Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano/38

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Capitolo 38

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37 Osservazioni I

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CAPITOLO XXXVIII.

Regno e conversione di Clodoveo. Sue vittorie sopra gli Alemanni, i Borgognoni ed i Visigoti. Stabilimento della Monarchia francese nella Gallia. Leggi de' Barbari. Stato de' Romani. Visigoti della Spagna. Conquista della Gran Brettagna fatta da' Sassoni.

I Galli1, che soffrivano impazientemente il giogo Romano ebbero una memorabil lezione da uno de’ Luogotenenti di Vespasiano, il grave sentimento del quale si è raffinato ed espresso dal genio di Tacito2. „La protezione della Repubblica ha liberato la Gallia dall’interna discordia, e dalle straniere invasioni. Con la perdita dell’indipendenza nazionale avete acquistato il nome ed i privilegi di Cittadini Romani. Voi godete in comune con noi medesimi i costanti vantaggi del governo civile, e la remota vostra situazione è meno esposta a’ danni accidentali della tirannide. Invece d’esercitare i diritti della [p. 74 modifica]conquista, ci siamo contentati d’imporvi que’ tributi che son necessari per la propria vostra conservazione. Non si può assicurar la pace senza le armi, queste debbono sostenersi a spese del Popolo. È per vantaggio vostro, non per causa nostra, che noi guardiamo la frontiera del Reno contro i feroci Germani, che hanno sì spesso tentato, e brameranno sempre di cangiare la solitudine de’ loro boschi e paludi con la ricchezza e fertilità della Gallia. La caduta di Roma sarebbe fatale per le Province; e voi restereste sepolti nelle rovine di quella gran fabbrica, che si è innalzata dal valore e dalla saviezza d’ottocento anni. L’immaginaria vostra libertà sarebbe insultata ed oppressa da un selvaggio Signore; ed all’espulsione de’ Romani succederebbero le ostilità eterne de’ Barbari conquistatori3.„ Fu accettato questo salutevol avviso, e tale strana predizione ebbe il suo compimento. Nello spazio di quattrocento anni, i fieri Galli, che avevano affrontato le armi di Cesare, si confusero, senz’avvedersene, nella massa generale de’ cittadini ed de’ sudditi: l’Impero Occidentale si sciolse, ed i Germani, che avevano passato il Reno, ardentemente combatterono per il possesso della Gallia, ed eccitarono il disprezzo o l’aborrimento de’ pacifici e culti di lei abitatori. Con quell’intimo orgoglio, che la superiorità delle cognizioni e del lusso comunemente suole inspirare, deridevano [p. 75 modifica]essi i chiomati e giganteschi selvaggi del Nord; i rozzi loro costumi, l’incoerente letizia, il vorace appetito e l’orrida figura loro, ugualmente disgustosa per la vista, che per l’odorato. Si coltivavano tuttavia nelle scuole d’Autun e di Bordeaux gli studi liberali; ed il linguaggio di Cicerone e di Virgilio era famigliare alla Gallica Gioventù. Restaron sorprese le lor orecchie da’ duri ed incogniti suoni del dialetto germanico, ed ingegnosamente si dolsero, che le muse tremanti fuggivano l’armonia della Lira burgundica. I Galli eran dotati di tutti i vantaggi della natura e dell’arte; ma siccome loro mancava il coraggio per difendersi, furono giustamente condannati ad ubbidire, ed anche adulare i vittoriosi Barbari, dalla clemenza de’ quali essi riconoscevano le precarie sostanze e le vite loro4.

[A. 476-485] Appena Odoacre ebbe estinto l’Impero Occidentale, cercò l’amicizia de’ più potenti fra’ Barbari. Il nuovo Sovrano dell’Italia cedè ad Enrico, Re de’ Visigoti, tutte le conquiste Romane di là dalle Alpi fino al Reno ed all’Oceano5: ed il Senato potè confermare questo liberal dono con qualche ostentazione di potere, senza veruna real perdita di entrate, o di dominio; le legittime pretensioni d’Enrico erano giustificate dall’ambizione, e dal successo; e la Nazione gotica poteva, sotto il suo comando, aspirare alla Mo[p. 76 modifica]narchia della Spagna e della Gallia. Arles e Marsiglia si arresero alle sue armi, egli oppresse la libertà dell’Alvergna; ed il Vescovo d’essa condiscese a comprare il proprio richiamo dall’esilio con un tributo di giusta ma involontaria lode. Sidonio stava alle porte del palazzo in mezzo ad una folla di ambasciatori e di supplichevoli; ed i vari loro negozi alla Corte di Bordeaux dimostravano la potenza e la fama del Re de’ Visigoti. Gli Eruli del distante Oceano, che tingevano i nudi lor corpi con cerulei colori, ne implorarono la protezione; ed i Sassoni rispettarono le marittime Province d’un Principe, privo di forze navali. Gli alti Borgognoni si sottoposero alla sua autorità; nè restituì gli schiavi Franchi, finattantochè non ebbe ridotto quella fiera nazione a termini d’una pace disuguale. I Vandali dell’Affrica coltivavano la sua vantaggiosa amicizia; e gli Ostrogoti della Pannonia erano sostenuti dal potente suo aiuto contro l’oppressione dei vicini Unni. Il Nord (tali sono le superbe espressioni del Poeta) era agitato e posto in calma dal cenno di Enrico; il gran Re della Persia consultò l’oracolo dell’Occidente; ed il vecchio Dio del Tevere fu protetto dal crescente Genio della Garonna6. La fortuna delle nazioni spesso dipende dagli accidenti, e la Francia può attribuire la sua grandezza all’immatura morte del Re Goto, in un tempo in cui Alarico, suo figlio, era un’innocente fanciullo, e Clodoveo7, suo nemico, un ambizioso e prode garzone. [p. 77 modifica]

[A. 481-511] Mentre Childerico, padre di Clodoveo, si trovava in esilio in Germania, fu trattato amichevolmente dalla Regina, ugualmente che dal Re dei Turingi. Dopo il suo ritorno, Basina fuggì dal letto del marito nelle braccia dell’amante; liberamente dichiarando, che se avesse conosciuto un uomo più savio, più forte e più bello di Childerico, questo sarebbe stato l’oggetto della sua preferenza8. Clodoveo fu la prole di questa volontaria unione; e non avea più di quindici anni, quando successe, per la morte di suo padre, al comando della Tribù Salica. Gli angusti confini del suo Regno9 si limitavano all’isola de’ Batavi, con le antiche diocesi di Tournay e d’Arras10; ed al tempo del battesimo di Clodoveo il numero de’ suoi guerrieri non sorpassava i cinquemila. Le ardenti tribù dei Franchi, che si erano stabilite lungo i Belgici fiumi della Schelda, della Mosa, della Mosella e del Reno, [p. 78 modifica]erano governati da’ loro indipendenti Re della stirpe Merovingiea, uguali, alleati e talvolta nemici del Principe Salico. Ma i Germani che obbedivano, in tempo di pace, all’ereditaria giurisdizione de’ loro Capi, eran liberi di seguitare in guerra la bandiera d’un popolare e vittorioso Generale; ed il merito superiore di Clodoveo si attirò il rispetto e l’omaggio della nazionale confederazione. Quando si pose in campo la prima volta, non aveva nel suo erario nè oro nè argento, nè vino nè grano ne’ suoi magazzini11; ma esso imitò l’esempio di Cesare, che nell’istesso luogo aveva acquistato delle ricchezze con la spada, e comprato dei soldati co’ frutti della conquista. Dopo ciascheduna vantaggiosa battaglia e spedizione, le spoglie s’accumulavano in una massa comune; ogni guerriero ne aveva la sua parte, e la dignità reale si sottometteva agli uguali regolamenti della legge militare. L’indomito spirito de’ Barbari s’indusse a riconoscere i vantaggi della regolar disciplina12. Nell’annua rivista del mese di Marzo diligentemente s’esaminavano le loro armi; e quando attraversavano un territorio amico, era loro proibito di toccare un filo d’erba. La giustizia di Clodoveo era inesorabile, ed i suoi trascu[p. 79 modifica]rati o disubbidienti soldati eran puniti immediatamente di morte. Sarebbe superfluo il lodare il valore d’un Franco: ma quello di Clodoveo era diretto dalla fredda e consumata prudenza13. In tutti i suoi trattati con gli altri, calcolava il peso dell’interesse, della passione e dell’opinione, e le sue misure alle volte si adattavano a’ sanguinari costumi de’ Germani ed alle volte venivano moderate dal genio più dolce di Roma e del Cristianesimo. Fu interrotto nel corso della vittoria, poichè morì nell’età di quarantacinque anni; ma egli aveva già stabilita, in un Regno di trent’anni, la Monarchia francese nella Gallia.

[A. 486] La prima impresa di Clodoveo fu la disfatta di Siagrio, figlio d’Egidio, ed in quest’occasione si accese forse la contesa pubblica dal privato risentimento. La gloria del padre insultava sempre la stirpe Merovingica; e la potenza del figlio potè eccitare la gelosa ambizione del Re de’ Franchi. Siagrio ereditò, come uno Stato patrimoniale, la città, e la diocesi di Soissons: i desolati residui della seconda Belgica, Reims e Troia, Beauvais ed Amiens si sarebbero naturalmente sottomessi al Conte o Patrizio14; e dopo lo smembramento dell’Impero Occidentale, egli avrebbe [p. 80 modifica]potuto regnare col titolo, o almeno coll’autorità di Re de’ Romani15. Come Romano, era stato educato negli studi liberali della Rettorica e della Giurisprudenza; ma per accidente e per politica si trovò impegnato nell’uso famigliare dell’idioma germanico. Gl’indipendenti Barbari ricorrevano al tribunale d’uno straniero, che aveva il singolar talento di spiegare, nella nativa lor lingua, i dettami della ragione e dell’equità. La diligenza e l’affabilità del loro giudice lo renderono popolare, l’imparziale saviezza de’ suoi decreti ottenne la lor volontaria ubbidienza, ed il regno di Siagrio su’ Franchi e Borgognoni pareva, che facesse risorgere la primitiva istituzione della società civile16. In mezzo a queste pacifiche occupazioni, Siagrio ricevè ed arditamente accettò l’ostile disfida di Clodoveo che invitò il suo rivale, secondo lo spirito, e quasi nel linguaggio cavalleresco, a stabilirne il giorno ed il campo17 di battaglia. Al tempo di Cesare, Soissons avrebbe dato un corpo di cinquantamila cavalli; e [p. 81 modifica]tal esercito sarebbe stato abbondantemente fornito di scudi, di corazze e di macchine militari, da tre arsenali o manifatture della città18. Ma s’era da gran tempo esaurito il coraggio ed il numero della gallica Gioventù; e le vaganti truppe di volontari o mercenari, che marciavano sotto le bandiere di Siagrio, erano incapaci di contendere col nazional valore dei Franchi. Non sarebbe giusto senza qualche più esatta cognizione della forza e de’ mezzi di Siagrio, il condannarne la rapida fuga, mentre dopo la perdita di una battaglia fuggì alla distante Corte di Tolosa. La debole minorità d’Alarico non voleva assistere, o difendere un infelice fuggitivo. I pusillanimi19 Goti furono intimoriti dalle minacce di Clodoveo; ed il Romano Re dopo un breve confino fu abbandonato nelle mani del carnefice. Le città belgiche s’arresero al Re de’ Franchi; ed i suoi Stati s’ingrandirono verso l’Oriente dall’ampia Diocesi di Tongres20, che Clodoveo conquistò nel decimo anno del suo Regno.

[A. 469] Si è tratto assurdamente il nome di Alemanni dal[p. 82 modifica]l’mmaginario loro stabilimento sulle rive del lago Leman21. Quel felice distretto, dal lago ad Avenche, ed al monte Giura, fu occupato da’ Borgognoni22. In fatti le parti settentrionali dell’Elvezia erano state soggiogate da’ feroci Alemanni, che distrussero con le proprie lor mani i frutti della loro conquista. Una Provincia coltivata ed ornata dalle arti di Roma, fu di nuovo ridotta ad un selvaggio deserto; e possono tuttavia scuoprirsi alcuni vestigi della magnifica Vindonissa nella fertile e popolata Valle dell’Aar23. Dalla sorgente del Reno fino alla sua unione col Meno e con la Mosella i formidabili sciami degli Alemanni dominavano ambe le parti del fiume per diritto d’antico possesso, o di recente vittoria. Si erano sparsi [p. 83 modifica]nella Gallia, sulle moderne Province dell’Alsazia e della Lorena; e l’ardita loro invasione del regno di Colonia richiamò il Principe Salico alla difesa dei Ripuarj suoi alleati. Clodoveo incontrò gl’invasori della Gallia nella pianura di Tolbiac alla distanza di circa ventiquattro miglia da Colonia; e le due più fiere nazioni della Germania erano vicendevolmente animate dalla memoria delle azioni passate, e dal prospetto della futura grandezza. I Franchi, dopo un ostinato combattimento cederono; e gli Alemanni, alzando grida di vittoria, impetuosamente incalzarono la lor ritirata. Ma si rimesse la battaglia per il valore, per la condotta, e forse per la pietà di Clodoveo; e l’evento di quella sanguinosa giornata decise per sempre l’alternativa dell’Impero, o della servitù. L’ultimo Re degli Alemanni restò ucciso nel campo, ed i suoi furono ammazzati ed inseguiti, finattantochè non gettarono a terra le armi, e si diedero a discrezione del vincitore. Senza disciplina militare era per loro impossibile di riunirsi; essi avevano con disprezzo demolito le mura, e le fortificazioni che avrebbero potuto difenderli nell’avversità; e furono seguitati nel cuore delle loro foreste da un nemico non meno attivo ed intrepido di essi. Il gran Teodorico si congratulò della vittoria con Clodoveo, di cui aveva il Re d’Italia ultimamente sposato la sorella Albofleda; ma dolcemente s’interpose appresso il cognato in favore de’ supplicanti e de’ fuggitivi, che avevano implorato la sua protezione. I territorj Gallici, ch’erano posseduti dagli Alemanni, divennero preda del loro vincitore; e quella superba nazione, invincibile o ribelle alle armi di Roma, riconobbe la sovranità de’ Re Merovingici, che graziosamente permisero loro di usare i propri particolari [p. 84 modifica]costumi ed istituti, sotto il governo di Duchi temporari, ed in progresso ereditari. Dopo la conquista delle Province occidentali, i soli Franchi mantennero le loro antiche abitazioni di là dal Reno. Essi appoco appoco sottomisero e ridussero a civiltà quegli esausti paesi, sino all’Elba ed alle montagne della Boemia; e fu assicurata la pace d’Europa dall’ubbidienza della Germania24.

[A. 496] Fino all’età di trent’anni, Clodoveo continuò a venerare gli Dei de’ suoi maggiori25. La sua incredulità, o piuttosto non curanza del Cristianesimo poteva incoraggirlo forse a predare con minor rimorso le chiese d’un paese nemico: ma i suoi sudditi della Gallia godevano l’esercizio libero del Culto religioso; ed i Vescovi mettevano speranza maggiore in un idolatra, che negli eretici. Il Principe Merovingico aveva contratto fortunatamente matrimonio con la bella Clotilde, nipote del Re di Borgogna, che in mezzo ad una [p. 85 modifica]Corte Arriana era stata educata nella professione della Fede Cattolica. Era interesse non meno che dovere di lei il compire la conversione26 d’un marito Pagano, e Clodoveo, senz’accorgersene, diede orecchio alla voce dell’amore e della Religione. Egli acconsentì (ed era forse preventivamente stato convenuto di ciò) al battesimo del suo maggior figlio, e quantunque la repentina morte del fanciullo eccitasse qualche superstizioso timore, fu persuaso per la seconda volta a ripetere quel pericoloso esperimento. Nelle angustie della battaglia di Tolbiac, Clodoveo altamente invocò il Dio di Clotilde e de’ Cristiani; e la vittoria lo dispose ad ascoltare con rispettosa gratitudine l’eloquente27 Remigio28 Vescovo di Reims, che dimostrò con forza i temporali e spirituali vantaggi della sua [p. 86 modifica]conversione. Il Re si dichiarò persuaso della verità della Fede Cattolica; e le ragioni politiche, le quali avrebbero potuto farne sospendere la pubblica professione, furon tolte di mezzo dalle devote o fedeli acclamazioni de’ Franchi, che si dimostrarono ugualmente disposti a seguire l’eroico lor capitano, sì al campo di battaglia, che al fonte battesimale. Quest’importante ceremonia fu eseguita nella Cattedrale di Reims con ogni circostanza e solennità che poteva imprimere un rispettoso sentimento di religione nelle menti de’ suoi rozzi proseliti29. Il nuovo Costantino fu immediatamente battezzato, insieme con tremila guerrieri suoi sudditi: e fu imitato l’esempio loro dal resto de’ Barbari ingentiliti, i quali in obbedienza al vittorioso Prelato, adoraron la Croce, ch’essi avevano già bruciato, e bruciarono gli idoli, che avevano adorato30. Lo spirito di Clodoveo era suscettibile d’un passaggero fervore: ei fu commosso dal patetico racconto della passione, e della morte di Cristo; ed invece di ponderare i salutari effetti di quel misterioso sacrifizio, esclamò [p. 87 modifica]con indiscreto furore; „Se io vi fossi stato presente alla testa de’ miei valorosi Franchi, avrei vendicato le sue ingiurie„31. Ma il selvaggio conquistator della Gallia era incapace d’esaminare le prove d’una religione, che dipendono da una laboriosa investigazione d’istorica autorità, e di speculativa teologia. Molto più egli era incapace di sentire la dolce influenza del Vangelo, che persuade e purifica il cuore d’un vero convertito. L’ambizioso suo regno presenta una perpetua violazione de’ doveri morali e cristiani; le sue mani furon macchiate di sangue, sì in pace, che in guerra, ed appena ebbe Clodoveo licenziato un sinodo della Chiesa Gallicana, che tranquillamente assassinò tutti i Principi della stirpe Merovingica32. Pure poteva il Re de’ Franchi adorare sinceramente il Dio dei Cristiani, come un Essere più eccellente e potente delle nazionali sue divinità; e la segnalata liberazione e vittoria di Tolbiac incoraggirono Clodoveo a confidar nella futura protezione del Signor degli eserciti. Martino, il più popolare de’ Santi, aveva ripieno il Mondo occidentale della fama di que’ miracoli, che si facevan continuamente al santo di lui sepolcro di Tours. Il suo [p. 88 modifica]visibile o invisibile aiuto favorì la causa d’un Principe liberale ed ortodosso; e non bisogna interpretar la profana osservazione di Clodoveo medesimo, che S. Martino era un dispendioso amico33, come un sintoma d’alcun permanente o ragionato scetticismo. Ma la terra non meno che il cielo si rallegrò della conversione de’ Franchi. Nel memorabile giorno, in cui Clodoveo uscì dal fonte battesimale, egli solo nel Mondo cristiano meritò il nome e le prerogative di Re Cattolico. L’Imperatore Anastasio ammetteva de’ pericolosi errori intorno alla natura dell’incarnazione divina; ed i Barbari dell’Italia, dell’Affrica, della Spagna e della Gallia erano involti nell’eresia Arriana. Il maggiore, o piuttosto l’unico figlio, della Chiesa fu riconosciuto dal Clero per suo legittimo sovrano, o glorioso liberatore; e le armi di Clodoveo furono valorosamente sostenute dal zelo e dal fervore della fazione cattolica34.

[A. 497] Sotto l’Impero Romano la ricchezza e la giurisdizione dei Vescovi, il sacro carattere e perpetuo ufizio loro, i numerosi dipendenti, la popolar eloquenza e le [p. 89 modifica]assemblee provinciali di essi gli avevano sempre resi rispettabili, ed alle volte pericolosi. L’autorità loro aumentossi col progresso della superstizione, e lo stabilimento della Monarchia francese può in qualche modo attribuirsi alla stabile alleanza d’un centinaio di Prelati, che dominavano nelle malcontente, o indipendenti città della Gallia. I deboli fondamenti della Repubblica Armorica si erano più volte scossi, o abbattuti; ma l’istesso Popolo manteneva sempre la domestica sua libertà; sosteneva la dignità del nome Romano; e valorosamente resisteva alle predatorie scorrerie, ed a’ regolari attacchi di Clodoveo, che cercava d’estender le sue conquiste dalla Senna alla Loira. La felice lor opposizione introdusse un’uguale ed onorevole società fra loro. I Franchi stimavano il valore degli Armorici35, e questi si erano riconciliati per mezzo della religione co’ Franchi. La forza militare destinata a difender la Gallia, consisteva in cento diverse truppe di cavalleria, o d’infanteria; e queste nel tempo, che prendevano il titolo ed i privilegi di soldati Romani, erano rinnuovate da un continuo supplimento di Barbara gioventù. Si difendevano tuttavia dal disperato lor coraggio le ultime fortificazioni, e gli sparsi frammenti dell’Impero. Ma n’era impedita la ritirata, ed impraticabile la comunicazione: essi erano abbandonati da’ Principi Gre[p. 90 modifica]ci di Costantinopoli, e piamente rigettavano qualunque connessione con gli Arriani usurpatori della Gallia. Accettaron però, senza vergogna o ripugnanza, la generosa capitolazione, che fu proposta loro da un eroe cattolico; e questa legittima e spuria progenie di legioni Romane fu distinta ne’ successivi tempi con le proprie armi, insegne, vesti ed istituti particolari. Ma per mezzo di questi valevoli e volontari aumenti s’accrebbe la forza nazionale: ed i Regni vicini temettero il numero ugualmente che il coraggio de’ Franchi. La riduzione delle Province settentrionali della Gallia, invece che si decidesse dall’evento d’una sola battaglia, sembra, che fosse lentamente effettuata dalle successive operazioni della guerra, e del trattato; e Clodoveo acquistò tutto quello che formava l’oggetto della sua ambizione, per mezzo di tali sforzi, o di tali concessioni, che potevano combinarsi col suo real valore. Il selvaggio carattere di esso, e le virtù d’Enrico IV suggeriscono le idee più contrarie fra loro della natura umana: pure si può trovare qualche somiglianza nella situazione di due Principi, che conquistaron la Francia per mezzo del loro valore, della lor politica e del merito d’una opportuna conversione36.

[A. 499] Il Regno de’ Borgognoni, che aveva per confini i due fiumi Gallici la Saona ed il Rodano, s’estendeva dalla [p. 91 modifica]foresta de’ Vosgi fino alle Alpi, ad al Mare di Marsiglia37. Lo scettro di esso era in mano di Gundobaldo. Questo valoroso ed ambizioso Principe aveva ristretto il numero de’ canditati Reali mediante la morte di due fratelli, uno de’ quali era padre di Clotilde38, ma la sua imperfetta prudenza permise a Godegesilo, suo minor fratello, di possedere il dipendente Principato di Ginevra. L’Arriano Monarca fu giustamente sbigottito dalla soddisfazione e dalle speranze, che pareva animassero il suo Clero, ed il suo Popolo, dopo la conversione di Clodoveo; e Gondubaldo convocò a Lione un’assemblea de’ suoi Vescovi per conciliare, se era possibile, i religiosi e politici dissapori. Si fece invano una conferenza fra le due fazioni. Gli Arriani rinfacciarono a’ Cattolici il culto di tre Dei; i Cattolici difesero la loro causa per mezzo di teologiche distinzioni; e si dibatterono con ostinato clamore i soliti argomenti, le obbiezioni e le repliche, finattantochè il Re [p. 92 modifica]manifestò le sue segrete apprensioni con una improvvisa, ma decisiva questione, che fece a Vescovi Ortodossi: „Se voi professate veramente la Religion cristiana, perchè non frenate il Re de’ Franchi? Egli mi ha dichiarato la guerra, e forma alleanza co’ miei nemici per distruggermi. Uno spirito sanguinario ed avido non è l’indizio d una conversione sincera: dimostri la sua fede per mezzo delle sue opere„. Avito Vescovo di Vienna, che parlava in nome de’ suoi fratelli, rispose con la voce e col contegno d’un angelo: „Noi non sappiamo i motivi e le intenzioni del Re de’ Franchi: ma la Scrittura c’insegna che spesso vengon rovesciati que’ Regni che abbandonan la legge Divina; e che sorgeranno da ogni parte de’ nemici contro di quelli che hanno fatto Dio lor nemico. Torna col tuo Popolo alla legge di Dio, ed esso darà pace e sicurezza a’ tuoi Stati„. Il Re di Borgogna, che non era disposto ad accettare la condizione, che i Cattolici risguardavano come essenziale al trattato, rimesse ad altro tempo, e licenziò l’adunanza ecclesiastica, dopo d’aver rimproverato a’ suoi Vescovi, che Clodoveo, amico e proselito loro, aveva segretamente tentato la fedeltà del proprio di lui fratello39.

