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'''DOMENICO RICCIO''' |
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Domenico Riccio è autore lucchese che ha già pubblicato le seguenti opere: |
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1) "Damnic", volume di liriche (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 1998); |
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2) "Nesso", volume di liriche (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 1991); |
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3) "I racconti dell'infanzia di Damnic", romanzo (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2003); |
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4) "Il seminarista", romanzo (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2004); |
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5) "La topa di Capannori", romanzo con l'introduzione del Ministro Altero Matteoli (Edizioni Biagini, Lucca 2005); |
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6) "La sfida di Fazzi", instant book (Litotipo S. Marco, Lucca 2005). |
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SPROLOQUIO |
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sul mistero dell’esistenza del male |
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e quindi anche del bene''' Lucca 2006 |
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1 |
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- Aspettami un attimo, Ence - disse Elafia fermandosi |
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a riprendere fiato. - Non ce la faccio più! |
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Avevano fatto un salto a Pisa, la cittadina "vituperio |
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delle genti", conosciuta nel mondo per essere a circa |
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diciotto chilometri da Lucca, ed ora stavano montando in |
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fila indiana sulla torre "che pende, che pende e che mai |
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non vien giù". |
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Anche Encevaldo, che era davanti, si fermò e si girò |
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verso di lei. |
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- Dai, su! - gli fece con tono sostenuto, agitando la |
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mano per metterle fretta. - Non puoi mica bloccare tutta la |
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fila! Vedi quanta gente c’è dietro? |
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- Oh! - esclamò Elafia indispettita. - Se aspettano un |
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secondo non casca mica la torre! |
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- Che fai, vuoi portare iella? - la riprese Encevaldo. |
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Era la prima volta che lui visitava Pisa e saliva sulla |
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torre. |
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- E’ rimasta in piedi per quasi mille anni - aggiunse |
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Encevaldo toccandosi. - Non vorrai mica farla cascare |
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proprio oggi che ci siamo noi! |
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Si misero con le spalle al muro e fecero passare avanti |
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un po’ di gente. Dopo un paio di minuti ripresero a salire |
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ed Encevaldo si trovò casualmente dietro ad una gran |
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bella biondona nordica con una minigonna mozzafiato e le |
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mutandine bianche che si vedevano tutte. |
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Rimase incantato ad ammirare lo splendido panorama |
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che gli danzava proprio davanti al naso. |
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- Ma cosa guardi! - lo rimproverò Elafia, tirandolo per |
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un braccio. |
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- Eh! - fece Encevaldo, scuotendo la testa e senza |
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togliere lo sguardo da quella grazia di Dio. |
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- Stalle ancora più addosso, mi raccomando! - disse |
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ancora Elafia, notando che Encevaldo era ormai con la |
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faccia a ridosso della minigonna della straniera. - Ti |
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dovesse scappar via! |
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Ad un tratto la vichinga si fermò e per poco |
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Encevaldo non batté con il naso sulle chiappe di lei. |
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Rimase fermo con la faccia a due centimetri dal sedere di |
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lei. |
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- Dai, visto che ci sei, baciale il culo! - esclamò con |
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voce aspra Elafia, che seguiva da dietro tutta la scena ed |
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aveva continuato a richiamare il suo ragazzo, il quale però |
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fingeva di non sentire. |
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Encevaldo non se lo fece ripetere e, prendendo alla |
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lettera le parole di Elafia, dette davvero un baciotto |
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schioccante sulla parte scoperta del sedere della biondona |
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nordica. |
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- Ma sei tutto scemo!? - sbraitò, con voce dura e |
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frenata, Elafia furibonda e imbarazzata, che fino ad un |
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attimo prima era convinta di avere a che fare con un |
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ragazzo più o meno serio. |
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Entrambi alzarono subito gli occhi per vedere la |
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reazione della bella straniera. |
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L’altissima vichinga si girò di scatto, guardò per un |
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attimo negli occhi stupefatti e rassegnati di Encevaldo, il |
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quale era lì pronto a beccarsi una sonorissima sberla o |
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anche di peggio, e inaspettatamente gli fece un bel sorriso. |
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Poi disse qualcosa d’incomprensibile ad una sua amica |
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che la precedeva e che rise ad alta voce, quindi riprese |
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tranquillamente a salire. |
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- Ma guarda figure! - esclamò Elafia, che sembrava |
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vergognarsi peggio di una ladra. - Ti rendi conto che... |
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- Questo, ragazza mia, significa essere emancipati! - |
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sentenziò placidamente Encevaldo, interrompendo le |
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parole di lei, con un sorrisino compiaciuto sulle labbra. - |
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Perché le donne, dovresti saperlo, sono state create per |
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dare soddisfazione all’uomo ed io ora me ne son presa una |
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piccola piccola. |
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- Te, oggi, proprio non ti riconosco! - replicò quasi |
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rassegnata Elafia, che ancora non era riuscita ad assorbire |
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il disagio procurato dalla sconsideratezza del ragazzo. |
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- Ma tu - chiese invece lui - la Bibbia l’hai letta? |
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- Che c’incastra ora la Bibbia!? |
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- Come che c’incastra! - la rimbeccò Encevaldo. - |
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Non hai sempre detto di essere cattolica? |
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- E allora? |
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- Se sei cattolica, devi seguire gli insegnamenti della |
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Bibbia, no? La Genesi - aggiunse dopo tre secondi di |
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pausa. - Sai cos’è la Genesi? |
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- Certo che lo so. |
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- E sai anche cosa dice? |
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- Parla della creazione del mondo. |
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- E anche dell’uomo e poi della donna. E spiega con |
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chiarezza il motivo per cui questo popò di grazia di Dio è |
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stato creato. |
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Ed Encevaldo indicò con la mano le chiappe della |
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vichinga che continuavano a ballargli davanti agli occhi. |
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- Ma allora sei scemo sul serio! - esclamò Elafia con |
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furore. - La smetti di guardare il culo di quella lì? |
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- Non mi dire che sei gelosa! - rise Encevaldo. - E poi |
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dicono di quelli del sud! |
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- Certo, però, queste straniere... andare a giro così... - |
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commentò Elafia a bassa voce. |
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- Voi ragazze italiane siete ancora troppo indietro - |
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spiegò Encevaldo con tono sostenuto. - Non siete per |
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niente emancipate, non capite... |
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- Grazie! - ribatté Elafia indispettita. - Sei gentile |
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come sempre! |
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- Ma torniamo alla nostra Bibbia - disse ancora |
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Encevaldo, riprendendo il ragionamento di poc’anzi. |
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- Senti, cocco, prima però si fa una cosa - lo |
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interruppe Elafia tirandolo per la maglia. Non ne poteva |
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più di vedere il suo Encevaldo che continuava a fissare le |
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chiappe della bionda stangona venuta dal nord. - Vado io |
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avanti e tu vieni dietro di me. |
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Ma anche così cambiava poco. Un gradino più in giù, |
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Encevaldo lo spettacolo lo vedeva ancora meglio, anche |
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se l’aveva un pochino più distante. Allora Elafia cominciò |
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a rallentare fino a che la biondona non scomparve dietro |
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l’angolo. |
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- Devo ammirare il tuo? - domandò Encevaldo. |
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- Perché, non ti piace? |
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- E’ che il tuo te lo tieni ben coperto. |
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Quel giorno Elafia indossava un paio di pantaloni, di |
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quelli comodi, non attillati. |
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- Però - aggiunse Encevaldo - ti sto guardando come |
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fossi nuda e... |
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- Ma la fai finita? - lo zittì lei. - Mi dici cosa ti è |
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preso, oggi? |
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- Allora - disse Encevaldo, fingendo di non dar peso |
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alle parole della sua ragazza e riprendendo flemmatico il |
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discorso di prima, - dove eravamo rimasti? Ecco, già, si |
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parlava della Genesi e della creazione dell’uomo e della |
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donna. Li conosci, no, i motivi per cui la donna è stata |
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creata? C’è scritto con chiarezza. |
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- E cosa ci sarebbe scritto? |
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- Allora non l’hai letta! |
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- E’ per questo che ti sto chiedendo di spiegarmelo - |
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ribadì Elafia con quel poco di pazienza che ancora le |
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restava. |
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- Be’, visto che me lo chiedi, una mano potrei anche |
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dartela - acconsentì Encevaldo. - Tra l’altro ho anche |
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scritto qualcosa sull’argomento. Anzi, se ci tieni, te lo |
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faccio leggere, così si fa prima. Per la verità il problema |
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che tratto è un altro, ma anche il motivo della creazione |
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della donna è parte fondamentale del mio sproloquio. |
