Gli sposi promessi/Tomo III/Capitolo IV

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cap. [iv]* 1


1Dopo due, tre o quattro giorni spesi dal Cardinale nella visita di altrettante2 Chiese (questa indeterminazione è nel manoscritto), venne la volta di Don Abbondio; il quale non dico che desiderasse questa visita; ma se l’aspettava.

Quando si seppe che sul vespro di quel giorno il Cardinale arriverebbe al paese, coloro che erano rimasti a casa (giacché una gran parte del popolo andava quotidianamente dov’egli si trovava)3 si suscitarono, e ragunati si mossero per andargli incontro. Don Abbondio4 era stato quei dì5 un po' malato; giacchè credo di aver già accennato altrove, che la sua salute era soggetta ad alterazioni improvvise, quanto quella d'un diplomatico; ma in quel giorno dovette risolversi di star bene:6 si pose alla testa [p. 431 modifica]di quella folla, e andò sulla via per la quale Federigo doveva venire.7

Non erano ancora molto distanti dal paese quando- si cominciò a vedere l’altra folla che veniva, e a distinguere la lettiga e il corteggio a cavallo:8 l’incontro e l’accompagnamento si avvicinarono, i due romori si9 mischiarono, le due10 turbe si trasfusero in una, e nel mezzo si trovò la lettiga ferma del Cardinale, e Don Abbondio allo sportello a fare il suo complimento. Nelle accoglienze e nelle risposte di Federigo cercò il nostro scaltrito Don Abbondio di11 scrutinare se Lucia avesse12 chiaccherato13 qualche cosa del matrimonio; ma invano: la sincerità prudente di Federigo rendeva il suo vólto impenetrabile, come avrebbe potuto fare la più14 imperturbata dissimulazione.15 Nella sua lunga e affacendata carriera aveva egli da gran tempo imparato con quella scienza sperimentale, che fa sapere e sentire e conoscere le cose,16 delle quali17 si aveva prima soltanto la formola; aveva, dico, imparato che le relazioni d’una parte sola non18 mettono mai chi le ascolta in caso di dare un giudizio,19 che la parte la quale20 parla la prima,21 o maliziosamente o senza volerlo, altera sempre gli elementi necessari di questo giudizio: di modo che, se uno da questa prima relazione riceve una persuasione, e la dimostra, quando poi ascolta l’altra parte, è per lo più costretto a dire con un’aria un po’ scimunita: «Ah! io non sapeva... non m’immaginava... non mi avevano detto... [p. 432 modifica]22 E aveva23 esperimentato che molte volte, da due relazioni contradditorie ed egualmente confuse, o artificiose, aveva ricavato24 facilmente il mezzo di venire a quella verità, che non era stata nudamente espressa né dall'una né dall’altra25; più facilmente che non l’avesse potuto mai ricavare da una sola relazione, fatta con buona fede e giudiziosamente. Si era quindi fatta una legge di sospendere realmente il suo giudizio fin che non avesse inteso colui,26 di che altri si doleva; e di non contare intanto per nulla27 quello che gli era stato riferito. Quindi non aveva ancora una opinione in mente su questo fatto, e, sincero com’era, non28 lasciava trasparire nessuna opinione29; a segno che D. Abbondio, non vedendo negli atti e nel vólto di lui nulla che indicasse malcontento o sospetto, teneva per fermo che30 il Cardinale non sapesse nulla: e ne fu molto consolato.

31Il corteggio, raddoppiato, andò verso la Chiesa, e quivi il Cardinale, entrato come potè tra i plausi e gli urti, e pregato alquanto, cominciò le sue funzioni da un breve discorso, ch’era uso di fare al popolo, sulla visita ch'egli stava per intraprendere; e quindi si ritirò nella32 casa del Curato.

Per quanto quei buoni terrazzani avessero voglia di accogliere il loro vescovo con dimostrazioni straordinarie di venerazione e di affetto premuroso, non lo poterono fare,33 perché i plausi e gli urti34 fino all’ultimo grado erano diventati l’accoglimento ordinario per lui,35 e quel primo

1) [p. 433 modifica] trare nelle chiese, ch’egli andava a visitare, non era36 la minima delle sue pastorali fatiche, né il più leggiero pericolo. Da per tutto era mestieri prima di tutto ch’egli avesse molta sofferenza, e37 quindi che quelli del suo corteggio gli servissero da guardie, diradando la turba come potevano, allontanando quelli che volevano baciare o tirare la sua veste, facendo in modo in somma che, a forza d’amore e d’ossequio, il buon uomo non fosse38 sconquassato. Questa amorevole persecuzione, ormai antica, aveva cominciato39 per lui dai primi giorni del suo episcopato; poiché, quando egli fece il suo ingresso nel Duomo di Milano (che, a dirla senza vanità, è un ampio40edificio) egli fu talmente compresso che41 molti nobili, che lo circondavano, trassero le spade per allontanare la folla: tanto42 v’era allora d'incomposto anche nella riverenza e nella43 protezione;44 e malgrado questa minaccia, forse, invece d’un vescovo santo, sarebbe rimasta in duomo una reliquia, se due preti tarchiati e giovani non avessero45 tolto da quella stretta il Cardinale, e, sollevatolo sulle loro braccia, non l’avessero portato in salvo fino all’altare.

Come dovessero poi stare le ossa di quei due galantuomini ognuno se lo può immaginare.46

Ma se le accoglienze dei paesani di Lucia al Cardinale non poterono essere più clamorose né più calde47 che48 le altre, avevano però49 una espressione50 di una riconoscenza speciale,51 che Federigo52 potè distinguere: anzi egli intese più d’una volta nelle benedizioni, che gli erano date, unito al suo nome suonare quello di Lucia. Il buon vecchio tripudiò in cuore, e per quella gioja che dà sempre agli onesti il vedere l’espressione pubblica d'un sentimento onesto ed umano, e perché 53 con un tal favore del popolo54 gli parve [p. 434 modifica]che Lucia potesse con sicurezza tornare almeno per allora a casa sua.55 Ritiratosi pertanto, come abbiam detto, nella casa di D. Abbondio, il Cardinale s’informò da lui e da qualche altro prete su lo stato delle cose per rapporto a Lucia, e56 potè esser certo che ogni pericolo era cessato per lei, giacché il suo gran nimico e57 gli scherani di questo sen58 erano iti con la coda tra le gambe; e quand’anche59 fossero stati sfrontati a segno di rimanere, i difensori di Lucia60 sarebbero stati dieci volte in numero più del bisogno. Quando ebbe questa certezza, Federigo ordinò che61 l’indomani di buon mattino la sua lettiga andasse a prendere Lucia62 e la madre, e impose all’ajutante di camera che si portassero provvigioni di vitto alla casetta delle donne, perché63 le poverette, e Lucia principalmente non64 provasse65 quei mancamenti e quei disagj, che le avrebbero66 renduti increscevoli i primi momenti del ritorno, e prolungato67 in certo modo il sentimento amaro dell’assenza.

68All’indomani, alzatosi al solito di buon mattino,69 attese il Cardinale alle consuete operazioni,70 s’intrattenne alquanto col Conte del Sagrato, il quale71 non aveva mancato di venire a quella stazione della visita,72 come negli altri giorni; poscia andò nella Chiesa,73 come era uso. Le funzioni non erano ancora terminate che Lucia giunse con Agnese alla soglia della casetta paterna. Agnese aveva parlato per tutta la strada: la sua gioja74 pel ritorno trionfale,75 la gioja di ricondurre salva a casa76 la figlia da tanti pericoli, quella d’esser divenuta conoscenza di Monsignore illustrissimo,77 l’aspettazione78 dell’accoglimento che le farebbero i parenti, i conoscenti, tutti i paesani, erano sentimenti79 espansivi e [p. 435 modifica]distinti, che80 si prestavano assai bene alla sua loquacità naturale. Ma i sentimenti di Lucia erano misti, intralciati, ripugnanti: erano di quelli, sui quali la mente81 s’appoggia con una insistenza dolorosa, per distinguerli e per82 dominarli:83 di quei sentimenti che non cercano di esser comunicati, né trovano ancora la parola, che li rappresenti. Rivedeva ella la sua casa, quella dove aveva passati tanti anni tranquilli, che aveva84 tanto desiderato e sì poco sperato di rivedere; ma quella casa, che non era stata per lei un asilo, quella casa dove aveva data una promessa, che non credeva di poter più attenere, dove aveva tante volte fantasticato un avvenire, divenuto ora impossibile. Era terribilmente in forse di Fermo: Agnese non le aveva potuto dire se non quello, ch’ella stessa sapeva confusamente; che Fermo cioè, dopo85 il tumulto di Milano del giorno di San Martino, aveva dovuto86 fuggire dalla città, e87 uscire dallo Stato per porsi in salvo. E quand’anche Fermo fosse tornato tranquillamente, le ansietà di Lucia88 si sarebbero cangiate, ma non avrebbero cessato, perché ella non poteva più esser sua.89 Tremava ancora nel pensiero che Fermo potesse essere informato del suo ratto, della sua prigionia,90 e non sapere esattamente com’ella aveva fuggito ogni pericolo:91 la poveretta,92 mentre aveva rinunziato a Fermo, avrebbe voluto ch’egli sapesse ch’ella era in tutto degna di lui. Avrebbe voluto93 che Fermo94 fosse informato del vóto ch’ella aveva fatto senza ch’ella glielo dicesse, che egli l’approvasse con dolore, che non pensasse mai ad altra, né più a lei, o per meglio dire (giacché questa non era l’idea precisa di Lucia) avrebbe95 voluto che Fermo facesse tutti i giorni una risoluzione di non più pensare a lei.96 L’assenza del Padre [p. 436 modifica] foro97 accresceva ed esacerbava98 tutti questi cordoglj: le mancava l’ajuto, e il consiglio: quegli a cui ella confidava anche i mezzi pensieri, quegli le cui parole la rendevano sempre più tranquilla, e più conscia di se stessa. Quanto a D. Rodrigo, egli era messo almeno per qualche tempo fuori del caso di far paura; e la rimembranza di quest’uomo, trista99 certo e schifosa100 per Lucia, non accresceva però le sue inquietudini. Pensava però che101 D. Rodrigo sarebbe tornato, e rimasto; e che il Cardinale non avrebbe potuto sempre aver l’occhio sopra di lei per difenderla; e da questo pensiero deduceva la necessità di trovare qualche102 dimora più sicura, e sperava che il Cardinale stesso ne avrebbe tolto l’incarico.

Cosi dopo d’avere abbracciata la Zia, che l’accolse piangendo, Lucia la lasciò con Agnese, che se ne impadronì per raccontarle tante tante cose; e si ritirò nella sua stanza. Ivi, dopo d’aver ringraziato Dio dell’averla ricondotta quivi oltre e contra la speranza, si mise a rivisitare tutte le sue masserizie, come103 per provare se potesse ricominciare la sua vita passata; ma non v’era oggetto nella casa, non v’era angolo, al quale non fossero associate idee divenute dolorose e ripugnanti. Lucia prese come macchinalmente il suo arcolajo,104 e sedette a dipanare la matassa di seta, che aveva105 lasciata a mezzo, quando Fermo venne a pigliarla per la spedizione del matrimonio clandestino.

Dopo pochi momenti, ecco106 giungere Perpetua affannata a dire che107 Monsignore, tornato di Chiesa, aveva chiesto se Lucia era arrivata, e che, udendo di si, aveva ordinato che108 fosse tosto chiamata. «Il Signor Curato poi,» aggiunse Perpetua sottovoce, «mi ha imposto di dirvi, o Lucia, che vi ricordiate109 del parere che vi ha dato a Chiuso: ehm? sapete? di non dir nulla di quel tale affare: Agnese; m’intendete? del matrimonio? guardatevi dal parlarne, perché, perché, i Cardinali passano e i curati restano.» Le due donne si guatarono in viso, come per dire l’una all’altra: — ora mò? non siamo più in tempo. — Ma Agnese, fatta una faccia tosta, disse a Lucia [p. 437 modifica]«certo non bisogna dir110 nulla;» e, 111mettendo la bocca all’orecchio di Lucia, continuò: «del matrimonio clandestino Guaj! vedi, è un guai112 grosso.» Lucia con113 queste due ingiunzioni, l’una delle quali era ineseguibile, e l’altra poteva dipendere dalle domande che il Cardinale le avrebbe fatte, s’incamminò, tutta pensierosa e agitata, con le due donne alla casa del curato.114 Per la via incontrarono la folla, che uscita, dalla Chiesa, si diffondeva nel contorno; e Lucia fu115 accolta con acclamazioni, e fermata ad ogni passo da saluti, fra i quali,116 vergognosa con gli occhi bassi e gonfj, entrò nella casa parrocchiale, e fu tosto condotta nella stanza dov’era Federigo; il quale la ricevè con le solite precauzioni.

117 Dopo alcune118 inchieste119 cortesi sul suo viaggio,120 sul piacere ch’ella aveva provato nel rivedere la sua casa, Federigo la interrogò di nuovo sull'affare del matrimonio: Lucia dovette rispondere, e raccontò tutta la faccenda fino al clandestino, dove si fermò come un cavallo che ha veduto un’ombra, e ristà121 con una sosta improvvisa e singolare, che non è quella solita122 d’allora che è giunto al termine del suo viaggio. Federigo, che s’avvide di qualche cosa, domandò a Lucia123 che risoluzione avesse presa ella, sua madre, lo sposo quando si videro124 chiusa la via a quella unione che desideravano e che chiedevano legittimamente. Agnese, udendo questo, cominciò a far certi visacci a Lucia, cercando di non lasciarli scorgere al Cardinale, (cosa non molto facile) e questi visacci volevano dire:125 — rispondi: «niente, abbiamo aspettato con pazienza.» — Lucia stava interdetta: Federigo, che vedeva tutto, (l’avrebbe veduto un cieco nato), disse ad Agnese con un contegno tranquillo e serio: «Perché non lasciate esser sincera la vostra figlia?» e volto a Lucia: parlate liberamente,» continuò:126 «Dio vi ha assistita: dategli gloria col dire la verità.» Lucia allora spiattellò tutta [p. 438 modifica]la storia del clandestino; e la narrazione divenne allora liscia, verisimile e ben congegnata.