[A. 500] La fedeltà del fratello era stata già sedotta, e l’ubbidienza di Godegesilo, che si unì alle bandiere reali con le sue truppe di Ginevra, promosse più efficacemente il successo della cospirazione. Mentre i Franchi, ed i [p. 93 modifica]Borgognoni combattevano con ugual valore, l’opportuna sua diserzione decise l’evento della battaglia; e siccome Gundobaldo fu debolmente sostenuto da’ mal affezionati Galli, cedè alle armi di Clodoveo, e si ritirò in fretta dal campo, che sembra essere stato fra Langres e Digione. Non s’affidò egli alle fortificazioni di Digione, che aveva una Fortezza quadrangolare circondata da due fiumi, e da una muraglia alta trenta piedi, e grossa quindici con quattro porte, e trentatre torri40: abbandonò a Clodoveo le importanti città di Lione e di Vienna; e seguitò a fuggire precipitosamente, finattantochè non giunsero in Avignone, alla distanza di dugentocinquanta miglia dal campo di battaglia. Un lungo assedio, ed una artificiosa negoziazione avvertirono il Re de’ Franchi del pericolo, e della difficoltà dell’impresa. Esso impose dunque un tributo al Principe di Borgogna, lo costrinse a perdonare ed a premiare il tradimento del suo fratello, e se ne tornò superbo a’ suoi Stati con le spoglie, e gli schiavi delle Province meridionali. Questo splendido trionfo ben tosto venne oscurato dalla notizia, che Gundobaldo aveva violato le recenti sue obbligazioni, e che l’infelice Godegesilo, ch’era restato a Vienna con una guarnigione di cinquemila Franchi41, era stato assediato, sorpreso [p. 94 modifica]ed ucciso dall’inumano di lui fratello. Tale oltraggio avrebbe irritato la pazienza del più pacifico Sovrano; ma il conquistator della Gallia dissimulò l’ingiuria, rilasciò il tributo, ed accettò l’alleanza ed il servizio militare del Re di Borgogna. Clodoveo non aveva più que’ vantaggi, che gli avevano assicurato il buon successo della precedente guerra, ed il suo rivale, ammaestrato dall’avversità, aveva trovato nuovi mezzi di risorgere nell’affezione del suo Popolo. I Galli Romani applaudirono alle imparziali e miti leggi di Gundobaldo, che gli aveva innalzati quasi all’istesso livello co’ loro vincitori. I Vescovi si riconciliarono, lusingandosi non la speranza, ch’egli artificiosamente dava loro, della sua prossima conversione; e quantunque n’eludesse l’effetto fino all’ultimo momento della sua vita, la moderazione di esso assicurò la pace, e sospese la rovina del regno di Borgogna42.

[A. 532] Io sono impaziente di proseguire a narrar l’ultima rovina di quel Regno, che si compì sotto il Re Sigismondo figlio di Gundobaldo. Il cattolico Sigismondo acquistò gli onori di santo e di martire43; ma il santo [p. 95 modifica]Reale macchiò le proprie mani nel sangue dell’innocente suo figlio, ch’esso crudelmente sacrificò all’orgoglio ed allo sdegno d’una matrigna. Ei tosto scuoprì l’errore, e ne pianse l’irreparabile perdita. Mentre Sigismondo abbracciava il corpo dell’infelice giovane, ricevè questa severa ammonizione da uno de’ suoi famigliari: „Non è la sua sorte, o Re, ma la tua, che merita pietà e lamento„. I rimorsi d’una rea coscienza, per altro, furono mitigati da’ liberali suoi doni al monastero d’Agauno o San Morizio nel Valese, ch’egli stesso aveva fondato in onore degl’immaginari martiri della legione Tebea44. Fu istituito dal pio Re un pieno coro di perpetua salmodia; egli assiduamente praticava l’austera devozione de’ Monaci, e pregava umilmente il cielo, che gli desse in questo Mondo il castigo delle sue colpe. Fu esaudita la sua preghiera: vennero tosto i vendicatori; e le Province della Borgogna furono innondate da un’esercito di vittoriosi Franchi. Dopo l’evento d’una infelice battaglia, Sigismondo, che desiderava di prolungar la sua vita per prolungar la sua penitenza, si nascose nel deserto sotto l’abito di religioso, finattantochè fu scoperto e tradito da’ suoi sudditi, che riunivano il favore de’ [p. 96 modifica]loro Signori. Il prigioniero Monarca insieme con la sua moglie e due fanciulli, fu trasportato ad Orleans e sepolto vivo in un profondo pozzo per inumano comando de’ figli di Clodoveo, la crudeltà de’ quali può trarre qualche scusa dalle massime e dagli esempi del barbaro loro secolo. L’ambizione loro che gli stimolava a compir la conquista della Borgogna, era infiammata o coperta dalla filial pietà: e Clotilde, la cui santità non consisteva nel perdonar le ingiurie, gli spinse a vendicar la morte del proprio padre contro la famiglia del suo assassino. I Borgognoni ribelli, giacchè tentarono di romper le loro catene, ebbero tuttavia la permissione di servirsi delle lor leggi nazionali sotto l’obbligo d’un tributo e del militar servizio; ed i Principi Merovingici dominarono pacificamente sopra un regno, la gloria e grandezza del quale era stata prima rovesciata dalle armi di Clodoveo45.

[A. 507] La prima vittoria di Clodoveo aveva insultato l’onore de’ Goti. Essi videro i rapidi suoi progressi con gelosia e con terrore; e la giovanil fama d’Alarico era oppressa dal genio più potente del suo rivale. Nacquero inevitabilmente delle dispute intorno a’ confini de’ contigui loro Stati; e dopo gl’indugi d’una infruttuosa negoziazione, si propose ed accettò un personal congresso de’ due Re. Quest’abboccamento di Clodoveo e d’Alarico si fece in una piccola isola della Loira, vicina [p. 97 modifica]ad Amboise. Si abbracciarono essi, conversarono famigliarmente, mangiarono insieme, e si separarono con le più calde proteste di pace e d’amore fraterno. Ma l’apparente loro amicizia nascondeva un oscuro sospetto di perfidi ed ostili disegni; e le lor mutue querele sollecitarono, elusero ed impedirono una finale composizione. Clodoveo in un’assemblea di Principi e di guerrieri, tenuta a Parigi, ch’ei risguardava già come la sua sede, dichiarò il pretesto ed il motivo di una guerra Gotica. „Mi dispiace, disse, di vedere che gli Arriani tuttavia posseggano la più bella parte della Gallia. Marciamo contro di loro, coll’aiuto di Dio; e vinti gli eretici, possederemo, e ci divideremo le fertili loro Province46.„ I Franchi, eccitati dall’ereditario valore, e dal recente zelo, applaudirono al generoso disegno del loro Monarca; espressero la lor risoluzione di conquistare, o di morire, poichè la morte e la conquista sarebbero state ugualmente vantaggiose; e solennemente protestarono, che non si sarebber rasi la barba, finattantochè la vittoria non gli avesse assoluti da quell’inconveniente voto. L’impresa fu promossa dalle pubbliche, o private esortazioni di Clotilde. Rammentò essa al marito, con quanta efficacia le pie fondazioni avrebber reso propizia la divinità, ed i servitori di essa: ed il Cristiano eroe, scagliando la sua scure militare con abile [p. 98 modifica]e robusto braccio. „Là, disse, nel luogo, dove caderà la mia Francesca47, edificherò una Chiesa in onore de’ santi Apostoli„. Questa ostentata pietà confermò e giustificò l’attaccamento de’ Cattolici, co’ quali aveva esso una segreta corrispondenza; e le devote lor brame appoco appoco divennero una formidabil cospirazione. Il Popolo d’Aquitania era eccitato dagl’indiscreti rimproveri de’ tiranni Gotici, che giustamente l’accusavano di preferire il dominio de’ Franchi; e Quinziano, Vescovo di Rodes48, zelante loro aderente, predicava con più forza nel suo esilio, che nella sua Diocesi. Alarico, ad oggetto di resistere a questi nemici stranieri e domestici, ch’erano fortificati dall’alleanza dei Borgognoni, raccolse le sue truppe molto più numerose delle forze militari di Clodoveo. I Visigoti ripresero l’esercizio delle armi, ch’essi avevano trascurato in una lunga lussuriosa pace49; uno scelto corpo di valenti e robusti schiavi seguitarono i loro padroni nel cam[p. 99 modifica]po50; e le città della Gallia furon costrette a somministrare il loro dubbioso e ripugnante aiuto. Teodorico, Re degli Ostrogoti, che regnava in Italia, aveva cercato di mantener la tranquillità della Gallia; ed assunse o affettò per tal motivo l’imparzial carattere di mediatore. Ma l’accorto Monarca temeva il nascente Impero di Clodoveo, e stabilmente impegnossi a sostenere la nazionale e religiosa causa de’ Goti.

[A. 507] Gli accidentali, o artificiali prodigi, che adornarono la spedizione di Clodoveo, furono accettati da un secolo superstizioso come una manifesta dichiarazione del favor divino. Ei partì da Parigi; e siccome passò con decente reverenza per tutta la sacra Diocesi di Tours, la sua ansietà lo tentò di consultare l’urna di S. Martino, ch’era il santuario e l’oracolo della Gallia. Fu ordinato a’ suoi messaggi di notare le parole del salmo, che si fosser cantate in quel preciso momento, nel quale essi entravano in Chiesa. Quelle parole fortunatamente espressero il valore e la vittoria de’ campioni del Cielo, e facilmente se ne fece l’applicazione al nuovo Giosuè, al nuovo Gedeone, che usciva a combattere contro i nemici del Signore51. [p. 100 modifica]Orleans assicurò a’ Franchi un ponte sulla Loira; ma alla distanza di quaranta miglia da Poitiers, fu arrestato il progresso loro da uno straordinario gonfiamento del fiume Vigenna, o Vienna, mentre le opposte rive eran coperte dall’accampamento de’ Visigoti. La dilazione dev’esser sempre pericolosa per i Barbari, che consumano il paese, per il quale marciano; e quand’anche avesse Clodoveo avuto comodo e materiali, sarebbe stato impossibile di costruire un ponte, o forzare il passaggio in faccia ad un superiore nemico. Ma gli affezionati contadini, ch’erano impazienti d’accogliere il loro liberatore, poteron facilmente mostrargli un passo incognito, o non guardato; s’innalzò il merito della scoperta dall’utile interposizione della frode, o della finzione; ed un bianco cervo di singolar grandezza e beltà, comparve a guidare e ad animare la marcia dell’armata cattolica. I consigli de’ Visigoti furono irrisoluti e distratti. Una folla d’impazienti guerrieri, che presumevano assai della loro forza, e sdegnavano di fuggire avanti a’ ladri della Germania, eccitò Alarico a sostenere colle armi il nome ed il sangue del conquistatore di Roma. Il consiglio dei Capitani più gravi lo stimolava ad eludere il primo ardore de’ Franchi; e ad aspettare, nelle Province meridionali della Gallia, i veterani e vittoriosi Ostrogoti, [p. 101 modifica]che il Re d’Italia gli aveva già mandato in soccorso. Si consumarono in oziose deliberazioni i decisivi momenti; i Goti abbandonarono, forse con troppa fretta, un posto vantaggioso, e perderono l’opportunità d’una sicura ritirata per causa de’ tardi e disordinati lor movimenti. Dopo che Clodoveo ebbe passato il guado, che tuttavia si chiama del cervo, si avanzò con arditi e veloci passi ad impedire la fuga del nemico. La notturna sua marcia fu diretta da una lucida meteora, sospesa nell’aria sopra la Cattedrale di Poitiers; e tal segnale, che poteva essersi precedentemente concertato col successore ortodosso di S. Ilario, fu paragonato alla colonna di fuoco, che guidò gl’Israeliti nel deserto. Alla terza ora del giorno, circa dieci miglia di là da Poitiers, Clodoveo sopraggiunse, ed immediatamente attaccò l’armata Gotica, la cui disfatta era già preparata dal terrore e dalla confusione. Pure nell’estremo loro pericolo si riunirono insieme: ed i bellicosi giovani, che avevano altamente richiesto di combattere, non vollero sopravvivere all’ignominia della fuga. I due Re s’incontrarono nella pugna: Alarico cadde per mano del suo rivale; ed il vittorioso Franco fu salvato per la buona tempra della sua corazza, e per il vigore del suo cavallo, dalle lance di due disperati Goti, che furiosamente corsero contro di lui per vendicare la morte del lor Sovrano. L’incerta espressione d’una montagna di uccisi serve per indicare una crudele quantunque indefinita strage; ma Gregorio ha diligentemente osservato, che Apollinare, figlio di Sidonio, suo valoroso nazionale, perdè la vita alla testa de’ nobili dell’Alvergna. Forse questi sospetti Cattolici erano stati maliziosamente esposti al cieco [p. 102 modifica]assalto del nemico; e forse l’influenza della religione cedè all’attaccamento personale, od all’onor militare52.

[A. 507] Tal è l’Impero della fortuna (se pure tuttavia possiam cuoprire la nostra ignoranza con questo volgar vocabolo), che è quasi ugualmente difficile il prevedere gli eventi della guerra, che lo spiegarne le varie conseguenze. Una sanguinosa e compita vittoria non ha portato alle volte, che il puro possesso del campo; ed alle volte la perdita di diecimila uomini è stata capace, in un giorno, a distruggere l’opera di più secoli. La decisiva battaglia di Poitiers fu seguita dalla conquista dell’Aquitania. Alarico aveva lasciato dopo di se un figlio fanciullo, un bastardo suo competitore, da’ Nobili faziosi, ed un Popolo disleale; e le restanti truppe de’ Goti eran’oppresse dalla generale costernazione, o rivolte le une contro le altre nelle civili discordie. Il vittorioso Re de’ Franchi procedè senza dilazione all’assedio d’Angolemme. Al suono delle sue trombe, le mura della città imitaron l’esempio di quelle di Gerico, e ad un tratto caddero a terra: splendido miracolo, che può ridursi alla supposizione, che qualche clerical macchinista avesse segretamente [p. 103 modifica]scavato i fondamenti delle fortificazioni53. A Bordò, che si era sottomessa senza resistenza, Clodoveo stabilì i suoi quartieri d’inverno, e la prudente sua economia trasferì da Tolosa il tesoro reale, ch’era depositato nella Capitale della Monarchia. Il Conquistatore penetrò sino a’ confini della Spagna54; risarcì l’onore della Chiesa Cattolica; piantò in Aquitania una colonia di Franchi55; e commesse a’ suoi Luogotenenti la facile impresa di soggiogare, o d’estirpare la Nazione de’ Visigoti. Ma questi erano protetti dal saggio e potente Monarca d’Italia. Finattantochè la bilancia durò ad essere uguale, Teodorico aveva forse a bella posta differito la marcia degli Ostrogoti; ma [p. 104 modifica]i loro valorosi sforzi resisterono in seguito con successo all’ambizione di Clodoveo; e l’esercito de’ Franchi, e de’ Borgognoni loro alleati, fu costretto a levare l’assedio d’Arles con la perdita, per quanto fu detto, di trentamila uomini. Queste vicende fecero inclinare il fiero spirito di Clodoveo ad acconsentire ad un vantaggioso trattato di pace. Fu rilasciato ai Visigoti il possesso della Settimania, piccolo tratto di costa marittima dal Rodano ai Pirenei; ma l’ampia Provincia dell’Aquitania, da quelle montagne fino alla Loira, fu indissolubilmente unita al regno di Francia56.

[A. 510] Dopo il successo della Guerra Gotica, Clodoveo accettò gli onori del Consolato Romano. L’Imperatore Anastasio ambì di dare al più potente rivale di Teodorico il titolo e le insegne di quell’eminente dignità; pure il nome di Clodoveo per qualche ignota causa non è stato inserito ne’ Fasti nè dell’Oriente, nè dell’Occidente57. Nel giorno solenne, il Monarca della [p. 105 modifica]Gallia, col diadema sul capo, fu investito nella Chiesa di S. Martino, della tunica, e del manto di porpora. Di là si trasferì a cavallo alla Cattedrale di Tours; e passando per le strade spargeva profusamente con le proprie mani un donativo d’oro e d’argento alla lieta moltitudine, che non cessava di ripeter le sue acclamazioni di Console, e d’Augusto. L’autorità, che di fatto, o di diritto avea Clodoveo, non poteva ricevere alcun nuovo aumento dalla dignità consolare. Essa era un nome, un’ombra, una vana pompa; e se il conquistatore avesse voluto pretendere le antiche prerogative di quel sublime uffizio, sarebbero queste spirate dentro lo spazio dell’annua durata di esso. Ma i Romani eran disposti a venerare nella persona del loro Signore quell’antico titolo, che gl’Imperatori stessi condiscendevano a prendere: il Barbaro medesimo pareva, che contraesse una sacra obbligazione di rispettare la maestà della Repubblica; ed i successori di Teodosio, col cercarne l’amicizia, tacitamente dimenticavano, e quasi ratificavano l’usurpazione della Gallia.

[A. 536] Venticinque anni dopo la morte di Clodoveo venne dichiarata finalmente quest’importante concessione in un trattato fra’ suoi figli, e l’Imperador Giustiniano. [p. 106 modifica]Gli Ostrogoti d’Italia, incapaci a difendere i loro distanti acquisti, avevan ceduto a’ Franchi la città d’Arles, tuttavia decorata della sede d’un Prefetto del Pretorio, e di Marsilia, arricchita da’ vantaggi del commercio, e della navigazione58. Fu confermata questa cessione dall’autorità Imperiale; e Giustiniano, generosamente cedendo a’ Franchi la sovranità de’ paesi di là dalle Alpi, che già possedevano, assolvè i Provinciali dall’obbligo di fedeltà; e stabilì sopra un più legittimo, sebbene non più solido, fondamento il trono de Merovingi59. Da quel tempo in poi essi goderono il diritto di celebrare in Arles i giuochi Circensi: e per un singolar privilegio, ch’era negato fino al Monarca Persiano, la Moneta d’oro, coniata col nome, e l’immagine loro, ebbe un libero corso nell’Impero60. Un [p. 107 modifica]Istorico Greco di quel tempo ha lodato le private e pubbliche virtù de’ Franchi con un parziale entusiasmo, che non si può sufficientemente giustificare coi loro annali domestici61. Ei celebra la gentilezza ed urbanità, il regolare governo, e l’ortodossa religione di essi; ed arditamente asserisce, che questi Barbari non si potevan distinguere da’ sudditi di Roma, che per l’abito ed il linguaggio loro. Forse i Franchi spiegavano già quella socievol disposizione, e vivace grazia, che in ogni tempo ha mascherato i loro vizi, ed alle volte nascosto l’intrinseco loro merito. Forse Agatia ed i Greci, furono abbagliati dal rapido progresso delle loro armi, e dallo splendore del loro impero. Dopo la conquista della Borgogna, la Gallia, in tutta la sua estensione, a riserva della Gotica Provincia di Settimania, era soggetta a’ figli di Clodoveo. Esse avevano estinto il regno Germanico della Turingia, ed il vago loro dominio penetrava di là dal Reno nel cuore delle native loro foreste. Gli Alemanni ed i Bavari, che avevan occupato le Romane Province della Rezia e del Norico, al mezzo giorno del Danubio, si riconoscevano umili vassalli de’ Franchi; ed il debole ritegno delle Alpi, era incapace di resistere [p. 108 modifica]alla loro ambizione. Quando l’ultimo de’ figli di Clodoveo, che sopravvisse agli altri, nella sua persona riunì l’eredità e le conquiste de’ Merovingi, s’estendeva il suo regno molto al di là de’ confini della moderna Francia. Pure questa, tal è stato il progresso delle arti e della politica, di gran lunga sorpassa in ricchezza, popolazione e potenza gli spaziosi, ma selvaggi reami di Clotario, o di Dagoberto62.

I Franchi o Francesi son l’unico Popolo d’Europa, che possa dimostrare una continua successione dai conquistatori dell’Impero occidentale. Ma la loro conquista della Gallia fu seguita da dieci secoli d’anarchia e d’ignoranza. Quando risorsero le lettere, gli studiosi, che si eran formati nelle scuole di Atene e di Roma, sdegnarono i Barbari loro maggiori; e passò un lungo tratto di tempo avanti che la paziente fatica potesse preparare i materiali necessari, per soddisfare, o piuttosto eccitare, la curiosità de’ tempi più illuminati63. Finalmente l’occhio della critica e della Filosofia si rivolse alle antichità di Francia; ma anche i Filosofi sono attaccati dal contagio del pregiudizio, e della passione. I sistemi più disperati, ed esclusivi [p. 109 modifica]della personal servitù de’ Galli, o della volontaria loro ed uguale alleanza co’ Franchi, si sono audacemente immaginati, ed ostinatamente difesi: e gl’intemperanti disputatori si sono vicendevolmente accusati di cospirare contro le prerogative della corona, contra la dignità de’ Nobili, o la libertà del Popolo. Pure l’aspro conflitto ha esercitato ultimamente le armi nemiche dell’erudizione e dell’ingegno, ed ogni antagonista, ora vincitore ora vinto, ha estirpato qualche antico errore, e stabilito qualche verità interessante. Un imparziale straniero, istruito dalle scoperte, dalle dispute, ed anche dagli errori loro, può descrivere, con gli stessi autentici materiali, lo stato de’ provinciali Romani, dopo che la Gallia fu sottomessa alle armi, ed alle Leggi de’ Re Merovingici64.

