Nuovo vocabolario siciliano-italiano/CA

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CA

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C CC

[p. 136 modifica]Ca. Relativo di sostanza e si riferisce a tutti i generi e a tutti i numeri: che. (A. V. ital. ca è in Pier delle Vigne.).

Ca. Particella: che.

Ca. V. cca.

Càbbala. s. f. Arte che presume indovinare per via di magìa numeri: cabala. || Per raggiro, imbroglio: cabala.

Cabbaletta. s. f. T. mus. Cantilena semplice atta a blandire l’orecchio: cabaletta.

Cabbalista. s. m. Colui che fa la cabala: cabalista. || Detto di chi rigira altrui per ingannarlo: rigiratore.

Cabbalisticu. add. Appartenente a cabala: cabalistico.

Cabbaluni. s. m. Imbroglione, raggiratore: cabalone.

Cabbanu. s. m. Largo soprabito, senza garbo di vita: gabbano.

Cabbarasi. s. m. T. bot. Erba che cresce in luoghi umidi, e che uccide i pidocchi: strafizzeca, stafisagra. Delphinium staphisagria L.

Cabbasisa. s. f. T. bot. Pianta originaria d’Africa, che mette de’ piccoli tuberi ovali con alcuni fili sporgenti, di una sostanza bianca farinosa e dolcigna, da cui si trae un latte medicinale: dolcichini, dolzolini, trasi. Cyperus esculentus L. Dall’Ar. habbhaziz o habiziz. || cabbasisi di margiu, è una varietà.

Cabbasisi! È una esclamazione, e segno di ammirazione: cocuzze, cacasego!

Cabbella. V. gabbella.

Cabbotàggiu. s. m. T. mar. Navigazione che si fa lungo le coste del mare da capo a capo e da porto a porto: cabottaggio (parola nuova e forse necessaria, Ugolini).

Cabbubbu. s. m. Spezie di cappotto, arnese da metter in capo per coprir il volto: bacucco. Forse il nostro è metatesi dell’italiano. || Per carabbozza V.

Cabburrasi. V. cabbarasi.

Cacaddifficultà. V. cacaddubbii.

Cacaddubbii. Dicesi a uomo pensieroso, stitico e che in ogni cosa pone difficoltà: cacadubbi, cacapensieri.

Cacadinari. s. m. È un giocattolo rappresentante uno che caca danaro: cacaruspi. (Fanf. Voc. d. u. Tosc.).

Cacaferru. V. cacazzina di ferru.

Cacafìcati. s. m. Fantasticaggine capricciosa: fisicaggine.

Cacaficatusu. add. Fantastico, capriccioso: fisicoso.

Cacafìcu. V. cacaficati.

Cacafocu. V. scupetta.

Cacàlia. (D. B.) s. f. T. bot. Pianta che si mantiene sempre verde e che ha i fiori bianchi: cacalia. Cacalia anteuphorbium L.

Cacamànica. (Mal.) V. carzara.

Cacamarrùggiu. s. m. T. zool. Uccello piccolo, con becco aguzzo e che sta nelle siepi: forasiepe. Sylvia rubicola L.

Cacanaca. s. f. Uomo da nulla, quasi bambino ancora che cachi la culla: moccicone, bietolone.

Cacanidu. s. m. L’uccello che nasce l’ultimo della covata: cria. || Per sim. ultimo figlio: cria.

Cacapitruddi. s. m. Che fa caso, s’apprensionisce di ogni cosa: casoso.

Cacaredda. s. f. Flusso di ventre: cacajuola, cacarella, soccorrenza, squacchera. || ’na cacaredda di paroli, una lunga diceria senza proposito: cicalata, filatera, tiritera. || Paura: cacacciona, cacona. || Prov. nun servi a cacaredda culu strinciri, le cose esterne non impediscono il corso naturale; ci voglion cose radicali.

Cacari. v. a. e intr. Cacare. || cacarisi li causi o cacarisi di sutta, dicesi di chi facendo una [p. 137 modifica]cosa si perde d’animo: cacarsi sotto o addosso, farsela nelle brache. || cacari carta, imbrattar fogli nell’imparar a scrivere: scarabocchiare, schiccherare, impiastrar fogli. || caca a l’addritta, dicesi per ischerzo a chi procede con più gravità del conveniente: cacasodo. || cacari sodu, fig. usare ampollosità, ostentar grandigia: spampanare, esser cacaloro. || cacari o fari cacari ’na cosa, pagar il fio: scontar collo sgozzino. || farisi cacari ’mmucca, lasciarsi sopraffare: lasciarsi cacar in capo.

Cacariamentu. V. cacaredda.

Cacariarisi. v. intr. e a. freq. di cacari: sconcacare, sbotrare. || Avere gran paura: cacarsi sotto. P. pass. cacariatu: sconcacato.

Cacariddari. v. intr. Cacar tenero, aver il corpo sciolto: squaccherare, squacquerare.

Cacariddusu. V. cacaruni.

Cacaruni. s. m. Che caca di molto: cacone (a Firenze). || Pauroso molto: cacacciano, finimondone.

Cacasangu. s. m. Dissenteria: cacasangue. || È imprecazione: cacasangue.

Cacasipala. V. passaru.

Cacata. s. f. L’atto del cacare: cacata. || Quello sterco che in una volta fa l’animale, l’uomo: cacata, meta, (e stretto). || fari ’na cacata, met. abbandonar una cosa. || Donna vile e di mal affare: cacatessa, toppona, torcia. E per ischerzo la ganza: patita. || Il flusso del ventre: cacata, soccorrenza. || vali cchiui una bona cacata ca una manciata, se non vale più, certo è un bisogno grande come l’altro.

Cacatedda. s. f. dim. di cacata: cacatina, cacatura. || Per sim. di alcune cose in picciolissima quantità, e che potrebbero essere abbondanti: un miccino, un pochetto.

Cacaticchiu. s. m. Vano orgoglio nelle maniere, sostenute pompose: sicumèra, fasto, cacca. || mittirisi in cacaticchiu: entrar in pretensione, spocchiare. || Voler signoreggiare: voler soprastare, sopraffare.

Cacatina. V. cacata.

Cacatònica. s. m. Per ischerno dicesi di chi sia uscito da qualche ordine religioso: sfratato.

Cacatu. add. Cacato. || Sommamente allegro e vanitoso, e talvolta senza ragione: ringalluzzolato.|| lu cacatu ’nciuria lu pisciatu, dicesi di chi riprende in altri il proprio vizio: cencio dice male di straccio. || cu’ ha cacatu spinci l’anca, chi fa il male ne fa la penitenza: chi ha fatto il piscio a letto lo rasciughi.

Cacatura. s. f. Escremento di animale piccolissimo: cacatura.

Cacaturi. s. m. Luogo dove si caca: cacatojo. || Per sim. luogo sporco e ributtante: porcile, trojajo.

Cacau. V. cacausu.

Cacausu. s. m. T. bot. Pianta che ha il tronco arboreo, la scorza rossiccia, le foglie alterne, picciolate, integerrime, grandi, lisce, venose al di sotto; fiori piccoli senza odore, giallicci, a fascetti sparsi nel tronco e ne’ rami: il frutto coriaceo, rosso punteggiato di giallo o al tutto giallo con dieci strie sui lati: cacao, caccao. || Pel frutto, che è uno de’ principali ingredienti della cioccolata: cacao, caccao. || butiru di cacausu, è il grasso della mandorla del cacao cavate per ebullizione, che serve per emolliente: butirro di cacao.

Cacazza. s. f. Cacata di animali piccolissimi, mosche, pulci ecc.: cacatura. || – d’occhi V. cuzzica. || – d’oricchi, quella materia gialliccia che si genera nelle orecchie: cerume. || – di ferruo di zingaru V. cacazzina. || Macchia d’inchiostro caduta dalla penna o simile: sgorbia.|| T. bot. cacazza di turdu: vischio comune. Viscum album L. || cacazzi di palummi, stereo di colombi: colombina. || – di gaddina, sterco di polli: pollina.

Cacazzaru. s. m. Chi caca in più tratti ed in parecchi luoghi: scacazzante.

Cacazzata. V. cacazza.

Cacazziari. v. a. Cacare in più tratti e in diversi luoghi, invece di in un tratto e in un luogo: scacazzare. || Imbrattar di scorbi le carte inutilmente: sgorbiare, impiastrare.

Cacazziata. s. f. Lo scacazzare: scacazzìo.

Cacazzina. s. f. V. cuzzica. || – di ferru, materia che si separa dal ferro allorchè si ribolle nelle fucine: scoria, rosticci, stozzaccio, scea.

Cacazzu. s. m. Quel terrore che ci viene da subita paura, che cagiona battimento di cuore e frequente alitare: battisoffiola, rimescolamento.

Cacazzuni. s. m. accr. di cacazzu: cacacciona.

Cacca. s. f. Voce bambinesca per dire merda o cosa sporca che non vogliamo tocchino: cacca, bea. || Cispa che casca dagli occhi: cacca. || parrau Seneca e dissi cacca, per ischerzo si dice quando altri dice uno sproposito in tuono di importanza. || fari la cacca, cacare: far la cacca.

Càccamu. s. m. T. bot. Pianta che ha lo stelo diritto, ramoso, le foglioline lineari, i fiori scuri: loto, bagolaro. Lotus jacoboeus L. Giracolo. Collis australis L. || Il frutto del loto è quanto un cece con pelle coriacea polpa dolcigna e un nocciolo piccolissimo: bacche del loto, bagola. || Dal Gr. κοκκος quasi coccola. || Caldaja grande ove si coce la liquorizia macinata. || Per scaccanu V.

Càcchiu. Esclamazione invece di una sconcia parola: cacchio.

Caccia. s. f. Perseguitamento di bestie o bestioline con armi o con inganni per prenderle: caccia. || Gli animali che in cacciando si pigliano: caccia, cacciagione. || Luogo acconcio e riservato alla caccia: caccia. || caccia guardata luogo nel quale è proibito il cacciare: bandita. || dari la caccia, accelerar il corso delle bestie da soma, da corso ecc., perseguitare: dar la caccia. || jiri a caccia d’unu, volerglisi cimentare. || jiri a caccia di una cosa, far quel che si può per ottener tal cosa: andar a caccia di checchessia. E significa mettersi a rischio di qualche danno, p. e. tu vai a caccia a bastunati: tu vai a caccia di bastonate. || È termine del giuoco del pallone, e significa il luogo dove il pallone si ferma secondo certe leggi: caccia. || caccia a la misa: caccia all’aspetto, aspettando fermo la caccia (An. Cat.). || caccia cu la cucca, uccellagione colla civetta: fischierella, chiurlo.

Cacciadiàvuli. s. m. Scongiuratore: cacciadiavoli. || Persona spiritosa, vispa che non si lascia di leggieri abbindolare: demonietto. [p. 138 modifica]

Caccialaneddu. s. m. dim. di caccialanu: ricciolino, ciuffetto.

Caccialanu. s. m. Strumento uncinato o a punta spirale per trarre lo stoppaccio dal fucile, e simili: cavastracci. || Per sim. di molte cose fatte a quel modo come ricci, nastri ecc. || Capelli lasciati fuori il cappello, innanellati che per lo più indicano braveria: riccio, ciuffo, spezie di quello degli antichi bravi.

Caccialebbri e Caccialepri. V. lattilebbra.

Cacciamentu. s. m. Il cacciare via: cacciamento.

Cacciamurriti. s. m. T. legn. Un ferro con cui i legnaiuoli fanno il minor membro alle cornici: saetta. || Strumento per cacciar in dentro i chiodi: cacciatoja.

Cacciamuschi. s. m. Arnese di un bastone con una gran nappa in cima per lo più di carta, per cacciar le mosche: cacciamosche, scacciamosche.

Cacciari. s. m. Mandar via, spingere: cacciare, scacciare, discacciare. || Incalzare, stimolare: cacciare. || Detto di bestie, farle camminare: cacciare, spronare. || Met. Abbreviare o accelerare una cosa: affrettare, spingere. || Lavorar indefessamente per terminare: bordare. || T. agr. Il buttar il seme. || Prov. nun cacciari nè minari, non far nulla. || cci aviti a cacciari cumanni? modo da bravaccio per dire: ci avete che dire? || cacciari muschi, dicon i mercanti quando non fanno affari: grattarsi la pancia. || Intr. Detto di alcuni commestibili o potabili, conservati più del dovere, vale perder di loro perfezione, farsi stantii. P. pres. caccianti: cacciante. P. pass. cacciatu: cacciato.

Caccïari o Caccijari. v. intr. Il perseguitar le bestie e le bestioline con armi o con ingegni per prenderli: cacciare. || Parlandosi di uccelli: uccellare. || cacciari cu la cucca, uccellar colla civetta, col fischio ecc.: chiurlare.

Cacciàta. s. f. Il mandar via: cacciata. || fari o dari ’na cacciata: accelerare.

Caccïata. Il far la caccia: cacciata.

Cacciatizzu. add. Dicesi del vitello cacciato dalle poppe della vacca: spoppato, svezzato.

Cacciatura. s. f. Abito corto e largo per uso dei cacciatori: cacciatora. || a la cacciatura: alla cacciatora, al modo che usan i cacciatori.

Cacciaturi –tura –trici. verb. Colui o colei che caccia: cacciatore –trice.

Cacciaturisca (A la. V. cacciatura (a la.

Cacciaventu. s. m. T. zool. Uccello di palude e di rapina, di piuma rossiccia; il maschio è più piccolo della femmina: acertello, gheppio, fottivento. Falco tinnunculus L.

Cacciaviti. s. m. T. art. Strumento acconcio a stringere le viti e levarle: cacciavite.

Cacciottu. s. m. Cappello basso per uomo: cappello a pajuolo, pioppino. || Per cazzottu V. || Spezie di focacciuola. || cacciottu ’n frasca, T. capp. Pezzo di feltro simile ad un imbuto, che poi si informa: cappuccio.

Cacciu. s. m. T. agr. Il primo occhio dove è tagliato il tralcio e dee rimettere il nuovo: cacchio, tallino.

Cacciuttata. s. f. Quanto ne cape un cacciottu: cappellata.

Cacciutteddu. s. m. dim. di cacciottu: cappellino.

Càcculu. s. m. Presso i fonditori di caratteri è un vaso di ferro formato sulla parte superiore del fornello, a uso di crogiuolo: padella. (Car. Voc. Met.).

Cachessìa. s. f. T. med. Discolorazione pertinace del volto con debolezza di forze e difficoltà di respiro: cachessìa.

Cachètticu. add. Che patisce cachessia: cachettico. || Persona abitualmente malaticcia: cachettico.

Cacicavaddu. V. cascavaddu.

Cacìcia. s. f. T. bot. Pianta che ha le foglie fatte a lancette intere, dentate alla base; i calici divisi in quattro parti; e la casella con tre punte: guada, guadarella, bietola gialla. Reseda luteola L.

Cacioppu. s. m. Tronco o pezzo di tronco d’albero secco: toppo, sprocco. (Sp. cachopo).

Caciottu. s. m. Spezie di focacciuola.

Cacisi. s. m. T. mar. Testa di forma quadra, in cima all’albero di tal nome, nella quale si contengono le pulegge per issare la vela latina: calcese.

Caciteddu. s. m. dim. di caciu: caciuola.

Càciu. s. m. Latte di pecore, vacche ecc., cagliato, cotto, salato: cacio. || – primusali: caciolino, cacetto, cacio fresco. || cadiri lu caciu nta li maccarruna, succedere una cosa ben a proposito e opportuno: cascar il cacio su’ maccheroni.

Caciummu. s. m. Specie di vetro colorato a globetti, ad uso di collane e simili: conteria, giavazzo.

Caciuni. s. f. Quella donde deriva l’effetto: cagione. || dari caciuni, dar adito, appicco: dar occasione.

Caciunusu. add. Di debol complessione a cui ogni poco d’incomodo o di disagio è cagione di male: cagionoso, cagionevole.

Caciuttaru. s. m. Chi vende caciotti V.

Cacòcciula. s. f. T. bot. Pianta nota; a foglie terminanti con ispina: carciofo. Cynara scolymus L. || Si dice anche il calice del cardo quando è ancora in boccia, e perciò mangiabile: carciofo. || pezza di cacocciuli. T. agr. Luogo piantato a carciofi: carciofaja, carciofeto. || cacocciuli domestichi, è il carciofo senza spine: mazzaferrata. || cacocciula, detto ad uomo vale: caporione. || – di la gula, asprezza nella canna della gola.

Cacuccialaru. s. m. Chi vende carciofi: carciofajo.

Cacucciulidda. s. f. dim. di cacocciula: carciofino, carciofetto. || Calice del cardo selvatico non ancora sbocciato, e che si mangia bollito.

Cacucciulitu. s. m. Luogo piantato di carciofi: carciofeto.

Cacumi. (D. B. e Pasq.) s. m. Uomo di alto grado in qualcosa: cima. (Lat. cacumen: cima).

Cacumidda. V. camumidda.

Cadà. (An. M.) V. deja.

Cadavèricu. agg. Che ha del cadavere: cadaverico.

Cadàviri e Cadàveru. s. m. Corpo morto, e più quello d’uomo: cadavere, cadavero.

Caddarita. t. f. Quel globetto che fa l’aria in passando per qualche liquido: gallozzola. || Per taddarita V.

Caddarizza. V. caddarita. [p. 139 modifica]

Caddèmia. s. f. Voce di spregio e vale moltitudine, numero relativamente grande, p. e. ’na caddemia di figghi, di poveri ecc.: geldra. Voce corrotta da accademia.

Caddìa. s. f. Basto di piumaccio (Mal.).

Caddimu. s. m. Chi fa la ricotta, il cacio: caciajuolo.

Caddozzu. s. m. Pezzo di legno, di sasso o altro, non molto grande, spiccato dal tronco o da un masso e che tiri al cilindrico: rocchio. || – di sosizza, un pezzetto di salsiccia, cioè la parte da una legatura all’altra: rocchio, salsicciuola. || Una sonata di ceramella, e per ischerzo un pezzo qualunque di canto, di suono e di contraddanza.

Caddu. s. m. Carne indurita e priva di senso che si produce alle mani, alle ginocchia ed ai piedi per troppa fatica della parte: callo. || fari lu caddu a ’na cosa, assuefarsi: far il callo ad una cosa. || T. vet. È una spezie di callo molle, spugnoso, che si trova nelle estremità anteriori del cavallo sotto l’articolazione del ginocchio: castagno. || Per interiezione: cappio, capperi.

Cadduni. add. e s. Uva che ha la buccia dura: duracina.

Cadduseddu. add. dim. di caddusu: duretto.

Caddusità e Caddusitati. s. f. Callo: callosità, callositade, callositate. || Durezza.

Caddusu. add. Pien di calli: calloso. || Met. Duretto: calloso. || Detto di frutta che han durezza: duracine.

Cadduzzeddu. s. m. dim. di caddozzu: rocchietto.

Cadduzzuni. s. m. accr. di caddozzu: rocchione. || Dicesi per ischerzo ad uomo grande, alto, ma privo di merito: mammalucco, stempiato.

Cadèmia. V. accademia.

Cadenti. add. Che cade: cadente. || Vecchio, fiacco: cadente. || età cadenti: età cadente, decrepitezza. || annu, misi cadenti: anno, mese cadente, uscente. || suli cadenti, che tramonta: sole cadente. || robbi cadenti, mezzo lacere: cascanti.

Cadenza. s. f. Quella posa che si fa cantando, parlando, sonando, ballando ecc.: cadenza.

Cadera. s. f. V. seggia. Anco nella Liguria, nella Lombardia, nel Piemonte e credo in altri luoghi dicono: cadrega la seggiola. E cadrega in italiano è sedia reale.

Cadettu. s. m. T. mil. Giovine di casta privilegiata che dopo alcuni studi veniva ufficiale: cadetto. || In marina, il primo grado di uffiziale: cadetto. || Nelle famiglie nobili era il fratello minore: cadetto. (Fr. cadet).

Cadimentu. s. m. Cadimento.

Càdiri e Càriri. v. intr. Venir dall’alto in basso: cadere. Cascare indica idea più grave e accenna più direttamente al luogo onde cade e dove va. || pigghiari avanti pri nun cadiri V. avanti. || tintu cui cadi pri chiamari ajutu! guai a quella casa che ha bisogno di puntelli! guai a chi deve aver bisogno d’altri. || – di sonnu V. sonnu. || – comu pira: andar giù come pere cotte, morirne in quantità. || jirinni cadennu, desiderar in massimo grado, e nei Poeti ant. ital. si trova caendo per desiderando.

Cadìvili. add. Atto a cadere: cadevole, cadevile, caduco.

Caducità. s. f. Fragilità: caducità. || T. leg. Invalidità di testamenti, legati o pubbliche scritture per mancanza d’adempimento di alcuna delle condizioni: caducità. (Mort.).

Caduta e Caruta. s. f. Il cadere: caduta. || Fallo, peccato: caduta. || Met. Rovina, abbassamento: caduta. || – di vesta, la parte dell’abito dal cinto in giù: gonnella. || – di la cammisa, la camicia senza le maniche e il collo: corpo. (Car. Voc. Met.) || –di la vela, ciascuno dei margini laterali della vela, quelli che pendono dall’alto al basso: caduta, cascata (Car. Voc. Met.). || Prov. cui cadi e si susi nun si chiama caduta, chi cade e si alza non si sarà perciò fatto male; e fig. chi ritorna nella buona via non si tiene per traviato.

Cadutedda e Carutedda. s. f. dim. di caduta: cadutella. || Gonnellina.

Caduteddu. add. dim. di cadutu, e vale alquanto misero: miserello. || Vecchierello.

Cadutizzu. add. Detto di età: alquanto cadente. || Per musciu V.

Cadutu. add. Caduto. || Fig. Misero: caduto. || Mancante di forze sia per malattia, sia per vecchiaja: cadente.

Cadutuna. s. f. accr. di caduta: cadimentaccio. || Gonnellone.

Caella. V. cajella.

Cafagna. V. cavagna.

Cafè. s. m. T. bot. Pianta nota: caffè. || Semi di essa: caffè. || Bevanda del seme di essa: caffè. || Per cafittarìa V. || Luogo di adunanza di signori, di trafficanti, ove si giuoca, si riposa, si vegeta ecc.: casino, posta. || dari un cafè: dar una mancia.

Cafeàus. s. m. Edifizio circolare col tetto a cupoletta, con sedili dentro, di lusso e in varie forme, se ne fanno nei giardini, nelle ville per tutto: chiosco ( Alberti ). E l’Azzocchi le fa corrispondere: sala terrena, casina (Inglese coffee-house).

Cafeista. s. m. e f. Chi ama bere caffè: caffeista.

Cafesa. s. f. Ponte di legno con fascinata e terra. || Impedimento fatto con fascinata, travi, pietre e terra per risaltare l’acqua dal letto del fiume in su: argine || fig. Testa, onde, omu di cafesa: uomo di vaglia (Valenti).

Caffulari. (Scob.) V. cafuddari.

Cafiata. Aggiunto d’acqua ove sia rimasto infuso un residuo di bevanda di caffè.

Cafiseddu. s. m. dim. di cafisu.

Cafisu. s. m. Vaso di misura d’olio che ha diversa capacità secondo le varie località in cui si adopera. Il cafisu di Palermo è uguale a 16 litri. || È anche una specie di grande scodella di latta, o di legno, con manico, che serve per levar dalle fondate, qualora queste travasature non si facciano colla tromba: cucchiaja, zucchetta, nappo (Pal. Voc. agr.).

Cafisuni. s. m. Vaso di misura contenente due cafisi.

Cafittarìa. s. f. Bottega ove si vende il caffè, e vi si vende anco sorbetti e simili: caffè.

Cafittera. s. f. Vaso in cui si fa bollire la bevanda di caffè: caffettiera. || È anco il f. di cafitteri: caffettiera.

Cafitteri. s. m. Chi manipola e vende la bevanda del caffè, o padrone di una bottega di caffè: caffettiere.

Cafitu. V. saccu. [p. 140 modifica]

Caforchiu. V. crafocchiu.

Cafuddamentu. s. m. Zombamento. || Stivamento.

Cafuddari. v. a. Dar percosse: zombare, tambussare. || Strettamente unire insieme: stivare. || Ingojare troppo e frettolosamente senza masticare: trangugiare. Da fuddari e la particella κατά sincopata, che dà più forza. P. pass. cafuddatu: zombato, tambussato. || Stivato.

Cafuddaturi. verb. m. Chi zomba: zombatore. || Verga con che si batte la pecora scannata dopo soffiato fra la carne e la pelle. || Asta con cui gli artiglieri parano.

Cafunarìa. s. f. Rozzezza, goffaggine.

Cafunazzu. accr. di cafuni: goffone, rozzone.

Cafuneddu. dim. di cafuni: rozzetto. || Mal messo: sciamannato.

Cafuni. add. Rozzo, goffo. || Mal in arnese: sciamannone. (Forse da goffone si fece coffuni indi cafuni).

Cagghia. V. vergogna.

Cagghiari. V. quagghiari. || Per tacere (Scob.) (Dallo Sp. callar, e in Sardegna dicon ancora cagliare per tacere).

Cagghiostru e Cagliostru. s. m. Giuntatore ed astuto solenne: cagliostro. Dal celebre conte Cagliostro Siciliano.

Caggiunari. v. a. Produrre, esser cagione: cagionare. P. pass. caggiunatu: cagionato.

Caggiuni. V. caciuni.

Cagna. s. m. Così a Piazza, la femmina del cane: cagna.

Cagnolu. s. m. Cane giovane: cagnuolo. || cagnoli, mensole che sostengon il balcone V. gattuni.

Cagnuleddu. s. m. dim. di cagnolu: cagnolino. || Piccola pistola: terzetta. || – d’acqua, insetto che solca la terra negli ortaggi e dannifica le radici delle piante: zuccajuola. || Strumento per cavar denti: cane.

Cagnulineddu. s. m. dim. di cagnulinu: cagnolinetto.

Cagnulinu. V. cagnuleddu.

Caiccheddu. dim. di caiccu.

Caìccu. s. m. T. mar. Piccola barca di servigio di una nave grossa per trasporto di uomini, roba ecc.: caicco. || Fig. Esploratore segreto: mandatario. || jiricci appressu com’un caiccu: star alle costole d’alcuno.

Caicuni. s. m. Il buco della carbonaja che vi si fa per appiccarvi il fuoco. || – di furnu: camino, spiraglio del forno. || – di vutti V. cupuni.

Caira. vela caira V. quatra.

Cajella. s. f. Vestimento da camera a guisa di giubbone, che scende sino ai ginocchi: cioppa, cioppone. || Per bugiacca V.

Cajitu. s. m. Caporione, capopopolo (Valenti)

Cajonza. s. f. Legno lungo e sottile da giuocar al trucco: asta.

Cajòrda. s. f. Sozza, schifa: sordida. || Femminaccia di mondo: cialtrona. || Pigra: carnaccia. (Pasq. dall’Eb. hajordah: che s’umilia, s’avvilisce).

Cajordamenti. avv. Sordidamente, sozzamente.

Cajòrdu. s. m. Sozzo, schifo: sordido. || Fuggifatica, carnaccia.

Cajuddu. s. m. Che va ozioso in giro: vagabondo, girellone.

Càjula. s. f. Ornamento del capo, usato dalle donne Albanesi Siciliane. (Gr. καλυντρον: capelliera) || Prov. arristari ’n cajula e ’n cammisa, rimanere povero: restare in sul mattone. || li birritti canuscinu li càjuli, nel senso retto, l’uomo conosce la donna; fig.: un diavolo conosce l’altro. || D. B. dice che è anche la prima bava de’ bachi da seta: sbavatura. || Per malafia V.

Cajulidda. s. f. dim. di càjula.

Cajurdarìa. s. f. Azione da cajorda: cialtroneria. || Sudiceria, sordidezza.

Cajurdazza. s. f. pegig. di cajorda: cialtronaccia.

Cajurdazzu. s. m. pegg. di cajordu: sudicione.

Cajurdiari. V. allurdari.

Cajurdotta. s. f. dim. di cajorda: cialtroncella.

Cajurduna. s. f. accr. di cajorda: sudiciona nel senso di costumi.

Cajurduni. s. f. accr. di cajordu: sudicione.

Cala. s. m. T. mar. Seno di mare dentro terra, ove può trattenersi alcun tempo un piccol naviglio: cala.

Calabbrisi. s. m. Nome di sorta d’uva nera, e il vino di essa: calabrese, canajuola. || Vangatore. Perchè i Calabresi vangavano a prezzo.

Calabbrisella. s. f. Gioco di carte che è il tresette in tre: calabresella.

Calaceddu, Calacettu. s. m. dim. di calaciu: calicetto.

Càlaciu. s. m. Vaso sacro che il sacerdote adopra nella messa: calice.

Calaciunazzu. s. m. pegg. di calaciuni. || Fig. Persona di grande statura, e di niun senno: disutilaccio.

Calaciuni. s. m. accr. di calaciu: calicione. || Strumento musicale a due corde accordate in diapente: colascione. || Detto ad uomo; grande di corpo e mezzo scemo: merendone, sparagione.

Calaciuzzu. s. m. vezz. di calaciu: caliciuzzo.

Calafatari. v. a. T. mar. Ristoppare i navigli, cacciando stoppa a forza di maglio ne’ commenti, e in qualunque parte potesse penetrar l’acqua: calafatare. P. pass. calafatatu: calafatato.

Calafatu. s. t. T. mar. Chi calafata le navi: calafato.

Calai o Calaju. s. m. Gingillo qualunque, e generalmente un pezzo di carta, che in carnevale i fanciulli vanno appiccando dietro alle persone per poi dar la berta; a Firenze il chiamano: scala. È voce composta ca l’hai.

Calamarèra. s. f. Arnese che contiene il calamajo, il polverino, e alle volte le ostie ecc.: calamajo a scrivania, scrivania (Car. Voc. Met.).

Calamaru. s. m. Vasetto ove sta l’inchiostro e s’intinge la penna: calamajo, calamaro. || – cu lu spunzolu, quello il cui inchiostro immolla stoppa o altra cosa solla e cedevole: calamajo a stoppaccio. || T. zool. Sorta di mollusco di corpo quasi cilindrico aguzzato, coda ancipide romboidale; per mezzo di tubercoli attacca le sue braccia agli scogli: calamajo, totano, lolligine. Loligo sagittata Lam.

Calambèrsicu. (Mal.) V. càccamu.

Calambrai. s. f. Sorta di tela finissima cambragio, cambraja. Da Cambrai ove si fabbricava.

Calameddu. s. m. dim. di càlamu.

Calamentu. s. m. Calamento. || T. pesc. Pezzo di corda grossa colla quale si gettan a mare le nasse.

Calaminnuni. s. m. Sciocco: babbione, baccellone.

Calamita. s. f. T. min. Sostanza naturale che ha proprietà di attrarre: calamita. || Met. Attrattiva: [p. 141 modifica]calamita. || L’ago della bussola: calamita. || Conchiglia così chiamata per la facoltà che ha di involvere i corpi mobili del suolo nel quale riposa: trottola porta conchiglie. Trochus agglutinans L.

Calamità e Calamitati. s. f. Disgrazia pubblica, generale: calamità.

Calamitusamenti. avv. Disgraziatamente: calamitosamente.

Calamitusu. add. Pien di calamità: calamitoso.

Càlamu. s. m. La seta dei bozzoli, e simili, stracciata col pettine di ferro, o in altra maniera solita legarsi a manatelle: straccio. || T. bot. – aromaticu. Pianta che ha le foglie spadiformi, lo scapo simile alle foglie: calamo, acoro vero, calamo aromatico, erba cannella. Acorus verus L.

Calandra. s. f. T. zool. Spezie di lodola ma alquanto maggiore: calandra, lodola maggiore, panterana. Alauda arvensis L.

Calandraru. s. m. Uccellatore di calandre.

Calandredda. s. f. T. zool. Varietà della calandra: calandrino. Alauda trivialis L.

Calandritu. s. m. T. bot. Spezie d’erba nocevole ai topi. Myophonos.

Calandruni. s. m. T. zool. Altra varietà di calandra: calandra maggiore. Alauda calandra L.

Calànnira e Calanniredda. V. calandra e calandredda.

Calapinu. s. m. Vocabolario: calepino. Da Calepino che fu famoso pel primo Vocabolario.

Calari. v. a. Far andare dall’alto in giù: calare. || – la testa: condiscendere. || Intr. Andare da alto in basso: calare. || Diminuire, decrescere, scemar in quantità: calare. || Venir in declinazione: calare. || att. Ridurre il prezzo delle derrate: calare, rinviliare. || Metter a registro: notare, metter a conto. || Arrivare da paesi interni, dalle montagne alla marina: calare. || calaricci l’agghi: esser raumiliato. || – la grunna, chi entra in malinconia e tien il ciglio basso: far cipiglio. || – la cudera ad unu, mortificarne l’arroganza: rintuzzarlo, raumiliarlo. || Calar con funi: collare. || T. pesc. – la tunnara, metter gli attrezzi per dar principio alla pesca: calare la tonnara (Zan. Voc. Met.). || T. agr. – li viti, sotterrare i tralci delle viti, acciò germoglino: caricare, propagginare. Si dice pure di altre piante. || Prov. calati juncu ca passa la china, alle volte bisogna sobbarcarsi alla moltitudine per evitar mali maggiori: abbassati e acconciati. || nun putiri calari, detto di cibi: non poter passare, non andar giù; detto di cose morali non poter credere: non poterla bere; o anche non poterla soffrire: non poterla ingollare; detto di persona, avervi antipatia: non poter soffrir uno. || – li surchi: rifondere (An. Cat.). || – nel giuoco di belladonna (calabrache), esser obbligato calar le carte senza vincere, ed apprestando il comodo all’avversario di vincere. || – la pasta, la carni ecc., gettarla nell’acqua bollente a suo tempo: buttar la pasta, la carne ecc. || Per inghiottire, ingojare: ingollare. || – l’occhi: abbassarli, chinarli. || – ’n friscu, involar bellamente qualcosa come fanno i borsajuoli: colleppolare. || – li tenni, esser finita la festa, o levar il negozio. || la tila, festa nel sabato santo in cui si scuoprono gli altari per gioja e cade la tela maggiore; fig. scoprire le gherminelle altrui. || – ’na negghia, annebbiarsi l’aria; met. presentire qualche sinistro. || – un duluri, un grancu: esser assalito, colpito da dolore, granchio. || Rif. Calarsi. (Villani: egli si calò). || Condiscendere in cose non oneste: esser agevole. || – comu l’acqua, delle bevande che si bevono o dei cibi che si mangian volentieri: andar giù come l’acqua.

Calascinni. s. m. Luogo pieno di salite e discese: saliscendi.

Calasciuni. V. calaciuni.

Calata. s. f. Scesa, china: calata. || L’atto del calare: calata. || Ritorno, ritornata. || Predilezione, protezione per alcuno. || a la calata di li tenni, modo prov.: all’ultimo, da ultimo. || ogni calata un gruncu, modo prov. per denotare la continuità delle fortune. || la calata di Baida, strimpellata di più strumenti, o cantilena trita e volgare, come usa la nostra gente nel ritornar ebbra nelle feste da certi luoghi dei quali è la Baida. || dari la calata: por le ginocchia sulle spalle, aggravar di più un individuo. || T. pesc. Ogni colpo di rete e i pesci presi: retata. || – di testa, cenno che si fa col capo per dir di sì o salutare: capochino.

Calatàriu. V. caratariu.

Calatedda. s. f. dim. di calata.

Calatu. s. m. Trasporto di grano nei pubblici granai, e lo stesso grano trasportato e riposto in essi.

Calatu. add. Calato. || – calatu: quatto, quatto, chinato e basso per non farsi vedere.

Calatura. s. f. Sbilanciamento, traboccamento. || Malore che sopravvenga: scesa.

Calaturi di sacchetti. V. scattiaturi.

Calavrachi. V. belladonna, gioco di carte.

Calavrisella. V. calabbrisella. || (Pecorella). Olive conce, senza nocciolo.

Calavrisi. V. calabbrisi.

Calca. s. f. Moltitudine di gente stretta insieme: calca. || Impeto che fa la gente allora ch’è ristretta: calca.

Calcagnolu. T. mar. V. carcagnolu.

Calcari. V. ’ncarcari.

Calcari. add. Di pietra che si riduce in calce: calcarea.

Calcidonia. s. f. T. min. Agata bianca, lattiginosa e di trasparenza nebbiosa: calcedonia.

Calcina. V. quacina.

Calcinari. v. a. Porre le pietre o altro in forni per ridurle a calcina: calcinare. P. pass. calcinatu: calcinato.

Càlcula. s. f. Dicesi da vari artefici quella parte dei loro arnesi o ingegni che mossa col piede fa l’istesso effetto delle calcole dei tessitori: calcola, calcole.

Calculabbili. add. Che si può calcolare: calcolabile. Sup. calculabbilissimu: calcolabilissimo.

Calculari. v. a. e intr. Far alcuna delle operazioni secondo che la scienza matematica c’insegna: calcolare, calculare. || Esaminare, giudicare: calcolare. || Considerare, stimare: calcolare. P. pass. calculatu: calcolato.

Calculaturi. verb. m. Colui che calcola: calcolatore.

Calculiari. V. calculari.

Càlculu. s. m. Operazione nella quale si tien conto di numeri, di quantità e grandezze qualsiano: calcolo. || Pietra che si genera nelle reni [p. 142 modifica]o in altra parte: calcolo, calculo. || calculi di lu tilaru V. pidalora.

Calculusu. add. Che genera o che pratica calcoli: calcoloso, calculoso.

Caldamenti. avv. Con caldezza, affetto: caldamente.

Caldizza. s. f. Caldo: caldezza. || Met. Veemenza, grand’affetto: caldezza. || Effetto visibile del troppo calore del sangue: riscaldamento.

Caldu. V. caudu.

Calèca. s. f. Spezie di susine piccole: craoli (a Firenze).

Calendari. v. a. Scrivere notare in registro: registrare. P. pass. calendatu: registrato.

Calendariu. s. m. Scrittura o tavola ove son segnati tutti i giorni e i mesi dell’anno, con altre notizie: calendario.

Calendi. V. calenni.

Calèndula. s. f. T. bot. Pianta che ha gli steli ramosi, le foglie sessili, amplessicauli, ovate, bislunghe, intere; fiori gialli: calendula. Calendula arvensis L.

Calèngia. s. f. T. bot. Erica. Erica tetralix L.

Calennàriu. V. calendariu.

Calenni. s. f. pl. Anticamente i primi del mese: calende. || jiri boni o mali li calenni, aver buone o cattive circostanze, buono o cattivo presagio. || a li calenni grechi: alle calende greche, a un tempo più che remoto.

Cali. s. f. T. bot. Pianta di cui dalla cenere si fa la soda: cali. Salsola kali L.

Càlia. s. f. Ceci abbrustoliti. || sapiricci ’na calia, dicesi a chi gusta con piacere qualche cibo o bevanda: coccolarsela, si usa anche fig. || cchiù gnuranti di la calia, vale ignorantissimo: buaccio, zugo.

Caliamentu. V. caliatura.

Caliari. v. a. Abbrustolire le civaje: bruscare. || Abbrustolire. || Detto del pane quando quasi si brucia appena è messo al troppo fuoco: risecchire (Tomm.). || Intr. pass. Portar via con inganno checchessia: bubbolare. || caliarisi tutti cosi, dilapidar le sostanze: rifinir d’ogni bene. (Pasq. dall’Ebreo calah: torrefare, ovvero da calore).

Caliatu. add. Bruscato. || Abbrustolito. || Risecchito. || moddu e caliatu, modo prov. detto di chi vuol far il nesci e pur sa quel che fare: infignitore, simulatore.

Caliatura. s. f. || Il bruscare: bruscatura. || Abbrustolimento. || Fig. Ingiusta consunzione dell’altrui: malatolta.

Caliaturi. s. m. Vaso per bruscare o abbrustolire: padellotto (An. Cat.). || Chi esercita l’arte di bruscare o abbrustolire. || Fig. Truffatore.

Calibbrari. v. a. Misurar col calibro la portata delle artiglierie: calibrare.

Calibbru. s. m. T. mil. Vano della bocca delle armi da fuoco, e lo strumento che misura la portata delle artiglierie: calibro. || Per trasl. si prende per qualità o carattere delle persone o cose: calibro.

Calicedda. s. f. T. mar. dim. di cala: calanca. (Car. Voc. Met.).

Calici. V. calaciu.

Calicò. s. m. Tessuto di cotone stampato, così detto da Calicut, capitale dell’India inglese, d’onde venne: calicò.

Caliggini. s. f. Nebbia folta: caligine. || Met. Tenebre, offuscazione: caligine, caliggine.

Caligginusu. (Salvo) add. Pien di caligine in ambo i sensi: caliginoso.

Callibari. (D. B.) V. ciaccari la terra.

Calligrafìa. s. f. Arte di scrivere con bel carattere: calligrafia.

Callìgrafu. s. m. Chi esercita o sa calligrafia: calligrafo.

Callivari. s. f. Mascherata. Alla Piana dicono così forse da Carnevale che è il tempo delle Maschere.

Callu. s. m. La sesta parte dell’abolito tornese, pari a 0,00334 di lira. || impurtari un callu, caler poco: importar un acca.

Calma. s. f. Contrario di tempesta, tranquillità: calma.

Calmanti. add. Che calma, sedante, detto di medicine: calmante. S’usa anco s.

Calmari. v. intr. Ridursi calmo: calmare. |l Scemare, cessare: calmare. || att. Render calmo: calmare. P. pass. calmatu: calmato.

Calmarìa. s. f. T. mar. Calma costante per cui le navi non possono navigare: calmeria. || Met. Riposo, intermissione di travaglio, molestia ecc.: tregua.

Calmu. add. Che è in calma: calmo.

Calmuccu. s. m. T. comm. Nome di una specie di pannolano con lungo pelo, detto anche piluni: calmucco, pelone.

Caloma. s. f. Fune con cui i buoi tiran il carro. || Fune annessa alla freccia da pescare, forse: ganza. || dari caloma, frapporre ostacoli con ciarle e perditempi: menar a lungo, badare. || calomi, dicon i marinari talune funi la cui estremità è legata ad un pezzo di sughero galleggiante, e l’altra inferiore sostiene le reti immerse nell’acqua, forse: paromelle. || muddari li calomi, cominciar a tuffar le reti nell’acqua. (Pasq. Greco καλως: fune, sartie) ed esistendo in italiano il verbo calomare, parmi dovervi essere stata una comune origine, che forse in italiano si perdette la traccia.