« Avete confessata una colpa,» disse tranquillamente Federigo: «Dio ve la perdoni, e... a chi v’ha dato una tentazione cosi forte di commetterla. Ma d’ora in poi, buona figliuola, e voi buona donna, non fate più di quelle cose, che non raccontereste volentieri.»

Quindi passò a chiedere a Lucia dove fosse Fermo;127 ché ora il matrimonio poteva esser tosto conchiuso.

Questo era un punto ancor più rematico.128 «Le dirò io...» cominciava Agnese, ma il Cardinale129 le diede un’occhiata,130 la quale significava ch’egli131 sperava la verità più da Lucia che da lei, onde Agnese132 ammutì; e Lucia singhiozzando rispose: « Fermo, povero giovane non è qui: s’è trovato in quei garbugli di Milano, e ha dovuto fuggire; ma son certa ch’egli non ha fatto male, perché era un giovane di timor di Dio.»

133«Ma che ha fatto in quel giorno?» chiese ancora il Cardinale: «quale è la sua colpa?» «Non ne sappiamo di più,» rispose Lucia.

Il Cardinale,134 giacché altri non v’era a cui domandare, si volse ad Agnese, la quale rianimata disse: «Se volessi, potrei inventare una storia per contentare Vossignoria illustrissima, ma sono incapace d’ingannare una gran persona come Ella è; e non sappiamo proprio niente di più.»

« Dio buono!» disse il Cardinale: «insidie, colpe, sciagure, incertezze, ecco il mondo dei grandi e dei piccioli. Ma voi,» disse a Lucia, «che pensate adunque di fare intanto?»

«Io,» rispose Lucia: «io vedo che il Signore ha deciso altrimenti di me,135 che non mi vuole in quello stato; e ho messo il mio cuore in pace. E se trovassi dove vivere tranquillamente, fuor d’ogni pericolo... se potessi esser ricevuta conversa in un monastero... consecrarmi a Dio ...»

«Oh che furia!» sclamò Agnese.

«Voi vi siete promessa, buona giovane,» disse [p. 439 modifica]Federigo:136 «vi siete allora risoluta a promettere senza riflessione, leggemente?»

«Questo no,» disse Lucia arrossando.

«Bene,» disse Federigo:137 «potrebbe ora dunque esser leggiero138 il ritrattarvi. Se quest’uomo fosse innocente, se potesse sposarvi, che139 mutamento è accaduto nelle vostre relajioni? Nessun altro che una serie di sventure ad ambedue; e non è questa una ragione per separarvi. Questo non è il momento di140 pigliare una risoluzione.141 Sospendete, fate ricerche, aspettate che Iddio vi riveli più chiaramente la sua volontà.142 L’asilo intanto ve io troverò io.»

Lucia fu tentata più d'una volta di143 rivelare il vóto, ma una vergogna insuperabile la ritenne.144 Federigo145 l’assicurò che non sarebbe partito da quei contorni prima d’avere stabilito qualche cosa per lei; e, dopo qualche altra parola di consolazione e di avviso, la lasciò partire con Agnese.

146Fece poscia venire a sé147 il curato, il quale,148 inchinandosi al Cardinale, gli guardò in faccia, per vedere se v'era scritto il matrimonio; ma non potè rilevar nulla. La sua incertezza però fu breve, giacché le prime parole di Federigo furono queste: «Signor curato, perché non avete voi unita in matrimonio quella giovane Lucia col suo promesso sposo?»

— Donne ciarlone! — voleva sclamare D. Abbondio, ma s’avvide tosto che questa149 non era150 una risposta151 che stesse bene, né una risposta;152 e disse titubando: «Monsignore illustrissimo, mi scusi... ma non posso parlare.»

«Come?» disse il Cardinale con vólto serio e dignitoso: «non153 sentite che voi siete ora qui per render conto al vostro superiore? e che, avendo tralasciato, negato di fare ciò che nella via ordinaria era il vostro dovere, avete a dirne una buona ragione, o a confessarvi colpevole?»

Queste parole154 fecero tosto rientrare in sé D. [p. 440 modifica] Abbon. Egli aveva peritanza dell’arcivescovo, e paura di D. Rodrigo, e come questo sentimento era incompatibilmente più forte nell’animo suo, così aveva quasi fatto svanire il primo. Pensava D. Abbondio che Federigo rimproverava, ma che D. Rodrigo dava,155 e al paragone i rimproveri gli parevano poca cosa, e l’autorità stessa non gl’imponeva troppo, quando pensava al rischio della persona. Ma quando vide l’autorità spiegarsi, e volere essere riconosciuta, si trovò come annichilato: la riverenza156 presente divenne in quel momento più forte157 del terrore lontano.

Replicò adunque umilmente: «Monsignore, io sono il più sommesso degli inferiori di Vossignoria illustrissima...ma ho detto cosi... Vede bene, Monsignore, ognuno ha cara la sua pelle. Non tutti158 i signori sono santi, come Vossignoria. Basta, dirò tutto; ma so che parlo ad un prelato prudente, che non vorrebbe perdere un povero curato».

«Dite159 sicuramente,» replicò il Cardinale:» io desidero di trovarvi senza colpa.»

«Deve dunque sapere. Monsignore illustrissimo,» ripigliò D. Abbondio, «che la vigilia appunto del giorno stabilito per quel benedetto matrimonio (parlo a Vossignoria, come in confessione)160 io me ne tornava a casa tranquillamente, senza una cattiva intenzione al mondo, sallo Dio, quando... quando mi161 si presentano in su la via162 (al mio Superiore e ad un Signore tanto discreto, dico tutto) mi si163 presentano faccia a faccia, come sono sono io ora dinanzi a Vossignoria illustrissima, due uomini, per parlare onestamente,164 con certi visi...165 parevano166 coloro che167 posero San Vincenzo su la graticola; con archibugi, pistole, spadoni, spuntoni; parati a festa insomma... Vossignoria non ha mai veduto nulla di somigliante, e mi si affacciarono, dico, mi fermarono, e mi intimarono in nome d’un certo Signore (i nomi non servono a nulla) che io mi guardassi bene, per quanto aveva cara la vita (mi pare che fosse un parlar chiaro) dal fare quel tal matrimonio. Ecco la storia genuina. Io dunque ho stimato che168 [p. 441 modifica]ostinarmi contro la forza sarebbe stato un dare occasione a costoro di commettere un sacrilegio, e che, io mi sarei renduto reo169 d’un vero suicidio.»

«Non avete avuto altro motivo?» domandò pacatamente Federigo.

«Non basta, Monsignore?» replicò D. Abbondio. «O forse mi sono male spiegato: dico che170 se avessi fatto il matrimonio, costoro mi avrebbero data una schioppettata nella schiena. Eh! Monsignore!».

«E vi par questa una ragione bastante, per171 ommettere un dovere preciso?» «No?»172 disse precipitosamente D. Abbondio con una sorpresa tanto viva, che quasi sarebbe paruta stizza. «La pelle! la pelle! non è una ragione bastante!»

11 Cardinale,173 alzando gli occhi in faccia a D. Abbondio, disse con una indegnazione composta:174 «Ma quando vi siete presentato alla Chiesa, alla Chiesa dei martiri, per ricevere questa missione che esercitate, quando avete assunti volontariamente questi doveri del ministero, la Chiesa vi ha ella fatto conto della pelle? Vi ha ella175 detto che quei doveri erano senza pericoli? Vi ha detto che dove il pericolo cominciasse ivi cesserebbe il dovere? O non v’ha espressamente dichiarato che vi mandava come un agnello fra i lupi?176 Non sapevate voi che v’erano dei violenti177 nel mondo?178 Vi ha promessa la sicurezza temporale per ricompensa? o la vita eterna? Non sapevate voi che v’erano dei violenti nel mondo? La pelle!179 Offeritela180 per le mani dei violenti in sacrificio alla fede e alla carità, e la Chiesa la181 raccoglierà come un nobile tesoro, la182 conserverà di generazione in generazione, di sacerdozio in sacerdozio, come un oggetto di culto, come un testimonio della forza che le è stata data dall’alto, come un tempio dove lo spirito183 avrà operate [p. 442 modifica]le sue meraviglie. Ma per conservarla qualche tempo di più, per salvarla a spese della carità e del dovere! non faceva certo mestieri della unzione santa, della imposizione delle mani, della grazia del Sacerdozio. Come! al soldato che riceve pochi soldi di paga, che combatte per una causa che non conosce, non è184 lecito dire:185 ho voluto salvare la vita! non è lecito, è turpe:186 supporre ch’egli lo possa pensare, è una ingiuria e non una scusa! e sarà scusa per noi! Dio buono, per noi che predichiamo le parole della vita, che rimproveriamo ai fedeli187 il loro attacco alle cose terrene, che facciamo loro vergogna, che gli chiamiamo ciechi, perché non veggiono, perché non sentono il valore della promessa, o perché operano come se non lo188 avessero compreso! Che più? per questa stessa vita del tempo, la Chiesa non ha ella pensato a voi? non vi nutrisce ella della sostanza dei poveri? Non vi189 munisce di riverenza e d'ossequio? non vi copre ella d’un abito,190 che prima pure che si sieno vedute le vostre opere vi attrae la venerazione, perché vi segna come un uomo trascelto, come uno di quegli che non hanno altra professione che di fare il bene? E perché vi distingue ella cosi, se non191 a fine che possiate farlo?

Quegli192 da cui abbiamo la missione e l’esempio, il precetto e la forza di eseguirlo, quando venne su la terra ad illuminare i ciechi, a congregare i dispersi, ad evangelizzare i poveri,193 a curar quelli che hanno il cuore spezzato, a ben fare,194 a salvare, pose Egli per condizione di aver salva la vita?»

Don Abbondio teneva bassi gli occhi, il capo, le mani; il suo spirito195 si dibatteva196 fra quegli argomenti, come un pulcino negli artigli del falco, che lo tengono elevato in una regione sconosciuta, in un’aria che non ha mai respirato.197 Vedendo poi che il Cardinale taceva, come chi aspetti una risposta, dopo aver molto cercato, articolò finalmente queste parole: «Non so che dire: avrò fallato:198 è giusto che i [p. 443 modifica]periori abbiano ragione. Quando la vita non si ha da contare per nulla, non so che dire. Vossignoria illustrissima parla bene... bisognerebbe però,» aggiunse con voce meno spiegata, «essersi trovato al busillis.»199 Ebbe appena D. Abbondio proferite queste ultime parole che se ne pentì: s’accorse d’aver detta una insolenza, e si aspettò che questa volta Monsignore monterebbe affatto in bestia. Ma, alzando dubbiosamente lo sguardo,200 fu molto maravigliato in vedere la faccia di quell’uomo, ch’egli era destinato a non poter mai né indovinare né comprendere, in vederla passare da quella gravità riprensiva ad una gravità tutta compunta e pensosa. «Pur troppo!» disse il Cardinale: «tale è la nostra201 miseria. Dobbiamo ripetere dagli altri quello che forse non sapremmo dare noi;202 dobbiamo riprendere altrui, e sa Dio quello che avremmo fatto noi203 nel caso stesso. Ma guaj se io dovessi prendere la mia debolezza204 per misura del dovere altrui! Pure è certo ch’io vi debbo l’esempio:205 non debbo essere il fariseo che impone206 altrui insopportabili carichi, ch’egli non vuol pure toccare colla punta del dito.207 Or bene se voi m’avete veduto208 trascurare qualche mia obbligazione per pusillanimità, ditemelo francamente, coreggetemi, fatemi ravvedere.»

Vedendo Federigo che D. Abbondio non rispondeva, e sospettando ch’egli forse fosse rattenuto dal timore di offenderlo,209 riprese con tuono umile e cordiale: «Dite; ché dinanzi a quel Dio che ci ascolta, io vi protesto, che non che sdegnarmene, vi sarò grato, e v’avrò più caro che mai non vi avessi.» Ma i pensieri di D. Abbondio erano tutt’altri da quelli, che s’immaginava il Cardinale.

— Oh che tribolatore! pensava — D. Abbondio. — Anche sopra di sé! purché frughi, rimescoli, esamini, critichi, è contento. Ora io andrò a fargli l’esame di coscienza! Farebbe meglio a non farmi tanta inquisizione sui fatti miei, [p. 444 modifica]che dei suoi io non mi piglio briga. — Ma come bisognava pure dir qualche cosa ad alta voce, ecco ciò che disse D. Abbondio.

«Oh Monsignore, mi burla! Chi non conosce il petto forte, l’animo coraggioso di Vossignoria illustrissima?» A questa dichiarazione fece poi nel suo cuore D. Abbondio questo commento:210 — Anche troppo, che un po’ di giudizio starebbe meglio: lasciare andar l'acqua all’ingiù, e non andare a comprarsi le brighe, nelle faccende cercare tutti i musi duri per cozzare,211 e fino nelle visite andare212 a pescare tutti i pericoli, schivare le strade piane, e andare in cerca dei greggi e dei precipizi, per fiaccarsi l’osso del collo. —

11 Cardinale rispose al complimento di D. Abbondio:213 «Io non vi domandava una lode che mi fa tremare, perché chi può sapere come mi giudichi214 Chi vede tutto? ma voi dovete sapere che, quando a servire il prossimo in quelle cose, dove egli ha ragione, nei nostri servigj è necessaria una risoluzione coraggiosa; allora questa risoluzione è di stretto dovere. Ditemi dunque: che avete voi fatto dopo quella intimazione, che avete detto?»