La più rozza e servil condizione della società umana è sempre diretta da regole fisse e generali. Quando Tacito osservò la primitiva semplicità de’ Germani, scuoprì alcune massime costanti, o costumanze di vita pubblica e privata, che si conservarono da una fedel tradizione fino all’introduzione dell’arte di [p. 110 modifica]scrivere, e della lingua Latina65. Prima dell’elezione dei Re Merovingici, la più potente tribù, o nazione de’ Franchi deputò quattro venerabili Capitani a comporre le leggi Saliche66; ed il loro lavoro fu esaminato, ed approvato in tre successive adunanze dal Popolo. Clodoveo dopo il suo Battesimo, ne riformò vari articoli, che sembravano incompatibili col Cristianesimo: il Gius Salico fu di nuovo emendato da’ suoi figli; e finalmente sotto il Regno di Dagoberto fu rivisto e promulgato il Codice medesimo nell’attuale sua forma, cento anni dopo lo stabilimento della Monarchia Francese. Dentro l’istesso periodo di tempo, furon trascritti e pubblicati gli usi de’ Ripuari; e Carlo Magno medesimo, legislatore del suo secolo, e del suo paese, aveva diligentemente studiate i due corpi di leggi nazionali, che tuttavia si osservavan da’ Franchi67. La stessa cura si [p. 111 modifica]estese anche a’ loro vassalli, e furon diligentemente compilati e ratificati dalla suprema autorità de’ Re Merovingici i rozzi istituti degli Alemanni e de’ Bavari. I Visigoti ed i Borgognoni, le conquiste de’ quali nella Gallia precederono quelle de’ Franchi, dimostrarono meno impazienza a procurarsi uno de’ principali vantaggi della società incivilita. Enrico fu il primo de’ Principi Goti, che pose in iscritto le usanze ed i costumi del suo Popolo; e la composizione delle Leggi Borgognone fu un effetto di politica, piuttosto che di giustizia, per sollevare il giogo e riguadagnar l’affezione de’ Gallici loro sudditi68. Così, per una singolare combinazione, i Germani formarono le semplici loro istituzioni in un tempo, in cui si condusse all’ultima sua perfezione l’elaborato sistema della Giurisprudenza Romana. Possiamo confrontare nelle Leggi Saliche, e nelle Pandette di Giustiniano, i primi rudimenti e la piena maturità del sapere civile; e per quanto possiamo esser prevenuti in favore de’ Barbari, le nostre più tranquille riflessioni attribuiranno a’ Romani i superiori vantaggi, non solo della scienza e della ragione, ma anche dell’umanità e della giustizia. Pure le leggi de’ Barbari erano adattate a’ bisogni e desiderj, alle occupazioni ed alla capacità loro; [p. 112 modifica]e tutte contribuivano a conservar la pace, ed a promuovere i vantaggi della società, per uso della quale in principio erano state fatte. I Merovingi, in cambio d’imporre una regola uniforme di condotta a’ diversi lor sudditi, permisero ad ogni Popolo, e ad ogni famiglia del loro Impero di usare liberamente le domestiche loro costituzioni69; nè i Romani furono esclusi da’ comuni vantaggi di questa civil tolleranza70. I figli abbracciavan la legge de’ loro padri, la moglie quella del marito, il liberto quella del padrone; ed in tutte le cause, nelle quali fossero di varia nazione le parti, l’attore o l’accusatore era tenuto a seguitare il foro del reo, che può sempre avere una giudicial presunzione di diritto o d’innocenza. Si concedeva una maggior libertà, se uno alla presenza del Giudice, dichiarava la legge, secondo la quale voleva vivere, e la nazional società, a cui desiderava d’appartenere. Tale indulgenza doveva abolire le parziali [p. 113 modifica]distinzioni della vittoria; ed i provinciali Romani potevano pazientemente soffrire gl’incomodi della lor condizione, giacchè da loro stessi dipendeva di godere il privilegio di liberi e bellicosi Barbari71, se ne volevano assumere il carattere. Quando la giustizia esige inesorabilmente la morte dell’omicida, ogni privato cittadino viene confortato dalla sicurezza, che le Leggi, i Magistrati, e tutta la società vegliano alla personal sua salute. Ma nella disfrenata società de’ Germani la vendetta fu sempre onorevole, e spesso meritoria: l’indipendente guerriero puniva, o vendicava con le proprie mani le ingiurie, ch’egli aveva fatte, o ricevute: e non dovea temere, che il risentimento de’ figli, e de’ congiunti del nemico, ch’egli aveva sacrificato alle proprie passioni. Il Magistrato, consapevole della sua debolezza, s’interponeva non per punire, ma per riconciliare; ed era ben soddisfatto se poteva persuadere, o costringere, le [p. 114 modifica]parti contendenti a pagare, o ad accettare la moderata tassa, ch’era stata fissata come prezzo del sangue72. Il feroce spirito de’ Franchi si sarebbe opposto ad una più rigorosa sentenza; la stessa fierezza deprezzava quest’inefficaci ritegni; e quando i semplici loro costumi furon corrotti dalla ricchezza della Gallia, era continuamente violata la pubblica pace da atti di repentini, o deliberati delitti. In ogni giusto Governo, s’infligge o almeno s’impone la medesima pena per l’uccisione d’un Villano o d’un Principe. Ma la nazional disuguaglianza, stabilita da’ Franchi ne’ loro processi criminali, fu l’ultimo insulto, ed abuso della conquista73. Ne’ tranquilli momenti della Legislazione, solennemente pronunziarono, che la vita d’un Romano fosse di minor valore di quella d’un Barbaro. L’Antrustione74, vocabolo ch’esprimeva la [p. 115 modifica]più illustre nascita o dignità fra i Franchi, era valutato la somma di seicento monete d’oro, mentre il nobile Provinciale, ch’era ammesso alla tavola del Re, poteva esser ucciso legalmente con la spesa di trecento monete. Dugento si stimarono sufficienti per un Franco di condizione ordinaria; ma i Romani più bassi erano esposti al disonore, ed al pericolo, mediante una tenue compensazione di cento, o anche di cinquanta monete d’oro. Se queste leggi si fossero regolate con qualche principio d’equità o di ragione, la pubblica difesa avrebbe dovuto supplire in giusta proporzione alla mancanza di forza personale. Ma il Legislatore avea pesato nella bilancia, non della giustizia, ma della politica, la perdita d’un soldato e quella d’uno schiavo: la testa d’un insolente rapace Barbaro era guardata da una grave tassa; e si dava il più tenue aiuto a’ sudditi più deboli. Il tempo appoco appoco abbattè l’orgoglio de’ conquistatori, e la pazienza de’ vinti; ed il più audace cittadino apprese per esperienza, ch’ei poteva soffrire più ingiurie di quelle, che potesse farne. A misura che i costumi dei Franchi divenner meno feroci, le lor leggi si renderono meno severe; ed i Re Merovingici tentarono di imitare l’imparzial rigore de’ Visigoti, e de’ Borgognoni75. Sotto l'impero di Carlo Magno, l’omicidio [p. 116 modifica]era generalmente punito con la morte; e l’uso delle pene capitali si è abbondantemente moltiplicato nella Giurisprudenza della moderna Europa76.

Le professioni civili e militari, ch’erano state separate da Costantino, furono di nuovo unite insieme da’ Barbari. Il duro suono de’ nomi Teutonici fu addolcito riducendoli a’ titoli latini di Duca, di Conte, o di Prefetto, ed il medesimo Ufiziale prese nel suo distretto il comando delle truppe, e l’amministrazione della giustizia77. Ma il fiero ed inculto Capitano rade volte era capace di soddisfare a’ doveri di Giudice, che richiedono tutte le facoltà d’una mente filosofica, laboriosamente coltivata dall’esperienza e dallo studio; e la sua rozza ignoranza fu costretta ad abbracciare alcuni semplici, e visibili metodi di assicurar la causa della giustizia. In ogni religione si è invocata la Divinità per confermare la verità, o per punire la falsità della testimonianza umana; ma questo [p. 117 modifica]potente istrumento fu male applicato dalla semplicità de’ Germani Legislatori, o se ne abusarono. La parte accusata poteva giustificare la sua innocenza, producendo al Tribunale un numero di amichevoli testimoni, che solennemente dichiaravano la loro credenza o sicurezza, ch’esso non fosse colpevole. Secondo il peso dell’accusa moltiplicavasi questo numero legale di Compurgatori; per assolvere un incendiario, o un assassino, si richiedevano settantadue persone; e quando era sospetta la castità d’una Regina di Francia, trecento valorosi Nobili giuravano senza esitare, che il nato Principe era stato realmente generato dal defunto di lei marito78. Il delitto, e lo scandalo di manifesti e frequenti spergiuri indussero i Magistrati a rimovere tali pericolose tentazioni; ed a supplire a’ difetti della testimonianza umana per mezzo de’ famosi sperimenti del fuoco e dell’acqua. Tali straordinarie prove furono sì capricciosamente immaginate, che in alcuni casi il delitto, ed in altri l’innocenza, non potea provarsi senza l’interposizione d’un miracolo. Facilmente, si procuravan questi miracoli dalla frode, e dalla credulità; le cause più intricate si decidevano con questo facile ed infallibile metodo; ed i turbolenti Barbari, che avrebbero sdegnato la sentenza del Magistrato, umilmente si sottomettevano al giudizio di Dio79. [p. 118 modifica] Ma le prove per via di duello, appoco appoco, ebbero il maggior credito ed autorità presso un Popolo guerriero, che non potea credere che un uomo valoroso meritasse di soffrire, o un vigliacco di vivere80. Si ne’ processi civili, che ne’ criminali, l’attore o l’accusatore, il reo, o anche il testimone, erano esposti alla mortal disfida per parte dell’avversario, che mancava di prove legali; e dovevano, o abbandonar la causa, o pubblicamente sostenere il proprio onore nel campo di battaglia. Combattevano essi, o a piedi o a cavallo, secondo l’uso della loro nazione81; e la decisione della spada, o della lancia veniva ratificata dalla sanzione del Cielo, del Giudice, e del Popolo. Questa legge sanguinaria fu introdotta nella Gallia dai Borgognoni; e Gundobaldo82) loro Legislatore [p. 119 modifica]condiscese a rispondere in tal modo alle querele ed obbiezioni d’Avito, suo suddito. „Non è egli vero, disse il Re di Borgogna al Vescovo, che l’evento delle guerre delle Nazioni o de’ combattimenti privati è diretto dal giudizio di Dio; e che la sua Provvidenza aggiudica la vittoria a chi ha la causa più giusta?„ Per mezzo di tali argomenti, che in quel tempo prevalsero, l’assurda e crudel pratica de’ duelli giudiciali, ch’era stata propria di alcune Tribù di Germania, fu propagata e stabilita in tutte le monarchie dell’Europa, dalla Sicilia fino al Baltico. Al termine di dieci secoli, il regno della violenza legale non era totalmente estinto, e sembra, che le censure inefficaci de’ Santi, de’ Papi, e de’ Sinodi provino solo, che la forza della superstizione s’indebolisce quando, contro la sua natura, fa lega colla ragione, e coll’umanità. I tribunali eran macchiati col sangue forse di innocenti e rispettabili cittadini; la legge, che ora favorisce il ricco, allora cedeva al forte; ed il vecchio, il debole, l’infermo eran condannati o a rinunziare a’ loro più be’ diritti e possessi, o a sostenere i pericoli d’un disuguale combattimento83, o ad affidarsi [p. 120 modifica]al dubbioso aiuto d’un campion mercenario. Questa oppressiva Giurisprudenza regolava i Provinciali della Gallia, che si querelavano di qualche ingiuria fatta loro nelle persone, o ne’ beni. Per quanto fosse grande la forza o il coraggio degli individui, i vittoriosi Barbari erano al di sopra nell’amore, e nell’esercizio delle armi; ed il vinto Romano era ingiustamente citato a ripetere nella propria persona la sanguinosa contesa, che già era stata decisa contra la sua patria84.

Un esercito divoratore di centoventimila Germani anticamente aveva passato il Reno sotto il comando d’Ariovisto. Fu appropriata loro la terza parte delle fertili terre de’ Sequani; ed il Conquistatore ben tosto ripetè le sue oppressive domande d’un’altra terza parte per uso d’una nuova colonia di ventimila Barbari, ch’egli aveva invitato a partecipare della ricca messe della Gallia85. Alla distanza di cinquecento anni, i Visigoti, ed i Borgognoni, che vendicarono la disfatta d’Ariovisto, usurparono la stessa disugual pro[p. 121 modifica]porzione de’ due terzi delle terre soggette. Ma questa distribuzione, invece d’estendersi a tutta la Provincia, può ragionevolmente limitarsi a’ particolari distretti, ne’ quali si era stabilito il Popolo vittorioso per propria elezione, o per la politica del suo Capitano. In questi distretti ogni Barbaro era legato con qualche provinciale Romano da’ vincoli dell’ospitalità. Il proprietario era costretto di cedere a quest’ospite non gradito due terzi del suo patrimonio. Ma il Germano pastore, o cacciatore, si sarà talvolta contentato d’uno spazioso tratto di selva, o di pastura, rilasciando la più piccola, quantunque più valutabile parte, al travaglio dell’industrioso Agricoltore86. La mancanza di antiche ed autentiche testimonianze ha favorito l’opinione, che la rapina de’ Franchi non fosse moderata, o coperta dalle formalità d’una legal divisione; che questi si fosser dispersi nelle Province della Gallia senza ordine o ritegno veruno; e che ogni vittorioso ladro, secondo i suoi bisogni, la sua avarizia, e la sua forza, misurasse con la spada l’estensione del nuovo suo patrimonio. I Barbari, che si trovavano in distanza dal lor Sovrano, saranno forse stati tentati ad esercitare tali arbitrarie depredazioni; ma la sta[p. 122 modifica]bile ed artificiosa politica di Clodoveo doveva frenare uno spirito licenzioso, che avrebbe aggravato la miseria del vinto, nel tempo che corrompeva l’unione, e la disciplina de’ conquistatori. Il memorabile vaso di Soissons è un monumento, ed una prova della regolar distribuzione delle spoglie Galliche. Era dovere, ed interesse di Clodoveo il provvedere di premj una armata vittoriosa, e di stabilimenti un numeroso Popolo, senza però cagionare de’ dispiaceri, e delle ingiurie superflue a’ suoi leali Cattolici della Gallia. L’ampio fondo, ch’ei poteva legittimamente acquistare dall’Imperial patrimonio, i terreni vacanti, e le Gotiche usurpazioni, dovevan diminuire la crudele necessità dell’invasione e della confisca; e gli umili Provinciali dovevano più pazientemente piegarsi all’uguale e regolar distribuzione della loro perdita87. La ricchezza de’ Principi Merovingi consisteva nell’esteso lor patrimonio. Dopo la conquista della Gallia, tuttavia si dilettavano della rustica semplicità dei loro maggiori: le città furono abbandonate alla solitudine, ed alla decadenza; e le monete, le carte, ed i sinodi loro, portano sempre i nomi delle ville o dei palazzi rurali, ne’ quali successivamente risederono. Erano sparsi per le Province del loro regno centosessanta di questi palazzi, titolo che non dev’eccitare alcuna inopportuna idea d’arte, o di lusso, e se alcuni [p. 123 modifica]di essi potevano pretender l’onore di Fortezze, la massima parte non debbono stimarsi, che utili fattorie. L’abitazione de’ chiomati Re era circondata da comode corti, e da stalle pel bestiame, e pei polli; il giardino conteneva degli utili vegetabili; si esercitavano da mani servili per vantaggio del Sovrano le varie specie di commercio, i lavori dell’agricoltura, ed anche le arti della caccia, e della pesca: i suoi magazzini erano pieni di grano, e di vino o per vendersi o per il consumo, e tutta l’amministrazione si regolava con le più strette massime della privata economia88. Quest’ampio patrimonio fu destinato a sostenere l’estesa ospitalità di Clodoveo, e de’ suoi successori; ed a premiare la fedeltà de’ bravi loro compagni, che tanto in pace, che in guerra erano addetti al loro personal servizio. In vece d’un cavallo o di una continua armatura, ogni compagno, secondo il proprio grado, merito o favore, era investito d’un Benefizio: nome primitivo, e più semplice modello delle possessioni feudali. Tali doni potevan riprendersi a piacimento del Sovrano; e la debole sua prerogativa traeva qualche vantaggio dall’influenza della sua liberalità. Ma questo dipendente possesso, fu appoco [p. 124 modifica]appoco, abolito89 dagl’indipendenti, e rapaci nobili della Francia, che formarono un perpetuo patrimonio, ed un’ereditaria successione de’ lor Benefizi: rivoluzione salutare per li terreni che erano stati danneggiati, o negletti da’ loro precari signori90. Oltre questi beni reali e beneficiari, nella divisione della Gallia era stata assegnata loro una gran porzione di terre Allodiali e Saliche: queste erano esenti dal tributo, e le terre Saliche si dividevano ugualmente fra i discendenti maschi de’ Franchi91.

Nelle sanguinose discordie, e nella tacita decadenza della stirpe Merovingica, si formò nelle Province una nuova specie di tiranni, che sotto la denominazione di seniori o Signori usurparono un diritto di governare, ed una licenza d’opprimere i sudditi de’ particolari lor territori. La loro ambizione poteva tenersi a freno bensì dall’ostile resistenza d’un uguale; ma le leggi s’estinsero; ed i sacrileghi Barbari, che ardivano di provocar la vendetta d’un santo, o d’un vescovo92, [p. 125 modifica]rade volte rispettavano i termini d’un profano e debol vicino. I comuni o pubblici diritti naturali, quali si erano sempre mantenuti dalla Romana Giurisprudenza93, furono rigorosamente limitati da’ Germani conquistatori, il divertimento, o piuttosto la passione dei quali era l’esercizio della caccia. L’esteso dominio, che l’Uomo ha preso su’ selvaggi abitatori della terra, dell’aria e dell’acqua, fu ristretto ad alcuni fortunati individui della specie umana. La Gallia fu di nuovo coperta di boschi; e gli animali, riservati all’uso o al piacere del Signore, potevan devastare impunemente le campagne degl’industriosi vassalli. La caccia era il sacro privilegio de’ Nobili, e de’ famigliari loro servi. I trasgressori plebei erano gastigati per legge con verghe, e con la carcere94; ed in un secolo che ammetteva una tenue composizione per la vita d’un cittadino, era un delitto capitale il distruggere un cervo, o un toro salvatico dentro i recinti delle foreste reali95. [p. 126 modifica]

Secondo le massime della guerra antica, il vincitore diveniva Signore del nemico, ch’egli avea soggiogato e conservato in vita96: e la lucrosa causa della servitù personale, ch’era stata quasi soppressa dalla pacifica sovranità di Roma, si fece di nuovo risorgere e si moltiplicò dalle perpetue ostilità degl’indipendenti Barbari. Il Goto, il Borgognone o il Franco, che tornava da una spedizione di buon successo, si traeva dietro una lunga serie di pecore, di bovi e di schiavi umani, ch’esso trattava col medesimo brutal disprezzo. I giovani d’un’elegante figura, e di buono aspetto erano messi a parte per il servizio domestico: situazione dubbiosa, che gli esponeva alternativamente al favorevole o crudele impulso delle passioni. Gli artefici e servi utili (come i fabbri, i legnaiuoli, i sarti, i calzolai, i cuochi, i giardinieri, i tintori, gli orefici, ed argentieri ec.) impiegavano la loro abilità per uso e vantaggio de’ loro padroni. Ma gli schiavi Romani, che eran privi d’arte e capaci di fatica, venivan condannati, senza riguardo alla prima lor condizione, a [p. 127 modifica]guardare il bestiame, ed a coltivar le terre de’ Barbari. Il numero degli schiavi ereditari ch’erano attaccati a’ patrimoni Gallici, veniva continuamente accresciuto da nuove reclute; ed il servil Popolo, secondo la situazione ed il carattere de’ padroni, talora veniva sollevato mercè di una precaria indulgenza; e più frequentemente depresso da un capriccioso dispotismo97. Si esercitava da questi padroni un assoluto potere di vita e di morte sopra di loro; e quando maritavan le proprie figlie, si mandava, come un dono nuziale in un lontano paese98, una quantità di servi utili, incatenati su’ carri per impedirne la fuga. La maestà delle Leggi Romane difendeva la libertà d’ogni cittadino contro i temerari effetti della propria sua miseria, o disperazione. Ma i sudditi de Re Merovingi potevano alienare la loro libertà personale; e questo atto di legal suicidio, che frequentemente si praticava, vien espresso con termini i più vergognosi, ed umilianti per la dignità della natura umana99. L’esempio del [p. 128 modifica]povero che comprava la sua vita col sacrifizio di tutto ciò, che può render la vita stessa desiderabile, fu appoco appoco imitato dal debole, e dal devoto che, in tempi di pubbliche turbolenze, vilmente correva in folla a ripararsi sotto il baloardo d’un potente Capo, ed intorno alle reliquie d’un santo popolare. Si accettava la lor sommissione da questi temporali o spirituali padroni; ed il precipitoso atto irreparabilmente fissava la lor condizione, e quella dell’ultima loro posterità. Dal regno di Clodoveo, per cinque secoli successivi, le leggi, ed i costumi de’ Galli furono uniformemente diretti a promuovere l’accrescimento, ed a confermar la durata della personal servitù. Il tempo, e la violenza quasi cancellarono i gradi intermedi della società; e lasciarono un oscuro, ed angusto intervallo fra il nobile e lo schiavo. Quest’arbitraria e recente divisione si è trasformata dall’orgoglio e dal pregiudizio in una distinzion nazionale, universalmente stabilita dalle armi e dalle leggi de’ Merovingi. I Nobili, che vantavano la genuina o favolosa lor discendenza dagl’indipendenti, e vittoriosi Franchi, hanno sostenuto l’inalienabil diritto di conquista, e ne hanno abusato sopra un’avvilita folla di schiavi e plebei, a’ quali attribuivano l’immaginaria disgrazia d’una estrazione Gallica o Romana. Lo stato generale e le rivoluzioni della Francia, nome imposto a quel regno da’ conquistatori, può illustrarsi coll’esempio particolare d’una Provincia, di una diocesi e d’una Famiglia Senatoria. L’Alvergna [p. 129 modifica]in antico aveva conservato una giusta superiorità fra gli Stati, e le città indipendenti, della Gallia. I bravi e numerosi abitatori di essa mostravano un trofeo singolare, cioè la spada che Cesare stesso avea perduto quando fu rispinto dalle mura di Gergovia100. Risguardandosi essi come discendenti comuni di Troia, vantavano una fraterna connessione co’ Romani101: e se ogni Provincia avesse imitato il coraggio e la fedeltà dell’Alvergna, si sarebbe potuto impedire, o differir la caduta dell’Occidentale Impero. Mantennero costantemente la fedeltà, che avevano con ripugnanza giurata a’ Visigoti; ma quando i loro più valorosi nobili restarono uccisi nella battaglia di Poitiers, accettarono senza resistenza un vittorioso e cattolico Sovrano. Si compì, e si possedè questa facile e pregevol conquista da Teodorico, figlio maggiore di Clodoveo: ma era separata da’ suoi Stati d’Austrasia quella distante Provincia, per l’interposizione de’ regni di Soissons, di Parigi e d’Orleans che dopo la morte del padre formarono l’eredità de’ suoi tre fratelli. Childeberto, Re di Parigi, fu tentato dalla vicinanza e dalla beltà dell’Alvergna102. La campagna superiore, [p. 130 modifica]che s’innalza verso il mezzodì nelle montagne di Cevennes, presentava un ricco e vario prospetto di boschi e di pasture; i lati de’ colli eran vestiti di viti; ed ogni eminenza era coronata da una villa o da un castello. Nell’Alvergna inferiore, il fiume Allier scorre per la bella e spaziosa pianura di Limagna; e l’inesausta fertilità del suolo somministrava, e tuttavia somministra, senz’alcuno intervallo di riposo, la costante ripetizione delle stesse raccolte103. Sulla falsa notizia, che il legittimo loro Sovrano fosse stato ucciso in Germania, si rese la città e diocesi d’Alvergna dal nipote di Sidonio Apollinare. Childeberto godè di questa clandestina vittoria; ed i sudditi liberi di Teodorico minacciarono d’abbandonare le sue bandiere, se si lasciava trasportare dal suo sdegno privato, mentre la nazione era impegnata nella guerra di Borgogna. Ma i Franchi d’Austrasia tosto cederono alla persuasiva eloquenza del loro Re. „Seguitemi,„ disse Teodorico, „nell’Alvergna; io vi condurrò in una Provincia, dove potrete acquistare dell’oro, dell’argento, degli schiavi, del bestiame e de’ mobili [p. 131 modifica]preziosi in quell’abbondanza, che potete desiderare. Io vi confermo la mia promessa: vi do in preda il Popolo e la sua ricchezza; e voi potrete a vostro piacere trasportar tutto nel vostro paese.„ Mediante l’esecuzione di questa promessa, Teodorico perdè giustamente la fedeltà d’un Popolo ch’ei condannò alla distruzione. Le sue truppe, rinforzate da’ più feroci Barbari della Germania104, sparsero la desolazione sulla fruttifera faccia dell’Alvergna; e solo due Piazze, un forte castello, ed un santuario furon salvati o redenti dal licenzioso loro furore. La Fortezza di Meroliac105 era posta sopra un’alta rupe, che s’innalzava cento piedi sulla superficie del piano; ed erano incluse dentro il ricinto delle sue fortificazioni, una gran conserva d’acqua fresca, ed alcune terre coltivabili. I Franchi risguardavano con invidia e disperazione quella insuperabil Fortezza: ma sorpresero una truppa di cinquanta soldati dispersi, e siccome erano oppressi dal numero de’ loro schiavi, fissarono l’alternativa della vita ad un piccolo prezzo, o della morte per queste miserabili vittime, che i crudeli Barbari eran pronti a scannare, se la guarnigione ricusava di [p. 132 modifica]rendersi. Un altro distaccamento penetrò fino a Brivas o Brioude, dove gli abitanti si erano rifuggiti co’ loro mobili di più valore nel Santuario di S. Giuliano. Le porte della Chiesa resisterono all’assalto; ma un audace soldato v’entrò per una finestra del Coro, ed aprì il passo a’ suoi compagni. Si strapparono crudelmente dall’altare il Clero ed il Popolo, le spoglie sacre e le profane; e si fece la sacrilega divisione ad una piccola distanza dalla città di Brioude. Ma quest’atto d’empietà fu severamente punito dal devoto figlio di Clodoveo. Ei gastigò con la morte i delinquenti più atroci; rilasciò i segreti lor complici alla vendetta di S. Giuliano; liberò gli schiavi; restituì la preda; ed estese i diritti del santuario a cinque miglia in giro intorno al sepolcro del santo Martire106. Prima che l’armata d’Austrasia si ritirasse dall’Alvergna, Teodorico volle qualche sicurezza della futura fedeltà d’un Popolo, il giusto odio del quale non poteva frenarsi, che dal timore. Fu data in mano del Conquistatore una scelta truppa di nobili giovani, figli de’ principali Senatori, come ostaggi della fede di Childeberto e de’ suoi Nazionali. Al primo rumore di guerra o di cospirazione quest’innocenti giovani furono ridotti ad uno stato di servitù; ed uno di loro, chiamato Attalo107, le avventure del quale sono più [p. 133 modifica]particolarmente riferite, custodiva i cavalli del suo padrone nella Diocesi di Treveri. Dopo una penosa ricerca, fu egli trovato in quell’indegna occupazione da quelli che aveva mandato il suo avo Gregorio, Vescovo di Langres; ma le lor offerte di riscatto vennero duramente rigettate dall’avarizia del Barbaro, che esigeva un’esorbitante somma di dieci libbre d’oro per la libertà del nobile suo schiavo. Si effettuò la sua liberazione, mediante l’arrischioso stratagemma di Leone, schiavo attenente alle cucine del Vescovo di Langres108. Un incognito agente facilmente l’introdusse nell’istessa Famiglia. Il Barbaro comprò Leone per il prezzo di dodici monete d’oro; ed ebbe piacere d’intendere, ch’egli s’era molto abilitato nel lusso d’una tavola Episcopale: „Domenica prossima,„ disse il Franco, „inviterò i miei vicini e parenti. Impiega tutta la tua arte, e costringili a confessare, ch’essi non hanno mai veduto, nè gustato un pranzo simile neppure in casa del Re„. Leone l’assicurò, che se egli avesse provveduto una sufficiente quantità [p. 134 modifica]di polli, sarebbero stati soddisfatti i suoi desiderj. Il padrone, che già aspirava al merito d’una elegante ospitalità, si prese come sua la lode che i voraci commensali concordemente diedero al suo cuoco; ed il destro Leone insensibilmente acquistò la confidenza, ed il maneggio della famiglia. Dopo aver pazientemente aspettato un intiero anno, ei disse cautamente ad Attalo il suo disegno, e l’esortò a prepararsi alla fuga nella seguente notte. Le intemperanti persone, convitate a cena, uscirono quella sera a mezza notte da tavola; ed il genero del Franco, che Leone servì al suo appartamento con una bevanda notturna, andava scherzando sulla facilità, con cui poteva esso tradire la sua fede. L’intrepido schiavo, dopo aver sostenuta questa pericolosa celia, entrò nella camera del suo padrone; ne tolse la lancia e lo scudo; trasse tacitamente i più veloci cavalli dalla stalla; aprì le pesanti porte, ed eccitò Attalo a salvare con pronta diligenza la propria vita e libertà. I loro timori gli mossero a lasciare i cavalli sulle rive della Mosa109; passarono il fiume a nuoto, andaron vagando tre giorni per la vicina foresta; e sussisterono solo per l’accidentale scoperta che fecero d’un susino salvatico. Mentre stavan nascosti in un oscuro bosco, udiron lo strepito de’ cavalli; furono spaventati dal truce aspetto del loro padrone; e con orrore sentirono la sua dichiarazione, che se poteva prendere i rei fuggitivi, voleva tagliarne uno a pezzi con la sua spada, ed espor l’altro [p. 135 modifica]sopra un patibolo. Finalmente Attalo, ed il fedel suo Leone giunsero all’amica abitazione d’un Prete di Reims, che ristorò le loro mancanti forze con pane e vino, gli celò alle ricerche del loro nemico e gli condusse salvi, fuori de’ confini dal Regno d’Austrasia, al palazzo episcopale di Langros. Gregorio abbracciò il suo nipote con lacrime di allegrezza; liberò con gratitudine Leone, e tutta la sua famiglia, dal giogo della servitù, e gli concesse la proprietà d’una possessione, dove potè finire i suoi giorni felicemente, ed in libertà. Questa singolare avventura notata con tante circostanze di verità e di natura fu raccontata forse da Attalo stesso al suo cugino o nipote, primo Istorico dei Franchi. Gregorio di Tours110 era nato circa sessant’anni dopo la morte di Sidonio Apollinare: e la loro situazione fu quasi simile, mentre ciascheduno di essi fu nativo dell’Alvergna, Senatore e Vescovo. La differenza però dello stile e de’ sentimenti loro può dimostrare la decadenza della Gallia, e far chiaramente conoscere quanto la mente umana in così breve spazio avea perduto d’energia e di acutezza111. [p. 136 modifica]

