.º volume, 1843 — Memorie della società italiana delle scienze residente in Modena, tomo XXV, 1854). L’essenza di questo metodo meraviglioso si riassume in questo sorprendente risultato: tutt’i teoremi concernenti punti situati in linea retta ponno essere trasportati ed applicati a punti disposti comunque in un piano. Pare però che le ricerche del geometra italiano rimanessero ignote in Francia ove nel 1845 Saint-Venant espose come nuovi i principj dello stesso metodo, ch’egli chiamò delle somme geometriche (Comptes rendus de l’Académie des sciences de Paris, tom. XXI), e in Germania ove Möbius nel 1852 comunicò: “eine Methode um von Relationen welche der Longimetrie angehören, zu entsprechenden Sätzen der Planimetrie zu gelangen (Berichte über die Verhandl. der K. Säch. Gesell. der Wiss. zu Leipzig, 16 October 1852). È poi degno di nota che, astrazion fatta dall’uso degl’imaginari, Leibniz aveva già imaginato un calcolo geometrico: concetto arditissimo per que’ tempi, che venne abilmente sviluppato da Grassmann in una interessante e curiosa memoria: Geometrische Analyse, Leipzig 1847, che fa parte dei Preisschriften gekrönt und herausgegeben von der fürst. Jablonow. Gesellschaft, ed anche da Möbius nel lavoro: Die Grassman’sche Lehre von Punktgrössen und der davon abhängenden Grossenformen ch’egli publicò in seguito alla memoria del Grassmann a schiarimento della medesima. Un metodo analogo a quello del Bellavitis, ed applicabile alla geometria a tre dimensioni, è quello dei quaternioni, dovuto all’illustre geometra irlandese Hamilton (Lectures on Quaternions, Dublin 1853).
  37. De lineis rectis se invicem secantibus statica constructio. Mediolani 1678.
  38. Essai sur la théorie des transversales, Paris 1806.
  39. Analyse des transversales appliquée à la recherche des propriétés projectives des lignes et des surfaces, 1832 (tomo 8. del giornale di Crelle).
  40. Analytisch-geometrische Entwicklungen. Essen 1828-31.
  41. Pappi Alexandrini, Mathematicæ Collectiones a Federico Commandino in latinum conversæ et commentariis illustratæ. Bononiæ 1660.
  42. Iamblicii Chalcidensis ex Cœlesyria in Nicomachi Geraseni Arithmeticam introductio, etc. Daventræ 1668. Vedi anche Terquem: Bulletin de Bibliographie, etc. 1855.
  43. Nicomachi Geraseni, Arithmeticæ, libri duo. Parisiis 1538.
  44. Traité des sections coniques, 1685.
  45. Mémoire sur les lignes du second ordre. Paris 1817.
  46. De linearum geometricarum proprietatibus generalibus tractatus, 1750.
  47. Mémoire sur les centres des moyennes harmoniques, 1828 (tomo 3.º del giornale di Crelle).
  48. Annales de Gergonne, tom. I.
  49. Ibidem, tom. III.
  50. Géométrie de position.
  51. Systematische Entwickelung u. s. w: pag. 72.
  52. Ibidem, pag. 163-4.
  53. Apollonii Pergæi Conicorum libri quatuor una cum Pappi Alexandrini lemmatibus et commentariis Eutocii Ascalonitæ. Bononiæ 1566, III, 37.
  54. Math. Collect., III, 145.
  55. Ibidem, VII, 131.
  56. Apollonii Pergæi Conicorum libri quatuor, etc. Bononiæ 1566.
  57. Traité des sections coniques: I, 22, 23, 26, 27, 28; II, 23, 24, 26, 27, 30.
  58. Giornale di Crelle, tomo I (1726).
  59. Journal de l’École Polytéchnique, cahier 16 (1813).
  60. Analytisch-geometrische Entwicklungen. Band I, S. 49-50.
  61. Traité des proprietés projectives.
  62. Geometria di sito nel piano e nello spazio, di Vincenzo Flauti. Napoli 1815.
  63. Aperçu Historique, pag. 34.
  64. Math. Collect., VII, 129, 137.
  65. Ibid., VII, 136, 140, 142.
  66. Géométrie supérieure, préface XXI.
  67. Bosse, Manière universelle de M. Desargues pour pratiquer la perspective, etc., 1648.
  68. Math. Collect., VII, 138, 139, 143, 147.
  69. Essai sur les coniques, 1640.
  70. Annales de Gergonne, tom. XVIII.
  71. Cambridge and Dublin Mathematical Journal, vol. V.
  72. Berichte über die Verhandl. der K. Säch. Gesell. der Wiss. zu Leipzig 1846 u. 1847.
  73. Giornale di Crelle, tomo XLI. Veggasi inoltre a pag. 317 l’ottimo Treatise on Conic Sections by G. Salmon (third edition, London 1855), a cui ha attinto anche il professor Novi.