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- Sproloquio? - ripeté Elafia, un pochino incuriosita. |
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- Sì. Si intitola proprio sproloquio. Non ti piace? |
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- Mah! |
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- Anzi, per essere più precisi, il titolo completo è |
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questo: "Sproloquio sul mistero dell’esistenza del male e |
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quindi anche del bene". |
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- E cosa vuol dire? |
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- E’ la dimostrazione logica del motivo per cui esiste |
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il male e... |
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- Non mi dire che hai scritto - lo interruppe Elafia, |
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che credette di avere intuito qualcosa, - che la donna è la |
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causa di tutti i mali! |
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- Più o meno ci sei, ma non è come pensi. Diciamo |
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che Eva è servita allo scopo e quindi, commettendo il |
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peccato originale e facendolo commettere anche ad |
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Adamo, ha contribuito alla rovina dell’uomo e quindi alla |
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sua felicità... e naturalmente anche a quella della donna. |
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- Non ti seguo più - si arrese Elafia, tirando nel |
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contempo un sospiro di sollievo. - Poi me lo spieghi |
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meglio. Guarda che panorama! |
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Erano finalmente arrivati in cima alla torre. |
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- Dopo te lo faccio leggere. Il testo é chiarissimo. |
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Avevano appena attraversato la galleria che delimita il |
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confine tra le province di Lucca e Pisa e scendevano con |
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l’auto verso Santa Maria del Giudice, nel verde territorio |
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lucchese. |
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Encevaldo guardò Elafia e le fece un sorriso. |
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- Oggi ti sei divertita un mondo sulla torre, vero? - le |
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chiese. |
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- Sei stato scemo forte con quella lì! - disse Elafia, |
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che rivide la scena dentro di sé. - Ma come ti è saltato in |
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mente di baciarla proprio lì? |
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- Bacetto innocentissimo fu! - si difese Encevaldo, |
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con un finto accento siciliano. - Lei che è del nord lo ha |
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capito subito e mi ha anche sorriso. E poi, scusa, non sei |
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stata tu a dirmelo? |
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- Con te bisogna stare attenti alle parole... non si può |
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neanche... |
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- Vuoi proprio sapere perché l’ho fatto? - interruppe |
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Encevaldo con voce allegra e suadente. |
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- Sono proprio curiosa. |
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- L’ho fatto perché ero felice. Felice di stare con te, di |
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farti arrabbiare, di farti ingelosire, di fare una mattata, di... |
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- Allora vuoi sapere un’altra cosa? - interruppe a sua |
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volta Elafia, poggiando la sua mano su quella di |
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Encevaldo. - Anch’io mi sento felice come non sono mai |
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stata. Felice di stare con te, di vederti fare lo scemo, di |
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sentirti dire sciocchezze. |
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Encevaldo prese nella sua la mano della ragazza e la |
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strinse. |
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- Certo - aggiunse Elafia con soddisfazione. - Dopo |
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tutti i guai che mi sono capitati, mi ci voleva proprio un |
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matto come te che mi facesse star bene... |
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La vita di Elafia era stata molto travagliata. Rimasta |
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orfana di mamma a soli dieci anni e con un padre che si |
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ritirava a casa quasi sempre ubriaco, aveva sofferto |
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davvero tanto. A vent’anni, poi, aveva deciso di andar via |
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di casa e si era stabilita a Lucca, dove faceva l’impiegata e |
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viveva da sola in un piccolo appartamento del centro |
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storico. Quindi aveva conosciuto Encevaldo, si era |
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innamorata di lui e la sua vita sembrava cambiata. |
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- Vedi che ho ragione io? - disse Encevaldo. - Se nella |
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vita non ci fossero i guai, non ci sarebbe neanche la |
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felicità. Dopo la tempesta viene il sole, dopo la notte il |
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giorno, dopo i problemi le soddisfazioni, e viceversa. Ci |
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vuole sia il male che il bene; o meglio, è proprio il male |
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che fa capire ed apprezzare il bene, altrimenti non si |
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darebbe peso a niente e ... |
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- Che fai, il filosofo? - lo interruppe Elafia. |
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- La filosofia mi è sempre piaciuta - rispose |
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Encevaldo, - ma questo me l’ha insegnato la vita. |
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- A pensarci bene, in effetti - ammise la ragazza dopo |
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un attimo di riflessione, - tutti i torti non li hai. Chi ha |
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sofferto, chi ha fatto una vita dura come la mia, le gioie |
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dopo le apprezza di più. |
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- E’ la tesi del mio sproloquio - confermò Encevaldo |
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soddisfatto. |
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- Sono proprio curiosa di leggerlo codesto tuo |
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sproloquio. |
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- Appena arriviamo a Lucca. Così imparerai che la |
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donna è stata creata per far felice l’uomo e... |
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- Rivuoi litigare? |
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Entrarono nel centro storico di Lucca da porta Santa |
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Maria. Attraversata la piazza, raggiunsero in un baleno la |
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via dei Borghi, parcheggiarono l’auto accanto alla chiesa |
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di San Leonardo e, mano nella mano, si diressero verso la |
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casa di Encevaldo, che era lì a due passi. |
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Fatte le scale, entrarono ed Encevaldo abbracciò |
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Elafia. Le bocche si cercarono e si unirono. |
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- Ma non dovevi farmi leggere il tuo sproloquio? - |
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chiese ad un tratto la ragazza, staccando le labbra. |
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- Hai ragione. Ogni promessa è debito. |
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Encevaldo raggiunse uno scaffale, prese una cartella e |
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tirò fuori alcuni fogli dattiloscritti. |
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- Ecco lo sproloquio - disse, porgendoli ad Elafia. |
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Lei li prese e iniziò a leggere ad alta voce. |
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"Sproloquio sul mistero dell’esistenza del male e |
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quindi anche del bene". |
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- Ma lo devo proprio leggere tutto? - fece Elafia, |
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interrompendosi subito e alzando gli occhi verso |
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Encevaldo. - Mi sembrano tante pagine. |
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- Non sono molte. |
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Elafia riprese a leggere. |
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"Nessuno pensi che la vita sia bella senza problemi. |
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Una vita senza problemi, per noi, fortunati abitanti di |
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questo mondo, non è neppure prevista, perché Dio, nostro |
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creatore e padre premuroso, così ha voluto per il nostro |
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bene. Il problema, dunque, non è quello di avere o meno |
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problemi, perché per fortuna ci sono, ma di renderci |
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conto che proprio essi sono la causa delle nostre |
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soddisfazioni e dobbiamo ringraziare Dio per averceli |
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concessi". |
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- Ma che dici! - fece Elafia. - Dobbiamo ringraziare |
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Dio perché ci ha creato i problemi? Magari potessimo |
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avere una vita senza problemi! |
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- Sarebbe una vita inutile - disse tranquillo Encevaldo. |
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- Invece sarebbe meraviglioso. E poi come fai a dire |
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che è stato Dio a darci i problemi? Non ce li siamo creati |
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da soli? |
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- Mi sembra che tu faccia troppe domande. Vai avanti |
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e capirai da sola. |
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"In principio - continuò a leggere Elafia - Dio creò |
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l’uomo senza problemi, lo chiamò Adamo, lo pose nel |
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paradiso terrestre e pensò d’aver fatto cosa buona. Ma |
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l’uomo, com’è noto, dopo aver dato il nome alle cose e |
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agli animali, così come gli aveva detto Dio in persona, |
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cominciò ad annoiarsi e non era affatto felice. Dio se ne |
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avvide e si preoccupò. "Gli ho creato il cielo - diceva tra |
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sé - con il sole per il giorno e la luna e le stelle per la |
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notte, il mare che trabocca di pesci, la terra colma di |
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animali e di piante, poi ho fatto lui a mia immagine e |
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somiglianza, gli ho dato la vita e l’ho posto in questo |
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paradiso dove nulla gli manca e dove tutto è a sua |
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disposizione, perché dunque non è soddisfatto?". Per un |
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attimo pensò di discutere del problema proprio con |
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Adamo, oppure con gli angeli (chi altri c’era?); perché |
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spesso da quelli che meno te l’aspetti...! Poi, però, |
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pensando alle conseguenze per la sua immagine, "per |
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l’amor di Dio! ", esclamò e non ne fece di nulla". |
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- Descrivi Dio come se fosse un uomo! - commentò |
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Elafia. - Un Dio che crea l’uomo, poi lo vede giù di corda |
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... e pensare che lo aveva fatto senza problemi! ... e non |
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riesce a capire perché e si preoccupa di lui. |
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- Proprio così. E’ un padre premuroso. |
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"Non gli rimaneva - proseguì Elafia - che leggere nei |
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pensieri dell’uomo. Lo fece e vide che Adamo era abulico |
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e sciatto, aveva una sorta di cervello piatto. Non solo non |
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era felice, ma non faceva niente per esserlo. E non se ne |