«Che ho fatto, Monsignore?» disse D. Abbondio. Mi son messo a letto con la febbre.»215 E aggiunse in cuor suo: — Stiamo a vedere216 che rimprovero mi farà per aver avuta la febbre. —

«Vi tolse essa il sentimento e la favella?» domandò il Cardinale.

«Monsignor no,» rispose D. Abbondio: «ma le so dire che fu una febbre fiera: sono spaventi che non auguro a nessuno.»

«La carne inferma,» ripigliò Federigo: «ed è questa la nostra miserabile condizione; ma lo spirito fu egli pronto? Che avete voi fatto per quei due217 poveretti, dei quali voi, e voi solo allora conoscevate il pericolo?»

«Ma che cosa doveva fare218 col nome di Dio?»219 disse D. Abbondio.

«Debbo io dunque dirvelo?» ripigliò Federigo: «non l’avete sentito? non lo sentite220 pur ora? Al veder tanto [p. 445 modifica]pericolo221 venir sopra due anime innocenti, che vi sono222 date in custodia, le vostre viscere non si sono commosse? Non avete tremato per esse? Non avete provato il tormento della carità?223 Il vostro corpo224 si abbatté sotto lo spavento: guai al tristo superbo, che ne pigliasse argomento di beffa e di dispregio:225 per questa debolezza, che non è della vostra volontà,226 non sento altro che una pietà rispettosa;227 ma nella umiliazione del vostro terrore, ma nelle angosce della vostra infermità, come non avete pensato alle angosce, che228 erano minacciate a quelli pei quali voi dovevate vegliare?229 Che! il lupo s’era mostrato, le pecore pascevano con sicurezza, e voi non avete pensato, non dico a difenderle, ma né pure a farle avvertite. Coi cenni l’avreste dovuto, quando la parola vi fosse mancata.»

«Ecco come vanno le cose,» disse D. Abbondio: «io mi confondo davanti a Vossignoria illustrissima, e faccio torto alla mia causa, per non saper ben dire le mie ragioni.230 Non le ho detto che quei due (due, lì presenti, ma a contarli tutti, sono un reggimento): quei due mi hanno proibito espressamente, sotto pena della vita, di parlare.»

«Dio buono!» riprese Federigo: «voi avete creduto, voi credete ancora, voi sostenete dinanzi a me che231 una tale proibizione dovesse232 essere per voi un comandamento? Che doveste obbedire? Cosi dunque basterebbe un violento in ogni parrocchia, per fare che il ministero fosse tutto sospeso,233 i pastori muti e schiavi? i deboli abbandonati? Che dovevate voi fare?234 Chiedere a Dio la forza, che vi era necessaria, e Dio ve l’avrebbe accordata; non perdere un momento: avvertire quei due poveretti della iniquità potente, che stava all’erta contro di loro, [p. 446 modifica] strascinarvi in Chiesa, e fare a malgrado dell’uomo quello che Dio vi comandava, consacrare la loro unione, e235 chiamare sopra di loro la benedizione del cielo:236 dovevate soccorrerli di consiglio, di mezzi per porsi al riparo con la fuga,237 cercar loro un asilo, fare quello, che implorereste se perseguitato da un più forte di voi: dovevate informar tosto il vostro vescovo del loro, del vostro pericolo, dell’impedimento, che238 una violenza infame poneva all’esercizio del vostro ministero.239 Io, io allora avrei tremato per voi; io avrei posto in opera tutto quello che Dio mi ha dato di aiuti, di aderenze, di autorità, per difendervi: io non avrei dormito fin che non fossi certo che non vi sarebbe torto un capello.240 Ah! per quanto l’iniquità trionfi, s’è pure annessa un po’ di forza per la giustizia;241 ma i poverelli, inesperti, ignari,242 diffidati, non sanno dove andarla a cercare: bussano alla prima porta; e, se la trovano chiusa, sorda, crudele, si disanimano affatto, e non sanno243 come adoprarsi.244 Quell’uomo, che ardì tanto, credete voi che245 avrebbe tanto ardito, se avesse saputo che le sue trame, le sue violenze erano note fuor di qui, note a me? Vi dico che sarebbe stato contento di ritrarsi; e voi,246 dopo aver fatto il debito vostro sareste stato sicuro.247 Quella inquietudine che avete provata, l’avrei provata io, incessante, intensa, ingegnosa: io vi avrei promosso in luogo, fin dove certo le braccia di costui non si sarebbero allungate. Ma voi non avete fatto nulla. Nulla! Dio ha salvata questa innocente senza di voi: l’ha salvata... se dico troppo, se il mio giudizio è temerario, smentitemi, ché mi consolerete... l’ha salvata a mal vostro grado.»

D. Abbondio taceva: il Cardinale continuò: «È doloroso il terrore, sono increscevoli le angosce, è amara la pressura: voi lo sapete; ma sapete voi misurare la e le angosce che ha sofferte una vostra parrocchiana innocente?»

Don Abbondio, dagli anni della pubertà in poi, non [p. 447 modifica]aveva mai occupato tanto poco di spazio come in quel momento: ad ogni parola del Cardinale egli si andava restringendo, impicciolendo, avrebbe voluto sparire. Tacque egli per qualche momento, non trovando ragione da opporre in248 quel campo, dove249 il Cardinale aveva posta la questione, e dove la teneva a forza. Finalmente, per dir qualche cosa,250 pensò251 a cangiarla e a recriminare. Disse dunque252 con quella debolezza ostile, che fa svanire anche la pietà, che la debolezza ecciterebbe naturalmente.

«Quelli che vengono a rapportare, ad accusare, non dicono tutto, Monsignore illustrissimo. Questo bel fiore di virtù, questa povera giovane, è venuta per sorprendere il parroco, per fare un matrimonio clandestino. E quel suo sposo,253 era una buona lana:254 è andato a Milano, e sa il...cielo che cosa ha fatto: a buon conto ha dovuto fuggire.»

«Io lo sapeva,» disse il Cardinale;255 «ma voi256 come osate parlare di questi fatti, che aggravano la vostra colpa, che ne sono le conseguenze? Voi chiudete a dei poverelli la via legittima257 per giungere ad un fine legittimo, e siete voi quello che fate lor carico se ne hanno presa una illecita?258 Certo il vostro rifiuto non gli scusa; ma pensate voi bene in questo momento quale sia l’animo di colui a cui si nega259 quello che gli è dovuto?260 L’uomo è tanto artificioso per giustificare i mezzi, che lo possono condurre ai suoi desiderj: che debb’esser quando i desiderj sono giusti?261 Non è questa la più forte delle tentazioni? Mal fa chi soccombe anche a questa ; ma che dite di colui, che la dà? E quello sventurato giovane, bene avete detto, sa il cielo che cosa ha fatto!262 Ah! tutti errano pur troppo, anche quelli che dovrebbero raddrizzare gli errori altrui:263 v’ha tanti scellerati impuniti,264 Dio volesse che la paura, che il terrore della pena non cadesse mai sugli innocenti! [p. 448 modifica]Ma ch’egli abbia fatto, egli profugo, esarcerbato,265 col sentimento della giustizia negata, pregate Dio, io prego per lui e voi, che gli perdoni, e non vi266 accagioni di quello che egli possa aver fatto.267 Era egli prima d’ora uomo di risse e di misfatti? e di rivolta?268 Io lo domando a voi; e Dio ascolta la vostra risposta.»

«Questo non lo posso dire,» rispose D. Abbondio.

269«E voi non tremate?» ripigliò il cardinale. « Voi non pensate che se quest’anima, la quale era stata affidata a voi, s’è pervertita, voi avete una terribile parte nel suo pervertimento? Un tiranno l’aveva contristata, provocata, esacerbata: era una tentazione, ma non la più forte; ma poteva divenire una occasione di offerta, di sacrificio, di rassegnazione. I poverelli sanno,270 debbono pur troppo saperlo, che v’ha dei soverchiatori violenti:271 hanno inteso dire fino dall’ infanzia che Dio gli lascia spaziare alcun tempo su la terra per esercizio dei buoni; hanno appreso272 ad adorare, anche nella iniquità degli uomini, la giustizia e la misericordia di Dio entrambe infallibili, ma riserbate entrambe a momenti, ch’Egli solo conosce.273 E quante volte la persecuzione dell’empio non accresce in essi la fede? Ma quello che la turba, quello che274 investe la loro coscienza, quello che travolge il loro proposito, è l’abbandono per parte di coloro che predicano la fede, la coscienza, il proposito. Un tiranno ha sbalzato questo sventurato giovane lontano dalla sua casa, l’ha staccato da275 quei mezzi, da quelle276 consuetudini, da quella vita, nella quale egli poteva essere facilmente onesto. Ah! allora più che mai egli ha avuto bisogno di consiglio e di soccorso! Allora una voce forte e amorosa doveva farsi sentire a quell’anima tentata: doveva dirle: bada!277 l’iniquità trionfante non ti confonda: ella non è eterna;278 la tua collera non ti vinca: ella non è giusta, [p. 449 modifica]perché non ha ancora veduto la fine.279 Quell'infelice era sopraffatto dallo spettacolo dell’ingiustizia d’un uomo; un altr’uomo doveva280 rendergli visibile281 la carità, perch’egli la credesse, perché l’amasse, perché non si staccasse da essa. Chi doveva esser quest’uomo? Ma egli ha veduta, ha sentita l’ingiustizia sola: l’ha veduta impunita, temuta; ha veduto colui, dal quale aveva imparato a detestarla, ritirarsi, cedere, assecondarla, quando si è mostrata nella sua forza;282 dopo averla abborrita, egli ne è stato283 abbagliato,284 ne ha fatto il suo Dio. Non dite ch’egli era285 disposto alla perversità, e che286 ha colta la prima occasione per darsi ad essa. Sarebbe questa una scusa dolorosa; ma una scusa per voi, se aveste fatto quello che per voi si poteva, qualche cosa per ritrarlo da quella via, per ritenere nel bene i suoi pensieri dubbiosi. Che avete voi fatto? Che conforto, che ricordo, che esempio ha egli portato con sé, partendosi ? che ha egli avuto da voi? Un rifiuto.287 Chi non ha cura dei suoi, ha negato la fede, è peggiore dell'infedele. La sentenza è terribile, ma non viene da me: è del vostro Maestro, e del mio.»

11 Cardinale cessò di parlare, ma288 nel suo vólto composto al silenzio si dipingevano ancora i sentimenti, che avevano mosse le sue parole, e che le sue parole avevano accresciuti: l’ira senza peccato,289 la commiserazione, un riflesso di terrore sopra se stesso al ricordo di quei doveri, che gli erano comuni con quello, ch’egli riprendeva d’averli sconosciuti.290</ref> Don Abbondio sulle prime, quando aveva [p. 450 modifica] veduto che s’intonava un rabbuffo, aveva sentito291 un turbamento, una stizza, una tristezza292 tutta carnale;293 ma non poneva mente al senso della ammonizione, ma al tuono con cui era294 fatta: e non s’affannava d’altro che di sentirla finire. Ma dàlle dàlle, la pioggia continua di quelle parole295 dopo d’aver sdrucciolato su quella terra arida, l’aveva pure penetrata: erano conseguenze impensate, applicazioni nuove, ma d’una dottrina antica pur nella mente d! D. Abbondio; il quale cominciò davvero a296 comprendere quanto la sua condotta fosse stata diversa da quella legge, ch’egli stesso aveva sempre predicata.297 Taceva egli, ma non più di quel silenzio impersuasibile e298 dispettoso: taceva, come quegli, che [p. 451 modifica]ha più cose da pensare che non da dire. Il Cardinale s’ac:orse dell’effetto delle sue parole;299 ne sentì consolazione e pietà, in un punto, e300 riprese:

«Queste però, signor curato, non debbono essere le ultime nostre parole su questo affare. Sa il cielo come io avrei desiderato di tener con voi tutt’altro discorso!301 Siam vecchi entrambi: sa il cielo se m’è doluto di dover contristare con rimproveri questa vostra canizie;302 quanto303 avrei voluto piuttosto racconsolarmi con voi delle nostre cure comuni, dei nostri guaj, al pensiero della beata speranza, alla quale già già tocchiamo.! La mezza notte è vicina: lo Sposo non può tardare:304 colmiamo d’olio le nostre lampade,305 affinché non sieno estinte al suo arrivo. Riempiamo il nostro cuore di carità: essa sola è eterna;306 essa sola307 può raddolcire quel momento. Amiamo, e saremo forti; amiamo e le debolezze, che pur ci rimarranno, saranno coperte e perdonate.»

Federigo fece ancora pausa a queste parole: D. Abbondio non ruppe il silenzio, ma il Cardinale vide ch’egli gli assentiva con l’animo,308 e continuò. «Il male avvenuto è irrevocabile; ma non irreparabile:309 speriamo. Le sventure di quei due poveretti possono ancora tornare in loro bene, e in bene vostro. Chi sa quante occasioni Dio vi prepara di soccorrerli,310 di divenir per essi un padre, di compensare il torto, che la vostra negligenza può loro aver fatto! Deh! non le lasciate sfuggire.311 Deh! non indurite il vostro cuore; non312 restituite loro, nelle occasioni,313 l’amarezza che può avervi data314 questa riprensione, che io v’ho fatta, sa il cielo, per amor vostro non meno che pel loro! Pur troppo, io l’ho più volte esperimentato in questa difficile altezza:315 il debole che si richiama al superiore,316 che gli fa conoscere la sua ragione, che ottiene una giustizia, troppo spesso [p. 452 modifica]momentanea, peggiora spesso la sua condizione. Quegli, che è stato ripreso per sua cagione, tace dinanzi alla riprensione, cede al suo maggiore; ma trova poi il mezzo di fare espiare317 al debole quel breve trionfo.318 Son tanti i mezzi di fare avere torto al debole! e colui, che ne aveva assunta la protezione, è tanto distratto da altre cure, di sì corta vista, che è facile fargli credere ch’egli si è ingannato alla prima, che ha protetto un immeritevole. Deh! non fate così, poiché quand'anche riusciste319 a farmi travedere, non sono io quello che v’ha da giudicare. Amate quegli infelici perché son vostri figli, per quello che hanno sofferto, per l’occasione che v’hanno data di udir la voce sincera del vostro pastore, per l’amore che possono attirarvi da Dio. Amateli cordialmente, e saprete sempre quello che avrete da fare per essi.»