Abbiamo adesso motivo di non curare le opposte fra loro, e forse artificiose rappresentazioni, che hanno mitigato, o esagerato l’oppressione de’ Romani della Gallia sotto il regno de’ Merovingi. I conquistatori non promulgarono mai alcun editto generale di servitù, o di confiscazione: ma un Popolo degenerato, che scusava la propria debolezza con gli speciosi nomi di gentilezza e di pace, era esposto alle armi ed alle leggi de’ feroci Barbari, che insidiavano con disprezzo le possessioni, la libertà e la sicurezza di esso. Le lor personali ingiurie furon parziali ed irregolari, ma il corpo de’ Romani sopravvisse alla rivoluzione, e continuò a conservare la qualità e i privilegi de’ cittadini. Si preso una gran parte delle loro terre per uso de’ Franchi: ma essi godevano il rimanente immune da’ tributi112; e la stessa irresistibil violenza, che tolse di mezzo le arti e le manifatture della Gallia, distrusse l’elaborato e dispendioso sistema dell’Imperial dispotismo. I Provinciali dovevan frequentemente deplorare la rozza giurisprudenza delle Leggi Saliche o Ripuarie; ma la lor vita privata, negl’importanti [p. 137 modifica]matrimonio, de’ testamenti, o dell’eredità, era sempre regolata secondo il Codice Teodosiano: ed un Romano malcontento poteva liberamente aspirare o discendere al titolo e carattere di Barbaro. Gli onori dello Stato erano accessibili alla sua ambizione; l’educazione e l’indole de’ Romani li rendeva più specialmente atti agli ufizi del Governo civile; e tostochè l’emulazione ebbe riacceso il loro militare ardore fu permesso a’ medesimi di marciar nelle linee, o anche alla testa de’ vittoriosi Germani. Io non mi proporrò d’enumerare i Generali ed i Magistrati, i nomi de’ quali113 attestano la generosa politica de’ Merovingi. Il comando supremo della Borgogna, col titolo di Patrizio, fu successivamente affidato a tre Romani, e Mummolo114, l’ultimo ed il più potente fra essi che alternativamente salvò e disturbò la Monarchia, era succeduto a suo padre nel posto di Conte d’Autun, e lasciò un tesoro di trenta talenti d’oro, e di dugentocinquanta d’argento. I feroci ed ignoranti Barbari furono esclusi per varie generazioni dalle dignità, [p. 138 modifica]ed anche dagli ordini della Chiesa115. Il Clero della Gallia era quasi tutto composto di nativi Provinciali; gli altieri Franchi si prostravano a’ piedi de’ loro sudditi ch’erano investiti del carattere episcopale; e la potenza e le ricchezze che si erano perdute in guerra, furono appoco appoco ricuperate per mezzo della superstizione116. In tutti gli affari temporali, il Codice Teodosiano era la Legge universale del Clero; ma la Giurisprudenza Barbara aveva abbondantemente provvisto alla loro personal sicurezza: un Suddiacono equivaleva a due Franchi; l’Antrustione ed il Prete si reputavano dell’istesso valore; e la vita d’un Vescovo era valutata molto al di sopra della misura comune, al prezzo di novecento monete d’oro117. I Romani comunicarono a’ loro conquistatori l’uso della Religione Cristiana, e della lingua latina118: ma la lingua e la [p. 139 modifica]religione loro erano ugualmente degenerate dalla semplice purità del tempo d’Augusto e degli Apostoli. Il progresso della superstizione e del Barbarismo fu rapido ed universale: il culto de’ Santi celava agli occhi volgari il Dio de’ Cristiani; ed il rozzo dialetto de’ contadini e de’ soldati fu corrotto da un idioma e pronunzia Teutonica. Puro tal uso di sacra e di social comunione sradicò le distinzioni della nascita, e della vittoria; e le nazioni della Gallia a grado a grado, si confusero fra loro sotto il nome ed il governo de’ Franchi.

I Franchi, di poi che si furono mescolati co’ Gallici loro sudditi, avrebbero potuto far loro il dono del più valutabile fra’ beni umani, cioè uno spirito ed un sistema di libertà costituzionale. Sotto un Re ereditario, ma limitato, i capi o consiglieri avrebber potuto deliberare a Parigi nel palazzo de’ Cesari: il vicino campo, dove gl’Imperatori passavano in rivista le mercenarie loro legioni, avrebbe potuto contenere la legislativa assemblea di uomini liberi e guerrieri; e quel rozzo modello, ch’erasi abbozzato ne’ boschi della Germania119, avrebbe potuto ripulirsi e perfezionarsi dalla sapienza civile de’ Romani. Ma i trascurati Barbari, sicuri della lor personale indipendenza, sdegnarono la cura del Governo; furono tacitamente abolite le annue adunanze del mese di Marzo, e la nazione restò separata, e quasi disciolta dalla conquista della Gallia120. [p. 140 modifica]Si lasciò la Monarchia senz’alcuno regolare stabilimento di giustizia, di milizia, o di rendite. A’ successori di Clodoveo mancò sufficiente fermezza per assumere, o forza per esercitare la potestà legislativa ed esecutrice, che il Popolo avea abbandonato: la dignità reale non si distingueva, che mediante un più ampio privilegio di rapina e d’uccisione; e l’amor della libertà, sì spesso invigorito e disonorato dall’ambizione privata, si ridusse fra’ licenziosi Franchi al disprezzo dell’ordine, ed al desiderio dell’impunità. Settantacinque anni dopo la morte di Clodoveo, il suo nipote Gontranno, Re di Borgogna mandò un esercito ad invadere gli Stati gotici della Settimania, o Linguadoca. Le truppe della Borgogna, del Berry, della Alvergna, e de’ territori addiacenti, furono eccitate dalla speranza della preda: esse marciarono senza disciplina sotto le bandiere de’ Conti Germani, o Gallici: i loro attacchi furono deboli, e senza successo; ma vennero desolate con indistinto furore le Province amiche e nemiche. Si abbruciarono i campi di grano, i villaggi, e le stesse chiese; gli abitanti furon uccisi, o fatti schiavi; e nella disordinata ritirata, che fecero quegl’inumani selvaggi, cinquemila di essi restaron distrutti dalla fame, o dalle intestine discordie. Quando il pio Gontranno rimproverò a’ loro condottieri tal colpa, o trascuratezza, e minacciò di sottoporli non ad una giudicial sentenza, ma ad una pronta ed arbitraria esecuzione, essi accusarono l’universale ed incurabile corruzione del Popolo: „Nessuno (dissero) ormai più teme, o rispetta il proprio Re, Duca o Conte. Ognuno ama di far male, e liberamente seconda le ree sue inclinazioni. La più blanda correzione eccita immediatamente un tumulto; e l’incauto Magistrato che [p. 141 modifica]ardisce di censurare, o di frenare i sediziosi suoi sottoposti, rade volte può salvar la vita dalla loro vendetta„121. È stato riservato alla medesima nazione di esporre, con gl’intemperanti suoi vizi, il più odioso abuso della libertà, o di riparar le proprie mancanze con lo spirito d’onore e d’umanità, che ora solleva e decora la loro obbedienza ad un assoluto Sovrano.

I Visigoti avean ceduto a Clodoveo la massima parte de’ loro Stati della Gallia, ma la perdita, ch’essi fecero, fu ampiamente compensata dalla facil conquista, e dal sicuro godimento delle Province della Spagna. Dalla monarchia de’ Goti, che tosto occupò il regno svevico della Gallicia, i moderni Spagnuoli traggono tuttavia qualche nazional vanità: ma un Istorico del romano Impero non è invitato, nè obbligato a proseguire le oscure e sterili serie de’ loro annali122. I Goti di Spagna restarono separati dagli altri uomini per causa delle alte cime de monti Pirenei: ed i loro costumi ed istituti, in quanto eran comuni alle tribù Germaniche, si sono già esposti. Ho anticipato nel [p. 142 modifica]capitolo procedente i più importanti degli ecclesiastici, loro eventi, cioè la caduta dell’Arrianesmo, o la persecuzione degli Ebrei: e non rimane, che ad osservare alcune interessanti circostanze, relative alla civile ed ecclesiastica costituzione del Regno di Spagna.

I Franchi ed i Visigoti, dopo la lor conversione dall’idolatria, o dall’eresia, eran disposti ad abbracciare con ugual sommissione gl’intrinseci mali, e gli accidentali vantaggi della superstizione. Ma i Prelati della Francia, molto tempo prima che s’estinguesse la stirpe Merovingica, avean degenerato in Barbari combattenti o cacciatori. Essi sdegnarono l’uso de’ sinodi; obbliarono le leggi della temperanza e della castità; e preferirono di appagare l’ambizione ed il lusso privato, al generale interesse della professione sacerdotale123. I Vescovi di Spagna rispettavan se stessi; ed erano rispettati dal pubblico; l’indissolubile unione loro ne cuopriva i vizi, e ne confermava l’autorità, e la regolar disciplina della Chiesa introdusse la pace, l’ordine, e la stabilità nel governo dello Stato. Dal Regno di Recaredo, primo Re Cattolico, fino a quello di Vitizia, immediato predecessore dello sfortunato Rodrigo, furono successivamente convocati sedici Concili nazionali. I sei Metropolitani di Toledo, di Siviglia, di Merida, di Braga, di Tarragona e di Narbona presedevano secondo la rispettiva loro anzianità; l’assemblea era composta de’ Vescovi lor suffraganei, che vi [p. 143 modifica]comparivano in persona, o per mezzo de’ loro procuratori, ed assegnavasi un luogo anche a più santi, o ricchi Abbati spagnuoli. Per i primi tre giorni della adunanza, finattantochè si agitavano le questioni ecclesiastiche di dottrina, o di disciplina, i profani laici erano esclusi dalle lor dispute, che si dicevano per altro con decente solennità. Ma la mattina del quarto giorno, si aprivan le porte per far entrare, i grandi Ufiziali del Palazzo, i Duchi, e Conti delle Province, i Giudici delle città, ed i nobili Goti: ed i decreti del Cielo venivan ratificati dal consenso del Popolo. Le stesse regole s’osservavano rispetto alle assemblee provinciali, o a’ sinodi annuali, che avevano la facoltà d’ascoltar le querele, e di reprimer gli abusi; ed un legittimo Governo veniva sostenuto dalla predominante autorità del Clero spagnuolo. I Vescovi, che in ogni rivoluzione eran disposti ad adulare il vittorioso e ad insultare il vinto, procuravano con diligenza e buon successo d’accender le fiamme della persecuzione, e d’esaltar la mitra sopra la corona. Pure i Concili nazionali di Toledo, ne’ quali era temperato e guidato lo spirito libero de’ Barbari dalla politica episcopale, hanno stabilito delle prudenti leggi per vantaggio comune sì del Re, che del Popolo. Alla vacanza del trono si provvedeva mediante l’elezione dei Vescovi e de’ Palatini; e dopo che mancò la linea di Alarico, la dignità reale fu sempre ristretta al puro e nobil sangue de’ Goti. I Cherici che ungevano il legittimo loro Sovrano, sempre raccomandavano, ed alle volte praticavano, il dovere della fedeltà: e si denunziavano le spirituali censure contro quegli empi sudditi, che avessero resistito alla sua autorità, cospirato contro la sua vita, o violato per un’indecente unio[p. 144 modifica]ne, la castità fino della vedova di esso. Ma il Monarca medesimo, quando saliva sul trono, si vincolava con un reciproco giuramento che faceva a Dio ed al suo Popolo, d’eseguir fedelmente l’importante suo ufizio. Le vere o immaginarie mancanze della sua amministrazione eran sottoposte all’esame d’una potente aristocrazia; ed i Vescovi e Palatini eran difesi da un fondamental privilegio, in forza di cui non potevano esser degradati, carcerati, torturati, nè puniti di morte, d’esilio, nè di confiscazione, che per il libero e pubblico giudizio de’ loro Pari124.

Uno di questi Concili legislativi di Toledo esaminò e ratificò il codice di Leggi, che si erano fatte da una serie di Re Goti, dal fiero Eurico fino al devoto Egica. Finattantochè i Visigoti medesimi furono contenti de’ rozzi costumi de’ loro maggiori, permisero ai loro sudditi dell’Aquitania, e della Spagna l’uso delle leggi Romane. La successiva loro coltura nelle arti, nella politica e finalmente nella religione, li trasse ad imitare, ed a toglier di mezzo gl’instituti stranieri, ed a comporre un Codice di Giurisprudenza civile e criminale, per uso d’un Popolo grande ed unito insieme. Si comunicarono le stesse obbligazioni, e gli stessi privilegi alle nazioni della Monarchia di Spagna: ed [p. 145 modifica]i conquistatori, appoco appoco rinunziando all’idioma Teutonico, si sottomisero al freno dell’equità, ed esaltarono i Romani alla partecipazione della libertà. Si accrebbe il merito di quella imparziale politica dalla situazion della Spagna sotto il regno de’ Visigoti. V’era una gran separazione fra’ Provinciali, e gli Arriani loro Signori per l’irreconciliabile differenza della religione: e dopo che la conversione di Recaredo ebbe tolto i pregiudizi de’ Cattolici, le coste, sì dell’Oceano che del Mediterraneo, erano tuttavia in potere degl’Imperatori Orientali, che segretamente incitavano un Popolo malcontento a scuotere il giogo dei Barbari, ed a sostenere il nome e la dignità di Cittadini Romani. La fedeltà, in vero, di sudditi dubbiosi è molto efficacemente assicurata dalla propria persuasione d’arrischiare nella rivolta più di quel che essi possan ottenere da una rivoluzione; ma sembra, così naturale d’opprimere quelli che odiamo e temiamo, che un sistema contrario merita bene la lode di saviezza e moderazione125.

Mentre si stabilivano i Regni de’ Franchi e de’ Visigoti nella Gallia e nella Spagna, i Sassoni fecero la conquista della Brettagna, che formava la terza gran diocesi della Prefettura dell’Occidente. Poichè [p. 146 modifica]la Brettagna era già separata dal Romano Impero, io potrei, senza taccia, evitare un’istoria, famigliare a’ più ignoranti, ed oscura per i più dotti de’ miei lettori. I Sassoni, ch’erano eccellenti nell’uso del remo e delle armi, non sapevano l’arte, che sola poteva perpetuare la fama delle loro imprese: i Provinciali, ricaduti nel Barbarismo, trascurarono di descrivere la rovina della lor patria; e la dubbiosa tradizione di tali fatti era quasi estinta, prima che i missionari di Roma vi facesser risorgere la luce della scienza e del Cristianesimo. Le declamazioni di Gilda, i frammenti o le favole di Lennio, gli oscuri cenni delle Leggi Sassone e delle croniche, e l’ecclesiastiche Novelle del venerabile Beda126 sono state illustrate dalla diligenza ed alle volte abbellite dalla fantasia de’ successivi scrittori, le opere de’ quali non ambisco di censurare, nè di trascrivere127. Pure un Istorico dell’Impero può esser tentato a proseguire le rivoluzioni d’una Provincia romana, finattantochè non la perda di vista; ed un Inglese può esser curioso d’investigare lo stabilimento de’ Barbari, da’ quali trae il suo nome, le sue leggi, e forse la sua origine. [p. 147 modifica]

[A. 449] Circa quarant’anni dopo lo scioglimento del governo Romano, sembra che Vortigerno avesse ottenuto il supremo, quantunque precario, comando de’ Principi, e delle città della Brettagna. Quest’infelice Monarca è stato quasi da tutti condannato per la debole ed erronea politica d’avere invitato128 un formidabile straniero a rispingere le moleste incursioni d’un nemico domestico. Si mandano, da’ più gravi Storici, i suoi ambasciatori alla costa della Germania; indirizzano questi una patetica orazione alla Generale Assemblea dei Sassoni, e quei bellicosi Barbari risolvono d’assistere con una flotta ed armata i supplicanti d’una lontana ed incognita Isola. Se la Brettagna, in vero, fosse stata incognita a’ Sassoni, la misura delle sue calamità sarebbe stata meno ripiena. Ma la forza del Governo Romano non poteva sempre guardare la Provincia marittima contro i pirati della Germania: gli Stati indipendenti e divisi erano esposti a’ loro attacchi; ed i Sassoni si saranno alle volte uniti con gli Scoti ed i Pitti in una espressa o tacita colleganza di distruzione e di rapina. Vortigerno poteva solo bilanciare i vari pericoli, che assalivano da ogni parte il suo trono ed il suo Popolo; e la sua politica può meritar lode o scusa, se preferì l’alleanza di que’ Bar[p. 148 modifica]bari, la forza marittima de’ quali gli rendeva i più pericolosi nemici, ed i confederati i più vantaggiosi. Engisto ed Orsa, trovandosi lungo la costa orientale con tre navi, furono indotti dalla promessa d’un ampio stipendio a prender la difesa della Brettagna; e l’intrepido loro valore tosto liberò il paese dagl’invasori Caledonj. S’assegnò per abitazione di questi Germani ausiliari l’isola di Tanet, sicuro e fertil distretto, e secondo il trattato furono abbondantemente forniti di abiti e di provvisioni. Questo favorevole accoglimento incoraggì cinquemila guerrieri ad imbarcarsi con le loro famiglie su diciassette vascelli e la principiante potenza d’Engisto fu invigorita da questo notabile ed opportuno rinforzo. L’astuto Barbaro suggerì a Vortigerno lo specioso vantaggio di stabilire nelle vicinanze de’ Pitti una colonia di fedeli alleati; onde una terza flotta di quaranta navi, sotto il comando del suo figlio o nipote, venne dalla Germania, devastò le Orcadi e sbarcò un altro esercito sulla costa della Provincia di Nortumberland, o di Lothian all’estremità opposta della terra loro destinata. Erano facili a prevedersi gl’imminenti mali; ma era divenuto impossibile d’impedirli. Le due nazioni tosto si divisero e s’irritarono l’una contro dell’altra per le mutue gelosie. I Sassoni magnificavano tutto ciò, che avevan fatto e sofferto per causa d’un ingrato Popolo; mentre i Brettoni rinfacciavano loro gli abbondanti premj, che non potevan soddisfar l’avarizia di que’ superbi mercenari. Il timore e l’odio, s’infiammarono a segno da divenire una irreconciliabil contesa. I Sassoni presero le armi; e se a tradimento, nel tempo della sicurezza d’una festa, fecero, come si [p. 149 modifica]dice, un’orribile strage, distrussero la reciproca fiducia che sostiene il commercio nella pace, e nella guerra129.