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comprendevano neanche i motivi: se ne stava lì in |
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disparte, solo, apatico e non sapeva neanche lui cosa |
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volesse. Dio, però, voleva troppo bene all’uomo, lo |
|||
considerava suo figlio, non sopportava di vederlo così, |
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doveva fare qualcosa". |
|||
- E a questo punto, ci scommetto, gli creò la donna! - |
|||
esclamò Elafia. |
|||
- Non ancora - precisò Encevaldo. |
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Elafia riprese a leggere lo sproloquio. |
|||
"E cercò di dargli una mano. Allora - è scritto nella |
|||
Bibbia - Dio modellò, ancora dal terreno, tutte le fiere |
|||
della steppa e tutti i volatili del cielo e li condusse |
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all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati: in |
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qualunque modo l’uomo avesse chiamato gli esseri |
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viventi, quello doveva essere il loro nome. Ne fece di |
|||
grandi e di piccoli, di brutti e di belli, di simpatici e di |
|||
antipatici. Appena creati, li conduceva all’uomo affinché |
|||
egli li conoscesse, li chiamasse per nome, ci facesse |
|||
amicizia e fosse con essi felice. Ma Adamo li guardava |
|||
senza entusiasmo, metteva ad essi il primo nome che gli |
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passava per la mente e, poiché non era attratto più di |
|||
tanto da essi, si riponeva sdraiato una volta sotto una |
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quercia e una volta sotto un ulivo, staccava i petali |
|||
bianchi di una margherita, adocchiava distratto una |
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foglia d’edera e un minuscolo garofano, capitati lì per |
|||
caso, e si rigirava dall’altra parte più annoiato che mai". |
|||
- Parli di Adamo come se si trattasse di Romano |
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Prodi! - disse Elafia alzando gli occhi e facendo un lieve |
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12 |
|||
sorriso. |
|||
- Vedo che sei una buona osservatrice. |
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- Ma visto che c’eri, perché non ci hai messo anche |
|||
una falce ed un martello, così facevi tutto il centrosinistra? |
|||
Anche Encevaldo sorrise. |
|||
"Un giorno Dio - continuò a leggere Elafia, - |
|||
guardando da lontano sotto la solita quercia, vide |
|||
finalmente che l’uomo si era alzato e si dimenava tutto: |
|||
sembrava giocasse con notevole interesse. Poi, |
|||
avvicinatosi, capì che purtroppo la cosa era diversa. Non |
|||
solo Adamo non si stava divertendo, ma, al contrario, era |
|||
nervosissimo. Agitava le mani non certo per giocare, ma |
|||
per scacciare gli ultimi, fastidiosissimi insetti che Lui gli |
|||
aveva creato: le mosche e le zanzare". |
|||
- La storiella delle mosche e delle zanzare - |
|||
commentò Elafia - non mi sembra un granché. Potevi |
|||
farne a meno, anche per rispetto nei confronti di Dio. |
|||
- Hai ragione. La cancellerò. |
|||
"Il tempo passava e l’uomo continuava ad annoiarsi. |
|||
Dio allora cominciò quasi a perdere la pazienza. "Ho |
|||
impiegato solo una settimana per fare l’intero creato - |
|||
disse dopo un paio di mesi, - ho donato tutto questo ben di |
|||
Dio all’uomo che non lo apprezza per niente ed ora, dopo |
|||
così tanto tempo, non mi riesce di trovare una soluzione |
|||
per renderlo felice. Rimane però sempre la mia migliore |
|||
creatura, l’unica creata a mia immagine e somiglianza, |
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anche se sembra che mi somigli così poco. Comunque |
|||
prima o poi ne verrò a capo e grande sarà la mia |
|||
soddisfazione". E rimase a riflettere". |
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- Dio perde anche la pazienza? |
|||
- L’ha persa un sacco di volte da quando ha creato |
|||
l’uomo. Pensa alla cacciata dal paradiso terrestre, alla |
|||
torre di Babele, alla schiavitù del popolo eletto prima a |
|||
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|||
Babilonia e poi in Egitto o, peggio ancora, al diluvio |
|||
universale. |
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- Già! |
|||
"Per non farvela troppo lunga, vi dico subito che fu |
|||
proprio quest’ultimo concetto a condurlo verso la divina, |
|||
risolutiva intuizione: la soddisfazione deriva proprio dal |
|||
problema, dalla sua soluzione, il gusto del riposo è |
|||
causato dalla stanchezza, la gioia proviene dal dolore, la |
|||
felicità dall’angoscia e così via. Il segreto era tutto lì". |
|||
- E infatti ora anch’io sono stanca di stare in piedi e se |
|||
mi metto a sedere provo una bella soddisfazione. |
|||
- Hai ragione. Mettiamoci a sedere. |
|||
14 |
|||
4 |
|||
Si sedettero entrambi sul divano ed Elafia riprese a |
|||
leggere. |
|||
"Adamo conosceva solo la noia, perché aveva tutto e |
|||
non doveva far nulla. Come faceva a gioire, se mai aveva |
|||
sofferto? Come poteva apprezzare la vita, la salute, la |
|||
bellezza e tutti i doni che Dio gli aveva fatto, se non |
|||
conosceva la privazione, la malattia, il dolore, la fatica? |
|||
Se a un figlio concedi ogni cosa, egli non apprezza nulla. |
|||
Senza dolore non c’è gioia, senza patimento non c’è |
|||
felicità, senza male non c’è bene". |
|||
- Ma, insomma, la donna la fa o non la fa? |
|||
- Tra poco farà anche la donna, così sarai contenta - |
|||
rispose Encevaldo. - Ma condividi o no quello che hai |
|||
appena letto? |
|||
- Non so. Se ci tieni a saperlo, io sono ancora convinta |
|||
che la vita sarebbe tanto più bella se non esistessero le |
|||
cose brutte. |
|||
- Dici così perché di cose brutte ne conosci già tante e |
|||
di conseguenza ti farebbe piacere avere solo momenti |
|||
belli. Ma mettiti un attimo nei panni di Adamo: lui era |
|||
appena stato creato, non aveva alle spalle un mondo di |
|||
nefandezze, non aveva esperienze di vita negative, non |
|||
sapeva cos’era il dolore, ciò che era bene e ciò che era |
|||
male e si annoiava proprio per questo. |
|||
- Mi vorresti convincere che è meglio se si hanno |
|||
problemi e sofferenze? |
|||
- No. Vorrei farti capire che se non ci fossero |
|||
problemi e sofferenze, non ci sarebbero neanche le gioie e |
|||
le soddisfazioni. |
|||
Elafia lo guardò per un attimo senza parlare e poi |
|||
15 |
|||
riprese a leggere. |
|||
"E logicamente, più grandi sono le privazioni e i |
|||
problemi e maggiori le possibili conseguenti |
|||
soddisfazioni. Adamo, dunque, per essere felice aveva |
|||
bisogno di problemi, di un sacco di problemi, e il Signore |
|||
decise di aiutarlo. E poiché gli voleva davvero un gran |
|||
bene e desiderava che gioisse alla grande, cominciò col |
|||
regalargli il problema più grosso, quello capace di |
|||
generare a catena un mare di possibili problemi, e gli |
|||
creò la donna". |
|||
- Oh, eccola finalmente! |
|||
- Sei contenta? |
|||
- Immaginavo che avresti scritto così. La donna è |
|||
dunque per te il problema più grosso che genera problemi |
|||
a catena? Vorrei vedervi voi uomini senza le donne! |
|||
- Saremmo ancora nel paradiso terrestre. |
|||
- A morire di noia. |
|||
- Vedi che cominci a capire? |
|||
"Allora Dio scese nel giardino dell’Eden e fece |
|||
cadere sull’uomo un sonno profondo. Poi gli tolse una |
|||
delle costole e richiuse la carne al suo posto. E Dio |
|||
costruì la costola, che aveva tolto all’uomo, formandone |
|||
una donna. Poi la condusse all’uomo. E quando l’uomo si |
|||
svegliò, si stropicciò gli occhi, vide quella nuova |
|||
creatura, la osservò con curiosità, s’accorse che anche lei |
|||
lo guardava meravigliato e alla fine, senza saperlo, disse: |
|||
"Questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia |
|||
carne! Costei si chiamerà donna... e che Dio ce la mandi |
|||
buona!". Sia lui che lei erano ignudi, continuavano a |
|||
guardarsi a vicenda, cominciarono a notare con sempre |
|||
maggiore interesse gli organi che li distinguevano e, |
|||
poiché Dio non aveva fornito loro alcuna spiegazione, |
|||
convinto che almeno a quello ci sarebbero arrivati da |
|||
16 |
|||
soli, cercavano di capire se, oltre alle ordinarie funzioni |
|||
corporali, quegli attributi potessero servire a |
|||
qualcos’altro". |
|||
- Poverini! Dagli il tempo di provare! |
|||
- Mi sa che non fanno in tempo. |
|||
- Caino e Abele però li faranno! |
|||
- Sì, ma dopo il casino del peccato originale. |
|||
"Come ben sapete - continuò a leggere Elafia, - il |
|||
primo atto della donna non fu quello di fare all’amore, |
|||
bensì di farsi confondere dal serpente, di cogliere il frutto |
|||
dall’albero proibito, di mangiarlo e di darne un boccone |
|||
anche ad Adamo. Ma il serpente - dice testualmente la |
|||
Bibbia - era la più astuta di tutte le fiere della steppa che |
|||
Dio aveva fatto, e disse alla donna: "E’ dunque vero che |
|||
Dio ha detto: non dovete mangiare di tutti gli alberi del |
|||
giardino?". Rispose la donna al serpente: "Dei frutti |
|||
degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del |
|||
frutto che sta nella parte interna del giardino Dio ha |
|||
detto: non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, |
|||
per paura che ne moriate". Ma il serpente disse alla |
|||
donna: "Voi non morirete affatto! Anzi Dio sa che nel |
|||
giorno in cui voi ne mangerete, si apriranno allora i |
|||
vostri occhi e diventerete come Dio, conoscitori del bene |
|||
e del male". |
|||
17 |
|||
5 |
|||
- Se la donna si è fatta confondere - precisò Elafia, - |
|||
Adamo ci è cascato come un allocco! |
|||
- Perché si è fidato! - replicò subito Encevaldo. - Qui, |
|||
a pensarci bene, ci sarebbe anche un altro insegnamento. |
|||
- Quale? |
|||
- Questo: mai fidarsi della donna. |
|||
- Invece dell’uomo... |
|||
- Lo conosci il proverbio cinese? |
|||
- Cioè? |
|||
- Quello che dice: "Quando la sera torni a casa, dai |
|||
subito una sberla alla moglie. Tu non sai perché, ma lei lo |
|||
sa". |
|||
- E tu lo condividi? |
|||
- Certamente! |
|||
- E lo faresti anche con me? |
|||
- Sei una donna fortunata: non sei nata in Cina. |
|||
Andiamo avanti nella lettura. |
|||
"Secondo me - proseguì Elafia - andò così: per |
|||
stimolare Adamo e la donna a fare ciò che Lui voleva, |
|||
Dio, che conosceva ogni meandro dei loro cervelli, ordinò |
|||
di proposito di non toccare quel frutto, sapendo che in tal |
|||
modo essi l’avrebbero sicuramente preso e mangiato. E |
|||
così fu. E l’uomo e la donna, senza rendersi conto di aver |
|||
ottenuto il più grande dono che potessero immaginare, |
|||
quello della conoscenza del bene e del male, ne subirono |
|||
immediatamente il primo effetto: si resero conto di aver |
|||
disobbedito, di aver fatto la prima cosa non buona, il |
|||
peccato originale. Si aprirono allora gli occhi di ambedue |
|||
e conobbero che essi erano nudi; perciò cucirono delle |
|||
foglie di fico e se ne fecero delle cinture. Poi avvertirono |
|||
18 |
|||
la presenza di Dio, che passeggiava nel giardino alla |
|||
brezza del giorno, e si nascosero dietro alcuni alberi. |
|||
Allora Dio chiamò l’uomo e gli disse: "Dove sei?". |
|||
Rispose: "Ho udito il tuo rumore nel giardino ed ho avuto |
|||
paura, perché io sono nudo e mi sono nascosto". Riprese: |
|||
"Chi ti ha indicato che eri nudo? Hai tu dunque mangiato |
|||
dell’albero del quale ti avevo comandato di non |
|||
mangiarne?". Rispose l’uomo: "La donna che tu hai |
|||
messo vicino a me, lei è stata a darmi dell’albero, e io ho |
|||
mangiato". E Dio disse alla donna: "Come hai fatto |
|||
questo?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha |
|||
ingannata, ed ho mangiato". Ora mettetevi un attimo nei |
|||
panni di Dio. Come poteva presentarsi a loro e dire: |
|||
"State tranquilli, vi ho messo alla prova della mela solo |
|||
perché voglio il vostro bene. Avrei intenzione di regalarvi |
|||
un sacco di problemi e di guai perché voglio finalmente |
|||
vedervi felici; vorrei che fatichiate duramente, ma solo |
|||
per farvi comprendere la soddisfazione del riposo e come |
|||
è saporito il pane guadagnato col sudore della fronte; che |
|||
soffriate un mare di pene, ma per liberarvi |
|||
dall’insopportabile noia dei vostri giorni; che vi |
|||
ammaliate di tanto in tanto e qualche volta anche |
|||
gravemente, ma soltanto per farvi apprezzare la gioia |
|||
della guarigione e della buona salute; che litighiate e |
|||
lottiate l’uno contro l’altra, perché possiate capire |
|||
l’importanza della pace e della grazia di Dio; che moriate |
|||
addirittura, perché solo così potrete apprezzare e godere |
|||
ogni istante della vita e capire finalmente quanto sia |
|||
grande il dono che vi ho fatto"? E magari avrebbe |
|||
aggiunto: "Allora, cosa ne pensate? Son certo che mi |
|||
capirete e mi ringrazierete". No, non l’avrebbero capito". |
|||
- Della morte, però, poteva farne anche a meno! |
|||
- Se al male corrisponde in egual misura il bene, al |
|||
19 |
|||
massimo male consegue il massimo bene. |
|||
- Sarà, ma non ne sono affatto convinta. |
|||
"Anzi Adamo, che si sentiva più innocente di Eva, si |
|||
sarebbe arrabbiato ed avrebbe detto alla donna: "Mi hai |
|||
messo proprio in un gran casino! Tu, donna, che sei stata |
|||
creata, grazie alla bontà divina, per farmi essere felice - |
|||
anche se non ho ancora capito come! - alla prima |
|||
tentazione di un lurido serpente ci sei subito cascata; e |
|||
come se non bastasse, la mela l’hai fatta mangiare anche |
|||
a me. Appena sei comparsa in questo mondo, mi hai fatto |
|||
perdere tutto il ben di Dio che mi era stato affidato. Ora, |
|||
grazie a te, siamo fregati. Lui dice che ci vuol regalare un |
|||
sacco di guai, che dobbiamo lavorare, soffrire e anche |
|||
morire perché solo così saremo felici. Io di regali di |
|||
questo genere ne faccio volentieri a meno, mi va bene |
|||
come sto. Fatteli dare a te, goditeli tu tutti quei guai, visto |
|||
che te li sei andati a cercare. A me il guaio più grosso me |
|||
lo ha già regalato nel momento in cui ti ha creato e ti ha |
|||
posto al mio fianco. Ma sai che ti dico? Io di te non so |
|||
proprio cosa farmene, quindi via, fuori dalle palle, |
|||
smammare". |
|||
- Sempre così gentili, voi uomini! |
|||
- Quando ci vuole, ci vuole. |
|||
"E la donna, che già si sentiva turlupinata dal |
|||
serpente ed ora anche fortemente offesa dalle pesanti |
|||
accuse dell’uomo, gli avrebbe risposto all’incirca così: |
|||
"Tanto per cominciare, sono io che me ne vado. Cosa ci |
|||
faccio con un biscaro come te? Possibile che ancora non |
|||
hai capito perché io e te siamo diversi? Te lo devo |
|||
spiegare io a cos’altro servono questi due meloni che ho |
|||
qui davanti, questo popò di grazia di Dio che ho sotto e |
|||
quel tuo coso lì sempre moscio? E quanto al resto, sei |
|||
biscaro due volte. Ma te lo sei chiesto il motivo per cui |
|||
20 |
