Per la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

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1899

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PER

La Biblioteca Nazionale Centrale

DI FIRENZE


RELAZIONE DELLE PRATICHE

FRA IL GOVERNO ED IL COMUNE

dal 1885 al Dicembre 1898

FIRENZE

TIPOGRAFIA EDITRICE E. BIANCHI

28 — Via Villamagna — 28


1899.

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L’Inchiesta parlamentare del 1882.

Lo sviluppo della Biblioteca Nazionale.

Per mantenere la promessa fatta al Consiglio Comunale, nella seduta del 21 Ottobre u. s., e da esso inclusa nell’ordine del giorno approvato alla unanimità, riferiamo in questa Memoria documentata la storia delle trattative che si condussero dallo Stato durante il non breve periodo di ormai 14 anni; con lo scopo di dare alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze una sede più decorosa, più sicura, adeguata al suo continuo incremento, ricevendo un considerevole aiuto dal Municipio, che non era tenuto a concederlo.

Conviene premettere che nel 1882 una Commissione parlamentare d’inchiesta, a cui fu conferito l’incarico di esaminare lo stato delle Biblioteche governative affermò, dopo aver visitato la Nazionale Fiorentina, che negli edifici da essa occupati non era possibile ottenere un regolare e pronto servizio, nè disporre convenientemente la suppellettile dei libri di cui ogni anno si accresce la ingente mole, per la conservazione affidatale, nel 1870, di tutto quanto pubblicasi nel Regno. [p. 4 modifica]

L’autorevole Commissione che così giudicava era composta degli onorevoli: Principe Giovanelli, Marco Tabarrini, Nicomede Bianchi, Ferdinando Martini, Filippo Mariotti, Francesco de Renzis, Caracciolo di Bella, Cavallotti, De Witt e conte Luigi Manzoni.

Dal parere di uomini così competenti, che faceva credere certa e vicina l’approvazione del Parlamento alle proposte del Governo per eliminare i danni e i pericoli segnalati nel rapporto della inchiesta, traggono origine i primi inviti rivolti nel Giugno del 1885 al Comune di Firenze, affinchè cedesse gratuitamente allo Stato, per la costruzione del nuovo edificio della Biblioteca Nazionale Centrale, l’area di circa m. 2600, che, dopo la decretata demolizione del Ghetto, restava libera tra la progettata Piazza Vittorio Emanuele, le vie dei Naccaioli e dell’Arcivescovado e la piazzetta dell’Olio.

Tale proposta fu fatta, con l’autorizzazione del Ministero, al Principe Don Tommaso Corsini, allora Sindaco di Firenze, dal Prefetto della Biblioteca Nazionale, comm. Chilovi, con la sua lettera del 7 Giugno 1885, che esponeva nel modo più convincente lo stato delle cose; deplorando che tanta ricca e preziosa messe degli studi si trovasse accumulata entro a uno spazio angusto, anzi addirittura sconveniente e indegno di essa.

Molti anni prima, un erudito predecessore del comm. Chilovi nella suprema direzione della nostra Biblioteca Nazionale, Luigi Passerini, scriveva: «La Biblioteca è disposta nell’antico locale assegnatole dal Granduca Giangastone nel 1736; al quale il Governo della Toscana unì uno stabile attiguo che serviva ad uso militare; ma, nonostante l’aumento, è insufficiente a contenere tanta mole di libri, e conviene seriamente pensare ad accrescerlo (Cenni storici [p. 5 modifica]bibliografici della R. Biblioteca Nazionale di Firenze. — In Firenze, coi tipi di M. Cellini e C., 1872).»

Quale gigantesco sviluppo abbia poi raggiunto l’antica Magliabechiana, dal tempo in cui le venne assegnata una parte dell’antico Teatro Mediceo, fu bene esposto in quella pubblicazione del Passerini, completata più tardi dalle notizie che l’attuale Prefetto della Nazionale forniva nella sua lettera al Principe Don Tommaso Corsini; e nel discorso da lui pronunciato il 25 Novembre 1894, cui fu ordinato con decreto reale, promosso dal Ministro Bargoni, essendo Segretario generale Pasquale Villari, che la nostra massima Biblioteca raccogliesse tutto quanto si stampa in Italia.

Non occorre rammentare come al primo fondo di libri generosamente offerti dal sommo Magliabechi in dono alla città di Firenze si aggiungessero poi i lasciti munificenti del Marmi, del Gaddi, del Biscioni, del Lami, e, più recentemente, di Giovanni Nencini, del conte Piero Guicciardini, del conte Luigi Passerini, di don Antonio Buonamici, testè defunto, che regalò alla Nazionale la sua Raccolta di 20 mila ritratti. Nè qui enumereremo tutti gli acquisti più vistosi dei libri o dei manoscritti; bastando accennare a quelli della Collezione Savonaroliana del conte Lorenzo Capponi, alla raccolta di 40 mila opuscoli dell’abate Domenico Capretta, alla Biblioteca Pistoiese di Filippo Rossi-Cassigoli, alla libreria teatrale del Cav. Suñer.

E, fra i manoscritti, di cui la Nazionale fece acquisto, negli ultimi tempi, rileveremo solo i Foscoliani, quelli di Filippo Pacini, dell’Ademollo, dei Targioni, e i 600 in sanscrito.

La copiosa collezione dei carteggi fu arricchita con [p. 6 modifica] l’acquisto delle lettere conservate da Gian Pietro Vieusseux, coi doni di quelli che appartennero a Felice Le Monnier, Luigi Fornaciari, Giuseppe Canestrini, Tommaso Corsi, Francesco Fontani; e nello scorso anno vi furono aggiunte le preziose carte lasciate da Raffaele Lambruschini, per la splendidissima offerta del Barone Giovanni Ricasoli-Firidolfi, che volle in tal modo significare il suo grato animo nel giorno in cui elevavasi in Firenze il monumento al glorioso statista di cui egli porta il nome.

Dal 1886 al Dicembre 1894 la nostra principale Biblioteca ricevè in dono, dall’estero, più di 12 mila pubblicazioni a stampa.

Ma, perchè si vegga chiaramente come l’antica sede sia divenuta inadatta, risalendo al tempo in cui furono iniziate col Comune le pratiche per la cessione dell’area, faremo un confronto numerico molto eloquente.

Alla fine del 1885 la Nazionale possedeva 15650 manoscritti, 364,195 volumi a stampa, 243,203 opuscoli e 6400 composizioni musicali.

L’inventario del gennaio 1899 fa, invece, ascendere il fondo della Biblioteca a queste cifre:

Manoscritti 18,322; stampati 1,009,032 (vol. 464,759 opuscoli 544,273); composizioni musicali 23,718.

Erano inoltre in possesso della Nazionale 282,234 lettere autografe e documenti scritti; 957 pergamene; 20,147 ritratti; 85,656 notizie biografiche (fogli volanti).

Per dare poi una precisa idea dei locali necessari al solo lavoro di catalogazione, rileviamo che dal 1886 a tutto il 1898 le schede preparate per i diversi Cataloghi furono 1,315,934, e che, per la ristrettezza della sala del Catalogo, non tutte sono state poste a servizio del pubblico. [p. 7 modifica]

Si devono conservare e tenere ordinati 900 giornali politici o che trattano di cose locali; 1200 periodici letterari, scientifici, artistici ed industriali italiani e oltre 300 stranieri.

Da alcuni anni, si è già iniziata, insieme con altre Raccolte speciali, quella delle Memorie legali presentate ai Tribunali italiani. Ascendono, finora, a circa 80 mila, e sono di inestimabile utilità per i cultori delle discipline legali, come dichiarò il Congresso giuridico tenuto a Firenze.

Tutto questo immenso cumulo di materiale per gli studi è depositato e custodito nella nostra Biblioteca Nazionale, non già nell’interesse esclusivo di chi dimora fra noi, ma a profitto generale di tutti gli studiosi d’Italia; giacchè, oltre a tutte le altre Biblioteche governative, ai Regi Licei e agli Istituti tecnici di ogni provincia, le stesse Biblioteche municipali, i Ministeri e tutti gli uffici regi possono domandare in prestito i libri della Nazionale fiorentina, e specialmente le opere ivi depositate in forza della legge sulla stampa.

Quanto al pregio speciale dei libri rarissimi, dei cimelii, dei manoscritti che essa possiede, la Relazione ufficiale del Governo, pubblicata nel 1894, ne dava contezza, ampiamente. (Statistica delle Biblioteche, vol. II, Roma, Tipografia Nazionale).

Alla sola Raccolta Dantesca si riferiscono non meno di 100 codici, contenenti le opere del divino poeta, più di 400 edizioni a stampa della Divina Commedia, nel suo originale o tradotta in altra lingua, e i commenti ad esse.

Devonsi pure rammentare gli autografi e le copie sincrone dei nostri più antichi classici, quali il Petrarca, il Boccaccio, il Villani, il Savonarola, il Machiavelli, il [p. 8 modifica] Vasari, Galileo e i suoi insigni discepoli, fino agli scrittori più eminenti del secolo nostro: Vittorio Alfieri, Romagnosi, Giacomo Leopardi, Giordani, Giusti, Tommaseo e Guerrazzi.

I giudizi del Governo sui locali della Biblioteca.

La Galleria e l’Archivio di Stato.

Facciamo ora conoscere quale severo giudizio abbiano pronunciato le autorità dello Stato, a cui appartengono questi tesori, circa la loro sistemazione.