Calòscia. s. f. Sorta di soprascarpa ad uso di mantenere asciutto il piede: caloscia. (Car. Voc. Met.).

Calpistari. V. scarpisari.

Calpistìu. s. m. Il calpestare, suono che fanno i piedi in camminare: calpestio.

Calùggini. s. f. Prima peluria, che metton gli uccelli nel nido, lanugine di giovanetti, peli d’animali: calugine, caluggine. (Mort.).

Calumari. v. a. T. mar. Mollare, allentare ed anche far correre, tirare da un luogo all’altro un cavo, una rete, una barca a poco a poco: calumare, calomare. || Fig. Tirar alle sue voglie con lusinghe o simili: adescare. || calumarisi od accalumarisi: sottomettersi.

Calumeddi. s. f. pl. Piccole corde attaccate ai lati della tratta.

Calumeri. s. m. Dicesi chi guida la prima coppia dei buoi del carro.

Calumìlanu. s. m. T. farm. Sorta di medicamento composto di mercurio e zolfo: calomelano.

Calùnnia. s. f. Invenzione fraudolenta per infamar alcuno: calunnia. || Pretesto, scusa: sotterfugio.

Calunniamentu. s. m. Calunniamento.

Calunniari. v. a. Apporre altrui falsamente colpa, [p. 143 modifica]inventare ad altrui carico: calunniare. P. pass. calunniatu: calunniato.

Calunniaturi –tura. verb. Chi o che calunnia: calunniatore –trice.

Calunniusamenti. avv. Con o per calunnia: calunniosamente.

Calunniusu. add. Vago, pieno di calunnia: calunnioso. || Che piglia sovente scusa. || Pigro.

Calura. s. f. Caldezza: caldura || Prov. s. Lorenzu la gran calura, s. Antoniu la gran friddura, l’una e l’autra pocu dura: S. Antonio gran freddura, S. Lorenzo gran caldura, l’una e l’altra poco dura.

Caluri. s. m. Quel sentimento che in noi produce la presenza e l’aumento del calorico: calore. || Gran premura, fervore ardente: calore. || Quell’arrossimento, accompagnato da prurigine, che si manifesta d’estate alla pelle, effetto di caldura: calore, bruciore.

Calùria. V. calura.

Calvaccari. V. carvaccari o cravaccari.

Calvarìa. V. crozza.

Calvàriu. s. m. Monte ove fu crocifisso G. C: calvario. Per cui nelle piccole comuni dell’isola fuori il paese fanno un monte con tre croci e chiamanlo calvariu, ove ogni anno fanno delle religiose funzioni.

Calvu. V. scrafaratu.

Calzaturi. s. m. T. calz. Corno o simile materia che serve per ajutar le scarpe a calzare: calzatojo.

Calzetta. V. quasetta.

Calzuneddi. s. m. dim. di calzuni: calzoncini. (An. Cat.).

Calzunetti. s. m. Calzoni bianchi di tela che si portano sotto i pantaloni a contatto della carne: mutande.

Calzuni. V. causi.

Camaglia. s. f. T. eccl. Ornamento che copre le spalle e il petto al sacerdote di certi gradi: mantelletta (Fr. camail.).

Camaleonti. s. m. T. zool. Anfibio simile alla lucertola ma più corto, con coda rotonda, corta ed incurvata, di cui si serve per arrampicarsi; ha nei piedi quattro dita, unite due a due e tre a tre; capo angolato; occhi grandi; lingua sottile, rotonda e lunga, con cui piglia le mosche; mascelle senza denti; e corpo coperto di rilievi squamosi. Nei climi caldi muta i suoi colori, massime quando è irritato: camaleonte. Lacerta chamaleon L.

Camali. (Vinci.) Facchini. Anco a Genova chiaman camalo il facchino.

Camareddu. V. asineddu.

Camarra. s. f. Moltitudine. || T. cav. Striscia di cuojo, che si attacca da un capo alle cigne, e dall’altro alla museruola, per incassare e rimetter bene la testa del cavallo: camarra.

Camarrunazzu. s. m. T. bot. Euforbio dendroide. Euphorbia dendroides L.

Camarruneddu. s. m. T. bot. Pianta che ha lo stelo alto un palmo o due, spesso alquanto rosso; foglie alterne, lisce, cuneiformi, seghettate; fiori coi calici di un verde alquanto giallo: titimaglio, titimalo. Euphorbia helioscopia L.

Camarruni. V. camarruneddu.

Camaru. V. asinu. Dall’Eb. chamar: rosso e per antonomasia: asino, poichè là gli asini son rossi.

Camaruni. V. asinuni.

Canàuru. s. m. Berrettino che copre gli orecchi, proprio del sommo pontefice: camauro.

Cambiali e Cammiali. s. f. T. comm. Lettera o cedola di pagamento data o ricevuta da un banchiere o da un mercante o altro: cambiale. || girari una cambiali: girare una cambiale, farla valere per altrui.

Cambista. s. m. e f. Chi dà o piglia danaro a cambio: cambista.

Càmbiu e Càmmiu. s. m. Il cambiare: cambio. || In commercio è dar tanta moneta in un luogo a uno, perchè questi in altro luogo faccia da altro sborsar ugual somma: cambio. || L’interesse che si trae dal danaro cambiato: cambio. || – siccu, quell’interesse che altri trae dai suoi danari senza passarne la scrittura conforme l’uso: cambio secco. || dari o pigghiari dinari a cambiu, o a li cambii, prestar il danaro ad interesse: dar o pigliar a cambio. || Nel militare dicesi colui che fa il soldato per un altro: cambio. || in cambiu, posto avv.: in cambio, invece, per isbaglio. || secunna di cambiu, lettera di cambio che si fa invece di una smarrita, per cui questa rimane nulla anco rinvenendola: seconda di cambio, e fig. dicesi di cosa spiacevole che ci sopraggiunga: la seconda di cambio. || fari la secunna di cambiu, incorrere nel medesimo fallo o simile: far la seconda di cambio.

Cambria. V. calambrai.

Camea. (D. B.) s. f. T. bot. Sorta d’erba: ruca.

Camèdriu e Camedrios. s. m. T. bot. Pianta che ha le foglie ovate intaccate, i verticilli con tre fiori, i fusti giacenti: camedrio. Teucrium camaedrys L.

Camèlia. s. f. T. bot. Pianta che ha i rami, che si coprono prima della comparsa delle foglie; i fiori carnicini, odorosi; le foglie caduche, sessili, sparse, lanceolate: camelia. Daphne mezereum L.

Camella o Gamella. s. f. Quell’arnese a guisa di piccolo tegame di latta che portan i soldati: gamella. (Ugolini dice che è francesismo ma che è forza lasciarlo stare). Potrebbe anco esser latinismo, camella: vaso da bere.

Camentu. s. m. T. mar. Il vuoto che resta fra due tavole, che forman il fasciume d’una nave: camento.

Càmera. V. càmmara. || Luogo ove si radunano i Deputati al Parlamento, o simili collegi: camera.

Camerali. add. Della camera pubblica: camerale.

Cameu. s. m. Figura intagliata a bassorilievo in qualche pietra preziosa, e la stessa pietra così intagliata: cammeo. Se ne fanno di conchiglie.

Cameufraggia. s. f. T. bot. Pianta amaretta al gusto che trovasi nei prati montuosi: eufrasia. Euphrasia officinalis L.

Càmia. s. f. Puzzo di terra. Dal Greco χαμαι: terra. || Detto di vino, sentiri la camia o pigghiari di camia, che ha preso odore del legno della botte: saper di secco o muffa.

Camiari. v. a. Scaldar il forno. || Fig. aver gran calore o di febbre o di passione: ardere. Secondo alcuni è Ar., secondo altri vien dall’Eb. hamam: scaldare. P. pass. camiatu: scaldato.

Camiatura. s. f. Il riscaldar il forno. || Donna che fa fuoco per iscaldar il forno. || Per trasl. fornaja. [p. 144 modifica]

Camiaturi. s.m. Chi appicca il fuoco entro il forno. || Per trasl. fornajo, panicuocolo.

Camiddu. V. gamiddu.

Camillottu. s. m. Sorta di tela di pelo: camojardo.

Caminanti. add. e alle volte s. Che cammina, viandante: camminante.

Caminari. v. intr. Andare colle gambe: camminare. || S’usa a. – un paisi: camminar un paese. || Met. Operare: camminare. || L’andar delle navi: camminare. || Muoversi: camminare. || Progredire un lavoro cominciato: camminare. || – un discursu, un fattu, ragionare, avere del credibile: camminar pe’ suoi piedi, rinvergare. || nun putiri caminari e vuliri curriri, non poter il meno e voler il più. || jiri caminannu pri nun sediri: andar anfanando, bighellonando, andar qua e là oziosamente. || detto di paese vale stendersi: camminare. || – a panza ’n terra: repere, rettare. || dicesi pure del moto di una macchina: camminare. || – casa casa: camminar per casa, rigirarsi per la casa. || – supra un cozzu di cuteddu, andar a dovere: camminare sur un filo di coltello, arar diritto. || – di latu: andar a croscio o ancajone, camminare convergendo da un lato, quasi per zoppicamento. P. pass. caminatu: camminato.

Caminata, s. f. L’atto del camminare: camminata. || Il camminar da un luogo a un altro onde, farisi ’na caminata: farsi una camminata. || Gita a diporto: spasso, spasseggiata. || Viaggio: andata. || va fatti ’na caminata, modo di mandar via alcuno: va via, va a spasso.

Caminatedda. s. f. dim. di caminata, nel senso di diporto: passeggiatina, passeggiatella e per ischerzo si dice di lungo e faticoso viaggio.

Caminatuna. s. f. accr. di caminata: lunga passeggiata.

Caminatura. s. f. Modo che ha uno nel camminare: camminatura.

Caminaturi. verb. m. Chi o che cammina: camminatore.

Caminu. s. m. Il camminare: cammino. || Luogo per dove si cammina: cammino. || In marineria, la quantità o la misura dello spazio che percorre la nave in tempo determinato: cammino. || fari caminu, oltre al senso proprio vale anche: andar innanzi. || – facennu, modo avv.: cammin facendo, lungo il cammino e met. senza proposito deliberato, di passaggio. || Vano che si lascia entro un muro per fare passare il fumo di un sottostante focolajo o stufa: camino. || La torricella del camino: camino. || La parte del camino che risalta dal muro e fa ornamento: camino.

Camirottu. s. m. T. mar. Nome che si dà ad un mozzo, che serve in camera, oltre il servizio che presta nella nave: camerotto (Zan. Voc. Met.).

Camisa. Voce gergonesca V. sapuritu o graziusu.

Camisari. Voce gergonesca V. manciari o gustari.

Càmiu. add. Di vino che sa di secco.

Càmmara. s. f. Stanza per dormire: camera. || Del Tribunale, Parlamento ove si radunan i Giudici, i Deputati ecc.: camera. || La radunanza dei nobili che servono il Principe nella corte. || –di commerciu, l’unione dei mercanti principali i quali provvedono agli affari commerciali: camera di commercio. || – nutariali, il magistrato dei notai di una provincia: camera notariale. || – ottica, cassetta con una lente, per cui si vedono aggranditi gli oggetti: camera ottica. || – oscura T. ott. Strumento come un occhio artificiale, per ritrarre gli oggetti: camera oscura. || – lucida. T. fis. Macchina inventata dall’Inglese Wollaston, pei disegnatori; in essa l’immagine d’una cosa per via di rifrazione e di riflessione è rappresentata sopra una carta. || è termine delle arti e significa un sito particolare in certe opere a diversi usi. || – di la morti, nei macelli è la stanza ove stanno le bestie che debbonsi macellare. || cammari di la tunnara, sono spartimenti delle reti; cammara di punenti, quella che precede la rete detta porta chiara: camera di ponente. || – di l’api, bugno delle pecchie: casella, camera. || essiri di la cammara a la sala, esser vicinissimo: esser a uscio e bottega.

Cammaràrisi. v. intr. Mangiar di grasso. || nun cammararisi d’una cosa, non prender diletto, non intromettersi, ed esser indifferente ad una cosa: non brigarsene, non impacciarsene, non saperne.

Cammaràta. s. f. Adunanza di gente che vivon o conversano insieme: camerata. || Compagno che abita e mangia insieme: camerata. || Tra’ soldati, quelli della stessa compagnia: camerata. || Nei seminari tutti quelli che dormono e studiano in una camera: camerata.

Cammaratu. add. Di ogni pietanza di carne o altro vietato nei dì neri. || Chi ha mangiato di grasso nel tempo in cui non sarebbe permesso dalla Chiesa.

Cammarazza. s. f. pegg. di cammara: cameraccia.

Cammaredda. s. f. dim. di cammara: camerella, cameretta. || Nello spedale il luogo ove trasportansi i moribondi. || Stanzini di legno nei luoghi di bagni, per chiudersi i bagnanti: camerino. || T. agr. Cameruzza ove nel tappeto ripongonsi le ulive, e serbansi per quindi macinarsi: camino.

Cammarella. (Salomone-Marino. Canti pop. Sic.). V. cammaredda.

Cammareri –rera. s. m. e f. Chi o che assiste più da vicino nella camera il padrone: cameriere –era.

Cammaridduzza. s. f. dim. e vezz. di cammara: camerinetta.

Cammarineddu. s. m. dim. di cammarinu: camerinetto.

Cammarinottu. s. m. accr. di cammarinu: camerinotto.

Cammarinu. s. m. dim. di cammara: camerino, camerina. || Stanza ove tiensi il cesso: stanzino.

Cammarirazza. s. f. pegg. di cammarera: camerieraccia.

Cammarireddu –dda. s. m. e f. dim. di cammareri –era: camerierino –ina.

Cammarirottu. V. cammarireddu. || Per aciu V.

Cammarista. s. f. Cameriera di corte: camerista.

Cammarotta. s. f. Piccola camera: camerotta, camerotto.

Càmmaru. s. m. Ogni cibo di carne, o dov’entri carne: carnaggio. || Tempo in cui la Chiesa permette di mangiar carne. || palori o parrari di cammaru, parlar disonestamente: parlar grasso, sboccato. || V. gammaru.

Cammarunazzu. s. m. pegg. di cammaruni. [p. 145 modifica]

Cammaruneddu. s. m. dim. di cammaruni.

Cammaruni. s. m. accr. di cammara: camerone.

Cammarunottu. s. t. dim. di cammaruni, camerone di mezzana grandezza.

Cammiali. V. cambiali.

Cammiari. V. camiari. || V. canciari.

Cammicetta. s. f. Camicetta che copre le spalle e il petto alle donne e dal collo esce fuori una bavera ricamata: camicino.

Cammicettu. s. m. dim. di cammisu o cammiciu: camicetto.

Cammiciottu. s. m. Soldato albanese, il vestimento del quale ha una specie di gonnella bianca, che sembra camicia.

Càmmiciu. s. m. T. parr. Specie di grembiale che i barbieri metton indosso a chi tagliano o pettinano i capelli: accappatoio.

Cammisa. s. f. Veste di pannolino che si porta in sulla carne: camicia. || Certo intonaco che serve a gettare statue, campane e simili: camicia. || – di jornu – di notti: camicia di giorno – di notte. || ’n cammisa: in camicia, scamiciato. senz’altro che la camicia. || Prov. prima la cammisa e poi lu jippuni, prima per sè e poi per gli altri (A. V. ital. cammisa nel Bojardo). V. in jippuni. || porta cammisa cui fila e cui nun fila, effetto del privilegio: chi lavora fa la roba a chi si sta. || ognunu si stuja cu la sò cammisa, ognuno fa per sè e colle cose sue: ognuno si pari le mosche colla sua coda.

Cammisaru –ra. s. m. e f. Chi fa o vende camice: camiciajo –aja.

Cammisazza. s. f. pegg. di cammisa: camiciaccia.

Cammisedda. s. f. dim. di cammisa: camicetta.

Cammisina. s. f. Mezza camicia: camiciuola, sopraccamicia. (An. Cat.).

Cammisinu. s. m. Certo mantelletto che scende sino al cinto, detto anche pilligrina: bavera.

Cammisola. s. f. Mezza camicia che portasi sopra altra camicia: camiciuola (An. Cat.).

Cammisolu. s. m. Camicia da uomo, da giorno: camicia (Sp. camisola e Fr. camisole o forse dall’Ital. cammiciuola).

Càmmisu e Càmmiciu. s. m. Veste bianca lunga di pannolino che indossa il sacerdote nelle sue funzioni: camice.

Cammisuna. s. f. accr. di cammisa: camicione.

Cammisuni. s. m. accr. di cammisu, e si dice per elogiarne il pregio.

Cammuccu. V. calmuccu.

Camommu. s. m. T. bot. Pianta che ha i fiori in ispica radicale, sessile, le foglie ovali, terminanti in punta acuta, le capsule rotonde, trigone, con molti semi angolosi: amomo, cardamomo minore. Amomum cardamomum L.

Camora e A camora. modo avv. composto di com’ora: per ora, attualmente, adesso.

Camòrchiu. s. m. Pezzo di legno e d’altra materia soda, ad una estremità grosso all’altra appuntaio. che si adopera a stipar il buco della carbonaja accesa, e può servir ad altri usi: bietta.

Campa. s. f. Sorta d’insetto che rode la verdura: bruco, curculione. (Lat. campa). || – di l’api, quel vermicello che si genera dalle pecchie nel miele: cacchione. || – di l’olivi V. cantaridi. || Detto ad uomo: rapace. || Parte inferiore della nassa, di figura conica.

Campagna. s. f. Paese aperto fuori della terra murata: campagna. || Terreno ove non siano nè alberi, nè case, nè monti: campagna rasa. || Villa, luogo di delizia; il tempo di villeggiare. || essiri belli o tinti li campagni: andar bene o male la campagna. || Nel militare, il tempo di ciascun anno in cui guerreggia, ed anche la battaglia stessa: campagna. || fari ’na campagna, in gergo vale: vagabondare, e in senso osceno: sbordellare.

Campagnedda. s. f. dim. di campagna: campagnetta.

Campagniata. s. f. Spasso che ci si piglia un giorno o due, andando in campagna: scampagnata.

Campagniatedda. s. f. dim. Scampagnatina.

Campagnolu. add. Appartenente a campagna: campagnuolo. || funcia campagnola: campignuolo. || a la campagnola: mod. avv.: alla contadinesca.

Campali. add. Di o da campu, dicesi di battaglia decisiva: campale. || met. disastroso, pieno di contrattempi p. e. jurnata o nuttata campali: infelice, sfortunata.

Campana. s. f. Strumento noto: campana. || Vaso fatto a guisa di campana, per uso di stillare: campana. || Vaso di cristallo per difendere dall’aria, dalla polvere o per adorno: campana. || – di lu nicissariu, un ricettacolo sotterraneo di schifezze, senza condotto, ma che di tanto in tanto bisogna votarlo: volta della fogna. || sunari li campani all’armi: sonare a stormo, stormeggiare. || – di voi, piccola campana attaccata al collo al bue: squilla. || la campana è la trummetta di la sepultura, perchè suona a martoro. || la campana chiama li genti a la chiesa ed idda sta fora, chi fa per altri e nulla per sè. || la campana dici dammi e dugnu (o dàuti), esprime il dovere d’ajutarci l’un l’altro: bisogna fare a giova giova. || Quell’istrumento che i palombari usano per cercare il fondo del mare: campana. || – di lignu, simulata sordità, onde fincirisi campana di lignu, non voler intendere: sonar le campane, fingersi sordo. || stari o tinirisi ’n campana, star a vedere, aspettare prima di fare o dire: bargagnare. || a campana, modo avv.: a guisa di campana. || attaccari li campani, nella settimana santa: legare le campane. E sciogghiri li campani, il sabato santo: sciogliere le campane.

Campanarista. V. campanaru, sonator di campane.

Campanaru. s. m. Chi fonde le campane: campanario, campanaro. || Chi a soldo suona le campane: campanajo, campanaro. || add. Detto di bestia da branco, quella che guida le altre: guidajuola. || s. m. Quella torre ove stanno le campane: campanile. || Le interiora, o ciò che è rinchiuso nella cavità del petto e del ventre degli animali buoni a mangiare: interiora, entragno, interame.

Campanazza. s. f. pegg. di campana: campanaccia, campanazza. || Per campanazzu V. || a la campanazza, modo avv., modo d’uccellare. V. ciacculata.

Campanazzu. s. m. Sorta di campanello che appendesi al collo della bestia che guida l’armento o il gregge: campanaccio.

Campanedda. s. f. dim. di campana: campanello. [p. 146 modifica]|| campari o manciari a sonu di campanedda,far una vita agiata ad altrui spese e tutt’altro che di penitenza, presa la similitudine dai monaci: viver a suon di campanello. || Quelle bolle che fa l’acqua quando piove, o quando bolle: gallozzola, galla. || sudari campaneddi campaneddi, sudar a goccioloni, moltissimo. || a campanedda, modo avv.: a foggia di campanello. || campaneddi, diconsi molti fiori o corolle monopetale regolari fatti a modo di campana: campanelle. || campaneddi bianchi. T. bot. Pianta che ha gli steli erbacei, volubili, le foglie alterne; i fiori bianchi, color di rosa o porporini: vilucchio V. vrachi di cocca.

Campaniari. v. intr. Sonar la campana: scampanare. || Suonar il campanello: scampanellare. || – di gala o a festa, far un gran sonare di campana: scampanar a distesa. || met. Mandar per le lunghe: indugiare, badare. || campaniarisilla, consumar tempo in ozio: dondolarsela. P. pass. campaniatu: scampanato. || Scampanellato (Sp. campanear.).

Campaniata. s. f. L’atto di sonar la campana: scampanata. || Del sonar il campanello: scampanellata. || Burla, soja: celia. || Bravata che si fa altrui con parole minaccevoli: rabbuffo.

Campaniatedda. s. f. dim. di campaniata.

Campaniatuna. s. f. accr. di campaniata, lunga scampanata: scampanìo. || Lunga scampanellata: scampanellìo.

Campaniaturi. verb. Chi o che scampana: campanajo.

Campanili. V. campanaru cioè dove stanno le campane.

Campaniddaru. V. campanaru nel primo senso.

Campanidduzza. s. f. vezz. di campanedda: campanellino.

Campaninu. s. m. Così era chiamato in Palermo lo aggiustatore di pesi e delle misure.

Campanti. avv. Colui che s’ingegna di guadagnare: industrioso, procaccino; s’usa in buono e in cattivo senso.

Campanuni. s. m. accr. di campana: campanone.

Campari. v. intr. Star in vita: campare, vivere. || Porger alimento, dar il nutrimento: mantenere, alimentare. || Rif. Mantenersi. || Intr. – commodu: viver agiato, sguazzare. || – giustu: campucchiare, viver di per sè. || – di limosina: viver d’accatto, viver di limosina. || – di rennita: viver del suo, aver beni di fortuna. || – a la jurnata: viver dì per dì, non aver altro che il guadagno giornaliero. || – di spiranza: vivere di speranza. || cu’ di spiranza campa dispiratu mori V. speranza. || campa per oggi mi chiamu, campo oggi domani ci pensa Dio. || ognunu campa cu li so latri fatìi, modo prov. e dicesi di chi vive di ruberie: ognuno vive di ruffa e raffa. || – gilusu: viver in gelosia. || – aboc e abac, viver a caso, vegetare. || si campa bonu nta lu scarsu, maniera ironica, e vale aver penuria di tutto: scarseggiare, penuriare. || – cu la testa nta lu saccu: viver alla papale, senza pensieri. || è megghiu mortu (o muriri) chi malu campari, meglio morire che mal vivere. || cui campa tuttu l’annu tutti li festi vidi: se si campa quante cose s’ha a vedere. || – d’una cosa o arti: campar d’una cosa o arte. || Nel senso di lanciare, buttar in aria. P. pass. campatu: campato, vissuto o vivuto. || Mantenuto. || Lanciato.

Camparìa. s. f. T. pesc. Il luogo dove si fanno i salsicciotti di tonno, e preparansi altri salumi in secco o in umido.

Camperi. s. m. Colui che è preposto alla custodia de’ campi: campajo. È per lo più a cavallo. || Custode in generale de’ campi: guardiano.

Campestri. add. Da campu: campestre. || Selvatico. || Lavorativo.

Campìa. s. f. Vasta estensione di campi, ha idea di solitario: campagnata. || met. Abbandono. || a la campìa, modo avv.: in luogo remoto, ermo.

Campiari. v. intr. Andar errando, trascorrendo pe’ campi: vagare, errare. || Ornare il campo nelle pitture o altri lavori che pur dicesi campiggiari: campeggiare. || Menar il gregge pe’ campi a pascolare.

Campiceddu. s. m. dim. di campu: campicello, camperello.

Campici. s. m. T. bot. Albero americano di legno pesante e proprio per lavori d’intarsio. Dà una tinta pregiata pel nero e pel violetto: campeggio. Haematoxylon Campechianum L.

Campicianu. s. m. Ladro di campagna: scarpatore.

Campiggiari. V. campiari.

Campiggiatu. add. Si dice di tessuto fregiato non solo ne’ bordi ma in tutta la superficie.

Campiriscu. add. Di modi e costumi di campaio. || a la campirisca, modo avv., sul fare dei campai.

Campisi s. m. Era il soldato armato d’arco: arciere. Forse da campu, come camperi. (Pasq.).

Campiuni. s. m. Così detto da campo, difensore in campo e per sim. qualsivoglia difensore, od uomo prode: campione. || Norma, modello: campione. || Scampolo, mostra per far conoscere il genere, la qualità d’una mercanzia: campione. || T. mar. Pezzo della ruota di prua che avanza sopra il bordo del bastimento: pernecchia (Pitrè).

Campu. s. m. Spazio di terra ordinariamente piana, ove si semina: campo. || Campagna, luogo non accasato: campo. || Nell’Araldica è quello spazio dello scudo su cui si dipingono le insegne: campo. || Nel disegno, lo spazio del quadro o basso rilievo sopra il quale spiccano le figure: campo. || met. dari, aviri o pigghiari campu, aver comodo, occasione: pigliar il destro, avere o dar agio, campo. || mettiri ’n campu raggiuni, pretenzioni ecc., produrre, fare valere: metter innanzi, metter in campo. || nesciri ’n campu, mostrarsi pronto a tenzonare: uscir in campo. || – santu, campo cinto di mura dove si seppelliscono i morti: campo santo. E i Toscani chiaman campo santo dove si seppelliscon i cristiani, e cimitero gli altri. || Luogo addetto alle manovre militari: campo. || Luogo dove si combatte: campo, campo di battaglia. || L’esercito stesso: campo. || L’attendamento, l’ordinamento dell’esercito in campagna: campo. || Lo spazio che si presenta alla vista di chi guarda in un telescopio: campo. || a campu apertu, modo avv.: a campo aperto. lassari a campu apertu: lasciar in abbandono.

Camputu. add. Detto d’uomo grande della persona: corpulento. || Detto di cosa: di gran mole o vasta. [p. 147 modifica]

Camùgghiu. (Valenti) add. Rozzo, non civile, ignorante: bozzone. O come direbbe Villani: grosso.

Càmula. s. f. Verme che rode il legname: tarlo. || Quell’insetto che rode la lana, i libri e simili cose, che poscia si trasforma in farfallina: tignuola. || Polvere prodotta dal tarlo: tarlo, tarlatura. || met. Persona molesta, importuna: zecca, mosca culaja, seccafistole. (Pasq. lo crede derivante dall’arabo camola: consumare).

Camulari. V. camuliri.

Camulatura. s. f. Polvere prodotta dal tarlo: tarlatura.

Camuliari. V. camuliri.

Camuliri e Camulirisi. v. intr. e intr. pass. Esser roso dal tarlo: tarlare, intarlare. || Esser roso dalle tignuole: intignare. || camulirisi lu sensiu, o lu ciriveddu o li civa di li corna, lambiccarsi il cervello: stillarsi o beccarsi il cervello. P. pass. camulutu: tarlato, intarlato. || Intignato.

Camulusu. add. Seccatore, nojoso.

Camumidda, Aumidda e Agumidda. s. f. T. bot. Pianta odorosa medicinale; ha stelo liscio; foglie sessili alterne, arci-composte; fiori piccoli d’un odor nauseante, a raggio bianco: camamilla, camomilla. Matricaria chamomilla L.

Camurra. s. f. Propriamente malatolta che riscuotesi da giocatori ossia camurristi sovra altri: scrocco. || Qualunque prepotenza, trufferia organizzata: camorra. Questa colla piaga sociale che esprime, venne contemporaneamente qui e a Napoli dalla Spagna ove camorra suona, rissa, prepotenza. Oltre i pregiudizi, la miseria, l’albagia e l’abbrutimento è una delle belle cose lasciateci da quel dominio.

Camurrìa. s. f. Malattia venerea, contagiosa: gonorrea. || met. Ciò che infastidisce, secca di molto: seccaggine, ricadia.

Camurrista. s. m. Colui che prepotentemente riscote un tanto sulla vincita a’ giuocatori dei trivii o delle carceri, per regolar il giuoco, e far da arbitro: scroccone. || Chi fa prepotenze per tirare scrocco: camorrista. Malgrado quanto dice Pasq. questa voce ci venne regalata colla cosa espressa, dagli Spagnuoli nello immiserirci e renderci ubbiosi, orgogliosi ed oziosi. Speriamo che il genio italo si riabbia!

Camusciu. s. m. Il maschio della camozza. Poppante che ha le corna lisce, ritondate e diritte ma terminate in uncino; color bajo bruno; è grosso come un becco: camoscio. || Pelle del detto animale: camoscio.

Canagghia e Canaglia. s. f. Gente vile, abietta: canaglia, bordaglia. || Per moltitudine di gente plebea: canagliume, popolazzo, plebaglia, bordaglia ecc.

Canagghiazza. (Mal.) pegg. di canagghia: canagliaccia.

Canalaru. s. m. Chi fa o vende tegoli, doccie, ecc. in generale si chiama: fornaciajo.

Canalata. s. f. Fila di tegoli. || L’acqua piovana che scorre e versasi dalle gronde: grondaja. || Incavatura fatta a bella posta per farvi scorrer acqua: valletta. || Colpo di tegolo scagliato: tegolata. || Per semplice canale.

Canalazzu. s. m. pegg. di canali: canalaccio. || Tegolaccio.

Canaleddu e Canalettu. s. m. dim. di canali: canaletto, canalino. || Tegolino. || Scanalatura nella lunghezza sia del subbio che del subbiello per incastrarvi la bacchetta: canale (Car. Voc. Met.).

Canali. s. m. Luogo naturale o artificiale dove scorre o si fa scorrer l’acqua: canale. || Luogo ove il mare è stretto: canale. || Letto di fiume o valico stretto tra due monti: canale. || T. anat. Tutti i vasi del corpo per cui corrono fluidi: canale. || Arnese di terra cotta lungo e arcato che serve per coprire i tetti; quelli di sotto: tegola, quelli di sopra: tegolo, doccio. || livarisi di li stizzi e mittirisi a li canali, prov. di chi volendo migliorare deteriora: fuggire o scansare l’acqua sotto le grondaje. || T. legn. – di ’ncastrari, incavo entro un pezzo di legno, per incastrarvi il dente di un altro pezzo: canale da calettare. || a canali, modo avv., a forma di tegolo: a tegolo. || – a la rumana o a tevula V. imbrici.

Canaliari di suduri. Docciare, grondare di sudore, sudar in copia.

Canalicchiu. s. m. dim. di canali: canaluccio, canalino. || Tegolino.

Canaluni. s. m. accr. di canali. || Quel tubo grosso di terra cotta o latta ch’esce dalla gronda per versar fuori l’acqua raccolta: grondone, grondaja.

Cananuni. V. cannavu.

Canapè. s. m. Specie di mezzo letto a spalliera e bracciuoli, di lusso: canapè.

Canarinu. s. m. Passero: canarino V. canariu. || add. Del colore del canarino: canarino.

Canàriu. s. m. T. zool. Uccello noto, tutto giallo, e alle volte varia nel verde, il becco carnicino: canario. Fringilla canarina L.

Canata. s. f. Riprensione, rabbusso: canata. (Mort.).

Canavu. V. cànnavu.

Canazzu. s. m. pegg. di cani: canaccio, cagnaccio, cagnazzo.

Cancareddu. s. m. dim. di cancaru: gangherello, gangherino, gangheretto.

Cancariari. v. intr. || Il divorare ingiustamente che altri fa delle nostre sostanze con nostro dispetto: smagare, sciupinare, buggerare.

Cancariata. s. f. Riprensione: rabbuffo, canata. || fari ’na cancariata ad unu, correggerlo, ammonirlo con grida e minacce: far una ripassata ad alcuno.

Cancarina. V. cancrena. || Interiezione: cappita! cazzica! canchero!

Càncaru. s. m. Due strumenti di ferro inannellati, piccoli che servono per congiungere i coperchi agli armadii, casse, o le piccole imposte di sportellini: ganghero. || Quei ferri uno de’ quali è uncinato e l’altro ha l’anello, i quali ingessato uno al muro e incastrato l’altro all’imposta servon per far girare questa: cardini, gangheri. – masculu o ganciuni: arpione, quello che ha l’ago; – fimmina: bandella, quella che ha l’anello e che infila nell’ago. || Tumore od ulcera di pessima condizione che va rodendo, con grande spasimo; ha intorno varie vene varicose le quali sembrano le gambe del granchio: canchero, cancro. ||Imprecazione: canchero! || Esclamazione: cancherusse [p. 148 modifica]cappiterina! canchero! || aviri li cancari, aver collera, sdegno: aver le paturnie, andar in fisima. || lassatimi stari pri li cancari mei, espressione di chi vuol esser lasciato in pace co’ suoi pensieri. || jiri a cancaru, andare a perdizione: andar al diavolo.

Cancaruni. s. m. accr. di cancaru. || Brontolone: cancherone.

Cancarusu. add. Pien di cancheri: cancheroso.

Canceddu. s. m. Chi guida i cavalli da basto: guidatore, così detto dallo strumento a guisa di forbice, che sta legato sul basto per accomodarvi le some: vetturale. || Uomo rozzo che pone le mani a molte cose e le fa tutte male: ciarpiere. || Per sim. molto fatichevole, che per nulla s’affacchina: acciaccinato. || Chi porta il peso di mantener molte persone da lui dipendenti. || Misura di dodici tumoli rasi, che è propria della sansa. || Spezie di corbelli da fichidindia.

Cancellu. s. m. Imposta di porta fatta da bastoni di ferro o stecconi commessi a ugual distanza fra loro: cancello. || Carcere piccolo provvisionale presso tutte le ispezioni di Questura. || Graticolata qualunque posta innanzi alle finestre: cancello.

Canciamentu. s. m. Cambiamento, cangiamento.

Canciamunita. V. scanciapicciuli.

Cancianti. add. Che cangia, dicesi del colore di certe cose, e particolarmente stoffe, le quali vedute sotto diverso angolo, si mostrano diversamente colorite: cangiante.

Canciari. v. a. Mutare, alterare, far una cosa, altra di forma, colore, parola, tempo: cangiare. || Permutare una cosa con altra: cambiare. || Corrompere, subornare: storre. || Intr. Mutar d’opinione: cangiare, cambiarsi. || Prov. nun si cancia la facci pri dinari, non si dee lasciar corrompersi per regali o oro. || –l’amicizia, tradirla. || – pri scorci di luppini, aver in poco conto: aver in non cale. || – di culuri: cambiarsi, per paura o altro. || – vita, costumi: cambiar vita, costumi, tornare al buon sentiero. || cu’ cancia la via vecchia pri la nova, li guai chi va scansannu (o chi nun cerca) ddà li trova: chi lascia la via vecchia per la nuova spesse volte ingannato si trova. || canciarisi li robbi, diventar l’uno ciò che è l’altro: mettersi nei panni dell’altro. || a cancia e scancia, modo avv.: scambievolmente.

Canciarrata. s. f. Colpo di cangiaro.

Canciarru. s. m. Specie di spada o brando: cangiaro. (Dall’Ar. Kandi-jars).

Canciarrusu. add. Pieno di cancheri: canceroso.

Canciata. s. f. Cambiata. || fari ’na vota canciata, fuggir con prestezza: dar un ganghero o venir meno a...

Canciateddu. s. m. dim. di canciatu, nel senso di intristito.

Canciatu. add. Cangiato, cambiato. || Dicesi ai ragazzi che non vengan innanzi per abituale malore: indozzato, intristito.

Canciddariscu. V. cancillariscu.

Cancidderi. V. cancilleri.

Cancillàbbili. add. Che si può cancellare: cancellabile.

Cancillamentu. s. m. Cancellamento.

Cancillari. v. a. Segnar sopra uno scritto linee per cassarlo: cancellare. || Escludere alcuno da un numero o corpo a cui apparteneva: levar via.

Cancillarìa. s. f. Ufficio o residenza del cancelliere: cancelleria.

Cancillariscu. add. Di carattere grande che già s’usava nelle cancellerie: cancelleresco.

Cancillata. V. ’ncancillata.

Cancillatu. add. Cancellato. || Ricusato, rigettato.

Cancillatura. s. f. Frego tirato sulla scrittura: cancellatura.

Cancillazioni. s. f. Il cancellare: cancellazione. || Fig. T. leg. Annullamento di atto o per accordo o per sentenza.

Cancilleri. s. m. Quegli che ha cura di scrivere e registrare gli atti pubblici dei magistrati: cancelliere. || gran cancilleri, titolo d’alta carica: gran cancelliere.

Cancilliratu. s. m. Carica di cancelliere: cancellierato.

Cancilluni. s. m. accr. di cancellu: cancellone.

Canciu. s. t. Il cambiare: cambio. || fari canciu, cambiare: far cambio; barattare: far a baratto. || dari o mettiri lu canciu, in milizia è dar uno che faccia il soldato invece d’un altro: dar o metter il cambio. || in canciu, avv.: invece, in cambio. || ’ncanciu, messo ass. per in canciu: scambio, p. e. ’ncanciu d’iddu io: scambio di lui io. (A. V. ital. cangio).

Cancrena. s. f. Parte mortificata intorno ad ulcera o ad infiammazione che arreca la morte dilatandosi: cancrena.

Cancru. s. m. Uno de’ dodici segni dello Zodiaco: cancro. || Per cancaru V.

Candidamenti. avv. Schiettamente, con sincerità: candidamente.

Candidatu. s. m. Chi concorre a cariche, magistrati e simili: candidato.

Candidatura. s. f. Il concorrere, l’ascriversi nel numero de’ candidati: candidatura. (Manca nei vocabolarii ital. Ugolini l’ammette).

Candidizza. s. f. Rettitudine, schiettezza: candidezza.

Càndidu. add. Puro, sincero: candido.

Candila. V. cannila, e tutti i derivati.

Candiri. v. a. Conciare frutta o simili, facendole bollire nello zucchero e chiaro d’uovo: candire. P. pass. canditu: candito.

Candìtu e Cannitu. s. m. Tutto ciò che è candito, come frutta ecc.: candito.

Cànditu. Aggiunto a una qualità di zucchero, che è lo zucchero depurato o cristallizzato: candido.

Canesù. s. m. Vestito di donna: casacchino. (Dal Fr.) Victor Hugo ne conta come da quinze-sous, (15 soldi) a Marsiglia n’abbian formato il nome del vestito, che costava proprio tanto.

Cànfara. s. f. T. bot. Pianta che ha le foglie lanceolate, ovate con tre nervi, appuntate, lucide. La canfora che è un olio volatile concreto odorifero si trae da essa pianta: canfora. Laurus camphora L.

Canfaratu. add. Mescolato con canfora: canforato.

Canfaredda o Canfara bianca. s. f. T. bot. Pianta che ha lo stelo molto ramoso: le foglie lineari, piccole, dentate; fiori gialli solitari, peduncolati: santolina. [p. 149 modifica]

Cangiari.V. canciari.