|||
Dio ci ha proibito di mangiare quel frutto? Visto che non |
|||
ci arrivi, te lo spiego io: voleva che aprissimo gli occhi, |
|||
che ci rendessimo conto delle nostre azioni. Ringrazialo, |
|||
quindi, se ora anche noi si capisce qualcosa. Preferivi |
|||
rimanere imbecille come sei per tutta l’eternità? E se poi |
|||
Lui dice che ci vuol dare dei problemi, vuol dire che così |
|||
sarà meglio per noi. Ma pensi davvero di saperne più di |
|||
Lui? O bello, lo sai che ti dico? Visto come mi hai |
|||
trattato, io son pronta ad accettare la proposta di Dio |
|||
anche da sola; per lo meno se lavoro, ma lontano da te, |
|||
avrò la soddisfazione di sentirmi realizzata". |
|||
- Brava! - esclamò Elafia. |
|||
Encevaldo non rispose e la ragazza continuò a |
|||
leggere. |
|||
"Insomma, la donna che è sempre stata un pochino |
|||
più perspicace, forse in qualche modo, magari per |
|||
dispetto, ci sarebbe arrivata. L’uomo certamente no. Ma |
|||
le conseguenze sarebbero state disastrose: l’uomo e la |
|||
donna si sarebbero divisi, uno dentro e l’altra fuori, il |
|||
primo a non far niente e la seconda a lavorare, un po’ |
|||
come accade in Albania, e tutta l’umanità non si sarebbe |
|||
potuta formare, venendo così a mancare il compimento |
|||
del disegno divino già tracciato. Dio non poteva |
|||
permettere che questo accadesse, né poteva coinvolgere |
|||
l’uomo e la donna in una scelta ormai necessaria. Doveva |
|||
fare la parte dell’offeso e dimostrare di volergliela far |
|||
pagare sul serio. Non poteva non cacciarli entrambi dal |
|||
paradiso terrestre. Doveva far capire con chiarezza che |
|||
non stava scherzando, che non li amava più come prima e |
|||
che da quel giorno ogni cosa avrebbero dovuto |
|||
guadagnarsela sudando e soffrendo davvero, altrimenti il |
|||
piano sarebbe fallito ed essi sarebbero stati per sempre |
|||
apatici ed infelici. Non era abituato a dire parole pesanti |
|||
21 |
|||
e, per essere credibile, dovette mettercela tutta, ma alla |
|||
fine ci riuscì. Allora Dio disse al serpente: "Perché hai |
|||
fatto questo, maledetto sii tu tra tutto il bestiame e tra |
|||
tutte le fiere della steppa: sul tuo ventre dovrai |
|||
camminare e polvere dovrai mangiare per tutti i giorni |
|||
della tua vita...". Alla donna disse: "Farò numerose assai |
|||
le tue sofferenze e le tue gravidanze, con doglie dovrai |
|||
partorire figliuoli. E verso il tuo marito ti spingerà la tua |
|||
passione, ma lui vorrà dominare su te". E ad Adamo |
|||
disse: "Perché hai ascoltato la voce della tua moglie e |
|||
hai mangiato dell’albero... maledetto sia il suolo per |
|||
causa tua! Con affanno ne trarrai il nutrimento, per tutti i |
|||
giorni della tua vita. Spine e cardi farà spuntare per te, |
|||
mentre tu dovrai mangiare le graminacee della |
|||
campagna. Con il sudore della tua faccia mangerai pane, |
|||
finché tornerai nel suolo, perché da esso sei stato tratto, |
|||
perché polvere sei e in polvere devi tornare!". E così li |
|||
cacciò dal paradiso terrestre". |
|||
22 |
|||
6 |
|||
- Certo, Dio ci è andato giù duro! - osservò Elafia. |
|||
- Quel che conta è il risultato. Comunque è vero e, se |
|||
continui, vedrai che c’è anche scritto. |
|||
- Sì, c’è scritto. |
|||
"E anche se dopo s’accorse di avere un pochino |
|||
esagerato, tirò un profondo sospiro di sollievo: ora |
|||
l’uomo e la donna potevano soffrire in santa pace e |
|||
quindi essere finalmente anche soddisfatti e felici. A |
|||
questo punto, qualcuno di voi lettori si chiederà se era |
|||
proprio il caso di scomodare Dio per arrivare a |
|||
dimostrare un concetto che peraltro molti presuntuosi non |
|||
condivideranno. Se l’ho fatto, è evidente che ne valeva la |
|||
pena. Voi, infatti, molto spesso fate scorrere gli occhi |
|||
sulle pagine dei libri con estrema leggerezza, senza porre |
|||
la dovuta attenzione, senza meditare ed approfondire, |
|||
senza cogliere l’intrinseco significato del messaggio |
|||
proposto, magari col sorrisetto di chi ritiene di saperla |
|||
più lunga o lo sbadiglio di chi si è già scocciato, e spero |
|||
che non vi stiate comportando così anche in questa |
|||
occasione". |
|||
- Cos’è, un rimprovero? |
|||
- Anche. Ma è soprattutto una sorta di excusatio non |
|||
petita per aver chiamato in ballo Dio. |
|||
- E ne valeva davvero la pena? |
|||
- Non so. Quello che ho scritto ho scritto. |
|||
- Mi sembra di averlo già sentito dire. |
|||
- E’ una frase di Pilato. Quando gli chiesero perché |
|||
sul cartello apposto in cima alla croce di Cristo aveva |
|||
scritto "INRI - Jesus Nazarenus Rex Judeorum", rispose |
|||
con quella frase. |
|||
23 |
|||
"Non so - continuò a leggere Elafia - se vi siete resi |
|||
conto dell’importanza della scoperta che, grazie a Dio e |
|||
all’ispirazione che Lui ha voluto darmi, avete appena |
|||
fatto e che potrebbe cambiare il resto della vostra |
|||
esistenza. Ho ritenuto perciò che, solo chiamando in |
|||
causa Lui e raccontando a modo mio un fatto che è |
|||
riportato dalla Bibbia, voi sareste rimasti con la mente un |
|||
pochino più sveglia e il concetto che ho espresso sarebbe |
|||
stato meglio compreso. Avrete senz’altro capito, infatti, |
|||
che in questa pagina è scritta l’intuizione per la soluzione |
|||
di uno dei più grandi misteri dell’uomo: quello |
|||
dell’esistenza del male. Sì, proprio quel mistero che tanti |
|||
ingegni in ogni tempo hanno cercato inutilmente di |
|||
risolvere. Come potete constatare, dunque, il motivo |
|||
dell’esistenza del dolore e del male - e di conseguenza |
|||
della felicità e del bene - a questo punto non è più un |
|||
mistero. E quindi è più facile comprendere perché avesse |
|||
ragione il precettore Pangloss quando, senza essere |
|||
capito e venendo addirittura preso in giro, cercava di |
|||
spiegare al Candide di Voltaire che, a dispetto di tutte le |
|||
disgrazie e degli interminabili eventi calamitosi, il nostro |
|||
è e rimane il migliore dei mondi possibili". |
|||
- Chi è questo Pangloss? |
|||
- L’hai appena letto: il precettore di Candide. |
|||
- E chi era Candide? |
|||
- Un personaggio singolare inventato da Voltaire, uno |
|||
degli scrittori più intelligenti di tutti i tempi, secondo me. |
|||
Ma ti conviene finire di leggere, perché dovresti essere |
|||
molto vicina alla conclusione. |
|||
- E’ vero. |
|||
"Penso di essere stato chiaro. Naturalmente chi è |
|||
intelligente ha ben colto il senso di questa intuizione e ne |
|||
ha anche compreso l’enorme portata; chi invece ragiona |
|||
24 |
|||
come...... (il nome dell’imbecille - potrebbe essere uno di |
|||
quelli col paraocchi, quindi di sinistra! - può essere |
|||
aggiunto a penna a discrezione del lettore), è inutile che |
|||
continui a scervellarsi, non è affar suo". |
|||
- Che cavolo di discorso è questo? |
|||
- Solo una battuta per prendere un po’ in giro i miei |
|||
amici di sinistra. |
|||
- Sono tuoi amici? Non me n’ero accorta. |
|||
- Certo: amici avversari. |
|||
- Che significa? |
|||
- Significa che per me in politica non ci sono nemici, |
|||
ma solo persone che la pensano diversamente, amici |
|||
avversari da rispettare e da sconfiggere lealmente e con i |
|||
sistemi democratici. Non è un controsenso! |
|||
- Se lo dici tu. Intanto finisco di leggere. Vedo che |
|||
mancano solo poche righe. |
|||
"Lo sproloquio dovrebbe finire qui, ma c’è da |
|||
aggiungere un altro concetto molto importante, che |
|||
consegue da quanto detto sopra e che per poco non |
|||
dimenticavo. La conoscenza del bene e del male ha |
|||
comportato per l’uomo e la donna la possibilità di |
|||
"scegliere" tra il bene e il male. Ecco spiegato il libero |
|||
arbitrio. E’ evidente che se i nostri due fossero rimasti nel |
|||
paradiso terrestre, se nulla fosse cambiato rispetto ai |
|||
primi giorni di Adamo, se non fosse stata creata Eva e |
|||
non avesse commesso il peccato originale, se non |
|||
avessero mangiato il frutto dell’albero della conoscenza |
|||
del bene e del male, per l’uomo e la donna non ci sarebbe |
|||
mai stata la conquista di quel valore di gran lunga più |
|||
importante, il più grande dono di Dio: la libertà". |
|||
25 |
|||
7 |
|||
- Finito! - esclamò Elafia soddisfatta, posando i fogli |
|||
sul tavolo. |
|||
- Cosa ne pensi? - chiese con interesse Encevaldo. |
|||
- Cosa ne penso? - ripeté lei per guadagnare qualche |
|||
secondo e riflettere. - Penso che la cosa più azzeccata sia |
|||
il titolo. Sì. Secondo me, hai ragione tu: si tratta proprio di |
|||
uno sproloquio. |
|||
Encevaldo non ci rimase bene. |
|||
- A parte gli scherzi - proseguì Elafia, - il contenuto |
|||
potrebbe apparire offensivo nei confronti di Dio. Egli, |
|||
infatti, sembra trovarsi spesso in difficoltà: ragiona come |
|||
l’uomo e non come il Dio che sa tutto, non riesce a capire |
|||
i motivi dell’infelicità dell’uomo, prova inutilmente a |
|||
trovare dei rimedi. E alla fine, dopo il peccato originale, si |
|||
esprime con termini estremamente duri. |
|||
- Per quanto riguarda le dure parole di Dio - precisò |
|||
Encevaldo, - ti faccio semplicemente notare che esse sono |
|||
state prese pari pari dalla Bibbia, dal libro della Genesi. |
|||
La difficoltà a capire l’uomo e la sua apatia si spiega, |
|||
secondo me, dal fatto che il male è avulso da Dio e di |
|||
conseguenza poteva essere avulso anche il concetto che si |
|||
possa raggiungere la felicità mediante la conoscenza e la |
|||
prova della fatica e del dolore e quindi del male. |
|||
- Tu quindi sei davvero convinto che il male |
|||
dell’uomo non sia stato determinato solo dall’uomo, dal |
|||
suo libero arbitrio, dal suo egoismo, dal desiderio di |
|||
sentirsi pari a Dio, dal disobbedire alle leggi di Dio, ma |
|||
che sia stato Dio stesso a dargli la facoltà di viverlo e di |
|||
capirlo? |
|||
- Penso proprio così. Dal momento che mi parli di |
|||
26 |
|||
libero arbitrio, che significa essenzialmente capacità di |
|||
distinguere il bene dal male e libertà di scegliere tra il |
|||
bene e il male, hai già la risposta. Il libero arbitrio, facoltà |
|||
di giudizio e libertà di scelta, non può che essere |
|||
successivo alla conoscenza del bene e del male e quindi a |
|||
quello che viene definito il peccato originale. La |
|||
conoscenza del bene e del male è, a mio avviso, il più |
|||
importante dono di Dio, dal quale consegue, ancora per |
|||
bontà di Dio, il libero arbitrio, la libertà. |
|||
- Insomma qual’è, secondo te, il rapporto di Dio nei |
|||
confronti dell’uomo? |
|||
- Al di là di una lettura quasi paradossale e comunque |
|||
non ortodossa della Genesi, al di là dei presunti discorsi |
|||
coloriti di Adamo ed Eva, la sostanza del racconto biblico |
|||
deve essere incentrata sul grande amore che Dio ha per |
|||
l’uomo fin dalla sua creazione. Il fatto stesso che Dio si |
|||
sforzi di capire i problemi e i bisogni dell’uomo, concetto |
|||
oggettivamente offensivo, altro non vuol significare che il |
|||
desiderio di Dio di vedere l’uomo attivo e soddisfatto. |
|||
L’insegnamento che personalmente ne ho tratto si può |
|||
riassumere nel seguente concetto: "Dio ama l’uomo più di |
|||
ogni altra creatura, desidera che sia felice nella |
|||
consapevolezza e fa in modo che ciò accada". |
|||
- Nel tuo racconto, però, sembra che l’uomo ci faccia |
|||
proprio la figura del biscaro. E non mi rispondere che |
|||
deve essere giustificato perché era appena stato creato, e |
|||
sul principio anche viziato, e quindi non poteva avere |
|||
esperienza. |
|||
- Non ci passerà granché bene, ma tieni presente che |
|||
al centro dell’attenzione di Dio c’è proprio l’uomo. |
|||
- E la donna? |
|||
- Intanto è bene precisare che nel primo capitolo della |
|||
Genesi, quello che racconta i sei giorni della creazione del |
|||
27 |
|||
mondo, c’è scritto che, quando Dio creò l’essere umano, |
|||
lo fece maschio e femmina. Finalmente Dio disse: |
|||
"Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, |
|||
affinché possa dominare sui pesci del mare e sui volatili |
|||
del cielo, sul bestiame e sulle fiere della terra e fin su tutti |
|||
i rettili che strisciano sulla terra". E Dio creò gli uomini a |
|||
sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e |
|||
femmina li creò. Nel mio sproloquio la donna, rispetto |
|||
all’uomo, sembra più ragionevole e concreta, come di |
|||
fatto è, e diventa soprattutto strumento, sia pure |
|||
inconsapevole, dell’opera divina per la felicità non solo |
|||
sua e di Adamo, ma di tutto il genere umano che da essi |
|||
discenderà. |
|||
- Sembra quasi un trattato di teologia. |
|||
- Per carità! Questo sproloquio non ha la benché |
|||
minima pretesa di essere considerato una sorta di trattato. |
|||
Altrimenti che sproloquio sarebbe? Espone, però, un |
|||
concetto innovativo rispetto alla consueta interpretazione |
|||
del primo libro delle sacre scritture, che la Chiesa cattolica |
|||
non condivide ma che fa riflettere, e cioè: Dio non ha |
|||
punito l’uomo perché ha disobbedito ai suoi comandi o |
|||
comunque perché si è comportato male. Dio ha sempre |
|||
amato l’uomo ed ha creato le condizioni migliori per |
|||
renderlo artefice libero, consapevole e responsabile nel |
|||
suo cammino, necessariamente faticoso, verso la |
|||
conquista della felicità. Più di così, meglio di così, non era |
|||
fattibile. |
|||
- Ecco spiegato l’ottimismo di quel Pangloss! |
|||
- Brava! Non a caso è citato il Candide di Voltaire |
|||
nella parte che riguarda le convinzioni di Pangloss: dans |
|||
le meilleur des mondes possibles tout est au mieu et .les |
|||
choses ne peuvent etre autrement;, nonostante le |
|||
disgrazie, le guerre e le malattie, nonostante il male. Ed è |
|||
28 |
|||
proprio così, forse: senza la fatica non esiste la |
|||
soddisfazione, senza il male, senza la conoscenza, la dura |
|||
lotta e la sconfitta di esso, il bene, scopo della nostra vita |
|||
terrena e celeste, non ci sarebbe. Niente regali, dunque, |
|||
niente paradiso terrestre, ma la possibilità per l’uomo e la |
|||
donna, nella consapevolezza di ciò che è bene e ciò che è |
|||
male e nella libertà della scelta, di guadagnarsi |
|||
gradualmente la felicità. Dio premia la volontà di fare (Il |
|||
faut cultiver notre jardin) e di fare bene nella responsabile |
|||
libertà. E di conseguenza, mi viene da aggiungere, uno dei |
|||
peccati più odiosi diventa l’accidia. |
Versione delle 23:40, 5 apr 2006
DOMENICO RICCIO
Domenico Riccio è autore lucchese che ha già pubblicato le seguenti opere:
1) "Damnic", volume di liriche (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 1998);
2) "Nesso", volume di liriche (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 1991);
3) "I racconti dell'infanzia di Damnic", romanzo (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2003);
4) "Il seminarista", romanzo (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2004);
5) "La topa di Capannori", romanzo con l'introduzione del Ministro Altero Matteoli (Edizioni Biagini, Lucca 2005);
6) "La sfida di Fazzi", instant book (Litotipo S. Marco, Lucca 2005).