320« Monsignore, » disse D. Abbondio, con voce commossa, «dinanzi a voi e dinanzi a Dio prometto di fare per essi tutto quello che potrò. Ma Vossignoria illustrissima pensi a mettere un buon guinzaglio a quel cane. Vossignoria ha avuto la degnazione di dirmi che avrebbe tremato per me povero prete: sappia, Monsignore, che v’è da tremare ancora, perché,321 quando Vossignoria sarà a far del bene altrove, costui tornerà qui a fare alla peggio.»322

323 «Dio l’ha già atterrito senza di voi, senza di me,» interruppe Federigo: «voi lo avete veduto fuggire: non è questo324 un pegno dell’aiuto celeste? Ma io non lascerò di mettere in opera ogni mezzo umano che sia in poter mio. Porrò in sicuro quella povera giovane, che non lo sarebbe forse qui:325 [p. 453 modifica]chiederò conto326 di quegli che le era promesso; e s’egli è innocente... se le mie parole possono giovargli... Dio buono son tanto sospette le parole in bocca nostra! Pure io spero in Dio. Quanto a quel Signore, spero pure327 di poter fargli sentire che v’è chi non ha paura di lui, e può fargliene. Ad ogni modo, ricordatevi ch’egli non può uccidere che il corpo, e temete Quel solo, che può perdere il corpo e l’anima.» «Ah l’anima! è vero pur troppo!» disse D. Abbondio, lasciando interrotta328 la frase che il suo pensiero329 compì a questo modo: — ma se quel birbante mi dovesse uccidere il corpo, sarebbe dura. — 330 «A proposito del corpo,» disse poi dopo un momento, «non per dare un parere a Vossignoria illustrissima, ma per331 amore di quella regolarità, che tanto le piace, mi faccio lecito di avvertirla che l’ora332 è avanzata, e che il mio povero pranzo non aspetta che Vossignoria.»

«Andiamo,» disse il Cardinale, con un sospiro.333

334Abbiamo detto che il Conte del Sagrato335 era venuto ogni mattina a quella Chiesa, che il Cardinale visitava in quel giorno. Stava alquanto con lui in quell’ora di riposo, che precedeva il pranzo, e poi ripartiva. Ma in questo giorno egli era venuto con un disegno, che fu cagione di farlo rimanere più tardi. Sapeva il Conte che Lucia doveva tornare alla sua casa:336 il Cardinale lo aveva informato di questo, anzi gliene aveva chiesto consiglio; perché, dove si trattava di pericoli, e di cautela, di337 bravi e di tiranni, non v’era uomo più al caso di dare un buon consiglio:338 e il Conte aveva [p. 454 modifica]confortato il Cardinale ad339 installare pure sinceramente Lucia nel suo pacifico albergo.340 Prevedendo egli dunque che quel giorno Lucia si sarebbe trovata dal Cardinale, non vi si presentò all’ora consueta, ma stette341 nella Chiesa,342 aspettando l’ora in cui il Cardinale era solito di343 desinare; e, quando questa gli parve dover esser giunta, entrò nella cucina,344 dove Perpetua stava in grandi faccende, e le chiese con umile affabilità di potere ivi trattenersi ad attendere che il pranzo fosse finito, per chiedere udienza a Monsignore. Chi entra in una cucina345 in un giorno di cerimonia è sempre il mal venuto; ma il Conte aveva una antica riputazione di346 ribalderia, e una recente di santità, che imposero anche a Perpetua; la quale, per levarsi347 dattorno348 nel modo più gentile quell’incomodo arnese, propose al Conte d’entrare nella sala del pranzo. «Si faccia avanti,» diss’ella «sulla mia parola:349 Monsignore la vedrà molto volentieri350 ; e anche il mio padrone e tutta la compagnia: non faccia cerimonie.»

Ma il Conte disse di nuovo che desiderava di attendere ivi in un canto. Perpetua lo fece sedere al posto d’onore della cucina,351 nel banco sotto la cappa del camino,352 dicendo:353 «Vossignoria starà come potrà: veramente avrebbe fatto meglio d’entrare coi signori, ché quello è il suo posto: basta, com’ella vuole: mi scusi se non posso fare il mio dovere a tenerle compagnia, perché oggi ho tante faccende: ella vede.» Il Conte sedette, ringraziò, e cavato un354 tozzo di pane, che aveva portato con sé, si355 diede a mangiare. Quando Perpetua vide questo, non lo volle patire. «Come?, un signore suo pari! non sarà mai detto ch’ella faccia questo torto alla [p. 455 modifica]mia cucina. Ecco, si serva: mangi di questo; e lasci fare a me per mandare in tavola il piatto,356 senza un segno: non faccia complimenti: che serve?»357 E, come il Conte rifiutava, Perpetua gli si avvicinò all'orecchio, e gli disse a bassa voce: «Via, Signor Conte; che scrupoli son questi?358 so quello che posso fare; la padrona sono io qui.» Ma tutto fu inutile. Il Conte ringraziò359 di nuovo, e continuò a rodere ostinatamente il suo pane.

Quando poi360 da quello che accadeva in cucina, s’avvide che erano cessati i cibi e levate le mense, fece chiedere udienza361 a Federigo; dal quale fu tosto fatto introdurre.

«Monsignore,» diss’egli, quando gli fu in presenza, «questo è un giorno di festa singolare per questo paese e per voi;362 ma in questa allegrezza comune, io,363 io ho una parte ben diversa da tutti gli altri:364 il gaudio puro e sgombro della liberazione d’una innocente non è per365 colui, che l’aveva vilmente oppressa, angariata. A me conviene dunque un contegno e un linguaggio366 particolare: lasciate che io faccia oggi la mia parte; approvate che io367 vada ad implorare un perdono da quella innocente, ch’io mi umilj dinanzi a lei, che le confessi il mio orribile torto e che riceva dalla sua bocca innocente dei rimproveri che non saranno certo condegni alla mia iniquità, ma che serviranno in parte ad espiarla.»

Federigo intese con gioja questa proposizione,368 e pel Conte, a cui questo passo sarebbe un progresso nel bene e una consolazione nello stesso tempo;369 per Lucia, alla quale lo spettacolo della forza umiliata volontariamente sarebbe un conforto,370 un rincoramento dopo tanti terrori, e pel trionfo della pietà, e per l’edificazione371 dei buoni; e finalmente perché una riparazione pubblica e clamorosa372 attirerebbe ancor più gli sguardi sopra Lucia,373 e sul suo [p. 456 modifica]pericolo,374 sarebbe una più375 aperta manifestazione del soccorso che Dio le aveva dato, la renderebbe come sacra, e così più sicura da ogni376 nuovo attentato dello sciaurato suo persecutore.377 Approvò egli adunque con vive e liete parole la proposizione, e aggiunse: «Dite: dite se l’offesa la più ardentemente bramata, la più lungamente meditata, la meglio riuscita378 reca mai tanta dolcezza quanto una umile e volontaria riparazione?»

379«Ah! la dolcezza sarebbe intera,» rispose il Conte, «se la riparazione potesse esserlo; se il pentimento,380 se l’espiazione la più operosa, la più laboriosa potesse fare che il male non fosse fatto, che i dolori non fossero stati sentiti.»

«Ma v’è ben Quegli,» rispose Federigo, «che può far di più; che può cavare il bene dal male, dare pei dolori sofferti il centuplo di gioja, fargli benedire a chi gli ha sofferti. E quando voi fate per Lui e con Lui, quel poco che v’è concesso di381 fare, Egli farà il resto: Egli farà che del male passato non resti a quella poveretta che un argomento di riconoscenza e di speranza, e a Voi di una afflizione umile e salutare.»

Detto questo, il Cardinale chiamò il curato, e gli impose che facesse avvisare Lucia del disegno del Conte, e le dicesse ch’egli stesso la pregava di accoglierlo.382 Partito il curato, Federigo richiese il Conte che aspettasse tanto che Lucia potesse essere avvertita.

Dopo qualche momento, il Conte usci dalla casa383 di Don Abbondio, e s’avviò a quella di Lucia tra una folla di384 spettatori, fra i quali era già corsa la notizia di ciò che si preparava.

La forza che, spontanea, non vinta, non385 strascinata, non minacciata, si abbassa dinanzi alla giustizia, che riconosce [p. 457 modifica]nella innocenza debole un potere,386 e domanda grazia da essa, è387 un fenomeno tanto bello e tanto raro che beato chi può ammirarlo una volta in sua vita. Quei buoni terrieri (in quel momento erano tutti buoni) non si saziavano di guardare il Conte,388 lo seguivano, lo circondavano in tumulto, lo colmavano di benedizioni.389 Tanta è la bellezza della giustizia! per tarda ch’ella sia, innamora sempre quando è volontaria: quelli, che dopo aver fatti patir gli uomini si vendicano dell’odio loro che gli tormenta col fargli patire ancor più, non pensano che quell’odio è pronto a cangiarsi in390 favore, in riconoscenza,391 al momento che una risoluzione pietosa, un ravvedimento anche senza confessione faccia cessare i patimenti.

Il Conte camminava, ad occhi bassi e col vólto infiammato,392 tutto compunto393 e tutto esaltato, che poteva sembrare un re condotto in catene al trionfo, o il capitano trionfatore;394 e Don Abbondio395 camminava al suo fianco, e pareva ...Don Abbondio.

Giunti alla casetta di Lucia, il curato396 fece entrare il Conte, e con ambe le mani397 ritenne la folla, o almeno le comandò che si rattenesse tanto che398 potè chiuder l’uscio, e lasciarla al di fuori.

Lucia,399 tutta vergognosa, condotta dalla madre si fece incontro al Conte, il quale, trattenendosi vicino alla porta nell’atteggiamento di un colpevole, le disse con voce sommessa: «Perdono: io son quello che v’ha offesa, tormentata: ho messe le mani sopra di voi, vilmente, a tradimento, senza pietà, senza un pretesto, perché era un iniquo: ho sentite le vostre preghiere, e le ho rifiutate; ho veduto le vostre [p. 458 modifica]grime, e son partito400 da voi senza esaudirvi.401 Vi ho fatta tremare senza che voi m'aveste offeso, perché era più forte di voi, e scellerato. Perdonatemi402 quel viaggio, perdonatemi quel colloquio, perdonatemi quella notte; perdonatemi, se potete.»

«S'io le perdono!» rispose Lucia. « Dio s’è servito di lei per salvarmi. Io era nelle unghie di chi mi voleva perdere e ne sono uscita col suo ajuto. Dal momento ch’ella m’è comparsa innanzi,403 che io ho potuto parlarle, ho cominciato a sperare:404 sentiva in cuore qualche cosa che mi diceva ch’ella mi avrebbe fatto del bene. Così Dio mi perdoni, come io le perdono.»

«Brava figliuola!» disse Don Abbondio, «così si deve parlare: fate bene a perdonare, perché Dio lo comanda: e già, quando anche non voleste, che utile ve ne verrebbe? Voi non potete vendicarvi, e non fareste altro che rodervi inutilmente. Oh se tutti pensassero a questo modo, sarebbe un bel vivere a questo mondo!»
« vero, » disse Agnese, «che questa mia poveretta ha patito molto... ma bisogna poi anche dire che noi poveretti non siamo avvezzi a405 vedere i signori venirci a domandar perdono.»

« Dio vi benedica, » disse il Conte,406 «e vi compensi con altrettanta e con più consolazione407 i mali che io vi ho fatti, tutti quelli che avete sofferti.» Indi soggiunse titubando: «Come sarei contento se potessi far qualche cosa per voi!»

«Preghi per me,» disse Lucia, «ora ch’è divenuto santo.»

«Quello ch’io sono stato, lo so pur troppo anch’io: quello ch’io ora sia, Dio solo lo sa!» rispose il Conte... «Ma voi, in questa vostra orribile sciagura ... in questa mia scelleratezza ... non avete avuto soltanto timori e crepacuori...La vostra famiglia... una famiglia quieta e stabilita... i vostri lavori, l’avviamento ...408 voi avete sofferti danni d’ogni genere... se osassi... se potessi409parlare di compensar questi, io che410 v’ho fatto tanto male, che non potrò compensar [p. 459 modifica]mai... ma Dio è ricco... frattanto datemi questa prova di perdono... accettate;» e qui cavò411 con peritanza, quasi puerile, un rotolo di tasca... «accettate questa picciola restituzione... non mi umiliate con un rifiuto.»

«No no,» disse Lucia: «Dio mi ha provveduta abbastanza: v’ha tanti poverelli che patiscono la fame: io non ho bisogno...»

«Deh! non mi rifiutate...» replicò, il Conte con umile istanza:412 «se sapeste! questa somma... questo numero...413 pesa tanto in mano mia... e sarei tanto sollevato se l'accettaste... Non mi farete questa grazia, per mostrarmi che m’avete perdonato?»414 e, vedendo che il vólto d’Agnese esprimeva415 il consenso che il vólto e le parole di Lucia negavano, presentò alla madre il rotolo,416 implorando417 pur con lo sguardo il consenso di Lucia.

«Grazie,» disse Agnese al Conte; «e tu,» continuò rivolta a Lucia, «ora non parli bene. Questo signore lo fa pel bene dell’anima sua; e noi poveri non dobbiamo esser superbi.» Così dicendo svolse il rotolo, e sclamò: «Oro!»