Cani . s. m. T. zool. Animale noto: cane . Canis. L. || – bilugnisi, varietà: cane bolognese . || – braccu, cane che tracciando e fiutando, trova la caccia: cane bracco . || – cirneca o cirnecu, specie di bracco, che segue lungamente le tracce della caccia: segugio . || – spagnolu, varietà: cane spagnuolo . || – corsu, varietà feroce: cane corsico, corso . || lassarisi jiri comu un cani corsu: avventarsi come un cane . || – cani di mandra: can da pastore . || – cani livreri, da lepri: levriere . || – maltisi o – guzzu, varietà proveniente da Malta: botolo . || cani mascaretta V. mascaretta . || – napulitanu o – d’acqua, varietà col pelo lungo, folto e riccio, orecchie a palma e che per lo più va all’acqua: barbone, bracco d’acqua . || – napulitanu, si dice a chi brava colla bocca e poco co’ fatti: can da pagliajo abbaja e sta discosto . || – pilusu: pellicciuto, varietà di cane. || Prov. mentri lu cani piscia, la lebbri si nni va: mentre che il can piscia la lepre se ne va, chi non è sollecito perde le occasioni. || arrispigghiari lu cani chi dormi: destare il can che dorme, suscitar qualcosa che può tornar spiacevole. || jirisinni comu un cani vastuniatu: andarsene come un cane scottato, partirsi confuso, avvilito. || dari a li cani e a li gatti: sciupinare, dissipare, esser sommamente liberale. || si ad ogni cani chi abbaia cci voi tirari ’na petra, nun ti restanu vrazza V. in abbajari . || teniri li cani a la lascia, met. stare alle vedette: tener i cani in lascio o in succhio . || fari fari lu cani ad unu, mandar le cose a lungo: menare il can per l’aja . || vastunati ad iddu o vastunati a li cani, modo prov. minacciar alcuno di rigore come a cane. || aviri di chiddi chi rifutanu li cani: aver lo spasso dei cani, busse o le frutta di frate Alberigo, aver bastonate. || aviti vistu cani fuiri nozzi? dicesi per indicar la prontezza o l’impegno d’imprender cose di nostro gusto. || lu cani vastuniatu si spagna di l’umbra, chi è stato scottato ha paura di ogni cosa. || mai cani mi muzzicau chi nun mi lassau lu pilu, nessuno m’ha fatto male, che io non gliene avessi poscia fatto; ogni uomo vale quant’altro: e’ non mi mordè mai cane, ch’io non avessi del suo pelo . || fari comu lu cani di lu jardinaru chi nun mancia nè lassa manciari: can dell’ortolano, non mangia la lattuga e non la lascia mangiare agli altri, o far come il can d’Altopascio, dicesi degl’invidiosi che non godono e non lasciano godere. || cosi di cani! cose da far disperare! onde fari così di cani: tartassare, far arrapinare, sollazzarsi alle spalle altrui. || ah cani, o ah cani cani o cani perru, dicesi per ingiuria: marrano! figlio d’un cane . E dicesi anco per ischerzo trastullandosi. || travagghiari comu un cani: durar una fatica da cane . || cu’ rispetta lu patruni rispetta a lu cani, o si carizia lu cani pri rispettu di lu patruni: chi ama me, ama il mio cane, chi rispetta alcuno, rispetta le cose di lui. || – chi abbaja assai muzzica pocu . V. abbajari . || mancu a li cani, dicesi di cosa abbominevole, che noi non faremmo o daremmo nemmanco ai cani. || cu’ è bonu cani mancia a lu schifu: chi ha animo non schifa il cimento . || – di chiazza, bastardo, che è di tutte e di nessuna razza: can da strada . || cu’ cu cani si curca, cu purci si leva, chi pratica con uno, si prende de’ vizii e virtù di esso: chi dorme co’ cani si leva con le pulci . || attaccarisi li cani, disporre le cose secondo le proprie vedute: ammannire il terreno . || fari lu cani, incontrar ostacoli ad ogni passo, affaticarsi per ottenere: acciaccinarsi . || a cani frusteri tutti cci abbajanu: a can che fugge, dàgli, dàgli . || cu’ duna lu pani a lu cani d’autru, o a lu cani straniu (o di cui ) perdi lu pani e perdi lu cani (o e lu cani di cchiui ), non è bene largheggiare con chi non vi può favorire od anzi vi può nuocere: chi dà del pane ai cani d’altri, spesso vien abbajato dai suoi, non corrisponde del tutto, ma è di simil effetto quasi. || malu postu cani e gatti, ciò che non è ben custodito è sempre in pericolo: che colpa ne ha la gatta se la massaja è matta? || nun fui cani chi a la casa nun torna, presto o tardi alle vecchie abitudini ci si torna. || ogni cani è liuni a la so’ casa, in casa propria ognuno val di più. || ogni cani abbaja a lu so’ pagghiaru, come sopra: ogni tristo cane abbaja da casa sua . || quannu lu cani è vecchiu la vurpi cci piscia di supra, quando la forza cade tutti son buoni a profittare: quando il leone è morto, le lepri gli saltan addosso . || tantu lu cani joca cu la pezza, fina chi la strazza, certe cose maneggiandosi si guastano, così nel morale. || tinta la peddi di lu cani abbajaturi, guai a’ troppo corrivi di bocca: di can che abbaja molto, trista la pelle . || chiamarisi li cani, battersela: far tela . || abbajari li cani: rimandar via con vitupero una persona. || nun valiri un quagghiu di cani, dicesi a persona che non val nulla: non valere un quattrino . || jurnata, nuttata di cani, tribolatissima. || arraggiari o fari arraggiari com’un cani, far disperare: darsi o far dare ai cani . || dòliri comu li cani, fieramente. || detto ad uomo cattivo, di mal’affare: cane . || Avaro, crudele: cane . || Quel ferro con cui i cavadenti cavan i denti: cane . || Quel ferro del moschetto che tiene la pietra focaia: cane . || Presso i bottai, strumento per tener forte i cerchi mentre si pongon alla botte: cane V. ’mpiccicuta . || T. zool. Pesce che ha nella membrana bianchiostega tre raggi, il ventre coperto da lamine ossee, i fianchi della coda con un margine acuto: gasterosteo, spinello, cane. Gasterostheus L. || vita di cani, tribolata: vita da cane . || essiri di li cani o sulu com’un cani, esser solo al mondo: esser solo com’un cane . || e chi semu ntra li cani? querimonia di chi soffre oltraggi. || arma di cani, dicesi a un crudele, ingrato, dissoluto: figlio d’un cane . || fidi di cani, dicesi a un incredulo, non cristiano. || aviri un cani appizzatu, soffrir acuto dolore. || nun nesciri un cani cu ’na lagrima all’occhiu, dinota il colmo dell’avarizia: non cavar il becco d’un quattrino . || vucca di cani, detto di ferita larga. || lassari moriri comu un cani, lasciar morire come un cane. || detto a cantante, vale cattivissimo. || orvu cani, jimmurutu cani! ecc. ecc. ingiurie che si dànno ai disgraziati che han tali difetti. || di cani e cani: di ripisco, per vendetta; [p. 150 modifica]farila di cani e cani: farla brutta, senza pietà. || nè cani nè gatta, nessuno: nè can nè gatta. || – pri pilu e pri pinna: bracco da fermo e segugio, per fiere e per uccelli. || – di massaria: can da pagliaio, per guardare. || – d’arretufatta: can da ripulita (An. Cat.). || – di fermu: bracco da fermo. || – affamatu nun temi vastuni: can affamato non cura bastone. || quannu ci è tanti cani supra un ossu, lu megghiu chi è teniti arrassu: a pentola che bolle gatta non avvicina, dove ci è pericolo stanne lontano. || nun teniri cani dintra ca nescinu l’ossa fora, gli estranei tradiscon i segreti di famiglia. || – di fauda: canino, quei cani gentili piccoli. || Quando alcuno non ha voglia di compire un affare diciamo: essiri comu lu cani chi nun voli la vulpi.

Caniari. v. a. Fare stizzire, render feroce: accanire. || Infierire.

Caniceddu. V. canuzzu.

Canicìdiu. s. m. Voce di scherzo, uccisione di cane: canicidio.

Canìcula. s. f. Costellazione, e la maggiore stella di essa: canicola, canicula, sirio. || Tempo canicolare che è appresso il sollione: canicola.

Caniculari. add. Appartenente alla canicola: canicolare, caniculare.

Canigghia e Caniglia. s. f. Buccia di grano o biada macinata: crusca. || sparagnari la canigghia e sfragari la farina, prov. buttare via le cose di pregio e tirare sulle cose di meno pregio. || nun jucamu a canigghia: si fa davvero, non si scherza. || panza di canigghia, a chi è panciuto. || farisi ’na canigghia: farsi in minuzzoli, rompersi in mille pezzi. || farisi li vuredda ’na canigghia, provar gran collera: darsi ai cani, arrovellarsi.

Canigghiaru. s. m. Chi negozia crusca: cruscajo. || Vaso da crusca.

Canigghiata. s. f. Un intriso di crusca: cruscata. || Il tritare, la cosa triturata: tritura. || Medicamento di uso esterno composto di crusca bagnata di liquori medicinali. || farisi ’na canigghiata V. canigghia.

Canigghiedda. s. f. Crusca più minuta che esce per la seconda stacciatura: cruschello, tritello, semolella.

Canigghiòla. s. f. Escremento secco, bianco, e sottile che si genera nella cute del capo sotto i capelli: forfora, forfore.

Canigghiottu. s. m. Detto anche pani di cani, pane di farina mescolata con cruscherello: pane inferigno, pan da cane.

Canigghiusu. add. Pien di crusca: cruscoso.

Canigula. (Scob.) V. canigghiola.

Canili. (An. Cat.) s. m. Covacciolo di cane: canile.

Canimi. s. m. Il puzzo che mandan i cani sudici.

Caninanza. V. faccifarìa.

Caninu. add. Di cane: canino. || denti caninu, quello posto tra gl’incisivi e i molari: dente canino. || fami canina: fame rabbiosa. || rugna canina, scabbia di pustole minutissime e di ostinato pizzicore: rognaccia. || a la canina: modo avv., alla disperata: accanitamente.

Cani-perru. s. m. Per ingiuria: marrano! Perro in ispagnolo vuol dir cane, quindi cane-cane.

Caniscu. add. Di cane: cagnesco.

Canitteri. s. m. Colui che custodisce e governa i cani: canattiere.

Canitùtini. s. f. Crudeltà: canità, fierezza.

Canizii. s. f. Vecchiezza: canizie (Mort.).

Canna, s. f. T. bot. Pianta nota: canna. Arundo donax L. || Pertica fatta di canna: canna. || Per sim. quella della gola: canna. || Quella del fucile, della zampogna: canna. || Misura equivalente a metri 2,06: canna. || ovu di canna V. ovu. || Prov. arristari cu ’na canna a li manu, rimaner povero: divenir povero in canna. || misurari tutti cu la sua menza canna, creder tutti secondo la propria supposizione: misurar tutti al medesimo braccio, misurar gli altri colla propria canna. || Vale anche credersi il modello degli uomini. || – masca, vecchia, cascante: canocchio. E met. fiacco, canna vana. Per cannizzola di margiu V. || jirisinni canni-canni, provare gran piacere, vanagloriarsi: andar in solluchero, – in brodetto. || dari canna, o canna vinta, proteggere, far insolentire: dar gambone, dar ansa. || pigghiari canna, abusare della protezione per sopraffare altri: pigliar gambone. || mettiri cu la testa a la canna, apporre altrui malignamente delle falsità: calunniare; dir male d’uno che non sia presente: scardassare, met. || – d’organu, tubo meccanico che soffiato dal mantice dà fiato negli strumenti musicali: tubo. || situatu a canni d’organu: a piramide, come son ordinati i tubi di esso. || – di la pipa: cannello, cannuccia. || fari la facci canni-canni, provar rossore: peritarsi sommamente, imporporare le gote. || a cannastisa, modo avv.: a di lungo, senza interruzione. || canni di ventagliu; quelle assicelle che sostengono la carta e la fanno piegare e spiegare: stecche; canni mastri, le prime del ventaglio, più grosse: bastoncelli, stecche mastre. || – d’innia, canna non vuota, a nodi lunghissimi, di color lionato, che serve a far bastoni: canna d’india. Calamus rotang L. Per dileggiamento si dice agli avaroni: spizzeca, mignella. || canni di la gaggia, ciascuno di que’ regoletti che l’un vicino all’altro attraversano i regoli delle gabbie: gretole.

Cannaca. V. gulera.

Cannacarisi. V. ’ncannacarisi.

Cannaliari. v. a. Dar tormento, travagliare: vessare. || Spandere gran calore: ardere. || Detto di sole nella stagione estiva: scottare. || Intr. Sentir soverchio caldo: abbruciare. || – di frevi: ardere di febbre. || cannaliarisi a ’na banna, fermarsi ad attendere in un luogo senza potersi allontanare: appillottarsi. (Pasq. Dal Lat. candeo: bruciare, quasi candaliari.) P. pass. cannaliatu: vessato. || Appillottato.

Cannamela. s. f. T. bot. Pianta che produce lo zucchero: cannamele. Saccharum officinale L. || Per caramella. Così nel Trapanese.

Cànnamu. V. cànnavu.

Cannara. s. f. Graticcio grande di canne per vario uso: cannajo. || Chiusa di canne nel fiume per pigliar pesci e segnatamente anguille: cannajo. || Vaso di canne ingraticolate per tener grano o simile: cannajo. || Lettiera di canne legate in piano, onde adattarvi lo stramazzo.

Cannarazza. s. f. pegg. di cannara. [p. 151 modifica]

Cannaredda. s. f. dim. di cannara.

Cannarini. V. cannarozzu.

Cannarozzu. s. m. Canna della gola: gorgozzule, strozza, esofago, gargarozzo. || – fausu, la canna de’ polmoni: asperarteria, trachea. || bonu cannarozzu: mangione. || – largu: credenzone, met. || – strittu, infermità che renda difficile la diglutinazione; met. contrario di credulo: assentito e alle volte irragionevole: contradittore. || – di monacu, sorta di pasta lavorata, composta di due fili attortigliantisi: stortini. || farisi lu cannarozzu longu V. coddu. || – stagnatu, dicesi di chi non cura che le pietanze brucino o altro: gola lastricata. || nun arrivari ntra lu cannarozzu, in ischerzo si dice di certe cose delle quali se n’è mangiato poco: non toccare l’ugola. || jiri nta lu cannarozzu fausu: far nodo alla gola. || T. bot. – di s. Paulu, fusto di una pianta arundinacea pieno di una sostanza fungosa, di sapore acre, amarognolo, ma di buon odore, serve alla farmacia: calamo aromatico, canna aromatica. Calamus aromaticus verus o Arundo syriaca.

Cannaru. s. m. Chi fa cannicci, cannai e stuoje. || Per cannara nel secondo senso.

Cannaruni, Cannarutu. add. Che ha il vizio della gola: goloso, golo.

Cannaruzzeddu. s. m. dim. di cannarozzu. || – di monacu V. cannarozzu.

Cannaruzzutu. add. Chi ha gozzo molto apparente: gozzuto.

Cannata. s. f. Colpo di canna: cannata. || Vaso di terra cotta invetriata con una specie di beccuccio e con manico, per uso di bere o altro: boccale. || pigghiari la cannata di lu funnu: vuotarla. || lu vecchiu di li cannati: decrepito, vecchione.

Cannataru. s. m. Venditor di boccali, orci ed altre terraglie: boccalajo.

Cannatazza. s. f. pegg. di cannata: boccalaccio.

Cannatedda. s. f. dim. di cannata: boccaletto. || cannateddi o ugna di gatti. T. bot. Pianta che ha le foglie abbraccianti, il caule a mestola o spatola, papillose: cerinta. Cerinthe major. L.

Cannatuna. s. f. accr. di cannata: boccalone.

Cànnava. s. f. Stanza ove si ripongono e tengon olii e grasce: cànova. || Luogo ove serbansi le botti e il vino: cànova.

Cannavaru. s. m. Colui che ha in custodia la canova: canovajo.

Cannavata. s. f. T. agr. Luogo ove si coltiva la canapa: canapaja.

Cannavazzeddu. s. m. dim. di cannavazzu. || Prov. arrinisciu cannavazzeddu, si dice quando un ragazzo fa da grande e vuole esservi creduto.

Cannavazzu. s. m. Sorta di panno di canape grosso o ruvido: canavaccio, canovaccio. || Qualunque pezzuola di panno inservibile per uso di pulire: cencio, straccio. || – d’oru, tela di canape sopra di cui è ricamato d’oro, in uso oggi per gli arredi sacri: canavaccio di oro, broccato d’oro. || bannera di cannavazzu V. bannera. || Tela molto rada su cui si fanno ricami: canavaccio, filondente, buratto.

Cannaveddu. s. m. dim. di cannavu: canapello.

Cannavetta. s. f. Tela di canape per balle: canapetta.

Cannavettu. s. m. V. cannavetta. || Canape più fino: canapetto. || Garzuolo. || Tela da ricamarvi su V. cannavazzu.

Cannavignu. add. Di canapa: canapino. || Per sim. d’altro filo o tela non di canape ma símilmente forte.

Cànnavu. s. t. T. bot. Pianta che ha le foglie ditate con denti a sega, viscose: canapa, canape. Cannabis sativa L. || La stessa erba seccata e ridotta in filo: canapo.

Cannavusa. s. f. Seme della canapa: canapuccia.

Cannedda. s. f. Pezzuolo di canna, tagliato da un nodo all’altro: cannello, bocciolo. || Quel legno forato a guisa di bocciuolo di canna per attinger il vino dalla botte: cannella. || Piccolo doccione di terra o di piombo dei condotti: cannella, cannone. || Sifoncino d’onde nelle fontane si fa sgorgare l’acqua: cannella, sifone. || – di la gamma, l’osso della gamba: fusolo, stinco. || canneddi d’ossa, generalmente le diverse ossa del corpo, cilindriche, e per lo più piene di midollo: ossa. || Gioco fanciullesco V. canneddu. || T. bot. Spezie di lauro che cresce in India, la cui scorza è un prezioso aromato: cannella. Laurus cinnamomum L. || – di lavuri, lo stelo su cui reggonsi le spighe: gambo della biada. || Per ruccheddu V. || – ’incunfittata, confetti bislunghi con dentro la cannella: cannellino. || canneddi. T. agr. Astucci di bocciuoli di canna che i mietitori pongonsi alle dita della sinistra perchè la falce non le offenda: digitali. || – bianca, T. bot. La seconda scorza dell’albero della cannella; ha i fiori violetti, a cui succede un frutto sommamente aromatico: cannella bianca. ||– ’ngalufarata, T. bot. Scorza accartocciata come la cannella bruna di odore e sapore vicino al garofano, e serve alla medicina: cannella garofanata. || T. tess. Rocchetto su cui è avvolta certa quantità di ripieno, e che gira infilato nello spoletto: cannello. ||jirisinni ’n cannedda, aver la diarrea. || – di la fezza, quella che si pone in fondo dei vasi per trarne la feccia: spina fecciaja.

Canneddu. Sorta di giuoco fanciullesco ponendo in terra una pietra ritta o un bocciuolo di canna (per cui si dice canneddu) su cui pongon il denaro o altro e questo è il sussi; poscia allontanandosi vi tirano con pezzetti di lastra, onde jucari a lu canneddu: far alle murelle, o al sussi. || Per cannellino confetto, V. cannedda ’ncunfittata. || – simpaticu V. cannarozzu di s. Paulu.

Cannettu. (Scob.) V. cuteddu.

Canniari. v. a. Misurare checchessia colla canna. || canniarisi l’ossa di la gamma, ecc. fiaccarsi per lo lungo l’osso, a guisa di canna. || Detto delle api, quando esse vanno e vengon dall’alveare. || Far pelo de’ vasi: incrinare.

Canniatina. V. canniatura.

Canniatu. add. Misurato colla canna. || Fesso a guisa di canna.

Canniatura. s. f. Misurazione colla canna. || Fendimento a guisa di canna. || Incrinatura.

Canniaturi. s. m. Misuratore. || Chi sopraintende nella dogana alla misurazione de’ tessuti per determinarne la tassa.

Cannibbali. s. m. Mangiatore d’uomini, e per estensione, crudele: cannibale. [p. 152 modifica]

Cannici. V. busa.

Canniddinu. add. Del color della cannella: cannella, color cannella, cannellato.

Cannidduzza. s. f. dim. di cannedda: cannelletta, cannelletto, cannellina, cannellino, nel primo, secondo e terzo senso di cannedda.

Canniggiu. s. m. Il misurar a canna. || Misurazione. || Numero delle canne della cosa misurata.

Cannila e Candila. s. f. Cera o sego o altro lavorato, ridotto a bastoncello, con istoppino: candela. || Vaso di varie fogge ad uso d’accendere e far lume: lucerna. || ’n cannila, posto avv., più che vero, non fatturato, dicesi di vino od altro. || essiri ridutti a li cannili, presso a morire: esser in candela. E met. venuto in povertà: esser la candela al verde. || essiri cu la cannila a lu capizzu, modo prov. essere all’estremo della vita: esser al lumicino. || – di sivu, dicesi ad uomo sgraziato, svenevole, scempio. || – di picuraru. T. bot. V. buda, del gambo di essa i fanciulli si trastullano ad accenderlo, poichè il fiore si risolve in lanugine. || essiri comu la cannila chi ad autru luci e sè stissa consuma, de’ troppo generosi che si consumano per altrui: la candela alluma, e se stessa consuma. || cannili, si dicon anche quelle travi che si mettono perpendicolarmente per puntellare qualche tetto cadente. || – di picuraru. T. zool. Mosca che ha nel ventre una luce azzurra, che appare e sparisce secondo essa apre o chiude le ali: lucciola. Lampyris noctiluca L. || Altro insetto che luce similmente ma non vola: lucciolato. || mittirisi a la cannila: struggersi. || fari comu li cannili di li tenebbri, sparire ad uno ad uno.

Cannilaru. s. m. Facitore o venditore di candele: candelaro, candelaio. || Fabbricante o venditor di lucerne: lucernaio.

Cannilata. s. f. Tanta quantità d’olio che possa riempire una lucerna: lucernata.

Cannilazza. s. f. pegg. di cannila: candelaccia. || Lucernaccia.

Cannileri. s. m. Arnese dove si ficcan le candele per esser tenute: candeliere. || Per lucerna. || mittirisi un cannileri pi dd’avanti, modo prov. starsi ozioso spillando i fatti altrui: fare lo stolto. || serviri di cannileri, dicesi a chi non si dà retta nelle deliberazioni: servire da lucerniere. || teniri lu cannileri, star presente ne’ fatti amorosi senza averne parte o anche aiutare tali pratiche: regger il candeliere, tener il lume. || Non prevalere, o non fare prevalere il sentimento di taluno in cosa che dipenda da molti: rimaner o far rimanere colle trombe nel sacco.

Cannilicchia. s. f. dim. di cannila: candelina, candeletta. || Lucernina. || – di picuraru V. cannila di picuraru. || a cannilicchia, modo avv., dicesi del cappello a tre punte: a lucerna. || mancu si ti cercanu cu li cannilicchi, per dire che una cosa non si può trovare.

Cannilireddu, Canniliricchiu. s. m. dim. di cannileri.

Canniliruni. s. m. accr. di cannileri e propriamente quelli grandi delle chiese che tengono i ceri, appiè dell’altare. || Per ischerzo si dice a persona corpulenta e di poco senno: birignoccolo.

Cannilletta. s. f. T. chir. Cilindro di varie dimensioni, che s’introduce nel canale della verga per aprir il passaggio all’urina, quando da sè non vien fuori: candela, sciringa. V. catètiru.

Cannillini. s. m. pl. Confetti lunghi, sottili che per lo più hanno la cannella dentro: cannellini.

Cannilora. s. f. Il due febbraio, festa della purificazione della Madonna, nel quale dì si benedicon le candele: candelora. || Le candele così benedette: ceri benedetti. || Prov. pri la cannilora, di l’invernu semu fora: per la santa Candelora, se nevica o se plora, dell’inverno siam fora.

Cannilotta. s. f. Candela piuttosto grande e grossa, non molto lunga, che serve per le lumiere (ninfi), ventole ecc.: candelotto. E chi le vende candelottajo.

Canniluni. s. m. accr. di cannila. Quelle grosse lucerne a più lumi usati nelle botteghe di commestibili e di grasce. || – di jazzu, un pezzo d’acqua congelata pendente da tegoli, doccioni o altro quando è fioccata neve: diacciuolo, candelotto di ghiaccio. (Fanf. Voc. d. u. Tosc.).

Cannìri. V. candiri.

Cannistra. s. f. Sorta di carrozza. || Cesta piana ad uso di tenervi robe da abbigliarsi: spasa.

Cannistraru. s. m. Facitor di canestri: canestraio.

Cannistrata. s. f. Tanta quantità quanta ne contiene un canestro. || – o cannistratu V. ’ncannistratu.

Cannistrazzu. s. m. pegg. di cannistru: canestraccio.

Cannistredda. s. f. dim. di cannistra.

Cannistreddu. s. m. dim. di cannistru: canestrello, canestretto, canestruccio.

Cannistrineddu. s. m. dim. di cannistrinu: canestrettino.

Cannistrinu. s. m. dim. di cannistru: canestrino.

Cannistru. s. m. Paniero di vimini con isponde poco rilevate: canestro, canestra. || Ciò che è contenuto nel canestro, la quantità: canestro. || vinniri cannistri vacanti, prov.: adulare, piaggiare. || T. pesc. Canestra di vimini, e canne fesse che serve per mettervi il pesce: lavorìo.

Cannistruni. s. m. accr. di cannistru: gran canestro.

Canniteddu. s. m. dim. di cannitu.

Cannittiari. V. cannaliari.

Cannittigghiu. s. m. Striscioline d’argento o di oro attortigliate, s’infilano come perle, e servono ne’ ricami: granone, cannutiglia, cannutiglio; quest’ultime voci provengono dallo spagnuolo. || – rizzu: cannutiglio, granone torto.

Cannitu. s. m. Luogo dove sian piantate canne: canneto. || Per canditu V.

Cannizzaru. V. cannaru.

Cannizzatu. s. m. Palco ricoperto con istuoje di canne rifesse schiacciate, rozzamente intessute e rivestite di un intonaco e poscia anco dipinte: soffitto a stuoja (Car. Voc. Met.). || Per ’ncannizzatu V.

Cannizzeddu. s. m. dim. di cannizzu: graticciuola, graticcino.

Cannizzola. s. f. dim. di canna, e vale anche canna selvatica: cannuccia. || livari li cannizzoli, diradar i canneti tagliando le cannuccie sottili: scannellare. || – ciaurusa V. calamu aromaticu. || Spezie di giunco (Scob.): caretto, [p. 153 modifica]carice, sala. Carese. || – di margi. T. bot. Pianta che ha i calici universali contenenti cinque fiori, e disposti in rada pannocchia, le foglie coi denti a sega: canna palustre o a spazzola o greca. Arundo phragmitis L.

Cannizzu. s. m. Arnese di varie forme tessuto di canne fesse o di vimini od altro, che serve a molti usi: canniccio, graticcio. || Detto per seccarvi frutte o tenervi altro: canniccio, cannajo. || – pri asciucari caci, graticcio sopra cui si ripongono le formelle del cacio: casciaja.

Cannizzuledda. s. f. dim. di cannizzola: cannuccina.

Cannizzulitu. s. m. Luogo piantato a caretti.

Cannòlu. s. m. Cannello o spazio che è nelle canne tra un nodo e l’altro: bocciuolo. ||Ogni altro oggetto di vetro o d’altro fatto a similitudine: tubo, cannello, bocciuolo. || Quel cannellino, a varie foggie, di metallo o d’altro per dove si fa sgorgare l’acqua delle fontane: cannella. || Quei pezzi di canna perforata per riporvi le paniuzze o i panioni: paniaccio, paniacciolo. || Pezzo di canna tagliato tra un nodo e l’altro, o anco che da una parte abbia un nodo: bubbolo. || Per sim. qualunque altra cosa cilindrica ancorchè non vuota, in quest’ultimo caso si dice: rocchetto. || Fetore che esce dalla bocca o di vino, o d’aglio, o di cipolla, ecc. || Certi dolci formati di pasta fina, come cialda accartocciata e ripiena di ricotta, crema, ecc.: cialdoni pieni. ||– di stivala, la parte che copre la gamba: tromba dello stivale. || – di lu mantaciu, quel toppo di legno che termina la estremità anteriore del mantice, ed in cui è piantata la canna: mozzo (primo o largo, z dolce), portacanna (Car. Voc. Met.). || a cannolu, modo avv., a guisa di bocciuolo: a bocciuolo. || fari a cannolu, avvolger intorno a sè: accartocciare. || curriri a cannolu: scorrere a fusone. || jirisinni ’ncannolu, patir flusso di ventre molto. || cannola si dicon anche i capelli inannellati: ricci. || La parte della penna d’oca che si tempera: cannello.

Cannocchiali. s. m. Strumento che serve ad ingrossare gli oggetti lontani: cannocchiale, canocchiale.

Cannularu. s. m. Voce che indica cosa sproporzionatamente lunga e spiacevole. || Lungaggine. || facci di cannularu, dicesi a chi abbia viso lungo, sgraziato e svenevole. || Per incannaturi V.

Cannuleddu. s. m. dim. di cannolu, in pl. ha senso di capelli inannellati: ricciolini. || – d’acqua, insetto nocivo agli orti, che sta sulla terra rodendo le radici delle piante: zuccajuola.

Cannulicchia di mari. s. m. T. zool. Testaceo la cui conca è a guisa di tubo in superiore ed in inferiore parte diviso: cappalunga. Solen L. || – a pinna di gaddina. Laodice punctata.

Cannulicchiu. s. m. dim. di cannolu: boccioletto, cannoncello. || Cannellina, cannellino, cannelluzza.

Cannunata. s. f. Colpo di cannone: cannonata. || Met. Colpo o disavventura improvvisa, straordinaria. || Per ischerzo: peto, coreggia.

Cannunatuna. s. f. accr. di cannunata: forte cannonata.

Cannunazzu. s. m. pegg. o accr. di cannuni.

Cannuncinu. s. m. dim. di cannuni: cannoncino. || T. tip. Spezie di carattere: cannoncino (Car. Voc. Met.).

Cannuneddu. s. m. dim. di cannuni: cannoncello.

Cannunera. s. f. Quell’apertura ne’ muri o sportello ne’ fianchi della nave per dove si spara il cannone: cannoniera. || In marineria è una barca armata di cannoni: cannoniera.

Cannuneri. s. m. T. mil. Chi punta e spara il cannone: cannoniere. || Nella marina è l’uffiziale o altro incaricato dell’artiglieria, e delle munizioni: cannoniere.

Cannunettu. s. m. dim. di cannuni: cannonello. || Sorta di morso a foggia di cannone da tener in bocca ai cavalli, ed anche menzu cannuni: cannoncino.

Cannuni. s. m. Canna grossa e lunga più dell’altre. || – di stenniri, met. persona assai alta e non grassa: sperticato. || T. mil. Pezzo di artiglieria cilindrico che serve a lanciar palle grosse: cannone. || Sorta d’imboccatura del morso del cavallo: cannone. || T. tip. Sorta di carattere: cannone (Car. Voc. Met.). || cannuna, sono le viti in cinque o sei legate alla canna e a pergolato.

Cannuniamentu. s. m. Cannoneggiamento.

Cannuniari. v. intr. Sparar cannonate: cannoneggiare. || att. Abbattere con cannonate: scannonezzare (z dolce) P. pass. cannuniatu: cannoneggiato. || Scannonezzato.

Cannuniata. V. cannuniamentu.

Cannuttigghiu. V. cannittigghiu.

Cannutu. add. Imbrattato, sudicio.

Cannuzza. s. f. dim. di canna: cannuccia. || – di la gaggia, quelle cannucce che l’una vicino all’altra fan sì che l’uccello rimanga chiuso nella gabbia: gretola.

Canonacali. add. Di canonico, appartenente a canonico: canonicale.

Canonacatu. s. m. Grado chericale, dignità e prebenda: canonicato.

Canònacu. s. m. Che ha canonicato: canonico. || – regolari, religioso con titolo ed insegne canonicali: canonico regolare. || aviri li canonaci V. murriti.

Cànoni. s. m. Regola: canone.|| T. mus. Breve composizione in una sola cantilena che le parti cantano insieme cominciandola però in qualche distanza di tempo l’una dall’altra: canone. || Leggi pontificie ordinate dai papi o da’ concili: canoni. || Quella parte della messa che comprende la consagrazione: canone. || Certa prestazione annua che pagano coloro che tengon a livello case o poderi al loro padrone: canone. || T. tip. grossu canuni V. cannuni.

Canònica. s. f. Abitazione di canonici: canonica. || Diritto canonico: ragion canonica.

Canonicamenti. avv. Regolarmente, secondo i canoni: canonicamente.

Canonicatu. V. canonacatu.

Canonicità. s. f. Qualità di ciò che è canonico: canonicità.

Canonicu. add. Attinente a canone: canonico. || Legittimo, secondo i canoni: canonico. || libbra canonici, quelli della sacra scrittura: libri canonici. || impedimentu canonicu, secondo il dlritto canonico: impedimento canonico. || {{Sc|uri [p. 154 modifica]canonichi, l’uffizio divino degli ecclesiastici: ore canoniche.

Canonista. V. canunista.

Canonizzari. v. a. Atto che fa il papa di ascriver un defunto tra’ santi: canonizzare. P. pass. canonizzatu: canonizzato.

Canonizzazioni. s. f. Il canonizzare: canonizzazione.

Canoru. add. Che sa cantare: canoro (Mort.).

Canottu. s. m. T. mar. Piccola barca a remi a servizio di una maggiore: palischermo, schifo, lancia, canotto (Car. Voc. Met.).

Cansarisi. V. canzarisi.

Cansiarisi. V. canziarisi.

Cansirru. V. cacicia.

Cansu. V. canzu.

Cantàbbili. s. m. T. mus. Composizione lenta e sostenuta: cantabile.

Cantàbbili. add. Che può cantarsi: cantabile. Sup. cantabbilissimu: cantabilissimo.

Cantacuccu. tagghiari a cantacuccu, tagliar i rami agli alberi fino al tronco: scapezzare, tagliar a corona. || Prov. oggi tuttu e dumani cantacuccu: oggi leone e domani coglione.

Cantimplora. V. bozza: cantimplora.

Cantanti. verb. m. e f. Chi o che per professione canta: cantante. || add. V. cantari.

Cantaraneddu. s. m. dim. di cantaranu: cassettoncino (Tomm.).

Cantaranu. s. m. Arnese di legname in forma di cassa grande ma alta, con sopra la lastra di marmo, ed ha parecchie cassette che si tirano per dinanzi: cassettone, canterano.

Cantararu. s. m. Venditore di vasi da notte.

Cantarata. s. f. Tutta la quantità di materia contenuta dal pitale.

Cantareddu. s. m. dim. di càntaru: piccolo pitale, cantarello. || Per ischerzo di chi canta volentieri: canterino.

Cantari. v. intr. e a. Mandar fuori la voce con melodia e suoni regolati ecc. e dicesi dell’uomo e dell’uccello: cantare. || Dir aperto il proprio sentimento: cantare. || Parlandosi di scritture, contratti. ecc. esprimere chiaramente la cosa di che si tratta: cantare. || Prov. bedda carta mi canta ’n cannolu V. carta. || lassari cantari, lasciar dire, non dar retta, non curare: lasciar cantare. || cantarila, ridire i fatti altrui, e quelli che potrebbero pregiudicare: sbrodettare, cantar d’ajolfo. || jirisilla a cantari, far la spia: rifilare. || ...... l’auceddu ntra la gaggia, nun canta pr’amuri ma canta pri raggia: ...... l’uccelletto in gabbia, non canta per amore ma per rabbia. || Prov. quannu si canta e si frisca è signu ca la spisa si vusca, verissimo. || nun essiri bonu a fari cantari un orvu, non aver mezzi: non avere un quattrino da far cantare un cieco. || – e purtari la cruci ’n coddu, avere il male e doverlo tacere o avere il soprassello. P. pres. cantanti: cantante. P. pass. cantatu: cantato.

Cantariari. v. intr. e a. Cantar a ogni poco e male: canterellare, cantacchiare. || Vuol dir anche vender a quintali onde il modo avv. a cantariari, cioè all’ingrosso.

Cantaridduzzu. s. m. dim. di cantareddu: pitale piccolissimo.

Cantàridi. s. f. T. zool. Genere d’insetti che hanno le antenne fine, setolose, il torace marginato, e più corto del capo; di questi insetti havvene sessanta specie: cantaride, canterella. Cantharis L.

Cantarina. s. f. Chi canta: cantatrice.

Càntaru. s. m. Vaso di terra per deporvi gli escrementi: pitale, cantero. || pezza di cantaru V. bannera di cannavazzu.

Cantàru. s. m. Cento rotoli dell’abolita misura, ora corrisponderebbe a 80 chilogrammi: cantàro, quintale. || vinirisinni a cantàru, modo prov. T. legn.: strapiombare precipitosamente.

Cantata. s. f. Il cantare prolungato: cantata. || Composizione musicale: cantata.

Cantatedda. s. f. dim. di cantata: cantatina.

Cantaturi –trici. verb. m. e f. Chi o che canta: cantatore –trice.

Canterchiu (Di. posto avv.: di soppiatto, di nascosto.

Cantiari. v. a. Trar da parte: cansare. || Rifl. Allontanarsi, schivare: cansarsi. || Camminar rasente i lati della strada onde evitare la fanghiglia: rasentar i canti. P. pass. cantiato: cansato.

Càntica. s. f. Uno de’ libri della Bibbia: cantica. || Composizione poetica: cantica.

Canticchiu. V. canticeddu || di canticchiu: sotto mano, di nascosto.

Canticeddu. s. m. dim. di cantu: canticello, cantuccio, cantino.

Cànticu. s. m. Componimento poetico fatto in rendimento di grazie a Dio: cantico.

Cantiddu. s. m. dim. di cantu, angolo interno, nicchia: cantuccio.

Cantilèna. s. f. Canto lungo, lento e nojoso: cantilena. || Composizione musicale: cantilena. || Quel canto che si usa per addormentar i fanciulli: cantilena. || Cadenza della pronunzia.

Cantina. s. f. Luogo sotterraneo ove si conservan le botti di vino: cantina.

Cantinedda. s. f. dim. di cantina: cantinetta.

Cantineri –era. s. m. e f. Chi ha cura della cantina: cantiniere –era.

Cantinetta. V. cantinedda.

Cantòrchiu. V. canterchiu.

Cantu. s. m. Armonia espressa con voce, l’atto del cantare: canto. || Arte di cantare: canto. || Parte di poema: canto. || Prov. a li pinni ed a lu cantu si canuscinu l’aceddi e a lu parrari li boni ciriveddi: al canto l’uccello, al parlar il cervello. || oggi in cantu, dumani in chiantu: oggi in canto, domani in pianto, si dice dello incerto avvenire e delle mutazioni.

Cantu. s. m. Banda, parte, lato: canto. || Angolo: canto. ||di cantu mio, tuo, sò: dal canto mio, tuo, suo, per quanto è a me, a te ecc. || lassari a unu di cantu, por da banda chicchessia: lasciar da canto. || pigghiari cantu cantu o orru orru, cansarsi senza farsi vedere: sottrarsi bel bello. || mettiri di cantu, metter da banda: metter da canto. || canti canti, posto avv., dai lati: lateralmente. || di cantu, modo avv.: da canto, a parte.

Cantunara. s. f. «Potrebbe stare per cantunera (cantonata); e potrebbe significare canzone, facendola venire da cant’un’aria.... questa seconda spiegazione parmi colga meglio nel segno.....» (Salomone-Marino a pag. 32 de’ Canti popolari siciliani). [p. 155 modifica]

Cantuneddu. s. m. dim. di cantuni.

Cantunera. s. f. L’angolo esteriore delle fabbriche, capo di strada: cantonata. || Ciò che è posto ai cantoni d’alcuna casa ossia negli angoli: cantonata. || pari cadiri cantuneri, lode sperticata che si dà a bellezze grandi, o a spacconerie o a parole pungenti. Nei Canti popolari Toscani del Tigri vi è: eccomi giunto a questa cantoniera, ecco un esempio italiano dove cantoniera sta per cantonata.

Cantuni. s. m. Sorta di stipo situato agli angoli delle stanze: cantoniera. || Per stracasu V. Così nel Trapanese. || Per cantone. V. cantuniari.

Cantuniari. (Pasq.) Lanciar cantoni: lapidare. Questa voce fa supporre che anco in Siciliano il cantone dovrebbe dirsi cantuni.

Canturi. s. m. Cantatore: cantore. || Uffizio particolare nel coro della chiesa; colui che esercita il lettorato: cantore.

Canturinu. s. m. Arnese di chiesa su cui metton il messale o altro libro, quando cantano: leggìo.

Cantùsciu. V. andriè. || T. parr.: V. càmmiciu.

Canumi. V. canimi.

Canunacali. V. canonacali.

Canunacatu. V. canonacatu.

Canunachissa. s. f. Monaca non obbligata a clausura, nè a voti perpetui: canonichessa.

Cànuni. V. canoni.

Canunista. s. m. Dottore in ragion canonica: canonista.

Canuscenti. add. Che conosce; noto per conoscenza: conoscente.

Canuscenza. s. f. Notizia, contezza: conoscenza. (A. V. ital. canoscenza è nel Tesoretto). || Familiarità, pratica con qualcheduno: conoscenza. || Persona che si conosce: conoscenza (voce d’uso, Fanf.). || fari canuscenza cu unu, conoscerlo, contrarre quasi un principio d’amicizia: far la conoscenza di uno. || aviri canuscenza, esser buono o perito in alcuna cosa: intendersene. Aver notizia: aver sentore, conoscere. || dari canuscenza: far assapere, dar conoscimento. Rammentar altrui un’antica pratica obbliata: ravvisare.

Canuscibbili. add. Da potersi conoscere: conoscibile.

Canuscimentu. s. m. L’atto del conoscere: conoscimento. (A. V. ital. canoscimento è in Dante da Majano).

Canùsciri. v. a. Apprendere coll’intelletto l’essere degli oggetti da distinguerli dai simili e potere ricorrere alla impressione rinnovata al medesimo atto: conoscere. S’usa anco intr. (A. V. ital. canoscere l’usò Dante). || Distinguere, scernere: conoscere. || farisi canusciri pri una cosa o ass. farisi canusciri: farsi scorgere per chicchessia, farsi scorgere, far le solite cose onde altri se ne faccia un’idea. P. pass. canusciutu: conosciuto.

Canuscituri. verb. Chi conosce: conoscitore.

Canusciutamenti. avv. Con conoscimento: conosciutamente.

Canusciutissimu. add. sup. di canusciutu: conosciutissimo.

Canuzzu. s. m. di cani: canuzzo, canuccio, canino, cagnuccio. || – nicu: cagnucciolo. || Cane d’archibugio V. cani. || Strumento da cavar denti V. cani. || facci di canuzza mascaretta, si dice a chi abbia il viso corto e il naso schiacciato: simo, camuso.

Canzarisi. v. intr. pass. Allontanarsi, discostarsi: cansarsi. || Rifuggire. || – ’na cosa: evitarla, cacciarla da sè. P. pass. canzatu: cansato. Da canzu V.

Canzeu. s. m. Così a Nicosia una specie di cesta: corbello.

Canziari. v. intr. Metter da banda: tirar da canto. || Evitare. || Intr. pass. Ritrarsi da parte: cansarsi. P. pass. canziatu: messo da parte. || Evitato. || V. canzarisi.

Canzu. s. m. Banda, lato, parte: canto. || Comodo, facilità: destro.

Canzuna. s. f. Genere di poesia: canzona, canzone. || ripetiri sempri la stissa canzuna: ripicchiarvi su. || nun la senti navarra sta canzuna, modo prov. per dinotar la renitenza altrui in far checchessia. M’immagino nato questo modo fin dalla spoliatrice dominazione Spagnuola o Navarrese. || mettiri ’n canzuna: metter in canzone, burlare; far diventar alcuno favola del pubblico: voler uno in canzone.

Canzunazza. s. f. pegg. di canzuna: canzonaccia.

Canzuncina, Canzunedda, Canzunetta. s. f. dim. di canzuna: canzoncina, canzonella. canzonetta.

Canzuneri. s. m. Raccolta di canzoni: canzoniere.

Càos. s. m. Confusione universale della materia pria che il mondo fosse ordinato: caos. ||Nell’uso, confusione qualunque: caos.