SPROLOQUIO
sul mistero dell’esistenza del male
e quindi anche del bene Lucca 2006
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- Aspettami un attimo, Ence - disse Elafia fermandosi
a riprendere fiato. - Non ce la faccio più!
Avevano fatto un salto a Pisa, la cittadina "vituperio
delle genti", conosciuta nel mondo per essere a circa
diciotto chilometri da Lucca, ed ora stavano montando in
fila indiana sulla torre "che pende, che pende e che mai
non vien giù".
Anche Encevaldo, che era davanti, si fermò e si girò
verso di lei.
- Dai, su! - gli fece con tono sostenuto, agitando la
mano per metterle fretta. - Non puoi mica bloccare tutta la
fila! Vedi quanta gente c’è dietro?
- Oh! - esclamò Elafia indispettita. - Se aspettano un
secondo non casca mica la torre!
- Che fai, vuoi portare iella? - la riprese Encevaldo.
Era la prima volta che lui visitava Pisa e saliva sulla
torre.
- E’ rimasta in piedi per quasi mille anni - aggiunse
Encevaldo toccandosi. - Non vorrai mica farla cascare
proprio oggi che ci siamo noi!
Si misero con le spalle al muro e fecero passare avanti
un po’ di gente. Dopo un paio di minuti ripresero a salire
ed Encevaldo si trovò casualmente dietro ad una gran
bella biondona nordica con una minigonna mozzafiato e le
mutandine bianche che si vedevano tutte.
Rimase incantato ad ammirare lo splendido panorama
che gli danzava proprio davanti al naso.
- Ma cosa guardi! - lo rimproverò Elafia, tirandolo per
un braccio.
- Eh! - fece Encevaldo, scuotendo la testa e senza
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togliere lo sguardo da quella grazia di Dio.
- Stalle ancora più addosso, mi raccomando! - disse
ancora Elafia, notando che Encevaldo era ormai con la
faccia a ridosso della minigonna della straniera. - Ti
dovesse scappar via!
Ad un tratto la vichinga si fermò e per poco
Encevaldo non batté con il naso sulle chiappe di lei.
Rimase fermo con la faccia a due centimetri dal sedere di
lei.
- Dai, visto che ci sei, baciale il culo! - esclamò con
voce aspra Elafia, che seguiva da dietro tutta la scena ed
aveva continuato a richiamare il suo ragazzo, il quale però
fingeva di non sentire.
Encevaldo non se lo fece ripetere e, prendendo alla
lettera le parole di Elafia, dette davvero un baciotto
schioccante sulla parte scoperta del sedere della biondona
nordica.
- Ma sei tutto scemo!? - sbraitò, con voce dura e
frenata, Elafia furibonda e imbarazzata, che fino ad un
attimo prima era convinta di avere a che fare con un
ragazzo più o meno serio.
Entrambi alzarono subito gli occhi per vedere la
reazione della bella straniera.
L’altissima vichinga si girò di scatto, guardò per un
attimo negli occhi stupefatti e rassegnati di Encevaldo, il
quale era lì pronto a beccarsi una sonorissima sberla o
anche di peggio, e inaspettatamente gli fece un bel sorriso.
Poi disse qualcosa d’incomprensibile ad una sua amica
che la precedeva e che rise ad alta voce, quindi riprese
tranquillamente a salire.
- Ma guarda figure! - esclamò Elafia, che sembrava
vergognarsi peggio di una ladra. - Ti rendi conto che...
- Questo, ragazza mia, significa essere emancipati! -
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sentenziò placidamente Encevaldo, interrompendo le
parole di lei, con un sorrisino compiaciuto sulle labbra. -
Perché le donne, dovresti saperlo, sono state create per
dare soddisfazione all’uomo ed io ora me ne son presa una
piccola piccola.
- Te, oggi, proprio non ti riconosco! - replicò quasi
rassegnata Elafia, che ancora non era riuscita ad assorbire
il disagio procurato dalla sconsideratezza del ragazzo.
- Ma tu - chiese invece lui - la Bibbia l’hai letta?
- Che c’incastra ora la Bibbia!?
- Come che c’incastra! - la rimbeccò Encevaldo. -
Non hai sempre detto di essere cattolica?
- E allora?
- Se sei cattolica, devi seguire gli insegnamenti della
Bibbia, no? La Genesi - aggiunse dopo tre secondi di
pausa. - Sai cos’è la Genesi?
- Certo che lo so.
- E sai anche cosa dice?
- Parla della creazione del mondo.
- E anche dell’uomo e poi della donna. E spiega con
chiarezza il motivo per cui questo popò di grazia di Dio è
stato creato.
Ed Encevaldo indicò con la mano le chiappe della
vichinga che continuavano a ballargli davanti agli occhi.
- Ma allora sei scemo sul serio! - esclamò Elafia con
furore. - La smetti di guardare il culo di quella lì?
- Non mi dire che sei gelosa! - rise Encevaldo. - E poi
dicono di quelli del sud!
- Certo, però, queste straniere... andare a giro così... -
commentò Elafia a bassa voce.
- Voi ragazze italiane siete ancora troppo indietro -
spiegò Encevaldo con tono sostenuto. - Non siete per
niente emancipate, non capite...
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- Grazie! - ribatté Elafia indispettita. - Sei gentile
come sempre!
- Ma torniamo alla nostra Bibbia - disse ancora
Encevaldo, riprendendo il ragionamento di poc’anzi.
- Senti, cocco, prima però si fa una cosa - lo
interruppe Elafia tirandolo per la maglia. Non ne poteva
più di vedere il suo Encevaldo che continuava a fissare le
chiappe della bionda stangona venuta dal nord. - Vado io
avanti e tu vieni dietro di me.
Ma anche così cambiava poco. Un gradino più in giù,
Encevaldo lo spettacolo lo vedeva ancora meglio, anche
se l’aveva un pochino più distante. Allora Elafia cominciò
a rallentare fino a che la biondona non scomparve dietro
l’angolo.
- Devo ammirare il tuo? - domandò Encevaldo.
- Perché, non ti piace?
- E’ che il tuo te lo tieni ben coperto.
Quel giorno Elafia indossava un paio di pantaloni, di
quelli comodi, non attillati.
- Però - aggiunse Encevaldo - ti sto guardando come
fossi nuda e...
- Ma la fai finita? - lo zittì lei. - Mi dici cosa ti è
preso, oggi?
- Allora - disse Encevaldo, fingendo di non dar peso
alle parole della sua ragazza e riprendendo flemmatico il
discorso di prima, - dove eravamo rimasti? Ecco, già, si
parlava della Genesi e della creazione dell’uomo e della
donna. Li conosci, no, i motivi per cui la donna è stata
creata? C’è scritto con chiarezza.
- E cosa ci sarebbe scritto?
- Allora non l’hai letta!
- E’ per questo che ti sto chiedendo di spiegarmelo -
ribadì Elafia con quel poco di pazienza che ancora le
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restava.
- Be’, visto che me lo chiedi, una mano potrei anche
dartela - acconsentì Encevaldo. - Tra l’altro ho anche
scritto qualcosa sull’argomento. Anzi, se ci tieni, te lo
faccio leggere, così si fa prima. Per la verità il problema
che tratto è un altro, ma anche il motivo della creazione
della donna è parte fondamentale del mio sproloquio.
- Sproloquio? - ripeté Elafia, un pochino incuriosita.
- Sì. Si intitola proprio sproloquio. Non ti piace?
- Mah!
- Anzi, per essere più precisi, il titolo completo è
questo: "Sproloquio sul mistero dell’esistenza del male e
quindi anche del bene".
- E cosa vuol dire?
- E’ la dimostrazione logica del motivo per cui esiste
il male e...
- Non mi dire che hai scritto - lo interruppe Elafia,
che credette di avere intuito qualcosa, - che la donna è la
causa di tutti i mali!
- Più o meno ci sei, ma non è come pensi. Diciamo
che Eva è servita allo scopo e quindi, commettendo il
peccato originale e facendolo commettere anche ad
Adamo, ha contribuito alla rovina dell’uomo e quindi alla
sua felicità... e naturalmente anche a quella della donna.
- Non ti seguo più - si arrese Elafia, tirando nel
contempo un sospiro di sollievo. - Poi me lo spieghi
meglio. Guarda che panorama!
Erano finalmente arrivati in cima alla torre.
- Dopo te lo faccio leggere. Il testo é chiarissimo.
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Avevano appena attraversato la galleria che delimita il
confine tra le province di Lucca e Pisa e scendevano con
l’auto verso Santa Maria del Giudice, nel verde territorio
lucchese.
Encevaldo guardò Elafia e le fece un sorriso.
- Oggi ti sei divertita un mondo sulla torre, vero? - le
chiese.
- Sei stato scemo forte con quella lì! - disse Elafia,
che rivide la scena dentro di sé. - Ma come ti è saltato in
mente di baciarla proprio lì?
- Bacetto innocentissimo fu! - si difese Encevaldo,
con un finto accento siciliano. - Lei che è del nord lo ha
capito subito e mi ha anche sorriso. E poi, scusa, non sei
stata tu a dirmelo?
- Con te bisogna stare attenti alle parole... non si può
neanche...