La Monografia ufficiale sulle Biblioteche italiane, già citata, a pag. 24 e seguenti del volume secondo, occupandosi della Nazionale Centrale di Firenze, confessa:

«Per la ristrettezza ed insufficienza del locale non è possibile destinare una sala alle opere di consultazione...»

«La Biblioteca, nonostante il suo grande e continuo incremento, non ha palchetti vuoti per collocare i libri nuovi. Per ora si ricorre a compensi. La scarsezza e ristrettezza del locale è grandissima, e nuoce all'ordinamento dei libri ed al pubblico servizio.»

Dal 1894 in poi, tale ristrettezza è divenuta sempre più insopportabile; tanto che alla fine del 1898 fu mestieri che si cominciasse a collocare i libri sui pianerottoli delle scale interne della Biblioteca!

Più oltre, la medesima Relazione del Governo accenna alle trattative col Comune di Firenze, e afferma che, attuando le ultime proposte del 1891, «la Biblioteca avrebbe finalmente potuto avere un ordinamento [p. 9 modifica] definitivo tale da soddisfare a tutte le esigenze degli studiosi.»

Leggiamo, più sotto, nel documento governativo, quest’altra dolorosa verità:

In nessun modo la Biblioteca è garantita contro i casi di incendio.

Ha in prossimità le case di via Castellani e il Teatro delle Logge: edifizi pericolosissimi, non solo per la Biblioteca, ma ben anche per l’Archivio di Stato e per la Regia Galleria degli Uffizi.

Per questa ragione il Municipio di Firenze, nell’offrire in dono l’area necessaria per fabbricare nel centro della città la nuova sede della Biblioteca Nazionale Centrale, poneva al Governo per condizione l'allargamento di via Castellani, col fine di salvare così dai pericoli di un incendio l'Archivio di Stato e la più importante Galleria del mondo.

Questi penosi accertamenti erano già stati, nove anni prima, posti in evidenza dal Prefetto della Nazionale, nella sua lettera del 7 Giugno 1885 al Sindaco di Firenze, dicendo:

Per difetto di spazio fu forza abbandonare fin da principio ogni ordinamento scientifico dei libri, e trovar loro un posto alla meglio.

Molti e grandi furono i danni che ne derivarono e ne derivano tuttavia al servizio pubblico.

Una grande Biblioteca come la nostra si trova sfornita di una sala pubblica dei Cataloghi; chè tale non si può dire certamente la stanza dove è oggi l'ufficio di distribuzione, tanto ristretta e disadatta che non permette neanche di tenere esposti tutti i Cataloghi dei fondi vari.

La sala di lettura per i manoscritti è oscura e ristretta, e priva di un ingresso conveniente: i Manoscritti stessi, (più di 15 mila, la più grande collezione esistente nelle Biblioteche governative d'Italia) costretti nello spazio destinato a un numero di volumi molto minori, ne risentono danno e non possono essere ordinati come si converrebbe. [p. 10 modifica]

Mancano affatto stanze adatte all’amministrazione, alla catalogazione, al prestito a domicilio, a tutti insomma quei principali ufizi necessari al regolare andamento di una grande Biblioteca.

Perciò, è doloroso il dirlo, è stato impossibile, e lo sarà ancora fin che duri questo stato di cose, un assetto definitivo di questo Istituto, destinato per la sua ricchezza ed importanza a rendere grandi servigi ai buoni studi.

Osservavasi, per giunta, in quella esplicita lettera:

E all’Archivio e alle RR. Gallerie, per la partenza della Biblioteca dal Palazzo degli Uffizi verrebbe inoltre maggior sicurezza contro ogni pericolo d’incendio, che si presenta oggi veramente formidabile a chi pensi i troppi tesori che sono raccolti dentro a questo gruppo di case, non isolato dalle abitazioni adiacenti.

Infine, il Prefetto della Nazionale, dopo aver detto che il Governo intendeva di riparare alla ristrettezza ed alla infelice disposizione della Biblioteca, e che già studiava i provvedimenti opportuni, insistendo nella richiesta del Governo per la concessione dell’area, così rivolgevasi al Capo del Comune:

Affidando all’illuminato senno della Eccellenza Vostra la presente proposta, non mi nascondo le difficoltà che si potranno opporre, ma dinanzi ad esse non verrà meno, lo spero, l’animo del Municipio fiorentino, amoroso custode della tradizione del passato e conscio com’è dell’alto ufficio che nell’Italia unita oggi spetta a Firenze.

Il dono dell’Area.

Infatti, la generosità del Comune fiorentino fu così pronta, che non guardò alle «difficoltà» e ai sagrifici. Il nostro benemerito Sindaco di quel tempo, principe don Tommaso Corsini, appena ricevuta la proposta, non [p. 11 modifica]indugiò a consultare le quattro Commissioni municipali della Pubblica Istruzione, dei Lavori Pubblici, delle Finanze, degli Affari legali, che si pronunciarono in favore della cessione allo Stato dell’area descritta; e il 3 Luglio 1885 diede il suo consenso anche la Giunta municipale.

Nella relazione verbale del 16 Giugno 1885 alle predette Commissioni, l’onorevole Sindaco aveva potuto partecipare che il Ministero, desideroso di conseguire l’aiuto del Comune, mentre era disposto, dal canto suo, ad aumentare gli assegni annui alla Biblioteca Nazionale di Firenze, per l’acquisto di nuove opere, ne aveva pure, con recenti disposizioni, già accresciuto il personale superiore, ed aveva dichiarato questa e la Vittorio Emanuele di Roma le due Biblioteche Nazionali Centrali; come quelle che dovevano raccogliere tutte le pubblicazioni italiane e le principali straniere, «non solo a beneficio di Firenze e di Roma, ma della intera Nazione.»

Prendevasi atto di tali propositi del Governo dalle Commissioni municipali, nel loro ordine del giorno, che invitava la Giunta a non ricusare il sacrificio richiesto per l’opera governativa, mentre esprimeva la fiducia che lo Stato avrebbe costruito per la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze «un edificio rispondente ai bisogni dell’istituto e in pari tempo alle convenienze dell’arte.»

Il Comune inducevasi a porgere così cospicuo aiuto allo Stato, perchè voleva agevolare una sistemazione più comoda anche degli altri due istituti preziosi, l’Archivio di Stato e le Gallerie; oltre che metterli in salvo dai pericoli che i rapporti ufficiali non hanno mai dissimulato. [p. 12 modifica]

Erasi, invero, promesso che il palazzo dei Giudici, dopo lo sgombro della Biblioteca, sarebbe stato conceduto alle Gallerie, che hanno estremo bisogno di maggiore spazio, non solo per gli uffici di amministrazione, ma anche per disporre le molte centinaia di quadri ora raccolti nei magazzini, e le migliaia di disegni e di incisioni dei grandi maestri ancora chiuse in buste e non mai vedute dal pubblico.

E si era fatto sperare al Comune che il Padiglione dei Veliti sarebbe passato, col palazzo detto della Dogana Vecchia, all’Archivio di Stato, che avrebbe potuto, per tal modo, meglio ordinare l’ufficio dello Stato Civile, aprire una nuova Sala di esposizione, una Sala di lettura, alcune Sale di studio riservate, e trasportare presso la nuova Sala di lettura la sua Biblioteca di consultazione destinata ai ricercatori. Dicevasi che il resto del locale ceduto avrebbe dato posto, con gli scaffali già fatti e pronti, a 50 mila filze di Archivio per i futuri ingrandimenti.

Fu data quindi, fra tante buone parole, immediata partecipazione al Ministero della proposta che si sarebbe fatta al Consiglio Comunale, per il concorso alla elevazione del nuovo edificio della Biblioteca, e gli fu indicata l’area del Centro che intendevasi di offrire. Questa idea di costruire un palazzo apposito fu necessariamente accolta, dopo che si dovettero riconoscere inutili i tentativi per l’adattamento del palazzo Riccardi, del Casino di S. Marco, del palazzo della Crocetta e del palazzo di S. Firenze; perchè col solo riadattamento di un palazzo qualsiasi non si può più, ai giorni nostri, conseguire quella distribuzione e comodità delle sale e dei magazzini che sono assolutamente indispensabili per un servizio regolare e spedito di una grande Biblioteca. [p. 13 modifica]

Scriveva così al Ministro della Pubblica Istruzione il Sindaco di Firenze, in data 4 Luglio 1885:

«Senza dubbio una occasione come questa, di avere ad abbattere un quartiere della città, per darvi un aspetto più salubre e decoroso, non si poteva desiderare, per costruire un edificio della Biblioteca Nazionale, come era nei voti della cittadinanza e del Governo da sì lungo tempo.

«Lasciandosi sfuggire detta occasione, manifestamente non se ne potrebbe sperare altra simile.»

Di lì a poco, il 17 Settembre 1885, l’on. Segretario generale nel Ministero della Pubblica Istruzione, on. Ferdinando Martini, scriveva al Sindaco di Firenze, per esprimergli la gratitudine del Governo, con queste parole:

«È riuscita oltremodo gradita a questo Ministero la generosa offerta di codesta onorevole Rappresentanza Comunale, di un’area perchè vi sia costruito un nuovo palazzo per sede della Biblioteca Nazionale.

«.....Il Ministero sarà lieto se, per la generosa iniziativa di cotesto Municipio, la Biblioteca Nazionale potrà avere finalmente una sede degna di lei, adornando pure uno dei lati maggiori della piazza destinata ad accogliere il monumento al Padre della Patria.»