Capaci. add. Idoneo a contenere: capace. || Fig. Atto a capire, comprendere: capace. || Acconcio, che può fare: capace. || Convinto, persuaso: capace. || fari capaci a unu, persuaderlo: far capace uno. || Abile, esperto: capace. || Per atto di minaccia s’usa p. e. sarrìa capaci di....: sarei capace di... || è capaci si usa in significato conjetturale, o anco ad accennare probabilità che una cosa sia così o così, p. e. jamu ddà, è capaci ca si cci trova iddu: andiamo là, è capace che ci si trovi lui. || farisi capaci, capire, capacitarsi: farsi capace. Sup. capacissimu: capacissimo.

Capacitari. v. a. Render capace, persuaso: capacitare. || Rifl. Divenir capace, persuaso: capacitarsi. P. pass. capacitatu: capacitato.

Capacità e Capacitati. s. f. Astratto di capace, attezza a contenere; e parlandosi d’ingegno, attezza a capire, a comprendere, a intendere: capacità, capacitade, capacitate.

Capanna. s. f. Stanza di frasche o paglia per ricoverarsi la notte o da tenervi strame o altri usi: capanna. || Dove gli uccellatori si nascondono: capanno. || Per sim. ogni tugurio di contadino: capanna.

Capannazza. s. f. pegg. di capanna: cupannaccia.

Capannedda. s. f. dim. di capanna: capannella. || Quella ove l’uccellatore si nasconde: capannello (a Firenze).

Capannuzza. s. f. dim. di capanna: capannuccia.

Caparbiaria. s. f. Ostinazione: caparbieria, caparbiaggine.

Caparbietà e Caparbietati. s. f. Ostinazione: caparbietà, caparbietade, caparbietate.

Capàrbiu. add. e s. Ostinato: caparbio.

Caparra. s. f. Parte di pagamento della [p. 156 modifica]mercanzia che si fa per assicurare l’adempimento del mercato: arra, caparra. || Fig. Pegno o prova di sicurezza per l’adempimento di checchessia: caparra. || Per mariuolo, figuro.

Caparredda, Caparrina. s. f. dim. di caparra: piccola caparra.

Caparru. V. caparra. || ti vogghiu dari un caparru, è una minaccia e talora giocosa.

Caparrunazzu. s. m. pegg. di caparruni: furfantaccio.

Caparruneddu. s. m. dim. di caparruni: furfantello.

Caparruni. s. m. Persona di mal’affare: furfante, birbante. || Chi lascia giacer altrui disonestamente nel proprio talamo: becco. || Cappa contadinesca: capperone.

Capazza. indecl. nun capiri, ’un sentiri, nun sapiri ’na capazza, non capire ecc. alcuna cosa: non capire, non sentire, non saper buccicata, una maledetta, una malandrina.

Capiari. v. a. Separare da una massa alcuni oggetti: scerre, sceverare. || Collocare i libri o altri oggetti uno per un verso e l’altro per un altro, dovendosi far un mazzo, perchè non vengan tutti i dossi, o le parti più grosse, tutte da una parte.

Capibbili. add. Che si può capire: capevole, comprensibile. Sup. capibbilissimu: comprensibilissimo.

Capicchiu. s. m. La punta della mammella onde esce il latte: capezzolo.

Capicciola. s. f. Filato di seta stracciata: filaticcio. || Materia grossa e liscosa che si trae dalla prima pettinatura del lino: capecchio.

Capiceddu. s. m. dim. di capu, nel senso di fune T. mar. Cavetto. || Piccolo capo, capitolo: capetto, capitolino. || Capo della matassa, piccolo bandolo.

Capicollu. V. capucollu (An. Cat.).

Capiddaru. add. Colore simile al castagno, così detto perchè i capelli hanno spesso tal colore: capellino. || V. capillanti.

Capiddati. pigghiarisi a capiddati: pigliarsi pei capelli, accapigliarsi. || fari a capiddati (Meli): far a’ capelli, accapigliarsi.

Capiddatura. s. f. La qualità della capelliera (Tomm.): capigliatura, capellatura.

Capiddazzu. s. m. pegg. di capiddu: capellaccio.

Capiddera. s. f. La foltezza, lunghezza della capigliatura (Tomm.): capelliera.

Capiddicchiu. V. capidduzzu.

Capiddu. s. m. Pelo del capo umano: capello. || pigghiarisi pri li capiddi, azzuffarsi: pigliarsi pei capelli. || farisi lu cori quantu un filu di capiddu, smarrirsi: farsi il cuore quanto un chicco di panico. || mittirisi li manu a li capiddi, modo prop. non sapere come uscire da un imbarazzo, confondersi dei molti affari: avvilirsi, confondersi. E per racconciare con fatica gli altrui errori, cercar di ridurre in buono stato una casa guasta: ripescar le secchie. || arrizzarisi li capiddi, effetto di spavento, od orrore: arricciartisi i capelli, i crini. || nun jiricci un capiddu a versu, esser sommamente agitato, e smarrito per turbamento di animo, o per qualche affanno o disgusto: darsi pena, tribolarsi. E anco nel senso di: andargli tutto male. || gudirisi lu capiddu di la testa, modo prov. aver la pienezza d’ogni contento: viver felice o nella bambagia. || Tutti i capelli del capo insieme: capellatura. || capiddi di lu furmentu d’innia: pannocchia. || Prot. ogni capiddu addiventa un travu: ogni capello diventa un trave, quando per piccole cose si fa gran puzzo. || – sfusi: sciolti. || teniri pr’un filu di capiddu, modo prov. per dire che tien per poco: tener a un fil di seta, star sui trampoli. || veniri a li capiddi: venir alle prese. || fari una cosa tirata pi li capiddi: far una cosa tirata pei capelli, indotto per forza. || – d’ancilu, radice di scorzoniera candita, o pezzi di zucca tagliati a cilindro e confettati: candito. || Sorta di pasta fina di minestra: capellini. || – di la maddalena. T. bot. Pianta che ha le foglie reniformi, con cinque lobi; i fusti pendenti; i fiori solitari con coda: cimbalaria, erba piattella. Antirrhinum cymbalaria L.

Capiddutu. add. Chi ha molti capelli: capelluto.

Capiddu-vènniru. s. m. T. bot. Pianta medicinale che nasce nei luoghi ombrosi ed umidi. È molto pettorale e diuretica, e se ne fanno sciroppi: capelvenere. Adianthum, Capillus Veneris L.

Capidduzzu. s. m. dim. o vezz. di capiddu: capellino.

Capienza. s. f. Capacità, attezza a contenere.

Capifuscu. V. capufuscu.

Capillanti. s. m. e f. Chi lavora in capelli: parrucchiere –era.

Capillari. add. Simile a capello: capillare. || vini capillari, quelle picciolissime: vene capellari. || tubi capillari, quei tubi di vetro più che si può piccoli: tubi capillari.

Capillu. V. capiddu. Così in alcuni luoghi.

Capimentu. s. m. Il capire: capimento. || Sufficienza, bastevolezza. || Abbondanza. || Destro. || nun aviri capimentu: non avere occasione.

Càpiri. v. intr. Aver luogo sufficiente, entrare: càpere, capire. || nun capiri ntra li robbi: esser più che contento, non capire in sè stesso nella pelle. || nun capiricci mancu n’agugghia, dicesi di una folla grande: non ci capirebbe un chicco di panico. || io nta sta cosa nun ci capu, non vi ho parte o colpa. || ora chi cci capi, o chi cci capia stu scoppu? stu bugghiolu? specie di riprensione a chi abbia stranamente fallato: com’entrare o come calzare tal pecoraggine, tale scerpellone. || sta cosa a mia nun mi po’ capiri: tal cosa non mi ci entra, non so intenderla. P. pass. caputu: capito.

Capìri. v. a. e intr. Comprendere coll’intelletto: capire. || Giudicare, portar sentenza p. e. questo mi cape o non mi cape nell’animo, nel giudizio. || Capacitarsi. P. pass. capitu e caputu: capito.

Capistratura. (Scob.) Azione degna di capestro: capestreria.

Capistreddu. s. m. dim. di capistru: capestrello.

Capìstru. s. m. Fune con cui si legano gli animali, laccio da strozzare: capestro.

Capitaleddu. s. m. dim. di capitali: piccolo capitale.

Capitali. s. m. La sorte principale, il fondo, quella quantità di danaro che s’investe: capitale. || Valsente. || Metropoli di un regno o provincia: capitale (voce d’uso). || fari capitali, fare stima, far cont o: aver a capitale . [p. 157 modifica]fari nuddu capitali di alcunu, non potere usarne o servirsene in alcun modo. || dari una cosa ’n capitali, quel che costa, senza guadagno: dare pel capitale.

Capitali. add. Del capo: capitale. || pena capitali, della testa: pena capitale. || nnimicu, odiu, nnimicizia capitali, grande, mortale: nemico, odio, nemicizia capitale. Sup. capitalissimu: capitalissimo.

Capitalicchiu. s. m. dim. di capitali.

Capitalista. s. m. e f. Persona che ha danaro: ricco, facoltoso, agiato.

Capitalizzari. v. a. A un frutto, a una rendita assegnare, in ragione d’un tanto per cento, il corrispondente capitale: capitalizzare (Ugolini il riprende).

Capitalmenti. avv. In modo capitale: capitalmente.

Capitaluzzu. s. m. dim. e vezz. di capitali: capitaluccio.

Capitana. s. f. e add. Nave che porta lo stendardo sotto del quale vanno le altre: capitana.

Capitanarìa. s. f. e add. Capitananza: capitaneria.

Capitanatu. V. capitanìa.

Capitanìa. s. f. Uffizio o dignità di capitano: capitanìa, capitanato.

Capitaniata. V. capitanìa.

Capitanissa. f. di capitanu: capitanessa.

Capitanu e Capitaniu. s. m. Grado fra’ militari: capitano. || – di la cità, antico magistrato per la sicurezza pubblica come oggi il Questore: Capitano del popolo, Giustiziere. || – di la gran curti, antico ministro della giustizia pei nobili: bargello dei grandi. || – di navi, il comandante il legno: capitano di nave. || – generali, che ora si dice generali: capitan generale. || Per ischerzo: pitale.

Capitari. v. intr. Venire in un luogo e per lo più accidentalmente: capitare. || – a ’na banna: capitar a un luogo. || Per sim. Avvenire, accadere: seguire, succedere. || Chiappare. || Intr. Venir al cospetto d’alcuno: capitar innanzi a qualcheduno. || Cader nelle mani della giustizia: esser preso. || Vincer al giuoco, o altrimenti guadagnare qualcosa fuori dell’ordinario: buscacchiare. || Appropriarsi nascostamente qualcosa altrui: rubacchiare. || fari capitari ’na cosa a unu, fargliela avere: fargliela ricapitare. P. pass. capitatu: capitato. || Seguìto. || Chiappato. || Buscacchiato. || Rubacchiato.

Capiteddu. s. m. La parte superiore che è il capo della colonna: capitello. || T. rileg. Quei correggiuoli che son nelle teste dei libri: capitello. E l’attaccagnolo dei segnali che si pongon in essi: bruco. || Lisciva o cenerata forte che serve a diversi usi: capitello.

Capitìmula. s. f. Occasioncella, appiccico. || dari ad unu capitimula di...: dar appicco, occasione. || circari capitimula ad unu, cercar ogni piccola cosa per fargli male: cogliergli cagione addosso. || Per capitinia V.

Capitinia e Caputinia. s. f. Caperozzolo, bottoncino o ingrossamento alla estremità superiore del fuso cocca. (Da caput).

Capitulari. v. intr. Far capitoli di convenzione e per lo più il trattare di quelli soldati che si arrendono: capitolare. P. pass. capitulatu: capitolato.

Capitulari. add. T. eccl. Appartenente a capitolo di canonici o claustrali: capitolare.

Capitulazioni. s. f. Il capitolare: capitolazione.

Capitulazzu. s. m. pegg. di capitulu: capitolaccio.

Capituleddu, Capitulettu, Capitulicchiu. s. m. dim. di capitulu: capitoletto, capitolino.

Capìtulu. s. m. Parte della scrittura, così detta dal ricominciarsi da capo: capitolo. || Componimento in terza rima: capitolo. || Corpo dei canonici, e l’adunanza dei medesimi: capitolo. || L’adunanza dei frati o d’altri religiosi: capitolo. || Il luogo ove si radunan i frati, i canonici: capitolo. || Breve lezione che gli ecclesiastici recitan dopo certi uffizi: capitolo. || Prov. nun aviri vuci in capitulu, non aver autorità in tal cosa: non aver voce in capitolo. || capituli di lu regnu, antiche disposizioni governative.

Capituni. s. m. Sorta di seta più grossa e più disuguale dell’altra: capitone. || T. zool. Pesciatello senza lische, bianco, di capo grosso, sta nell’acqua dolce: ghiozzo.

Capizza. s. f. Fune o cuojo col quale si tien legato pel capo il cavallo o simile: cavezza. || – di moru, mantello di cavallo, sagginato scuro, con testa nera: cavezza di moro.

Capizzàgghia. V. capizzuni.

Capizzana. V. furbaria. || Busto di camicia da donna. || V. capizza.

Capizzali. s. m. Lo aggregato di immagini sacre che i fedeli tengonsi al muro sul capezzale: capo del letto. || Spezie di guanciale lungo e stretto: traversino.

Capizzata. s. f. Colpo dato col capo: capata. (Sp. cabezada). || Colpo di cavezza: cavezzata.

Capizzu. s. m. La parte del letto dove è il capezzale: il da capo. || Guanciale lungo quanto è largo il letto: capezzale. || dormiri a capizzu, modo prov. riposare in sulla diligenza altrui: dormire con gli occhi altrui. || cunzari lu capizzu, recar male ad alcuno per lo più col rapportar ai superiori o alla polizia il fallo vero o falso di quello: servir di coppa o di coltello, ovvero: far le scarpe ad uno.

Capizzunata. T. cavall. Botta di mano con tutta la forza del cavalcatore: scapezzonata. || Met. Riprensione: sbarbazzata.

Capizzuneddu. s. m. dim. di capizzuni: cavezzuola.

Capizzuni. s. m. Arnese che si mette sopra il naso dei cavalli per maneggiarli: cavezzone, capezzone.

Capizzutu. add. Di soverchio ardire: temerario. (Sp. cabezudo: caparbio).

Capocchia. V. capazza.

Capona. s. f. Sorta di suono, o ballo che usava la plebe stando in galloria. || Met. Disdetta, avversità.

Cappa. s. f. Specie di mantello che ha il cappuccio dietro, usato da certi frati: cappa. || T. mar. Situazione d’una nave che per un ventaccio contrario è obbligata ad ammainar tutte le vele, fuorchè una o due delle più piccole: cappa. || Prov. pri un puntu Martinu persi la cappa, per esprimere che una minuzia può far perdere un negozio, una cosa grande: per un punto Martin perdè la cappa. || Paramento sacerdotale: piviale. || – di ciminia, di lu caminu, [p. 158 modifica]quella parte che immediatamente sopra come una campana raccoglie il fumo acciocchè vada via pel tubo: cappa del camino. || – magna, ampia veste di cerimonia dei dignitarii ecclesiastici: cappa magna. || vidiri la cappa mala tagghiata, modo prov. accorgersi d’una cosa mala incamminata: veder la mala parata. || Prov. nè omu sutta cappa, nè fimmina sutta strazza, dallo esterior portamento, non conviene giudicare del merito intrinseco: mal si giudica il cavallo dalla sella. || mettiri unu in cappa e spata, metterlo in ridicolo. || essiri dottu cu li cotti e cappi, esser eccellente nella sua dottrina.

Capparrinu. s. m. T. agr. Terreno magro che è poco manco che sasso schietto, quale aman le viti: calestro.

Cappata. s. f. Coperta.|| – di pici, cira ecc.: coperta di pece, cera ecc. || Per pappata V.

Cappavesti. (Scob.) V. tabbarru.

Cappari! Voce esclamativa di ammirazione: capperi!

Cappeddu. s. m. Coperta del capo: cappello. || Fig. Copertojo: cappello. || Dignità del cardinalato: cappello. || Nelle stamperie è quell’asse che tien unite da capo le cosce del torchio, e gli serve di finimento: cappello. || T. arch. Quel copertojo dei condotti dei camini, posto per iscemar l’apertura o sfogo, acciò il fumo abbia l’esito più facile: cappello. || – di lu tusellu: baldacchino. || amicu di cappeddu: amico di starnuto, amico di saluto. || si facissi cappeddi e birritti, l’omini nascirrianu senza testa, per esprimere quando uno ha la fortuna affatto contraria: a chi è disgraziato gli tempesta nel forno. || tali cappeddu, tali ciriveddu, forse, dal modo di portar il cappello si conosce che saviezza si abbia, o moralmente dal capo si apprezza il corpo. || cu lu cappeddu chi haju ti pozzu salutari, modo prov. per protestare di non poter fare nulla oltre alle proprie forze. || T. agr. Quell’ammasso di graspi, bucchie, ecc. che si forma alla superficie del tino per effetto della fermentazione che porta in su queste materie: cappello (Pal. Voc. Met.). || – di lu lammicu, la parte superiore: cappello del tamburlano. || – a tri pizzi, cappello da prete: cappello a tre punte – a tre venti – a tre acque, nicchio, lucerna. || Parole che precedono un articolo di giornale nel quale si espongono le ragioni che inducono il direttore a pubblicarlo: cappello. || Prov. tinta dda casa chi nun havi cappeddu, cioè dove non vi è uomo.

Cappella. s. f. Luogo nelle chiese o case dov’è l’altare per celebrare: cappella. || Piccola chiesuola od oratorio: cappella. || La moltitudine di musici deputati a cantare in una chiesa: cappella. || mastru di cappella, colui che regola cantanti e sonatori delle cappelle: maestro di cappella. Usasi anche fig. || – reali, palatina, dicesi dell’assistenza in soglio che fa il re o il rappresentante mentre si celebra la messa. || Quella suppellettile di chiesa necessaria a cantar una messa solenne. || La cappella delle prigioni, in cui i rei di morte nei giorni precedenti al loro supplizio si preparan a ben morire, onde essiri ’n cappella, essere presso ad esser ammazzato; e fig. prossimo a disbrigarsi da un affare.

Cappellanu. V. cappillanu.

Cappellu. V. cappeddu.

Cappiddata. s. f. Tanta quantità di roba quanto n’entra in un cappello: cappellata. || Per scappiddata V. || Colpo di cappello.

Cappiddazzu. s. m. pegg. di cappeddu: cappellaccio. || Colui che ostenta vita spirituale: bacchettone. || – paga tuttu, modo prov. quando la spesa che dovrebbe farsi da molti o che pare la si faccia da molti poi ricasca sopra uno: bue paga tutto (così udii dire non mi ricordo più in qual luogo del continente). || fari cappiddazzu, lo dicon i ragazzi quando nel girar la trottola, dopo averla sfilata, essa rimane in terra senza girare: far cappellaccio (di Giovanni, Modi scelti).

Cappiddera. s. f. Custodia ove si tengon i cappelli: cappelliera. || Moglie del cappellajo: cappellaja.

Cappidderi. s. m. Facitore o venditor di cappelli: cappellajo. || si junceru li tincituri e li cappidderi, maniera che morde lo affratellarsi di due tristi ovvero di due balordi.

Cappiddìcchiu. s. m. dim. di cappeddu: cappelletto. || Cappello consumato, di poco conto: cappelluccio.

Cappidduni. s. m. accr. di cappeddu: cappellone.

Cappidduzzu. s. m. dim. e vezz. di cappeddu: cappellino.

Cappillanìa. s. f. Il beneficio che gode il cappellano: cappellania.

Cappillanu. s. m. Prete che uffizia cappella, od ha beneficiato di cappella: cappellano. || – militari, prete che ufficia presso l’esercito: cappellano militare.

Cappilletta. s. f. dim. di cappella: cappelletta.

Cappillettu. T. vet. Sorta di malattia che vien al cavallo nelle gambe di dietro: cappelletto.

Cappillettu. s. m. dim. di cappeddu o cappellu: cappelletto. || Pezzo di cuojo grosso posto in fondo della scarpa per sostener il tomajo: cappelletto. || Cappello da donna fatto di diverse fogge: cappellino.

Cappillinu. s. m. dim. di cappeddu o cappellu: cappellino.

Cappilluni. s. m. La parte principale degli edifizî sacri: tribuna.

Cappilluzza. s. f. dim. di cappella: cappelluccia.

Cappita! Voce denotante meraviglia o ammirazione: cappita!

Cappotta. s. f. Mantello per lo più di panno lano, di varie fogge, secondo la moda, cui le donne portan d’inverno: cappotta (An. Cat.). || cappeddu a cappotta, cappello di stoffa sottile, la cui tesa a guaina è sostenuta da stecchine di balena o da ferro fasciato: cappottina (Car. Voc. Met.).

Cappottu. s. m. Abito da coprirsi, noto: cappotto. || Quello de’ soldati, de’ marinai ecc.: cappotto. || sutta cappottu, modo prov., di nascosto: a remi sordi, sotto cappotto. || – cu li manichi: pastrano (An. Cat.). || – di peddi: boricco (An. Cat.). || T. giuoc. Quando chi tien il giuoco fa tutti i punti e non dà agio all’avversario di farne uno: cappotto.

Cappucceddu. s. m. dim. di cappucciu: cappuccetto.

Cappuccineddu. s. m. dim. di cappuccinu. || f. Era un’ordine di monache. [p. 159 modifica]

Cappuccinu. s. m. Frated’una delle regole di S. Francesco: cappuccino. || curcarisi cappuccinu, modo prov., mettersi in letto senza fornimento. Perchè i cappuccini eran i più poveri dei frati, e insegnavan al popolo come invece di lavorare si potesse vivere d’accattoneria. || Arnese col quale si cola il vino: calza. || Piccolo mantello con cappuccio: capperone.

Cappùcciu. s. m. Abito che cuopre il capo in cambio di cappello: cappuccio. || Quello che portan i frati: cappuccio, scapolare. || mettiri cappa e cappucciu: rincappellarsi di vestimenta. || Arnese con cui si cola il vino: calza. || Quel pezzo di tela, per lo più ricamata, che si mette alle spalliere di poltrone o canapè, affine di non conciarle col capo appoggiandovisi: capezziera (Fanf. Voc. d. u. Tosc.).

Cappùcciu. add. È qualificativo di vari erbaggi e fiori che cestiscon in forma di cappuccio. || cavulu cappucciu: cavolo cappuccio.

Capputteddu. s. m. dim. di cappottu: cappottino (Non è nei vocabolari, ma parmi d’uso). || Drappo di seta o altro ricco panno con cui si cuopre la creaturina nel portarla a battesimo: mantellino (Car. Voc. Met.).

Capputtinu. (An. Cat.) V. mantellu.

Capriari. v. intr. Far cavriuole. || Far mescuglio: mescugliare.

Capriata. s. f. Mescuglio.

Capricciu. V. crapicciu e tutti i derivati.

Capricornu. s. m. Uno de’ segni zodiacali: capricorno.

Caprinedda. s. f. T. bot. Pianta con radice carnosa giallastra fuori, biancastra dentro, d’odor aromatico, e sapore piccante: fiore porporino; frutto in siliqua con uno o due semi solidi di un sapore di fava: psorale. Psoralea pentaphylla.

Capriola. s. f. Salto che si fa in ballando, sollevandosi diritto da terra con iscambievole mutamento de’ piedi: cavriuola, capriola. || T. cavall. Salto che è una delle arie sollevate del cavallo: capriola. || vinirisinni ’n capriola, modo prov., giugnere a tempo.

Capriolu. s. m. T. zool. Poppante che ha le corna diritte, nodose e terminanti in due punte: il corpo baio scuro: capriuolo. Cervus capreolus L.

Caprittu. V. capriolu.

Capriulè. V. crapiulè.

Capu. s. m. Testa: capo. || Parte superiore, principio: capo. || veniri a capu d’una cosa, conseguirla: venir a capo. || Fig. Guida, governatore, superiore: capo. || Fune grossa: cavo, canapo. || Parte di discorso, di scrittura: capo, capitolo. || Punto, questione, ragione: capo. || Punta di terra che sporge in mare: capo. || Seguito da sostantivo in senso di elogio dinota eccellenza, superiorità; in senso di spregio è peggiorativo di quel tal nome che lo segue. || Capo della matassa che si lega per ritrovarlo: bandolo. || capudopera o capulavuru, lavoro perfetto: capo-lavoro. Per met. furbo: cappato. E T. agr. capu d’opera o capu ’mposta è il capo di cinque uomini che mietono. || da capu, posto avv., da principio: da capo. || Presso i tessitori a un capu, a dui capi, dicesi di drappo a uno o a più fila: a uno o a due capi. E generalmente capi le fila di ogni sorta e per qualsiasi uso. || nun pigghiari o nun truvari nè capu nè cuda, modo prov., trovarsi confuso, non saper uscire da un imbroglio: non raccapezzarsi, non trovare od avere nè capo nè coda. || – di robba, ogni qualunque materiale che non istia solo, ma con altre cose di diversa specie, che servan ad un oggetto, p. e. ottu capi di robba, vale altrettanti ingredienti o componenti di checchessia. || – di latti, la parte più gentile, il fiore: capo di latte. || – mortu. T. chim. Quella materia che rimane nel fondo delle bocce, dopo la distillazione de’ minerali od altro, e per qualunque rimasuglio di checchessia: capo-morto. || – di regnu, dicesi per ischerzo a chi suol far il maligno. || – di mulinu, riparo che si fa ne’ flumi per rivolger il corso delle acque ai mulini: pescajo. || da capu a funnu, modo avv., da principio alla fine, tutto: da cima a fondo. || capi. T. pesc. L’apparato di funi: sarzia (An. Cat.). || T. pesc. Sottile e lunga fune con cui si tira a terra la sciabica: spilorcia. || Quella corda che attaccata alla rete delle bilancelle serve come per allungarla e tirarla in barca: sferzina. || ’n capu, modo avv.: sopra, in cima, || ’n capu di la scala: in cima alla scala (Buonarroti dice: in testa di scala; in senso poco differente Bartoli dice: in capo al mondo). || ’n capu all’annu o di l’annu, al termine di esso: a capo dell’anno. || T. giuoc. jiricci unu o dui ecc. punti ’n capu: andare di un punto di più, p. e. invece di dir 34 dire 35. || – di infasciari. T. mar. Quelle corde intrecciate, che si metton sotto le funi, colle quali è ormeggiata la galea, acciò non si rodano: mantelletti (Zan. Voc. Met.). || – di rimorchiu. T. mar. Fune che attaccata a una nave serve per rimorchiarla contro la corrente: alzaja. || – da ormiggiu. T. mar. Fune che ferma il bastimento senza l’àncora in qualche punto di terra: amarra, ansiera (Zan. Voc. Met.). || – di manubbulu. T. mar. Quelle manovre la di cui disposizione debbesi variare frequentemente nel corso della navigazione come sono le scotte, le boline, le mure, ecc.: manovre correnti o volanti (Car. Voc. Met.). || – di tagghi. Carrucola grande per elevar grossi pesi. || – d’agghi, tutto l’aglio tolte le frondi: capo d’aglio. || milli capi di bestii, per dire mille bestie: mille capi di bestie. || Parlandosi di panni, vesti ecc., esprime tutta la veste ecc.: capo. || Detto d’acqua vale polla, vena: capo. || – d’annu, di misi, principio: capo d’anno, di mese. || – di casa, chi regola e fa le spese alla famiglia: capo di casa. || – di tavula, il luogo più degno della tavola: capo di tavola. || a capu tavula, in principio della tavola. || – di parancu. T. mar. La corda che dopo essere passata e ordita per tutti i raggi di un paranco, è libera e sulla quale si fa forza per far agire il paranco: vetta di un paranco (Zan. Voc. Met.). || – di banna. T. mar. L’estremità del bordo che termina agli allungatori, e che impedisce che l’acqua entri ne’ membri del bastimento: capo di banda, sola, piattobordo.

Capubbànna. s. m. Colui che dirige una banda musicale: capobanda.

Capubbannìtu. s. m. Capo dei banditi: capobandito.

Capubbònu. s. m. T. mar. Corda raddoppiata e [p. 160 modifica]legata verso ad un terzo dell’antenna: paroma.

Capubbu. s. m. Veste con cui coprirsi anco il capo: bacucco.

Capucàccia. s. m. Sopraintendente della caccia: capocaccia.

Capucanali. s. m. Principio d’un corso d’acqua, o canal maggiore.

Capucollu. s. m. Spezie di vivanda porcina salata: capocollo.

Capucòmicu. s. m. Il capo de’ comici: capocomico.

Capudannu. s. m. Il principio dell’anno: capo d’anno. || dari lu bon capu d’annu, augurar felice l’anno: dar il capo d’anno.

Capudògghiu. s. m. T. zool. Poppante che ha una proboscide rivolta in su. Divien lungo 25 piedi; sul dorso ha un aculeo acuto col quale ferisce, dal suo capo si trae olio: capodoglio, orca.

Capudopera. V. in capu.

Capufrusta. s. m. Manico della frusta.

Capufuscu. s. m. T. zool. Uccello nero, ma il sotto, la fronte, lo specchio delle ali, i lati della coda bianchi: capinera. Muscicapa tricapilla L.

Capujocu. s. m. Numero principale, nel lotto, che precede altri numeri reiteratamente.

Capulavuru. s. m. Lavoro perfetto: capolavoro.

Capuliamentu. s. m. Tagliuzzamento. || Tritamento.

Capuliari. v. a. Minutamente tagliare: tagliuzzare. || Ridurre in minuzzoli: tritare. || Tritar la carne con istrumento tagliente per farne polpette o altro: battere (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). || Fig. Soperchiare. || putiri capuliari ad unu, modo prov. Trovarlo sempre al suo posto per trarne utile secondo le proprie voglie. || E met. non trovar modo d’indurlo a checchessia. || Rifl. per esagerazione: abbaruffarsi. || Adirarsi fortemente: arrapinarsi. P. pass. capuliatu: tagliuzzato. || Tritato. || Battuto (Sp. capolear: tritare).

Capuliatu. s. m. Carne tritata per uso di cucina: battuto.

Capuliaturi. s. m. Legno piano dove si trita la carne: tagliere. || Il coltello con cui si trita: coltella, batticarne (a Firenze).

Capulista. s. m. Il primo segnato in una lista: capolista.

Capumastru. s. m. Artefice principale che ha altri sotto di sè: capomaestro. || Per sim. Chi sopraintende ad altre cose: capomaestro.

Capumortu. V. in capu.

Capumposta. s. m. Capo e reggitore dei mulattieri, asinai ecc.: guidatore.

Capumusica. V. capubbanna.

Capunata. s. f. Manicaretto ov’entra del pesce, petronciani o carciofi ed altri condimenti, e si mangia per lo più in freddo.

Capunatina. V. capunata.

Capuneddu. s. m. dim. di capuni: capponcello.

Capuni. s. m. Gallo castrato: cappone. || Per baja detto ad uomo: evirato, eunuco. || T. zool. Sorta di pesce di superficie liscia, azzurra carica, e nel ventre ch’è bianco una tinta di giallo d’oro: ippuro. Coriphaena hippurus. || T. mar. Paranco composto di un bozzello o taglia a tre raggi, corrispondenti a tre puleggie situate in ciascuna grua: cappone. || – a fossa. T. mar. Stanza posta affatto all’indietro in una galera e sotto la poppa: gavone (Zan. Voc. Met.).

Capupàggina. s. f. T. tip. Fregio ed ornamento di getto o d’intaglio, che si mette in capo alle pagine dei libri: capopagina.

Capuparti. s. m. Capo d’una setta: capoparte.

Capupòpulu. s. m. Chi si fa capo del popolo per sommuoverlo: capopopolo. || Promotore od autore di qualche bizzarria, ghiribizzo: sommovitore, arruffone.

Capupostu. s. m. Colui che sopraintende agli altri nella guardia. Ho udito in certi luoghi chiamarlo: capoposto.

Capurali. s. m. Grado fra’ militari, il primo immediatamente più del soldato: caporale. || Sergente di giustizia: birro, berroviere.

Capuralicchiu. s. m. dim. di capurali: caporaluccio.

Capuriuni. s. m. Chi sommove, chi mette in mezzo novità, bizzarrie o altro: caporione, arruffone.

Capurràisi. s. m. T. pesc. Scafo di nave che si avvicina alle reti allorchè si tiran in terra, e donde si ferisce il tonno. || Capo de’ pescatori, V. ràisi || fari lu capurràisi: far il capopopolo.

Capurrètina. s. m. Quella bestia che mena per suo uso il mulattiere, alla quale lega in fila dietro le altre: bardotto. || Lo stesso mulattiere: guidatore. || Per trasl. chi si fa capo, e precede gli altri: primajo, maggiorente.

Capurrùnna. s. m. Capo della ronda. || Per bargello.

Capusatu. s. m. Vano che è sotto la scala: sottoscala.

Capusbannutu. V. capubbannitu.

Capuscòla. s. m. Chi si fa capo di scuola sia in arte che in altre discipline: caposcuola.

Capusirratu e Squatru-fausu. s. m. T. legn. Squadra mobile di legno, i cui regoli s’incastrano l’uno nell’altro: calandrino.

Capusoldu. s. m. Ciò che s’aggiunge al soldato benemerito sopra la paga: caposoldo. || Per sim. quel soprappiù che si dà oltre al valore di una cosa, quando vi è impegno di acquistarla: soprammercato.

Capusquatra. s. m. Comandante della squadra: caposquadra. || Capo di banda rivoltosa: capobanda.

Capustornu. s. m. T. vet. Malattia che vien a’ cavalli, pecore ecc.: capostorno. || pigghiari lu capustornu, detto ad uomo instabile che agevolmente cangia parere: essere banderuola; o che s’ostina irragionevolmente: esser cocciuto. || È imprecazione: accidente!

Caputa. s. f. Astratto di capire, attezza a contenere: capacità, tenuta. || Vaso o altro che contenga: recipiente.

Caputavula. V. in capu.

Caputìmula. V. capitinia.

Caputortu. s. m. T. zool. Uccello di passo, di vari colori: torcicollo, tortocollo. Yunx torquilla L.

Capuversu. s. m. (pl. capiversi). Cominciamento di capitolo di scrittura e quella parte che suol restar a mente: capoverso. || Norma di ragionare che si dà altrui quando gli si commette un affare: notarelle.

Capuvivituri. s. m. Gran bevitor di vino: beone.

Capuzzari. v. intr. Minacciare, volere star a fronte: braveggiare (Da capu).

Capuzziari. v. intr. Piegar il capo, quando si comincia a dormire, non essendo a giacere: inchinare, far le riverenze (Da capu). [p. 161 modifica]

Capuzziata. s. f. Inclinazione a dormire, sonnolenza: cascaggine.

Capuzzuni. s. m. Piegamento del capo nel dormir a non giacere: inchino.

Carabbozzu e Carabbozza. s. m. e f. Prigione de’ militari, o una qualunque non grande: catorbia, casamatta. (Sp. calaboze).

Caracò. V. carocò.

Caracollu. V. caragolu.

Caracozzu. V. carabbozzu.

Caragolu e Garagolu. s. m. T. bot. Pianta che ha il fusto volubile, rampicante, tutti i petali avvolti in ispire, ed il fiore odoroso, e simile alla chiocciola: caracò, caracolla, fagiuolo delle Indie. || Per sim. certi fregi ne’ ricami o in altri lavori, a figura spirale: caracò.

Caramànnula. s. f. Specie di tessuto fino di lana, usato per iscarpe da donna: calamandra.

Caràmbula. s. f. Specie di giuoco che si fa al bigliardo: carambola. || – russa, – francisi: carambola russa, – francese.

Caramela. s. f. Pastiglia di zucchero cotto in varie fogge: caramella. || Alcune volte vi s’infonde della panna, e allora si chiamano carameli cu lu rascu V. rascu. || a sucu di caramela o tiratu a sucu di caramela, si dice a que’ lecchini che stanno tutti in sull’attillatura: non mancargli una martellata.

Caramenti. avv. Amorevolmente: caramente. || A prezzo alto: caramente.

Caramiluni. s. m. accr. di caramela.

Caramuciu. s. m. Dicesi a persona piccola e malfatta: caramogio.

Carancà. s. m. T. comm. Tela stampata a fiorami e figure; proveniente da prima dall’India: calancà.

Caranna. s. f. T. bot. Sostanza vegetabile, di cui servonsi le farmacie: caranna. Caranna officinarum Murr.

Carapatria (A. modo avv. Del vestire difforme alla moda che corre; all’antica: all’uso dell’uno.

Carapè. V. canapè.

Carapegna. s. f. Bevanda di latte agghiacciato rappreso e inzuccherato. (Vinci lo vuole dall’Eb. cara pegna: freddo interno). || fari carapegna, non riuscire, dar in nonnulla: dar in ciampanelle.

Caràra di focu. Così nel Trapanese per anfa V. Quasi dire caldaia di fuoco. || Per caluri V.

Carariàrisi. V. scantarisi. || Tener forte.

Cararusu. V. caudu.

Carata. V. caratu.

Caratàriu. s. t. Chi pigia un appalto in società di altri: appaltatore. Dicesi ordinariamente del bestiame da macello, e delle tonnare, ma s’estende ad altro. Da caratu, nel terzo senso V.

Carattarazzu e Caratterazzu. s. m. pegg. di carattari: caratteraccio.

Caràttari, Caratteri e Carattiri. s. m. Segno impresso sia delle lettere che delle cifre: carattere. || Segno impresso nell’anima per virtù dei sacramenti: carattere. || Maniera di scrivere, di parlare, d’agire, di pensare; onde omu di carattari o senza carattari: uomo fermo, o leggiero. || Qualità, grado, carica: carattere. || Le lettere di metallo di cui si servono gli stampatori: caratteri. || – cumpletu, così gli stampatori chiamano l’assortimento completo di tutte le lettere co’ punti, virgole, ecc.: carattere completo, corpo di carattere.

Carattarinu e Caratterinu. s. m. vezz. di carattari: caratterino.

Carattarista e Caratterista. s. m. T. teat. Colui che sostiene le parti burlevoli e da vecchio: caratterista.

Carattarìsticu e Caratterìsticu. add. Ciò che caratterizza, che impronta carattere: caratteristico.

Carattarizzari e Caratterizzari. v. a. Dar o far conoscer il carattere di chicchessia: caralterizzare. || Dichiarare solennemente: caratterizzare. P. pass. carattarizzatu: caratterizzato.

Caratteruni. V. littrazza.

Caratu. s. m. Peso proprio dell’oro, è il ventiquattresimo d’oncia: carato. || met. Grado di perfezione o grado solo: carato. || T. comm. Porzione in cui si divide un’intrapresa sociale qualunque: carato. || di primu caratu, eccelso, grande: eminente.

Caravazza. s. f. T. bot. Pianta che ha lo stelo rampicante, le foglie grandi cuoriformi, i fiori grandi col lembo ripiegato, frutti grossi e lunghi: zucca lunga. Cucurbita melopepo L. (Sp. calabaza).

Caravella. s. f. T. mar. Nave non molto grande, veloce, e serve per carico e per guerra: carovella.

Caravellu. s. m. Qualità del pero, il cui frutto dicesi pera carovella: carovello.

Caravigghiaru. s. m. Chi vende a caro prezzo: carivendolo.

Carba. V. basca.

Carbiari. V. garbiari.

Carbònicu. add. di carbuni: carbonico.

Carbòniu. s. m. T. chim. La parte combustibile del carbone, separata da ogni sostanza terrosa, alcalina: carbonio.

Carbuciu. (Mal.) s. m. Focaccia.

Carbucedda. dim. Focaccino.

Carbunaru. V. carvunaru. || Appartenente a’ carbonari: carbonaro.

Carbunarìa. s. f. Società di anni fa, che aspirava alla liberazione d’Italia: carboneria.

Carbùnculu. s. m. Rubino, così detto, quando arriva agli ultimi carati di eccellenza; e risplende come carbone acceso: carbonchio.

Carbunellu. s. m. Vergelli sottili di carbone spento, ad uso di disegno: carbonella, brage di Francia.

Carbunizzari. v. a. Ridurre un corpo in carbone: carbonizzare. P. pass. carbunizzatu: carbonizzato.

Carbunizzazioni. s. f. Il carbonizzare: carbonizzazione.

Carca. V. calca.

Carcagnàri. v. a. e intr. Mettere in pie’ scarpe; andare, entrare le scarpe: calzare. P. pass. carcagnatu: calzato.

Carcagnazzu. s. m. pegg. di carcagnu.

Carcagneddu. V. carcagnettu. || T. fabb. Conio che serve a rinforzare o fermare un corpo: bietta.

Carcagnettu. s. m. dim. di carcagnu: calcagnetto. || Quella parte della scarpa che cuopre il calcagno: calcagnetto. || Per sim. cosa che risalti verso la estremità di alcuna parte di lavoro: calcagnuolo. [p. 162 modifica]

Carcagnòlu. s. m. Quella parte o nerbo giù della gamba che si congiunge al calcagno: garretto. || Così chiamasi ancora dal volgo e da’ bettolieri la estremità biforcata de’ piedi degli animali bovini. || T. mar. La parte esterna, inferiore della ruota di poppa che fa una specie di tacca su cui posa il timone: calcagnuolo (Zan. Voc. Met.).

Carcagnu. s. m. Parte deretana del piè, così chiamata perchè calca il suolo: calcagno. || Prov. aviri l’ali a li carcagni, fuggir velocemente: aver l’ale ai piedi. || mittirisi li carcagni o li carcagneddi ’nculu, darsi alla fuga: mostrar o voltar le calcagne. ||liccari li carcagni ad unu, adularlo vergognosamente, farsi ligio ad uno per bisogno di protezione: piaggiarlo. || la carrozza di lu baruni carcagnu, per ischerzo; a piedi.

Carcàra. s. f. Edifizio murato o cavato a guisa di pozzo colla bocca da piede a mo’ di forno, nel quale si cuociono calcina, e anche terre, metalli ecc.: calcara, fornace, forno, calcinatojo. || – muta, sorta di malattia.

Carcaràru. s. m. Chi esercita l’arte di cuocere in fornace: fornaciajo. f. Fornaciaja.

Carcaràzza. s. f. T. zool. Uccello di color bianco e nero della grandezza d’un colombo, atto a imitar la favella umana: gazza, pica, gazzera. Corvus pica. L. || Per sim. feminina ciarliera e linguarda: cicalona. || Strumento disarmonico: strimpello. || vuci di carcarazza, dissonante: bercio. || Trottola mal configurata, e che nel girare saltella e stride. || fari lu cori comu ’na carcarazza: palpitare.

Carcarazzòtta. s. m. dim. di carcarazza nel primo significato: gazzerotta.