- Vuoi proprio sapere perché l’ho fatto? - interruppe
Encevaldo con voce allegra e suadente.
- Sono proprio curiosa.
- L’ho fatto perché ero felice. Felice di stare con te, di
farti arrabbiare, di farti ingelosire, di fare una mattata, di...
- Allora vuoi sapere un’altra cosa? - interruppe a sua
volta Elafia, poggiando la sua mano su quella di
Encevaldo. - Anch’io mi sento felice come non sono mai
stata. Felice di stare con te, di vederti fare lo scemo, di
sentirti dire sciocchezze.
Encevaldo prese nella sua la mano della ragazza e la
strinse.
- Certo - aggiunse Elafia con soddisfazione. - Dopo
tutti i guai che mi sono capitati, mi ci voleva proprio un
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matto come te che mi facesse star bene...
La vita di Elafia era stata molto travagliata. Rimasta
orfana di mamma a soli dieci anni e con un padre che si
ritirava a casa quasi sempre ubriaco, aveva sofferto
davvero tanto. A vent’anni, poi, aveva deciso di andar via
di casa e si era stabilita a Lucca, dove faceva l’impiegata e
viveva da sola in un piccolo appartamento del centro
storico. Quindi aveva conosciuto Encevaldo, si era
innamorata di lui e la sua vita sembrava cambiata.
- Vedi che ho ragione io? - disse Encevaldo. - Se nella
vita non ci fossero i guai, non ci sarebbe neanche la
felicità. Dopo la tempesta viene il sole, dopo la notte il
giorno, dopo i problemi le soddisfazioni, e viceversa. Ci
vuole sia il male che il bene; o meglio, è proprio il male
che fa capire ed apprezzare il bene, altrimenti non si
darebbe peso a niente e ...
- Che fai, il filosofo? - lo interruppe Elafia.
- La filosofia mi è sempre piaciuta - rispose
Encevaldo, - ma questo me l’ha insegnato la vita.
- A pensarci bene, in effetti - ammise la ragazza dopo
un attimo di riflessione, - tutti i torti non li hai. Chi ha
sofferto, chi ha fatto una vita dura come la mia, le gioie
dopo le apprezza di più.
- E’ la tesi del mio sproloquio - confermò Encevaldo
soddisfatto.
- Sono proprio curiosa di leggerlo codesto tuo
sproloquio.
- Appena arriviamo a Lucca. Così imparerai che la
donna è stata creata per far felice l’uomo e...
- Rivuoi litigare?
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Entrarono nel centro storico di Lucca da porta Santa
Maria. Attraversata la piazza, raggiunsero in un baleno la
via dei Borghi, parcheggiarono l’auto accanto alla chiesa
di San Leonardo e, mano nella mano, si diressero verso la
casa di Encevaldo, che era lì a due passi.
Fatte le scale, entrarono ed Encevaldo abbracciò
Elafia. Le bocche si cercarono e si unirono.
- Ma non dovevi farmi leggere il tuo sproloquio? -
chiese ad un tratto la ragazza, staccando le labbra.
- Hai ragione. Ogni promessa è debito.
Encevaldo raggiunse uno scaffale, prese una cartella e
tirò fuori alcuni fogli dattiloscritti.
- Ecco lo sproloquio - disse, porgendoli ad Elafia.
Lei li prese e iniziò a leggere ad alta voce.
"Sproloquio sul mistero dell’esistenza del male e
quindi anche del bene".
- Ma lo devo proprio leggere tutto? - fece Elafia,
interrompendosi subito e alzando gli occhi verso
Encevaldo. - Mi sembrano tante pagine.
- Non sono molte.
Elafia riprese a leggere.
"Nessuno pensi che la vita sia bella senza problemi.
Una vita senza problemi, per noi, fortunati abitanti di
questo mondo, non è neppure prevista, perché Dio, nostro
creatore e padre premuroso, così ha voluto per il nostro
bene. Il problema, dunque, non è quello di avere o meno
problemi, perché per fortuna ci sono, ma di renderci
conto che proprio essi sono la causa delle nostre
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soddisfazioni e dobbiamo ringraziare Dio per averceli
concessi".
- Ma che dici! - fece Elafia. - Dobbiamo ringraziare
Dio perché ci ha creato i problemi? Magari potessimo
avere una vita senza problemi!
- Sarebbe una vita inutile - disse tranquillo Encevaldo.
- Invece sarebbe meraviglioso. E poi come fai a dire
che è stato Dio a darci i problemi? Non ce li siamo creati
da soli?
- Mi sembra che tu faccia troppe domande. Vai avanti
e capirai da sola.
"In principio - continuò a leggere Elafia - Dio creò
l’uomo senza problemi, lo chiamò Adamo, lo pose nel
paradiso terrestre e pensò d’aver fatto cosa buona. Ma
l’uomo, com’è noto, dopo aver dato il nome alle cose e
agli animali, così come gli aveva detto Dio in persona,
cominciò ad annoiarsi e non era affatto felice. Dio se ne
avvide e si preoccupò. "Gli ho creato il cielo - diceva tra
sé - con il sole per il giorno e la luna e le stelle per la
notte, il mare che trabocca di pesci, la terra colma di
animali e di piante, poi ho fatto lui a mia immagine e
somiglianza, gli ho dato la vita e l’ho posto in questo
paradiso dove nulla gli manca e dove tutto è a sua
disposizione, perché dunque non è soddisfatto?". Per un
attimo pensò di discutere del problema proprio con
Adamo, oppure con gli angeli (chi altri c’era?); perché
spesso da quelli che meno te l’aspetti...! Poi, però,
pensando alle conseguenze per la sua immagine, "per
l’amor di Dio! ", esclamò e non ne fece di nulla".
- Descrivi Dio come se fosse un uomo! - commentò
Elafia. - Un Dio che crea l’uomo, poi lo vede giù di corda
... e pensare che lo aveva fatto senza problemi! ... e non
riesce a capire perché e si preoccupa di lui.
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- Proprio così. E’ un padre premuroso.
"Non gli rimaneva - proseguì Elafia - che leggere nei
pensieri dell’uomo. Lo fece e vide che Adamo era abulico
e sciatto, aveva una sorta di cervello piatto. Non solo non
era felice, ma non faceva niente per esserlo. E non se ne
comprendevano neanche i motivi: se ne stava lì in
disparte, solo, apatico e non sapeva neanche lui cosa
volesse. Dio, però, voleva troppo bene all’uomo, lo
considerava suo figlio, non sopportava di vederlo così,
doveva fare qualcosa".
- E a questo punto, ci scommetto, gli creò la donna! -
esclamò Elafia.
- Non ancora - precisò Encevaldo.
Elafia riprese a leggere lo sproloquio.
"E cercò di dargli una mano. Allora - è scritto nella
Bibbia - Dio modellò, ancora dal terreno, tutte le fiere
della steppa e tutti i volatili del cielo e li condusse
all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati: in
qualunque modo l’uomo avesse chiamato gli esseri
viventi, quello doveva essere il loro nome. Ne fece di
grandi e di piccoli, di brutti e di belli, di simpatici e di
antipatici. Appena creati, li conduceva all’uomo affinché
egli li conoscesse, li chiamasse per nome, ci facesse
amicizia e fosse con essi felice. Ma Adamo li guardava
senza entusiasmo, metteva ad essi il primo nome che gli
passava per la mente e, poiché non era attratto più di
tanto da essi, si riponeva sdraiato una volta sotto una
quercia e una volta sotto un ulivo, staccava i petali
bianchi di una margherita, adocchiava distratto una
foglia d’edera e un minuscolo garofano, capitati lì per
caso, e si rigirava dall’altra parte più annoiato che mai".
- Parli di Adamo come se si trattasse di Romano
Prodi! - disse Elafia alzando gli occhi e facendo un lieve
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sorriso.
- Vedo che sei una buona osservatrice.
- Ma visto che c’eri, perché non ci hai messo anche
una falce ed un martello, così facevi tutto il centrosinistra?
Anche Encevaldo sorrise.
"Un giorno Dio - continuò a leggere Elafia, -
guardando da lontano sotto la solita quercia, vide
finalmente che l’uomo si era alzato e si dimenava tutto:
sembrava giocasse con notevole interesse. Poi,
avvicinatosi, capì che purtroppo la cosa era diversa. Non
solo Adamo non si stava divertendo, ma, al contrario, era
nervosissimo. Agitava le mani non certo per giocare, ma
per scacciare gli ultimi, fastidiosissimi insetti che Lui gli
aveva creato: le mosche e le zanzare".
- La storiella delle mosche e delle zanzare -
commentò Elafia - non mi sembra un granché. Potevi
farne a meno, anche per rispetto nei confronti di Dio.
- Hai ragione. La cancellerò.
"Il tempo passava e l’uomo continuava ad annoiarsi.
Dio allora cominciò quasi a perdere la pazienza. "Ho
impiegato solo una settimana per fare l’intero creato -
disse dopo un paio di mesi, - ho donato tutto questo ben di
Dio all’uomo che non lo apprezza per niente ed ora, dopo
così tanto tempo, non mi riesce di trovare una soluzione
per renderlo felice. Rimane però sempre la mia migliore
creatura, l’unica creata a mia immagine e somiglianza,
anche se sembra che mi somigli così poco. Comunque
prima o poi ne verrò a capo e grande sarà la mia
soddisfazione". E rimase a riflettere".
- Dio perde anche la pazienza?
- L’ha persa un sacco di volte da quando ha creato
l’uomo. Pensa alla cacciata dal paradiso terrestre, alla
torre di Babele, alla schiavitù del popolo eletto prima a
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Babilonia e poi in Egitto o, peggio ancora, al diluvio
universale.
- Già!
"Per non farvela troppo lunga, vi dico subito che fu
proprio quest’ultimo concetto a condurlo verso la divina,
risolutiva intuizione: la soddisfazione deriva proprio dal
problema, dalla sua soluzione, il gusto del riposo è
causato dalla stanchezza, la gioia proviene dal dolore, la
felicità dall’angoscia e così via. Il segreto era tutto lì".
- E infatti ora anch’io sono stanca di stare in piedi e se
mi metto a sedere provo una bella soddisfazione.
- Hai ragione. Mettiamoci a sedere.
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Si sedettero entrambi sul divano ed Elafia riprese a
leggere.
"Adamo conosceva solo la noia, perché aveva tutto e
non doveva far nulla. Come faceva a gioire, se mai aveva
sofferto? Come poteva apprezzare la vita, la salute, la
bellezza e tutti i doni che Dio gli aveva fatto, se non
conosceva la privazione, la malattia, il dolore, la fatica?
Se a un figlio concedi ogni cosa, egli non apprezza nulla.
Senza dolore non c’è gioia, senza patimento non c’è
felicità, senza male non c’è bene".
- Ma, insomma, la donna la fa o non la fa?
- Tra poco farà anche la donna, così sarai contenta -
rispose Encevaldo. - Ma condividi o no quello che hai
appena letto?
- Non so. Se ci tieni a saperlo, io sono ancora convinta
che la vita sarebbe tanto più bella se non esistessero le
cose brutte.
- Dici così perché di cose brutte ne conosci già tante e
di conseguenza ti farebbe piacere avere solo momenti
belli. Ma mettiti un attimo nei panni di Adamo: lui era
appena stato creato, non aveva alle spalle un mondo di
nefandezze, non aveva esperienze di vita negative, non
sapeva cos’era il dolore, ciò che era bene e ciò che era
male e si annoiava proprio per questo.
- Mi vorresti convincere che è meglio se si hanno
problemi e sofferenze?
- No. Vorrei farti capire che se non ci fossero
problemi e sofferenze, non ci sarebbero neanche le gioie e
le soddisfazioni.
Elafia lo guardò per un attimo senza parlare e poi
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riprese a leggere.