  74. Traité des proprietés projectives.
  75. Giornale di Crelle, tomo VIII (1832).
  76. Sammlung von Aufgaben und Lehrsützen aus der analytischen Geometrie u. s. w. Berlin 1833-37.
  77. Nouvelle méthode en géométrie pour les sections des surfaces coniques et cylindriques, 1673.
  78. Brouillon-projet des coniques, 1639.
  79. Math. Collect., VII, 22, 29, 30, 32, 34-56, 61, 62, 64, etc.
  80. Ibid., VII, 130.
  81. Un tetragono completo (sistema di quattro punti) è una figura di sei lati; un quadrilatero completo (sistema di quattro rette) è una figura a sei vertici.
  82. Mémoire sur les lignes du second ordre, Paris 1817.
  83. Math. Collect., VII, 135.
  84. Math. Collect., VII.
  85. Ibidem.
  86. Geometria di sito.
  87. Institutiones geometricæ, etc.
  88. Elementa curvilinea, etc.
  89. Oeuvres mathématiques de Simon Stevin de Bruges. Leyde 1634.
  90. Ibidem.
  91. Il suo trattato sulle coniche (1631) è il primo che venisse publicato in Francia.
  92. Annales de Gergonne, tom. XVIII.
  93. Nova Acta Petrop., tom. XIV.
  94. Geometria di sito.
  95. Géométrie descriptive, 7. édition 1847.
  96. Nouvelle méthode en géométrie pour les sections des surfaces coniques et cylindriques.
  97. Traité des propriétés projectivesTraité de géometrié supérieure.
  98. Phil. Nat. Principia math., pag. 216 dell’edizione di Genevæ 1739.
  99. Le due regole della prospettiva pratica di M. Iacopo Barozzi da Vignola con i commentarii del R. P. M. Ignatio Danti, etc. Roma 1583.
  100. Giornale di Crelle, tomo IV (1829).
  101. Vedi l’Aperçu Historique e le Mémoire sur deux principes, etc. che vi fa seguito.
  102. Giornale di Crelle, tomo VIII (1832).
  103. Ibidem.
  104. Simson, De porismatibus, prop. 34.
  105. Pappi, Math. Collect., VII, 138, 139, 141, 143.
  106. Chasles, Mémoires sur la transformation parabolique des propriétés métriques des figures (Corréspondence math. de Quetelet, tomes V et VI).
  107. Bobillier, Annales de Gergonne, tom. XIX.
  108. Poncelet, Théorie générale des polaires reciproques. — Mannheim, Transformation des propriétés métriques, etc. Paris 1857.
  109. Journal de l’École Polytechnique, cahier 13.
  110. De linearum geometricarum proprietatibus generalibus tractatus.
  111. Math. Collect., VII, præf.
  112. Principia I, lemma 20.
  113. Philos. Transactions of the Royal Society of London, for the year 1735.
  114. Exercitatio geometrica de descriptione curvarum. Londini 1733.
  115. Exercitationes geometricæ sex. Bononiæ 1647.
  116. Annales de Gergonne, tom. XVII.
  117. Phil. Transactions of the Royal Society of London, 1735.
  118. Planisphærium.
  119. Aperçu historique, Note XXVIII.
  120. Alludo all’analisi geometrica degli antichi, non a metodi di calcolo.
  121. Archimedis, Opera nonnulla a F. Commandino, etc.: Circuli dimensioDe lineis spiralibusQuadratura parabolesDe conoidibus et sphæroidibusDe arena numero. Venetiis 1559.
  122. Apollonii Pergæi, Conicorum libri octo, et Sereni Antisensis, de sectione cylindri et coni libri duo. Oxoniæ 1710.
  123. Vedi la dimostrazione di questo teorema in Newton, Principia, I, lemma 19.
  124. Correspondance math. de Quetelet, Bruxelles, tom. V.
  125. Iacobi Bernoulli, Opera; Genevæ, 1744; I, pag. 419.
  126. Pappi Al. Math. Coll. VII.
  127. Sereni Antisensis, de sectione cylindri et coni libri duo. Oxoniæ 1710.
  128. Procli Diadochi Lycii in primum Euclidis Elementorum librum Commentariorum ad universam mathematicam disciplinam principium eruditionis tradentium libri quatuor, Patavii 1560.