Carcaràzzu. add. Aggiunto a mantello di cavallo, bianco e nero corne la carcarazza.

Carcarèdda. s. f. dim. di carcara: fornacina.

Carcariàri. v. intr. Il gridar delle galline quando han fatto l’uovo, e degli altri uccelli quando han paura: schiamazzare. || Fig. Risentirsi con troppa garrulità, e non sempre con ragione: cinguettare, cicalare. || Dire spiattellatamente le sue ragioni, ma con goffaggine. || Manifestar i fatti altrui: spettegolare. || Abbruciare di febbre: ardere di febbre. || – la pignata, bollire in colmo: crosciare, scrosciare (Sp. carcarear: cantar del gallo).

Carcarìu. s. m. Schiamazzo continuato: schiamazzìo.

Carcarizzu. s. m. Lo schiamazzare: schiamazzo.

Carcarozza. s. f. Testa spiccata dal busto: teschio.

Carcarozzu. s. m. Rialto sul terreno, elevazione sopra il rimanente della superficie: poggetto, prominenza. || Per crozza V.

Carcavecchia. V. babbau. || fratellu carcavecchia: ridicolo. || è cca fratellu carcavecchia, il lupus in fabula dei Latini.

Carcavegghi e Carcavegli. V. malumbra o mascara.

Carceri. V. carzara.

Carcherunu. V. quarchedunu.

Carchi. V. qualchi. Anco i Toscani hanno carche e calche per qualche.

Carciamentu. s. m. Piccola e leggera ferita: scalfittura. || Molestia.

Carciarari e Carcerari. V. carzarari.

Carciarazioni e Carcerazioni. s. f. Il carcerare: carcerazione.

Carciari. v. a. Cavar sangue dalla cute, con lo scarificatore: scarificare. P. pass. carciatu: scarificato.

Carciatura. s. f. Scarificazione.

Carciaturi. s. m. Strumento da taglio per coppette: scarificatore.

Carciuniarisi. V. arciuniarisi.

Carcòcciula. V. cacocciula.

Carculari, Carculu ecc. V. calculari, calculu ecc.

Cardacìa. s. f. T. med. Dolore all’orifizio superiore del ventricolo; mal di cuore con nausea e deliquio: cardialgìa. || Fig. Ambascia, noja: ricadia. || Detto ad uomo increscioso: seccafistole.

Cardacïamentu. V. cardacia, secondo e terzo significato.

Cardacïari. v. a. Recar noja, travagliare: vessare. || Rifl. pass. Patir cardialgìa. || Fig. Darsi affanno, briga: angosciare, tribolarsi. P. pass. cardaciatu: vessato. || Ambasciato.

Cardacïusu. add. Nojoso, importuno, molesto.

Cardamomu. s. m. T. bot. Pianta che ha i fiori in ispiga radicale e sessile; le foglie ovali terminate in punta acuta; e il seme di essa: cardamomo, cardamone.

Cardari. v. a. Separare col cardo, detto anche pettine, la parte più grossa dalla fina di alcune materie come lino, canape ecc.: cardare, pettinare, scardassare, carminare. || Met. Graffiare, conciar male: cardeggiare, dar il cardo. || aviri assai lana di cardari, met. esser in travagli: aver da grattare o da pettinar lana sardesca. || – la vita. Dir male fieramente d’alcuno: cardare. P. pass. cardatu: cardato.

Cardaru. s. m. Fabbricante o venditore di cardi: cardajo.

Cardasita. s. m. e f. V. cardaturi.

Cardata. s. f. Il cardare: cardatura. || La quantità che si carda volta per volta: cardata. || fari ’na cardata ad unu, rimproverarlo fortemente: fargli una rammanzina.

Cardatedda. s. f. dim. di cardata.

Cardatura. s. f. Il cardare e la materia cardata: cardatura.

Cardaturi. s. m. Chi carda: cardatore, scardassiere. || – di lana: ciompo. || Strumento a guisa di pettine da disgrossare: pettinatore. || Colui che col pettine straccia i bozzoli della seta o altro: stracciajuolo.

Cardedda. s. f. T. bot. Pianta che ha i gambetti colorati, i calici lisci, le foglie lirato-sbrandellate abbraccianti il fusto: cicerbita. Sonchus oleraceus L. || Ve n’ha col ricettacolo nudo, il calice imbricato; il pappo sessile peloso: sonco. Sonchus asper L. Serve alla medicina ed è anche mangiabile.

Cardiaca o Cirfudda. s. f. T. bot. Pianta che ha le foglie di sotto cuoriformi, quinquelobe; quelle di sopra vicine ai verticilli ovate trilobe: cardiaca. Leonurus cardiaca L.

Cardìacu. add. Aggiunto di quel male, che dicesi anche mal di cuore: cardiaco. || Si dicon così anche i rimedi che confortan il cuore: cardiaci. [p. 163 modifica]

Cardiceddu. s. m. dim. di cardu, cardo di denti corti: cardella.

Cardidda. V. cardiceddu.

Cardiddaru. V. scribbaci.

Cardiddazza. s. f. pegg. di cardedda: cicerbitaccia.

Cardiddu. s. m. T. zool. Uccello che ha il capo rosso con una croce nera, il corpo bigio rossigno, la coda nera con orli bianchi, e nelle ali vi ha del nero e del giallo: cardello, calderugio, calderello. Fringilla carduelis L. || Ferro bucato, messo nel manico del chiavistello, o affisso in checchessia per ricevere la stanghetta dei serrami: boncinello. || In gergo di monasteri così chiaman il pitale. Come se sporco fosse il segno non la cosa.

Cardidduzzu. s. m. dim. di cardiddu: cardellino, cardelletto.

Cardinalatu. s. m. Dignità di cardinale; cardinalato.

Cardinalazzu. s. m. pegg. di cardinali: cardinalaccio.

Cardinali. s. m. Dignitario ecclesiastico che ha voce alla elezione del pontefice: cardinale. || Perno sopra il quale si reggono le cose che si volgon in giro: cardine, cardinale. || Sorta di dolce di pasta di mandorle e zucchero, con dentro conserve, infornato, e verniciato di crosta scura. || Per ischerzo la parte posteriore della gallina.

Cardinali. add. pl. Una maniera di virtù quasi reggitrici, principali: cardinali. E generalmente primajo: cardinale. || punti cardinali, i quattro principali punti dello zodiaco: punti cardinali. || venti cardinali, i quattro venti principali: venti cardinali.

Cardinalicchiu. s. m. vil. di cardinali: cardinaluccio.

Cardinaliscu. add. Attenente a cardinale: cardinalesco. || Detto di colore, vale rosso: cardinalesco. Onde il panno scarlatto fu detto anche assolutamente: cardinalesco.

Cardinalìziu. add. Da cardinali: cardinalizio.

Càrdini. s. m. Ferro a posta lavorato sopra cui girano le imposte di porte, finestre, ecc.: cardine.|| Parte principale del cielo, che si chiama anche polo: cardine. || Fig. Parte principale qualunque di cosa morale, negozio, diceria ecc.: cardine.

Cardu. s. m. Strumento fatto di fili di ferro diritti e aguzzi fermati per un ceppo di legno, che serve a pettinare o raffinar le materie che deggionsi filare: cardo, scardo, scardasso. || Quello strumento con punte di ferro a uncini con cui si carda la lana: cardo. || Met. Tedio, molestia. || T. bot. Pianta che ha le foglie congiunte, le palee uncinate: cardo, gobbo. Dipsacus fullonum L. Il suo fiore è buono a rappigliar il latte per farne cacio e chiamasi cardo. || – binidittu o – santu. Pianta che ha i calici coperti da invoglio di foglie lanose: cardosanto. Centaurea benedicta L. Promuove il sudore, e giova alle passioni cardiache. || – Maria o munganazzi: cardo di Nostra Signora.

Cardùbbulu. s. m. T. zool. Insetto simile alla vespa ma più grosso: calabrone. Vespa crabro, Tenthredo L. || Per sim. nidu di cardùbbulu diciamo un confuso chiaccherìo di molte persone: ronzìo, chiucchiurlaja. || Avvocato che divori il cliente.

Cardunata. s. f. Luogo seminato di cardi: cardeto. || Il terzo prodotto de’ carciofi, dopo il quale si debbono spiantare, poichè non fruttificano che per tre anni.

Cardunazzu. s. m. pegg. di carduni. || – di margiu, cardo selvàtico: cardoscolimo.

Carduneddu. s. m. dim. di carduni: cardoncello. || Gettata, pollone o cesto che si spicca dal ceppo delle vecchie piante di carciofo per porre delle nuove carciofaje: carduccio.

Carduni. s. m. T. bot. Erba spinosa di più maniere: cardone. Carduus. Una specie serve alle arti, perchè fa alla cima una pannocchia spinosa colla quale si cava fuori il pelo a’ panni: cardo, cardone. || Per sim. Pasta lavorata a cannelli, colla superficie scabra: sedani. || o – spinusu, per ispregio si dice ad uomo sordido, avaro: spizzeca. || figghiulinu di carduni, cesto che si spicca dal ceppo delle vecchie piante di carciofo per porsi nelle nuove carciofaje: cardoncello. || ridducirisi a cogghiri carduna: ridursi all’elemosina.

Cardunizzi. s. m. T. agr. I talli dei cardi secchi: seccume di cardi.

Cardusantu. V. in cardu.

Cardusu. add. Tedioso importuno: seccafistole. Da cardu.

Careddu di cappeddu s. m. Orlo.

Carena. V. carina.

Carenzia. (D. B.) Mancanza, carenzia (Voce da non usarsi).

Careri. s. m. (f. carera). Uomo o donna che tesse: tessitore –trice (Gr. καιροω: connetto lo stame).

Cariari. v. intr. T. chir. Generar carie, dicesi delle ossa e de’ denti: cariare. || Per quariari V. || Svillaneggiare. P. pass. cariatu: cariato.

Carìbbili. Pasq. «Voce che per lo più diciamo colla negazione innanzi, e vale: incomportabile, intollerabile.» Da caro, non caro.

Càrica. s. f. Uffizio, grado, dignità: carica. || T. font. Getto d’acqua.

Caricatura. s. f. Ritratto ridicolo, in cui siano grandemente accresciuti i difetti: caricatura. || Persona contraffatta o con abiti affettati: caricatura. || mettiri in caricatura ad unu, ridere e far ridere alle spalle di quello: metter in caricatura, – in novelle.

Càrici. s. f. T. bot. Erba: carice, caretto.

Càricu. V. carricu. || Grado, carica: carica. || Peso, cura, pensiero: carico. || a caricu, modo avv., a peso, a cura: a carico.

Cariddi. indecl. Prov. essiri ntra Scilla e Cariddi. essere in perplessità, o tra due pericoli: essere tra Scilla e Cariddi.

Cariggiari. v. intr. T. mar. Mutar banda alla vela, passando il pennone all’altro lato dell’albero per ricevere il vento dal bordo opposto: trelucare (Zan. Voc. Met.).

Carigna. V. carizia (Sp. cariño).

Càrii. s. f. Disfacimento, corruttela della sostanza dell’osso: carie.

Carina. s. f. T. mar. Parte di sotto della nave sino all’opera morta: carena. || Per sim. L’ossatura del cassero degli uccelli: catriosso. || o – di rini, parte posteriore del corpo umano [p. 164 modifica]dal collo ai fianchi, e propriamente la serie delle ossa che compongono la spina o fil delle reni: dosso, dorso.

Carinaggiu. s. m. L’azione o l’effetto del carenare. Anche il sito dove si dà carena alle navi: carenaggio (Car. Voc. Met.).

Carinari. v. a. T. mar. Metter una nave alla banda, cioè coricarla sul fianco, a fine di rattopparne o spalmarne la carena: carenare (Car. Voc. Met.).

Carinu. add. vezz. di caru, nel senso di amabile, vezzoso: carino, caruccio.

Cariota. V. ammi.

Càriri. V. cadiri.

Cariofillata. (D. B.) s. f. T. bot. Pianta alta da mezzo braccio a due; stelo diritto, debole, peloso; fiori gialli peduncolati: è comune ne’ luoghi ombrosi, ha odor di garofano, ed è vulneraria: gariofilata, garofanata. Geum urbanum L.

Carissimamenti. avv. sup. Con grande amore: carissimamente.

Caristìa. s. f. Mancamento di cose per lo più necessarie al vitto: carestia. || Per sim. Quando non che manchi una cosa ma costi troppo.

Caristusu. add. Dei tempi di carestia, e dei luoghi sterili: carestoso. || Per sim. Avaro.

Carità e Caritati. s. f. Amore ordinato e virtù: carità, caritade, caritate. || Compassione: carità. || La virtù di soccorrere con checchessia il prossimo: carità. || – pilusa, dicesi in prov. quando sotto colore di carità s’attende al proprio interesse: carità pelosa. || la carità a san Bartulu, negativa che si fa. || pri caritati, modo avv. che si usa sovente nel chiedere qualche favore: per carità. || Prov. ... creditu nun dati, suli d’invernu, nuvuli di stati, di donni amuri e carità di frati: Seren d’inverno, nugolo di estate, E vecchia prosperitate, O amor di donna e carità di frate. || unni nun c’e amuri nun c’è carità: dov’è cupidità non cercar carità.

Caritatèvuli. add. Che ha o fa carità: caritatevole. Sup. caritatevolissimu: caritatevolissimo.

Caritatevulmenti. avv. Con carità: caritatevolmente.

Caritativamenti. avv. Con carità: caritativamente.

Caritativu. add. Appartenente a carità, pieno di carità: caritativo. || Chi fa molta elemosina: elemosiniere.

Càriu. add. Dicesi delle ossa, guaste dalla carie: carioso. || (D. B.) T. bot. Pianta simile al finocchio: dauco eretico, pastinaca selvatica. Athamanta cretensis L.

Carìzia. s. f. Amorevolezza manifestata con alti affettuosi: carezza. || Met. Un di più del pattuito: soprammercato. || carizii cu la pala o carizii di sceccu, met., carezze rusticane, che qualche volta passan i limiti e dispiacciono: carezzocce. E ass. busse: carezze greche.

Carizziedda. s. f. dim. di carizia: carezzina. || Piccola giunta o soprappiù che si dà fatto il mercato: soprammercato.

Cariziuna. s. f. accr. di carizia.

Carlina. s. f. T. bot. Pianta che ha il fiore sedente sulla radice: carlina. Carlina acaulis L.

Carma e Carmari. V. calma e calmari.

Carmelitanu. add. e s. Frate dell’ordine di Nostra Donna del Carmelo: carmelitano.

Carmicinu. Aggiunto di color rosso che si fa col chermes: chermisino. || La grana medesima onde si cava il chermisi: chermes.

Carminari. v. a. Pettinar la lana: carminare V. cardari. || Rifl. Azzuffarsi: accapigliarsi. P. pass. carminatu: carminato. || Accapigliato.

Carminativu. add. T. med. Atto a risolvere le ventosità del ventre: carminativo.

Carmìniu. s. m. Rosso bellissimo, che serve a miniare: carminio.

Carmuceddu. s. m. dim. di carmuciu: conigliuzzo. || Ragazzo piccolo, per ischerzo: cecino.

Carmuciara. s. f. Luogo dove stanno i conigli: conigliera.

Carmucinu add. Molle, delicato al tatto; forse come la pelle del coniglio (carmuciu).

Carmuciu. s. m. Coniglio giovine: conigliuolo. || Per ischerzo si dice a ragazzo: marmocchio, soldo di cacio, caramogio, s’usa anco in f.: pulzelletta. || V. caramuciu.

Carnabusci. V. curniceddi di manciari.

Carnacceru. V. carnivuru (Fr. carnassier).

Carnaciumi. V. carnaggiuni.

Carnaciutu. add. Pieno di carne, grasso: carnacciuto.

Carnàggiu. s. m. Ogni carne da mangiare: carnaggio. || Ciò che si conviene dover dare i fittajuoli o censuari di poderi a’ loro padroni, oltre al canone, di biade, frutta, vino, olio, ecc. o in animali.

Carnaggiuni. s. f. Colore, esterna apparenza della carne dell’uomo: carnagione. || Carne: carnagione. || bona carnaggiuni dicesi a chi non si appicca facilmente malattia, e tinta carnaggiuni al contrario. || Sta pure per abito, costume di famiglia buono o cattivo: vezzo.

Carnàla. s. f. Sepoltura comune di spedali o simili luoghi: carnajo. || Sepolcro particolare di alcune famiglie: avello, tomba. || Per sin. Luogo fetido, pieno di brutture: lezzume. || Piaga inciprignita o altro malore cutaneo che mandi puzzo di morticcio, dicesi ancora per sim.

Carnalazzu. add. pegg. di carnali: carnalaccio.

Carnali. add. Di carne, secondo la carne: carnale: onde, frati, soru carnali: fratelli, sorelle carnali; dello stesso padre e della stessa madre. || cucinu carnali V. cucinu. || Ogni parente stretto: carnale, ed è anche s. || Lussurioso, colpevole di carnalità: carnale. || T. mar. Canapo a più doppi, che passa per due bozzelli a più taglie e serve ad issare qualunque cosa: carnale (Zan. Voc. Met.). Sup. carnalissimu, molto lussurioso: carnalissimo.

Carnalità e Carnalitati. s. f. Vizio di diletto della carne: carnalità, carnalitade, carnalitate. || Concupiscenza ridotta in atto: carnalità. || Affetto procedente da consanguineità: carnalità.

Carnalmenti e Carnalimenti. avv. Secondo la carne: carnalmente. || Mondanamente, alla maniera degli uomini carnali: carnalmente.

Carnara. V. carnala. || T. mar. Fune che passa pel calcese dell’albero maestro e serve a sostenere i pesi gravi che debbonsi imbarcare: carnara (Zan. Voc. Met.).

Carnavuci. V. curniceddi di manciari.

Carnazza. s. f. pegg. di carni: carnaccia. || Dicesi per isvilimento parlandosi del corpo umano: carnaccia. [p. 165 modifica]

Carnazzaria. (Spat.) s. f. Strage, macello: carnificina.

Carnazzera. s. f. Luogo da riporvi la carne morta che si vuol conservare: carnajo.

Carnazzeri. s. m. Colui che macella e vende la carne: macellajo.

Carnazzu. s. m. La banda di dentro della pelle degli animali: carniccio. || La materia che si leva raschiando le pelli quando si conciano: carniccio. || Quella smozzicatura che ne levan i legatori di libri o quelli che fanno la carta pecora ecc.: limbelluccio. || Carogna, carniccio. || curriri a lu carnazzu, esservi roba per tutti.

Carnera. s. f. Strage. macello: carnajo.

Carnetta. s. m. e f. Dicesi di persona crudele, avida degli altrui patimenti: aguzzino, spietato.

Càrneu. add. Di carne: carneo.

Carni. s. f. Carne. || In forza di sangue, natura: carne. || Per sim. la polpa delle frutta: carne. || Lussuria: carne. || Carnagione: carne. || Parentela stretta: carne. || Prov. si nun manciamu carni vivemu vrodu V. vrodu. || essiri o stari bonu ’n carni, star bene: esser in carne. || pezzu di malacarni, si dice ad uomo tristo: ceffo d’appiccato, capestro. || mettiri troppu carni a lu spitu, voler fare troppe cose a un tratto: metter troppa carne al fuoco. || stuffari ’na cosa comu carni grassa, far nausea, stomacare: esser carne grassa. || ’n carni ed ossa, esser proprio quegli: in carne e in ossa. || nun essiri nè carni nè pisci, chi è ambiguo, non è fermo: non essere nè carne nè pesce. || chi vuliti di li carni mei? modo prov. che giustifica l’inabilità di poter contentar alcuno. || carni fa carni, bisogna mangiar carne per ingrassare: carne fa carne; e si dice anche carni fa carni, pani fa panza, e vinu fa danza: carne fa carne, pan fa sangue, vin mantiene, pesce fa pesce, erba fa merda. || essiri cu la carni e li capiddi, esser miserrimo . || carni spartuta, sanitati di denti; le sostanze non bisogna che sian in comune, altrimenti sono inevitabili le discordie. || –di dunzella, color roseo. || nun c’è carni senz’ossu, non vi è bene senza male: non vi è carne senz’osso. || nun essiri carni pri li denti d’alcunu; non essere cosa da poterla godere alcuno: non esser boccone per alcuno. || pisci cottu e carni cruda, aforisma buccolico: pesce cotto e carne cruda. || tutti di carni semu fatti, siam tutti uguali, e siam tutti facili a peccare: siam di carne. || – ed ugna, stretto amico o parente: esser carne ed ugna. || ligari carni, ingrassare: rimettersi in carne. || pigghiari carni, di Dio: prender carne, incarnarsi. || ’n carni, detto di vestimenta, sopra la carne: a carne. || a carni nuda, modo avv. sopra la carne nuda: a carne ignuda. || cu’ è amicu di la carni è nnemicu di sè stissu: chi vive carnalmente non può viver lungamente. || – grossa, carne di bue, vacca ecc.: carne grossa. || – avanzata o riquadiata: carne giostrata o rifatta (An. Cat.). || – capuliata: carne battuta. È pure un manicaretto di carne minuzzata e di uova battute: ammorsellato. || a tali carni tali cuteddu, a ognuno quel che va: tal guaina tal coltello. || a carni di lupu denti di cani: a ciccia di lupo, zanne di cane. || diavulu ’ncarni, dicesi d’uomo scelerato: diavolo in carne. || la megghiu carni è vicinu l’ossu: la miglior carne è quella intorno all’osso. || la carni di l’omu si mancia cu la sarsa di lu meli, ci si sente più gusto, cioè nelle vendette o in cose simili si mangia. || la carni di l’omu è la cchiù cara di tutti, l’uomo è più rispettato nel creato, dall’uomo questo si dice. || quali carni si tagghia e nun si doli? chi riceve del male certo si risente.

Carnicedda. V. carnuzza.

Carnìfici. s. m. Boja, manigoldo: carnefice. || Dicesi ad uomo crudele: cane, carnefice.

Carnificina. s. f. Tormento, strazio della carne, strage || carnificina.

Carnigghiu, Carnignu. add. Di colore della carnagione: carnicino.

Carnilivari, Cannilivari e Carnivali. s. m. Tutti i giorni precedenti la quaresima ne’ quali si festeggia: carnovale, carnevale, carnasciale. || Per baia si dice a chi veste fuor d’uso. || lu Carnilivari mancia cu cu’ voi, e la Pasqua cu li toi: Carnevale a casa d’altri, Pasqua a casa tua, Natale in corte.

Carnivalata. s. f. Trattenimento di giuoco o ballo in carnevale: festa carnascialesca. || Quantità di maschere: mascherata. || Per sarcasmo si dice a ogni ruzzare, o abbigliarsi stranamente o dondolar insulso fuor di tempo.

Carnivalettu. s. m. dim. di carnivali: carnovalino. || Ogni divertimento con ballo, mangeria ecc.: gozzoviglia.

Carnivaliscu. add. Attenente a carnevale: carnovalesco.

Carnivuru. s. m. Che mangia carne: carnivoro; uno degli ordini in cui è divisa la Zoologia.

Carnizzeri. V. chiancheri (Sp. carnizzero).

Carnuseddu. add. dim. di carnusu: carnosetto.

Carnusità e Carnusitati. s. f. Pienezza di carne: carnosità, carnositade, carnositate. || Malattia per lo più nel canale della verga, che impedisce l’urina: carnosità. || Presso i pittori e scultori, morbidezza: carnosità.

Carnusu. add. Che ha carne sufficiente: carnoso. Sup. carnusissimu: carnosissimo.

Carnutu. add. Che ha troppa carne: carnuto.

Carnuzza. s. f. dim. di carni || fari carnuzza, dicesi di chi si dà poco pensiero di ciò che gli appartiene, o che dorme troppo: dormiglione, pigro. || In pl. s’intendono le carni dell’uomo. || fari carni e carnuzzi: ingrassare.

Carògghiulu. V. carmuciu nel secondo senso.

Carogna. s. f. Cadavere dell’animale: carogna. || Bestia viva di trista razza o inguidalescata: carogna. || Qualunque cosa puzzolente: carogna. || Donna sudicia e di costumi vili: carogna. || Uomo vile: carogna. || O rustico, intrattabile: carogna. || Fungo velenoso, che nasce ne’ canneti e luoghi fangosi, e putisce come carogna.

Caronti. s. m. Negli ex Dei, nocchiero della palude infernale: Caronte. || varca di Caronti, barca cattiva. || Met. Quando molte persone, discutendo d’un affare, non vanno d’accordo; e delle botteghe quando tra’ lavoranti non vi è ordine, disciplina.

Caròta e Caròtula. s. f. T. bot. Radice rossa o gialla che si mangia cotta: carota. Daucus [p. 166 modifica]carota L. || Ritrovato non vero, fandonia: carota.

Carozzu. s. m. Mento troppo prominente al di sotto: gozzaja. || Sorta di misura sia di terra sia di cereali.

Carpànu e Carpìnu. s. m. T. bot. Albero di legno duro: carpine, carpino. Carpinus betulus L.

Carpetta. s. f. Coperta non cucita, o di cartone o di pelle che serve d’invoglio e custodia alle scritture: busta, cartolaro.

Carpiari. v. intr. Studiare, affrettar il passo: avacciarsi, festinare. || E anche camminar leggermente.

Carpiata. s. f. Avacciamento, festinanza, sollecitudine.

Carpiatina. s. f. Lieve rumore di piedi camminando adagino adagino: lieve scalpitìo, stropiccìo, fruscìo.

Carpiatu. add. Di terreno: pesto, calcato.

Carpiatura. s. f. V. rastu.

Carpinteri. s. m. Chi fabbrica carri: carpentiere, carraio.

Carpintiari. v. a. Lavorar di pialla, pulire, digrossare con pialla: piallare.

Carpìnu. V. carpànu.

Carpiri. v. a. Prendere di furto: carpire. P. pass. carputu: carpito.

Carpìta. s. f. Così eran chiamate anticamente certe coperte da letto fatte di panno grosso, villoso, con pelo molto lungo per la povera gente: schiavina, carpita.

Carpitella. s. f. dim. di carpita: carpitella.

Carpiuni. s. m. T. zool. Genere di pesci col corpo allungato; nel palato un osso aspro, tre raggi nella membrana branchiale: carpio, ciprino. Cyprinus L. || Cyprinus carpio L. Una delle specie del carpio, la quale ha il terzo raggio dell’aletta dorsale, e anco dell’ano, fatto a sega: carpione o carpio comune.

Carpobbalsamu. s. m. T. bot. Frutto dell’albero balsamo; è di figura ovato con 4 costole: carpobalsamo.

Carrabba. V. carraffa.

Carrabbedda. s. f. dim. di carrabba: guastadetta, caraffina. || a carrabbedda, modo avv., di figura simile alla guastada.

Carrabbina. V. carrubbina.

Carrabbunazzu. s. m. pegg. di carrabbuni: gran caraffone.

Carrabbuneddu. s. m. dim. di carrabbuni: boccia, ampolla.

Carrabbuni. s. m. Vaso di vetro grande, con pancia larga e collo stretto: caraffone, boccione.

Carracca. s. f. T. mar. Spezie di nave grossa per trasporto di mercanzie: caracca.

Carracchia di sonnu. s. f. Voglia grandissima di dormire: cascaggine, sonnolenza.

Carracci-ccà. Modo d’incitar le bestie a camminare: arri.

Carraffa. s. f. Vaso di vetro corpacciuto, con collo stretto: caraffa.

Carraffina. s. f. dim. di carraffa: caraffina, caraffino.

Carraffinedda, Carraffinuzza. s. f. dim. di carraffina: boccetta. || Detta di acque odorose: oricanno.

Carraffuni. V. carrabbuni: caraffone.

Carraggiai di passa o Carraja. s. m. T. zool. Specie di corvo azzurrognolo nero, coda ritondata e penne di essa acute: cornacchia. Corvus corone L. || – o giaju di culuri virdi azzolu: ghiandaja. Corvus glandarius L.

Carramari. v. a. Percuotere l’albero con bacchio: abbacchiare, bacchiare.

Carrancu. s. m. (D. B.) Luogo scosceso, dirupato e profondo: burrone.

Carràta. s. f. Quanto può in una volta portar un carro: carrata. || Piccola botte: carrata. || Legno onde si compone la botte: doghe.

Carratèddu. s. m. Specie di botticella lunga e stretta: caratello, carratello. || – cu li pedi, per ischerzo si dice a un ubbriacone: otre, botte ambulante.

Carratiddùzzu. s. m. dim. di carrateddu: caratelletto, carratelletto.

Carràttu. s. m. (Scob.) Strada o via maestra e carreggiabile: carraja.

Carratuni. s. m. T. bott. accr. di carrata: bottaccio. || Misura di doghe, data quantità di doghe.

Carreddi di li spaddalori. s. m. pl. Parte della camicia che sono pezzi quadri cuciti sotto ciascuna ascella: quaderletti (An. Cat.). || Per fedda V.

Carrèra. s. f. Corso, detto dall’antica corsa dei carri: carriera. || Fig. D’ogni cosa che vada con gran velocità: carriera. || Professione, arte a cui uno si dà: carriera. || a carrera stisa, modo avv., a tutta corsa: a tutta carriera.

Carrettu. s. m. Carro piccolo a due ruote per uso di trasportar robe: carretta. || Tanta materia quanto contiene una carretta: carrettata.

Carriàbbili. add. Che si può trasportare: trasportabile.

Carriaggeddu. s. m. dim. di carriaggiu: carrozzetta.

Carriaggiu. V. carrozza. || Carro qualunque da trasportar mercanzie: carriaggio. || Il carro delle carrozze ed altri legni, o larghezza d’una carrozza tra ruota e ruota: carreggiata. || essiri fausu di carriaggiu, met. che tergiversa: capzioso, tergiversoso.

Carria-petri. Per ischerzo: spalle.

Carriari. v. a. Traghettare robe col carro: carreggiare. || Anco del portare robe senza carro: recare, portare, condurre. || Portar via nascostamente cosa o persona: trafugare. || Cangiare di casa e trasportare la roba perciò: sgomberare. || Prov. carriari acqua a li morti, andar di male in peggio: aver la bocca sulla bara. || Condurre alcuno a un luogo, anco con certa forza: menare. P. pass. carriatu: carreggiato, condotto ecc.

Carriata, Carriatina, Carriatura. s. f. Il trasportare, carreggiare mercanzia ecc. trasporto. || Il trasportare per cangiamento di domicilio: sgomberatura.

Carriaturi. verb. m. Colui che porta: bajulo.

Càrrica. s. f. Peso che aggrava alcuno o alcuna cosa: carica. || La munizione che si mette nelle armi a fuoco: carica. || Officio: carica. || Abbondanza, copia di produzioni naturali. || Peso sovrapposto alle cose che debbono calare: carico. || Sonnolenza. || – di testa, indisposizione che grava la testa: gravezza di testa. || – e scarrica, terreno ora erto, ora scosceso.

Carricabbàsciu. s. m. T. mar. Corda che serve [p. 167 modifica]ad abbassare ogni vela di straglio: ala, tiratore (Zan. Voc. Met.).

Carricamentu. s. m. Caricamento.

Carricari. v. a. Por carico addosso: caricare. || Imporre molti obblighi da potersi difficilmente compiere. || – la scupetta, la pistola, mettervi la munizione, per essere pronta a sparare: caricar lo schioppo, la pistola. || – ad unu, met. ingiuriarlo, percuoterlo, caricar uno di... || – nta lu discursu, accrescere una cosa in parlando più che non sia: caricare nel discorso. || – li casci, in gergo, ingoiare molto e strabere: gozzovigliare. || ass. Sopraccaricare di dazî: sopraggravare. || – un ritrattu, dicon i pittori dello accrescer in esso i difetti e i pregi del ritrattato: caricar un ritratto. || – di culuri, metter molto colore, o forte: caricare di colore. || – lu roggiu, dargli corda: caricar l’oriuolo. || Detto degli alberi: portar molto frutto. || – la manu, aggravar oltre il convenevole: caricar la mano. || – di beni, d’onuri, di figghi: sopraccaricarlo. || T. mar. Portare, disporre nella nave le mercanzie: caricare. || T. cacc. Si dice degli uccelli che si buttano nelle reti: insaccare. || fari a carrica e scarrica, quando uno accusato dà la colpa all’altro, e questi ad altri ecc.: far a scolparsi. P. pres. carricanti: caricante. P. pass. carricatu: caricato.

Carricatamenti. avv. Con caricatura: caricatamente.

Carricateddu. add. dim. di carricatu. E sta pel semplice carricatu.

Carricatu. s. m. Tutta la quantità di roba che si carica sia in nave che in altro: carico. || trasiri ntra lu carricatu, modo prov. entrar in certe materie che è bene tacere: entrar nel gineprajo.

Carricatu. add. Caricato. || Oppresso: aggravato. || Vecchio, infermo: acciaccato. || Ubbriaco. || Affetto ne’ modi, nello stile: caricato. || Detto di albero, pieno di frutta: caricato (Tigri, Canti pop. Tosc.).

Carricatura. s. f. Ingiuria, sopruso: soperchieria. || – di vinu, ubbriachezza: avvinazzamento.

Carricaturi. verb. m. Luogo acconcio, alla riva del mare per caricar il bastimento: caricatore.

Carricci-ccà. V. carracci-ccà.

Carriceddu. s. m. dim. di carru: carricello.

Carrichedda. s. f. dim. di carrica.

Carricheddu e Carrichettu. add. dim. di carricu: carichetto.

Carricu. s. m. Peso che si pone addosso, o su quel che si carica: carico. || met. Cura, pensiero: carico. || Quanto può portar una bestia da soma, una nave ecc.: carico. || un carricu di lignati, una buona quantità: un carico di legnate. || – mortu, in marineria, quello che eccede la portata del legno: carico morto. || – di cuscenza, obbligo di coscienza, peso: carico di coscienza. || Imposta, gravezza: carico. || darisi carricu, imporsi obbligo: darsi carico. || farisi carricu, considerare, compatire: farsi carico. || a carricu di..., modo avv. a danno di...: a carico di...

Càrricu. add. Caricato: carico. || Detto di colore forte: carico. || Di chi ha bevuto di soperchio: cotto, carico. || Di albero pieno di frutta: carico (Tigri, Canti pop. Tosc.). || – di figghi, che ne ha molti: carico di figli.

Carrina. V. carlina.

Carrinata. s. f. Spesa del valore d’un carlino.

Carrineddu. s. m. dim. di carrinu, per lo più quello d’argento. || Prov. a dinareddu a dinareddu si fa lu carrineddu, col poco si fa il molto: a quattrino a quattrino si fa il fiorino. || Misura di nastri della larghezza del dito mignolo. || Una pagnotta così chiamata perchè costava tanto.

Carrinu. s. m. Moneta abolita del valore di Lire 0,21: carlino.

Carriola. V. curriola .

Carriolu . V. carruzzedda.

Carrittarìa. s. f. Quella stanza dove si ripone cocchio o carrozza: rimessa.

Carrittata. s. f. Quanto può portar in una volta una carretta: carrettata.

Carrittazzu. s. m. pegg. di carrettu.

Carrittedda. V. carritteddu. || – a una rota: V. sotto.

Carritteddu. s. m. dim. di carrettu: carrettino. || – a ’na rota, arnese dei manovali o agricoltori, a una ruota, per trasportare a mano, terra o altro: carriuola.

Carritteri. s. m. Chi guida la carretta o il carro: carrettiere. || Fabbricante di carrette e carri: carradore (An. Cat.).

Carrittiata. s. f. Viaggio o gita di diporto in carretta.

Carrittigghiu. s. m. Spezie di fuoco artificiale, composto di un bubbolo fortificato con ispago impeciato e carico di polvere: razzo matto.

Carrittuni. s. m. accr. di carrettu: carrettone. || – d’ammansari, carretta grande per domare le bestie da traino: carrettone.

Carròcciu. V. carruzzedda: carroccio.

Carrozza. s. f. Carro noto a quattro ruote: carrozza. || Prov. ’n paradisu nun si cci va ’n carrozza, le cose difficili non s’ottengono stando in panciolle: in paradiso non ci s’entra in lettiga. || jirisinni ’n carrozza, riuscir agevole una fatica. || Per carruzzuni V.

Carru. s. m. Arnese con due o quattro ruote, tirato da’ buoi per uso di trasportar pesi grossi: carro. || T. tip. Quella parte del torchio su cui si pone la forma, e che pel mezzo del manubrio si fa correr innanzi e indietro sotto lo strettoio: carro. || Prov. mettiri lu carru avanti li voi, chi presenta le cose dal solo lato difficile, o chi pone prima quello che dev’andar dopo: metter il carro innanzi ai buoi. || Per antonomasia, il carro trionfale che si costruiva per le feste di S. Rosalia in Palermo. || T. carr. Il complesso de’ pezzi di legname su cui si stabilisce la cassa della carrozza. || Prov. si hai lu carru cu li voi, po’ fari prestu li fatti toi: chi ha carro e buoi fa bene i fatti suoi; e si dice pure per raccomandare di sollecitare il lavoro a certe stagioni: chi ara il campo innanzi la vernata, avanza di ricolta la brigata.

Carrua sarvaggia o Carrua asinedda. V. carrubbastru.

Carruaiu di bestii. V. mandra. || Bagaglio che porta dietro l’esercito in sui carri: carriaggio.

Carrubba. s. f. T. bot. Arbore di frutto noto: carrubo. || Il frutto di esso: carruba. || Met. e nel pl. busse, pacche. || Prov. vinni lu cinisaru [p. 168 modifica]cu li carrubbi, è venuto chi può metter freno o imbrigliare taluni. || Per carrubbastru V. || perdiri lu sceccu cu tutti li carrubbi V. sceccu. || – sarvaggia. s. f. T. bot. Aromato di sapore simile al pepe: zenzero, gengiovo. Siliquastrum L.

Carrubbara. s. m. Albero di carrube: carrubo. V. carrubba.

Carrubbastru. s. m. T. bot. Erba nociva alle fave: carrubo selvaggio. Ceratomia siliqua L.

Carrubbedda. s. f. dim. di carrubba. || – di cassia, il frutto della cassia, e i baccelli d’altre piante, che contengono i semi. || Le uova dell’amia (alalonga), o di altro simile pesce, salse e disseccate. || Colpo dato col polpastrello dell’indice e del medio, distesi, sulla mano del perditore in certi giuochi ove non si faccia a danaro. || Sigari di poco costo, a similitudine della carrubba.

Carrubbeddu. s. m. T. zool. Uccello che soggiorna vicino alle paludi coperte di macchioni: fiaschettone. Parus pendulinus L.

Carrubbi! Esclamazione: capperi! zoccoli! cocuzze!

Carrubbina. s. f. Specie di schioppo piccolo: carabina.

Carrubbinata. s. f. Colpo di carabina: carabinata.

Carrubbinedda. s. f. dim. di carabina: carabinetta (Parmi averla udito dire).

Carrubbineri. s. m. Soldato armato di carabina, per la sicurezza pubblica: carabiniere.

Carrucciari. v. intr. Bere fuor di misura ed avidamente: tracannare. Dice Vinci, da carruz che in tedesco significa finir di bere quel che è nel vaso.

Carruedda. V. carrubastru.

Carruggiu. s. m. Orma che lascia la ruota sul terreno: rotaia.

Carrui di chiazza o Carricui. T. bot. Sorta di radici simili alla pastinaca. Pastinaca sativa L. || Per carruaiu V.

Carruiu di vanedda . V. curtigghiu. se non erro a Genova chiamano carruggiu tuttavia il chiasso o vicolo.

Carrumattu. s. m. Specie di carriuola a trasportar legni, tavole ecc.: carromatto (così udii a Firenze).

Carruzzàbbili e Carruzziàbbili. add. Detto di strada buona a potervi andare le carrozze: carrozzabile, carreggiabile.

Carruzzata. s. f. Tante persone o cose che possa contener una carrozza: carrozzata. || Quanto porta un carro in una volta: carrata. || Quantità determinata di peso, misura ecc. p. e. – di quacina, tumoli ventiquattro, – di petri: una carrata, – di racina: carrata, reggia d’uva (Pal. Voc. Met.). || Mascherate in carrozza che a Firenze dicono: corso. || Per rutata V.

Carruzzedda. s. f. dim. di carrozza: carrozzetta. || Quell’arnese ove si metton i bambini per insegnarli a camminare, è di legno ed ha ruoticine: carruccio, carriuolo (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). || Quell’arnese con girelle, ove si fanno trasportare gli storpi: seggiola a ruote, carrozzetta.

Carruzzeri. s. m. Chi fa carrozze: carrozzaio, carrozziere. || – di opra grossa, quei che fabbricano carrette, ordegni da mulino, macchine di meccanica ecc.: carradore, legnaiuolo.

Carruzziari. v. a. Tirar uno nella carrozza o carro: carreggiare. || Intr. pass. carruzziarisi, farsi portar in carrozza: scarrozzare.

Carruzziata. s. f. Gita in carrozza per diporto: scarrozzata.

Carruzziatedda. s. f. dim. di carruzziata: breve scarrozzata, scarrozzatina.

Carruzziatuna. s. f. accr. di carruzziata: lunga scarrozzata.

Carruzzinu. s. m. Specie di carrozza: carrozzino.

Carruzzunaru. V. carruzzeri.

Carruzzuneddu. s. m. dim. di carruzzuni, e talora per giocattolo de’ ragazzi: carricello.

Carruzzuni. s. m. Carro a due o più ruote, tirato da’ buoi: carro. || Met. Dicesi di persona estremamente vecchia e cadente: decrepito. || – di canni, occhio di canne, che è il ceppo delle sue barbe: cannocchio.