Soggiungeva il rappresentante del Governo che accettava in massima il proposto disegno, e che, non appena gli fossero pervenute le informazioni domandate in quello stesso giorno al Prefetto di questa provincia, circa la parte finanziaria, si sarebbe messo d’accordo coi Ministri delle Finanze e dell’Interno. Intanto avvertiva che il Prefetto aveva ricevuto incarico di raccogliere tutti i dati di fatto, col concorso del Sindaco medesimo e del Comm. Chilovi. [p. 14 modifica]

Nel giorno successivo, 18 Settembre 1885, il Senatore Gadda, Prefetto di Firenze, avvertiva il Sindaco che il Ministero della Pubblica Istruzione gli aveva scritto, facendo plauso alla generosa offerta della Giunta Municipale di Firenze, e dichiarando di essere pronto a fare gli opportuni uffici presso il Ministero delle Finanze e quello del Tesoro per l'attuazione del grandioso disegno.

Proseguiva così l’esimio Capo della Provincia:

«Intanto (il Ministro) mi ordina di fare eseguire dal Genio Civile una stima sommaria del Palazzo dei Giudici, della rimanente parte del fabbricato della Biblioteca che dovrebbe cedersi all’Archivio di Stato, e dell’area offerta da codesto Comune; m’incarica quindi di stabilire preliminarmente, di accordo colla S. V. Ill.ma e col Prefetto della Biblioteca Nazionale, i patti principali della futura Convenzione da conchiudersi fra gli enti interessati.»

Difatti, il 31 Ottobre successivo, l’onorevole Sindaco trasmetteva al Prefetto lo schema della Convenzione, preceduto da queste parole molto significanti:

«Volendo assecondare gli intendimenti del Regio Governo, che, a mezzo della Commissione d’inchiesta sulle Biblioteche italiane, nominata per conto del Parlamento, ha già riconosciuto la necessità di dare una sede più conveniente alla Biblioteca Nazionale di Firenze...»

Dicevasi nell’articolo 5 della Convenzione che lo Stato si obbligava a costruire il nuovo palazzo della Biblioteca nel termine di quattro anni.

Era proposta altresì una clausola, secondo la quale il prezzo dell’area sarebbe stato restituito dal Governo al Comune, qualora si fosse mutata la destinazione del[p. 15 modifica]l’edificio. Sulle prime il Ministero non voleva ammettere questa condizione; ma, dopo gli schiarimenti forniti dal Sindaco, fu accettata.

I primi indugi. — Una lettera dell’on. Martini.

Indarno trascorsero però vari mesi, senza che il Ministero facesse conoscere se intendeva o no di prendere risoluzioni concrete sul nuovo progetto ideato dall’architetto cav. Mansueti, di accordo col comm. Chilovi. Dalla stampa locale e di Roma si invitava intanto il Governo a rompere gli indugi.

E l’on. Ferdinando Martini, che aveva fatto parte della Commissione d’inchiesta, da cui fu riconosciuto, nel 1882, l’estremo bisogno di fornire locali adatti alla nostra Biblioteca Nazionale, e che, come Segretario generale nel Ministero della Pubblica Istruzione, aveva assicurato il Sindaco di essere ben disposto a soddisfare l’antico voto, inviava la lettera seguente alla Nazione:

Roma, 10 Giugno 1886.


Pregiatissimo Signor Direttore,

La Nazione di ieri nell’articolo intorno alla Biblioteca di Firenze mi fa l’onore di citare due volte il mio nome. La ringrazio.

Firenze è così bene rappresentata nella Camera elettiva che non ci è bisogno dell’opera mia o della mia parola per dimostrare l’utilità di accogliere l’offerta del Municipio e di costruire la nuova Biblioteca nell’area del vecchio Ghetto. Non di meno se la proposta verrà, io farò il dover mio, non pure di fiorentino ma d’italiano: perchè si tratta, come ella giustamente assevera, della più cospicua Biblioteca d’Italia.

Dico: se verrà, non perchè io dubiti del buon volere del Ministro dell’Istruzione pubblica: ma perchè temo si mettano innanzi [p. 16 modifica]difficoltà di varia indole e tali che valgano a trattenere il Governo dal presentare il necessario disegno di legge. Se ciò avvenisse, bisognerebbe, a senso mio, fare forza di vele per superare gli ostacoli e vincere quelle difficoltà.

Poi, in fondo, Firenze non chiede nulla per sè: dà, invece, del suo affinchè si faccia opera utile a tutti. Nella Biblioteca Nazionale Centrale, quale è ora, non può farsi servizio nè spedito, nè regolare: con un grandissimo numero d’impiegati si potrebbe ottenere la speditezza, la regolarità no, neanche spendendo il doppio di quello si spende oggi. E questo si sa da un pezzo, e lo disse la Commissione d’inchiesta sino dall’ottantadue.

La Camera fu sino a qui molto corriva nel concedere danari alle Università: ma ancora in Italia non ci si vuol persuadere che la vera Università de’ tempi moderni è la Biblioteca. Lo disse il Carlyle: The true University of modern times is a collection of books. Si è fatta una legge per ampliare le cliniche di Napoli; una per edificare di sana pianta gl’Istituti scientifici di Torino; s’è cresciuta la dotazione delle Università di Messina, di Catania, di Genova, pareggiate oramai alle maggiori.

Perchè non s’ha da provvedere a uno stabile e decoroso ordinamento della Biblioteca Nazionale di Firenze? Nè la spesa, per quel che se ne dice, è grave: e può, per giunta, repartirsi in alquanti esercizi.

Firenze ha fra’ suoi deputati un uomo di molta e meritata autorità e de’ pochi uomini politici che di biblioteche sappiano e di studi, e non credano buttati via i denari che vi si spendono. Mi parrebbe ottima cosa che egli pigliasse, se sia necessario, l’iniziativa.

A ogni modo, io son pronto a combattere con tutte le forze e senza tregua, finchè non si ottenga vittoria. Se si vuole davvero, non c’è pericolo di sconfitta.

Mi abbia, pregiatissimo signor Direttore, per

Devotissimo suo

F. Martini.


Ma, ad onta di questi calorosi eccitamenti, non vi era modo di procedere innanzi; e la nostra Nazionale rimavena nello stato in cui la vide molti anni prima, nel 1872, [p. 17 modifica] Vincenzo G. Quesada, Bibliotecario della Nazionale di Buenos Ayres, il quale, nella relazione del suo viaggio compiuto in Europa per studiarvi l’ordinamento delle principali Biblioteche, narrava di aver visitato la maggiore di Firenze e di averne ammirato i tesori, ma soggiungeva che gli produsse, per l’angustia dei locali, l'impressione di una casa al momento dello sgombro.

Esitazioni e promesse.

Rinnovavasi, nel Luglio del 1886, la promessa governativa; poichè il giorno 20 di quel mese l’onorevole Prefetto scriveva al Sindaco, marchese Pietro Torrigiani, nominato il 14 Aprile dello stesso anno, di aver fatto premuroso appello al Ministero della Pubblica Istruzione.

«Il detto Ministero — così diceva il Senatore Gadda — nella lettera del 18 corrente mi risponde di mandargli copia della Convenzione progettata con codesto Municipio; affermando che le trattative furono sospese a causa della crisi avvenuta in codesto Consiglio Comunale.»

Ma il Sindaco, in data del 24 Luglio 1886, rivolgendosi al Prefetto, per pregarlo di inviare al Ministro della Pubblica Istruzione la nuova copia della Convenzione, dichiarava:

«....Non posso nascondere che mi ha recato assai meraviglia il sentire come le trattative già iniziate siano state dal Ministero sospese per causa della crisi avvenuta in seno dell’Amministrazione di questo Comune.

«Il ritiro dell’on. Principe Corsini e le dimissioni di alcuni assessori non hanno cambiato in niente l’in[p. 18 modifica]dirizzo dell’Amministrazione, che è rimasta composta quasi per intero delle medesime persone, ed a cui preme che le trattative pendenti circa la nuova sede della Biblioteca Nazionale abbiano prontamente l’esito che tanto sta a cuore a Firenze.»

Dal canto suo, il senatore Gadda saviamente scriveva:

«....Interessa definire questo importante affare; onde possa finalmente prendere uno sviluppo serio la sistemazione edilizia del centro di Firenze, che interessa non solo questa città, ma tutti quelli che amano in essa una principalissima sede delle glorie antiche italiane.»

Il 13 Settembre 1886 l’on. Sindaco restituiva il progetto all’on. Gadda, con le osservazioni fatte dalla Commissione municipale dei lavori sulle proposte del Governo, il quale aveva chiesto un’area più spaziosa.

Indugiò il Ministero a mandare le sue decisioni, e il Sindaco di Firenze, con la lettera del 20 Dicembre 1886, reclamava una definitiva risoluzione.

Rispondeva il Ministero della Pubblica Istruzione, il 30 Gennaio 1887, encomiando la generosità del Comune Fiorentino, dal quale offrivasi un area anche più vasta della prima, e promettendo di prendere subito gli accordi coi Ministri dell’Interno e delle Finanze, quanto alla spesa occorrente per la costruzione del nuovo edificio, ed al relativo progetto da sottoporsi all’approvazione del Parlamento.

Facevasi sperare, con la maggiore asseveranza, che il Governo avrebbe partecipato sollecitamente al Comune di Firenze le sue definitive decisioni; ma si giunse al 16 Marzo 1887 senza che fosse pervenuta al Palazzo Vecchio alcun’altra lettera del Ministero.

Stimò allora opportuno il Sindaco di rinnovare la preghiera all’on. Ministro della Pubblica Istruzione, [p. 19 modifica] perchè non si tardasse più oltre nel definire gli accordi necessari fra i tre Ministeri interessati.