418«Vostra madre ha ragione,» disse Don Abbondio: «accettate quello che Dio vi manda, e se vorrete farne del bene, non mancheranno occasioni. Così facessero tutti! Così419 Iddio toccasse il cuore a qualchedun altro, e gli ispirasse di compensare anche me povero prete, delle spese che ho dovuto fare in420 medicine per quella maledetta...» Voleva dire — paura — ma ebbe paura di421 parlare imprudentemente, e si fermò.

422« Vi ringrazio della vostra degnazione,» disse il Conte a Lucia, «e del vostro perdono. E se mai in qualunque caso [p. 460 modifica]voi credete ch’io possa esservi utile, voi sapete... pur troppo... dove io423 dimoro. Il giorno in cui mi sarà dato di fare qualche cosa per voi, sarà un giorno lieto per me: mi parrà allora che Dio mi abbia veramente perdonato.»

«Ecco che cosa vuol dire avere studiato!» disse Agnese: «appena Dio tocca il cuore, si parla subito come un predicatore.»

Lucia ringraziò pure il Conte, il quale, dopo d’aver ripetute parole di scusa,424 e di umiliazione, e di tenerezza, si congedò,425 uscì con Don Abbondio, e sulla porta si426 divisero. Il Conte tra le acclamazioni della folla prese la via che conduceva al suo castello, e Don Abbondio tornò a casa.

Appena le due donne furono sole, Agnese svolse il rotolo, e in fretta in fretta si diede a noverare. «Dugento scudi d'oro!» sciamò poi: «quanta grazia di Dio! Non patiremo più la fame certamente.»

«Mamma,» disse Lucia, «poiché quel signore ci ha costrette ad accettare questo dono, e ha preteso che fosse una restituzione... quei denari non sono tutti nostri. Non siamo noi sole, che abbiamo sofferti danni... non sono io sola che abbia dovuto fuggire, intralasciare i miei lavori. Io sono tornata finalmente... e se non istarò qui, ho almeno chi pensa a me, chi non mi lascerà mancare di nulla...427 Un altro è lontano, e Dio sa quando potrà tornare!428 Mi parrebbe di aver rubati quei denari, se almeno almeno non gli dividessi con lui.»

«Glieli porterai in dote,» disse Agnese, studiandosi di429 rotolare come prima gli scudi, che, facendo pancia da una parte o dall’altra, sfuggivano dalle sue mani inesperte. [p. 461 modifica]«Non parliamo di queste cose, mamma,» disse Lucia sospirando: «non ne parliamo. Se Dio avesse voluto... ah! le cose non sarebbero andate a quel modo.430 Non era destinato che fossimo... non ci pensiamo per carità.»

«Ma s’egli torna,»431 voleva cominciare Agnese.

432«  lontano, è profugo, ramingo... ah! c’è altro da pensare: forse egli stenta, forse non ha pane da mangiare. Forse con questo ajuto, egli potrà433 collocarsi ben altrove, farsi un avviamento, uno stato...»

«Ohe! disse Agnese, tu non pensi più a lui?...»

«Penso a toglierlo d'angustia, e di bisogno,» rispose in fretta Lucia.434 «Questo lo possiamo fare, al resto provvederà Iddio.»

Agnese era onesta e buona, e per quanto le piacessero quei begli scudi giallognoli,435 non avrebbe potuto possederli con436 un contento puro e tranquillo quando 437 le fossero divenuti in mano438 un testimonio di dura e bassa avarizia. Consentì ella dunque a destinarne la metà a Fermo, e promise a Lucia che avrebbe cercato tosto il mezzo di farglieli tenere sicuramente. Ma Agnese era rimasta colpita di quella nuova rassegnazione di Lucia439 all’assenza del suo promesso sposo, e non lasciò di440 tentarla con interrogazioni, dirette,441 tortuose, calzanti, subdole, per venirne all’acqua chiara. Lucia però442 seppe443 per allora e per444 qualche tempo schermirsi dal soddisfare alla curiosità materna, allegando sempre che era inutile il pensare a cose, che le circostanze rendevano impossibili.445

Il Cardinale aveva risoluto di partire quella sera446 di là per portarsi ad una parrocchia vicina;447 ma448 partiva col dispiacere di non avere ancora potuto provvedere Lucia d’un asilo; e quantunque tutto paresse ivi sicuro per449 essa, pure il cuore del buon vecchio non era abbastanza tranquillo. [p. 462 modifica]Per avere la certezza che desiderava, egli non si rivolse a Don Abbondio, perché teneva per fermo (e nessuno dirà ch’egli giudicasse temerariamente) che Don Abbondio450 per rispondere «Monsignor sì» o «Monsignor no» avrebbe consultato piuttosto l’interesse e la sicurezza sua propria che quella di Lucia. Commise egli adunque al suo Cappellano crocifero di aggirarsi fra il popolo, e di osservare lo stato delle cose, la disposizione degli animi, di vedere se v’era rimasta in paese gente di mala intenzione, se insomma si poteva partire col cuore quieto, lasciando Lucia nel luogo, dove alcuni giorni prima non era stata sicura. Il Cappellano fece ciò che gli era stato imposto: parlò al sagrestano, agli anziani, al console, e da tutti fu accertato che nulla v’era da temere. Anzi,451 appena si452 ebbe sentore di questa inquietudine del Cardinale, in un momento giovani e vecchj s’offersero di guardare la casa di Lucia, con quella risoluzione, con queU'ardore con cui si veggono453 offrire le alleanze ad un principe vittorioso. «Son qua io,» diceva l’uno; «tocca a me,» diceva l’altro; «io son cugino,» gridava un terzo; «io, io, che non ho paura di brutti musi,» schiamazzava il quarto; e cosi fino al centesimo. Non si sarebbe potuto credere che Lucia pochi giorni prima454 avesse dovuto fuggire segretamente da quello stesso paese. Perché costoro non si presentavano quando v’era il bisogno? Eh!455 perché v’era il bisogno.

456Avuta questa sicurezza, il Cardinale partì, facendo ancora ripetere a Lucia, ch’egli non si sarebbe457 scostato da quei contorni prima d’aver provveduto alla sua sorte.458 Infatti egli andò sempre in quei giorni ripensando al modo di compire questa sua opera,459 e ricercando in ogni persona in ogni circostanza, se poteva460 farne un mezzo al suo benefico intento. A forza di attendere e di ricercare, l’occasione si presentò. Visitando461 una di quelle parrocchie, ricevette Federigo fra le altre visite che accorrevano da ogni parte, quella d’una famiglia potente di Milano, che villeggiava in quelle [p. 463 modifica]vicinanze Don462 Ferrante capo di casa, Donna463 Prassede sua moglie, Donna Ersilia loro unica figlia,464 [e Donna Beatrice sorella del capo di casa, rimasta vedova nel primo anno di matrimonio e ritornata a vivere ritiratamente in casa.] Dei primi tre il Cardinale non aveva465 conoscenza molto vicina: sapeva soltanto che la famiglia, benché molto distinta, pure non466 faceva terrore, che467 la famiglia non aveva riputazione di468 soverchiante e di tiranno;469 e questo merito negativo bastava in quei tempi a conciliare ad una famiglia potente la stima e la fiducia dei più savj.470 Oltre di che Donna Beatrice era nota a Federigo assai più da vicino:471 le abitudini di una vita tutta consecrata alla pietà e alla assistenza dei poveri le avevano data,472 senza ch'ella se ne curasse, una riputazione di santità,473 e il Cardinale in più occasioni,474 incontrandosi con essa nelle stesse intenzioni,475 e nelle stesse occupazioni aveva avuto476 campo di accertarsi che quella riputazione non era menzognera.477 Quando adunque questa visita gli fu annunziata,478 propose egli di479 trovare il modo che Lucia andasse in quella casa; ma non dovette studiar molto480 a condurre il discorso dov’egli desiderava; perché l’affare di Lucia era stato tanto clamoroso che don Valeriano non mancò di parlarne, per fare un complimento al suo liberatore. Questi allora, dopo d’aver modestamente rifiutate le lodi ch’egli sapeva di non meritare,481 raccontando semplicemente il fatto e togliendone tutto ciò che la fama vi aveva [p. 464 modifica]aggiunto in suo onore,482 aggiunse che però483 tutto non era finito, che quella povera giovane uscita da un tanto pericolo non era pure in sicuro, non aveva un asilo e484 che certamente avrebbe compiuta una opera incominciata da Dio485 chi l'avesse raccolta. Don486 Ferrante guardò in faccia a Donna487 Prassede, la quale assentì con una occhiata; Donna Beatrice, non guardata da loro, gli guardò entrambi con ansietà, per vedere se avevano inteso, se avrebbero fatto vista d’intendere; Donna Ersilia488 continuò a guardare489 la croce del Cardinale, la porpora, a seguire con l’occhio la mano, per osservare l’anello, che erano le cose per le quali s’era fatta una festa di venire a far quella visita. Don490 Ferrante offerse al Cardinale di491 prendere Lucia492 al servizio della casa, o come il Cardinale avrebbe desiderato. Il Cardinale accettò lietamente: fece avvertire Lucia ed Agnese, le quali493 vennero all’obbedienza: Lucia fu consegnata a Donna494 Prassede e posta ai servizj di Ersilia. Don495 Ferrante fu molto contento d’avere esercitata una protezione, Donna496 Prassede di avere in casa sua una497 persona alla quale potè metter nome: quella giovane che mi è stata affidata dal signor Cardinale arcivescovo; Donna Beatrice498 di vedere in sicuro una innocente, e di poterla soccorrere e consolare; Donna Ersilia d’avere una donna al suo servizio, con la quale potere parlare senza che le fosse dato sulla voce. Lucia pure fu contenta di avere una destinazione, che la toglieva da quel contrasto doloroso tra il vóto e il cuore ; Agnese di vedere la sua figlia in salvo, e in casa di signori; e finalmente il Cardinale di499 aver messa quella pecorella al sicuro500 dalle zanne del lupo.501 [p. 465 modifica]Noi profittiamo di questa contentezza dei nostri personaggi d’antica e di nuova conoscenza e prendiamo questo momento, in cui anche502 la buona ed infelice503 Lucia trova un po’ di riposo in una qualunque conformità tra la sua situazione e lo stato dell’animo suo, per lasciarla504 con la sua nuova compagnia, e parlare d’altri fatti indispensabili alla integrità della storia.

Prima però di505 staccarci506 da Federigo, non possiamo a meno di non raccontare507 un tratto accaduto nella visite da lui fatta in quei contorni;508 perché questo racconto,509 quale lo troviamo nel nostro manoscritto e altrove, serve assai a dipingere510 i costumi di quel tempo, tanto lontani dai nostri e osservabilissimi per una certa pienezza511 d’entusiasmo512 per una esplosione di sentimenti,513 clamorosa,514 per un impeto veemente,515 come troppo spesso516 al male, così pure qualche volta verso ciò che era veramente stimabile.517 Oltre di che Federigo è518 personaggio tanto amabile, nelle sue azioni anche le più comuni v’è sempre una tale espressione di gentilezza, di bontà,519 che fa riposarvi sopra 520 la fantasia con diletto, e cogliere ogni pretesto per521 rimanere il più che si possa in una tale compagnia;522 ché se qualche lettore osasse523 dire che noi ve lo abbiamo trattenuto troppo a lungo, osasse confessare d’aver provato un momento di noja,524 bisognerebbe concluderne delle due cose l’una: o che noi raccontiamo525 in modo da annojare anche con una materia interessante; o che questo lettore ha un animo ineducato al bello morale,526 avverso al decente, al buono, istupidito527 nelle basse voglie,528 [p. 466 modifica]curvo529 all’istinto irrazionale. Ma il primo di questi due supposti è manifestamente improbabile, a parer nostro. Veniamo al530 racconto.

531Dalle Chiese, delle quali abbiamo parlato, si era Federigo trasportato a visitar quelle della valle di San Martino, che era allora nel dominio veneto e nella diocesi milanese; e532 per tutto dov’egli si andava fermando, oltre la folla dei parrocchiani, la chiesa, la piazza, la terra533 formicolavano di moltitudine accorsa dai luoghi circonvicini.534 In una di quelle terre, avendo egli535 sbrigate nella sera stessa del suo arrivo le principali faccende, aveva egli disegnato di partire prima del pranzo, per giungere più tosto alla536 stazione vicina. Era la chiesa, dov’egli si trovava, posta sulla cima d’un lento pendio, che terminava in una vasta pianura. Celebrati i santi misteri, si volse egli dall’altare537 per favellare al popolo, e stendendo538 dinanzi a sé il guardo,539 che dalla elevazione dell’altare poteva trascorrere per la porta spalancata sul pendio e540 nel piano sottoposto,541 vide dalla balaustrata del presbitero, nella chiesa, sul pendio, nel piano, una calca non interrotta, come un selciato continuo di teste e di vólti; se non che al di fuori quella superficie uniforme era interrotta da tende alzate che facevano parere quel luogo un campo o una fiera; guardando poi più fisamente,542 scorse fra quella moltitudine543 abiti diversi di ricchezza e di foggia, che [p. 467 modifica]dinotavano una varietà di condizioni e di paesi. Chiese egli544 a chi lo serviva più da vicino che cosa volesse dire quel concorso; e gli fu detto che545 era gente accorsa da tutta la diocesi546 di Bergamo, e dalla città stessa, per vederlo, per udirlo. «E perché» diss’egli, «non gli accoglieremo noi gentilmente come547 si conviene con ospiti?» Quindi,548 dette alcune parole di549 insegnamento e di salute ai popolani, che,550 non avendo avuto viaggio da fare, avevano i primi occupata tutta la chiesa, propose loro che facessero gli onori di casa, e cedessero il luogo a quegli estranei, che erano venuti da lontano per sentire un vescovo. La voce corse tosto551 per la chiesa e per lo spazio di fuori:552 questi uscivano e cedevano il luogo con pronta cortesia, quegli entravano con553 ritegno e con rendimenti di grazie:554 contadini e signori parevano in555 quel momento gente bene educata. Cangiata a poco a poco l’udienza, il Cardinale parlò a quei sopravvenuti, come gli dettava la sua abituale carità, e la simpatia particolare,556 che aveva eccitata in lui557 quella ardente e comune volontà;558 la quale egli si sforzava di credere559 mossa in tutto dal suo ministero e per nulla da una inclinazione alla sua persona. Terminato il discorso, benedisse egli tutto quel concorso,560 lo accomiatò; e si dispose a partire. Salito sulla sua mula, si mosse col suo seguito in mezzo a quella moltitudine; ma, dopo alquanto viaggio, quando credeva561 d’abbandonarla, s’avvide che la moltitudine lo seguiva. Si volse egli allora, ristette in faccia a quella, e la benedisse di nuovo, come per congedarla ultimamente. Ma, rimessosi in via, s’accorse che non era niente, e che la processione continuava. Li fece pregare di ritornarsene, e di non aggravare inutilmente la stanchezza del cammino già fatto, ma tutto fu inutile: gli era come un dire al fiume: torna indietro.562 Si erano già fatte più miglia di cammino,563 l’ora era tarda, quando il Cardinale, che564 era digiuno e già da lungo tempo combatteva con la fame, [p. 468 modifica]sentendo mancarsi le forze, e visto che quel giorno gli era forza desinare in pubblico, si fermò sulla cima d’una salita, dove vide spicciare una sorgente da una roccia che fiancheggiava il cammino: e chiese così a cavallo che gli fosse servito il pranzo. L’ajutante di camera tolse da un cestello un pezzo di pane, e glielo presentò: Federigo lo prese,565 indi chiese che gli fosse riempiuto un bicchiere a quella sorgente. 566