Carta. s. f. Carta. || In pl. vale codici, scritture ecc.: carte. || Le due facce del medesimo foglio: carta. || sacri carti, sacra scrittura: sacre carte. || Scrittura di obbligo pubblica o privata: carta. || fari carta ad unu, fare scrittura a favore di esso: far carta ad uno. || carti di jocu, quelle dipinte messe a mazzo per giuocare: carte da giuoco. || fari carti, mescolare e dare carte nel giuoco: far le carte. Met. Dirigere, far da capo, maneggiare, e parlar sempre uno in conversazione: far le carte. || a carti scuperti, modo avv.: a carte scoperte. Met. Senza sotterfugi: a carte scoperte. || parrari a carti scuperti, senza mistero e senza rispetto: dare le carte alla scoperta. || – bianca, detto ad uomo vale: sempliciotto. || li picciriddi su carta bianca, terreno vergine, ritengono le prime impressioni || T. tip. La prima faccia del foglio da stamparsi, allorquando dev’essere stampato d’ambe le parti, giacchè la seconda si chiama carta vuota, cioè volta da voltare: carta bianca. || dari carta bianca a unu, dar ogni facoltà ad uno, rimettersi nel suo arbitrio: dar carta bianca ad uno. || mettiri ’n carta, scrivere: mettere in carta. || vutari la carta ad unu, mutarsi l’ordine favorevole delle cose. || canciari li carti, far pigliare con sagacità una cosa per un’altra: scambiar le carte in mano. || sapiri jucari la so carta, servirsi bene delle occasioni: giuocar bene la sua carta. || teniri cu lu zuccaru e li carti, in delizie in morbidezze e bella vita: tener in bambagia. Detto di cose: custodirle bene. || – di navicari, quella per mezzo di cui i naviganti conoscono la via: carta da navigare. || Prov. perdiri la carta di navicari, non saper più che si fare: perder la bussola. || – geografica, ove son disegnate le parti del globo: carta geografica. || – vulanti, scritto in un pezzo di carta non cucito agli altri scritti: foglio volante. || – di sapuni, rimprovero, rabbuffo: canata, sbarbazzata. Traversia improvvisa. Motto satirico: frizzo. || – vilina o palina, quella finissima che trasparisce: carta velina. || – di musica, ove vi è scritta la musica, o quella sola rigata per musica: carta da musica. E fig. qualunque scarabocchio. || – ciurettu, la più piccola di dimensione: carta fioretto, su cui si scrive [p. 169 modifica]ordinariamente. || – bastarda, la men grande della reale: carta bastarda. || – riali, è la più grande della bastarda: carta reale. || – romana, doppia per disegno: carta romana. || – imperiali, più grande della reale: carta imperiale. || – azzola, che ha dell’azzurro: carta azzurrognola. || – tagghiata, quella raffilata: carta tagliata. E fig. affare deciso, spacciato. || – di strazzu, ordinaria, non buona a scrivere, ma serve ad altro: carta straccia o di straccio. || – di zuccaru, carta da involgere che è turchina. || – suca o di cassu, quella che serve per asciugare lo scritto fresco: carta sugante o suzzante. || – pecura, spezie di carta di pelle: carta pecora. || – di scìu, tinta a onde, marmorea: carta marezzata o amarezzata. || – pista V. cartapista. || – gloria, quella cartella incorniciata che si pone in sull’altare in cui sono scritte preci ecc.: carta gloria. E fig. elogio. || – cacata, foglio pieno di sgorbi: schiccheratura. || carti vannu e carti vennu, intimazioni, notificazioni ecc. || – vazza V. cartazza. || vutari carta, mutar discorso: voltar carta. || – di vintagghiu, quella che appiccicata alle stecche, piegata e dipinta compone il ventaglio: foglio da ventaglio. || – lorda, quella omai inservibile se non ad involgere: carta da involgere, fogliacci. || – jucarisi tuttu ’nto ’na carta, azzardar tutto: far del resto. || bedda carta mi canta ’n cannolu, esser sicuro e nella via legale; aver documenti conservati in bocciuolo: carta canti e villan dorma. || ’mbrugghiari li carti, imbrogliare gli affari per propri fini; e anco far tresca. || – di cannola, T. parr. Quella carta che avvolge i riccioli di capelli: cartina. || – d’agugghi, cartina in cui sono avvolti aghi: cartina d’aghi.

Cartabbònu. s. m. Strumento o squadra di più grandezze, che ha angolo retto, e due lati uguali, che lo compongono, serve per lavorare di quadro: quartabuono. || tagghiatu a cartabbonu, tagliato in angolo acuto od ottuso: a quartabuono, anguato.

Cartagloria. V. in carta.

Càrtamu. s. m. T. bot. Pianta che ha le foglie ovate co’ denti a sega spinosi, il seme di questa pianta serve di cibo a’ pappagalli: cartamo, zafferano selvaggio, zaffrano. Carthamus tinctorius L.

Cartapista. s. f. Carta macerata con acqua, ridotta liquida, e poi gettata nelle forme e rassodata: cartapesta.

Cartapistaru. s. m. Colui che fabbrica e vende cartapesta.

Cartapuni. V. cartabbonu.

Cartara. s. m. Chi fa o vende carta: cartaro, cartaio. || Colui che vende carte da giuoco: cartaio. || Colui che vende carta e libri da scrivere: cartolajo. || putia di cartaru: cartoleria.

Cartasi. V. cartesi.

Cartasu. Aggiunto a frutta di sapore subacido, e specialmente d’una qualità di melagrane e di melarance: afro.

Cartata. s. f. Quanta materia si rinvolta in un foglio di carta: cartata, fogliata.

Cartazza. s. f. pegg. di carta: cartaccia. || Carta cattiva: cartaccia. || T. giuoc. Carta di poca valìa nel giuoco, anzi da scartarsi: cartaccia. Che noi diciam anche carta vazza || carta scritta sporca: fogliacci.

Cartedda. s. f. Cesta intessuta di vimini, canne fesse ecc. senza coperchio, da potersi trasportare: corba. || Misura della tenuta di essa: corba. || diri una cartedda di mali crianzi: dir una carta di villanie. || setti carteddi di frevi: un febbrone. || assittarisi supra la cartedda di la munnizza, insolentire, ringalluzzire, insuperbirsi: metter maffia. || T. mar. Si dice che una nave è in cartedda, cioè in costruzione: carcassa.

Carteddu. V. cartellu.

Carteggiari. V. cartiggiari.

Cartella. s. f. Pezzuolo di carta a qualunque uso; biglietto di giuoco di riffa o lotteria: cartella. || Quella con cui si giuoca alla tombola: cartella. || Talora vale il motto o l’iscrizione della cartella: cartella. || Piastrella metallica per ornamento del fucile alla parte opposta a quella del cane: cartella. || Le cedole del debito pubblico: cartelle. || Custodia o coperta per conservare scritture ecc.: cartella.

Cartellu. s. m. Manifesto al pubblico: cartello. || Libello infamatorio: cartello. || Lettera di sfida: cartello. || Quello ove si mette l’avviso del teatro: cartellone. || Lo scritto che s’apponeva sul petto a’ rei in berlina: cartello. || scriviri o appizzari cartelli: cartellare.

Cartera. s. f. Strumento e fabbrica dove si fa la carta: cartiera. || Custodia o coperta per conservar le scritture: cartella. || Specialmente quella custodia di cartone o di pelle dove i ragazzi da scuola ripongon i quaderni, i libri, ecc.: cartella.

Cartesi. s. m. Cartoccio che le donne mettono sulla rocca.

Cartiari. v. intr. Guardar un libro o altro carta per carta: carteggiare. || Tener corrispondenza: carteggiare.

Cartiata. s. f. Il guardar un libro carta per carta.

Cartiddaru. s. m. Facitore di corbe, ceste, panieri: panieraio.

Cartiddata. s. f. Quanto cape in una corba: una corba.

Cartiddazza. s. f. pegg. di cartedda.

Cartiddotta. s. f. dim. di cartedda: corbetta.

Cartiddunariu. s. m. Ladro per lo più di campagna: scarpatore, ladruncolo.

Cartidduni. s. m. accr. di cartedda: corbellone.

Cartidduzza. s. f. dim. di cartedda: corbellino.

Cartiggiari. v. intr. e intr. pass. Aver commercio di lettere: carteggiare. P. pass. cartiggiatu: carteggiato.

Cartìggiu. s. m. Il carteggiare: carteggio.

Cartilàggini. s. f. T. anat. Una delle parti similari del corpo animale, la più dura dopo l’osso: cartilagine, tenerume.

Cartilagginusu. add. Che ha cartilagine od è di cartilagine: cartilaginoso.

Cartòcciu. s. m. Carica del cannone involtata in ruotolo di cartone: cartoccio. || Anco la carica di schioppo o pistola: cartuccia. || T. arch. Membra degli ornamenti avvolte, propri di cartelle, armi ecc. e si fanno ai capitelli compositi e jonici: cartoccio. || Presso i magnani, ripiegatura in giro fatta in alcuna parte di un lavoro di ferro: cartoccio. [p. 170 modifica]

Cartucceddu e Cartuccinu. s. m. dim. di cartocciu: cartoccetto, cartoccino.

Cartuccera. s. f. Tasca da cartucce, per armi da fuoco: cartucciere.

Cartularazzu. s. m. pegg. di cartularu: quadernaccio.

Cartulareddu, Cartularìcchiu. s. m. dim. di cartularu: quadernetto, quadernuccio.

Cartularu. s. m. Alquanti fogli messi insieme, rigati o no e cuciti ad uso di scrivervi o pei bambini: quaderno (Cartolaro è libro di memorie, diario forse da questo vien l’uso nostro, o dallo Sp. cartolario).

Cartuleci. V. cartuleggi.

Cartuleggi. s. m. pl. Schede vecchie o pretendenze di beni ad oggetti non più conseguibili o titoli antichi, forse è sincope di: carte di privilegi. || jiri circannu li cartuleggi di so nannu, prov. chi si dà a rimuginar anticaglie, o vuol trarre profitto da cose dubbie.

Cartulina. s. f. dim. di carta, le cartelle ove i farmacisti involgono piccole dosi di medicine: cartolina.

Cartulinedda. s. f. dim. di cartulina: cartellina.

Cartulinu. s. m. T. tip. Carta che si sostituisce ad un’altra errata di stampa: carticino, cartuccia. || I maestri di cappella intendono un piccolo pezzo di carta di musica al di là della composizione intera.

Cartunàggiu. s. m. Recipiente fatto di carta molto ornato per riporvi confetture: cartoccio (Fr. cartonnage).

Cartunazzu. s. m. pegg. di cartuni: cartonaccio.

Cartuncinu, Cartuneddu. s. m. dim. di cartuni: cartoncino.

Cartunettu. s. m. dim. di cartuni: cartonetto. || Pe’ pittori è modello piccolo di pittura a fresco: cartonetto.

Cartuni. s. m. Carta più che doppia: cartone. || cosi fatti di cartuni, i lavori di cartapesta, e le cose finte di carta macerata: cose di cartone. || Per sim. Dicesi ad uomo pallido, emaciato: uomo di carta.

Cartusinu. s. m. T. tip. Foglio di stampa che si aggiunge, e che non ecceda le due pagine: cartuccia; se è più di due pagine: carticino.

Cartuzza. s. f. dim. di carta: cartuccia, cartuzza. || Per : cartuccia. : cartuccia. || Per cartellu V. nel secondo senso.

Cartuzzedda. s. f. dim. di cartuzza.

Caru. s. m. Disorbitanza di prezzo delle cose necessarie al vitto: caro. || Met. Scarsità: caro. || Prov. tinirisi caru o farisi caru a vidiri, non lasciarsi molto vedere: far caro di sè. || T. mar. La parte più grossa dell’antenna che riguarda la prora: carro.

Caru. add. Di gran prezzo: caro. || Prov. – vinni e giustu misura, chi vende può ostinarsi nel prezzo ma dev’esser onesto: caro mi vendi e giusto mi misura. || Grato, giocondo: caro. || teniri caru, aver in pregio: tener caro. || Amabile, meritevole della nostra considerazione: caro. || a caru prezzu, posto avv., a gran prezzo: a caro prezzo. || aviri caru o a caru, aver in pregio, calere molto: aver caro. Sup. carissimu: carissimo.

Caruana. V. carvana.

Carugnazza. s. f. pegg. di carogna: carognaccia.

Carugnedda. s. f. dim. di carogna: carognuola.

Carugnunazzu. s. m. pegg. di carugnuni: disutilaccio.

Carugnuneddu. s. m. dim. di carugnuni.

Carugnuni. s. m. Detto per isvilimento ad uomo: vile. || Non buono a nulla: disutile, disadatto, inetto. Da carogna. V.

Carùncula. s. f. Piccola escrescenza di carne propriamente ne’ canti interni degli occhi: caruncula, caruncola.

Carunculìcchia. s. f. dim. di caruncula: caruncoletta.

Carusanza. s. f. Astratto di carusu (fanciullo): fanciullezza.

Carusari. v. a. Dicesi de’ piedi del cavallo: tondere, tosare. P. pass. carusatu: tonduto, tosato (Pasq. crede dal Gr. κειρω: toso).

Carusatura. s. f. Il tondere o tosare: tosatura.

Caruseddu. s. m. Vasetto di terra cotta, nel quale i fanciulli conservan il danaro: salvadanajo. || fari caruseddu, mettere insieme: far gruzzolo. || dim. di carusu: ragazzetto.

Carusittu. (Spat.) V. caruseddu.

Carusu. s. m. Ragazzo. Chi dice che venga da caret usum perchè manca di ragione; io crederei da caro.

Carutularu. s. m. Colui che vende carote: carotajo.

Carutulazza. s. f. pegg. di carotula: carotaccia.

Caruzzeddu. s. m. dim. di carozzu nel primo significato: gozzino.

Caruzzinu. s. m. vezz. Chi ha bozza al mento: gozzuto.

Caruzzuni. s. m. accr. e pegg. di carozzu nel primo significato: gozzaia.

Caruzzutu. add. e s. spreg. Chi ha gran bozza al mento: gozzuto.

Carvaccari. V. cavarcari.

Carvana. s. f. Compagnia di mercanti; pellegrini che vanno di conserva nel passar per luoghi pericolosi: carovana. || Per sim. Ogni altra compagnia di viandanti, o di bestie: carovana. || fari la carvana, far il servigio marittimo a cui son obbligati i cavalieri di S. Stefano per religione: far le carovane. || aviri fattu la so carvana, aver preso pratica ed esperienza nella vita o in una carriera: aver fatto la sua carovana. || Moltitudine di pesci di passo: carovana. || fari una carvana, fare una cosa o impresa per riuscire a un dato scopo. || T. bot. Pianta che ha le radici fibrose, che si dividono in ramificazioni poco numerose, lo stelo vuoto: le foglie grandi palmate, picciolate; fiori a spighe; frutti coperti di punte contenenti tre semi lisci, cenerini, con istrie scure e nere: ricino. Ricinus communis L.

Carvaneddu. add. dim. di carvanu: ordinarietto, un po’ dozzinale.

Carvanista. s. m. Chi fa la carovana.

Carvanitati. s. f. Dicesi di certe cose triviali, poco eleganti: ineleganza, impulitezza, goffezza, grossolanità.

Carvanu. add. Detto di cose, abiti, colori ecc. malfatti, di poco pregio: dozzinale, ordinario, grossolano.

Carvi. s. m. T. bot. Pianta che ha le foglioline bipennate, raddoppiate, divergenti; l’invoglio d’una foglia sola: carvi. Carum carvi L. [p. 171 modifica]

Carvunaru. s. m. Chi fa o vende carbone: carbonajo. || Colui che gode delle mogli altrui. || Bugiardo. || Per cardubbulu V.

Carvùnchiu. V. cravunchiu e derivati.

Carvuneddu. s. m. dim. di carvuni: carbonetto, carboncino. || Quello che entra nella composizione della polvere: carboncino, carboncello. || – di furnu, carboncino di sermenti, o di sanza spento, e che si usa per usi domestici: carbonella. || Dicesi delle vivande quando si bruciano: arsiciato.

Carvunera. s. f. Buca dove si fa il carbone: carbonaja. || Catasta di legna da farne carbone: carbonaja. || Il luogo dove una volta si è fatto il carbone, tuttochè non rimanga che il solo vestigio: cetina. || Stanza dove conservasi nelle case il carbone: carbonaja. || Piccola carcere oscura: carbonaja.

Carvunettu. Aggiunto a’ colori scuri, quando lo sono troppo: molto carico.

Carvuni. s. m. Carbone. || aviri carvuni vagnatu, modo prov., aver coscienza di qualche mancanza o simile: aver paglia in becco. || – fossili, minerale, o di pietra, materia minerale abbondante di carbonio: carbon fossile. || lu carvuni si nun tinci mascaria, modo prov., la buona fama s’oscura anco per calunnie: il carbone o scotta o tinge.

Càrzara. s. f. Carcere. || Prov. carzara, malatia e nicissitati ti scummogghianu (o scoprinu lu cori di) l’amici, nelle necessità si conoscono gli amici: calamità scuopre amistà.

Carzarari. v. a. Metter in carcere: carcerare.

Carzaràriu. V. carzareri.

Carzaratu. add. Carcerato. || In forza di s.: carcerato, prigione. || – ’n casa: carcerato in casa, agli arresti in casa. || la risata di lu carzaratu: il riso del prigioniero, tutto ironia. || ad omu carzaratu mora mora, a chi è in disgrazia tutti contro: ad albero che cade, dàgli, dàgli. || cu’ s’ammuccia e nun è pigghiatu nun po jiri carzaratu: nè a torto nè a ragione non ti lasciar mettere in prigione; differisce un po’, ma lo spirito rinverga.

Carzarazioni. s. f. Il carcerare: carcerazione.

Carzareri e Carciareri. s. m. Custode della carcere: carceriere.

Casa. s. f. Casa. || Schiatta, stirpe: casa. || L’aggregato di tutti coloro che abitano nella stessa casa: casa. || essiri di casa, essere intrinseco: esser di casa. || vistirisi di casa, vestito senza abbigliamenti, con vestiti casalinghi: vestito per casa o di casa. || – di negoziu, il corpo di un negozio con tutte le sue pertinenze: casa di negozio. || – cauda, casa del diavolo: casa calda. || jirisinni tutti così a casa cauda, perdersi irreparabilmente: andar in malora. || essiri di casa e putìa, aver domicilio ove si tien bottega: esser a casa e bottega. Fig. Frequentare assiduamente un luogo: piantarvisi. || prov. a la casa di pilatu cu’ è ciuncu cu’ è sturpiatu, in talune famiglie tutti son infermicci. || – fatta vigna sfatta o – fatta e locu sfattu, bisogna comperar casa in buono stato e terra incolta: casa fatta e terra sfatta. || a la casa di lu ’mpisu ’un si po appenniri un ugghialoru, in date occasioni non si devono rammentare certe circostanze anco di lontana relazione: non parlar di corda in casa dell’impiccato. || tuttu lu munnu è comu casa nostra, per tutto vi sono le medesime cose: per tutto è come casa nostra, o tutto il mondo è paese. Ovvero quando vuolsi esprimere che tutti pecchiamo: siam tutti macchiati di una pece. || fari casa a tri sulara, procedere con impeto: andar con furia. || tinta dda casa chi voli puntiddi, guai a chi ha bisogno: trista quella casa a cui bisognano puntelli. || – di correzzioni, luogo di prigionia per correggere: casa di correzione. || cu’ è sumeri staja ’n sua casa, chi è dappoco non presuma: chi è minchione resta a casa. || – cu un occhiu, cieco di un occhio, per ischerzo: monocolo. || capi la casa quantu voli lu patruni: cape la casa quanto vuole il padrone. Non è nel Giusti ma parmi averlo udito fuori. || casa tirrana V. catoju. || – a lueri, casa da appigionarsi o a pigione. || – a lueri tagghiala di pedi, ricorda le sollecitudini, gli struggimenti che conviene soffrire chi dà e chi piglia a pigione case. || ’na casa di cosi, una gran quantità. || – isulata, che ha strada per tutti i lati, sola: casa isolata. || – scumpagnata e sularina, casa solitaria. || – sdirrubbata: casa diruta, mezzo diroccata. || – appuntiddata, alla quale siano posti puntelli: casa puntellata. || – allegra, che ha molta luce: casa allegra. || – agguriusa, di bell’apparenza, gradevole. || tinta la casa chi nun havi di lu vecchiu, i vecchi nelle famiglie impongono saviezza: beata quella casa che di vecchio sa. || tantu cc’è di la mia casa a la tua, quantu di la tua a la mia, siamo uguali, siam tutti della stessa carne. || si tu hai casa granni, e tu l’inchi di spini, i ricchi hanno molte seccature. || – senza suli, trasi lu medicu a tutti l’uri, dove non entra sole è umido che produce malattie. || mali sta la casa chi la cunocchia cumanna la spata, trista la casa ove la donna comanda l’uomo: trista quella casa dove gallina canta e gallo tace. || havi malanni cu’ havi casa in Palermu, chi ha la casa in Palermo ha impicci. || la casa mali guardata fa li servi latri, poichè le occasioni di rubare sempre si presentano ai servi. || – scurusa: buja, cieca. || –ca si cci po jucari lu spatuni a du’ manu, o aviri la casa comu la scola di lu scrimituri, spogliata di masserizie, sfornita. || – di lu suli, || – di li pianeti ecc., i segni dello zodiaco: casa del sole, || – de’ pianeti ecc. || – di la citati – di la curti, – di lu preturi: palazzo municipale, palazzo pretorio. || – pri quantu stai, vigna pri quantu vivi, terra pri quantu vidi (altri aggiunge: e rennita quantu poi), bisogna avere casa per istare, vigna tanto da bere vino, e terre per quanto se ne possano guardare: casa per suo abitare, vigna per suo lavorare, terren quanto si può guardare o casa per abitare e vin per bere e terren quanto si può vedere. || fari casa, pigliar casa e diventar capo casa, e anco provveder a dovizia del bisognevole: aprir casa. || cunsumari ’na casa, dar fondo a un patrimonio: consumar una casa. || capu di casa: capo di casa. || figghiu o figghia di casa, i claustrali dicono chi è alimentato e spesato di tutto e vive in quel luogo. || sbaliciari ’na casa, portar via tutto, spogliarla: dare la spogliazza ad una casa. [p. 172 modifica]|| – disusu, dove si sale per iscala: casa superiore . || – ’nchinata, dove sia abbondanza in tutto: casa agiata . || – la me’ casa nun è chiesa ed è china di parrini, per ammirazione di vedere la casa piena di persone, e di quelle che pur vi siano state altre volte. || – casa: per casa , per la casa . || picciotti e gaddini cacanu la casa V. picciotti o gaddini . || oh di casa! modo di farsi udire in casa altrui: oh di casa! || fari la casa, esser il primo fondatore: rizzar casa . || aviri, teniri, campari dui casi, di chi avendo famiglia cerca altri illegali legami fuori. || trasiri lu patruni di casa: far senno . || patruni di la casa, i bachi delle frutta. || fattivu di casa, uomo che sa adoperarsi per la casa. || fimmina di casa, donna accurata, ravviata per le cure domestiche. || criata di casa: fantesca . || a lu cadiri di la casa, al peggio: al peggio di peggio . || stari di casa, abitare: star a casa , star di casa . Vale anche per lo star continuamente p. e. ddà lu ventu ci sta di casa: là il vento vi sta di casa . || – di diavulu, gran rumore: casa del diavolo . || a la so casa ognunu è re: in casa sua ciascuno è re . || megghiu a la casa tua cu pocu pani, ca ’n casa d’autru, pirnici e faciani: voglio pane e aglio in casa mia, che lesso e arrosto in casa d’altri . || – di Diu, chiesa: casa di Dio . || essiri ’n casa sua, far cose dove altri è pratichissimo: esser in casa sua . || a la me’ casa, modo prov. secondo me, a mio parere: a casa mia . || di casa ’n casa, di porta in porta: di casa in casa . || nun sapiri unni sta di casa, detto di arte, scienza ecc., e ad uomo, vale che questi non conosce la materia: non sapere dove sta di casa . || nun purtari genti a la to casa, cioè non far risapere le cose intime.

Casacca . s. f. Vestimento che cuopre il busto come il giubbone, ma ha di più i quarti: casacca . || mutari o vutari casacca, mutar opinione: voltar casacca . || nun aviri nè drittu nè riversu comu la casacca di lu facchinu . modo prov. , tergiversare: essere discorse da sè stesso .

Casacchedda . s. f. dim. di casacca: casacchino .

Casacchella . s. f. Abito da donna che a Firenze chiamano: sacchino che sarà forse il casacchino .

Casacchinu . ( D. B. ) V. casacchina .

Casaccuni . s. m. accr. di casacca: casaccone .

Casalazzu . s. m. pegg. di casali .

Casaleddu . s. m. dim. di casali: casalino .

Casali . s. m. Villaggio però di case più rade, più sparse: casale . || fari o lassari curriri lu casali, Modo prov. , non darsi cura, lasciar andare le cose alla loro volta: lasciar correr l’acqua alla china .

Casalinazzu . s. m. pegg. di casalinu: casolaraccio , stambergaccia .

Casalineddu . s. m. dim. di casalinu, casipola ridotta in pessimo stato: casile .

Casalinu . s. m. Casa per lo più scoperta e spalancata e mezzo abbandonata: casalino .

Casalottu . s. m. Casale non molto grande.

Casalunazzu . s. m. pegg. di casaluni: casalonaccio .

Casaluni . s. m. accr. di casali: casalone .

Casamatta. s. f. T. mil. Luogo nelle fortificazioni, chiuso, riparato dalle bombe, con cannoniere: casamatta.

Casamentu. s. m. Casa grande o più case, aggregate di più famiglie: casamento.

Casamulu. s. m. Animale nato da cavallo ed asina: mulo (Pasq. da quasi e mulu, quasimulu onde casamulu).

Casari. V. accasari (A. V. ital. casare).

Casata. s. f. Tutti i componenti la famiglia: casata.

Casatedda. s. f. dim. di casata: piccola famiglia.

Casatu. s. m. Cognome di famiglia: casato.

Casazza. s. f. pegg. di casa: casaccia.

Cascamortu. fari lu cascamortu, far l’innamorato, lo sdolcinato, l’asino: far il cascamorto. E fig. far lo stolido.

Cascània. s. f. Quella coperta d’escrementi riseccati, che si genera naturalmente sopra la pelle rotta: crosta.

Cascarda. (Scob.) V. ballu.

Cascari. V. cadiri.

Cascarigghia. s. f. Nome che gli Spagnuoli dànno alla scorza d’un albero Peruano, che volgarmente è detto china-china: cascarilla.

Cascata. s. f. Caduta: cascata. || Diminuzione di prosperità e principio di ruina: decadenza. || L’acqua d’un fiume o torrente che cade come per salto, e di ramo d’acqua che scorre rovinosamente: cascata.

Cascatedda. s. f. dim. di cascata: cascatella.

Cascavaddarìa. s. f. Bottega di caci, salami, ecc.: pizzicheria.

Cascavaddaru. s. m. Colui che vende cacio: caciajuolo, o chi vende inoltre salame ed altri camangiari: pizzicagnolo.

Cascavaddu. s. m. Sorta di cacio di vacca: caciocavallo. || Prov. aviri quattru facci comu lu cascavaddu V. facciolu. || T. mar. Lungo e grosso perno di ferro o chiavarda quadra, che passa per un buco fatto nel piede o rabazza d’un albero per mantenerlo fermo: cacciacavallo (Zan. Voc. Met.).

Cascavadduzzu. s. m. dim. di cascavaddu. || è russu ccà? cascavadduzzu ccà, prov. scherzevole per negare, e si fa calando col dito la palpebra inferiore scoprendone il rosso interno. || cavadduzzi, panaredda, addanieddi di cascavadduzzu, sono pezzi di caciocavallo configurati a cavalli, panieri ecc.

Casceri. s. m. Quegli che ha in custodia i danari, chi tiene la cassa: cassiere.

Cascetta. s. f. La parte della carrozza ove siede il cocchiero: cassetta. || Per pitale. || Per cascitta V.

Cascia. s. f. Arnese per riporvi dentro oggetti o per uso di trasportarli: cassa. || Quell’arnese anco dove si rinchiude il cadavere: cassa. || T. merc. Ogni luogo ove si tengano i danari: cassa. || Incavatura nella quale sta o gira alcuna cosa: cassa. || T. tip. Un quadrilungo di legno diviso in vari spartimenti detti cassettine, in ciascuna delle quali son distribuite le lettere: cassa. || gran cascia, specie di gran tamburro che si usa nelle bande: gran cassa. || – di carrozza, la parte del cocchio coi sedili, retta da’ cignoni o dalle molle: cassa. || – di lu fusu, nome di due pezzi di [p. 173 modifica]legno d’olmo l’uno situato al di sopra della sala e l’altro al disotto: scannello. || Per modestia: bagascia. || – di lu roggiu, quel recipiente di metallo ove sta tutta la macchina incastrata, e alle volte per lusso ne hanno due o tre: cassa dell’orologio. || – di cannuni, quell’arnese su cui sta fermato il cannone: cassa del cannone o d’artiglieria, che oggi francescamente dicono: affusto. || – di li mali abblati, quella che tiensi in certe chiese acciò i fedeli vi mettano ciò che credono mal possedere e non conoscono il padrone. Met. Chi riceve volentieri e ritiene cosa che non gli compete. || – di lu tammurinu, il tamburro meno la pelle: cassa. || – di l’armi a focu V. tileri. || – di la strigghia: cassa (An. Cat.). || – di modda, parte degl’ingegni della carrozza nella parte davanti che è sotto il seggiolo del cocchiere, e – di fusu, che è sulla sala, l’una e l’altra diconsi: traversoni. || – di reliqui, cassa ove sian riposte reliquie di santi ecc.: urna da santi. || – di li denti, la unione di denti situati in una mascella: cassa dei denti. || – di lu bancu o di li pubblichi amministrazioni, quella cassa o quel luogo ove conservansi i danari del pubblico o di alcun corpo morale: cassa nummularia, banco giro. || T. chir. Arnese di legno incavato in modo da potervisi allogare o gamba o coscia o braccio fratti o lussati acciò stieno fermi. || – di mortu, per sim. certi colori tetri e male accozzati che fanno tristo vedere. || jiri comu la cascia di narduzza, dicesi di cosa che non istia ben ferma, o di persona che camminando barcolli: star in tentenna. || – di lu pettu, la parte concava del corpo circondata dalle costole: cassero, casso. || carricarisi li casci, modo prov., stizzirsi, entrar in collera: pigliarsi il cappello. || o cassa di cilintru. T. tip. Specie di staffa, formata da una spranghetta di ferro parallela al rullo, ripiegata a squadra, entro le quali gira l’asse del rullo: telaino (Car. Voc. Met.). || Vano sotto il piano della tavola del tagliatoio per ricever i trucioli o i rosumi dei caratteri fusi e puliti: cassa.

Casciabbancu. s. m. Cassa a forma di panca: cassapanca.

Casciarizzu. V. cantaranu. || Scaffale, scansia.

Casciarotu, Casciaru. s. m. Facitore di casse: cassajo, cassettaio.

Casciata. s. f. Quanto cape in una cassa: cassettata. || Quanto può portare un carro in una volta: carrata, carrettata. || Misura di 40 palmi cubi di concime.

Casciazza. s. f. pegg. di cascia: cassettaccia.

Casciolu. V. casciuni. Così nel Catanese.

Cascitedda s. f. dim. di cascia: cassetta.

Cascitta o Cascetta di la munnizza. Arnese di legno o di latta dove si raccoglie la spazzatura: cassetta da spazzatura, pattumiera.

Cascittedda. s. f. dim. di cascetta: cassettella.

Cascittina. s. f. dim. di cascia: cassettina. || Quel piccolo arnese che serve per accattar limosina: cassetta. || Quelle scatole o cassette piene di merci che portan attorno i merciaiuoli: botteghino.

Cascittinedda. s. f. dim. di cascittina.

Cascittinu. s. m. dim. di cascia: cassettino.

Cascittuneddu. s. m. dim. di cascittuni.

Cascittuni. s. m. T. art. Certi quadrati fatti piuttosto per fregi. || Bagno che davan i camorristi a qualche prigione sospetto di spia. || Spia. || Uomo schifoso.

Casciunazzu. s. m. pegg. di casciuni: cassettaccia.

Casciuneddu. s. m. dim. di casciuni: cassettina, cassettino. || Arnese di legno con manico lungo ove si raccolgono le immondezze e la spazzatura: cassetta da spazzatura.

Casciuni. s. m. Quell’arnese che è nei tavolini, ne’ canterani che si tira fuori ed è a guisa di cassa senza coperchio: cassetta, cassetto (Sp. cajon). Anche a Lucca dicono: cascione.

Cascuta. s. f. T. bot. Pianta parasita medicinale: cuscuta, tarpigna. Cuscuta europea L.

Casdiari. V. quadrari.

Casedda. s. f. Quello spazio quadro, dove gli aritmetici rinchiudono i numeri nel far i calcoli che diciam pure casella: casella. || Pezzo di terreno o spazio quadro negli orti destinato ad una speciale piantagione: presa (Pal. Voc. Met.) quaderno, arèola, aiuola. || Strumento di legno o altro, che ha vari spartimenti ne’ quali si ripongono scritture: scaffale, scansia. || essiri o nun essiri nta la so casedda, essere o non essere al suo posto e fig.: non uscire, o uscire dei termini. || T. giuoc. Ciascuno de’ 64 scacchi ond’è composta la scacchiera: casa. || T. pesc. Camera delle tonnaje. || Stanzetta delle vespe, de’ colombi ecc.: casella.

Caseddra. V. casedda nel senso di presa.

Casella. V. casedda.

Casèntula. s. f. T. zool. Verme cilindrico, senza tentoni, fornito di setole nascoste: lombrico. || addivintari quantu ’na casentula, met. restringersi per eccesso di paura: rappiccinire. || Si dice a ragazzo piccolo impertinente: soldo di cacio (Ingegnosa l’etimologia del Pasq., da casa e terra quasi cas en terra), perchè fa in terra la sua dimora).

Casèntulu. V. casentula.

Caserma. s. f. Casa per alloggio di soldati: caserma.

Casiari. v. intr. Andar di casa in casa, per ozio, per cinguettare e baloccarsi: tafanare (Guadagnoli), treccolare, far come l’asino del pentolajo.

Casicedda. s. f. dim. di casa: casetta, casina.

Casiddera. s. f. Piccolo spazio di terra nel quale i monelli fanno cert’ordine di buchi per un giuoco: le buche.

Casidduna. s. f. accr. di casedda: gran casella.

Casidduzza. s. f. dim. di casedda: casellina. || T. calz. Gli spartimenti agli angoli del bischetto: casottini (a Firenze).

Casiggiatu. s. m. e add. Luogo ove si vedono case una vicino all’altra: caseggiato.

Casiggiaturi. s. m. Legnaiuolo che lavora quel che serve per render abitabile una casa: falegname.

Casimiru. s. m. T. merc. Pannina che si fabbrica in Francia, in Inghilterra ecc.: casimiro.

Casina. V. casinu.

Casinedda. V. casineddu.

Casineddu. s. m. dim. di casinu: casinuccio, casinina. [p. 174 modifica]

Casintulazza. s. f. pegg. di casèntula: lombricuzzaccio.

Casintulicchia. s. f. dim. di casèntula: lombricuzzo.

Casintulidda. s. f. dim. di casèntula: lombrichetto.

Casintuluni. s. m. accr. di casèntula: lombricone. || Si dice a ragazzo: marmocchio.

Casinu. s. m. Casa di delizie in campagna; o di sociali adunanze in città: casino.

Casìra. V. gassina.

Casirìa. V. grasta.

Casirmeri. s. m. Guardiano di caserme: casermiere.

Casista. s. m. Colui che ha perizia ne’ casi di coscienza: casista.

Casmulu. V. casamulu.

Casotta. s. f. Casa un po’ grande: casotta.

Casottu. s. m. Casa posticcia fatta di legname e che serve per certi spettacoli: casotto. || – di giornali: edicola.

Càspita! Esclamazione di maraviglia, ammirazione; o di sdegno: caspita!

Caspitedda! Lo stesso che caspita: caspiteretta! (Giusti)

Caspitina! Lo stesso che caspita: caspiterina!

Caspu d’oliva. s. m. Frasca d’ulivo potato: libbia.

Cassa. V. cascia.

Cassamentu. s. m. Il cassare: cassamento. || Cruccio, corruccio.

Cassarettu. s. m. T. mar. Il piano più elevato della nave sopra la parte posteriore del cassero: casseretto (Zan. Voc. Met.).

Cassàri. v. a. Cancellare, raschiare lo scritto: cassare. || Rompere (Fr. casser: rompere). || Ferire: trafiggere, passar da banda a banda. P. pass. cassatu: cassato, rotto, trafitto.

Cassariarisi. v. intr. pass. Passeggiar pel cassero, oziare: bighellonare, donnearsela. || Scialacquare.

Cassariata. s. f. Passeggiata nel cassero, che è la via principale di Palermo.

Cassariota. s. f. Donna disonesta e triviale: cantoniera, strofinaccio.

Cassariotu. s. m. Gente di strada, che si trovan a vivere di ruffa e raffa anco: sbarazzino, biricchino, monello.

Càssaru. s. m. Via principale di Palermo: cassero. || – cassaru: lungo il cassero; e met.: lealmente. || Prov. ogni vanedda spunta a lu cassaru, ne’ varî modi si può ottener l’intento: ogni via porta a Roma. || T. mar. Il mezzo ponte della nave che comincia dagli stili o piè diritti di poppa, e termina pochi passi oltre l’albero di maestra nelle navi grandi, e poco prima dello stesso albero nelle minori: cassero. || Prov. pani schittu e cassaru, meglio poco e in libertà: meglio star in bosco strutto che in carcere ridutto. || mucidda e cassaru addumatu, coloro che stanno digiuni per vestir bene, per aver apparenza!

Cassata. s. f. Dolce fatto di ricotta e altri ingredienti: torta. || Sorbetto di tal forma. || Fig. Viso pingue, belloccio, ben nutrito: bazzotto, ciaffo (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). || Donna belloccia avvenente: appariscente. || Macchia di inchiostro caduta sopra la carta; derivato dal verbo cassari: sgorbio, cassatura. || fari cassati e cassateddi, far cadere l’inchiostro sulla carta per macchiarla: sgorbiare.

Cassatedda. s. f. dim. di cassata. || ovu a cassatedda: uovo affrittellato. || cassateddi di carnilivari, pastadellemelate piene di ricotta o altra cosa inzuccherata: tortelle, tortellette. || Prov. cu’ nn’appi nn’appi cassateddi di pasqua, dicesi quando la cosa è finita: chi n’ha avuto n’ha avuto, chi n’ebbe n’ebbe. Met. È tutto finito: siam iti.

Cassatina. V. cassatura.

Cassatuna. s. f. accr. di cassata, in tutti i sensi.

Cassatura. s. f. Effetto o risultato del cassare: cassatura.

Cassazioni. s. f. curti di cassazioni, tribunale superiore che esamina i giudizi de’ tribunali inferiori: corte di cassazione.

Cassè. V. grò.

Càssia. s. T. bot. Pianta che ha le spine stipulari geminate; foglie due volte pennate: acacia. Acacia Arabica Wild. || Sugo spremuto da’ frutti di esso: acacia. || – fistula, pianta che ha il calice di 5 foglie, 5 petali: cassia fistola. Cassia fistula L. || – di oduri, pianta che ha i fiori gialli odorosi: gaggia. Acacia Farnesiana L. || Il fiore di essa: gaggia.

Cassira. V. gassira.

Cassisi. add. (Mal.) Maraviglioso nel suo genere di grandezza: sperticato.

Cassita. s. f. Diconsi que’ legni del telajo, che stanno sospesi, e contengon in loro il pettine per cui passano li fili delta tela, col quale si percuote e si serra il panno: cassa.

Cassittinu. V. cascittinu. || T. tip. Gli scompartimenti delle casse, in ognuno de’ quali sono le lettere: cassettini.

Cassu. s. m. La parte concava del corpo circondata dalle costole: casso. || corpu cassu, ferita profonda, che possa ledere i visceri. || (Caruso) add. Stanco, lasso.

Cassulari. (Scob.) V. ’ncarcari.

Castagghiuna. s. f. Spezie di legume: veccia.

Castagna. s. f. T. bot. Albero di frutte note: castagno. Castanea vesca L. || Il frutto: castagna. || castagni di lu previtu, quelle di Napoli bislessate col guscio, ed affumate: ànseri. || castagni vugghiuti cu la scorcia: succiole, ballotte, caldallesse. || castagni arrustuti o munnalori: bruciate, caldarrosto. || pani di castagna: castagnaccio, pattona. || ’ntra lu minimu di la luna e un ventu tramuntana, tagghia castagni e cersi, taglia il castagno e la quercia al vento tramontana e nel minimo della luna. || T. legn. Il legname del castagno: castagno. || Met. Errore, abbaglio: marrone. || truvari ’ncastagna: sorprendere in sul fatto. || essiri comu la castagna bedda di fora e dintra havi la magagna: esser come la castagna che di fuori è bella e dentro ha la magagna.

Castagna. add. Del colore della castagna: castagno, castagnino.

Castagnari. (Mal.) V. triziari.

Castagnaru. s. m. Venditor di castagne: castagnajo. E quello che le va vendendo per le vie arrostite: bruciatajo.

Castagnedda. s. f. dim. di castagna: castagnetta, castagnuzza. || Met. Piccolo sbaglio: marroncello. || Romulea bubbocodium Sch. || Per surci V.

Castagnetti. s. f. pl. Strumento simile alle nacchere, il quale si lega alle dita e rende suono per lo percuotersi tra loro le parti: castagnetta.

Castagninu. V. castagna add. [p. 175 modifica]

Castagnitu. s. m. Bosco di castagni: castagneto.

Castagnola. V. colchicu.

Castagnolu. s. m. Legnetto o travicello di castagno: castagnuolo. || T. bot. Pianta che è prima a fiorire sul finir dell’inverno: romulea. Romulea bulbocoides.

Castagnolu. add. Simile a castagno, del colore della castagna: castagnolo.

Castagnu d’Innia. s. m. T. bot. Castagno d’India. Aesculus hippocastanus L.

Castagnu. add. Del colore simile alla scorza della castagna: castagno, castagnino.

Castagnuleddu. add. Leggermente castagnino. || s. V. castagnedda.

Castagnuzza. s. f. dim. di castagna: castagnuzza.

Castamenti. avv. Con castità: castamente.

Casteddu s. m. Luogo chiuso, forte e si dice d’un paesetto, di poche o d’una casa: castello. || Mucchio di checchessia: moncello. || casteddi ’n aria, disegni mal fondati: castelli in aria. || fari casteddi ’n aria, pensar a cose vane e difficili, e fantasticarvi su: far castelli in aria. || T. mar. Ponti più elevati nelle navi, ai quali manca la parte tra l’albero di maestro e quello di trinchetto, onde vengon a farsi due mezzi ponti a livello tra loro: castello. || a casteddu, modo avv., uno sopra l’altro: a monte.

Castellu. V. casteddu.

Castiddanu. s. m. Guardiano di castello: castellano.