Insistevasi tanto maggiormente, nella lettera del 16 Marzo 1887, per avere dal Governo la promessa comunicazione del piano concordato, essendosi sparsa la voce che vi fossero già le trattative avviate per acquistare il Palazzo Capponi, con lo scopo di trasferirvi la Biblioteca Nazionale.

Ma, dopo tanti espliciti affidamenti che si erano dati al Comune di voler profittare del suo generoso dono, il 24 Ottobre 1887 dal Ministero della Pubblica Istruzione partecipavasi che il Ministro delle Finanze non stimava opportuno, in quel momento, di domandare l’approvazione di un progetto per l’assegno di un milione e mezzo.

Comunicata alla Giunta Municipale questa inattesa risposta, il 3 Novembre 1887 adottavasi una deliberazione nella quale erano richiamate le lettere ufficiali 23 Luglio, 17, 18 Settembre, 28 Dicembre 1885, 6 Gennaio, 20 Luglio, 7 Agosto, 9 Settembre 1886 e 30 Gennaio 1887; rilevandosi come in ciascuno di quei documenti fosse affermato, da parte del Governo, il proposito di costruire il nuovo palazzo della Biblioteca sull’area donata dal Comune.

Era fatta, al tempo stesso, la storia dei progetti ordinati dal Governo e sottoposti all’esame del Municipio, al quale fu pure domandato uno schema della Convenzione, perchè non si dubitasse nemmeno della serietà dei propositi che allo Stato premeva di attuare. E, dovendo partecipare al Consiglio la determinazione del Ministero, che rimandava sine die l’osservanza dei suoi impegni, la Giunta stimava che fosse venuto il momento di ritirare la concessione dell’area. [p. 20 modifica]

Ma il Consiglio Comunale, nella seduta dell’11 Novembre 1887, per quanto si mostrasse dolente dello inaspettato rinvio, invitava la Giunta a non troncare le trattative col Governo.

E, per nuovo atto di longanimità, il Consiglio Comunale diceva di essere disposto a concedere per la Biblioteca governativa un’area anche più spaziosa della seconda già offerta; qualora il Governo avesse confermato il suo divisamento.

Ciò era detto dal Sindaco all’on. Ministro della Pubblica Istruzione, in una lettera del 24 Novembre 1887, nella quale, insieme alla proposta del nuovo terreno, era altresì formulato questo piano:

«E, se la ragione finanziaria può avere precipua influenza, sulle determinazioni di codesto Ministero, e di quello delle Finanze, posso fin d’ora dichiararle che il Municipio è disposto a studiare il modo di superare tale difficoltà, e che potrebbe essere quello di pagare gli interessi della somma che sarebbe necessario avere in prestito da qualche Istituto di Credito, affinchè il Governo potesse ratizzare la spesa necessaria in un numero di anni tale da non recare soverchio aggravio al bilancio di codesto Ministero.»

Lo studio dei progetti.

L’operazione della Cassa di Risparmio.

Informato di queste larghe esibizioni del Comune di Firenze, il Ministro delle Finanze, on. Magliani, scriveva il 26 Dicembre 1887 al Sindaco che si sarebbe posto di accordo con gli altri Ministri interessati.

E il Sindaco, con la sua lettera del 12 Giugno 1888, domandava al Ministro della Pubblica Istruzione, onorevole Boselli, se non gli sembrasse opportuno di procedere a nuove trattative. [p. 21 modifica]

Perveniva quindi al Sindaco questa lettera dello stesso onorevole Ministro:

Roma, addì 26 Dicembre 1888.

Per nuovi studi sul progettato Palazzo a sede della Biblioteca Nazionale verrà, da me incaricato, fra pochi giorni, in Firenze, il signor ing. Leopoldo Mansueti, autore del progetto compilato nel 1886.

Voglia la S. V. Ill.ma fornirgli tutti gli schiarimenti che potranno occorrergli per la compilazione di un nuovo progetto; segnatamente per quanto riguarda l’area generosamente offerta da codesto Municipio.

Il Ministro

P. Boselli.


Recatosi fra noi, l’ingegnere Mansueti esaminò, col Prefetto Chilovi, le aree offerte dal Municipio, e, nel rapporto al Ministro della Pubblica Istruzione, entrambi dissero che conveniva prescegliere quella portante nel piano regolatore il numero X, e confinante con le vie Pellicceria, Porta Rossa, Vecchietti e Anselmi.

Il Governo, facendo propria la variante proposta, invitava il Municipio ad abbandonare il progettato passaggio coperto a cristalli, ed a togliere dal piano regolatore la conservazione della vecchia casetta all’angolo di via Vecchietti e Porta Rossa che l’ingegnere Mansueti diceva essere in cattivo stato e nulla avere di artistico e di storico.

Certo, il Governo intendeva di assumere impegni formali, per parte sua, quando domandava al Comune che modificasse perfino il suo piano regolatore!

Nella lettera del 25 Marzo 1889, il Ministero della Pubblica Istruzione, dopo avere fatto al Sindaco le proposte già indicate, dichiarava:

«Ora, se codesta Onorevole Amministrazione è di[p. 22 modifica]sposta ad accettare in massima la variante al piano regolatore proposta dal Sig. ing. Mansueti, e a render libera l’area proposta dalle prescrizioni e servitù suddette, io prego la S. V. di volermi far conoscere le quote esatte del perimetro dell’area, con la gradazione degli angoli e le quote altimetriche delle strade che la circondano, con l’indicazione delle sottostanti fognature; notizie tutte necessarie allo studio e sviluppo del progetto per il palazzo, sede della Biblioteca.»

Durante la prima Amministrazione presieduta dall’attuale Sindaco non potè essere definita questa vertenza sorta per il mutamento dell’area; ma vennero bene avviate le pratiche con la Cassa di Risparmio Fiorentina, la quale accoglieva l’invito fattole dal Capo del Comune, il 10 Agosto 1889, di anticipare i fondi necessari per la costruzione del nuovo Palazzo.

Rispondeva il Direttore della Cassa di Risparmio sig. Cav. G. Martini-Bernardi, che quell’istituto avrebbe aiutato certamente il Comune, sia mediante l’acquisto di buoni del Tesoro, sia stipulando un prestito col Comune, ammortizzabile in un ventennio, a mite saggio di interesse e con la mallevadoria dello Stato.

Da vasi notizia, mediante la lettera dell’8 Novembre 1889, al Ministero della Pubblica Istruzione dei benevoli propositi della nostra Cassa di Risparmio.

Le dichiarazioni fatte alla Camera.

Nuove domande per l’Area.

Sopravvenuta la nomina dell’onorevole Conte Francesco Guicciardini a Sindaco di Firenze, egli non mancava di rivolgersi immediatamente, il 28 Novembre 1889, al Ministro della Pubblica Istruzione e al Presidente [p. 23 modifica] del Consiglio, per domandare che fossero condotte a termine le lunghe trattative per la Biblioteca. Richiamava il nuovo Capo del Comune al pensiero dell’onorevole Boselli le promesse fatte a lui stesso, nella seduta del 22 Giugno 1888, quando gli presentò una interrogazione circa il funesto abbandono del nostro prezioso deposito dei libri e dei manoscritti.

Il Ministro dell’Istruzione Pubblica si era così espresso, in quel giorno:

Ciò che ha detto l’on. Guicciardini è vero, e la questione che ha suscitato in questo momento è opportuna. Che Firenze sia e debba essere sempre un grande centro di studii, non è mestieri nè ripetere, nè riconoscere: è un fatto che si dimostra da sè.

Che la Biblioteca Nazionale di Firenze sia importantissima è pure un’altro fatto evidente.

Ora, il progetto del quale ha fatto cenno l’on. Guicciardini si collega con un migliore ordinamento della celebre Galleria, che contiene tanti tesori dell’arte Italiana, che è l’orgoglio dell’ingegno italiano, e si collega col sempre migliore assetto dello Archivio di Firenze, che, per la sua ricchezza e per l’ordinamento che il Buonaini gli ha dato, è uno degli Archivi più importanti.

Io, pertanto, non ho a dire all’on. Guicciardini, riguardo al progetto del quale egli ha parlato, altro che questo: che, cioè, il Governo farà il possibile per vincere le difficoltà finanziarie, e le vincerà in un tempo non lontano: anzi speriamo nella prossima Sessione.

E, tenendo conto, altresì, di quanto mi ha rappresentato l’egregio Sindaco di Firenze, credo sia opportuno che il Municipio sappia che gli intendimenti del Governo, rispetto alle Gallerie e alla Biblioteca di quella illustre città, sono conformi a quelli del Municipio e della popolazione Fiorentina.»

Riferendosi a questi espliciti impegni, l’on. Guicciardini scriveva dal Palazzo Vecchio che egli confermava l’offerta fatta al Governo dal suo precedessore, per la cessione gratuita del gruppo N. 17, nel Centro. [p. 24 modifica]

Quanto all’onere finanziario per lo Stato, faceva considerare l’on. Sindaco che sarebbe stato molto agevole concludere una operazione finanziaria, per ottenere i fondi, da restituirsi col sistema d’ammortamento.

Come già abbiamo esposto, la Cassa di risparmio di Firenze aveva dato sicura parola di intervenire, offrendo buoni patti.

Ma il Ministero della Pubblica Istruzione risollevava col nuovo Sindaco la difficoltà di costruire la Biblioteca sul terreno donato dal Comune.