[A. 355-582] Engisto, che arditamente aspirava alla conquista della Brettagna, esortò i suoi compatriotti ad abbracciar quella gloriosa occasione; dipinse loro con vivaci colori la fertilità del suolo, la ricchezza della città, l’indole pusillanime de’ nativi abitatori e la comoda situazione d’una solitaria e spaziosa isola, accessibile da ogni parte alle flotte de’ Sassoni. Le successive colonie, che nel corso d’un secolo uscirono dalle bocche dell’Elba, del Weser e del Reno, furono principalmente composte di tre valorose tribù, o nazioni Germaniche, cioè de’ Juti, degli antichi Sassoni e degli Angli. I primi, che combattevano sotto la special bandiera d’Engisto, ebbero il merito di aprire a’ loro nazionali il sentiero della gloria, e d’erigere in Kent il primo regno indipendente. La fama di tal impresa fu attribuita a’ primitivi Sassoni, e si descrivon le comuni leggi ed il linguaggio de’ conquistatori col nome nazionale d’un Popolo, che al termine di quattrocento anni produsse i primi Re della Brettagna meridionale. Gli Angli si distinsero pel numero, e per la felicità loro; e s’arrogaron l’onore di dare un perpetuo nome a quella regione, di cui occuparon la maggior parte. I Barbari, che seguirono le speranze della rapina, sì [p. 150 modifica]per terra che per mare, si mescolarono insensibilmente con questa triplice confederazione; i Frisi, ch’erano stati dalla lor vicinanza invitati a’ lidi Britannici, poterono bilanciare, per breve tempo, la forza e la riputazione de’ nativi Sassoni: i Dani, i Prussi ed i Rugi sono appena nominati; ed alcuni avventurieri Unni, ch’eran andati vagando fino al Baltico, poterono imbarcarsi a bordo di navi germaniche per andare alla conquista d’un nuovo Mondo130. Ma questa difficile impresa non fu preparata nè eseguita dall’unione di tali forze nazionali. Ogni audace Capitano, secondo la propria fama o le sue sostanze, adunava una quantità di seguaci; equipaggiava una flotta di tre navi, ugualmente che di sessanta; sceglieva il luogo dell’attacco; e regolava le successive sue operazioni, secondo gli eventi della guerra, e le circostanze del suo privato interesse. Nell’invasione della Brettagna, molti eroi restarono vincitori, e molti perirono; ma solo sotto vittoriosi Capitani assunsero, o almeno conservarono il titolo di Re. I Conquistatori fondarono sette indipendenti troni, o l’Eptarchia sassonica; e sette famiglie, una delle quali si è continuata per successione femminile fino al presente nostro Sovrano, trassero l’uguale, e sacra loro origine da Woden, Dio della guerra. Si è preteso, che questa repubblica di Regi fosse moderata da un Concilio generale, e da un [p. 151 modifica]Magistrato supremo. Ma tale artificial sistema di politica ripugna col torbido e rozzo spirito de’ Sassoni: le loro leggi non ne parlano; ed i loro imperfetti annali non somministrarono, che un oscuro e sanguinoso prospetto d’intestina discordia131. Un Monaco, il quale nella profonda ignoranza della vita umana ha voluto far l’ufizio d’Istorico, sfigura stranamente lo stato della Brettagna, al tempo della sua separazione dall’Impero Occidentale. Gilda132 descrive con florido stile gli accrescimenti dell’agricoltura, il commercio straniero, che ad ogni marea si faceva per mezzo del Tamigi o della Saverna, la stabile e sublime costruzione de’ pubblici e privati edifizi: egli accusa il lusso colpevole del Popolo britannico; d’un Popolo, secondo il medesimo scrittore, ignorante delle arti più semplici, ed incapace, senza l’aiuto dei Romani, di far delle mura di pietra, o delle armi di ferro per la difesa della propria patria133. Sotto il lungo dominio degl’Imperatori, la Brettagna insensibilmente avea preso l’elegante e servile forma d’una [p. 152 modifica]Provincia romana, la cui salute era affidata ad una potenza straniera. I sudditi d’Onorio rimirarono la nuova lor libertà con sorpresa e terrore; mancavano essi d’ogni civile, o militare costituzione; e gl’incerti loro regolatori erano privi o d’abilità, o di coraggio o d’autorità per dirigere la pubblica forza contra il comun nemico. L’introduzione de’ Sassoni dimostrò l’interna lor debolezza, e degradò il carattere sì del Principe, che del Popolo. La costernazione loro magnificò il pericolo; la mancanza d’unione diminuì i loro mezzi di difesa; ed il furore delle fazioni civili era più sollecito d’accusare, che di rimediare a’ mali, che s’attribuivano alla cattiva condotta degli avversari. Pure i Brettoni non erano, nè potevano essere ignoranti della manifattura, o dell’uso delle armi: i successivi e disordinati attacchi de’ Sassoni, gli fecero tornare in se stessi dalla prima loro sorpresa, ed i prosperi o contrari eventi della guerra aggiunsero la disciplina e l’esperienza al nativo loro valore.

Mentre il continente dell’Europa e dell’Affrica cadeva senza resistenza in mano de’ Barbari, l’Isola britannica, sola e senz’aiuto, mantenne una lunga e vigorosa, quantunque inutil contesa contro i formidabili Pirati, che quasi nel medesimo istante ne assalirono le coste Settentrionali, Orientali e Meridionali. Le città, ch’erano state abilmente fortificate, si difendevano con fermezza; gli abitanti accrebbero diligentemente i vantaggi del terreno, de’ colli, delle foreste e delle paludi; la conquista d’ogni distretto compravasi a prezzo di sangue; e vengono fortemente attestate le disfatte de’ Sassoni dal discreto silenzio del loro Annalista. Engisto sperava forse di condurre a fine la conquista della Brettagna; ma la sua ambi[p. 153 modifica]zione, in un attivo regno di trentacinque anni, si limitò al possesso di Kent: e la numerosa colonia, ch’ei piantò nel Nord, fu estirpata dalla spada de’ Brettoni. Si fondò la Monarchia de’ Sassoni occidentali a gran fatica da’ continui sforzi di tre marziali generazioni. La vita di Cerdic, uno de’ più prodi fra’ figli di Woden, si consumò nella conquista di Hampshire, e dell’isola di Wight; e la perdita che soffrì nella battaglia di Monte Badon lo ridusse ad uno stato d’ignobil riposo. Kenric, suo valoroso figlio, s’avanzò nel Wiltshire; assediò Salisbury, che in quel tempo era sopra una dominante eminenza, e disfece un’armata, che veniva in soccorso della città. Nella successiva battaglia di Marlborough134, i Britanni suoi nemici mostrarono la loro scienza militare. Le loro truppe eran disposte in tre linee; ogni linea conteneva tre corpi distinti; e la cavalleria, gli arcieri, e gli alabardieri eran distribuiti secondo i principj della tattica romana. I Sassoni attaccarono una grave colonna, arditamente affrontarono con le corte loro spade le lunghe lance de’ Brettoni, e mantennero un’ugual battaglia fino all’avvicinarsi della notte. Due vittorie decisive, la morte di tre Re Brettoni, e la espugnazione di Cirencester, di Bath, e di Glocester stabiliron la fama e la potenza di Celaulino nipote di Cerdic, che portò le sue armi vittoriose fino alle rive della Saverna. [p. 154 modifica]

Dopo una guerra di cento anni, gl’indipendenti Brettoni, occupavano sempre tutta l’estensione della costa occidentale, dalla muraglia d’Antonino fino all’ultimo promontorio di Cornovaglia; e le città principali del paese interno tuttavia resistevano alle armi de’ Barbari. L’opposizione divenne più languida, a misura che il numero e l’ardire degli assalitori andava continuamente crescendo. Guadagnandosi la strada con lenti e penosi sforzi, i Sassoni, gli Angli ed i vari loro confederati s’avanzarono dal Settentrione, dall’Oriente, e dal Mezzodì, finattantochè le vittoriose lor bandiere non s’incontrarono nel centro dell’isola. Di là dalla Savorna, i Brettoni tuttavia sostennero la nazionale lor libertà, che sopravvisse all’Eptarchia, ed anche alla Monarchia de’ Sassoni. I più valenti guerrieri, che preferiron l’esilio alla schiavitù, trovarono un rifugio sicuro nelle montagne di Galles: la ripugnante sottomissione di Cornovaglia fu differita per qualche secolo135; ed un corpo di fuggitivi si formò uno stabilimento nella Gallia, o per il proprio valore, o per la liberalità de’ Re Merovingi136. L’angolo oc[p. 155 modifica]cidentale dell’Armorica prese i nuovi nomi di Cornovaglia, e di Brettagna minore; e le terre vacanti degli Osismi furon’occupate da un Popolo straniero, che sotto la condotta de’ propri Conti e Vescovi conservò le leggi ed il linguaggio de’ suoi maggiori. I Brettoni dell’Armorica negarono, a deboli discendenti di Clodoveo e di Carlo Magno il solito tributo, soggiogarono le vicine diocesi di Vannes, di Rennes, e di Nantes, e formarono un potente, quantunque soggetto, Stato, che poi si è riunito alla corona di Francia137. In un secolo di perpetua, o almeno d’implacabile guerra si dovè esercitar molto coraggio, e qualche abilità nella difesa della Brettagna. Pure non ci dee molto dispiacere, se la memoria de’ suoi campioni è quasi sepolta nell’oblivione; poichè ogni secolo, per [p. 156 modifica]quanto sia privo di scienza o di virtù, abbonda sufficientemente di azioni sanguinose, e di gloria militare, Fu eretta sul margine del lido del mare la tomba di Vertimero, figlio di Vertigerno, come un termine formidabile per li Sassoni, ch’egli avea vinto tre volte ne’ campi di Kent. Ambrogio Aureliano era disceso da una famiglia nobile di Romani138; la sua modestia ne uguagliava il valore, ed il suo valore, fino all’ultima di lui fatale azione139, fu coronato di splendidi successi. Ma ogni altro Britannico nome vien ecclissato dall’illustre nome d’Arturo140, Principe ereditario de’ Siluri nella parte meridionale di Galles, e Re o Generale elettivo della nazione. Secondo la narrazione più ragionevole, egli disfece in dodici successive battaglie gli Angli del settentrione, ed i Sassoni dell’oc[p. 157 modifica]cidente; ma la cadente età dell’Eroe fu amareggiata dall’ingratitudine popolare, e da disgrazie domestiche. Gli avvenimenti della sua vita son meno importanti che le rivoluzioni singolari della fama di esso. Per il corso di cinquecento anni la tradizione delle sue imprese si conservò, e s’abbellì rozzamente dagli oscuri Bardi di Galles, e dell’Armorica, i quali eran’odiosi a’ Sassoni, ed ignoti al restante degli uomini. L’orgoglio e la curiosità de’ conquistatori Normanni fece investigar loro l’istoria antica della Brettagna: ammisero con appassionata credulità la novella d’Arturo, e caldamente applaudirono al merito d’un Principe, che avea trionfato de’ Sassoni, comuni loro nemici. Il suo romanzo, trascritto in latino da Jeffrey di Monmouth, e quindi tradotto nell’idioma, che s’usava in quei tempi, fu arricchito coi varj, quantunque incoerenti, ornamenti, ch’erano famigliari all’esperienza, alla dottrina, o alla fantasia del duodecimo secolo. Facilmente si modellò sulla favola dell’Eneide il progresso d’una colonia Frigia dal Tevere al Tamigi: ed i reali antenati d’Arturo trassero l’origine loro da Troia, e pretesero d’aver parentela co’ Cesari. Furon decorati i suoi trofei con Province soggiogate, e con titoli Imperiali, e le Daniche sue vittorie vendicarono le recenti ingiurie della sua patria. La galanteria e superstizione dell’Eroe Britannico, le sue feste e torneamenti, e la memorabile istituzioni de’ suoi Cavalieri della Tavola rotonda fedelmente si copiarono dai costumi allora dominanti della cavalleria; e le favolose imprese del figlio d’Uter sembrano meno incredibili per le avventure, che si fecero dall’intraprendente valor de’ Normanni. I pellegrinaggi, e le guerre sante introdussero in Europa gli speciosi prodigi della magia [p. 158 modifica]Arabica. Le fate, ed i giganti, i dragoni volanti, ed i palazzi incantati si mescolarono con le finzioni più semplici dell’occidente: ed il destino della Brettagna si faceva dipender dalle arti, o dalle predizioni di Merlino. Ogni nazione abbracciò, ed abbellì il popolar romanzo d’Arturo, ed i Cavalieri della Tavola rotonda; si celebrarono i loro nomi nella Grecia ed in Italia; e le voluminose Novelle di Ser Lancelloto, e di Ser Tristramo furono ardentemente studiate da’ Principi e da’ Nobili, che non curavano i veri eroi ed istorici dell’antichità. Finalmente si riaccese il lume della scienza e della ragione, si ruppe l’incantesimo, quella fabbrica immaginaria andò in fumo; e per una naturale, quantunque ingiusta mutazione della pubblica opinione, la severità del presente secolo è disposta a mettere in dubbio fino l’esistenza d’Arturo141.

Allorchè la resistenza non può allontanar le miserie della conquista, le deve accrescere: nè la conquista comparve mai più terribile e distruttiva, che nelle mani de’ Sassoni, che odiavano il valore de’ nemici, non curavano la fede de’ trattati, e violavano senza rimorso gli oggetti più sacri del Culto Cristiano. Potevano quasi in ogni distretto, segnarsi i campi di battaglia per mezzo di monumenti di ossa; i frammenti delle torri abbattute eran macchiati di sangue; tutti quanti i Brettoni, senza distinzione di età o di [p. 159 modifica]sesso, restaron uccisi142 sotto le rovine d’Anderida143; e tali calamità frequentemente si ripeterono al tempo dell’Eptarchia Sassone. Le arti e la religione, le leggi, la lingua, che i Romani avevano con tanta cura piantato nella Brettagna, s’estirparono da’ Barbari loro successori. Dopo la distruzione delle Chiese principali, i Vescovi che avevano evitato la corona del martirio, si ritirarono con le sante reliquie nel territorio di Galles e dell’Armorica; i residui de’ loro greggi restaron privi d’ogni cibo spirituale; si abolì la pratica, e fino la rimembranza del Cristianesimo; ed il clero Britannico potè in qualche modo consolarsi per la dannazione degl’idolatri stranieri. I Re di Francia mantennero i privilegi de’ Romani lor sudditi; ma i feroci Sassoni calpestarono le leggi di Roma, e degli Imperatori. Si soppressero affatto le formalità della civile e criminale Giurisdizione, i titoli onorifici, gli ufizi, ed i gradi della società, e fino i domestici diritti del matrimonio, del testamento e dell’eredità; e l’indistinta folla di schiavi, nobili e plebei, veniva governata da’ costumi tradizionali, che si erano roz[p. 160 modifica]zamente formati appresso i pastori e pirati della Germania. Nella generale desolazione si perde il linguaggio delle scienze, degli affari e della conversazione, che vi s’era introdotto da’ Romani. I Germani presero forse un sufficiente numero di parole Latine, o Celtiche, per esprimere i nuovi loro bisogni e pensieri144; ma quegl’ignoranti Pagani conservarono, e stabilirono l’uso del loro nazionale dialetto145. Quasi ogni nome, cospicuo nella Chiesa, o nello Stato, dimostra la sua origine Teutonica146; e la geografia d’Inghilterra fu generalmente ripiena di caratteri, e denominazioni straniere. Non si troverà facilmente l’esempio d’una rivoluzione sì rapida e perfetta; ma essa ecciterà un probabil sospetto, che le arti di Roma avesser gettato radici meno profonde nella Brettagna, che nella Gallia, o nella Spagna; e che la nativa rozzezza del paese e de’ suoi abitanti fosse coperta solo da una sottil vernice di costumi Italiani.

Tale strana alterazione ha persuaso gl’Istorici, ed anche i Filosofi, che i Provinciali della Brettagna fos[p. 161 modifica]sero affatto esterminati; e che la terra vacante fosse di nuovo popolata da un perpetuo concorso, e rapido accrescimento di Colonie germaniche. Si dice, che trecentomila Sassoni obbedissero alle chiamate d’Engisto147: al tempo di Beda l’intiera emigrazione degli Angli si chiariva dalla solitudine del nativo loro paese148; e l’esperienza ci ha dimostrato, quanto è grande la libera propagazione della specie umana, quando si trova in un fecondo deserto, dove non son limitati i suoi passi, ed è abbondante la sufficienza. I Regni Sassoni avevan l’aspetto d’una recente scoperta e cultura: le città de’ medesimi erano piccole, i villaggi distanti l’uno dall’altro, l’agricoltura era languida ed imperfetta; quattro pecore equivalevano ad un acro della terra migliore149; un ampio spazio di boschi, e di paludi era lasciato in abbandono alla natura; ed il moderno Vescovato di Durham, cioè tutto il territorio dal Tyne al Tees, era tornato al suo primitivo stato di selvaggia e solitaria foresta150. Si sarebbe potuto [p. 162 modifica]supplire ad una tanto imperfetta popolazione, dopo alcune generazioni, dalle colonie Inglesi; ma nè la ragione, nè i fatti posson giustificare l’improbabil supposizione, che i Sassoni della Brettagna rimanessero soli nel deserto, ch’essi avevano soggiogato. Dopo che i sanguinari Barbari ebbero assicurato il proprio dominio, e soddisfatta la lor vendetta, era loro interesse di conservare gli abitanti, ugualmente che il bestiame della non resistente campagna. In ogni successiva rivoluzione il paziente gregge diviene patrimonio dei suoi nuovi padroni; ed il salutevole patto del cibo e del lavoro viene tacitamente confermato dalle loro vicendevoli necessità. Wilfrido, Apostolo di Sussex151, ricevè dal regio suo proselito in dono la penisola di Selsey, vicina a Chichester, con le persone e le cose de’ suoi abitatori, che in quel tempo ascendevano ad ottantasette famiglie. Esso gli liberò con un solo atto dalla servitù spirituale e temporale; e dugentocinquanta schiavi di ambedue i sessi furono battezzati dall’indulgente loro Signore. Il regno di Sussex, che s’estendeva dal mare al Tamigi, conteneva settemila famiglie; mille dugento se ne attribuivano all’isola di Wight; e se moltiplichiamo questo incerto computo, sembra probabile, che l’Inghilterra fosse coltivata da un milione di servi, o villani, ch’erano attaccati alle terre degli arbitrari loro padroni. I bisognosi Barbari, spesso eran tentati di vendere i loro figli, o se [p. 163 modifica]medesimi in perpetua, ed anche straniera schiavitù152; pure le speciali esenzioni, che si accordavano agli schiavi nazionali153, sufficientemente dimostrano, ch’essi eran di numero molto minore, che gli stranieri, che avevan perduto la libertà, o mutato padroni per gli accidenti della guerra. Quando il tempo e la religione ebbero mitigato il fiero spirito degli Anglo-Sassoni, le leggi favorirono il frequente uso della manomissione; ed i sudditi d’origine di Galles, o Cambria assunsero la rispettabile condizione di uomini liberi inferiori, possederono terre, ed acquistarono i diritti della civil società154. Tal cortese trattamento potè assicurare la fedeltà d’un feroce Popolo, che era stato di fresco vinto su’ confini di Galles, e di Cornovaglia. Il saggio Ina, Legislatore di Wessex, riunì le due nazioni co’ vincoli della domestica alleanza; e nella Corte d’un Monarca [p. 164 modifica]Sassone poterono distinguersi onorevolmente quattro Signori Britanni di Somersetshire155.

Sembra che gl’indipendenti Brettoni ricadessero nello lo stato d’original barbarie, da cui si erano imperfettamente liberati. Separati per la forza de’ loro nemici dal resto dell’uman Genere, tosto divennero un oggetto di scandalo, e d’aborrimento al Mondo cattolico156. Si professava tuttavia il Cristianesimo nelle montagne di Galles; ma que’ rozzi Scismatici, rispetto alla forma della tonsura clericale, ed al giorno della celebrazion della Pasqua, ostinatamente resistevano agli imperiosi mandati de Pontefici Romani. Si abolì appoco appoco presso di loro l’uso della lingua Latina, ed i Brettoni restaron privi delle arti, e della dottrina, che l’Italia comunicava a’ Sassoni suoi proseliti. Nel paese di Galles, e nell’Armorica si mantenne, e si propagò la lingua Celtica, primitivo idioma dell’occidente; ed i Bardi, ch’erano stati i compagni de’ Druidi, erano tuttavia protetti, nel secolo decimosesto, dalle leggi di Elisabetta. Il loro Capo, ch’era un rispettabile uficiale delle Corti di Pengwern, o Aberfraw, o Caermathaen, accompagnava i Servi del Re alla guerra: la Monarchia de’ Britanni, ch’ei celebrava col canto, alla testa della battaglia, eccitava il loro coraggio, e giustificava le loro prede; ed il cantore aveva per suo legittimo premio la più bella vitella della spoglie. I ministri, subordinati al medesimo, ch’erano i maestri, e gli scolari della musica sì vocale che istrumentale, visita[p. 165 modifica]vano ne’ respettivi loro distretti le case del Re, dei Nobili e de’ Plebei, e la pubblica povertà, quasi esausta dal Clero, era oppressa dalle importune domande de’ Bardi. Si fissava il grado ed il merito loro per mezzo di solenni esperimenti, e la forte credenza d’una ispirazione soprannaturale esaltava la fantasia del poeta, e della sua udienza157. Gli ultimi nascondigli della libertà Celtica, vale a dire i territori più remoti della Gallia e della Brettagna, eran meno adattati alla coltivazione, che alla pastura: la ricchezza de’ Brettoni consisteva ne’ loro greggi ed armenti; il latte e la carne erano l’ordinario lor cibo; ed il pane talvolta era stimato, o rigettato, come un lusso straniero. La libertà avea popolato le montagne di Galles e le paludi dell’Armorica; ma la popolazione loro si è maliziosamente attribuita alla libera pratica della poligamia; ed è stato supposto, che le case di questi licenziosi Barbari contenessero dieci mogli, e forse cinquanta figli158. Essi erano d’indole impetuosa, e collerica, audaci nelle azioni e nelle parole159; e sic[p. 166 modifica]ignoravano le arti della pace, soddisfacevano a vicenda le loro passioni nelle guerre straniere e domestiche. La cavalleria dell’Armorica, i lancieri di Gwent, e gli arcieri di Merioneth come erano ugualmente formidabili; ma la lor povertà rade volte poteva provvedergli di scudi o di elmi: e l’incomodo peso di questi avrebbe ritardato la velocità e l’agilità delle subitanee loro operazioni. La curiosità d’un Imperator Greco fece delle ricerche ad uno de’ più grandi fra’ Monarchi Inglesi intorno allo stato della Brettagna; ed Enrico II potè asserire, per la propria personal esperienza, che la provincia di Galles era abitata da una razza di guerrieri nudi, che affrontavan senza timore le armi difensive de’ loro nemici160.