"E logicamente, più grandi sono le privazioni e i
problemi e maggiori le possibili conseguenti
soddisfazioni. Adamo, dunque, per essere felice aveva
bisogno di problemi, di un sacco di problemi, e il Signore
decise di aiutarlo. E poiché gli voleva davvero un gran
bene e desiderava che gioisse alla grande, cominciò col
regalargli il problema più grosso, quello capace di
generare a catena un mare di possibili problemi, e gli
creò la donna".
- Oh, eccola finalmente!
- Sei contenta?
- Immaginavo che avresti scritto così. La donna è
dunque per te il problema più grosso che genera problemi
a catena? Vorrei vedervi voi uomini senza le donne!
- Saremmo ancora nel paradiso terrestre.
- A morire di noia.
- Vedi che cominci a capire?
"Allora Dio scese nel giardino dell’Eden e fece
cadere sull’uomo un sonno profondo. Poi gli tolse una
delle costole e richiuse la carne al suo posto. E Dio
costruì la costola, che aveva tolto all’uomo, formandone
una donna. Poi la condusse all’uomo. E quando l’uomo si
svegliò, si stropicciò gli occhi, vide quella nuova
creatura, la osservò con curiosità, s’accorse che anche lei
lo guardava meravigliato e alla fine, senza saperlo, disse:
"Questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia
carne! Costei si chiamerà donna... e che Dio ce la mandi
buona!". Sia lui che lei erano ignudi, continuavano a
guardarsi a vicenda, cominciarono a notare con sempre
maggiore interesse gli organi che li distinguevano e,
poiché Dio non aveva fornito loro alcuna spiegazione,
convinto che almeno a quello ci sarebbero arrivati da
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soli, cercavano di capire se, oltre alle ordinarie funzioni
corporali, quegli attributi potessero servire a
qualcos’altro".
- Poverini! Dagli il tempo di provare!
- Mi sa che non fanno in tempo.
- Caino e Abele però li faranno!
- Sì, ma dopo il casino del peccato originale.
"Come ben sapete - continuò a leggere Elafia, - il
primo atto della donna non fu quello di fare all’amore,
bensì di farsi confondere dal serpente, di cogliere il frutto
dall’albero proibito, di mangiarlo e di darne un boccone
anche ad Adamo. Ma il serpente - dice testualmente la
Bibbia - era la più astuta di tutte le fiere della steppa che
Dio aveva fatto, e disse alla donna: "E’ dunque vero che
Dio ha detto: non dovete mangiare di tutti gli alberi del
giardino?". Rispose la donna al serpente: "Dei frutti
degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del
frutto che sta nella parte interna del giardino Dio ha
detto: non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare,
per paura che ne moriate". Ma il serpente disse alla
donna: "Voi non morirete affatto! Anzi Dio sa che nel
giorno in cui voi ne mangerete, si apriranno allora i
vostri occhi e diventerete come Dio, conoscitori del bene
e del male".
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- Se la donna si è fatta confondere - precisò Elafia, -
Adamo ci è cascato come un allocco!
- Perché si è fidato! - replicò subito Encevaldo. - Qui,
a pensarci bene, ci sarebbe anche un altro insegnamento.
- Quale?
- Questo: mai fidarsi della donna.
- Invece dell’uomo...
- Lo conosci il proverbio cinese?
- Cioè?
- Quello che dice: "Quando la sera torni a casa, dai
subito una sberla alla moglie. Tu non sai perché, ma lei lo
sa".
- E tu lo condividi?
- Certamente!
- E lo faresti anche con me?
- Sei una donna fortunata: non sei nata in Cina.
Andiamo avanti nella lettura.
"Secondo me - proseguì Elafia - andò così: per
stimolare Adamo e la donna a fare ciò che Lui voleva,
Dio, che conosceva ogni meandro dei loro cervelli, ordinò
di proposito di non toccare quel frutto, sapendo che in tal
modo essi l’avrebbero sicuramente preso e mangiato. E
così fu. E l’uomo e la donna, senza rendersi conto di aver
ottenuto il più grande dono che potessero immaginare,
quello della conoscenza del bene e del male, ne subirono
immediatamente il primo effetto: si resero conto di aver
disobbedito, di aver fatto la prima cosa non buona, il
peccato originale. Si aprirono allora gli occhi di ambedue
e conobbero che essi erano nudi; perciò cucirono delle
foglie di fico e se ne fecero delle cinture. Poi avvertirono
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la presenza di Dio, che passeggiava nel giardino alla
brezza del giorno, e si nascosero dietro alcuni alberi.
Allora Dio chiamò l’uomo e gli disse: "Dove sei?".
Rispose: "Ho udito il tuo rumore nel giardino ed ho avuto
paura, perché io sono nudo e mi sono nascosto". Riprese:
"Chi ti ha indicato che eri nudo? Hai tu dunque mangiato
dell’albero del quale ti avevo comandato di non
mangiarne?". Rispose l’uomo: "La donna che tu hai
messo vicino a me, lei è stata a darmi dell’albero, e io ho
mangiato". E Dio disse alla donna: "Come hai fatto
questo?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha
ingannata, ed ho mangiato". Ora mettetevi un attimo nei
panni di Dio. Come poteva presentarsi a loro e dire:
"State tranquilli, vi ho messo alla prova della mela solo
perché voglio il vostro bene. Avrei intenzione di regalarvi
un sacco di problemi e di guai perché voglio finalmente
vedervi felici; vorrei che fatichiate duramente, ma solo
per farvi comprendere la soddisfazione del riposo e come
è saporito il pane guadagnato col sudore della fronte; che
soffriate un mare di pene, ma per liberarvi
dall’insopportabile noia dei vostri giorni; che vi
ammaliate di tanto in tanto e qualche volta anche
gravemente, ma soltanto per farvi apprezzare la gioia
della guarigione e della buona salute; che litighiate e
lottiate l’uno contro l’altra, perché possiate capire
l’importanza della pace e della grazia di Dio; che moriate
addirittura, perché solo così potrete apprezzare e godere
ogni istante della vita e capire finalmente quanto sia
grande il dono che vi ho fatto"? E magari avrebbe
aggiunto: "Allora, cosa ne pensate? Son certo che mi
capirete e mi ringrazierete". No, non l’avrebbero capito".
- Della morte, però, poteva farne anche a meno!
- Se al male corrisponde in egual misura il bene, al
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massimo male consegue il massimo bene.
- Sarà, ma non ne sono affatto convinta.
"Anzi Adamo, che si sentiva più innocente di Eva, si
sarebbe arrabbiato ed avrebbe detto alla donna: "Mi hai
messo proprio in un gran casino! Tu, donna, che sei stata
creata, grazie alla bontà divina, per farmi essere felice -
anche se non ho ancora capito come! - alla prima
tentazione di un lurido serpente ci sei subito cascata; e
come se non bastasse, la mela l’hai fatta mangiare anche
a me. Appena sei comparsa in questo mondo, mi hai fatto
perdere tutto il ben di Dio che mi era stato affidato. Ora,
grazie a te, siamo fregati. Lui dice che ci vuol regalare un
sacco di guai, che dobbiamo lavorare, soffrire e anche
morire perché solo così saremo felici. Io di regali di
questo genere ne faccio volentieri a meno, mi va bene
come sto. Fatteli dare a te, goditeli tu tutti quei guai, visto
che te li sei andati a cercare. A me il guaio più grosso me
lo ha già regalato nel momento in cui ti ha creato e ti ha
posto al mio fianco. Ma sai che ti dico? Io di te non so
proprio cosa farmene, quindi via, fuori dalle palle,
smammare".
- Sempre così gentili, voi uomini!
- Quando ci vuole, ci vuole.
"E la donna, che già si sentiva turlupinata dal
serpente ed ora anche fortemente offesa dalle pesanti
accuse dell’uomo, gli avrebbe risposto all’incirca così:
"Tanto per cominciare, sono io che me ne vado. Cosa ci
faccio con un biscaro come te? Possibile che ancora non
hai capito perché io e te siamo diversi? Te lo devo
spiegare io a cos’altro servono questi due meloni che ho
qui davanti, questo popò di grazia di Dio che ho sotto e
quel tuo coso lì sempre moscio? E quanto al resto, sei
biscaro due volte. Ma te lo sei chiesto il motivo per cui
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Dio ci ha proibito di mangiare quel frutto? Visto che non
ci arrivi, te lo spiego io: voleva che aprissimo gli occhi,
che ci rendessimo conto delle nostre azioni. Ringrazialo,
quindi, se ora anche noi si capisce qualcosa. Preferivi
rimanere imbecille come sei per tutta l’eternità? E se poi
Lui dice che ci vuol dare dei problemi, vuol dire che così
sarà meglio per noi. Ma pensi davvero di saperne più di
Lui? O bello, lo sai che ti dico? Visto come mi hai
trattato, io son pronta ad accettare la proposta di Dio
anche da sola; per lo meno se lavoro, ma lontano da te,
avrò la soddisfazione di sentirmi realizzata".
- Brava! - esclamò Elafia.
Encevaldo non rispose e la ragazza continuò a
leggere.
"Insomma, la donna che è sempre stata un pochino
più perspicace, forse in qualche modo, magari per
dispetto, ci sarebbe arrivata. L’uomo certamente no. Ma
le conseguenze sarebbero state disastrose: l’uomo e la
donna si sarebbero divisi, uno dentro e l’altra fuori, il
primo a non far niente e la seconda a lavorare, un po’
come accade in Albania, e tutta l’umanità non si sarebbe
potuta formare, venendo così a mancare il compimento
del disegno divino già tracciato. Dio non poteva
permettere che questo accadesse, né poteva coinvolgere
l’uomo e la donna in una scelta ormai necessaria. Doveva
fare la parte dell’offeso e dimostrare di volergliela far
pagare sul serio. Non poteva non cacciarli entrambi dal
paradiso terrestre. Doveva far capire con chiarezza che
non stava scherzando, che non li amava più come prima e
che da quel giorno ogni cosa avrebbero dovuto
guadagnarsela sudando e soffrendo davvero, altrimenti il
piano sarebbe fallito ed essi sarebbero stati per sempre
apatici ed infelici. Non era abituato a dire parole pesanti
21
e, per essere credibile, dovette mettercela tutta, ma alla
fine ci riuscì. Allora Dio disse al serpente: "Perché hai
fatto questo, maledetto sii tu tra tutto il bestiame e tra
tutte le fiere della steppa: sul tuo ventre dovrai
camminare e polvere dovrai mangiare per tutti i giorni
della tua vita...". Alla donna disse: "Farò numerose assai
le tue sofferenze e le tue gravidanze, con doglie dovrai
partorire figliuoli. E verso il tuo marito ti spingerà la tua
passione, ma lui vorrà dominare su te". E ad Adamo
disse: "Perché hai ascoltato la voce della tua moglie e
hai mangiato dell’albero... maledetto sia il suolo per
causa tua! Con affanno ne trarrai il nutrimento, per tutti i
giorni della tua vita. Spine e cardi farà spuntare per te,
mentre tu dovrai mangiare le graminacee della
campagna. Con il sudore della tua faccia mangerai pane,
finché tornerai nel suolo, perché da esso sei stato tratto,
perché polvere sei e in polvere devi tornare!". E così li
cacciò dal paradiso terrestre".
22
6
- Certo, Dio ci è andato giù duro! - osservò Elafia.
- Quel che conta è il risultato. Comunque è vero e, se
continui, vedrai che c’è anche scritto.
- Sì, c’è scritto.
"E anche se dopo s’accorse di avere un pochino
esagerato, tirò un profondo sospiro di sollievo: ora
l’uomo e la donna potevano soffrire in santa pace e
quindi essere finalmente anche soddisfatti e felici. A
questo punto, qualcuno di voi lettori si chiederà se era
proprio il caso di scomodare Dio per arrivare a
dimostrare un concetto che peraltro molti presuntuosi non
condivideranno. Se l’ho fatto, è evidente che ne valeva la
pena. Voi, infatti, molto spesso fate scorrere gli occhi
sulle pagine dei libri con estrema leggerezza, senza porre
la dovuta attenzione, senza meditare ed approfondire,
senza cogliere l’intrinseco significato del messaggio
proposto, magari col sorrisetto di chi ritiene di saperla
più lunga o lo sbadiglio di chi si è già scocciato, e spero
che non vi stiate comportando così anche in questa
occasione".