In data 11 Dicembre 1889 scriveva l’on. Ministro Boselli al nostro Sindaco:

«Il disegno di costruire in Firenze un nuovo edificio che sia degna sede della Biblioteca Nazionale Centrale, sistemando nello stesso tempo il R. Archivio di Stato e le RR. Gallerie degli Uffizi, è di tanta e così evidente utilità che alla S. V. Ill.ma non può esser dubbio che io sia ancora animato dagli stessi sentimenti che già in proposito espressi alla Camera dei Deputati.»

Dichiarava quindi il Ministro della Pubblica Istruzione che si sarebbe presto attuato quel disegno, qualora all’area N. 17 si fosse aggiunta quella portante il numero 16, oppure se il Municipio avesse offerto nuovamente le aree 9 e 10; consentendo alla soppressione della Galleria a cristalli ed alla demolizione dell’antica casetta in via Porta Rossa.

Rispondeva l’on. Conte Guicciardini, il 20 Dicembre 1889:

«Il Comune mantiene la sua proposta di dare gratuitamente l’area offerta: quella del lotto 17, perchè per quest’area è studiato il progetto fatto dall’architetto Mansueti, fino dal 1887. Però non sarebbe alieno [p. 25 modifica] dal cambiare quest’area con altra che paresse più idonea, quando il Governo manifestasse la volontà di risolvere la questione.»

Pochi giorni dopo, il 4 Gennaio 1890, il Sindaco scriveva nuovamente al Ministro della Pubblica Istruzione per fargli intendere quanto sarebbe stato facile superare l’ostacolo della spesa, addotto come motivo degli indugi; e ripeteva che il Comune si sarebbe pure assunta la cura di ottenere da un Istituto di credito l’anticipazione del denaro.

Replicavasi l’8 Gennaio dal Ministro della Pubblica Istruzione, annunciando che egli aveva ordinato all’ingegnere Mansueti di tornare un’altra volta a Firenze, per intendersi definitivamente col Sindaco e col Prefetto della Biblioteca Nazionale comm. Chilovi sulla scelta dell’area.

«Quando ciò sia stato effettuato, dichiarava apertamente lo stesso onorevole Ministro, e dopo compilato un progetto di massima dell’edificio da costruirsi sulla nuova area, e determinatane la spesa approssimativa, si avrà una base sulla quale proseguire le pratiche necessarie per conseguire lo scopo: al che io mi adoprerò col massimo impegno, e spero che non sarà troppo difficile di riuscirvi.»

Tenevasi il 30 Gennaio 1890 una conferenza fra il Sindaco, l’ing. Mansueti e il comm. Chilovi. Il Conte Guicciardini insisteva per la concessione del lotto N. 17; sostenendo che possedeva tutti i requisiti più adatti per l’indole del nuovo edificio.

Ma, scrivendo al Ministro Boselli, lo stesso onorevole Sindaco diceva, il 2 Febbraio 1890:

«Quando il Governo assolutamente insistesse, per escludere quest’area e per occupare l’area segnata coi [p. 26 modifica] numeri 10 e 9 (Pelliccieria e Porta Rossa), io certamente non solleverei la questione pregiudiciale.»

Otto giorni dopo, il 20 Febbraio, l’on. Ministro della Pubblica Istruzione scriveva al Sindaco:

«Considero come condizione necessaria a proseguire nelle pratiche iniziate per la costruzione della nuova sede della Biblioteca l’offerta da farsi dal Comune di Firenze della cessione gratuita della terza area, compresa nei lotti 9 e 10. »

Il dono di quest’area, «giudicata accettabile perchè rispondente pienamente alle esigenze della Biblioteca e al desiderio del Governo», costituiva per il Comune un sagrificio molto maggiore di quello già offerto; giacchè il valore del terreno era superiore alle 500,000 lire.

Ma il Governo dichiarava al Sindaco che, «quanto più generosa fosse la offerta del Comune di Firenze», tanto più facilmente si sarebbe rimosso ogni ulteriore ostacolo.

Riunivasi, di lì a pochi giorni, il 4 Marzo, il Consiglio Comunale, che, desideroso di togliere di mezzo ogni motivo di temporeggiamenti, annuiva alla domanda del Governo per la occupazione gratuita dell’area compresa nei lotti 9 e 10.

Nella sua deliberazione, il Consiglio premetteva che il Governo aveva dichiarato di considerare «come condizione necessaria a proseguire le pratiche iniziate per la costruzione della nuova sede della Biblioteca Nazionale la profferta da farsi dal Comune di Firenze per la cessione dell’area medesima.»

Dichiaravasi che il bilancio Comunale affrontava «un grande sagrifìcio finanziario»; e, per compensare la perdita derivante dalla cessione gratuita di quel terreno, che si sarebbe potuto rivendere al prezzo di [p. 27 modifica] 500 mila lire, il Consiglio deliberava di chiedere alla Cassa dei Depositi e prestiti un altro mezzo milione da aggiungersi ai 5 milioni presi a mutuo per il riordinamento del centro.

Nell’atto di partecipare al governo la nuova concessione del Comune, il Sindaco scriveva, l’11 Marzo 1890, al Ministro della Pubblica Istruzione:

«Con questa deliberazione il Consiglio ha soddisfatto alle condizioni poste dal Ministero per continuare le pratiche necessarie alla costruzione del palazzo della Biblioteca.»

La generosità del Comune.

Nuovi affidamenti.

Che cosa avrebbe potuto fare di più il Municipio per giungere a quel massimo limite di generosità, verso il quale lo spingeva il Governo, promettendo che non avrebbe mancato di ben corrispondere, dal canto proprio, a tanta abnegazione?

Si compiaceva molto il Ministro Boselli della notizia datagli dal Sindaco circa l’area donata.

E, siccome nella deliberazione del Consiglio domandavasi che, in compenso del cospicuo dono, fosse ceduto al Comune, dopo la costruzione del nuovo edificio, il cortile annesso al padiglione dei Veliti e parte del fabbricato demaniale ora occupato dalla Biblioteca Palatina, in via Castellani, il Ministero della Pubblica Istruzione esigeva subito dal Comune un altro sagrificio.

Scrivevasi, difatti, nella lettera del 19 Marzo 1890:

«Ma ad assicurare pienamente le Gallerie e gli Archivi da ogni pericolo di incendio, necessiterebbe [p. 28 modifica] che il Comune assumesse l’obbligo di completare, in tutta la lunghezza, l’allargamento della via Castellani, perocchè la molta vicinanza del Teatro delle Logge lascia ancora sussistere il detto pericolo, che col parziale allargamento della via verrebbe escluso solo in parte.

«Siffatto obbligo assunto dal Comune renderebbe più facile la cessione ad esso degli stabili demaniali domandati.»

Oltre a ciò, il Ministero domandava che il termine di un anno, proposto dal Comune per compiere tutte le pratiche occorrenti a rendere legalmente esecutiva la Convenzione, fosse prolungato.

E il Sindaco rispondeva, il 22 Marzo, che il Consiglio non avrebbe mancato di concedere qualche proroga, qualora il termine di un anno apparisse troppo ristretto.

Quanto all’allargamento di tutta la via dei Castellani, il Sindaco affermava che a ciò appunto aveva mirato la domanda per la cessione al Comune del cortile annesso al padiglione dei Veliti e di una parte dell’edificio che ora è occupato dalla Biblioteca Palatina.

Il 1° Aprile succesivo partiva da Roma questa lettera dell’on. Ministro della Pubblica Istruzione al Sindaco:

Rendo vive grazie alla S. V. Ill.ma per le assicurazioni datemi colla sua pregiata lettera del 22 Marzo, rispetto alla proroga del termine per la convenzione riguardante il nuovo edificio per la Biblioteca Nazionale di Firenze, e rispetto al completo allargamento della via Castellani.

Ho incaricato l'ing. L. Mansueti di recarsi a Firenze, come prima potrà, per lo studio del progetto dell’ edificio, avvertendolo che per l'adempimento di tale incarico egli dovrà prendere gli opportuni accordi col Prefetto della Biblioteca e, quando occorra, anche con la S. V. Ill.ma.

Il Ministro

P. Boselli.


[p. 29 modifica]

Pochi giorni dopo perveniva all’on. Sindaco questa lettera:

Roma, 17 Aprile 1890.

Mi reco a premura di avvisare la S. V. Ill.ma che l’ing. cav. Leopoldo Mansueti si recherà a Firenze per fare gli studi del disegno di una nuova sede della Biblioteca Nazionale, su l’area per ciò offerta da codesto Illustre Municipio.

D’ordine del Ministro.

Il Direttore Capo della Divisione

G. Ferrando.


Contemporaneamente, il Sindaco di Firenze rivolgevasi al Sopraintendente dell’Archivio di Stato, invitandolo ad esprimere il suo giudizio sullo stato della Biblioteca, e sulla necessità di fornire all’Archivio medesimo locali più vasti, e di preservarli da ogni pericolo di incendio.

Rispondeva così, il 19 Aprile 1890, l'illustre Gaetano Milanesi:

«Io mi trovo nella necessità di apprezzare quanto altri, e più che altri, i generosi sforzi e le assidue, intelligentissime cure di chi tanto degnamente presiede a codesta solerte amministrazione, dirette a conseguire una formale quanto sollecita risoluzione dell’affare.»

Intanto, il Ministero mutava avviso relativamente all’area; e il 6 Giugno 1890 domandava un terreno più ampio e più costoso.

Fece allora considerare il Sindaco, conte Guicciardini, con la risposta del 24 Giugno, come non fosse consentito al Comune di esaudire questa nuova richiesta.