Mentre questo si faceva, cominciò Federigo a banchettare, non senza un qualche pudore567 per tutti quegli spettatori; e chiuse il banchetto col bicchiere d’acqua che gli fu pòrto. Quando tutta quella folla vide quali erano le mense d’un uomo cosi dovizioso, e cosi affaticato, insorse un568 grido di maraviglia, un gemito di compunzione; e questi sentimenti crebbero, quando,569 fra quegli accorsi, alcuni, i quali conoscevano più degli altri le costumanze del Cardinale, affermarono che questo era il suo solito pranzo, quando doveva farlo in cammino, e che quello che570 gli era imbandito in casa non ne differiva di molto. I poveri si rimproveravano la loro intolleranza del disagio, i ricchi la loro intemperanza; e quivi tosto molti fra questi distribuirono ai bisognosi i danari, che si trovavano indosso. Il Cardinale, cosi ristorato, pregò i più vicini che finalmente tornassero, e persuadessero gli altri a tornare; e, alzata la mano su tutta la turba, che egli dominava da quella altura, la benedisse di nuovo,571 stendendo poi verso di quella affettuosamente ambe le mani, in atto di saluto. La turba rispose con nuove acclamazioni;572 e, non osando più resistere al desiderio di quell’uomo, si rivolse, e tornò addietro. Federigo prosegui il suo573 cammino.

Venga ora un uomo ben eloquente, e si provi a574 dare uno splendore di gloria a quel pranzo del Cardinale, a575 renderlo un576 argomento frequente di577 ammirazione e di memoria: non gli verrà fatto. È forse da dire che queste virtù578di semplicità e di temperanza non579 danno mai alla fantasia [p. 469 modifica]degli uomini di che ammirare? Non già; poiché si parla tuttavia delle magre cene di quel Curio mal pettinato, come lo chiamò Orazio;580 è viva e comune la memoria del salino di Fabricio, e del suo piattello sostenuto da un picciuoletto di corno. E perché dunque il tozzo di pane di Federigo e il suo bicchier d’acqua non potranno ottenere una simile immortalità di gloria? Se alcuno ha in pronto una cagione ragionevole di questa differenza, la dica; per me non ho potuto trovarne che una, ed è: che il cardinale Federigo non ha mai ammazzato nessuno.581 La più parte degli uomini, parlo degli uomini cólti, non582 consente [ad] ammirare583 le virtù frugali ed astinenti che in coloro, i quali eccitano con virtù feroci un’altra ammirazione di terrore: non584 considera quelle come virtù, che quando sieno unite ad un profondo sentimento d’orgoglio, e di disprezzo per qualche parte del genere umano.585Se quel tozzo di pane fosse stato mangiato da un generale,586 in presenza di ventimila cadaveri, sarebbe in tutti i discorsi, in tutti i libri;587 nessun fedele umanista avrebbe potuto evitare di farvi sopra almeno una amplificazione in vita sua. Eppure la ragione dice che quel tozzo di pane, solo cibo d’un uomo, che avrebbe potuto nuotare nelle delizie, e che se ne asteneva per un sentimento profondo della dignità umana,588 e per dar pane a chi ne mancava:589 quel tozzo di pane, mangiato tra le fatiche d’un ministero di misericordia, di pace, e di pietà,590 dovrebb’essere591 una rimembranza più cara agli uomini che non quel salino e quel piattello, che copriva la mensa d’un uomo, che era sobrio per potere esser forte contra gli uomini;592 che593 si godeva di essere un povero Fabricio,594 per essere un potente Romano.595 Le idee, di cui si componeva il sentimento temperante di questo596 erano superbe, ostili, [p. 470 modifica]sprezzanti, superficiali:597 quelle di Federigo598 umane, gentili, benevole, profonde. In quello stesso convito di Pirro, dove Fabricio diede599 quelle prove della sua fermezza e della sua astinenza, lasciò egli trasparire manifestamente600 quel suo animo:601 ivi, all’udire le dottrine epicuree esposte da Cinea, disse egli quelle atroci parole tanto lodate dagli antichi, e, chi lo crederebbe? dai moderni: «Oh Ercole!» (il santo era degno del vóto) «Oh Ercole!» diss’egli: «fa che queste dottrine sieno ricevute dai Sanniti e da Pirro fin tanto che602 saranno nemici del popolo romano.»603 Ma il nostro mangiator di pane avrebbe avuto orrore di sé, se avesse potuto anche un momento desiderare la perversità ai suoi nemici, ai nemici del suo popolo. Egli604 desiderava la giustizia, la fortezza, la sobrietà a tutti, la desiderava per loro, per sé, per la gloria del Dio, di tutti: la desiderava, e tutta la sua vita fu spesa a promuoverla. La sua benevolenza non era nazionale, né aristocratica:605 egli non aveva bisogno di odiare una parte del genere umano per amarne un’altra:606 si faceva povero non per insultare, non per dominare, ma per dividere la condizione dei suoi fratelli poveri, e per migliorarla. A dispetto di tutta la storia, di607 tutta la morale, di608 tutta la rettorica, Federigo Borromeo era più grand’uomo che Fabricio, o, per meglio dire: Federigo era veramente grand’uomo,609 per quanto610 un sì magnifico epiteto può stare con un sì611 misero sostantivo.