Per la rivoluzione della Brettagna si ristrinsero i limiti della scienza, ugualmente che quelli dell’Impero. L’oscura nuvola, ch’era stata rischiarata dalle scoperte Fenicie, ed affatto sgombrata dalle armi di Cesare, si posò di nuovo su’ lidi dell’Atlantico, ed una provincia Romana si perdè nuovamente fra le isole favolose dell’Oceano. Cento cinquant’anni dopo il regno d’Onorio, il più grave Istorico di que’ tempi161 descrive le meraviglie d’un isola remota, le [p. 167 modifica]cui parti Orientale ed Occidentale son divise da una antica muraglia, limite della vita e della morte, o piuttosto della verità e della finzione. L’Orientale contiene una bella campagna abitata da un Popolo culto; l’aria è salubre, le acque pure ed abbondanti, e la terra dà regolarmente i suoi frutti. Nell’Occidentale oltre la muraglia, l’aria è infetta e mortale, la terra è coperta di serpenti; e quell’arida solitudine è l’abitazione di ombre di morti, che vi sono trasportati dagli opposti lidi, in solidi battelli, e per opera di rematori viventi. Alcune famiglie di pescatori, sottoposte ai Franchi, sono esenti da’ tributi, a riguardo del misterioso ufizio, che si fa da questi Caronti dell’Oceano. Ciascheduno di essi a vicenda è chiamato, nell’orror di mezza notte, ad ascoltar le voci, ed anche i nomi degli spiriti: ei sente il loro peso, e si trova spinto da un’ignota, ma irresistibil forza. Dopo questo sogno di fantasia, leggiamo con stupore, che il nome di quest’isola è Brittia, ch’essa giace nell’Oceano, in faccia all’imboccatura del Reno, e distante meno di trenta miglia dal continente; ch’essa è posseduta da tre nazioni, da’ Frisj, dagli Angli e da’ Brettoni, e che alcuni Angli eran comparsi a Costantinopoli nel seguito degli Ambasciatori francesi. Da questi Ambasciatori potè forse Procopio essere informato d’una singolare, quantunque non improbabile, avventura, che indica lo spirito piuttosto, che la delicatezza d’una Eroina Inglese. Essa era stata promessa a Radigero, Re de’ Varni, Tribù di Germani, che confinava coll’Oceano, e col Reno; ma [p. 168 modifica]il perfido amante fu indotto, da motivi di politica, preferirle la vedova di suo padre, sorella di Teodeberto Re de’ Franchi162. L’abbandonata Principessa degli Angli, in vece di deplorare la sua disgrazia, pensò a vendicarla. Si dice, che i bellicosi di lei sudditi non conoscessero l’uso e neppur la forma del cavallo, ma essa, partendo audacemente dalla Brettagna, approdò alla bocca del Reno, con una flotta di quattrocento navi, ed un esercito di centomila uomini. Dopo la perdita d’una battaglia Radigero, fatto prigione, implorò la pietà della vittoriosa sua sposa, che generosamente gli perdonò l’ingiuria, lasciò in libertà la sua rivale, e costrinse il Re de’ Varni a soddisfare con onore e con fedeltà i doveri di marito163. Sembra che questa galante impresa fosse l’ultima guerra navale degli Anglo-Sassoni. L’arte della navigazione, mediante la quale avevano essi acquistato l’Impero della Brettagna e del mare, fu tosto negletta dagl’in[p. 169 modifica]dolenti Barbari, che rinunziarono scioccamente a tutti i vantaggi del commercio, che la loro isolare situazione somministrava. I sette loro indipendenti regni erano agitati da perpetue discordie; ed il Mondo Britannico rade volte si trovava connesso in pace o in guerra, con le nazioni del continente164.

Ho terminato adesso la faticosa narrazione della decadenza, e caduta del Romano Impero dalla fortunata età di Traiano e degli Antonini fino alla sua total estinzione in Occidente, circa cinque secoli dopo l’Era Cristiana. In quell’infelice tempo i Sassoni fieramente contrastavano pel possesso della Brettagna co’ nativi di essa: la Gallia e la Spagna eran divise fra le potenti Monarchie de’ Franchi e de’ Visigoti, ed i regni dipendenti degli Svevi e de’ Borgognoni: l’Affrica era esposta alla crudel persecuzione de’ Vandali, ed a’ Selvaggi insulti de’ Mori: Roma e l’Italia fino alle rive del Danubio, veniva angustiata da un esercito di Barbari mercenari, all’arbitraria tirannia de’ quali successe il regno di Teodorico l’Ostrogoto. Tutti i sudditi dell’Impero, che per l’uso che facevano della lingua Latina, meritavano più specialmente il nome ed i privilegi di Romani, eran oppressi dalla vergogna e dalle calamità d’una straniera conquista; e le vittoriose nazioni della Germania stabilirono un nuovo sistema di costumi, e di governo nel[p. 170 modifica]Occidentali regioni d’Europa. Debolmente rappresentavasi da’ Principi di Costantinopoli, languidi ed immaginari successori d’Augusto, la maestà di Roma. Pure continuarono a regnare sull’Oriente, dal Danubio sino al Nilo ed al Tigri; dalle armi di Giustiniano si rovesciarono i regni Gotico e Vandalo dell’Italia e dell’Affrica; e l’Istoria degl’Imperatori Greci può sempre somministrare una lunga serie di istruttive lezioni e di rivoluzioni interessanti.