Tornato alla direzione degli affari comunali chi ha oggi l’onore di presiederli, non tardava a domandare premurosamente che si chiudesse il periodo delle parole promettenti, per iniziare quello dei fatti. [p. 30 modifica]

Riferendosi il 28 Aprile 1891 alle obbiezioni sollevate nell’ultima lettera del Ministro, il Sindaco proponeva di adottare, nell’area già proposta, il sistema seguito per l’edificio della Università di Lipsia, costruendo, cioè, per acquistare spazio, due piani nella facciata principale e, per i magazzini, tre piani ai lati.

Venuto al potere l’illustre Pasquale Villari, con la sua altissima competenza e col suo fervido affetto per la nostra città, che tanto gli deve, come eminente scrittore della storia fiorentina dichiarava il 6 Giugno 1891, in una lettera al Sindaco:

«Mi avvedo che con lo studiare e ristudiare si va molto in lungo.»

Ordinava perciò l’insigne uomo che fosse preparato il progetto definitivo; e dichiarava nella sua nobile lettera al Sindaco di Firenze:

«Augurandomi che il nuovo studio porti alla soluzione da tanto tempo attesa, intanto ringrazio lei del vivo interesse e dell’opera con cui mi seconda, per riuscire alla definizione della controversia.»

Quando l’on. Villari lasciava il portafoglio della Pubblica Istruzione, nel Maggio 1892, tutto sembrava ormai definito.

Succeduto alla Minerva l’on. Ferdinando Martini, il Sindaco, memore dei giudizi pronunciati nel 1882 dalla Commissione d’inchiesta di cui il nuovo Ministro faceva parte, delle dichiarazioni da lui ricevute quando fu la prima volta al governo, e delle sue pubbliche affermazioni nella lettera al direttore della Nazione, gli esponeva lo stato a cui era giunto il lungo scambio di comunicazioni col Governo per il palazzo della Biblioteca, e gli augurava che il compimento di quest’ opera nazionale costituisse uno dei vanti della sua [p. 31 modifica] amministrazione. Lo avvertiva pure che la Cassa di risparmio fiorentina avrebbe anticipato i fondi per la erezione del nuovo edifìcio.

Ma sopraggiunse un’altra crisi ministeriale, senza che si fosse venuto a capo di nulla.

Nel frattempo il comm. Chilovi e l’ing. cav. Alessandro Papini pubblicavano, per cura del Loescher, uno studio diretto a provare che l’area esibita dal Comune era sufficiente, e che con essa si sarebbe potuto dare alle varie parti della Biblioteca un ordinamento conforme a tutte le più alte ed ardue esigenze moderne.

Il 25 maggio 1894, rispondendo al Sindaco che aveva rinnovato gli eccitamenti, l’onorevole Baccelli scriveva:

La S. V. Onorevolissima ben sa quanto mi stia a cuore di dare a codesta Biblioteca Nazionale un edificio degno della grande importanza che essa ha, e della città nobilissima in cui risiede.

E però, dopo il mio ritorno da Firenze, ho preso personalmente conoscenza del disegno che ne fu fatto. Quindi è superfluo lo spendere parole con lei sopra di ciò; e solo voglio che Ella sappia come io nutra fermo proposito e calda speranza di vedere, quanto più presto sia possibile, attuarsi un’opera così giustamente desiderata.

Poco dopo, il 9 Agosto 1894, l’on. Sindaco, rivolgendosi al Ministro del Tesoro, esponenevagli i buoni propositi della Cassa di risparmio di Firenze, per l’operazione finanziaria, e facevagli riflettere come vi fosse pure urgente bisogno di tutelare le Gallerie e l’Archivio di Stato dai pericoli che in quell’anno medesimo erano additati, come vedemmo, in una pubblicazione ufficiale.

«E cosa, diceva il Sindaco, che deve tutti unirci, per amore di Firenze, e per decoro e interesse [p. 32 modifica] nazionale, nel culto della scienza, delle lettere, della storia e dell’arte.»

Il Gabinetto che si ritirò nel Marzo del 1896 era sul punto di dare attuazione all’antico disegno, in seguito alla visita dell’on. Costantini, Sottosegretario di Stato nel Ministero della Pubblica Istruzione.

La relazione dell’on. Costantini.

Con la più lodevole sollecitudine, l’onorevole deputato di Teramo, al quale dobbiamo essere grati, presentava, il 25 Novembre 1895, al Ministro la sua relazione, di cui riproduciamo la prima parte:

Obbedendo agli ordini di V. E., mi recai in Firenze per studiare da vicino l'antica questione della Biblioteca Nazionale che tanto interessa quella città. Sono ora in grado di riferirle brevemente le mie impressioni e i miei giudizi.

La Biblioteca Nazionale fiorentina ha sede in un caseggiato contiguo al Palazzo degli Uffici col quale fa corpo, e dove hanno sede l’Archivio di Stato e la Galleria.

Questo caseggiato, oltre all’essere sconnesso e a più piani, è costituito, a parte il gran salone di lettura, da una serie di stanze anguste, poco luminose e quasi tutte inservienti le une alle altre.

Esse sono così fattamente piene di codici, cimelii, incunaboli, libri, manoscritti e carte di ogni maniera che l’aria non vi giuoca liberamente, e gli stessi impiegati vi si muovono a disagio.

Molte ricche collezioni si vedono ammucchiate per terra o disposte sopra tavole messe per lungo e per traverso, non già per mancanza di cura, ma per assoluto difetto di spazio. È quindi naturale che, comunque abilmente e dottamente diretta, la Biblioteca è ancora lontana da quell’ordinamento che la disciplina e la speditezza del servizio richiederebbero.

Nè questo è tutto. Il peggio è che con tale disposizione e con tanto cumolo di suppellettile letteraria, se per malaugurato accidente vi si appiccasse un incendio, per la peculiare condizione del luogo non un libro si salverebbe. [p. 33 modifica]

Nè andrebbe in fiamme la sola Biblioteca, perchè l'incendio suo involgerebbe nella rovina, inevitabilmente, anche l'Archivio di Stato e la Galleria.

Si perderebbero così in poche ore e per sempre tali e tanti tesori, che tutti gl’italiani dinanzi al mondo civile dovrebbero coprirsi la faccia per la vergogna.

Evidentissima, dunque, assoluta, improrogabile la necessità di provvedere.

E il modo è uno solo: levare di là la Biblioteca, e stabilirla in altra sede; con che non solo si provvederebbe ad essa, ma si darebbe altresì più spazio e migliore assetto all’Archivio e alla Galleria, cioè si provvederebbe a tre Istituti di capitalissima importanza.

Ma come provvedere? Dove trasferire la Biblioteca, che, tutto compreso, occupa oggi più di ottanta stanze?

Ecco il nodo della questione, che a me sembra meno difficile che a prima vista non apparisca.

Il Comune di Firenze, non immemore dell’antica grandezza, conduce ora nel centro della città un’opera grandiosa, che lascierà un’area libera edificabile di oltre quattromila metri quadrati in vicinanza della nuova Piazza Vittorio Emanuele. Quell’area, che vale non meno di mezzo milione di lire, venne offerta al Governo per l’edificio della Biblioteca.

L’edificio sorgerebbe di pianta, fiancheggiato da quattro ampie strade; cioè rivestirebbe tutte le condizioni per essere sede di una grande Biblioteca degna veramente di Firenze e d’Italia.

L’on. Costantini dimostrava quindi che per il concorso della Cassa di risparmio fiorentina era anche risoluto il problema finanziario; giacchè trattavasi soltanto di assegnare in bilancio il fondo per l’ammortamento.

Dopo questo rapporto, che sembrava dovesse chiudere il periodo dell’aspettazione, l’onorevole Ministro Baccelli scriveva al Sindaco, il 10 Gennaio 1896, che non avrebbe mancato di presentare al Parlamento il progetto per la Biblioteca, e di fare in modo che fosse prontamente discusso e approvato. [p. 34 modifica]

Ad una speciale Commissione parlamentare fu dato incarico di prendere in esame le proposte del Governo circa l’iscrizione della spesa in bilancio.

Ma sopravvenne la crisi ministeriale, prima che il disegno di legge arrivasse in porto.

Al nuovo Ministero domandavasi dal Comune che fossero mantenuti gli impegni formali, definitivi, dell’Amministrazione precedente.

L’adunanza dei Senatori e Deputati.

Nell’Aprile del 1897 ancora non erasi fatto nulla di concreto; malgrado gli eccitamenti partiti di qui nel Febbraio e nel Marzo.

Il Sindaco stimò quindi opportuno di convocare al palazzo Vecchio i Senatori e Deputati residenti in Firenze, ai quali domandò che dessero il loro concorso per ottenere che il Governo si decidesse a prendere un partito.

L’adunanza fu tenuta il 30 Aprile. Vi assistevano, oltre al Sindaco, 8 Senatori, onorevoli: L. G. Cambray-Digny, Mantegazza, Cesarini, Garzoni, Barsanti, Villari, Puccioni e Nobili; e 9 Deputati, onorevoli: F. Torrigiani, Cambray-Digny, Civelli, Luchini, Callaini, Modigliani, Pescetti, Marinelli, Collacchioni. Scusarono la loro assenza i Senatori, onorevoli: Camerini, Manfredi, Strozzi, Morra di Lavriano, Ridolfi Luigi, e i Deputati, onorevoli: Ridolfi Carlo, Brunetti e Brunicardi. Assisteva alla riunione il comm. Chilovi.