Note

  1. Linea accanto a due righe, e a margine, in penna: «Sprezzatura e precisione, caro amico, e D. Abbondio che primeggi, perchè la narrazione languisce. È facilissimo:
    Terminata la visita al villaggio di Maggianico, e quella di tre o quattro altre terre vicine, venne la volta di D. Abbondio. D. Abbondio era stato quei dì un po’ malato ...»
  2. parecchie
  3. suscitati e
  4. Segno a margine, in penna.
  5. poco bene
  6. Segno con richiamo a margine, in penna, e: «si pose alla testa de’ suoi terrazzani — di quelli cioè che erano rimasti a casa, giacchè (da tutti i luoghi da questo luogo come da tutti quei dintorni accorreva [no] quotidianamente] accolte | molte una folla di persone a quella chiesa ove il Cardinale si trovava — : e andò sulla via per la quale Federigo doveva venire. A poca distanza dal paese si cominciò a vedere l’altra folla che giungeva,»
  7. Raggiunto che l’ebbe si accostò alla lettiga del Cardinale,
  8. e le due folle si avvicinarono, i due romori si confusero
  9. confusero
  10. folle
  11. Variante scovare
  12. [chiacche] squanternato
  13. Sic.
  14. profonda
  15. Nella sua lunga, affancedata e aspra carriera aveva egli imparato già da gran tempo Precede a queste parole cancellate il segno in penna ripetuto a margine, e: «mi pare che qui basterebbe soggiungere: che Federigo non era uomo da giudicare dopo aver udita una sola parte: che quindi non aveva ancora una opinione ecc. come al segno (.)» ; che si ha tra poco.
  16. che
  17. non si sapeva
  18. servono a nulla
  19. [che] e che quando producono la persuasione [il più delle volte | questa il più delle volte è distrutta o alterata dai dissensi dell’altra parte] questa è per lo più
  20. ha parlato
  21. senza
  22. Quindi egli [aveva gran) si era fatta una legge di sospendere realmente e interamente il suo giudizio fin che avesse inteso
  23. provato
  24. più
  25. che non gl
  26. che
  27. ciò che
  28. mostrava Qui il segno (•) di cui alla nota 10 della precedente pagina 431
  29. così che D. Abbondio dovette tornarsene verso la sua chiesa con tutta la sua incertezza nell’animo | tenersi
  30. Lucia avesse
  31. A margine, in penna: «Incamminatosi di nuovo l’affollato corteggio, per quanto», con segno, che si ripete al prossimo capoverso.
  32. casa del Curato. Quelle dimostrazioni di venerazione e di [gioja] affetto erano (lacuna) Federigo era cosi avvezzo ad essere accolto con quelle dimostrazioni di venerazione e di affetto premuroso, che (lacuna)
  33. Segno di richiamo, e a margine, in penna: « Punto fermo. -I plausi, - ecc. »
  34. erano
  35. Segno, come il precedente, ecc.: « -11 primo entrare nelle chiese de' luoghi ch’egli visitava, (nelle quali era suo costume portarsi [giungendo] appena giunto, ed orare ivi brevemente, e brevemente parlare al popolo congregato) non era la minore, ecc... ». Ciò accanto al cancellato e quel primo entrare nella chie [da per tutto conveniva] faceva mestieri prima di tutto | il primo
  36. l’ultima de
  37. e poi che
  38. schiacciato
  39. dal primo giorno
  40. Variante vasto
  41. alcuni
  42. [vi doveva) v’era
  43. Variante guardia
  44. e questo pure fu inutile: (lacuna)
  45. preso
  46. Ma in questo più umile, ma pur clamoroso e affollato ingresso potè
  47. Variante di quelle che gli [si facevano] erano fatte per tutto attorno
  48. non
  49. [qualche] una
  50. particolare
  51. di una tenerezza
  52. dovette
  53. gli
  54. Segno di richiamo, e a margine, in penna: « - sperò - mi pare forse meglio. »
  55. e perché Fe - Segno di richiamo, e a margine, in penna: « punto a capo. Però, ritiratosi appena nella casa di Don Abbondio ecc.».
  56. [seppe che | più chiaramente quello che aveva | fu accertato che] seppe che il popolo
  57. l’esercito
  58. Sic.
  59. aves
  60. erano
  61. al
  62. [e nella] e che
  63. giungendo le poverette
  64. provassero
  65. Sic ; ma s'avverta la cancellatura precedente.
  66. [resi] renduti loro
  67. per essa
  68. Segno di richiamo, e a margine, in penna: - I cenni sul Conte del Sagrato mi pajono da riserbarsi per quando verrà a fare la confessione pubblica»
  69. diede le con
  70. accolse
  71. non era giunto A margine, in penna: «-Non erano ancor terminate le funzioni ecclesiastiche del mattino vegnente che Lucia-ecc.».
  72. tanto più che sapeva che
  73. all’ora consueta
  74. pel
  75. e [l’altra gioja per] la gioja d’
  76. quella
  77. per di
  78. degl
  79. vivi
  80. s’accordavano
  81. insiste
  82. Variante assoggettargli
  83. e non trova né la volontà
  84. disperato | des
  85. i torbidi
  86. uscire
  87. fu
  88. avrebb
  89. [Si] Temeva anche che
  90. senza sapere la sua
  91. credeva | tem
  92. credeva
  93. che Fermo non avesse più] pensato mai ad altra né più a lei: o pur meglio
  94. avesse
  95. desid
  96. che si fosse ben ricordato che era suo dovere di dimenticarla. Accanto al periodo che segue, a margine, in penna: «Das ist zu viel Keineswegs, mein guter Freund. You are too nice. Fai d’una mosca un elefante. Està es verdadera pequenaria. (sic) Nubem pro Junone amplecteris. Te sett matt ! — Ma farai bene a lasciar cancellato il cancellato perché l'idea residua [la frase restante] en est plus fini.»
  97. eraun
  98. qu
  99. pure
  100. Variante orrenda
  101. il Cardinale dal quale in fondo veniva tutta la sua sicurezza, non avrebbe fatto che passare per di là, che
  102. luogo
  103. cercando di ricominciar subito la
  104. « [e si po] e sedette
  105. intralascia
  106. venir
  107. il Car
  108. gli
  109. di quello che
  110. nulla del matrimonio,... del matrimonio clandestino
  111. chinandosi
  112. Sic.
  113. questi due par
  114. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «Lascerei queste righe per dare maggior brevità: e perché queste acclamazioni sono cosa troppo simile alle altre in cui Lucia fu nominata plaudendo al Cardinale».
  115. salutata da
  116. tutta
  117. Presa in disparte (lacuna)
  118. interr
  119. genti
  120. sul
  121. non col passo di chi [ha term] è giunto al termine, ma
  122. di qu
  123. che cosa ella du
  124. negata
  125. di
  126. rendete
  127. e se il matrimonio
  128. [Lu| Lucia rispose singhiozza
  129. la guardò, come
  130. che vo
  131. aspettava
  132. zittì
  133. Dio buono! disse il Cardinale, quante insidie e quant (lacuna)
  134. si volse ad Agnese, la quale rispo
  135. che forse
  136. e se quest’uomo fosse innocente, se potesse sposarvi
  137. potreste dunque
  138. senza ri
  139. vi è
  140. decidere
  141. Attendete
  142. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «Un asilo, caro Alessandro: pare che il Cardinale voglia metterla in monastero a fare il Noviziato»
  143. rivel
  144. e dopo
  145. le disse che
  146. Chiamò
  147. Don
  148. [guardò] guardato
  149. risposta non andava bene
  150. la
  151. da dar
  152. e dopo avere esitato un momento
  153. vedete
  154. Variante una rivoluzione nei pensieri di
  155. e in questo pensiero
  156. del presente divenne
  157. della
  158. sono
  159. liberamente
  160. un certo signore (i nomi non servono a niente) un certo signore
  161. s’affacciano
  162. due
  163. affacciano
  164. che
  165. che
  166. quelli
  167. poser
  168. se m
  169. come
  170. costoro
  171. intralasciare di
  172. rispose
  173. guardandolo
  174. Ma quando siete venuto a ricevere [questa] la vostra missione [che esercitate] dalla
  175. assicurato
  176. Vi ha detto che il mondo vi sarebbe d’ajuto? Non v’erano dei violenti?
  177. in questo
  178. O avete supposto che
  179. Un segno di richiamo, e a margine, in penna: « - La pelle - in questo luogo mi fa ridere; né in questa sola riga. Vorrei un termine ascetico e quasi pratico. O se ti preme proprio - La pelle - soggiungi - dite voi! - e non mi farà più ridere.»
  180. in favo
  181. conserverà
  182. guarderà
  183. va (sic) abitato e il
  184. buona scusa il dire: son fuggito per salvare la vita
  185. Son fugg
  186. è una ingiuria
  187. la
  188. sentissero
  189. circonda d’una
  190. che attrae la venerazione [senza che | pur) prima pure che le opere vostre l’abbiano meritata?
  191. perché
  192. che
  193. a sanare
  194. pose
  195. stava Variante si trovava
  196. Variante in
  197. [Dopo essere] Dopo qualche momento di silenzio, articolò
  198. [Vossignoria illu] I superiori hanno ragione, debbono aver ragione:
  199. A margine, in penna: «Capitolo iv, che diviene V se adotti la mia divisione.»
  200. guardando sottecchi
  201. guardando sottecchi
  202. debolezza
  203. rampogniamo
  204. Variante dappoccaggine (sic)
  205. Variante dappoccaggine (sic)
  206. agli altri
  207. Queste ultime parole sono a margine, e ad esse segue subito: «Credo che il tuo manoscritto anonimo non sia d’un seicentista, ma di [S. Agostino] Pascal che fece redigere questo passo da Shakespear.» Ma il segno, cui esse si riferiscono, è dopo il periodo che segue.
  208. ommettere
  209. continuò caldamente
  210. [Cosi lo dovessi dire] Se potessi dire quel che sento
  211. [tutti i greggi] e fino tutti i greggi e tutti i precipizj
  212. in cerca di
  213. Non mi date lodi
  214. Colui
  215. E aggiunse
  216. se aver la febbre è colpa
  217. innocenti
  218. in
  219. domandò
  220. ancora
  221. avvicina
  222. commesse
  223. Le vostre forze Variante Le forze del vostro corpo cedettero
  224. cedette
  225. qui voi non meritate
  226. io sento una pietà
  227. Segno a margine, in penna, e: «punto fermo». Cancellato ma [voi umiliate nella | umiliazione] nella umiliazione del vostro terrore, nei patimenti
  228. si preparavano su
  229. Che il lupo | Come non avete] (lacuna) Nella umiliazione del vostro terrore come non avete pensato che [il posto che voi occupate | il posto che avete domandato, | fosse messo un pastore più solerte] voi occupate un posto che avete [avuto] domandato, un posto dove dovrebbe sedere un pastore più animoso di voi?
  230. sono un reggimento
  231. quella
  232. aver forza su [l’animo vo] la vostra risoluzione
  233. i deboli abbandonati?
  234. mi avete chiesto
  235. comunicarle la santità e la forza:
  236. poi
  237. se frattanto
  238. la
  239. Ah! Io
  240. Ma voi
  241. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «. punto fermo».
  242. diffidenti
  243. più
  244. [Credete] Non sentite che
  245. non sia stato incoraggiato dal vedere
  246. avreste fatto il debito
  247. Perché
  248. in quell’ordine di argomentazione dove il Cardin | in quell
  249. Feder
  250. [stornò] pensò di cangiar
  251. a cangiarla
  252. Con (una] quella debolezza che fa svanire
  253. creduto santo
  254. basti sapere che
  255. e mi confondo in pensare come voi non veggiate quanto l'un fatto e l’altro aggrava
  256. che
  257. ad ottenere
  258. proibita?
  259. il giusto?
  260. [pensate voi] non sapete come [il sentimento della ragione] le passioni sono tanto artificiose per giustificare
  261. La
  262. Ah! si erra in tutto
  263. gli scellerati
  264. così non v’avesse mai innocenti
  265. senza soccorsi, lontano
  266. chiegga conto della parte
  267. Vedete quanto male irreparabile : ma avete voi pensato all’obbligo che v’incombe
  268. Dite
  269. Ora vedete, ripigliò il Cardinale
  270. lo sanno pur troppo
  271. Segno di richiamo, e a margine, in penna:«. punto fermo».
  272. ad adorare
  273. Quello che turba la loro fede, che sconvolge la loro coscienza, che,
  274. [sconvolge] smuove
  275. quegli ajuti
  276. abitudini
  277. lo spettacolo della iniquità trionfante non ti confonda! Non ti vinca il tuo rammarico. Allora un uomo
  278. il tuo rammarico non ti vinca
  279. Allora un uomo [doveva] doveva stare più vicino che mai a quel prossimo afflitto
  280. mostrarsi
  281. Variante presente
  282. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «. punto fermo».Cancellato [egli abborrendola negli altri l’ha] egli dopo averla abborrita negli altri
  283. abbagliato ne ha fatto il suo Dio. Che conforto, che ricordo, che esempio ha portato con sé quello sventurato partendosi dal suo pastore?
  284. Segno di richiamo, e a margine, in penna: « - forse abbagliato, - direi ; mi è piaciuta tanto l’Idea del Cardinale che alle volte il terrore della pena cade sui non colpevoli».
  285. inclinato alla
  286. questa
  287. Colui che
  288. dal
  289. la compassione, un certo terrore
  290. Segno di richiamo, e a margine, in penna, la lunga nota seguente, che arriva fino alle parole del testo- Sa il cielo - ecc. « Le frasi - l’acqua aveva penetrato quel terreno, comprendeva davvero quanto la sua condotta fosse stata diversa dalla legge ch’egli stesso aveva sempre predicata - in uno stile come questo semi-ascetico, esprimono troppo. Significano essenziale rivolgimento dell’animo verso la religione. Abbondio non è più il mio carissimo Abbondio. Sarebbe anche da lasciarsi, mi pare, l’epiteto - tutta carnale - alla tristezza del povero diavolo, onde allontanare sempre più ogni idea di una seconda conversione, e non servirsi qui di parole troppo solenni, e tecniche, proprie di libri relativi allo spirito Cristiano. Mi sembra che il mio carissimo Abbondio potrebbe descriversi a un di presso così: che in sulle prime D. Abbondio, quando aveva veduto che s’intuonava un rabbuffo, aveva sentito un turbamento ed una tristezza stizzosa: che non poneva mente al senso dell’ammonizione, ma al tuono con cui veniva fatta: e non si affannava d’altro se non di vederla finire. Ma a poco a poco gli nacquero in cuore altri pensieri : le parole del Cardinale erano conseguenze impensate, applicazioni nnove, ma d’una dottrina antica pur nella mente di D. Abbondio (lo vedo proprio colla faccia di Torti quando ode dir male di Parini) non aveva voluto il male di nessuno, soltanto provvedere a sé: ed ora sentiva chiaramente d’aver cagionato gravi sciagure a due persone meritevoli di tutt’altro, ad un povero giovane e ad un’innocente fanciulla. Aveva un sentimento confuso di simili contigenze per l’avvenire; e pensando agli obblighi del suo ministero rivelatigli dall’eloquenza del Cardinale provava una pietà di se stesso simile a quella ch’ei soleva provare ogni volta che la violenza altrui lo metteva in apprensione di non potersene forse sottrarre coll’usata sua circospezione. — Perché mai, pensava egli, vi sono tante difficoltà a vivere, e tanti doveri, purtroppo! per un povero curato? Taceva egli, ma non più di quel primo silenzio impersuasibile e dispettoso, taceva come quegli che ha più cose da pensare che non da dire. Il Cardinale s’accorse dell’effetto delle sue parole (lo giudicò anzi maggiore che non fosse) ne sentì ecc...
    Eccoti le mie idee quali si siano esposte in uno stile da falegname. Se ti sembrano a proposito, tocca a te a vestirle d’un abito nuovo, o almeno d’un abito decente. »
  291. uno spavento
  292. carnale
  293. ma alla fine
  294. Variante veniva
  295. aveva finito a penetrare [non p) nella terra arida e
  296. sentire
  297. Stava egli dunque
  298. spensierato
  299. n’ebbe in un punto
  300. ripigliò
  301. Siamo
  302. Ah
  303. mi sarebbe
  304. [teni] colmiamo
  305. di quell’olio
  306. in quel momento
  307. radd
  308. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «Mi par necessario indicare che D. Abbondio assentiva coll’animo, come si assente ogni volta che odansi cose di cui non è permesso dubitare, di cui non si dubita : ed allo stesso tempo come un uomo pusillanime il quale non osi viaggiare di notte quando intenda un altr’uomo dirgli:-chi ha paura di tutto la campa male a questo mondo, perché non può fare i fatti suoi con alacrità, disinvoltura, e serenità d’animo - .»
  309. io spero
  310. di ajuti
  311. non indu
  312. [rovesciate] rimandate
  313. quella
  314. la mia
  315. quando
  316. della
  317. Variante pagare
  318. L’ho più volte sperimentato
  319. ad ingannarmi
  320. A margine, del Manzoni: «Si ponga qui l’aggiunta chiesta»
  321. costui
  322. Voi lo mal | veduto portare