- Cos’è, un rimprovero?
- Anche. Ma è soprattutto una sorta di excusatio non
petita per aver chiamato in ballo Dio.
- E ne valeva davvero la pena?
- Non so. Quello che ho scritto ho scritto.
- Mi sembra di averlo già sentito dire.
- E’ una frase di Pilato. Quando gli chiesero perché
sul cartello apposto in cima alla croce di Cristo aveva
scritto "INRI - Jesus Nazarenus Rex Judeorum", rispose
con quella frase.
23
"Non so - continuò a leggere Elafia - se vi siete resi
conto dell’importanza della scoperta che, grazie a Dio e
all’ispirazione che Lui ha voluto darmi, avete appena
fatto e che potrebbe cambiare il resto della vostra
esistenza. Ho ritenuto perciò che, solo chiamando in
causa Lui e raccontando a modo mio un fatto che è
riportato dalla Bibbia, voi sareste rimasti con la mente un
pochino più sveglia e il concetto che ho espresso sarebbe
stato meglio compreso. Avrete senz’altro capito, infatti,
che in questa pagina è scritta l’intuizione per la soluzione
di uno dei più grandi misteri dell’uomo: quello
dell’esistenza del male. Sì, proprio quel mistero che tanti
ingegni in ogni tempo hanno cercato inutilmente di
risolvere. Come potete constatare, dunque, il motivo
dell’esistenza del dolore e del male - e di conseguenza
della felicità e del bene - a questo punto non è più un
mistero. E quindi è più facile comprendere perché avesse
ragione il precettore Pangloss quando, senza essere
capito e venendo addirittura preso in giro, cercava di
spiegare al Candide di Voltaire che, a dispetto di tutte le
disgrazie e degli interminabili eventi calamitosi, il nostro
è e rimane il migliore dei mondi possibili".
- Chi è questo Pangloss?
- L’hai appena letto: il precettore di Candide.
- E chi era Candide?
- Un personaggio singolare inventato da Voltaire, uno
degli scrittori più intelligenti di tutti i tempi, secondo me.
Ma ti conviene finire di leggere, perché dovresti essere
molto vicina alla conclusione.
- E’ vero.
"Penso di essere stato chiaro. Naturalmente chi è
intelligente ha ben colto il senso di questa intuizione e ne
ha anche compreso l’enorme portata; chi invece ragiona
24
come...... (il nome dell’imbecille - potrebbe essere uno di
quelli col paraocchi, quindi di sinistra! - può essere
aggiunto a penna a discrezione del lettore), è inutile che
continui a scervellarsi, non è affar suo".
- Che cavolo di discorso è questo?
- Solo una battuta per prendere un po’ in giro i miei
amici di sinistra.
- Sono tuoi amici? Non me n’ero accorta.
- Certo: amici avversari.
- Che significa?
- Significa che per me in politica non ci sono nemici,
ma solo persone che la pensano diversamente, amici
avversari da rispettare e da sconfiggere lealmente e con i
sistemi democratici. Non è un controsenso!
- Se lo dici tu. Intanto finisco di leggere. Vedo che
mancano solo poche righe.
"Lo sproloquio dovrebbe finire qui, ma c’è da
aggiungere un altro concetto molto importante, che
consegue da quanto detto sopra e che per poco non
dimenticavo. La conoscenza del bene e del male ha
comportato per l’uomo e la donna la possibilità di
"scegliere" tra il bene e il male. Ecco spiegato il libero
arbitrio. E’ evidente che se i nostri due fossero rimasti nel
paradiso terrestre, se nulla fosse cambiato rispetto ai
primi giorni di Adamo, se non fosse stata creata Eva e
non avesse commesso il peccato originale, se non
avessero mangiato il frutto dell’albero della conoscenza
del bene e del male, per l’uomo e la donna non ci sarebbe
mai stata la conquista di quel valore di gran lunga più
importante, il più grande dono di Dio: la libertà".
25
7
- Finito! - esclamò Elafia soddisfatta, posando i fogli
sul tavolo.
- Cosa ne pensi? - chiese con interesse Encevaldo.
- Cosa ne penso? - ripeté lei per guadagnare qualche
secondo e riflettere. - Penso che la cosa più azzeccata sia
il titolo. Sì. Secondo me, hai ragione tu: si tratta proprio di
uno sproloquio.
Encevaldo non ci rimase bene.
- A parte gli scherzi - proseguì Elafia, - il contenuto
potrebbe apparire offensivo nei confronti di Dio. Egli,
infatti, sembra trovarsi spesso in difficoltà: ragiona come
l’uomo e non come il Dio che sa tutto, non riesce a capire
i motivi dell’infelicità dell’uomo, prova inutilmente a
trovare dei rimedi. E alla fine, dopo il peccato originale, si
esprime con termini estremamente duri.
- Per quanto riguarda le dure parole di Dio - precisò
Encevaldo, - ti faccio semplicemente notare che esse sono
state prese pari pari dalla Bibbia, dal libro della Genesi.
La difficoltà a capire l’uomo e la sua apatia si spiega,
secondo me, dal fatto che il male è avulso da Dio e di
conseguenza poteva essere avulso anche il concetto che si
possa raggiungere la felicità mediante la conoscenza e la
prova della fatica e del dolore e quindi del male.
- Tu quindi sei davvero convinto che il male
dell’uomo non sia stato determinato solo dall’uomo, dal
suo libero arbitrio, dal suo egoismo, dal desiderio di
sentirsi pari a Dio, dal disobbedire alle leggi di Dio, ma
che sia stato Dio stesso a dargli la facoltà di viverlo e di
capirlo?
- Penso proprio così. Dal momento che mi parli di
26
libero arbitrio, che significa essenzialmente capacità di
distinguere il bene dal male e libertà di scegliere tra il
bene e il male, hai già la risposta. Il libero arbitrio, facoltà
di giudizio e libertà di scelta, non può che essere
successivo alla conoscenza del bene e del male e quindi a
quello che viene definito il peccato originale. La
conoscenza del bene e del male è, a mio avviso, il più
importante dono di Dio, dal quale consegue, ancora per
bontà di Dio, il libero arbitrio, la libertà.
- Insomma qual’è, secondo te, il rapporto di Dio nei
confronti dell’uomo?
- Al di là di una lettura quasi paradossale e comunque
non ortodossa della Genesi, al di là dei presunti discorsi
coloriti di Adamo ed Eva, la sostanza del racconto biblico
deve essere incentrata sul grande amore che Dio ha per
l’uomo fin dalla sua creazione. Il fatto stesso che Dio si
sforzi di capire i problemi e i bisogni dell’uomo, concetto
oggettivamente offensivo, altro non vuol significare che il
desiderio di Dio di vedere l’uomo attivo e soddisfatto.
L’insegnamento che personalmente ne ho tratto si può
riassumere nel seguente concetto: "Dio ama l’uomo più di
ogni altra creatura, desidera che sia felice nella
consapevolezza e fa in modo che ciò accada".
- Nel tuo racconto, però, sembra che l’uomo ci faccia
proprio la figura del biscaro. E non mi rispondere che
deve essere giustificato perché era appena stato creato, e
sul principio anche viziato, e quindi non poteva avere
esperienza.
- Non ci passerà granché bene, ma tieni presente che
al centro dell’attenzione di Dio c’è proprio l’uomo.
- E la donna?
- Intanto è bene precisare che nel primo capitolo della
Genesi, quello che racconta i sei giorni della creazione del
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mondo, c’è scritto che, quando Dio creò l’essere umano,
lo fece maschio e femmina. Finalmente Dio disse:
"Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza,
affinché possa dominare sui pesci del mare e sui volatili
del cielo, sul bestiame e sulle fiere della terra e fin su tutti
i rettili che strisciano sulla terra". E Dio creò gli uomini a
sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e
femmina li creò. Nel mio sproloquio la donna, rispetto
all’uomo, sembra più ragionevole e concreta, come di
fatto è, e diventa soprattutto strumento, sia pure
inconsapevole, dell’opera divina per la felicità non solo
sua e di Adamo, ma di tutto il genere umano che da essi
discenderà.
- Sembra quasi un trattato di teologia.
- Per carità! Questo sproloquio non ha la benché
minima pretesa di essere considerato una sorta di trattato.
Altrimenti che sproloquio sarebbe? Espone, però, un
concetto innovativo rispetto alla consueta interpretazione
del primo libro delle sacre scritture, che la Chiesa cattolica
non condivide ma che fa riflettere, e cioè: Dio non ha
punito l’uomo perché ha disobbedito ai suoi comandi o
comunque perché si è comportato male. Dio ha sempre
amato l’uomo ed ha creato le condizioni migliori per
renderlo artefice libero, consapevole e responsabile nel
suo cammino, necessariamente faticoso, verso la
conquista della felicità. Più di così, meglio di così, non era
fattibile.
- Ecco spiegato l’ottimismo di quel Pangloss!
- Brava! Non a caso è citato il Candide di Voltaire
nella parte che riguarda le convinzioni di Pangloss: dans
le meilleur des mondes possibles tout est au mieu et .les
choses ne peuvent etre autrement;, nonostante le
disgrazie, le guerre e le malattie, nonostante il male. Ed è
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proprio così, forse: senza la fatica non esiste la
soddisfazione, senza il male, senza la conoscenza, la dura
lotta e la sconfitta di esso, il bene, scopo della nostra vita
terrena e celeste, non ci sarebbe. Niente regali, dunque,
niente paradiso terrestre, ma la possibilità per l’uomo e la
donna, nella consapevolezza di ciò che è bene e ciò che è
male e nella libertà della scelta, di guadagnarsi
gradualmente la felicità. Dio premia la volontà di fare (Il
faut cultiver notre jardin) e di fare bene nella responsabile
libertà. E di conseguenza, mi viene da aggiungere, uno dei
peccati più odiosi diventa l’accidia.
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- Alcuni opuscoli filosofici
- Alcuni ritratti di donne illustri delle provincie veneziane
- Antonio Rosmini
- Appunti per servire alla vita del Principe Raimondo Montecuccoli
- Asolani
- Atti del parlamento italiano (1861)
- Avviso mandato a S. Maestà Cesarea
B
C
- Canapa e potenza navale. L'approvvigionamento dell'Arsenale di Venezia
- Canapa: dall'Ottocento al Novecento, tra cedimenti e riprese, fino al tracollo
- Cartesio (Bertocchi)
- Casa di Cristoforo Colombo (Relazione Belgrano)
- Catullo e Lesbia
- Cenni sulla costituzione della Repubblica Ambrosiana
- Cittadini d'Europa - Per una cultura della cittadinanza europea
- Codice cavalleresco italiano
- Condizioni politiche e amministrative della Sicilia
- Confessioni d'un scettico
- Conoscenze agronomiche nei libri della Bibbia
- Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli sopra la prima Deca di Tito Livio
- Convivio
D
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- Dall'Elogio d'un Pazzo
- De gli horologi solari
- De gli horologi solari nelle superficie piane
- De Nativitate Christi
- De profundis clamavi ad te
- De' matematici italiani anteriori all'invenzione della stampa
- Decadenza e rinnovazione dell'Arte
- Dei delitti e delle pene (1821)
- Dei difetti della giurisprudenza
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- Del Vaglio di Eratostene e della illustrazione fattane da Samuele Horsley negli atti della R. Società di Londra
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- Della moneta (1788)
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- Della ragione di stato (Zuccolo)
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- Dialogo sopra la nobiltà
- Diario del principe Agostino Chigi Albani - Saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del primo trentennio del secolo XIX
- Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
- Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (Favaro)
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G
H
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- Le mecaniche (Favaro)
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- Le operazioni del compasso geometrico e militare
- Le operazioni del compasso geometrico e militare (Favaro)
- Le traduzioni poetiche, il De rerum natura di Lucrezio e l'antichità e nobiltà della medicina
- Leonardo da Vinci scienziato