Aprendo la seduta, il Sindaco, nell’esporre le vicende e le alternative interminabili della proposta per la Nazionale, diceva:

[p. 35 modifica]

«La costruzione della nuova Biblioteca Nazionale è tale un fatto che interessa tutto lo Stato, e non soltanto Firenze; e sarebbe tempo che, dopo undici anni, dopo tutte le premure delle amministrazioni che si son succedute al Comune, si venisse infine alla soluzione.»

Taluni, per non prolungare le delusioni, domandavano che si prefiggesse al Governo un termine; come aveva previdentemente proposto il compianto avv. Goretti-Flamini, fin dal 16 Giugno 1885, nell’adunanza delle quattro Commissioni consigliari di cui abbiamo parlato sul principio di questa Memoria.

Presero impegno tutti i Senatori e Deputati intervenuti al Palazzo Vecchio di adoperarsi affinchè il Governo e il Parlamento non opponessero ulteriori difficoltà alla osservanza dell’antico impegno.

In pari tempo, il Sindaco, sulla fine dell’Aprile 1897, dirigeva una lettera al Presidente del Consiglio, nella quale invocava le assicurazioni date a voce e per iscritto dal Ministro Gianturco; e, mettendo in chiaro come fosse tempo di pensare alla custodia di tanta e così cara parte del patrimonio artistico e intellettuale dello Stato, osservava:

«Non sfugge per certo alla S. V. quanta sia la responsabilità del Governo, se ancora tarda a risolvere una questione concernente tre grandi istituti nazionali che sono vanto e fortuna della patria nostra ed interessano la cultura generale del mondo civile.»

Seguirono altre lettere del Gennaio 1898, in cui confermavasi che la Cassa di Risparmio di Firenze avrebbe anticipato la somma occorrente, rimborsabile in un lungo periodo, e all’interesse del 3,75 per cento; come risultava da una nobilissima offerta del Direttore cav. Martelli. [p. 36 modifica]

La lettera dell'on. Pelloux.

Le dimissioni del Sindaco e della Giunta.

Nel Giugno dell’anno scorso, l’on. Pinchia, Sotto-segretario generale nel Ministero della Pubblica Istruzione, annunciava al Sindaco che, per incarico del Ministro Cremona, sarebbe venuto a Firenze, affinchè si giungesse il più presto possibile ad una soluzione. E, in fatti, il 14 di detto mese, l’onorevole deputato di Ivrea, accompagnato dall’Ingegnere Giacomo Boni, giungeva fra noi, e, dopo avere percorso i locali della Biblioteca Nazionale, convinto che non potevasi più mettere tempo in mezzo, faceva sperare che il progetto sarebbe stato sottoposto al voto della Camera prima delle vacanze estive.

Ma, di lì a pochi giorni, cadde il Gabinetto Di-Rudinì.

Si attese fino al passato Ottobre che i successori rispondessero alla partecipazione fatta in giugno, a nome del Consiglio, il quale aveva stimato necessario di porre un termine perentorio entro il quale il Governo facesse conoscere se voleva o no valersi dell’area donatagli.

Una risposta privata dell’on. Presidente del Consiglio pervenne al Sindaco il 7 Ottobre; ed in essa era detto che il Ministero, a causa delle angustie del bilancio, non voleva più tenersi vincolato per la costruzione del nuovo edificio della Biblioteca, e quindi lasciava libero il Municipio di disporre dell’area per altro uso.

Non reputando conveniente di portare in Consiglio una lettera di carattere privato, il Sindaco domandò che gli fosse mandata una dichiarazione ufficiale, e [p. 37 modifica] questa, giunta a Firenze il 9 Ottobre u. s., era così concepita:

Roma, 8 Ottobre 1898.

All'Ill.mo Sig. Sindaco di Firenze,

Ho esaminato la lettera dell’8 Giugno, indirizzatami dalla S. V. per incarico di codesta Rappresentanza comunale, e dichiaro subito che non metto in dubbio la opportunità, ed anzi la necessità che sia risolta la questione della Biblioteca Nazionale, come pure riconosco ed apprezzo i molti, disinteressati, lodevolissimi sforzi fatti da codesta Amministrazione per agevolare ed affrettare tale risoluzione.

Ma, stando ai calcoli molto sommari che si sono dovuti fare, tale sistemazione importerebbe una spesa di circa due milioni, sia pure ripartibile su un certo numero di anni, e non potrebbe essere fatta senza un provvedimento legislativo.

Ora non è bisogno che ricordi alla S. V. il programma finanziario ed economico col quale si è presentato il Ministero, e che risponde ai ripetuti, espliciti desiderati dell’opinione pubblica e del Parlamento.

Si vuole, cioè, che, salvo il principio del pareggio, si vegga possibilmente di sgravare i contribuenti, e di attuare in pari tempo qualcuno dei molti provvedimenti sociali che da lungo tempo il Paese attende, e che in sostanza significano per l’erario diminuzione di entrate ed aumento di spese.

In questo stato di cose non saprei davvero, e con me è concorde il Consiglio dei Ministri, che ho sentito, affrontare la responsabilità di proporre, tra i primi atti, al Parlamento la legge necessaria per codesta Biblioteca, che è certo utile e anche indispensabile, ma non ha davvero quei caratteri di indilazionabilità che ne potrebbe acconsentire l'immediata presentazione, senza urtare col programma del Governo.

Comprendo che, rifiutandomi di prendere l’impegno e di dare l’affidamento che il Comune desidera, mi espongo forse a perdere la combinazione favorevole che il Consiglio comunale ha proposto per la sistemazione della Biblioteca; ma non saprei proprio che farci, per quanto me ne spiaccia. E, come io ho creduto di dovere esser franco nella risposta, amo ritenere che il Consiglio, facendosi [p. 38 modifica]persuaso della situazione, saprà trovare un temperamento che, senza togliere alla soluzione della detta quistione il benefizio del concorso del Comune, possa rimandarne a tempo più opportuno l’esecuzione.

Con perfetta osservanza,

Il Ministro

f.o Pelloux.


Ferito da questa dichiarazione inaspettata, il Sindaco ne dava parte al Consiglio comunale, il 10 Ottobre u. s., riepilogando le fasi dei progetti governativi. Riferiva di avere, pochi giorni prima, suggerito al Governo, pur di ottenere una soluzione, che domandasse una proroga della concessione del terreno, oppure aprisse le trattative per un’altra area, come quella del quartiere di S. Jacopo, dove si reclama l’opera risanatrice. Ma aggiungeva che non era valso nemmeno tutto questo perchè il Governo prendesse una risoluzione positiva:

«Noi abbiamo offerto, diceva, il Sindaco, oltre il terreno, che ognuno sa quanto costi al Comune, come è pur noto quanti danni abbia arrecato alla città nostra il lasciarlo così a lungo infruttifero e disordinato, anche un piano finanziario che permetteva al Governo di costruire la Biblioteca, repartendone la spesa sui bilanci dell’Istruzione, dell’Interno, ed eventualmente dei Lavori pubblici e del Tesoro, in un periodo di diciannove anni, e con delle rate che non avrebbero oltrepassato le 120,000 lire all’anno, e ciò mercè il buon volere e la buona disposizione che la nostra benemerita Cassa di Risparmio m’aveva addimostrato nelle trattative che ebbi a tale scopo con essa. Io ho insistito moltissimo presso il Governo per fargli valutare quanto danno poteva venire allo Stato col ritardare la soluzione di tale questione, non solo per i pericoli continui che corrono tre edilizi d’importanza grandissima per la custodia di tesori preziosi conservati nella Galleria degli Uffizi, negli Archivî di Stato, nella Biblioteca Nazionale, ma anche perchè il Comune aveva tenuto per tanti anni quel terreno a disposizione di esso, e non avrebbe potuto poi facilmente indursi a fare altre concessioni, se di questa si faceva così facilmente getto; e [p. 39 modifica]gli fu fatto pur considerare che sarebbe stato diffìcile di trovare in un’altra epoca una soluzione finanziaria così conveniente come quella che io proponeva mercè il concorso della nostra Cassa di Risparmio.»

Osservava poi il Sindaco che tutti i Ministeri succedutisi dal 1886 in poi largheggiarono di parole promettenti, e perciò fu riposta fiducia nelle loro continue assicurazioni:

«Allorchè ebbi, la prima volta, l’onore di essere nominato Sindaco di Firenze — dichiarò il capo del Comune — trovai già la questione a tal punto, e il R. Governo così impegnato coll’Amministrazione Corsini, che credetti in buona fede la cosa oramai assicurata. Il Ghetto era stato ceduto per la costruzione del nuovo Palazzo; il Governo aveva fatto eseguire dall’Ing. Mansueti il progetto relativo; veduto il progetto si ritenne che l’area fosse troppo angusta per contenere la Biblioteca Nazionale centrale nel suo progressivo sviluppo, e il Consiglio allora convenne di sostituire al Ghetto l’area del Centro, e tutti vedono con quanti danni e quante perdite dell’Amministrazione, danni e perdite che io molto mi rimprovero, perchè sento in certo modo di essere responsabile della troppo buona fede con la quale mi sono appagato dalle parole e degli affidamenti del Governo.»

E così manifestava infine la gravità dello stato delle cose:

«Pel lungo tempo trascorso fra tanti affidamenti del Governo, io mi trovo con la Giunta in un grave impaccio di fronte al Consiglio ed alla cittadinanza, perchè, come io diceva poco fa, pare quasi che da parte mia non si sia fatto quello che si doveva fare, o sia mancata l’autorità che occorre a chi è capo di una Amministrazione come è quella di Firenze, per persuadere il Governo a mantenere gl’impegni assunti.»