  323. Segno di richiamo, in penna, e: .da indicarsi: che questo fu il primo momento in cui D. Abbondio s’esprimesse un po’ più liberamente. Egli pensava presso a poco così: tolga il cielo che io perseguiti o mi vendichi, o voglia del male ad alcuno: su questo, Monsignore, non mi troverà in fallo. Mi difenda soltanto da D. Rodrigo: e poi... quei giovani siano pure sposi, ne avrò piacere. Farò per essi tutto che potrò: frase che ognuno interpreta a suo modo, perché l’idea di ciò che è possibile a farsi è la più vaga di tutte nella morale pratica di ciascun individuo.»
  324. un aiuto
  325. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «indicare alla lunga, (cioè aggiungere alla lunga) per non cadere in una contraddizione benché soltanto apparente.» Cancellato voi vedete
  326. [del] del
  327. che si potrà fargli sentire ch’egli no [che] che
  328. la frase e con la parola
  329. continuò
  330. Indi aggiunse ad alta voce: Vossignoria ha avuta la degnazione di dirmi che avrebbe tremato per me povero prete. Sappia, Monsignore, che v’è da tremare ancora
  331. non farle perdere un tempo che è tanto prezioso
  332. del pran
  333. e aggiunse: permettete ch’io tenga con noi il Signor Conte
  334. Precede qui, occupando per intero la pagina, e scritta in penna, questa nota: « La scena del Conte merita un capitolo a parte. In questa porzione del Romanzo giovano mi pare i periodi piuttosto brevi: e contenenti un oggetto solo per quanto si può: dunque: Cap. (quello che sarà). Il Conte del Sagrato era venuto ecc
  335. s’era sempre portato
  336. perché il Cardinale lo aveva consultato
  337. braveria, e di
  338. Segno di richiamo e a margine, in penna:«Il consiglio chiesto al Card. mi piace, ma assai. Rialza in un modo inaspettato il Conte dopo la sua conversione, lo rende sempre più vivo. Ma bada bene: che il Card, aveva ordinato la lettiga subito dopo aver parlato coi preti, e l'ultimo consiglio dev’esser quello del Conte, come il più di peso. Non ti spiacerebbe di soggiungere in quel luogo dopo le parole? Quando ebbe questa certezza, nella quale fu riconfermato dall’opinione d'un altro Personaggio; (che lasceremo senza) di cui lasceremo per ora che il lettore indovini il nome, Federigo ordinò - ecc »
  339. ista
  340. Quel giorno [prevedend] il Conte preveendo che [aveva) Lucia sarebbe chiamata dal Cardinale appena giunta, (con | chied | gl) chiese la sua udienza
  341. aspettando
  342. che
  343. pranzar
  344. chiede | e
  345. dove si serve un pranzo di cerimonia
  346. nequizia
  347. qu
  348. quel
  349. quei s
  350. e tutt
  351. in un gran bra (lacuna)
  352. e gli disse: Vossignoria
  353. [Vossignori]Veramente
  354. Segno di richiamo, e a margine, in penna: « - tozzo di pane - mi pare troppo da pitocco, direi - un pane - »
  355. pose a ma
  356. come se fosse
  357. Vedendo poi che i
  358. sono io la
  359. di nuovo e rose ostinatamente il suo pane
  360. s’avvide che
  361. al Cardinale, da cui fu tost
  362. ma io, io solo qui, trovo [nella] nel soggetto della [allegrezza] letizia comune, rimembranze tutt’altro che [allegre] liete
  363. io solo
  364. questa [esultazione] gaudio per la liberazione dell’innocente è un ri
  365. chi
  366. ben diverso da quel
  367. mi umilj di una pena [quella] implori [il] un perdono.
  368. e perché vide che sarebbe pel Conte
  369. e per che
  370. un rinforzo
  371. di quella
  372. chiam
  373. Segno di richiamo, e a margine, in penna: « lascerei - e nel suo pericolo, - che imbroglia; pare che fosse attualmente in qualche pericolo per parte di Rodrigo.»
  374. farebbe
  375. grande
  376. alt
  377. Approvò
  378. port
  379. Di qui alla parola salutare linea verticale, e a margine, in penna: «Lascerei questi due punti: non bisogna poi esser prodigo di riflessioni ascetiche in un Romanzo. Anche per l’edificazione de’ Lettori, (non ridere tu, sebbene io rida di me stesso), è meglio presentare più che si può con disinvoltura le idee Cristiane.»
  380. se le opere di espiazione le più
  381. fare, non dubitate ch'egli non dia a | Egli farà il di più, Egli
  382. e trattenne qualche momento il Conte, tanto che l’annunzio potesse esser fatto.
  383. del
  384. contadini
  385. minacciata,
  386. da cui
  387. una
  388. di acclamarlo, lo seguivano, lo circondavano in tumulto, mentre egli ad occhi bassi, tutto compreso col vólto
  389. Tanta è la [virtù dell] bellezza della giustizia, e tanto ella (lacuna) Oh se coloro i quali fanno patire gli uomini, e si vendicano dell'odio di questi col farli ancor più patire, pensassero un momento che quell’odio è pronto a cangiarsi in [riconoscen | amor] favore, in riconoscenza al momento che essi cesseranno dal far male; se pensassero che la giustizia, per tarda che sia, innamora sempre quando è volontaria, (variante spontanea) [certo | ma se lo sentissero vi] certo (lacuna)
  390. amore
  391. tosto che
  392. tutto
  393. e tutto
  394. Oh se coloro i quali dopo aver (lacuna) Giunto alla casetta di Lucia, col curato (lacuna)
  395. andava
  396. introdusse il Conte
  397. rispinse
  398. potè chiuder l'uscio
  399. s’alzò tutt
  400. senza esaudirvi
  401. Due parole illeggibili e domandavate altro
  402. se potete
  403. io ho
  404. qualche
  405. sentire
  406. e faccia che queste sieno le ultime vostre afflizioni
  407. tutt
  408. voi avete perduto
  409. Variante osassi
  410. non potrò mai compensare i dolori che ci ha fatti patire
  411. vergognosamente. Segno di richiamo, e a margine in penna: «lascerei - la peritanza quasi puerile - per stare alle parole del Ripamonti, vorrei che avesse sempre il Conte nostro qualche cosa di soldatesco
  412. questo è il prezzo | se sapeste
  413. è il prezzo del sangue: pesano
  414. replicò con umile istanza il Conte,
  415. l’aggradimento
  416. [guardando] chiedendo pure con lo sguardo a Lucia
  417. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «leverei - l’implorando - ecc. per la ragione dianzi detta, e perché il Conte era uomo avvezzo ad agire, e chi è avvezzo ad agire fa addirittura. Doveva beneficare con quella risoluzione con cui dava dapprima de’ colpi di spada».
  418. Bravo Signor Conte ! disse [il Curato] D. Abbondio.
  419. [facessero tutti] avessero tutti questa man | di
  420. medicine
  421. dir
  422. Voi sapete (lacuna)
  423. abito
  424. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «Non sarebbe meglio: di pentimento e di affezione?»
  425. [part] uscì col Curato; [e ❘ e riverita la] e si accomiatò da lui sulla porta; e in mezzo alla folla, che lo accolse con nuova curiosità, e con nuove benedizioni. Don Abbondio gli aperse l’uscio, e il Conte s’accomiatò pure da lui [e | uscito usci] e usci | Quivi si divisero: D. Abbondio [andò] tornò a casa e il Conte [s’avviò | prese la v | al castello e] prese la via del suo castello in mezzo alla folla che lo circondò con [una] nuova curiosità, e lo accompagnò [un gran tratto] con nuove benedizioni per un gran tratto sulla via che conduceva al castello. D. Abbondio rimasto con le donne disse loro in nome del Cardinale ch’egli
  426. accomiatarono
  427. Ma quegli che
  428. [quegli che è profugo] un altro è profugo, e forse in bisogno; e forse ora stenta, forse non ha pane da mangiare
  429. ripiegare
  430. Quel
  431. disse Agnese
  432. Egli è lon
  433. trovare da
  434. Al resto
  435. pure se
  436. piena gioja
  437. la loro presenza le avesse ricordata e rimproverata ad ogni istante una azione
  438. sua
  439. [e d] a star senza il suo promesso sposo
  440. frugare
  441. calzanti
  442. si schermì
  443. assai tempo
  444. lungo te
  445. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «Qui finirei il Capitolo. Al seguente, ci penserai tu, mentre vuoi cangiare come mi hai detto il modo di mandare Lucia in quella casa di signori (Ad ogni modo, mi pare che il seguente alinea sia soverchiamente dettagliato)».
  446. per
  447. ma [per quanto] quantunque tutto
  448. avev
  449. Lucia
  450. avrebbe prima di
  451. quan
  452. [bucinò] sparse voce che
  453. alleati offrirsi
  454. fosse
  455. perché
  456. Con que
  457. ritornato da Mi | a
  458. Infatti
  459. come ved
  460. [e guardando] e guardando in — trovarvi | se
  461. Di qui (pagina 322, v.) alle parole cancellate in un certo riposo (pagina 324) freghi a croce sull’intera pagina. Se ne ha la ragione nella nota, che si riferirà tra poco.
  462. Valeriano
  463. Margherita
  464. Ciò che segue è cancellato fino a casa; ma, necessario al testo, come si può capire, vi è perciò incluso.
  465. molta
  466. era
  467. Don Valeriano
  468. seguito
  469. Sic ma spiegabile con la cancellatura del nome.
  470. Oltre di che
  471. la vita
  472. una
  473. e [qu] l’avevano messa più volte nell’occasione di [farsi conoscere più] essere
  474. trovandola
  475. e negli
  476. occasione
  477. Gli parve dunque [q] che l’occasione fosse venuta, e la colse. Parlò a Don Valeriano [pari | Parlò | Disse] Parlò di
  478. Accanto, in margine, una specie di croce, grande, già messa anche in mezzo a una nota del Manzoni nella pagina precedente: nota che dice:«Invece di questa visita ecce. sia D. Abbondio che avendo saputo come D.a Prassede cercava una donna di servizio, suggerisca ad Agnese di proporre Lucia; e lo faccia per mostrare interessamento, e per sbrigarsene nello stesso tempo. Agnese vada da D.a Prassede che [vive alquanto] villeggia a qualche miglio di là, e deve partire all' indomani per Milano. Lucia è accettata. Il come, e le conseguenze si raccontino nel Cap. IX.»
  479. fare
  480. a far nascere il
  481. affermando che Dio aveva fatt | il mi
  482. disse
  483. quest’opera non era perfetta, e che avrebbe pur fatt | che Lucia
  484. e che avrebbe pur fa
  485. chi l’av
  486. Valeriano
  487. Margherita
  488. non guardò
  489. il Cardinale, la croce, la porpora,
  490. Valeriano
  491. essere
  492. ai servizj [della Marchesa] di Donna Margherita
  493. vennero;
  494. Margherita, [posta poi ai serv | per | ai servizj o [ e] posta
  495. Valeriano
  496. Margherita
  497. giovane
  498. [di poter | che una po | pove] di avere una
  499. aver
  500. dal lupo. Noi profittiamo di questa momentanea | dagli
  501. [Noi profittiamo di questo | questo | momento in cui tutti i personaggi che che | contentezza momentanea | Noi profittiamo di questo momento in cui tutti i personaggi] (lacuna) Noi profittiamo di questa contentezza di tutti i personaggi che abbiamo nominati, prendiamo questo momento in cui Lucia stessa si trova in un certo riposo (lacuna)
  502. Lucia
  503. Lucia [trova una qualche] riposa in una
  504. coi suoi nuovi
  505. abbandonare per
  506. [dal Card] dal nostro
  507. la fine della
  508. e
  509. tal
  510. tempi e costumi [diversi | tanto diversi dai nostri | sin] lontani dai nostri, e singolarissimi per un certo impeto tanto nel bene | per
  511. di impeto
  512. [per una esaltazione clamorosa e un’esplosione di sentimenti | unanimità clamorosa,] per una manifestazione veemente tanto nel bene quanto nel male; e perché, come abbiam detto, [quest’esaltazione forse di Federigo interessa (lacuna) la persona di Fe] il personaggio v’è
  513. un’idea
  514. veemente, la
  515. insistente verso i
  516. verso il
  517. [e perché | e perché] e perché la | Del resto
  518. un
  519. antica
  520. il pensiero
  521. usare
  522. Che se [questo a] a taluno dei lettori [osasse] bastasse poi l’animo di dire ch’egli non ha provata nel leggere | possa
  523. [affermare di non aver provato] confessare d’essersi annojat
  524. in questa compagnia
  525. [in modo ]in modo nojoso e che
  526. infer
  527. e depresso
  528. come piegato
  529. all’istinto
  530. fatto
  531. Dalla fine (lacuna)
  532. sempre
  533. veniv
  534. [Ad una) In una di quelle terre egli [si era | dopo la consueta visita, egli | s’era | aveva dimorato) s’era fermato la notte per ripartire all’indomani: o perché gli rimanessero ancora faccende da spedire; o perché, essendo la Chiesa alla quale [dove passare) doveva passare, molto discosta, non vi potesse egli giungere che a notte avanzata quando fosse partito all’ora solita del dopo pranzo. [Al mattino) Al mattino [entrò egli dalla casa del parroco nella | entrò egli dalla casa del parroco nella Chiesa, | per dir messa e benedire quel popolo prima di partire] volendo egli prima di partire, dir messa e benedire quel popolo entrò dalla casa del parroco nella Chiesa, la quale era posta sulle cime d’un [promontorio] lento pendio che terminava in una vasta pianura
  535. terminato nella
  536. Chiesa
  537. [al po] al popolo per
  538. dall’alto
  539. [dinanzi a se] che dal luogo elevato
  540. piano
  541. vide nella Chiesa, nel pendio, nel piano, [una calca non interrotta] una calca non interrotta, come un selciato di teste e di vólti che dalla balaustrata del prebistero [andava] scorreva nella chiesa, sul pendio, nel piano: e qua e là [fuori] al di fuori
  542. vide
  543. abiti
  544. allora
  545. [erano] era gente della dioce
  546. e dalla città
  547. deve
  548. dette brevemente
  549. ammonizione
  550. [erano ; di casa] essen
  551. dalla chiesa
  552. quegli che dovevano cedere (lacuna)
  553. pacatez
  554. villan
  555. tutti
  556. per quella
  557. quella
  558. [che dì tanto accorsi intorno a lui | e che | la quale] egli che aveva [attirata a lui] condotti a lui
  559. Variante attirata
  560. [e lo accomiatò] e sparse fra loro doni di libri e di medaglie
  561. esserne fuori ab
  562. Avevano
  563. quando il Cardinale
  564. aveva già
  565. non senza
  566. [Mentre questo si faceva egli mangiò | egli | il| Frattanto egli presolo si mangiò il suo pane, e prese poi | to | (lacuna) Frattanto egli fece il suo pranzo, e lo terminò col
  567. per tutta
  568. clamore
  569. alcuni
  570. egli
  571. [fece] salutandola poi affettuosamente con ambe le mani
  572. e compresa in quel momento da un sentimento di
  573. cammino
  574. darne
  575. farne
  576. Variante soggetto
  577. [memor] commemorazione e di
  578. temperanti
  579. danno
  580. si esalta tuttavia ❘ si
  581. Gli uomini
  582. consentono a ven ❘ ad
  583. la sobrietà nel
  584. risguarda
  585. Ma per noi (lacuna)
  586. [fra | in com] alla
  587. in tutte le | e non vi sarebbe un ragfazzo istruito che non dovesse farvi sopra una amplificazione [mangiato in pace] ma per noi quel tozzo di pane mangiato in pace
  588. e per poter soccorrer
  589. che quel
  590. è più
  591. [più] una più splendida rimembranza che
  592. [che non ne amava una parte] che odiando ne amava ardentemente alcuni per sacrifica (lacuna) che nella sua povertà privata, godeva della sua potenza soverchiatrice, della cupida ambizione (lacuna) La ragione
  593. Variante accontentava
  594. Variante purché fosse
  595. La ragione | le idee che
  596. si sono tratte
  597. superficiali: se fossero [state] diventate comuni, se molti uomini [nelle diverse] di tutte le nazioni le avessero ricevute, messe in pratica, fossero divenuti virtuosi come Fabricio, vi sarebbero state molte nazioni forti per la loro temperanza e avide di dominare le qua (lacuna). A margine, del Manzoni: «Dire se si può che [la di] quelle idee adittate (sic) universalmente [avrebbero prodotti mali invece | non avrebbero migliorato in nulla il mondo | queste avrebbero] avrebbero prodotti uomini poveri, e forti, e ambiziosi: non migliorato il mondo ecc. queste invece avrebbero introdotta una equa [di] e pacifica distribuzione delle cose necessarie, [fatti dei poveri] poveri soccorsi, e ricchi astinenti: cresciuta la pazienza a misura che ne sarebbe scemato il bisogno.»
  598. erano
  599. prova
  600. quella
  601. poiché
  602. faranno la guerra al popolo
  603. Ma il nostr
  604. desiderò l’ult
  605. non aveva
  606. era povero | non
  607. tutti i trattati di
  608. tutte le rettoriche
  609. in quanto
  610. questo
  611. miserabi
  1. Nell’autografo Cap. (quello che sarà)