Note

  1. In questo Capitolo io trarrò le mie citazioni dall’Opera intitolata Recueil des Historiens des Gaules, et de la France. Paris 1738-1767 in undici Tomi in foglio. Mediante la fatica di Dom Bouquet e degli altri Benedettini, si sono disposte per ordine cronologico, ed illustrate con erudite note tutte le memorie originali fino all’anno 1060. Tal opera nazionale, che sarà continuata fino all’anno 1500 dovrebbe provocare la nostra emulazione.
  2. Tacito Hist. IV. 73, 74. in Tom. I. p. 445. Sarebbe in vero una presunzione il compendiar Tacito. Ma io posso scegliere le idee generali che egli applica al presente stato, ed alle future rivoluzioni della Gallia.
  3. Eadem semper caussa Germanis transcendendi in Gallias libido atque avaritiae et mutandae sedis amor; ut relictis paludibus et solitudinibus suis, fecundissimum hoc solum vosque ipsos possiderint.... Nam pulsis Romanis, quid aliud quam bella omnium inter se gentium exsistent?
  4. Sidonio Apollinare scherza, con affettato spirito e vivacità, sulle angustie della sua situazione (Carm. XII. in Tom. I. p. 811).
  5. Vedi Procopio, de Bell. Gothico L. I. c. 12. in T. II. p. 3l. Il carattere di Grozio mi fa inclinare a credere, che egli non abbia sostituito il Reno al Rodano (Hist. Gothor. p. 175) senza l’autorità di qualche manoscritto.
  6. Sidonio L. VIII. Epist. 3, 9. in Tom. I. p. 800. Giornandes (de Reb. Getic. c. 47. p. 680) giustifica in qualche modo questo ritratto dell’eroe Goto.
  7. Io fo uso del nome famigliare di Clovis, Clodoveo, dal latino Chlodovechus o Chlodovaeus. Ma il ch esprime solamente l’aspirazione Germanica; ed il vero nome non è diverso da Luduin, o Lewis, Lodovico o Luigi (Mem. de l’academ. des Inscript. Tom. XX. p. 68).
  8. Greg. Turon. L. II. c. 12. in Tom. I. p. 168. Basina parla il linguaggio della natura. I Franchi, che l’avevan veduta nella lor gioventù, poterono conversar con Gregorio nella lor vecchiezza; ed il Vescovo di Tours non potea desiderare infamare la madre del primo Re Cristiano.
  9. L’Abbate Dubos (Hist. critiq. de l’etablissem. de la Monarch. Franc. dans les Gaules, Tom. I. p. 630, 650) ha il merito di aver stabilito il primitivo regno di Clodoveo, e fissato il vero numero de’ suoi Sudditi.
  10. Ecclesiam incultam ac negligentia civium paganorum praetermissam, veprium densitate oppletam. Vit. S. Vedasti in Tom. III. p. 372. Questa descrizione suppone, che Arras fosse posseduta da’ Pagani, molti anni prima del battesimo di Clodoveo.
  11. Gregorio di Tours (L. V. c. I. in Tom. II. p. 232) confronta la povertà di Clodoveo con la ricchezza de’ suoi nipoti. Remigio però (in Tom. IV. pag. 52)
  12. Vedi Gregorio L. II. c. 27, 37. in Tom. II. p. 175, 181, 182. La famosa storia del vaso di Soissons spiega la potenza ed il carattere di Clodoveo. Come soggetto di controversia si è stranamente torturato dal Boulainvilliers, dal Dubos, e da altri antiquari politici.
  13. Il Duca di Nivernois, nobil Politico, il quale ha maneggiato importanti e delicate negoziazioni, illustra ingegnosamente (Mem. de l’Acad. des Inscr. Tom. XX. p. 147, 184) il sistema politico di Clodoveo.
  14. Il Biet (in una Dissertazione, che meritò il premio dell’Accademia di Soissons p. 178, 226) accuratamente ha determinato la natura e l’estensione del Regno di Siagrio, e di suo Padre; ma troppo facilmente ammette la debole testimonianza di Dubos (Tom. II. p. 54, 57) per privarlo di Beauvais e d’Amiens.
  15. Si può avvertire, che Fredegario nella sua Epitome di Gregorio di Tours (Tom. II. p. 398) ha prudentemente sostituito il nome di Patricius all’incredibile titolo di Rex Romanorum.
  16. Sidonio (L. V. ep. 5. in Tom. 1. p. 794), che lo chiama il Solone, l’Amfione de’ Barbari, s’indirizza a questo Re immaginario in uno stile d’amicizia e d’uguaglianza. Per mezzo di tali uffizi di equità, l’accorto Dejoce si era inalzato al trono de’ Medi (Herodot. l. 1. c. 96, 100).
  17. Campum sibi praeparari jussit. Il Biet (226, 261) ha diligentemente fissato questo campo di battaglia a Nogent, Abbazia Benedettina, distante circa dieci miglia da Soissons, dalla parte settentrionale. Quel terreno era indicato da un recinto di sepolcri pagani; Clodoveo donò le terre addiacenti di Leuilly e Coucy alla Chiesa di Reims.
  18. Vedi Cesare Comment. de Bell. Gall. II, 4. in Tom. I. p. 220, e le notizie Tom. I. p. 126. Le tre fabbriche di Soissons erano scutaria, balistaria, e clinabaria. L’ultima somministrava tutta l’armatura de’ gravi corazzieri.
  19. Deve quest’epiteto limitarsi alle circostanze d’allora e non potrebbe giustificarsi coll’Istoria il pregiudizio Francese di Gregorio (L. II, c. 27. in Tom. II. p. 175) ut Gothorum pavere mos est.
  20. Dubos mi ha persuaso (Tom. 1. p. 277, 286) che Gregorio di Tours ed i suoi copisti o lettori hanno più volte confuso il regno Germanico della Turingia oltre il Reno, colla città Gallica di Tongria sulla Mosa, che anticamente era il paese degli Eburoni, e modernamente la diocesi di Liegi.
  21. Populi habitantes iuxta Lemanum lacum Alemanni dicuntur. Serv. ad Virgil. Georg. IV. 278. Dom Bouquet (Tom. I. p. 817) ha solamente allegato il più recente, e corrotto testo d’Isidoro di Siviglia.
  22. Gregorio di Tours manda S. Lupicino inter illa Jurensis deserti secreta, quae inter Burgundiam Alemaniamque sita Aventicae adiacent Civitati (in Tom. I. p. 648) Il Watteville (Hist. de la confederat. Helvet. Tom. I. p. 9, 10) ha diligentemente fissato i confini Elvetici del Ducato dell’Alemannia, e della Borgogna Transiurana. Essi corrispondevano alle Diocesi di Costanza, e d’Avenche o Losanna, e sono tuttavia distinti, nella moderna Svizzera, dall’uso della lingua Germanica e Francese.
  23. Vedi Guilliman de Reb. Helveticis L. I. c. 3. p. 11, 12. Dentro le antiche mura di Vindonissa si sono successivamente fabbricate la fortezza d’Habsburgh, l’Abbazia di Konigsfield, e la Città di Bruck. Il filosofico viaggiatore può paragonare i monumenti della conquista Romana, della feudale tirannia, della superstizione monastica, e dell’industriosa libertà. Se sarà veramente Filosofo, applaudirà il merito, e la felicità de’ suoi tempi.
  24. Gregorio di Tours (L. II. 30, 37. in Tom. II. p. 176, 177, 182), le Gesta Francorum (in Tom. II. p. 551) e la lettera di Teodorico (Cassiodoro Var. Lib. II. cap. 41. in Tom. IV. p. 4) descrivono la disfatta degli Alemanni. Alcune delle loro Tribù si stabilirono nella Rezia sotto la protezione di Teodorico, i successori del quale cederono la Colonia ed il paese loro al nipote di Clodoveo. Può vedersi lo stato degli Alemanni sotto i Re Merovingici presso Mascou (Istor. degli antichi Germani XI. 8. etc. Annotas. 362) e Guillimain (De Reb. Helvetic. L. II c. 10, 12. p. 72, 80).
  25. Clotilde, o piuttosto Gregorio, suppone, che Clodoveo adorasse gli Dei della Grecia e di Roma. Il fatto è incredibile, e tale sbaglio non serve che a dimostrare, come in meno d’un secolo si era pienamente abolita ed anche dimenticata la Religion nazionale de’ Franchi.
  26. Gregorio di Tours riferisce il matrimonio, e la conversione di Clodoveo (L. II. c. 28, 31. in Tom. II. p. 175, 178). Anche Fredegario, o l’Epitomatore anonimo (in T. II. p. 399, 400), l’Autore delle Gesta Francorum (in Tom. II. p. 548, 552) ed Aimoino medesimo (L. I. c. 13. in T. III. p. 37, 40) non sono da disprezzarsi. La tradizione ha potuto conservar lungamente alcune curiose circostanze di questi importanti successi.
  27. Un Viaggiatore, che tornava da Reims nell’Alvergna aveva rubato una copia delle sue declamazioni al segretario o libraio del modesto Arcivescovo (Sidon. Apollinar. L. IX. Epist. 7). Quattro lettere di Remigio, che tuttavia esistono (in Tom. IV. p. 51, 52, 53) non corrispondono alla lode magnifica di Sidonio.
  28. Incmaro, uno de’ successori di Remigio (an. 845, 882) ne fece la vita (in Tom. III. p. 373, 480). L’autorità degli antichi Manoscritti della Chiesa di Reims potrebbe ispirare qualche fiducia, la quale però vien distrutta dalle temerarie ed audaci finzioni d’Incmaro. Egli è molto notabile, che Remigio, il quale fu consacrato all’età di ventidue anni ( anno 457) occupò la cattedra Episcopale settantaquattro anni (Pagi, Critic. in Baron. Tom. II. p. 384, 572).
  29. Per il battesimo di Clodoveo fu portata da una bianca colomba una boccetta (la santa ampolla) d’olio santo, o piuttosto celeste, e ciò tuttavia si usa, e si rinnuova nella coronazione de’ Re di Francia. Incmaro (che aspirava alla Primazia della Gallia) è il primo autore di questa favola (in Tom. III. p. 377), i deboli fondamenti della quale con profondo rispetto, e consumata destrezza si sono rovesciati dall’Abbate Vertot (Memoir. de l’Acad. des Inscr. Tom. II. p. 619, 633).
  30. Mitis depone colla Sicamber: adora quod incendisti, incende quod adorasti. Gregorio Turon. L. II. cap. 31. in Tom. II. p. 177.
  31. Si ego ibidem cum Francis meis fuissem, injurias eius vindicassem. Questa temeraria espressione, che Gregorio ha prudentemente taciuta, vien celebrata da Fredegario (Epitom. c. 21. in Tom. II. p. 400), da Aimoino (L. 1, c. 16. in Tom. III. p. 40), e dalla croniche di S. Dionisio (L. 1. c. 20. in Tom. III. p. 171), come un’ammirabile effusione di zelo cristiano.
  32. Gregorio L. II. c. 40, 43. in Tom. 11. p. 183, 185. Dopo aver freddamente riferito i replicati delitti, e gli affettati rimorsi di Clodoveo, conclude, forse inavvertentemente, con una lezione, che l’ambizione non vorrà mai ascoltare: His ita transactis.... obiit.
  33. Dopo la vittoria Gotica, Clodoveo fece delle ricche offerte a S. Martino di Tours. Ei desiderava di riscattare il suo cavallo di battaglia col dono di cento monete d’oro; ma l’incantato cavallo non potè muoversi dalla stalla, finattantochè non fu raddoppiato il prezzo del suo riscatto. Questo miracolo eccitò il Re ad esclamare: Vere R. Martinus est bonus in auxilio, sed carus in negotio. Gesta Francor. in Tom. II. p. 554, 555.
  34. Vedi la lettera scritta dal Pontefice Anastasio al convertito Reale (in Tom. IV. p. 50, 51). Avito, Vescovo di Vienna, scrisse a Clodoveo sul medesimo soggetto (p. 49); e molti Vescovi Latini lo vollero assicurare del loro contento ed attaccamento.
  35. In vece di Αρβορρυχοι, ignoto Popolo, che si trova nel testo di Procopio, Adriano di Valois ha restituito il nome più a proposito di Αρμορυχοι, e questa facile correzione si è quasi universalmente approvata. Pure uno spregiudicato lettore naturalmente supporrebbe, che Procopio intendesse di descrivere una tribù di Germani alleata di Roma, non già una confederazione di Città della Gallia, che si fossero ribellate dall’Impero.
  36. Questa importante digressione di Procopio (De Bell. Goth. L. I. c. 12, in Tom. II. p. 29, 36) illustra l’origine della Monarchia francese. Pure bisogna osservare, I. che l’Istorico Greco dimostra una ignoranza inescusabile della geografia dell’Occidente; II. che questi trattati e privilegi, che dovevan lasciare qualche durevole traccia dopo di loro, sono totalmente invisibili presso Gregorio di Tours, nelle Leggi Saliche ec.
  37. Regnum circa Rhodanum, aut Ararim cum provincia Marsiliensi retinebat. Gregorio Turon. L. II. c. 32. in T. II. p. 178. La Provincia di Marsiglia fino alla Duranza fu in seguito ceduta agli Ostrogoti: e si suppone, che le sottoscrizioni di venticinque Vescovi rappresentassero il Regno di Borgogna (an. 519. Concil. Epaon. in Tom. IV. p. 104, 105). Nondimeno eccettuerei Vindonissa. Il Vescovo, che viveva sotto i Pagani alemanni, doveva naturalmente intervenire a’ sinodi del vicino Regno Cristiano. Mascou (nelle sue prime quattro annotazioni) ha spiegato molte circostanze relative alla Monarchia di Borgogna.
  38. Mascou (Istor. de German. XI. 10), che diffida con molta ragione della testimonianza di Gregorio di Tours, ha prodotto un passo d’Avito (Epist. 5) per provare, che Gundobaldo affettava di deplorare quel tragico successo, a cui da’ suoi sudditi affettavasi d’applaudire.
  39. Vedasi l’original conferenza (in Tom. IV. p. 99, 102). Avito, principale attore, e probabilmente segretario del Congresso, era Vescovo di Vienna. Un breve ragguaglio della persona e delle opere di esso può trovarsi presso il Dupin (Biblioth. Eccles. Tom. V. p. 5, 10).
  40. Gregorio di Tours (L. III. c. 19. in Tom. II. p. 199) soddisfa il suo genio, o piuttosto trascrive qualche più eloquente scrittore nella descrizion di Digione, Fortezza che già meritava il titolo di Città. Fu dipendente da’ Vescovi di Langres fino al duodecimo secolo, ed in seguito divenne la capitale de’ Duchi di Borgogna. (Longuerue, Descript. de la France P. 1. p. 280).
  41. L’Epitomatore di Gregorio di Tours (in Tom. II. p. 401) ci ha conservato questo numero di Franchi; ma suppone arbitrariamente, ch’essi fossero tagliati a pezzi da Gundobaldo. Il prudente Borgognone risparmiò i soldati di Clodoveo, e gli mandò prigionieri al Re de’ Visigoti, che gli stabilì nel Territorio di Tolosa.
  42. In questa guerra di Borgogna ho seguitato Gregorio di Tours (L. II. c. 32, 33. in Tom. II. p. 176, 279) la narrazione del quale sembra così contraria a quella di Procopio (De Bell. Goth. L. I. c. 12. in Tom. II. p. 31, 32), che alcuni critici hanno supposto due guerre diverse. L’Abbate Dubos (Hist. Crit. ec. Tom. II. p. 126, 162) ne ha distintamente rappresentate le cause, e gli eventi.
  43. Vedasi la sua vita, o leggenda (in Tom. III. p. 402). Martire! come si è stranamente allontanata, questa parola dall’originale suo senso di comun testimone. S. Sigismondo era famoso per la cura delle febbri.
  44. Avanti la fine del quinto secolo, la Chiesa di S. Maurizio, e la sua legione Tebea, aveva reso Agauno un luogo di devoto pellegrinaggio. Una promiscua comunità di ambidue i sessi vi aveva introdotto alcune opere di tenebre, che furono abolite (l’anno 515) dal regolar monastero di Sigismondo. Dentro i cinquant’anni, i suoi Angeli di luce fecero una sortita notturna, per assassinare il loro Vescovo col suo Clero. Vedi nella Biblioteca Ragionata (Tom. 36, p. 435, 438) la curiosa osservazione d’un erudito Bibliotecario di Ginevra.
  45. Mario, Vescovo d’Avenche (Chron. in Tom. II. p. 15), ha notato le date autentiche, e Gregorio di Tours (L. III. c. 5, 6. in Tom. II. p. 188, 189) ha espresso i fatti principali della vita di Sigismondo, e della conquista di Borgogna. Procopio in Tom. II. p. 34, ed Agatia in Tom. II. p. 49) dimostrano l’imperfetta e remota loro cognizione di tali avvenimenti.
  46. Gregorio di Tours (L. II. c. 37. in Tom. II. p. 181) riporta il breve ma persuasivo discorso di Clodoveo. Valde moleste fero quod hi Ariani partem teneant Galliarum (l’Autore delle Gest. Francor. in Tom. II. p. 553. aggiunge il prezioso epiteto d’Optimam); eamus cum adiutorio Dei, et superatis eis, redigamus terram in ditionem nostram.
  47. Tunc Rex proiecit a se in directum Bipennem suam, quod est Francisca etc. Gest. Francor. in Tom. II. p. 554. La forma, e l’uso di quest’arme si descrivono chiaramente da Procopio (in Tom. II. pag. 37). Posson trovarsi degli esempi del suo nome nazionale in Latino ed in Francese, nel Glossario del Ducange, e nel gran Dizionario di Trevoux.
  48. È singolare, che si trovino alcuni importanti, ed autentici fatti in una vita di Quinziano, composta in rima, nell’antico dialetto (Patois) di Rovergue. Dubos, Hist. Crit. ec. Tom. II. p. 179.
  49. Quamvis fortitudini vestrae confidentiam tribuat parentum vestrorum innumerabilis multitudo; quamvis Attilam potentem reminiscamini Visigothorum viribus inclinatum; tamen quia populorum ferocia corda longa pace mollescunt, cavete subito in aleam mittere, quos constat tantis temporibus exercitia, non habere. Tal era il salutevole ma infruttuoso consiglio pacifico della ragione, e di Teodorico. (Cassiodoro L. III. ep. 2).
  50. Montesquieu (Espr. des Loix. L. XV. c. 14) riferisce ed approva la legge de’ Visigoti (L. IX. Tit. 2. in Tom. IV. p. 425) che obbligava tutti i Padroni ad armare e mandare o condurre nel campo la decima parte de’ loro schiavi.
  51. Questa specie di divinazione, cioè di prendere come un augurio le prime parole sacre, che in certe particolari circostanze si presentassero all’occhio, o all’orecchio, fu tratta da’ Pagani; e si sostituì la Bibbia, o il Salterio a’ Poemi di Omero e di Virgilio. Dal quarto secolo fino al decimoquarto, queste sortes Sanctorum, come si dicono, furono più volte condannate da’ decreti de’ Concili, e più volte praticate da’ Re, dai Vescovi, e da’ Santi. Vedasi una curiosa Dissertazione dell’Abbate du Resnel nelle memorie dell’Accademia Tom. XIX. p. 287, 320.
  52. Dopo aver corretto il testo, o scusato l’error di Procopio, che pone la disfatta d’Alarico vicino a Carcassona, possiam concludere dalla testimonianza di Gregorio, di Fortunato, o dell’Autore delle Gesta Francorum, che la battaglia seguì in campo Vocludensi sulle rive del Clain, circa dieci miglia al mezzodì di Poitiers. Clodoveo sorprese ed attaccò i Visigoti vicino a Vivonna, e fu decisa la vittoria in vicinanza d’un villaggio tuttavia chiamato Champagne S. Hilaire. (Vedi le dissertazioni dell’Abbate le Boeuf Tom. 1. p. 304, 311).
  53. Angolemme è nella strada, che da Poitiers conduce a Bordò; e quantunque Gregorio differisca l’assedio, si può creder più facilmente, ch’esso abbia confuso l’ordine della istoria, di quel che Clodoveo trascurasse le regole della guerra.
  54. Pyrenaeos montes usque Perpinianum subiecit: Tal è, l’espressione di Rorico, che dimostra la recente sua data, poichè Perpignano non esistè prima del decimo secolo (Marca Hispanica p. 458). Questo florido e favoloso scrittore (ch’era forse un Monaco d’Amiens, Vedi l’Abbate le Boeuf, Mem. de l’Academ. Tom. XVII. p. 228, 245) riferisce, sotto l’allegorico carattere di Pastore, l’istoria generale dei Franchi, suoi nazionali; ma il suo racconto finisce con la morte di Clodoveo.
  55. L’autore delle Gesta Francorum positivamente afferma che Clodoveo stabilì un corpo di Franchi nella Santongia, e nel Bordelese: ed è seguitato non senza ragione da Rorico: Electos milites atque fortissimos, cum parvulis atque mulieribus. Pure sembra, ch’essi tosto si mescolassero co’ Romani dell’Aquitania, finattantochè Carlo Magno vi condusse una più numerosa, e potente Colonia (Dubos, Hist. Crit. Tom. II. p. 215).
  56. Nella descrizione della guerra Gotica mi son servito de’ seguenti materiali, col dovuto riguardo al disugual valore di essi; cioè, di quattro lettere di Teodorico Re d’Italia (Cassiod. L. III. epist. 1 in Tom. IV. p. 3, 5), di Procopio (de Bell. Goth. L. I. c. 12. in Tom. II. p. 32, 33), di Gregorio di Tours (L. II. c. 35, 36, 37. in Tom. II. p. 181, 183), di Giornandes (de reb. Getic. c. 38. in Tom. II. p. 28), di Fortunato (in Vit. S. Hilar. in Tom. III. p. 380), d’Isidoro (in Cron. Goth. in Tom. II. p. 702), dell’Epitome di Gregorio Turonense (in Tom. II. p. 401), dell’Autore delle Gesta Francor. (in Tom. II. p. 453, 555), de’ Frammenti di Fredegario (in Tom. II. p. 473), d’Aimoino (L. I. c. 20 in Tom. III. p. 41, 42) e di Rorico (L. IV. Tom. III. p. 14, 19).
  57. I Fasti d’Italia dovevan naturalmente rigettare un Console, nemico del loro Sovrano; ma qualunque ingegnosa ipotesi, che spiegasse il silenzio di Costantinopoli, e dell’Egitto (cioè della cronica di Marcellino, e della Pasquale) vien distrutta da un simil silenzio di Mario, Vescovo di Avenche, che compose i suoi Fasti nel regno di Borgogna. Se la testimonianza di Gregorio di Tours fosse meno grave e positiva (L. II. c. 38. in Tom. II. p. 183), io crederei che Clodoveo ricevesse, come Odoacre, il titolo e gli onori durevoli di Patrizio. (Pagi, Crit. Tom. II. p. 474, 492).
  58. Sotto i Re Merovingici, Marsilia ricevea sempre dall’Oriente Carta, Vino, Olio, Lino, Seta, Pietre preziose, Spezierie ec. I Galli, e i Franchi negoziavano nella Siria, ed i Sirj si stabilivano nella Gallia. (Vedi il de Guignes, Memor. de l’Academ. Tom. XXXVII. p. 441, 475).
  59. (Poichè non si reputava, che i Franchi possedessero la Gallia con sicurezza, se l’Imperatore non confermava tal fatto) Оυ γαρ πστε ωοντο Γαλλιας ξυντω ασφαλει κεκτησθαι φρανγοι, μη του αυτοκρατορος το εργον επισφραγισαντος τουτο γε. Questa forte dichiarazione di Procopio (de Bell. Goth. L. III. c. 33. in Tom. II. p. 41) servirebbe quasi a giustificare l’Abbate Dubos.
  60. I Franchi, che probabilmente si servirono delle Zecche di Treveri, di Lione e d’Arles, imitarono il conio degli Imperatori Romani di sessantadue soldi, o pezzi di moneta per libbra d’oro. Ma siccome i Franchi ammettevano una proporzione decupla fra l’oro e l’argento, dieci scellini corrisponderanno al valore del loro soldo d’oro. Questo era la comune misura delle multe de’ Barbari, e conteneva quaranta denarii, o piccole monete d’argento del valore di tre soldi. Dodici di questi denarii formavano un solido, o uno scellino, cioè la ventesima parte d'una libbra d'argento di peso e di numero, che si è tanto stranamente diminuita nella Francia moderna. (Vedi le Blanc Traité Histor. des Monnoyes de France p. 37, 43. ec.)
  61. Agatia in Tom. II. p. 47. Gregorio di Tours ne fa una pittura molto differente. Non sarebbe forse così facile il trovare, dentro il medesimo istorico periodo, più vizi e meno virtù. Continuamente ci si presenta con disgusto l’unione di selvaggi e di corrotti costumi.
  62. Il de Foncemagne ha delineato in una corretta ed elegante dissertazione (Mem. de l’Acad. Tom. VIII, p. 505, 518) l’estensione, ed i limiti della Monarchia francese.
  63. L’Abbate Dubos (Hist. Crit. Tom. I. p. 29, 36) ha esposto con verità, e piacevolmente, il tardo progresso di tali studj; ed osserva, che Gregorio di Tours era stato solo stampato una volta prima dell’anno 1560. Secondo la querela dell’Heineccio (Oper. Tom. II. Syllog. III. p. 248 ec.) la Germania ricevè con indifferenza e disprezzo i Codici delle Leggi barbare, che furono pubblicate dall’Heroldo, dal Lindebrogio ec. Presentemente quelle Leggi (per quanto si riferiscono alla Gallia), l’istoria di Gregorio Turonense, e tutti i monumenti della stirpe Merovingica, son posti in un puro, e perfetto stato ne’ primi quattro volumi degl’Istorici di Francia.
  64. Nello spazio di trent’anni (dal 1728 al 1765) quest’importante soggetto si è trattato dal libero spirito del Conte di Boulainvilliers (Memoir. Histor. sur l’état de la France, specialmente nel Tom. I. p. 15, 49), dall’erudito ingegno dell’Abbate Dubos (Hist. Crit. de l’Etabliss. da la Monarch. Franc. dans les Gaules 2. vol. 4), dall’esteso genio del Presidente di Montesquieu (Espr. des Loix particolarmente L. XXVIII, XXX, XXXI), e dal buon senso, e dalla diligenza dell’Abbate di Mably (Observations sur l’Histoir. de France 2 vol. 12).
  65. Io ho tratto gran lume dalle due dotte opere dell’Heineccio, cioè dall’Istoria, e dagli Elementi del Diritto Germanico. In una giudiziosa prefazione agli Elementi, egli esamina e procura di scusare i difetti di quella barbara Giurisprudenza.
  66. Sembra, che la lingua originale del Gius Salico fosse latina. Esso fu probabilmente composto al principio del quinto secolo, avanti l’era (an. 421) del vero, o falso Faramondo. La prefazione di quel Gius fa menzione de’ quattro Cantoni, da’ quali si presero i quattro legislatori: e molte Province, come la Franconia, la Sassonia, l’Annover, il Brabante ec., hanno preteso, che loro appartenessero. (Vedasi un’eccellente dissertazione dell’Heineccio, de lege Salica Tom. III Syllog. p. 147, 267).
  67. Eginard in vita Caroli M. c. 29 in Tom. V p. 100. Per questi due corpi di Leggi, i Critici per la maggior parte intendono le Saliche, e le Ripuarie. Le prime s’estendevano dalla selva Carbonaria sino alla Loira (Tom. VI p. 151); e le altre potevano aver vigore dalla medesima selva fino al Reno (Tom. IV p. 222).
  68. Si consultino le antiche e moderna prefazioni de’ vari Codici, nel quarto volume degl’Istorici di Francia. Il prologo originale alle Leggi Saliche esprime (quantunque in un dialetto straniero) il vero spirito de’ Franchi, con maggior forza che i dieci libri di Gregorio di Tours.
  69. La Legge Ripuaria dichiara e stabilisce quest’indulgenza in favore dell’attore (Tit. XXXI in Tom. IV p. 240); e si suppone, o s’esprime la stessa tolleranza in tutti i codici, eccettuato quello de’ Visigoti di Spagna: Tanta diversitas legum (dice Agobardo nel nono secolo) quanta non solum in regionibus aut civitatibus, sed etiam in multis domibus habetur. Nam plerumque contingit ut simul eant, aut sedeant quinque homines; et nullus eorum communem legem cum altero habeat (in Tom. VI p. 350). Egli stoltamente propone d’introdurre una conformità di leggi, ugualmente che di fede.
  70. Inter Romanos negotia caussarum Romanis legibus praecipimus terminari. Tali sono le parole d’una costituzion generale, promulgata da Clotario, figlio di Clodoveo, restato solo Monarca de’ Franchi (in Tom. IV p. 116) verso l’anno 560.
  71. Questa libertà d’elezione si è opportunamente dedotta (Espr. des Loix L. XXVIII. 2) da una Costituzione di Lotario I. (Leg. Longob. l. II. Tit. 57 in Cod. Lindembrog. p. 664) quantunque l’esempio sia troppo recente e parziale. Da una diversa lezione nella Legge Salica (Tit. LXIV not. 45) l’Abbate di Mably (Tom. 1 p. 290, 293) ha congetturato, che a principio i soli Barbari, ed in seguito chiunque (e conseguentemente anche i Romani) potessero vivere secondo la legge de’ Franchi. Mi dispiace d’oppormi a questa ingegnosa congettura, osservando, che il senso più stretto (Barbarum) si esprime nella copia riformata di Carlo Magno, che si conferma da’ Manoscritti, Reali e di Wolfenbuttel. L’interpretazione più larga (hominem) non è autorizzata, che dal manoscritto di Fulda, da cui Heroldo pubblicò la sua edizione. Vedi i quattro Testi originali della Legge Salica nel Tom. IV p. 147, 173, 196, 220.
  72. Ne’ tempi eroici della Grecia il delitto d’omicidio si espiava mediante una pecuniaria soddisfazione alla famiglia del morto (Feichius, Antiquit. Homer. L. II c. 8). L’Heineccio, nella sua Prefazione agli elementi del Gius Germanico, favorevolmente suggerisce, che in Roma, ed in Atene l’omicidio era punito solo coll’esilio. Questo è vero, ma l’esilio era una pena capitale per un cittadino Romano, o Ateniese.
  73. Questa proporzione è fissata dalle Leggi Salica (Tit. 44 in Tom. IV p. 147), e Ripuaria (Tit. 7, 11, 36 in Tom. IV p. 237, 241); ma l’ultima non fa Sotto l’impero alcuna distinzione de’ Romani. L’ordine però del Clero è posto sopra i Franchi medesimi, ed i Borgognoni e gli Alemanni fra i Franchi ed i Romani.
  74. Gli Antrustiones, qui in truste dominica sunt, leudi, fideles, sicuramente rappresentano il prim’ordine de’ Franchi; ma è dubbioso, se il loro grado era personale o ereditario. All’Abbate di Mably (Tom. 1 p. 334, 347) non è dispiaciuto di mortificare l’orgoglio della nascita (Espr. LXXX c. 25) con fissare il principio della nobiltà Francese dal regno di Clotario II (an. 615).
  75. Vedi le Leggi di Borgogna (Tit. II in Tom. IV p. 157), il Codice de’ Visigoti (L. VI I. V in Tom. IV p. 384) e la costituzione di Childeberto, non di Parigi, ma certamente d’Austria (in Tom. IV p. 112). L’immatura loro severità fu alle volte temeraria ed eccessiva. Childeberto condannò alla morte non solamente gli omicidi, ma anche i ladri: quamodo sine lege involavit, sine lege moriatur; e fino il Giudice negligente era involto nella medesima sentenza. I Visigoti abbandonavano un chirurgo, che male fosse riuscito nelle sue operazioni, alla famiglia del morto, ut quod de eo facere voluerint habeant potestatem. L. XI Tit. 1 in Tom. IV p. 435.
  76. Vedi nel sesto Tomo delle opere dell’Heineccio (Elementa Juris Germanici L. II p. II n. 251, 262, 280, 283). Pure si può trovare in Germania qualche vestigio di queste pecuniarie composizioni fino al secolo decimo sesto.
  77. Tutta la materia de’ Giudici Germanici, e della loro giurisdizione, è trattata copiosamente dall’Heineccio (Elem. Jur. Germ. l. III n. 1, 72). Io non posso trovare alcuna prova, che sotto la stirpe Merovingica gli Scabini, o assessori fossero eletti dal Popolo.
  78. Gregor. Turon. l. VIII c. 9 in Tom. II p. 316. Montesquieu osserva (Espr. des Loix L. XXVIII c. 13), che la Legge Salica non ammetteva queste prove negative, tanto generalmente stabilite ne’ Codici Barbari. Pure quell’oscura concubina (Fredegunda), che divenne moglie del nipote di Clodoveo, doveva seguire la Legge Salica.
  79. Il Muratori nelle Antichità d’Italia ha fatto due Dissertazioni (XXXVIII e XXXIX) sopra i giudizj di Dio. Si pretendeva, che il fuoco non bruciasse l’iunocente, e che il puro elemento dell’acqua non permettesse, che il colpevole s’immergesse nel suo seno.
  80. Montesquieu (Espr. des Loix l. XXVIII c. 17) ha condisceso a spiegare, e scusare la maniere de penser de nos peres intorno a’ combattimenti giudiciali. Ei seguita questo stravagante istituto dal tempo di Gundobaldo fino a quello di S. Luigi; ed il filosofo alle volte si perde nel Legale antiquario.
  81. In un memorabil duello, fatto ad Aquisgrana (l’an. 820) in presenza dell’Imperator Lodovico Pio, osserva il suo Biografo che secundum legem propriam, nipote quia uterque Gothus erat, equestri pugna congressus est (Vit. Ludovie. Pii c. 33 in Tom. VI p. 103). Ermoldo Nigello (l. 1II 543, 628 in Tom. VI p. 48, 50) che descrive quel duello, ammira l’arte nuova di combattere a cavallo, che era incognita a’ Franchi.
  82. Gundobaldo, nell’originale suo editto, pubblicato a Lione (l’anno 501 ) stabilisce, e giustifica l’uso del combattimento giudiciale (Leg. Burgund. Tit. XIV in Tom. II p. 267, 268). Trecento anni dopo, Agobardo, Vescovo di Lione, sollecitò Lodovico Pio ad abolire la legge d’un Arriano tiranno (in Tom. VI p. 356, 358). Ei riferisce il Dialogo di Gundobaldo, e d’Avito.
  83. Accidit, dice Agobardo, ut non solum valentes viribus, sed etiam infirmi et senes lacessantur ad pugnam etiam pro vilissimis rebus. Quibus foralibus certaminibus contingunt homicidia iniusta, et crudeles ac perversi eventus iudiciorum. Come prudente rettorico; sopprime il legale privilegio di far uso de’ campioni.
  84. Montesquieu (Espr. des Loix XXVIII c. 14) che intende perchè fu ammesso il combattimento giudiciale da’ Borgognoni, da’ Ripuari, dagli Alemanni, da’ Bavari, da’ Lombardi, da’ Turingi, da’ Frisoni, e da’ Sassoni, è persuaso (ed Agobardo sembra, che sostenga tal asserzione), che il medesimo non era permesso dalla Legge Salica. Pure si fa menzione dell’istesso uso, almeno ne’ casi di delitti di Stato, da Ermoldo Nigello (l. III 543 in Tom. VI p. 48), e dall’anonimo Biografo di Ludovico Pio (c. 46 in Tom. VI p. 112); come mos antiquus Francorum, more Francis solito ec.: espressioni troppo generali per escludere la più nobile delle loro Tribù.
  85. Cesare de Bell. Gallic. lib. 1 cap. 31 in Tom. 2 pag. 213.
  86. Gli oscuri segni d’una divisione di terre, accidentalmente sparsi nelle Leggi de’ Borgognoni (Tit. 54 n. 1, 2 in Tom. IV p. 271, 272) e de’ Visigoti (l. X Tit. 1 n. 8, 9, 16 in Tom. IV p. 428, 429, 430) sono abilmente spiegati dal Presidente di Montesquieu (Espr. des Loix l. XXX c. 7, 8, 9). Aggiungerò solamente, che fra’ Goti sembra, che la divisione si fissasse a giudizio de’ vicini; che i Barbari spesso usurpavano l’altro terzo; e che i Romani potevano ricuperare i loro diritti, purchè non ne fossero restati privi per una prescrizione di cinquant’anni.
  87. Egli è molto singolare, che il Presidente di Montesquieu (Espr. des Loix l. XXX c. 7), e l’Abbate di Mably (Observat. Tom. 1 p. 21, 22) convengano in questa strana supposizione d’un arbitraria e privata rapina. Il Conte di Boulainvilliers (Etat de la France Tom. 1 p. 22, 23) dimostra un forte ingegno a traverso un nuvolo d’ignoranza, e di pregiudizio.
  88. Vedi l’Editto, o piuttosto il Codice rurale di Carlo Magno, che contiene settanta distinti e minuti regolamenti di quel gran Monarca (in Tom. V p. 652, 657). Ei chiede conto delle corna, e delle pelli delle capre, permette che sia venduto il suo pesce, ed accuratamente ordina, che le ville più grosse (Capitaneae) mantengano cento polli, e trenta oche; e le più piccole (mansionales) cinquanta polli, e dodici oche. Il Mabillon (de re diplomatica) ha investigato i nomi, il numero, e la situazione delle ville Merovingiche.
  89. Da un passo delle Leggi Borgognone (Tit. 1 n. 4 in Tom. IV p. 257) è chiaro, che un figlio meritevole poteva sperare di ritenere le terre che suo padre avea ricevuto dalla real bontà di Gundobaldo. I Borgognoni avranno mantenuto con fermezza il lor privilegio, ed il lor esempio potè incoraggire i beneficiari di Francia.
  90. Le rivoluzioni de’ Benefizi, e de’ Feudi sono chiaramente determinate dall’Abbate di Mably. L’accurata sua distinzione de’ tempi gli conferisce un merito, che non ha neppur Montesquieu.
  91. Vedi la legge Salica (Tit. 62 in Tom. IV p. 156). L’origine, e la natura di queste terre saliche, che ne’ tempi d’ignoranza si conoscevan perfettamente, adesso rendon perplessi i nostri più eruditi e sagaci critici.
  92. Molti fra’ dugentosei miracoli di S. Martino (Gregorio Turonense in Max. Biblioth. Patrum Tom. XI pag. 895, 932) furono più volte fatti per punire il sacrilegio: Audite haec, omnes (esclama il Vescovo di Tours) potestatem habentes, dopo aver riferito, come alcuni cavalli che erano stati condotti in un prato sacro, erano divenuti furiosi.
  93. Heinecci, Elem. Jur. German. l. II p. 1 n. 88.
  94. Giona, Vescovo d’Orleans, (an. 821, 826. Cavo, Hist. Litter. p. 443) censura la legal tirannia de’ nobili: Pro feris, quas cura hominum non aluit, sed Deus in commune mortalibus ad utendum concessit, pauperes a potentioribus spoliantur, flagellantur, ergastulis detruduntur, et multa alla patiuntur. Hoc enim qui faciunt lege mundi se facere juste posse contendunt. De institutione laicor. l. II c. 23 ap. Thomassin Discipl. de l’Eglise Tom. III p. 1348.
  95. Sopra un puro sospetto, Cundo, Ciamberlano di Gontranno, Re di Borgogna, fu lapidato (Gregor. Turon. l. X c. 10 in Tom. II p. 369). Giovanni Salisburiense (Policrat. l. 1 c. 4) sostiene i diritti di natura, ed espone la crudele pratica del duodecimo secolo. (Vedi Heinecci, Elem. Jur. German. l. II p. 1 n. 51, 57).
  96. L’uso di fare schiavi i prigionieri di guerra fu totalmente estinto nel secolo decimoterzo, per l’autorità del Cristianesimo che prevalse; ma potrebbe provarsi con più passi di Gregorio di Tours, che si praticava senza censura veruna sotto la razza Merovingica; e fino lo stesso Grozio (de Jur. Bell. et Pac. l. III c. 7), ugualmente che Barbeyrac, suo comentatore, hanno procurato di combinarlo con le leggi della natura, e della ragione.
  97. Si spiegano dall’Heineccio (Elem. Jur. German. l. 1 n. 28, 47), dal Muratori (Dissert. XIV, XV), dal Ducange (Gloss. sub. voc. servis) e dall’Abbate di Mably (Observ. Tom. II p. 3 etc. p. 237 etc.) lo stato, le professioni, ecc. degli schiavi Germani, Italiani, e Galli del medio Evo.
  98. Gregorio di Tours (l. VI c. 45 in Tom. II p. 289) riporta un memorabil esempio, in cui Childerico abusò una volta de’ privati diritti di padrone. Molte famiglie, che appartenevano alle sue domus fiscales nelle vicinanze di Parigi, furon per forza mandate via nella Spagna.
  99. Licentiam habeatis mihi qualemcumque volueritis disciplinam ponere: vel venumdare, aut quod vobis placuerit de me facere. Marculf., Formul. l. II 28 in Tom. IV p. 497. La formula del Lindembrogio (p. 559) e quella d’Angiò (p. 565) portano il medesimo effetto. Gregorio di Tours (L. VII c. 45 in Tom. II pag. 311) parla di molte persone, che in una gran carestia si venderono per mangiare.
  100. Quando Cesare la vide, si mise a ridere (Plutarco, in Caesar. Tom. 1 p. 409); pure riferisce l’infelice suo assedio di Gergovia con minor franchezza di quella che avremmo potuto aspettare da un grand’uomo, a cui la vittoria era famigliare. Ei confessa però, che in un attacco perdè quarantasei centurioni, e settecento uomini (de Bello Gallic. l. VI c. 44, 53 in Tom. I p. 270, 272).
  101. Audebant se quondam fratres Latio dicere, et sanguine ab Iliaco populos computare. Sidonio Apollinare l. VII epist. in Tom. I p. 799. Io non so i gradi e le circostanze di questa favolosa discendenza.
  102. O la prima, o la seconda divisione, seguìta fra’ figli di Clodoveo, aveva portato il Berry a Childeberto (Greg. Turon. l. III c. 12. in Tom. II p. 192). Velim (dic’egli) Arvernam Lemanem, quae tanta jucunditatis gratia, refulgere dicitur, oculis cernere (l. III c. 9 p. 191). La campagna era coperta da una densa nebbia, quando il Re di Parigi fece il suo ingresso in Clermont.
  103. Per la descrizione dell’Alvergna, vedi Sidonio (L. IV Epist. 21 in Tom. I p. 793) con le note del Savaron e del Sirmondo (p. 279 e 51 delle respettive edizioni), Boulainvilliers (Etat de la Franc. Tom. II p. 242, 268) e l’Abbate De la Longuerue (Descript. de la France P. 1 p. 132, 139).
  104. Furorem gentium, quae de ulteriore Rheni amnis parte venerant, superare non poterat (Gregor. Turon. L. IV c. 50 in Tom. II p. 229). Tale fu la scusa d’un altro Re d’Austrasia (an. 475) per le devastazioni, che le sue truppe commisero nelle vicinanze di Parigi.
  105. Dal nome e dalla situazione, i Benedettini, editori di Gregorio di Tours (in Tom. II p. 192) hanno stabilito questa Fortezza in un luogo chiamato Castel Merliac, lontano da Mauriac due miglia, nell’Alvergna superiore. In tale descrizione io traduco infra come se dicesse intra. Si confondono perpetuamente queste due preposizioni da Gregorio, o da’ suoi copisti; e sempre bisogna decidere a senso.
  106. Vedi queste rivoluzioni e guerre dell’Alvergna presso Gregorio di Tours (L. II c. 37 in Tom. II p. 183 e L. III c. 9, 12, 13 p. 192, 194 de miracul. Juliani c. 13 in T. II p. 446). Egli frequentemente dimostra lo straordinario suo riguardo per la propria Patria.
  107. La storia d’Attalo si racconta da Gregorio di Tours (L. III c. 16 in Tom. II p. 193, 195). Il P. Ruinart, editore del medesimo, confonde quest’Attalo, che nell’anno 532 era un fanciullo (puer), con un amico di Sidonio dell’istesso nome, ch’era Conte d’Autun, cinquanta o sessanta anni prima. Tal errore, che non si può attribuire ad ignoranza, viene in certo modo scusato dalla sua stessa grandezza.
  108. Questo Gregorio, Bisavolo di Gregorio di Tours (in Tom. II p. 197, 490), visse novanta due anni; avendone passati quaranta come Conte d’Autun, e trentadue come Vescovo di Langres. Secondo il Poeta Fortunato dimostrò un ugual merito in questi diversi posti.