Castiddazzu. s. m. pegg. di casteddu, castello rovinaticcio: castellare.

Castidduzzu. s. m. dim. di casteddu: castelluccio, castelluzzo. || Quelle due, tre o più noci o noccioli accomodate l’una sopra l’altra in parecchi giuochi da monellini: castellina.

Castiegna. V. pasta. Così nel Catanese.

Castigamentu. (Scob.) s. m. Gastigamento.

Castiganti. s. f. Specie di briglia: freno duro (An. Cat.).

Castigari e Castiari. v. a. Dar gastigo: gastigare. || Rifl. Emendarsi: gastigarsi. || Prov. quannu unu si castiga centu sinni amminazzanu: chi uno ne gastiga, cento ne minaccia, gastigando uno, gli altri sanno già che posson esserlo. P. pass. castigatu e castiatu: gastigato.

Castigata. s. f. Il gastigare: gastigamento.

Castigatòria. s. f. Gastigo: gastigatoria.

Castigghiuni. s. m. Sorta di frumento bianco.

Castigu e Castìu. s. m. Riprensione o correzione del fallo, e meno di pena: gastigo. || essiri un castigu di diu: essere un soprosso; o cosa troppo brutta: esser un camorro. || fari ’na cosa a castigu di diu, far una cosa male: acciarpatamente, farla là purchè sia, impottinicciarla.

Castillanìa. s. f. Ufficio e dignità del castellano: castellania.

Castillanu. V. castiddanu.

Castillettu. s. m. T. delle zecche. Ingegno con cui si coniano le monete: castelletto. || Uno degli uffici nell’Impresa dell’immorale giuoco del lotto. || T. rileg. Macchinetta poco dissimile allo strettojo, più piccola e con una sola vite nella metà de’ cosciatetti in uno de’ quali è incastrato il ferro: torcoletto.

Castimònia. s. f. Castità degli atti e de’ pensieri: castimonia.

Castissimamenti. avv. sup. Castissimamente.

Castità e Castitati. s. f. Virtù per la quale l’uomo s’astiene dalla turpe libidine, anche totale astinenza de’ diletti sensuali: castità, castitade, castitate.

Castoru. s. m. T. zool. Poppante che ha in ciascuna mascella due denti anteriori obliquamente acuminati: a’ piedi cinque dita, e i posteriori notatorî; la coda piatta e squamosa: castoro. Castor L. || Materia che si trae da borse di esso e serve per medicina: castorio. || chi tantu caru va lu castoru? modo prov. per dire che la tal cosa non costa poi tanto. || pannu, cappeddu, ’nguanti di castoru, fatti di pelle di castoro: panno, cappello, guanti di castoro.

Castrari. V. crastari e derivati.

Castu. add. Chi ha castità: casto. Sup. castissimu: castissimo.

Casturinu. s. m. Sorta di panno lano leggiero e fino.

Casu. s. m. Avvenimento senza necessità, ma fortuito: caso. || Presso il volgo quella cagione fantastica degli accidenti, fato: caso. || Avvenimento leggiero, di cose che seguono ogni giorno: caso. || Caduta, in significato di fallo: caso. || La specie del fatto: caso. || Proposito, soggetto: caso. || T. gramm. I modi di declinazione del nome: caso. || mittemu casu o pri casu, per esempio: pognam caso. || fari casu d’una cosa, dar peso, importanza: far caso o gran caso. || e chi fu lu casu di Sciacca? suol dirsi quando si aggrandisce di troppo un qualche avvenimento: è stato caso di Stato? Si allude a un incidente storico siciliano. || a casu o pri casu, modo avv., per accidente: a caso, per caso. || essiri ’n casu, trovarsi nel potere o nelle circostanze di fare: esser nel caso. || fari a lu casu, esser a proposito: venir in acconcio, far al caso. || essiri o nun essiri lu casu di una cosa, convenire o non convenire: essere o non esser il caso. || – di cuscienza, questione morale relativa ai doveri de’ cristiani: caso di coscienza. || – raru, ciò che ha dello straordinario: caso raro. || ’nt’on casu, se ciò avviene, se mai avviene: nel caso, in un caso. || pinsari a casi soi, attendere alle circostanze proprie: pensar a’ casi proprî. || casu chi, posto che, dato che: caso che. || nun c’è casu chi... non esser possibile, ammessibile: non c’è caso che... || ’nta stu casu: nel caso, se mai.

Casuali. add. Da caso, che è per caso: casuale. || Che accade, o si fa inaspettatamente, non a bello studio: casuale. || Venuto di fortuna senz’apparente cagione: fortuito.

Casualità. s. f. Astratto di casu: casualità.

Casualmenti. avv. A caso, accidentalmente: casualmente. || Per caso, per fortuna: fortuitamente.

Casùbbula. s. f. Quella veste, che porta il prete sopra gli altri paramenti, quando celebra la messa: pianeta.

Casudda. s. f. dim. di casa: casinina, casettina, caserellina.

Casularu. s. m. Luogo dove si tengono e pasturano le vacche per fare il cacio: cascina.

Casuliari. V. casiari.

Casumai. avv. Se mai, quantunquevolte.

Casuna. s. f. accr. di casa, casa grande: casone, casona. E talvolta è pure m. [p. 176 modifica]

Casùncula. s. f. Casa piccola e cattiva: casupola, casipola.

Casutteddu. s. m. dim. di casottu: casottino.

Casuzza. s. f. dim. di casa, piccola casa: casuccia, casuzza.

Catabbìnnuli. calari catabbinnuli V. calari la grunna in calari.

Catacai. Voce turca, sorta di barca.

Catachìsimu. V. catechisimu.

Catacògghiri. v. a. Giugnere, sopraggiugnere che anche diremmo acchiappari: cogliere, chiappare. || Indurre uno con parole a fare o seguire la opinione d’altrui: persuadere. Quando si piglia in mala parte: trappolare, accalappiare. || nun lassarisi catacogghiri, esser avveduto, sagace: non lasciarsi chiappare, esser assentito. || catacogghirisilla: andarsene cheto cheto, o morire. || Recuperare, raccozzare le varie parti d’una cosa: ricogliere. Villani ha: il re Filippo gli tolse (a Ricciardo d’Inghilterra)... la ducea di Normandia... e non la lasciò ricogliere (Dalla prep. κατά sopra cogghiri). P. pass. catacugghiutu: colto, chiappato ecc.

Catacugnu. s. m. Veste succinta usata dalle donne anticamente.

Catacumbi e Catacummi. s. f. luogo sotterraneo con molte tombe: catacombe. || jirisi a ’nfilari ’ntra li catacummi, nascondersi in luogo, ove non sia agevole essere scoperto: rincantucciarsi.

Catafalcu. s. m. Edifizio di legname circondato di candele, ove sopra si mette la bara del morto: catafalco. || Palco ad uso di spettacoli: catafalco. || Per sim. qualunque catasta di cose poste una sopra l’altra confusamente.

Catafasciu (A. posto avv. Affastellatamente, alla rinfusa: a catafascio.

Catafùttiri. V. strafuttiri.

Catalaniscu. V. missinisa.

Catalettu. s. m. Specie di letto di legname con braccia a stanghe, ove si pone il morto o lo ammalato per trasportarlo: cataletto. || Prov. lu catalettu fa acquistari intellettu: il cataletto acquistar fa intelletto

Catalogna, Erva patidduzzi di lagusi o Scutidduzzi di mari. T. bot. Spezie di giunco che nasce in luoghi pantanosi e marittimi: androsace, acetabulo. Androsaces, Acetabulum marinum L.

Catàlogu. s. m. Ordinata descrizione di nomi di persone o di cose, ruolo: catalogo.

Cataluffu. s. m. Mezzo drappo o drappo di mezzana qualità: cataluffo. || Per sim. vecchio brutto, sudicio: squarquojo.

Catambota. V. cazzicatummula.

Catamenu o Cataminu. s. m. Periodo determinato di tempo nel quale conviensi di far checchessia. || a catamenu, posto avv., a poco per volta: di tempo in tempo, e suol unirsi a’ verbi esiggiri o pagari. || parrari a cataminu, dar bottate, dir una cosa a poco a poco o per non saperla o per non volerla dire: dire a spilluzzico (Dal Gr. κατά e μῆνες: di mese in mese. Pasq.).

Catamiari e Cataminari. v. a. Dar moto, dar forza di smuovere qualcosa: muovere. || Detto di cosa: muovere, dimenare, dondolare. || Rifl. a. Darsi moto: muoversi, agitarsi. || Detto di cose: tremare, tentennare. || Di persona che si muova s’agiti nel camminare: culeggiarsi, dimenarsi. || non si putiri cataminari, per trasl. ha senso di: non potersi slontanare. P. pass. catamiatu o cataminatu: mosso, dimenato ecc. (Credo da κατά come part. freq. e minari per muovere).

Cataminarisi. v. intr. pass. Indugiare a posta, tardare: remorare (Gr. καταμένω: mi fermo, aspetto).

Catàmmari catàmmari. avv. Pian piano: catonne catonne (Fanf. Voc. d. u. Tosc.), lemme lemme. || Chetamente che non paja suo fatto: catellon catelloni, chiotto chiotto.

Catamotu. V. muticchi. (Da motu e la particella freq. κατά).

Catania. (Pasq.) s. f. Canto noioso: nenia. || Molestia, fastidio.

Cataniari. V. siddiari o abbuttari. || V. burlari.

Cataniata. s. f. Seccatura, noja.

Cataniusu. add. Che reca noia: nojoso, ciondolino. (Credo composto dalla particella freq. κατά e niusu cioè corrotto di nuiusu).

Catannolu e Quintirnolu. s. m. Cinque fogli di carta che si vendono uniti: quinterno.

Catannulazzu. pegg. Quinternaccio.

Catannuleddu. dim. Quinternello, quinternetto, quinternino.

Catapanata. s. f. Avversità, malevoglienza, riprensione, ecc. non sempre meritate: disavventure, traversìe.

Catapanìa. s. f. L’ufficio del catapanu.

Catapanotta. s. f. Contadina fresca e leggiadra: forosetta.

Catapanottu. s. m. Detto a giovane vispo, malizioso: bricconcello.

Catapanu. s. m. Ministrato della grascia, servente degli uffiziali civili incaricati di giudicare le liti che insorgono ne’ mercati, e di conservar in essi il buon ordine: grascino. || Per sim.: sgherro, bravaccio, mazzasette, tagliacantoni.

Catapezzu. Unito alla voce pezzu, p. e. pezzu di catapezzu: buacciuolo, disutilaccio.

Catapinnula. V. pinnula.

Cataplasima e Cataprasima. s. f. Impiastro atto a fomentare, maturare e risolvere: cataplasma. Si dice anche delle erbe medicinali che non sono impiastri. || Fig. Persona nojosa, che sta sempre attorno: ciondolo (Tomm.).

Catapòzzulu. s. m. T. bot. Pianta che ha la ombrella divisa in quattro parti dicotome; le foglie disposte in croce: catapuzia, catapuzza. || – sarvaggiu o camarruneddu cu fogghi di purciddana: titimaglio selvatico. Tithymalus Siculus polycoucos portulacae folio Bocc. || catapozzuli! esclamazione: zizzole! cocuzze!

Catapuzzi. V. catapozzulu. || V. pinnula.

Catarami. V. catrami.

Catarana. Scob. spiega Naphta, perciò bitume liquido, limpido, di color bianco gialliccio, che si trova in alcune parti d’Oriente: nafta.

Catarrali. add. Da catarro, che cagiona o è cagionato da catarro: catarrale.

Catarratta. s. f. T. med. Maniera di accecamento che è l’addensamento del cristallino che appanna la vista e la toglie, ant.: soffusione; oggi: cateratta. || Caduta precipitosa di acqua: cateratta, cataratta. || grapirisi li catarratti di lu [p. 177 modifica]celu, piover a diluvio: aprirsi le cateratte del cielo. || Quella porta incanalata, che si alza e si abbassa per aprire o chiudere l’apertura di un sostegno, di una vasca, gora ecc.: cateratta.

Catarratteddu. s. m. dim. di catarrattu.

Catarrattu. s. m. Buca quadra che in alcune botteghe o in case è nel palco o soffitto ad uso di comunicare per mezzo di scala così colla stanza inferiore: cateratta, botola o bodola. || L’imposta che serve a chiuderla: ribalta. || Quelle porte delle fortezze che si calano od alzano V. saracinisca. || Per quella porta incanalata per ritener l’acqua V. catarratta. || Sorta di uva bianca mostosa da fame vino.

Catarrazzu. V. catarrunazzu.

Catarru. s. m. Superfluità di umore che ingombra il petto e la testa, e scolo di esso: catarro.

Catarrunazzu. s. m. pegg. di catarruni: catarronaccio.

Catarruni. s. m. accr. di catarru: catarrone.

Catarrusamenti. avv. Con catarro: catarrosamente.

Catarrusu. add. Che patisce o che cagiona catarro: catarroso.

Catarticu. add. T. med. Epiteto di medicamento assai purgativo, e s’usa s.: catartico.

Catàru. s. m. Fabbricatore di secchie di legno. attignitoi, bugliuoli, ecc.: catinajo, bottajo V. vuttaru.

Catàscia e Cadascia. s. f. Intriso di stracciatura, o di cruschello, di untume e di acqua col quale si frega l’ordito della tela lina in telaio per rammorbidarlo: bozzima. || Sorta di erba V. branca ursina. || Altra sorta d’erba V. grassudda.

Catasciari. V. ’ncatasciari.

Catasta. s. f. Massa di legne d’altezza e larghezza determinata secondo i luoghi: catasta. || Met. Ogni massa o mucchio di checchessia: catasta. || Quella massa di legna su cui gli antichi abbruciavano i cadaveri: catasta. E la graticola di legno su cui i martiri eran tormentati: catasta. || a catasta, avv., a massa: a catasta.

Catastari. V. accatastari. || Imporre il catasto: catastare, accatastare.

Catàstrufi. s. f. Mutazione, passaggio d’una fortuna in un’altra: catastrofe. || T. drammatico. Conversione o svoltura o totale discioglimento dell’intrigo nel fine del dramma: catastrofe.

Catastu. s. m. Registro e stima de’ beni stabili: catasto. || Il libro in cui i nomi dei possessori son registrati: catasto. || Quella gravezza che s’impone secondo l’estimo: catasto.

Catastuni (A. V. catasta.

Catata. s. f. Quanto contiene una secchia: secchiata.

Catatripulu. V. stragula.

Catatùmmuli. Specie di funghi.

Catatùnfulu e Catatuffulu. V. tartuffu.

Catechìsimu. s. m. Insegnamento della dottrina cristiana: catechismo. || Il libro che contiene dell’insegnamento: catechismo.

Catechista. s. m. Colui che catechizza: catechista.

Catechìsticu. add. Istruitivo: catechistico.

Catechizzari. v. a. Dar insegnamento e propr. insegnar cose di religione: catechizzare. || Fig. – ad unu, svolgerlo, indurlo con ragioni a far alcuna cosa: catechizzar alcuno.

Catecù o Catù. Composizione ov’entra sugo di liquirizia, ambra e muschio, ridotta indi in pillole o pastiglie da tener in bocca per galanteria o per dolori della bocca, della gola: cacciù.

Cateddu. (Vinci) teniri una persuna a cateddu, tenerla per l’appunto, imbrigliata: fare arar diritto (καθε τος vuol dire perpendicolare, cioè diritto quasi per cui il nostro senso fig.).

Categorìa. s. f. T logico. Ordine e serie di molti predicati o attributi sotto a qualche genere sommo: categoria. || Dicesi che alcune persone sunnu o nun sunnu di la stessa categoria, per dire che sono o non sono della stessa natura: sono o non sono della stessa categoria.

Categoricamenti. avv. In modo categorico, secondo la categoria: categoricamente.

Categoricu. add. Appartenente, conforme alla categoria: categorico.

Caternari. V. inquaternari e ligari libbra.

Caternu. V. quaternu.

Caterva. s. f. Moltitudine non molto ordinata di genti, e di bestie: caterva.

Catètaru, Catèteri, Catètiru e Catètru. s. m. T. chir. Tenta scanalata ad uso d’introdursi nella vescica per estrarne l’urina: catetere.

Catiari. v. intr. Attingere a poco a poco colla secchia per quanto cape in essa. Da catu (secchia).

Catiata. add. L’attinger a poco a poco.

Catìbbulu. s. m. Sega grande: segone.

Caticanà. (Pasq.) Si dice ad uomo sparuto e da nulla: soldo di cacio.

Caticazzicatummula. V. cazzicatummula.

Caticeddu. s. m. dim. di catu: secchiello.

Catina. s. f. Legame per lo più di metallo fatto di anelli concatenati l’uno nell’altro: catena. || Treccia o intrecciamento: catena. || T. arch. Lunga o grossa verga di ferro che si mette da una muraglia all’altra per render sode le pareti o le fiancate delle volte, alle estremità son fisse con chiavi: catena. || Quelle pietre di superficie piana con le quali si dirige, dividesi o si serra il ciottolato: guida, rotaia. || – di muntagni, lunga serie di monti: catena di montagne. || Collana o altri addobbamenti di diverse guise e materie: catena, monile. || Sbarra, serraglio, ritegno, quelle che sono negli stradoni, ove si paga il pedaggio destinato al rifacimento delle strade stesse. || Met. Giogo, servaggio: catena. || La pena della galera: catena. || Sommessione anche volontaria, all’altrui potestà, desiderii o capricci: legame. || fari ’na scrusciuta di catini, met. minacciare con severità ad oggetto d’intimorire. || T. mar. – di ponti, gran trave galleggiante, con che si chiude alla sera il passo del porto: pana o catena (Pitrè). || – di cani: guinzaglio. Per lo più da caccia. || – di roggiu: catena d’orologio. || catini di lu coddu, i due tendini del muscolo del collo: corde del collo.

Catinazza. s. f. accr. e pegg. di catina: catenaccia.

Catinazzeddu. s. m. dim. di catinazzu: chiavistellino. || Una maniera di serrame detta anco catinazzeddu muriscu: lucchetto.

Catinazzolu. s. m. Stanghetta di ferro situata orizzontalmente in una delle imposte, schiacciata a guisa di regoli, che serve a chiudere senza chiave: paletto. [p. 178 modifica]

Catinazzu. s. m. Strumento di ferro, così detto dal concatenare che fa l’una imposta coll’altra, scorrente in certi anelli di ferro confitti nella imposta: catenaccio, chiavistello || livari e mettiri catinazzi, met. esser inconcludente, ora asserire, ora negare. || fari catinazzu, quando le armi da fuoco non isparano tuttochè il cane sia cascato: mancar fuoco, far cecca (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). || li catinazzi di lu coddu, gli ossi che collegan il collo: nodo del collo, catena del collo.

Catinazzuleddu. s. m. dim. di catinazzolu: palettino.

Catinedda. s. f. dim. di catina: catenella, catenina. || Spezie di ricamo per adorno fatto ad ago sui vestiti: catenella. || a catinedda, l’un dopo l’altro: a catena. || di catina e catinedda, modo prov. e dicesi di una successione di avvenimenti non sempre accidentali, ma procedenti naturalmente uno dall’altro. || T. rileg. È un punto che, nella cucitura di ciascun foglio di stampa, oltrepassa le due correggiuole estreme, ed è fermato con un nodo: catenella (Car. Voc. Met.). || T. pesc. Rete che separa la penultima camera di ponente, ove i pesci si prendono. || Per vacili V.

Catinetta. s. m. Certi arnesi di fil di ferro, con punte aguzze, che portansi da alcuni sotto le vesti per penitenza: cilicio. || Corta e grossa coreggia addoppiata, che passa liberamente in una campanella metallica fermata al pettorale del fornimento del cavallo, e i cui due capi vanno ad affibbiarsi all’estremità del timone: coreggione, in alcune vetture invece vi è la catena (Car. Voc. Met.). || – di roggiu: catenina d’orologio.

Catinìgghia. s. f. dim. di catina: catenina, catenuzza. || Ornamento da donne come dire un monile: frenello. || Quelle catene di orologio: catenina, catena d’orologio.

Catoju. s. m. Stanza sotterranea o terrena, ma più esprime una casa povera, angusta: tugurio, casupola (Dal Gr. κατώγεων: stanza terrena).

Catolicamenti. avv. In modo catolico: catolicamente.

Catolicìsimu. s. m. Professione catolica, università de’ catolici: cattolicismo.

Catòlicu. add. Epiteto de’ fedeli al Papa: catolico. || Detto d’uomo vale pio, religioso, seguace di Cristo: cattolico. || Fig. nun essiri tantu catolicu, sentirsi alquanto male in salute, o per lo meno di cattivo umore. Sup. catolicissimu: cattolicissimo.

Catrama. s. f. o Catrami. s. m. Ragia nera estratta per via di fuoco dal pino, che serve a spalmar le navi per difenderle dall’acqua: catrame. || catrami minerali, quello estratto dal carbone di terra: catrame minerale. || dari catrama, modo prov. por tempo in mezzo aggirando alcuno con parole: tener a bada.

Catrècia. s. f. Serie di ossi detti vertebre, che si estendono, dal capo sino all’osso sacro, e formano il fil delle reni: spina. || Ossatura del cassero degli uccelli: catriosso.

Catrùnfuli. V. catatummuli.

Càttara! Voce di esclamazione o di sdegno: catta! (Fanf. Voc. d. u. Tosc.)

Cattaredda! Lo stesso che cattara: cattarina! catterina!

Cattata dl caudu. (Mal.) Vento caldo.

Cattigghiari. V. grattigghiari.

Cattivanza. V. cattività.

Cattivellu. s. m. Tessuto di seta di seconda qualità detta stracciata, e ve n’ha a tela liscia ed a spiga: filaticcio.

Cattività e Cattivitati. s. f. Vedovità, vedovanza. || Forzata servitù: schiavitù.

Cattivu. s. m. Uomo cui sia morta la moglie: vedovo; e cattiva, donna cui sia morto il marito: vedova. || Privo di libertà, catturato: captivo, schiavo (In entrambi i sensi dal Lat. captus: privo).

Cattreda, Cattidra e Catitra. s. f. Luogo eminente ove i professori insegnano, e gli oratori orano: cattedra.

Cattredali e Catidrali. add. Che appartiene a cattedra: cattedrale. || Detto di chiesa ove risegga il vescovo ed il capitolo: cattedrale.

Cattredàticu o Catidraticu. Colui che in sulla cattedra insegna; cattedratico. || Certo dritto che esige il vescovo dalle chiese o corpi morali: cattedratico.

Cattu. s. m. T. bot. Genere di piante di molte varietà: catto. Cactus L.

Cattura. s. f. Presura di alcuno: cattura. || Anticamente il diritto che si pagava ai birri per la presura: cattura. || E l’ordine della presura: cattura.

Catturari. v. a. Far cattura: catturare.

Catturatu. add. Catturato. S’usa anco sost.

Catu. s. m. Arnese per attinger acqua dal pozzo, cisterna: secchia. || Recipiente di checchessia con uno zipolo da cui goccia l’acqua sulla ruota dello arrotino: botticello, catino. || Per lemmu V. || La quantità che cape: secchiata. || li cati di la senia: le secchie del timpano V. senia. || Prov. fari o jiri comu lu catu di la senia, affaticarsi continuamente e spesso invano: acciaccinarsi. || essiri lu catu e la senia, andar sempre insieme: la chiave e il materozzolo (Dal Lat. cadus: anfora, barile, capacità).

Catubbiari. v. intr. Incrudelire. || rifl. Lascivire.

Catubbu. Aggiunto di male, e dicesi piuttosto per beffa, averlo chi è colpito di mal di gola, che l’obbliga a tossire spesso.

Catugghia. s. f. Per ischerno si dice a donna d’infima plebe: ciana, berghinella.

Catugghiari. v. intr. Altercarsi, litigare a mo’ delle ciane o pettegole: pettegoleggiare. || Per solleticare.

Catulippuli. (Pasq.) V. mania.

Catuna. V. catuniu.

Catuniari. v. a. Importunare, infastidire, nojare. || v. intr. Lamentarsi sommessamente: mormorare. || Borbottare.

Catuniu. s. m. Noja, molestia. || Borbottamento, borbottìo. || Disputa o querela, rimproveri: cagnaja. || far un catuniu pr’un pilu: far un diascolìo per un bruscolo.

Catuniusu. add. Increscioso, nojoso. || Brontolone, borbottone, fiottone.

Catusari. V. ’ncatusari.

Catusatu. s. m. Canal murato, per lo quale si conduce l’acqua da luogo a luogo: condotto, acquedotto. || La tubolatura di terra o latta lungo [p. 179 modifica]il muro che comunica colla doccia e manda giù l’acqua: cannoncini.

Catuseddu. s. m. dim. di catusu: doccia. || In pl. V. curriuneddi.

Catusu. s. m. Strumento di terra cotta o altro per fare scorrere le acque: doccione, cannelle (Fanf. Casa Fior.). || – mastru è il maggior dei doccioni: cannone. Met. L’intestino retto. || Per sim. tutto ciò che eccede in lunghezza e mal proporzionato in larghezza.

Càuci. V. quacina.

Caucïari. v. intr. Trar calci: scalciare, scalcheggiare. P. pass. cauciatu: scalciato, scalcheggiato (A. V. ital. calciare).

Caucïata. s. f. Lo scalciare: scalciata (Non è nei vocabolarii ma V. participiu).

Cauciaturi –tura. verb. Chi o che tira calci: calciatore –trice. || add. Calcitroso.

Caucina. V. quacina.

Caucinaru. V. quacinaru. || V. cauciaturi: calcitroso.

Caucinazzu. V. quacinazzu.

Caucisi. V. quacisi.

Càuciu. s. m. Percossa col piede: calcio. || tirari o jittari un paru di cauci: trar calci, sparar calci. || dari un cauciu, met. respingere o discacciare con isdegno: dar un calcio. Vale pure rispondere con ingratitudine. || jittari cauci, met. repugnar ad ubbidire: calcitrare. Dicesi anche di persona infingevole che a quando a quando offenda allorchè meno si aspetta. || pigghiari c’un cauciu ’nta lu mussu: dar un calcio nel muso. || appizzari, allintari, lassari jiri cu un cauciu: appiccicare, allentare, lasciar andare un calcio. || Prov. cauciu di jimenta non fici mali a lu stadduni: calcio di stallone non fa male alla cavalla. || pigghiari a cauci ’n culu: pigliar a calci nel sedere o nel culo. Met. Dar brusco commiato ad uno. || a cauci, modo avv.: a calci.

Càuda. s. f. Dicesi l’infocare che si fa del ferro nelle fucine per poterlo operare: calda. || dari ’na cauda ad unu, met. ingiuriarlo, morderlo con parole: dar una rammanzina. || Burlare.

Caudana. (Caruso) s. f. Quell’improvviso scaldarsi del sangue che sale anco al volto: caldana.

Caudara. V. quadara, e derivati.

Caudararu. V. quadararu.

Caudarata. V. quadarata.

Caudariari. v. a. Spargere il ranno sulle biancherie già bagnate e allogate.

Caudiari. V. quariari, e derivati.

Caudiceddu. s. m. Caldo lieve: calduccio, caldicciuolo. || add. Alquanto caldo: caldetto, calduccio.

Caudizza. V. caldizza.

Càudu e Càuru. s. m. Il senso o l’effetto del calore: caldo. || Veemenza attuale d’una passione: caldo. || essiri ’n caudu, venir in lussuria, andar in amore, detto degli animali: essere o venir in caldo. || mettiri ’n caudu, metter una cosa a scaldare. || nun sentiri nè caudu ne friddu, non aver interesse alcuno, non premergli una cosa: non avere nè caldo nè freddo. || teniri caudu, dicesi di vestito che mantiene caldo il corpo: tener caldo.

Càudu e Càuru. add. Che ha calore: caldo. || Met. Che ha il vigore ed il brio: caldo. || Violentemente commosso, incitato, fervoroso: caldo. || Messo in ardenza: caldo, accaldato. || Pronto, d’animo ardente: volenteroso. || Iracondo: caldo. || Veemente: caldo. || a sangu caudu, al momento della ferita o percossa; e per sim. al momento dopo di qualunque cosa: a sangue caldo. || farila cauda, far una cosa subito subito: farla caldo caldo. || darinni una cauda e una fridda, darne delle buone e delle triste: darne una calda e una fredda. || manciari caudu e viviri friddu, accomodarsi alle vicende. || cu’ cauru dormi friddu mancia, per mangiare bisogna lavorare: chi non si cava il sonno non si cava la fame. || caudu caudu, in sul fatto caldo caldo. E anche fresco: caldo caldo (A. V. ital. caudo, Fazio degli Uberti). || – di pannu nun fici mai dannu, è bene sempre lo andar coperti: caldo di panno non fece mai danno.

Càudu. avv. Caldamente: caldo. || fu pigghiatu e caudu caudu ammazzatu: fu preso e caldo caldo ucciso.

Cauduliddu. V. caudiceddu.

Caudumaru. V. quadumaru.

Cudumi. V. quadumi.

Caudura. V. calura.

Cauliceddi e Cauliceddu. V. cavuliceddi e cavuliceddu.

Caulìna. V. cavulina.

Càulu. V. cavulu e derivati (A. V. ital. caulo, Buti).

Càuru. V. càudu.

Càusa. s. f. Lite in tribunale: causa. || Cagione, motivo, autore: causa. || Una metà del calzone V. causi. || Prov. cu’ è causa di lu so dannu chiancia sè stissu: chi è causa del suo mal pianga sè stesso. || a o pri causa, a cagione: a o per causa. || in causa propria ognunu si perturba, o ognunu si perdi in causa propria, l’interesse proprio acceca.

Causali. add. Che vale a esprimere la cagione per cui si parla: causale.

Causalmenti. avv. Con cagione, causa: causalmente.

Causanti. V. quasanti.

Causareddu e Cauzareddu. V. quasareddu.

Causari. v. a. Dar cagione: cagionare. || Per calzare. || Per ripizzari V. (Giornale La Sicilia). P. pass. causatu: cagionato. || Calzato.

Causaru. V. quasaru.

Causaruni. V. quasaruni.

Causaturi. V. quasaturi.

Causetta. V. quasetta.

Càusi. s. m. pl. Il vestito che copre le cosce e le gambe: calzone, calzoni. || – curti, brache (An. Cat.). || nun sapirisi affigghiari li causi, essere ragazzo o imperito: moccicone. || aviri o mittirisi li causi, detto di donna che abbia preso il sopravvento al marito: avere o mettersi i calzoni. || – causeddu V. cavu-cavuseddu. || causi di sutta o di tila: mutande, sotto-calzoni. || – cu la nnappa: calzoni a toppini o colla braca. || attaccarisi li causi, esser uomo. || va attàccati li causi si dice a bambino ardito che voglia far da uomo: va via bimbo. || nuddu nasci cu li causi attaccati: nessuno nasce maestro.

Causìdicu. s. m. Quegli che tratta, agita, o in [p. 180 modifica]qualsivoglia modo difende cause giudiziali: causidico.

Causitteri. V. quasitteri.

Causittuni. V. quasittuni.

Causolu. add. Di cavallo che avendo altro manto, abbia i piedi bianchi: balzano.

Càusticu. s. m. e add. T. chir. Medicamento estrinseco che ha forza di abbruciare: càustico. || fig. Di persona che biasima altrui: mordace. || Per colui, che lasciandosi prendere da impazienza, torna intrattabile: umor caustico.

Causuddi. V. quasuddi.

Causuneddi. V. quasuneddi.

Causuni. V. quasuni.

Cautamenti. avv. Con cautela, accorgenza: cautamente.

Cautela. s. f. L’abito dell’esser cauto e l’atto: cautela. || T. leg. Sicurtà: cautela. || Sicurezza, difesa: cautela. || Carta autentica dove sta scritta la cautela: cautela. ||a cautela, modo avv., per sicurezza: a cautela.

Cautelari. v. a. Dar cautela: cautelare. || rifl. a. Nascondersi, o sottrarsi alla forza pubblica: latitare. P. pass. cautelatu: cautelato. || Latitato.

Cautelusu. add. Circospetto, che abbonda in cautele: cauteloso.

Cautèriu. s. m. T. chir. Incendimento di carne con ferro rovente, o con fuoco morto: cauterio, rottorio.

Càutu. add. Chi sa evitare e prevenire il pericolo; che sa assicurare sè stesso e la cosa: cauto.

Cauzararu. V. scarparu.

Cauzari. V. quasari.

Cauzetta. V. quasetta.

Cauzioni. s. f. Atto che ha per fine il guarentire, l’assicurar a sè una cosa: cauzione.

Cauzitteri. V. quasitteri.

Cava. s. f. Luogo scavato più o meno profondo da cui per lo più si estraggono materie: cava. || – di sali, – di surfaru, – di rina, – di petra: cava di sale o salina, – di zolfo o zolfaja, – di rena, – di pietra.

Cavaddarìa. (Aur.) V. cavallaria.

Cavaddarizzu. (Aur.) V. cavallarizzu.

Cavaddaru. s. m. Guida di cavallo da carico: cavallaro. || Corriere: cavallaro. || Chi affitta bestie da soma e da sella: cavallajo.

Cavaddazzu. s. m. pegg. di cavaddu: cavallaccio, rozza (z dolce). || la vanedda di li cavaddazzi, luogo remoto fuori della città ove si buttano le carogne.

Cavaddignu. add. A somiglianza di cavallo: cavallino.

Cavaddina. s. f. Pelle concia del cavallo: cavallina.

Cavaddinu. add. Appartenente a cavallo: cavallino. || musca cavaddina, quelle mosche che molestano i cavalli, i buoi e simili: mosca cavallina, mosca culaja. E per sim. a uomo seccante: mosca culaja. || a la cavaddina, posto avv., secondo il fare del cavallo.

Cavaddiscamenti. V. asiniscamenti.

Cavaddiscu. V. cavaddinu.

Cavaddittu. s. m. dim. di cavaddu: cavalletto. || Ogni strumento a similitudine del cavallo, per sostener pesi: cavalletto. || Arnese ove si facevano cavalcare i malfattori posti alla gogna: cavalletto, gogna. || Arnese dove i cocchieri adattano i fornimenti de’ cavalli per pulirli: cavalletto. || V. cavallittu.

Cavaddòriu. add. Voce scherzevole per cavaddinu V.

Cavaddottu. s. m. Cavallo di mezzana grandezza, o non pervenuto a tutto il suo crescimento, ma gagliardo e di buona figura: cavallotto.

Cavaddu e Cavallu. s. m. T. zool. Animale noto: cavallo. Equus L. (f. cavadda e cavalla: cavalla). || – baju, di mantello tendente al rosso; colore che varia in chiaro, scuro, castagno, fuocato, lavato e dorato: caval bajo. || – ’nsainatu, di color grigio e la testa nera: cavallo a cavezza di moro. || – fasolu o causolu, quello che essendo d’un mantello a colore qualunque ha i piedi bianchi: caval balzano. causolu di unu, – di dui, –di tri: balzano da uno, – da due, – da tre. || – di carrozza, quello atto a tirare: cavallo da tiro, da treno, da traino. || – di la manu, quello che nella carrozza s’attacca alla diritta del cocchiero. || – di la sedda, quello che si attacca alla sinistra del cocchiero. || – scugghiu: cavallo castrato. || – facciolu, quello che per lo lungo della fronte ha una pezza bianca: cavallo sfacciato. || – farbu, di mantello giallo scuro: cavallo falbo. || – muschïatu, il cui mantello è sbrizzolato di macchiette nere: cavallo leardo moscato. || un bon cavaddu nun havi bisognu spruna, corre senza esser punto. || tantu mancia lu cavaddu rozzu, quantu chiddu di razza: tanto mangia il povero quanto il ricco, cioè entrambi han bisogno di mangiare. || – mirrinu, di mantello bigio. || – mirrinu arrutatu, di mantello bianco con macchie nere: cavallo leardo rotato. || – mirrinu corvu, mantello scuro. || – mureddu, di mantello nero: cavallo morello. || – palummu, di mantello bianco: cavallo leardo. || – sardiscu o sardignolu, piccolo e forte; vengono dalla Sardegna: cavallo sardo. || – sàuru, di colore tra bigio e tanè: cavallo sauro. || – staddizzu, che è tenuto lungo tempo in istalla: cavallo stallìo. || – tirranu V. tirranu. || quannu sì a cavaddu saluta lu piduni, quando sei in alto posto, tratta coloro che ti pajono minori, perchè un giorno quelli ti posson essere superiori. Avviso agli orgogliosi! || – fruciuni, sorta di cavallo con certe barbette ai piedi: cavallo frigione. E met. chi fa le cose a precipizio e materialmente: affrucione, abborracciatore (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). || – sarvaggiu, cavallo non ancora domato: cavallo bravo. || – stidda, che ha una stella bianca in fronte: cavallo stellato. || – cu l’aricchi e la cuda tagghiata: cortaldo. || – di varda o di carricu: cavallo da basto o da soma. || – marinu, animale anfibio della grandezza di un bue, col piè fesso, e nitrisce come un cavallo: cavallo marino, caval fiumatico. || – di cursa: corsiero. || – di razza: cavallo di razza, stallone. || – di lueri: cavallo da nolo, da vettura o d’affitto. || cavaddu, met. ad uomo sciocco: asino, sciabordo. || – appagnusu o umbrusu, che si mette paura: ombroso. E per sim. ad uomo fantastico: ombroso. || – cauciaturi, che dà calci: calcitroso. || Pezzo del giuoco di scacchi V. cavallu. || – ristivu, che non vuol andare avanti: restìo. || – ’nsignatu, [p. 181 modifica]ammaestrato dal cavallerizzo: caval da maneggio. || – pigghiatu di spaddi, che ha lesione alle spalle: spallato. || – fausu: indomito, inobbediente, ricalcitrante. || – cu lu fausu quartu V. quartu. || – pri notti, pri strapazzu o pri malutempu V. marruni . || – di carrettu, buono per portar a vettura: vettureggiante . || – di rispettu, è quello che usasi recare con tutta la bardatura nelle grandi funzioni per supplire in caso l’altro in cui è il padrone a cavallo. || – arrasatu, i denti di cui venuti a crescimento non lasciano più veder l’età: agnomoni . || – scausu: non ferrato . || – pigghiatu di pettu, che respira con difficoltà: bolso . || – di bonu lanzu, di cui il corpo è lungo e gagliardo. || – scarmatu, che ha guaste le anche: slombato . || Prov. cui strigghia lu so cavaddu nun si chiama muzzuni, chi fa le sue cose non è servo: a far i fatti suoi uno non s’imbratta le mani . || omu a cavaddu sepultura aperta, per significar i pericoli del cavaliere: uomo a cavallo sepoltura aperta . || nun curriri tantu lu cavaddu, met. andar a rilento nello spendere per poca sufficienza. || mettiri a cavaddu un roggiu, ’na macchina ecc. che anche si dice cavarcari . T. art. Metter su insieme le parti: montare . Il suo contrario è scavarcari V. || – rattu, quello che alla sola vista o all’odore della cavalla si commove, si divincola e spesso a pericolo di chi il regge: cavallo sitoso (a Firenze). || – duci di mussu: facile di bocca . duru di mussu: duro di bocca . || cavaddu era un gastico dell’antico sistema brutale di educazione di scuola ove le cose dovean insegnarsi a bastonate, ed erano sferzate nel culo: cavallo . || aviri un bonu cavaddu, modo prov. , trovarsi in grande comodità e sicurezza: esser sopra un cavallo grosso . || – a la sdossa: caval nudo, senz’arnesi . || Prov. a cavaddu datu nun circari sedda, o a cavaddu datu nun si guarda ’n mucca: a caval donato non gli si guarda in bocca , quando si riceve un regalo non bisogna lamentarsi se è poco. || a cavaddu magru muschi, oltre il senso proprio, dice che chi è povero è più avvilito: a’ cavalli magri vanno addosso le mosche . || cavaddu schinfignusu magru mori, non bisogna essere troppo schifiltoso nel mangiare o in altro: porco pulito non fu mai grasso . || l’occhiu di lu patruni ’ngrassa lu cavaddu, il padrone bisogna che invigili che le bestie si abbiano ciò che loro spetta, e met. l’interessato è quegli che bada meglio alle cose proprie: l’occhio del padrone ingrassa il cavallo . || lu cavadddu di la morti, cavallo magrissimo: rozza . || – gastimatu ci luci lu pilu, perchè nessuno vuol avergli che fare e perciò non fatica; e met. uomo invidiato ha fortuna. || essiri a cavaddu, met. aver le sue comodità, vantaggi: esser a cavallo . || a bon cavaddu nun ci manca sedda, chi ha merito è adibito: a buon cavallo non manca sella . || – sicilianu curtu e nanu, cavallo siciliano corto e nano. || sianu li cavaddi tristi o boni, nun cavalcari mai senza spiruna o a cavaddi tristi e boni nun lassari li spiruna: a cavalli tristi e buoni porta sempre gli speroni . || omu, cavaddu e cani pri quantu opera tantu vali: il cavallo tanto va tanto vale . || bai vonnu essiri li cavaddi, li scecchi curci e li muli mureddi v. baju. || cavaddu ben guvirnatu jetta cauci, alcuni uomini più bene son trattati, più ingrati vi sono: l’asino quando ha mangiato la biada tira calci al corbello, o far come il caval grasso, che poichè ha mangiato la biada, dà calci al vaglio. || – grassu ti leva di fatiga, per cui, chi molto spende poco spende. || un bon cavaddu fa li migghia curti, il cavallo tenuto bene lavora fuor di misura, corre e fa parer poche le miglia. || a cavaddu firoci leva l’oriu, il troppo godere fa dimenticare i doveri, quindi si fa loro ricordare scemando la profenda: a cavallo che non porta sella, biada non si crivella. || aspetta cavaddu ca l’erva crisci, si dice quando vi è bisogno di pronto rimedio, poichè mentre l’erba cresce il cavallo muore: campa cavallo che l’erba cresce. || – di carrettu pocu dura, poichè in secolo civile vi è gente inferiore alle bestie, i cavalli di carrettieri, cocchieri ecc. crepano dalla fatica e dalle bastonate... e poi queglino piangono! || a bon cavaddu nun si cuntanu migghia: a buon cavallo non occorre dirgli trotta. || a cavaddu, modo avv., in sul cavallo o come essere sul cavallo: a cavallo. || cavaddi, corte macchie d’incotto che restan alle donne nelle cosce dall’uso di tenere il fuoco sotto: vacche. || Figura di una delle carte da giuoco: cavallo. || lu bon cavaddu si vinni a lu so paisi, si dice anche contro chi va a sposare donna fuori il proprio paese: donne e buoi dei paesi tuoi.