  129. Principia, lemma 25, coroll. 3.
  130. Ibid. lemma 21.
  131. Math. Collect., VII, 117.
  132. Geometria di sito di V. Flauti.
  133. Memorie della Società Italiana, tomo IV.
  134. Geometria di sito.
  135. Annales de Gergonne, tom. I.
  136. Ibidem.
  137. Annales de Gergonne, tom. II.
  138. Systematische Entwickelung der Abhängigkeit geometrischer Gestalten von einander.
  139. Libellus in tres partiales tractatus, etc. Vedi anche la memoria del professor Bordoni: Sul moto discreto di un corpo.
  140. Apollonii, De tactionibus quæ supersunt ac maxime lemmata Pappi in hos ibros, etc. Gothæ 1795.
  141. Vedi Geometria di sito di V. Flauti.
  142. Annales de Gergonne, tom. IV.
  143. Analytisch-geometrische Entwicklungen, Band I.
  144. Assumptorum liber, prop. 7.
  145. Questo commento fu publicato in Roma 1594.
  146. Math. Collect., IV. 1.
  147. Mémoires de l’Académie des sciences de Paris, an 1719.
  148. General trattato de numeri et misure. Parte IV. Venezia 1560.
  149. MS. Verba filiorum Moysis, filii Schaker, M. Mahumeti, Hameti, Hasen (vedi: Libri, Histoire des sciences mathématiques en Italie).
  150. Vedi la Diottra, opuscolo di Erone scoperto e publicato dal Venturi.
  151. Novi Commentarii Petrop., tom. I.
  152. Algebra with Arithmetic and Mensuration from the sanscrit of Brahmegupta and Bhascara, translated by Colebrooke. London 1817.
  153. Trigonometria, La Haye 1626.
  154. De sectione coni, 16.
  155. Almagestum, I, 9.
  156. Giornale di Crelle, tomo 13.
  157. De superficiorum divisionibus liber Machometo Bagdadino adscriptus, nunc primum Johannis Dee Londinensis et Federici Commandini Urbinatis opera in lucem editus. Pisauri 1570.
  158. Practica Geometriæ, 1220.
  159. Summa de Arithmetica et Geometria, etc. 1494.
  160. General trattato, ecc., c. 5.
  161. Divers ouvrages de math. et physique par MM. de l’Académie R. des sciences. Paris 1693.
  162. Orontii Finæi Delphinatis, de rebus mathematicis hactenus desideratis libri quatuor. Lutetiæ Parisiorum 1556.
  163. Mémoires de l’Académie de Berlin pour 1779.
  164. Examen des différentes méthodes employées pour résoudre les problèmes de géométrie, 1818.
  165. Memorie dell’Accademia di Napoli, 1788.
  166. Sposizione del metodo delle equipollenze, pag. 27 e seg.
  167. Crelle, tomo I.º
  168. Analytisch-geometrische Entwicklungen, Band I, pag. 119 e seg.
  169. Ora che il giogo straniero non ci sta più sul collo a imporci gli scelleratissimi testi di Moznik, Toffoli, ecc., che per più anni hanno inondate le nostre scuole, e le avrebbero del tutto imbarbarite se tutt’i maestri fossero stati docili a servire gl’interessi della ditta Gerold — ora sarebbe omai tempo di gettare al fuoco anche certi libracci di matematica che tuttora si adoperano in qualche nostro liceo e che fanno un terribile atto d’accusa contro chi li ha adottati. Diciamolo francamente: noi non abbiamo buoni libri elementari che siano originali italiani e giungano al livello de’ progressi odierni della scienza. Forse ne hanno i Napoletani che furono sempre e sono egregi cultori delle matematiche; ma come può aversene certa notizia se quel paese è più diviso da noi che se fosse la China? I migliori libri, anzi gli unici veramente buoni che un coscienzioso maestro di matematica elementare possa adottare nel suo insegnamento, sono i trattati di Bertrand, Amiot e Serret, così bene tradotti e ampliati da quei valenti toscani. I miei amici si ricorderanno che io non ho cominciato oggi ad inculcare l’uso di quelle eccellenti opere.
    Milano, 9 maggio 1860.

    L. C.