    Nobilis antiqua decurrens prole parentum,
         Nobilior gestis, nunc super astra manet.
    Arbiter ante ferox, dein pius ipse sacerdos,
         Quos domuit judex, fovet amore patris.

  109. Poichè il Valois, ed il Ruinart han voluto cangiare la Mosella del testo nella Mosa, a me tocca d’approvare tal cangiamento. Pure avendo fatto qualche osservazione sulla topografia, potrei difendere la comune lezione.
  110. I maggiori di Gregorio (Gregorio, Florenzio, Giorgio) erano di nobile estrazione (natalibus... illustres), e possedevano vasti patrimoni (latifundia) sì nell’Alvergna, che nella Borgogna. Egli era nato l’anno 539, fu consacrato Vescovo di Tours nel 573, e morì nel 593 o 595 poco dopo ch’ebbe terminato la sua Storia. Vedasi la sua vita scritta da Odone, Abbate di Clugny (in Tom. II p. 129, 135), ed una nuova di lui vita nelle Memorie dell’Accademia ec. (Tom. XXVI p. 598, 638).
  111. Decedente atque immo potius pereunte alt urbibus Gallicanis liberalium cultura literarum etc. (in praef. Tom. II p. 137): questo è il lamento di Gregorio medesimo, che pienamente ei verifica con le proprie sue opere. Il suo stile manca d’eleganza, ugualmente che di semplicità. Trovandosi in un posto cospicuo, rimase contuttocciò straniero rispetto al suo proprio tempo e paese; ed in una prolissa opera (gli ultimi cinque libri contengono dieci anni) ha tralasciato quasi tutto quello, che la posterità desidera di sapere. Io con molto tedio ho acquistato, mediante una penosa lettura, il diritto di pronunziare questa svantaggiosa sentenza.
  112. L’Abbate di Mably (Tom. I p. 247, 267) ha diligentemente confermato quest’opinione del Presidente di Montesquieu (Espr. des Loix L. XXX c. 13).
  113. Vedi Dubos (Hist. Crit. de la Monarch. Franc. T. II L. VI c. 9, 10). Gli Antiquari francesi stabiliscono come un principio, che i Romani, ed i Barbari posson distinguersi da’ loro nomi. Questi nomi formano senza dubbio una ragionevole presunzione; eppure leggendo Gregorio di Tours, ho notato Gondulfo, di stirpe Senatoria, o Romana (L. VI c. 11 in Tom. II p. 273), e Claudio, Barbaro (L. VII c. 29 p. 303).
  114. Gregorio di Tours fa più volte menzione d’Ennio Mummolo dal quarto libro (c. 42 p. 224) fino al settimo (c. 40 p. 310). La computazione per talenti è molto singolare; ma se Gregorio annetteva qualche idea a quest’antiquata parola, i tesori di Mummolo dovettero ascendere a più di 100,000 lire sterline.
  115. Vedi Fleury Disc. 3. sur l’Hist. Eccles.
  116. Il Vescovo di Tours medesimo ha rammentato il lamento di Chilperico, nipote di Clodoveo: Ecce pauper remansit Fiscus noster: ecce divitiae nostrae ad Ecclesias sunt translatae; nulli penitus, nisi soli Episcopi regnant. (l. VI c. 46 in Tom. II p. 291).
  117. Vedi il Codice Ripuario Tit. XXXVI in Tom. IV p. 24l. 1a legge Salica non provvede alla sicurezza del Clero; e noi possiamo supporre per onore della tribù più incivilita, ch’essi non avevan preveduto un atto così empio come l’omicidio d’un prete. Pure Pretestato, Arcivescovo di Roano fu assassinato per ordine della Regina Fredegonda avanti all’altare (Greg. Turon. L. VIII, c. 31 in T. II p. 326).
  118. Il Bonamy (Mem. de l’Academ. des Inscript. T. 24 p. 582, 670) ha provato l’esistenza della Lingua Romana Rustica, che per il mezzo del Romanzo si è appoco appoco ridotta nell’attual forma del linguaggio Francese. Sotto la stirpe Carolingica, i Re e Nobili della Francia tuttavia intendevano il dialetto de’ Germani loro antenati.
  119. Ce beau systeme a été trouvé dans les bois, Montesquieu Espr. des Loix XI c. 6.
  120. Vedi l’Abbate di Mably Observat. Tom. I p. 34, 50. Parrebbe, che le assemblee nazionali le quali, quanto alla loro instituzione, sono contemporanee al principio della Nazion francese, non fossero mai state confacenti al suo genio.
  121. Gregorio di Tours(L. VIII c. 50 in Tom. II p. 225, 226) riferisce con molta indifferenza i delitti, il rimprovero, e l’apologia. Nullus Regem metuit, nullus Ducem, nullus comitem reveretur: et si fortassis alicui ista displicent, et ea, pro longaevitate vitas vestras, emendare conatur, statim seditio in populo, statim tumultus exoritur, et in tantum unusquisque contra seniorem saeva intentione grassatur, ut vix se credat evadere, si tandem silere nequiverit.
  122. La Spagna, in quegli oscuri tempi, è stata specialmente sfortunata. I Franchi ebbero un Gregorio di Tours; i Sassoni, o Angli un Beda; i Longobardi un Paolo Warnefrido ec. Ma l’istoria de’ Visigoti si contiene nelle brevi ed imperfette croniche d’Isidoro di Siviglia, e di Giovanni di Bielar.
  123. Tali sono le querele di S. Bonifacio, Apostolo della Germania, e riformator della Gallia (in Tom. IV p. 94). Gli ottant’anni ch’esso deplora, di licenza e di corruzione, sembra che indichino, che i Barbari fossero ammessi nel Clero verso l’anno 660.
  124. Gli atti de’ Concili di Toledo son sempre i più autentici monumenti della Chiesa e della Costituzione di Spagna. I seguenti passi particolarmente sono importanti L. III 17, 18. IV 75. V 2, 3, 4, 5, 8. VI 11, 12, 13, 14, 17, 18. VII l. XIII 2, 3, 6. Ho trovato Mascou (Istor. degli ant. Germani XV 20 ed Annotazioni XXVI, XXXIII) e Ferreras (Hist. Gener. de l’Espagn. Tom. 2) guide molto utili ed accurate.
  125. Il Codice de’ Visigoti regolarmente diviso in dodici libri, è stato correttamente pubblicato da Domenico Bouquet (in Tom. IV p. 273, 460). Esso fu trattato dal presidente di Montesquieu (Espr. des Loix l. XXVIII c. 1) con eccessivo rigore. Mi dispiace lo stile di esso; ne detesto la superstizione; ma ardisco di credere, che la Giurisprudenza civile dimostra uno stato di società più incivilito ed illuminato, che quello de’ Borgognoni e anche de’ Lombardi.
  126. Vedi Gilda, de Excidio Britanniae c. II 25 p. 4, 9 Edit. Gale, Nennio, Hist. Britan c. 28, 35, 65 p. 105, 115 Edit. Gale, Beda, Hist. Eccles. Gentis Anglor. L. I c. 12, 16 p. 49, 53 c. 22 p. 58 Edit. Smith, la Cronica Sassone p. 22, 23 ec. Edit. Gibson. Le leggi Anglo-Sassone furono pubblicate da Wilkins Lond. 1731 in fol. e le leggi Walliche da Wotton e Clarke Lond. 1730 fol.
  127. Il laborioso Carte, e l’ingegnoso Whitaker sono i due moderni scrittori, a’ quali principalmente io son debitore. La istoria particolare di Manchester abbraccia, sotto quell’oscuro titolo, un soggetto quasi tanto esteso, quanto è l’istoria generale d’Inghilterra.
  128. Quest’invito, che può in qualche modo fondarsi sulle incerte espressioni di Gilda e di Beda, è ridotto ad una regolare storia da Witikindo, Monaco Sassone del decimo secolo (Ged. Consin, Hist. de l’Empire d’Occident Tom. II p. 366). Rapin, ed anche Hume si sono troppo francamente serviti di questa sospetta testimonianza senz’aver riguardo alla precisa e probabile autorità di Nennio: „Interea venerunt tres Chiulae a Germania in exilio pulsae, in quibus erant Hors, et Hengist.
  129. Nennio attribuisce a’ Sassoni l’uccisione di trecento Capi Brettoni: delitto non incoerente a’ selvaggi loro costumi. Ma non siam obbligati a credere (Vedi Jeffrey di Monmouth L. VIII c. 9, 12), che Stonehenge sia un monumento di essi, che i giganti avevano anticamente trasportato dall’Affrica nell’Irlanda, e che fu quindi recato nella Brettagna per ordine d’Ambrogio, e per l’arte di Merlino.
  130. Tutte queste Tribù vengono espressamente enumerate da Beda (L. I c. 15 p. 52 L. V c. 9 p. 190), e quantunque io abbia esaminato le osservazioni del Whitaker (Ist. di Manchest. vol. II p. 538, 443) pure non vedo quale assurdità venga da supporre, che i Frisi ec. si fossero mescolati con gli Anglo-Sassoni.
  131. Beda ha enumerato sette Re, due Sassoni, uno Juta, e quattro Angli, che l’uno dopo l’altro acquistarono una indefinita superiorità di potenza e di fama nell’Eptarchia. Ma il regno loro fu l’effetto non della legge, ma della conquista; ed egli osserva in simili termini, che uno di essi soggiogò le isole di Man e d’Anglesey, ed un altro impose tributo agli Scoti, ed a’ Pitti (Hist. Eccl. Lib. II cap. 5 p. 83).
  132. Vedi Gilda, de excid. Britann. cap. I pag. 1 Edit. Gale.
  133. Il Whitaker (Istor. di Manchester Vol. II p. 503, 516) ha sottilmente esposta questa patente assurdità, che si era passata senz’avvertirla dagl’Istorici generali, occupati ad esaminare avvenimenti più interessanti.
  134. A Beran-birig, o castel Barbury, vicino a Marlborough. La Cronica Sassone determina il nome e la data; Cambden (Britannia Vol. I p. 128) fissa il luogo; ed Enrico d’Huntingdon (Scriptor. post. Bedam p. 314) riferisce le circostanze di questa battaglia. Esse son probabili e caratteristiche; e gli Storici del secolo XII potevan consultare dei materiali, che non esistono più.
  135. Cornovaglia fu soggiogata finalmente da Atelstano (an. 927, 941), che fissò una Colonia Inglese a Exeter, e confinò i Brettoni di là dal fiume Tamar. Vedi Guglielmo di Malmsbury L. II fra gli Scrittori post Bedam p. 50. Lo spirito de’ Cavalieri di Cornovaglia restò avvilito dalla servitù, e sembra, secondo il romanzo di Tristram, che la loro infingardaggine si fosse quasi ridotta in proverbio.
  136. Si prova lo stabilimento de’ Brettoni nella Gallia, seguito nel sesto secolo, per mezzo di Procopio, di Gregorio di Tours, del secondo Concilio Turonense (an. 567), e delle loro croniche, e vite di Santi meno sospette. La sottoscrizione d’un Vescovo de’ Brettoni al primo Concilio Turonense (an. 461 o piuttosto 481), l’armata di Riotamo, e le incerte declamazioni di Gilda (alii transmarinas petebant regiones c. 25 p. 8) posson dar motivo a fissare un’emigrazione verso la metà del quinto secolo. Prima di quella epoca i Brettoni dell’Armorica non si trovano, che ne’ romanzi; e mi fa maraviglia, che il Whitaker (Genuina Istor. de’ Brettoni p. 214, 221) abbia sì fedelmente copiato la grossolana ignoranza di Carte, di cui ha sì rigorosamente gastigato gli errori più leggieri.
  137. Le antichità di Brettagna, che sono state soggetto anche di controversie politiche, si sono illustrate da Adriano Valesio (Notitia Galliar. sub voce Britannia Cismarina p. 98, 100), dal Da Anville (Notice de l’ancienne Gaule, Corisopiti, Curiosolites, Osismii, Vergavium p. 248, 258, 308, 720 ed Etats de l’Europ. p. 76, 80), da Longuerue (Descript. de la France Tom. I p. 84, 94), e dall’Abbate Vertot (Hist. crit. de l’Etablissem. des Bretons dans les Gaules 2 Vol. in 12 Paris 1720). Io non posso avere che il merito d’esaminare le prove originali, ch’essi hanno prodotte.
  138. Beda, che nella sua cronica (p. 28) pone Ambrogio sotto il regno di Zenone (an. 474, 491) osserva, che i suoi maggiori erano stati purpura induti, lo che egli spiega nella sua storia Ecclesiastica colle parole regium nomen et insigne ferentibus (L. I c. 16 p. 53). L’espressione di Nennio (c. 44 p. 110 Edit. Gale) è vieppiù singolare: Unus de consulibus Gentis Romanicae est pater meus.
  139. Per unanime, quantunque dubbiosa, congettura dei nostri Antiquari, Ambrogio si confonde con Natanleod, che perdè la vita l’anno 508 insieme con cinquemila de’ suoi sudditi in una battaglia contro Cerdic, Sassone occidentale (Chron. Saxon. p. 17, 18).
  140. Siccome non mi son noti i Bardi di Galles Myrdhiu, Llomarch, e Taliessin, la mia fede intorno all’esistenza, ed imprese d’Arturo posa principalmente sulla testimonianza semplice e circostanziata di Nennio (Hist. Brit. c. 62, 63 p. 114). Il Whitaker (Istor. di Manchester Vol. 2 p. 31, 71) ha fatto una interessante, ed anche probabile descrizione delle guerre d’Arturo; quantunque sia impossibile d’accordare la verità della Tavola rotonda.
  141. Il progresso de’ Romanzi, e lo stato della letteratura, nel medio Evo, sono illustrati da Tommaso Wharton col gusto di un Poeta, e con la minuta diligenza d’un Antiquario Io ho tratto grande istruzione dalle due dotte dissertazioni, premesse al primo volume della sua Storia della Poesia Inglese.
  142. Hoc anno (490) Aella et Cissa obsederunt Andredes Ceaster et interfecerunt omnes, qui id incoluerunt; adeo ut ne unus Brito ibi superstes fuerit (Chron. Saxon. pag. 15): espressione più terribile nella sua semplicità, che tutte le vaghe e tediose lamentazioni del Geremia Britannico.
  143. Andredes-Ceaster, o Andrida si pone da Cambden (Britannia Vol. I p. 258) a Newenden, ne’ paludosi terreni di Kent, che forse anticamente eran coperti dal mare, e sull’orlo della gran foresta (Anderida), che occupava una porzione sì grande delle Province, di Hampshire, e di Sussex.
  144. Il Dottor Iohnson afferma, che poche parole Inglesi sono d’origine Britannica. Il Whitaker, che intende il linguaggio Britanno, ne ha scoperte più di tremila, ed attualmente ne pubblica un lungo, e vario catalogo (V. II p. 235 329.) Può essere in vero, che molte di queste parole siano passate dal Latino, o dal Sassone nell’idioma nativo della Brettagna.
  145. Al principio del settimo secolo i Franchi e gli Anglo-Sassoni reciprocamente intendevano il linguaggio gli uni degli altri, ch’era derivato dalla medesima radice Teutonica (Beda L. I c. 25 p. 60).
  146. Dopo la prima generazione de’ Missionari Italiani o Scoti, le dignità della Chiesa furon occupate da’ proseliti Sassoni.
  147. Carte Istor. d’Inghil. Vol. I 195. Ei cita gl’Istorici Brettoni; ma temo assai, che l’unico suo autore sia Jeffrey di Monmouth (L. VI c. 15).
  148. Beda Hist. Eccl. L. I c. 15 p. 52. Il fatto è probabile, e ben attestato: pure la mescolanza delle Tribù germaniche era talmente libera, che noi troviamo, in un tempo successivo, la legge degli Angli e de’ Warini di Germania (Lindebrog. Cod. p. 479, 486).
  149. Vedasi l’utile e laboriosa Storia della Gran Brettagna del Dottore Henry (Vol. II p. 388).
  150. Quidquid (dice Gio. di Tinemouth) inter Tynam et Tesam fluvios extitit sola eremi vastitudo tunc temporis fuit, et idcirco nullius ditioni servivit eo quod sola indomitorum, et sylvestrium animalium spelunca, et abitatio fuit (ap. Carte Vol. I p. 195). Si sa dal Vescovo Nicholson (Biblioteca Istorica Inglese, p. 65, 98) che si conservano nelle librerie d’Oxford, di Lambeth ec. alcune belle copie delle ampie collezioni di Gio. di Tinemouth.
  151. Vedi la missione di Wilfrido ec. appresso Beda (Hist. Eccl L. IV c. 13, 16 p. 155, 156-159).
  152. Dalla concorde testimonianza di Beda (Lib. II c. I p. 78), e di Guglielmo di Malmsbury (L. III p. 102) si rileva, che gli Anglo-Sassoni persisterono in questa pratica, contraria alla natura da’ primi fino agli ultimi loro tempi. I loro giovani venivano pubblicamente venduti sul mercato di Roma.
  153. Secondo le Leggi d’Ina, essi non potevano esser legittimamente venduti di là dal mare.
  154. La vita d’un uomo Walus o Cambricus, che possedeva una certa misura di terra (hyde), è computata 120 scillini, dalle medesime leggi (d’Ina Tit. 32 in Leg. Anglo-Saxon. p. 10), che accordavano 200 scillini per un Sassone libero, e 1200 per un Thane (Vedi Leg. Anglo-Saxon. p. 71). Noi possiam osservare, che questi Legislatori, cioè i Sassoni occidentali ed i Mercj, continuarono le Britanniche loro conquiste, anche dopo d’esser divenuti Cristiani. Le Leggi de’ quattro Re di Kent, non si degnano di prender cognizione dell’esistenza d’alcun suddito Britannico.
  155. Vedi Carte Istor. d’Inghilt. vol. 1. p. 278.
  156. Beda al fine della sua storia (an. 731) descrive lo stato Ecclesiastico dell’Isola, e censura l’implacabile, quantunque impotente, odio de’ Brettoni contro la nazione Inglese, e la Chiesa Cattolica (L. V. c. 23 p. 219).
  157. Il giro di Pennant in Galles (p. 426, 449) mi ha somministrato un curioso ed interessante ragguaglio de’ Bardi di Galles. Nell’anno 1568 fu tenuta una sessione a Caerwys per ispecial comando della Regina Elisabetta, e furono conferiti regolarmente i gradi nella musica vocale ed istrumentale a cinquantacinque suonatori. Il premio (ch’era un’arpa d’argento) fu aggiudicato dalla famiglia Mostyn.
  158. Regio longe lateque diffusa, milite, magis quam credibile sit, referta. Partibus equidem in illis miles unus quinquaginta generat, sortitus more barbaro denas, aut amplius uxores. Questo rimprovero di Guglielmo di Poitiers (negli Storici di Francia Tom. XI. p. 88) vien contraddetto dagli Editori Benedettini.
  159. Giraldo Cambrense ristringe questo dono d’ardita e facile eloquenza a’ Romani, a’ Francesi, ed a’ Britanni. Il malizioso Gallese vuol far credere, che la taciturnità Inglese potrebb’esser forse l’effetto della lor servitù sotto i Normanni.
  160. La pittura de’ costumi di Galles e dell’Armorica è tratta da Giraldo (Descript. Cambriae c. 6, 15 inter Scriptor. Cambden p. 886, 891), e dagli autori, che cita l’Abbate di Vertot (Hist. crit. Tom. II. p. 259, 266).
  161. Vedi Procopio De bell. Gothic. L. IV. c. 20, p. 620, 625. L’Istorico Greco stesso è così confuso dalle maraviglie ch’ei riferisce, che appena tenta di distinguer le isole di Brittia, e di Brettagna, ch’egli ha identificato per mezzo di tante inseparabili circostanze.
  162. Teodeberto, nipote di Clodoveo, e Re d’Austrasia, era il più potente e guerriero Principe del suo tempo; e questa notabile avventura si può collocare fra gli anni 534 e 547 che furono gli estremi termini del suo regno. Teudechilde, sua sorella si ritirò a Sens, dove fondò Monasteri, e distribuì elemosine (Vedi le note degli Editori Benedettini in Tom. II. p. 216). Se prestiamo fede alle lodi di Fortunato (L. VI. Carm. 5. in Tom. II. p. 507) Radigero restò privo di una moglie molto stimabile.
  163. Era forse sorella d’uno de’ Principi, o Capi degli Angli, che nel 527 e ne’ seguenti anni sbarcarono fra l’Umber ed il Tamigi, ed appoco appoco fondarono i regni dell’Inghilterra Orientale e della Mercia. Agli scrittori Inglesi è ignoto il nome e l’esistenza di essa: ma Procopio può avere somministrato a Rowe il carattere e la situazione di Rodoguna nella tragedia del Convertito reale.
  164. Nella copiosa storia di Gregorio di Tours non possiamo trovare alcuna traccia d’ostile o amichevol commercio fra la Francia e l’Inghilterra, eccettuato il matrimonio della figlia di Cariberto Re di Parigi, quam Regis cujusdam in Cantia filius matrimonio copulavit (l. IX. c. 26 in Tom. II. p. 348). Il Vescovo di Tours finì la sua storia, e la vita quasi immediatamente prima della conversione di Kent.