Cavaddunazzu. pegg. di cavadduni.

Cavaddunchïari. (Mal.) v. a. Far mannelli: ammannellare.

Cavaddunchiu. s. m. Piccolo fascio di spighe: mannello.

Cavadduni. s. m. accr. di cavaddu: cavallone. || Quel gonfiamento del mare nelle tempeste, burrasche o semplice vento: cavallone. || Per ispregio: bestione.

Cavadduzzu. s. m. dim. e vezz. di cavaddu: cavalletto, cavalluccio. || – marinu, insetto di mare, che ha certa similitudine col cavallo: ippocampo. Syngnatus hippocampus L.

Cavadenti. s. m. Chi per arte cava i denti: cavadenti. || Arnese di ferro per cavar il dente: cane, cavadente.

Cavafunnu. V. annetta-portu.

Cavagna, Cavagnedda e Cavagnotta. V. fascedda. In italiano vi è cavagno per paniere. In molti luoghi d’Italia: cavagna chiamano la sporta. || Pel contenuto della cavagna.

Cavajuolu. V. mascaratu (Pasq.).

Cavalàggiu. V. babbaluci.

Cavalcari. V. cavarcari e tutti i derivati.

Cavaleri. s. m. Che appartiene a qualche ordine di cavalleria: cavaliere (f. cavalera: cavaliera, cavaleressa). || Si dice anche colui che vive cavallerescamente: cavaliere. || – di curti, uomo di corte: cavaliere di corte. || – erranti, quelli che in tempi andati giravano per trovar avventure: cavalier errante. || – natu ’n pagghia, modo prov., signor da burla: signor di maggio. || Soldato o uomo a cavallo: cavaliere. || – sirventi: cavaliere d’amore, cavalier servente. || Negli scacchi è il cavallo: cavaliere. || mennula cavalera: catera V. mennula. [p. 182 modifica]

Cavaliratu. s. m. Dignità di cavaliere: cavalierato.

Cavalirazzu. s. m. dispr. di cavaleri: cavalierazzo.

Cavaliricchiu. s. m. dim. di cavaleri.

Cavaliriscamenti. avv. A modo di cavaliere: cavallerescamente.

Cavaliriscu. add. Da cavaliere, attenente a cavaliere: cavalleresco. || a la cavalirisca, a mo’ dei cavalieri: alla cavalleresca.

Cavalirottu. s. m. dim. di cavaleri: cavalierino.

Cavaliruni. s. m. accr. di cavaleri: cavalierotto. || Per signuruni V.

Cavaliruzzu. s. m. dim. di cavaleri.

Cavalla. s. f. Femmina del cavallo: cavalla. || T. mar. Vela di straglio di mezzana: carbonara (Zan. Voc. Met.).

Cavallarìa. s. f. Milizia a cavallo: cavalleria. || Grado di cavaliere, ordine o adunanza di cavalieri: cavalleria. || libbra di cavallaria, romanzi che narrano le avventure de’ cavalieri erranti: romanzi di cavalleria.

Cavallarizza. s. f. Scuderia. || Luogo destinato per l’esercizio del cavalcare: cavallerizza. || L’arte del cavalcare o ammaestrar i cavalli: cavallerizza.

Cavallarozzu. s. m. Colui che esercita e ammaestra cavalli e insegna a cavalcare: cavallerizzo. || Grado e dignità di corte di colui che ha la cura generale de’ cavalli del principe: cavallerizzo.

Cavallaru. V. cavaddaru. || V. burdunaru.

Cavalletta. s. f. Animaletto simile al grillo: cavalletta.

Cavalliggeri. s. m. Soldato a cavallo armato alla leggiera: cavalleggiero.

Cavallina. s. f. Inganno o doppiezza: cavalletta. Onde fari una cavallina a unu, ingannarlo con doppiezza e con astuzia: far una cavalletta a uno.

Cavallittu. s. m. T. art. Que’ legni confitti a guisa di trespolo con quattro gambe, sui quali i muratori fanno i ponti per fabbricare: capre. || T. tip. Pezzo di legno come un leggìo, sul quale il compositore adatta e stringe l’originale che ha da comporre: cavalletto. || V. cavaddittu.

Cavallu. V. cavaddu. || Figura delle carte da giuoco, e degli scacchi: cavallo.

Cavalluni. V. cavadduni nel 2º §.

Cavarcamentu. (Scob.) s. m. Cavalcamento.

Cavarcanti. add. Colui che guida, stando a cavallo, la prima coppia delle mute: cavalcante. || Ajutante, garzone di cocchiere. || Per calzoni. Voce bassa nel Catanese.

Cavarcari. v. a. e intr. Andar a cavallo: cavalcare. || Maneggiar il cavallo: cavalcare. || Essere sopra ogni altra cosa dove si stia su a cavalcione: cavalcare. || Sopraffare, star di sopra: cavalcare. || T. art. V. muntari. P. pass. cavarcatu: cavalcato.

Cavarcata. s. f. Quantità di gente che va a cavallo in campagna o in città: cavalcata. || L’atto del cavalcare: cavalcata.

Cavarcatura. s. f. Bestia da cavalcarsi: cavalcatura.

Cavarcaturi. s. m. Rialto per montar a cavallo: cavalcatojo, montatojo. || verb. Chi o che cavalca: cavalcatore –trice.

Cavari. v. a. Far buco nella terra, far cavo: cavare. || Levare una cosa donde ella si trova: cavare. || Parlandosi di pastumi tagliati in foggia di bocconi o morselletti, appellati gnocchi, vale assottigliarli, ammaccarli co’ polpastrelli delle dita. || Ricavare, ritrarre. || – l’occhi V. scippari. || – sangu V. sagnari.

Cavaru. s. m. (Vinci). Fango stagnato, putrido e fetente (Dall’Eb. cavar: sepolcro, poichè così pute).

Cavata. s. f. L’azione del cavare: cavata. || – di sangu, il cavar sangue: salasso. || T. mus. L’atto di trar con maestria il suono da uno strumento: cavata.

Cavatacci. V. scippatacci.

Cavateddi. V. cavatuneddi.

Cavatina. s. f. T. mus. Aria breve senza ripresa nè seconda parte: cavatina.

Cavatu. add. Cavato. || curtu e malu cavatu, si dice ad uomo piccolo e cattivo: capestrello. || In forza di s., spazio cavato o incavato: cavato.

Cavatunazzu. s. m. pegg. e accr. di cavatuni: cannoncioni.

Cavatuneddu. s. m. dim. di cavatuni: cannoncelli.

Cavatuni. s. m. Sorta di pasta a foggia di cannello: cannelloni.

Cavatura. s. f. L’atto del cavare, e il solco, la impressione che ne rimane: cavatura.

Cavaturi. verb. m. Che cava, minatore: cavatore.

Cavegu. V. cavagna. Così a S. Fratello.

Cavenu. V. cavaddu. Così a S. Fratello.

Caverna. s. f. Concavità, gran vuoto, capacità grande nel profondo della terra, ne’ monti: caverna.

Cavesa. s. f. Capo (Dallo Sp. cabeza). || Acutezza d’inventare o d’apprendere checchessia: ingegno, perspicacia.

Cavettu. s. m. T. mar. Piccolo cavo: canapello.

Cavialeddu. s. m. dim. di caviali: piccolo capitale. || piccolo caviale.

Caviali. s. m. V. capitali. || Uova del pesce storione salate: caviale.

Cavigghia. s. f. Piccolo legnetto a guisa di chiodo: caviglia, cavicchio. || Pezzo di legno più sottile da una parte, per turar i buchi e impedire l’uscita di qualche fluido: zaffo. || Met. Piccola faccenda: faccenduzza, impiccio. || Legnetto congegnato nel manico delle chitarre ecc. per tenere le corde: bischero, bischerello. || Ne’ clavicembali, arpe ecc. quei ferri che vi si conficcano per avvoltarvi attorno le corde: pironi. || circari cavigghi, opporre sempre difficoltà: cercar cavilli. || unu fa cavigghi e n’autru fa pirtusa, modo prov. quando uno dice una cosa e l’altro vi trova la sua difficoltà, o risposta, o trovar da coonestare ogni cosa: aver più ritortole che fastella. || T. tess. Dischi di legno a ciascuna testata del subbio, affinchè sia rattenuto meglio l’ordito: girelle. || – di vancu, piastra di ferro a forca e dentata, conficcata in una delle testate del banco, contro cui si appuntan i legnami in lavorando: granchio.

Cavigghiedda. s. f. dim. di cavigghia: caviglietta, cavigliolo. || In pl. le assicelle dell’ossatura della sedia.

Cavigghiozza. s. f. T. tess. Uno degli ordegni che servono all’arte del tesserandolo. [p. 183 modifica]

Cavigghiunazzu. s. m. accr. di cavigghiuni.

Cavigghiuneddu. s. m. dim. di cavigghiuni.

Cavigghiuni. s. m. Piccolo legnetto aguzzo a foggia di chiodo grosso molto: piuolo. || Per appiccarvi oggetti: appiccagnolo. || T. uccell. Quei legnetti che si ficcano in terra e che tengono le contrine (vracaletti) delle reti: piuoli (a Firenze). || scippari lu cavigghiuni, fig. adirarsi: pigliare il cappello.

Cavigghiuseddu. s. m. dim. di cavigghiusu.

Cavigghiusu. add. Di persona che per costume dà noia e impacci, e sempre rimane scontento: impacciatore –trice, fastidioso. || Detto di cosa, malagevole, noiosa: impacciante, brigosa. Sup. cavigghiusissimu: fastidiosissimo.

Cavigghiusuni. add. accr. di cavigghiusu.

Cavillari. v. intr. Inventare ragioni false che abbiano sembianze di verità, sopraffare con minuzie impaccianti: cavillare. P. pass. cavillatu: cavillato.

Cavillaturi –trici. verb. m. Chi o che cavilla: cavillatore –trice.

Cavillazioni. s. f. |Il cavillare: cavillazione, cavillo.

Cavillu. s. m. Cavillazione: cavillo.

Cavillusamenti. avv. Con cavillazione: cavillosamente.

Cavilluseddu. add. dim. di cavillusu.

Cavillusu. add. Che usa o contiene cavillazione: cavilloso.

Caviolu. s. m. Voce di scherzo a persona grande, disadatta e sciocca: badalone, baccellone.

Cavirnedda. s. f. dim. di caverna: cavernuzza.

Cavirnusitati. s. f. Astratto di cavernoso: cavernosità, cavernositade, cavernositate.

Cavirnusu. add. Pieno di caverne, vuoto a mo’ di caverna: cavernoso. Sup. cavirnusissimu: cavernosissimo.

Cavisu. V. cafisu.

Caviulazzu. pegg. di caviolu: disutilaccio.

Caviuluni. accr. di caviolu: sparagione, personaccia.

Cavòrchiu. V. cavu.

Cavu. s. m. Cavità, incavatura, cosa concava: cavo. || T. giuoc. Colpo di palla a palla per ispingerla fuori della data linea fatta nel principio del giuoco. || La forma nella quale si gettano e formansi le figure di gesso: cavo.

Cavu-cavuseddu. posto avv. Col verbo jiri, purtari, ecc. si dice quando due intrecciate fra loro le mani, portano un terzo così a sedere sulle loro mani intrecciate: portar uno a predelline o a predellucce.

Càvudu. V. càudu.

Cavuliceddu. s. m. Pianta spontanea che somiglia ad altra detta razzi V. || cauliceddi veri, pianta spontanea che nasce nelle vigne e si chiama di vigna: cavoli perfilati, colza. || purtari a cavuliceddi, portare un fanciullo sulla schiena, tenendo le braccia attorno al collo del portatore: portare a cavalluccio.

Cavuliciddaru. add. Raccoglitore e venditore di erbe selvagge.

Cavuliddi. dim. di cavuli, quelli che per difetto di coltura non vengon innanzi.

Cavulifiuri o Cavuli di ciuri. V. vròcculi.

Cavulina. s. f. Piccole pianterelle di cavoli, che poi debbonsi trapiantare.

Càvulu. s. m. T. bot. Pianta nota, buona a mangiarsi: cavolo. Brassica oleracea L. || – cappucciu, cavolo bianco che fa il cesto avvolto a guisa di palla: cavolo cappuccio. Brassica capitata L. || Prov. – vecchiu e vrocculu ciurutu, zoccu cci è fattu cc’è pirdutu, a certe cose viete e rancide non val la pena spendervi per farle ritornare buone. || agghiunciri pipi a li cavuli, fare per il suo peggio. || parrari ad un ortu di cavuli, far prediche inutili: predicar ai porci. || a cavuli cavuliceddi V. cavuliceddi: a cavalluccio. || essiri cavuli ’nfasciati, essere finti, non sinceri. || si chianti cavuli in aprili lu vicinu si nni ridi, spiga presto ma non fa grumolo: chi pon cavolo d’aprile tutto l’anno se ne ride.

Cavuluciuri. V. vrocculu.

Cazi. V. càusi.

Cazza. s. f. Sorta di cucchiaio di ferro, o di legno bucherato, che si adopera a mestar le vivande: cazza. mestola. Talvolta serve per ischiumare: schiumatojo.

Cazzacaredda. V. cavu-cavuseddu.

Cazzalora. s. f. T. cald. Vaso di rame ristagnato dentro, con manico, per uso di cucina: cazzaruola, casserola.

Cazzaluredda. s. f. dim. di cazzaruola: cazzaruoletta.

Cazzaluruna. s. f. accr. di cazzaruola: cazzaruolone.

Cazzari. v. a. T. mar. Tirar a sè una fune: cazzare, alare. || – la vela, stenderla bene all’ingiù, tirandone dietro o avanti l’una o l’altra delle bugne: cazzar la vela (Car. Voc. Met.). || Prov. quantu va un cazza cazza, ’un vannu centu tira tira, cento risparmi delle donne non valgono un guadagno dell’uomo.

Cazzarìa. s. f. Voce bassa, bagattella, cosa da nulla: bordelleria, coglioneria.

Cazzariedda. dim. di cazzaria: bagattelluccia.

Cazzettu. s. m. Voce bassa, si dice ad uomo piccolo e presuntuoso: cazzatello, cazzabubbolo.

Cazzianu. (Scob.) Uccello V. munacedda.

Cazziari. v. intr. Voce bassa; trastullarsi: scazzellare. || Bighellonare. || Ha senso anche osceno.

Cazziata. s. f. Pettegolezzo fra contendenti: diverbio, battibecco. || Riprensione: canata.

Cazziatedda. dim. Diverbiuccio, leggero rabbuffo.

Càzzica. s. f. fari cazzica, dicesi dell’aquilone, (stidda) quando capovolgendosi va giù di slancio: far tombolo, capitombolo. || È anche esclamazione: cazzica!

Cazzicaddè e Cazzicaddi. V. attuppateddi. || V. crastuni.

Cazzicari. (Pasq.) V. mòviri.

Cazzicatùmmula. s. f. Salto col capo in giù: capitombolo. || V. capriola. || fari cazzicatummula: capitombolare. || met. Arrendersi alle voglie altrui: accondiscendere. || fari fari cazzicatummuli ad unu, aggirarlo a suo modo, trarlo con arte a contentar sempre: carrucolarlo.

Cazzola. s. f. Mestola di ferro piana, di forma quasi triangolare, con manico di legno, colla quale i muratori pigliano la calcina e lavorano: cazzuola.

Cazzottu. s. m. Pugno dato sottomano: cazzotto. || Sorta di pane V. cacciottu.

Cazzu. s. m. Membro virile: cazzo. || [p. 184 modifica]Esclamazione plebea: cazzo! || – di mari, spezie di oloturia. || essiri cu li cazzi, espressione indecente per dire: esser co’ fiocchi, cioè buona nel proprio genere. || nè cazzi nè mazzi: niente, nulla affatto. || senza tanti cazzi, modo basso, senza repliche: senza tanti discorsi. || fari lu cazzu, mettere la mano sulla snodatura dell’altro braccio piegandolo in su per atto d’ingiuria: fare manichetto o manichino.

Cazzuledda. s. m. dim. di cazzola: cazzoletta.

Cazzuletta. s. f. Piccolo vaso in cui si fa il profumo: profumiera (Fr. cassolette).

Cazzuliari. v. intr. Consumar il tempo andando attorno a ozieggiare: chiccherellare (Di Giovanni), garabullare, gingillare. || Appianare colla cazzuola. || intr. pass. Affaticarsi inutilmente: acciaccinarsi.

Cazzuliata. s. f. Col verbo fari, prender le difese di uno con ardore e indovutamente: pettegolezzo.

Cazzuligghia. s. f. Manicaretto di colli, creste e curatelle di polli: cibrèo. || fig. strage, carneficine: carnajo.

Cazzuni. s. m. Voce bassa detta ad uomo stolto, sciocco: cazzaccio.

Cazzuttaru. V. caciuttaru.

Cazzuttiari. v. a. Dar cazzotti: cazzottare. || rifl. e fig. tenzonare a parole: leticare, proverbiarsi.

Cazzuttiata. s. f. Baruffa di cazzotti: cazzottaja. || fig. Diverbio.

Cazzuttiatuna. s. f. accr. di cazzuttiata: gran cazzottaja.

Cazzuttuni. s. m. accr. di cazzuttiata: gran cazzottaja.

Cazzuttuni. s. m. accr. di cazzottu.

Cazzutu. add. Buono: co’ fiocchi. Sup. cazzutissimu: buonissimo.

Supplemento

[p. 1136 modifica]. Vale cu a: con la, p. e. cà so vucca: colla sua bocca.

Cabbaliari. v. a. Investigare per via di congetture. || Fantasticare.

Càbbula. V. cabbala.

Cacalatummula. V. cazzicatummula (In Licata).

Cacanzica. V. cicala.

Cacapalu. s. m. T. zool. Sorta di uccello: stiaccino.

Cacapanaru. V. cacaruni, nel senso di vigliacco.

Cacari. v. a. In ischerzo è spregio per partorire: scodellare un figliuolo.

Cacasgroppu. V. cacanidu.

Cacasipali. V. cicchitedda. || – niuru: occhio cotto sardo. || – russu: magnanina (Caglià).

Caccialipecuri. V. pastureddu (Appendice).

Cacciapaddi. V. scupittati.

Caccioffula. V. cacocciula.

Cacciriari. v. intr. Il balzellare che fa la trottola la quale abbia la punta non retta (In Taormina).

Cachera. V. culu.

Caciularu. V. casularu.

Cacucciula. V. cacocciula (Nel Caltanissettese).

Caddarizza. V. gaddarizza.

Caddemi. V. gaddemi.

Caddiari. V. pugnïari.

Caddusu. s. m. V. catusu. || add. Grasso, pinzo.

Càdiri. Prov. ’un aviri unni cadiri e muriri, esser povero affatto. || cadiri la scala, colla ellissi del di, cadere per o dalla scala: cader la scala. || si ti sonni ca cadi sagnati, regola medica popolare.

Caduta. s. f. Per conchiusione p. e. dopo che uno ha parlato, l’altro dice: la caduta? cioè, la conchiusione del tuo discorso? la caduta della tua parabola? (Così in Salemi).

Cadutu. Debole, estenuato: ricaduto. || Divenuto povero da ricco.

Cafariari. V. camuliri. || Bucacchiare (Rocca).

Càfaru. V. vacanti.

Cafè. || – sarvaggiu: ligustro. Ligustrum vulgare L || – sicilianu. V. spinapurci.

Caffuddari. Schiaffare.

Cagna. Malattia degli agrumi, per cui intristiscono.

Cagnulazzu. pegg. e accr. di cagnolu.

Caiddiari. V. quariari.

Càiddu V. cauru.

Cailledda. dim. di cajella.

Cailluni. accr. di cajella.

Caju. s. m. Nome generico da sostituirsi per dire un nome qualunque di persona: Cajo.

Calà. V. calai (In Licata).

Calabbrisi. Lavorante, venuto dalle Calabrie.

Calamarazzu. pegg. di calamaru.

Calamareddu. dim. di calamaru.

Calamaru. s. m. Livido che si fa attorno gli occhi per varie cause: pesca, occhiaja, calamaro (in Siena).

Calamita. Il condottino dietro il fornello per tirar il fumo.

Calamu. calami chiamansi gli stracci di lana scardassata.

Calandri. s. pl. Quei fili pendenti da un telajo di legno collocato orizzontalmente sul modello in gesso che lo scultore ha da copiare sul marmo, che servono a indicar fin dove debba penetrar lo scalpello o la subbia: perpendicoli (Perez).

Calasciuni. Contrafforte che si mette dietro le porte per tenerle chiuse con sicurtà (Rocca).

Calata. Fallenza; avvilimento. || fari calata, riuscir in nonnulla: dar in ciampanelle.

Calateddu. dim. di calatu.

Calatusa. V. sciddicata.

Calavàniu. V. calvariu (In Licata).

Calavrisottu. dim. di calavrisi. || Per donninnaru.

Caliari. Per atturrari (In Licata).

Caliaturi. Per atturracafè (In Licata).

Calicascinni (A. V. scarricacanali (a. (In Licata).

Caliceddu. dim. di calici.

Caliscindi. V. lucchettu: saliscendo.

Callura. V. calura.

Caloma. dari caloma, propriamente il mollare le funi delle reti. || met. Dar retta.

Calumidda. V. camumidda.

Calunia. V. calunnia al § 2. || pigghiari calunnia, pigliare pretesto.

Calureddu. dim. di caluri: caloruccio.

Camètriu. V. camedriu.

Camèu. Per zorbu V.

Camilluni. s. m. T bot. Sorta di pianta. Carlina acaulis.

Caminatureddu. dim. di caminaturi.

Caminaturi. verb. m. Che resiste a camminare: camminatore (Rigutini).

Cammara. – di livanti, uno degli spartimenti della rete da tonni: la camera di levante. || La [p. 1137 modifica] estremità posteriore dell’anima della canna da fucile: camera.

Cammaratu. Parlando di parassiti animali, come zecche ecc., diconsi quelli che han già succhiato del sangue, e poi sonosi staccati.

Càmmaru. add. Dicesi del giorno in cui si mangia di cammaru (di grasso): grasso.

Cammiari. – unu, succedergli, rilevarlo: scambiare uno.

Cammici. Per cammisa V. (In Nicosia) (Verdone).

Cammisa. fari la cammisa, ungere le pareti delle casse dove va posto lo zolfo liquefatto.

Cammiscia. Così nel Messinese per cammisa V. (Caglià).

Cammisuleddu, dim. di cammisa.

Campa. s. m. Quella che rode le biade: tignuola. Thinea granella L. || – di cuttuni: bruco del cotone. Noctua gossipii L. || – di li viti: gorgoglione. Cryptocephalus vitis L. || – di l’olivi: ilesino. Hylesinus olcene Job. || Per lucro, guadagno, campamento.

Campagna. jittarisi a la campagna, darsi bandito, fuggirsene per le campagne a far il malfattore: gettarsi alla macchia.

Campana. s. m. Fogna a volta: bottino a smaltitojo. || stari ’n campana, star perplesso.

Campanareddu. dim. di campanaru: star perplesso.

Campanaru. V. pupu cull’ovu. || Nelle zolfaie è quella parte della cava sotterranea il cui tetto sia di terra motosa, facile a sprofondare, che è prima dello zolfo.

Campari. || – ad unu, attivamente: campare uno (Rigutini). || – di ventu, vivere con poco: campare d’aria o di spirito santo.

Campu. fari campu, far largo, come il far piazza del Busone. || Per campa (In Messina).

Campuniari. v. intr. Campare stentatamente: campacchiare.

Cannula. – di l’argentu abburatu, cavità rimaste nel lavoro di getto, prodotte da bolle d’aria: pùliche, pl.

Cannuliatina. s. f. Il tarlare.

Camurrusu. add. Nojoso, uggioso, molesto.

Camusciari. v. a. Dar la concia del camoscio: Camosciare.

Camusciata. s. f. Il camosciare: camosciatura.

Canadà. s. m. Sorta di tabacco. Forse venuto prima dal Canadà, regione dell’America settentrionale (Rocca).

Canalaru. Tegolajo.

Canalicchiuni. s. m. Scarpello arcuato che usano gli scultori in legno: scarpello a forcella (Perez).

Canapignu. add. Di canape, simile a canape: canapino.

Cancariari. Arrabbiarsi: ingangherare (Giuliani). || Gridare, bofonchiare.

Canciari. v. intr. Subire malìa o influsso di maliardi.

Canciatina. s. m. Cambiamento.

Canciatu. Ammaliato, stregato.

Canciavota. V. votacanciata. || Per giravolta (Pitrè).

Cancidduni. accr. di canceddu. Cancellone ecc.

Cancidduzzu. dim. di canceddu.

Canettu. V. caniscu.

Canfararu. s. m. Chi va raccogliendo cantaride.

Canfarunata. V. carcagnata (Appendice).

Canguli. s. m. pl. Castagne secche. È anco add. Si chiamano così quelle arrostite: le caldarroste, le bruciate. Gr. Καγγανα: secco.

Cani. Prov. mortu lu cani finisci l’arraggiu, tolta la causa cessa l’effetto: morta la serpe finisce il veleno. || a cani vecchiu rugna: allo zoppo grucciate. || comu lu cani di vuccirìa, ’nsanguniatu e mortu di fami, che pare che debba avere e non ha. || nun c’è cani senza patruni, lo dicono anche in senso politico. || jittarinni a li cani, esservene in sovrabbondanza.

Caniatu. Idiotismo terminese, per cugnatu V.

Canina. s. f. Sorta di uva e vite.

Canna. s. f. Canna con un moccolo in cima per accender i lumi in alto: accenditojo. || – masca, sorta di grano (Lavia) || Prov. canna torta, pisci porta, lo dicon i pescatori, poichè quando è preso il pesce, pel suo peso, la canna a cui è attaccato l’amo, si curva.

Cannaci, Cannaggiu. V. canali. || curriri a cannaggiu: a sgorgo (Rocca). || cannaggiu è anco ritornello o coda che si fa a certe canzoni popolari.

Cannaluni. V. canaluni. || V. catusu (In Licata).

Cannamaru. V. cannavaru.

Cannaruzzata. s. f. Stretta di gola.

Cannaruzzuneddu. dim. di cannaruzzuni. || Sorta di pasta: cannoncino.

Cannaruzzuni. accr. di cannarozzu. || Sorta di pasta grossa: cannoncione. Se poi è rigata: sedani.

Cannatu. s. m. Soffitto di canne: cannicciato.

Cannavaru. s. m. Colui che raccoglie, assetta o vende canapa: canapajo (Rocca).

Cannavazzazzu. pegg. di cannavazzu (Pitrè).

Cannavazzuni. accr. di cannavazzu.

Canniatu. V. cannatu (Appendice).

Cannicciola. V. cannizzola e simili.

Canniledda. V. cannilicchia.

Cannilera. s. f. Sorta di dianto: asfodillo. Asphodelus ramosus L.

Cannizza. In Messina per cannizzu V.

Cannoccia. s. f. Canna nè grossa nè fina, mezzana.

Cannolu. a cannolu: a sgorgo. || cannolu per lasagnaturi V. (In Licata). || – di morvu, il moccio che scola dal naso.

Canonacu. a sona canonacu V. sonacanonacu (Appendice). || Per rugna V. (In Morreale).

Cantari. ’n cantannu ’ncantannu, subito.

Cantastorii. Colui che va cantando storie: cantastorie.

Cantiddu. Un po’ di pane tagliato dalla estremità, o dalla superficie: cantuccio.

Cantrampòla. V. cantamplora (In Messina) (Caglià).

Cantu. da cantu: accanto, p. e. vatinni ’n celu da cantu all’ancili. || cantu cantu, remoto (Pitrè).

Cantunazzu. V. stracasu.

Cantuni. è cantuna V. toccamuru (a. || Sasso informe ancora (In Siracusa).

Canuzzu. canuzzi V. crapuzzi in crapuzza al § 2. [p. 1138 modifica]

Canzaru. s. m. Scarpa formata da un pezzo di pelle legata al piede.

Canzaruni. accr. di canzaru.

Canzu. s. m. Sito dove si deve fabbricare una casa.

Capa. s. f. La principale.

Capiddata. s. f. Zuffa, accapigliamento.

Capiddina. V. cucucciuta (In Catania).

Capidduteddu. dim. di capiddutu.

Capizzuteddu. dim. di capizzutu, V. tostu.

Capòzzula. V. cacocciula.

Cappeddu. cappeddi, chiamasi il ceto dei galantomini o civili; onde il prov. di cappeddi e malu passu, dinni beni e stacci arrassu, troppa cattiva idea dei galantuomini. || add. di (coffa) gabbia da strettojo o simile, è la testa od ultima che sta imposta a tutte.

Cappillera. V. cappiddera.

Cappottu. s. m. tagghiari lu cappottu, V. furficiari.

Cappuccina. s. f. Capperuccio contadinesco o da vetturale appiccato ai loro saltambarchi: capperone. || Per cappuccinata V.

Cappuccinata. s. f. Quella parte del tetto che sporge fuori dal muro: gronda.

Capu. – buccheri, fra i mietitori è il primo di essi, dietro cui seguono in fila gli altri. || – spata, l’ultimo, come sopra.

Capuccia. V. scapularu (In Licata).

Capucura. s. m. Colui fra i mietitori che è l’ultimo della riga in cui son disposti.

Capui. V. capuni (Idiotismo di Nicosia).

Capulata. s. f. Così appellasi in alcuni luoghi di Sicilia il melinfanti, più grosso però, e supposto che debbano essere per la loro grossezza capuliati (Pitrè).

Capuliata. s. f. Il battere, il tagliuzzare.

Capuliatedda. dim. di capuliata.

Capuliateddu. dim. di capuliatu.

Capuliatina. V. capuliata. Zuffa, accoltellamento, macello.

Capuliatura. s. f. Il tritare, tritamento. |Il battere la carne.

Capurali. – di li spirdi, esorcizzatore.

Capurrasi. V. cabbarasi.

Capuspata. V. in capu (Appendice).

Caputastu. s. m. Piccolo pezzetto d’ebano o di avorio a capo della tastatura degli strumenti d’arco: capotasto (Perez).

Capuzzata. s. f. Movimento col capo.

Capuzziamentu. V. capuzziata.

Capuzzuni. V. cazzicatummula. Propriamente: capitòmbolo.

Cara. Per facci V. Dante da Majano ha: distretto sia da vostra gentil cara.

Carabbòzzula. V. carabbozza.

Caracarà. V. suppilu ecc. (In Valledolmo).

Caracò. s. m. Tela bambagia: bambagino.

Caracozzu. s. m. Terreno cattivo, ingrato.

Carapei. V. canapè. Propriamente sedile.

Caravedda. V. caravella.

Carbunaru. V. ghiummaloru (In Messina). Sorta di uccello.

Carcagnata. s. f. Colpo col calcagno.

Carcagnolu. Tutta la parte del ginocchio in giù del montone, agnello, porco ecc., spiccata dall’animale: peduccio (Perez).

Carcapaddi. V. scupittuni.

Carcapintu. s. m. T. zool. Sorta di uccello (In Licata).

Carcarata. s. f. Quanto cape o si cuoce in una volta nella carcara: fornaciata.

Carcarazzedda. s. f. Sorta di uccello: balia (Caglià) (In Messina).

Carcarazzu. s. m. di carcarazza V.

Carcariata. V. carcarìa.

Carcaruna. accr. di carcara. Specialmente quelle delle zolfaie.

Carcarunu. Idiotismo per qualchedunu V.

Carcatizzu. s. m. T. bot. Sorta di pianta erbacea: logliarello. Lolium perenne L.

Carcazziari. V. pistari.

Carcimina. V. parciminu.

Carciòfala. V. cacocciula.

Carcugliuni. add. Di cuor cattivo, malevolo.

Càrcula. V. calcula. || Quella del tornitore: asta.

Cardaciari. v. intr. Prudere.

Cardamentu. V. cardacìa, per prudere, pizzicare.

Cardata. V. cardacìa, per noia, molestia.

Cardiari. V. cardari.

Carduni. s. m. aviri lu carduni, covar odio contro alcuno.

Cariceddu. V. caruliddu.

Carina. Per augurio.

Carinusu. add. Augurioso.

Cariri. v. intr. Esserne privo. Lat. carere.

Caristia. Prov. a tempu di caristia dunami pani e comu sia sia: in tempo di carestia pan vecciato.

Carizza. V. carizzìa.

Carizzotta. dim. di carizza: carezzoccia.

Carnalmenti. Prov. cu’ vivi carnalmenti nun dura lungamenti: chi vive carnalmente non dura lungamente.

Carni. Prov. cu’ nun po’ manciari carni vivi brodu, chi non può aver di meglio, si contenti di ciò che può: chi non può far come vuole, faccia come può.

Carnilivarata. V. carnivalata.

Carnilivari. s. m. Sciocco, baccellone.

Carnuteddu. V. carnuseddu.

Carognu. V. carogna.

Carpa. s. f. Copertura in generale. || Quella di una capanna. || – di rugna, quando tutto il corpo è pieno di essa.

Carpisari. V. scarpisari.

Carpitazza. pegg. di carpita.

Carpiteddu. V. fadali (In S. Giovanni).

Carpituni. accr. di carpita.

Carrabbau. V. cuda longa (In Lentini).

Carrabbedda. T. zool. Uccelletto che suol fare il nido sospeso alla estremità dei rami: fiaschettone. Parus pendulinus L.

Carrabbuzza. V. carrabba (Pitrè).

Carramaturi. s. m. Bastone da bacchiare: bacchio.

Carramanu. s. m. Pioggia forte e breve: rovescione d’acqua.

Carramiata. s. m. Quantità di cose cascate violentemente con furia.

Carramuneddu. s. m. T bot. Sorta di pianta che ama le terre siliciose: cipressina. Euphorbium cyparissias L.

Carrata. s. f. Orma che lascia la ruota dei carri: rotaja. [p. 1139 modifica]

Carratu. add., Carri-carri. modo avv. Angoloso. Quasi dire quadrato. || V. quatratu. Più vicino al Fr. carrè).

Carrichera. s. f. Arnesino che serve a misurar la carica dello schioppo: misurino. || Per caricatura.

Carricuna. accr. di carrica.

Carricuni. accr. di carricu. || a carricuni, dicesi del vento che viene a forti solate, a sbuffi.

Carrozza. – di patruni, quelle non di affitto.

Carru. Prov. cu’ fa lu carru lu sapi disfari: chi fa il carro lo sa disfare.

Carrubbedda. V. primavera. Sorta di uccello (In Castrogiovanni).

Carrucci. s. m. Osso tenero

Carruga. s. f. Insetto che infesta i cereali: melolonta. Melolonta agricula L.

Carruni. s. f. Dicesi di uomo disfatto per vecchiezza: decrepito. || Acciaccato.

Carruzzazza. pegg. di carrozza.

Carruzziari. Far codazzo. || Detto del tacchino quando gonfia e rizza le penne: far la ruota.

Carruzzineddu, dim. di carruzzinu.

Carruzzunazzu. pegg. di carruzzuni.

Carruzzuni. Muro grosso, diritto che nelle zolfaje serve di guida là dove entra poi lo zolfo liquefatto.

Carta. ’n carta, dicesi di ferro tagliente, V. cartiatu. || – di pezza, carta di cenci. || serviri pri carta di spezzii o di strazzu, non aver vaglia. || essiri ’na carta e ’na figura, esser uguale: esser due gocciole.

Cartata. Quel rossore che sale alle guance per pudicizia o altro.

Cartedda. vinniri carteddi vacanti: farsi onore del sol di luglio, abbellirsi di cosa per cui non si sia lavorato o pensato. Gr. καρταγγος: corbello.

Cartiatu. add. Di ferro tagliente, affilato come carta.

Cartuccedda. dim. di cartuccia.

Caruliddu. dim. di caru: caretto, caruccio (Nerucci).

Carusaru. V. picciriddaru.

Carusata. V. picciriddarìa.

Carusazzu. V. picciriddazzu.

Carusiddu, Carusuneddu. V. caruseddu (Nel Caltanissettese).

Carusuni. V. picciridduni.

Caruvana. V. carvana.

Carvuneddu. V. niuru-tizzuni.

Carzarateddu. dim. di carzaratu.

Casa. Semplicemente per stanza. || Prov. la casa di l’omu malu si nni va ’n fumu, certo non prospera. || essiri tuttu casa e chiesa, essere pinzochero: esser tutto casa e chiesa (Rigutini). || cu’ havi casa granni, chiddu havi gran cruci, chi ha molta famiglia, ha grande peso. || casa picciula fa donna massara, perchè nelle grandi case la donna si mischia poco negli affari domestici. || cu’ nun sta bonu ’n casa sua, nun po’ stari bonu ’n casa d’autru, non s’intende però di quelli che escono dal proprio paese per isviluppare la propria attività. || e si cadi la casa e mi scaccia? si dice quando altri mette fuori un mondo di se, di ma, di ostacoli immaginarii ecc.: e se il ciel rovinasse?

Cascania. jittari cascania, esser avanti nella convalescenza.

Cascaturi. add. Di cosa caduta, come p. e. dei frutti cascati dall’albero.

Cascavaddarazzu. pegg. di cascavaddaru.

Cascavaddazzu. pegg. di cascavaddu.

Casciarotu. s. m. Chi incassa le arance che si spediscono poi fuori.

Casciuzza. V. cascitedda.

Casedda. Per casuzza V. All’Etna (Pitrè). || Nicchia. || Prov. nuddu divi nesciri di la so casedda: chi esce fuor del suo mestiere fa la zuppa nel paniere.

Casinnò. Voce composta ca si (o se) e no: se no, altrimenti.

Cassittuni. accr. Cassetto grande. || Per mignanu V.

Cassuni. V. casciuni.

Castagna. Quel pezzo di ferro che s’ingrana nei denti di una ruota per fermarla. || – d’innia: ippocastano. Aesculus hippocastanum L.

Castagnara. s. f. e add. Sorta di ciriegia. || Albero delle castagne: castagno. || fem. di castagnaru.

Castagnazza. pegg. e accr. di castagna. || – sarvaggia: platano. Platanus Orientalis L. V. stramoniu.

Castagnetti. fari li castagnetti, schioccare le dita, specialmente il pollice coll’indice: far le castagne, coccare (Pauli).

Castillettu. Anco quello del tornitore: castelletto.

Casulanti. add. Che va girando, oziando, di casa in casa.

Casupra. V. casubbula (In Messina).

Casùpula. V. casuncula.

Catacazzari. V. caticazzari.

Catacina. s. f. e add. Di febbre intermittente lenta. || catacina catacina, lieve lieve, pian piano. (In Misilmeri).

Catalora. V. cazzalora (In Sutera).

Catanisata. V. vastasata (In Aci).

Catarinedda. s. f. Sorta di farfalla nera, che vive sugli steli delle fave.

Catarrazzò. s. m. Filastrocca, lungaggine: tiritera.

Catazzùmnulu. s. m. T. zool. Sorta di uccello, della famiglia degli smerghi: smergo minore, Mervus parvus L.

Caternu. V. catannolu.

Caticazzari. V. catacogghiri. || V. tagghiari.

Catinazzolu. s. m. Arnesino a chiavistello, per chiuder le valige ecc.: lucchetto, lucchettino.

Catinazzu. catinazzu ’m mucca, per dire zitto: acqua in bocca.

Cativu. V. cattivu (In Nicosia).

Catoia. V. catoju. || V. stadda (In Nicosia).

Catòlicu. Per insocievole.

Cattari. V. accattari.

Cattivazzu. pegg. di cattivu.

Catubbuliari. v. a. Battere per bene: zombare. P. pass. catubbuliatu: zombato.

Catubbuliata. s. f. Il zombare, V. suliata.

Catujeddu. dim. di catoju.

Caudiatura. s. f. Impeto di rabbia.

Caudulinu add. Frettoloso. || Adiroso (Rocca).

Cauduni. accr. di caudu. [p. 1140 modifica]

Caupona. s. f. Spezie di musica da canzone popolare. Lat. caupo.

Causarazzu. accr. di causaru. || V. bardana.

Causittaru. V. quasitteri.

Cava. Per burrone (in Canicattì).

Cavaddata. s. f. Ogni quattro covoni.

Cavaddicchiu. V. cavadduzzu.

Cavaddu. Prov. cavaddu chi mancia attaccalu curtu, chi abusa, tienlo corto. || cavaddu chi nun porta sedda, l’oriu nun cci crivedda: a cavallo che non porla sella, biada non si crivella. || cavaddu magru nun tira cauci, e viceversa cavaddu grassu tira cauci. || cu’ nun havi cavaddu sempri lu curri, chi non ha una tal cosa, crede che se l’avesse l’adoprerebbe meglio di chi l’ha: chi non ha moglie ben la batte, chi non ha figliuoli ben li pasce. || cu havi cavaddu va unni voli, più certo che uno a piedi.

Cavallacciu. s. m. Così in certi paesi chiamano il galantomu ossia quel della classe civile.

Cavallarizza. Per cavallaria V.

Cavallittu. Per cavaddata V.

Cavarcanti. V. cavallarizzu (In Messina).

Cavatu. s. m. Sorta di pasta a mano, come i gnocchi aperti (In Licata).

Cavau. Per cavaddu V. (In Nicosia).

Cavigghiuni. Piantone della pianta. || V. chiantaturi.

Cavuliceddu. Senapaccia. Lisimbrium officinalis L. || – niuru: senape. Sinapis nigra L.

Cavuni. s. m. T. mar. Spezie di ripostiglio nel mezzo del legno.

Cavurreddu. dim. di cavurru: cavurretto.

Cavurru. s. m. Sorta di sigaro, che prese nome dal celebre Ministro Cavour: cavurro.

Cazena. V. retrè.

Cazzabbummalu. V. minchiuni.

Cazzaventu, Cazzaventulu. V. cacciaventu (In Siracusa).

Cazzicaredda. V. cavusedda.

Cazzichina, Cazzichita. V. caspitina.

Cazzulata. s. f. Quanto cape in una cazzola. || Colpo di cazzola.

Cazzulatedda. dim. di cazzulata.

Cazzulatuna, accr. di cazzulata.

Cazzutteddu. dim. di cazzottu.

Cazzuttiatedda. dim. di cazzuttiata. [p. 1141 modifica] [p. 1142 modifica] [p. 1143 modifica] [p. 1144 modifica]