Laonde accennati altri esempi nei quali era apparsa la noncuranza del Governo per questa città, concludeva dicendo che aveva giudicato opportuno dimettersi, e che [p. 40 modifica] la Giunta, solidale con lui, aveva essa pure rassegnato le proprie rinuncie.

Primo dei consiglieri a prendere la parola fu l'on. Principe don Tommaso Corsini, il quale disse:

«Giungendo stamane in Firenze, ho sentito con grande sorpresa e con vivissimo dispiacere l'annunzio della lettera inviata dal Presidente del Consiglio dei Ministri al nostro Sindaco; l'ho sentila anche con grandissima sorpresa, perchè testimone, come sono stato, per lungo tempo, degli affidamenti e delle speranze date alla città, e non da ora, ma da 13 o 14 anni, da che furono iniziate coteste trattative, cioè fino da quando avevo l’onore di reggere l’ufficio di Sindaco, fino d’allora, dico, il Governo accolse le proposte che furono fatte per la Biblioteca, e inviò un architetto a studiare la questione, e furono fatti diversi progetti, poi cambiati, perchè i primi non si trovavano sufficienti; e ne venne tutto quell’andamento di cose che è inutile stare a ripetere, perchè tutti i consiglieri lo conoscono al pari di me.

«Sono rimasto anche sorpreso, perchè conosco bene, come conoscete voi tutti, le premure vivissime che il Sindaco e la Giunta hanno sempre fatto per condurre avanti questo affare. Perciò io intendo benissimo il sentimento che, in seguito a quest’ultima risposta del Presidente del Consiglio, ha ispirato la risoluzione gravissima che il Sindaco ha adesso annunciato, e che ha mosso pure la Giunta ad unirsi a lui in questa risoluzione.»

Soggiungeva il chiarissimo uomo che qualora il Sindaco e la Giunta non ritirassero le dimissioni, l’intero Consiglio avrebbe dovuto associarvisi, come atto di solidarietà, per il modo in cui, dopo tanti studi, tanti allettamenti, si sarebbe ora voluto troncare ogni trattativa col Comune. Tuttavia egli reputava che sarebbe stato inopportuno, per gli affari della città, provocare una crisi municipale.

Concludeva pertanto col proporre un ordine del giorno esprimente rammarico per le ultime, imprevedute comunicazioni del Governo, e invitante il Sindaco [p. 41 modifica] e la Giunta a recedere dalla loro determinazione ed a proporre tutto quanto sembrasse loro utile affinchè non si disperdessero, con immenso danno degli studi, i sacrifici gravissimi fatti dal Comune.

Seguiva un discorso dell’on. consigliere dott. Gaetano Malenotti, il quale aderiva all’ordine del giorno Corsini.

L’on. consigliere avv. Giovanni Rosadi affermò che «un’aura di piena e simpatica solidarietà» doveva sorgere nella questione agitata, di fronte alla mossa del Sindaco e della Giunta che avevano interpretato, egli disse, dignitosamente ed energicamente, l’interesse e la dignità del Comune fiorentino. Esprimeva quindi il timore che l’invito a desistere dalle dimissioni rendesse «frustraneo un atto nobilissimo di energia e disdegno», e domandava che, invece di dichiarare inopportune le dimissioni, il Consiglio affermasse concordemente di essere convinto che «l’atto della Giunta e del Sindaco fu una protesta nobilissima contro un modo di procedere che, quand’anche tale non si fosse voluto, era, volere o non volere, una capitis diminutio dell’autorità e della influenza di un’importante Amministrazione, quale è l’Amministrazione comunale fiorentina.»

L’on. consigliere Piccioli-Poggiali affermò che l’atto della Giunta doveva trovare «piena adesione e pieno assentimento nel Consiglio,» e propose che nell’ordine del giorno fosse energicamente significato il rammarico del Consiglio comunale e il suo divisamento di far seguire le proprie dimissioni a quelle del Sindaco e della Giunta.

L’on. consigliere senatore Barsanti fece osservare che nell’ordine del giorno Corsini si esprimevano abbastanza chiaramente la meraviglia e il rammarico del Consiglio. [p. 42 modifica]

Dall’on. consigliere Pratesi era proposto un vibrato ordine del giorno.

L’on. consigliere avv. Pucci sostenne l’ordine del giorno proposto dal principe Corsini.

Replicava l’on. consigliere avv. Rosadi, il quale, ripetendo che l’atto del Sindaco era «nobile, giustissimo», si pronunciava favorevole all’ordine del giorno Piccioli-Poggiali, da lui firmato, con altri, e così concepito:

Il Consiglio,

Udite col più vivo rammarico le comunicazioni del Sindaco e della Giunta.

Deplora vivamente che una città così benemerita della cultura e della causa nazionale non trovi giustizia nemmeno quando reclama l’adempimento di promesse, nemmeno quando reclama la tutela del suo patrimonio artistico-letterario, che è patrimonio dell’intera nazione;

delibera

di non accettare le dimissioni del signor Sindaco e della Giunta, pronto, ove accorra, a rendersi solidale pienamente con loro.

C. Chiocchini
Enrico Pegna
P. Del Greco

L. Piccioli-Poggiali
Giovanni Rosadi
Giovanni Ciofi

Gaspero Capei.

L’on. consigliere Tommaso De Cambray-Digny, deputato del II collegio di Firenze fece plauso alla nobile e giusta condotta del Sindaco e della Giunta, proponendo egli pure che non si prendesse atto delle dimissioni.

L’on. principe Corsini modificò infine il suo ordine del giorno, d’accordo col consigliere Rosadi; e, ritirati tutti gli altri, fu approvato all’unanimità un voto formulato in questi termini: [p. 43 modifica]

Udite con vivo rincrescimento le comunicazioni del Governo, con le quali senza alcun riguardo agli affidamenti già dati e alla tutela del patrimonio artistico e letterario di Firenze, che è pure patrimonio d’Italia, si tende a differire indeterminatamente la costruzione del palazzo della Biblioteca;

Il Consiglio,

mentre si dichiara solidale col Sindaco e colla Giunta nel sentimento che li ha mossi a dare le dimissioni, considerati i danni che potrebbero derivare, in specie in questo momento alla Amministrazione e alla città da una crisi municipale, invita il Sindaco e la Giunta a non insistere nella presa determinazione, e tuttavia fa voti che l’intento per il quale il Comune ha già fatto gravi sacrifizi, e che è di sommo interesse per la coltura nazionale, sia in ogni modo raggiunto.

Tommaso Corsini
Giovanni Rosadi
Piccioli-Poggiali
Gaspero Capei
Gaetano Malenotti.


Nella seduta successiva del 21 Ottobre, il Sindaco leggeva questa lettera del consigliere Isidoro Del Lungo:

Palazzina, 12 Ottobre 1898.

On. Sig. March. Sen. Pietro Torrigiani
Sindaco di Firenze,

Impedito, com’Ella sa, d’intervenire alla seduta di lunedì, mi preme fare atto di adesione al deliberato concordemente dai colleghi, e di unirmi ancora una volta con loro ad approvare quanto il Sindaco e la Giunta per l’utile e il decoro della città nostra e della patria italiana hanno operato.

Firenze accanto al suo vecchio palagio repubblicano ha il tempio della Sapienza, della Storia e dell’Arte, nel superbo edificio degli Ufizi: e da Italia madre abbiamo noi il mandato di custodire con religione quei tesori che sono d’Italia e del mondo civile. Il Governo del Re non può disconoscere più a lungo questa condizione di cose. E se io Le ricordo, egregio signor Sindaco, come, non sono ancora tre anni, mentre avevo l’onore di far parte della Giunta, il [p. 44 modifica]Ministro dell’Istruzione Pubblica avesse disposto a termini di pratica esecuzione la doverosa iniziativa dello Stato, e fu soltanto il cambiamento del Ministero che tolse effetto a quanto era già convenuto, lo ricordo principalmente perchè sono ora tornati al potere quello stesso Ministro, e quello stesso Sottosegretario di Stato che aveva studiato ne’ suoi particolari, e venne un giorno in Palazzo Vecchio ad esporre, il disegno attuabile. Giovi da ciò trarre buon augurio, per il decoro, ripetiamo ad alta voce, non pur di Firenze ma d’Italia.

Mi confermo cordialmente,

suo dev.mo

Isidoro del Lungo.


Fu pure comunicata questa lettera del consigliere prof. Carlo De Stefani:

Lucca (Pievefosciana), 11 Ottobre 1898.

Ill.mo Signor Marchese,

Assente per cagione di salute, ho udito con vivo dolore le dichiarazioni del Governo e le dimissioni di V. S. e della Giunta. Lo sdegno e il dolore li ho sentiti non solo come amministratore del Comune ma come docente nel primario Istituto Fiorentino.

E inutile soggiunga come, più che mai in questo momento, io mi senta pienamente solidale con loro.

Voglia gradire i miei ossequi profondi.

Dev.mo

Carlo De Stefani.


Al principio della stessa seduta del 21 Ottobre il consigliere Alfani dichiarò che se avesse assistito alla tornata precedente, egli avrebbe di gran cuore votato l’ordine del giorno Corsini ed altri.

Il Sindaco diede comunicazione della seguente lettera del Prefetto di Firenze:

Firenze, 13 ottobre 1898.

«Informato il Ministero delle dimissioni presentate dalla S. V. Ill.ma e dalla Giunta e della deliberazione del Consiglio comunale in [p. 45 modifica]data 10 corrente, il Presidente del Consiglio mi ha diretto il telegramma che ho il pregio di comunicarle:

«Ho appreso con vero rincrescimento notizia dimissioni Sindaco e Giunta cotesta città. Se può indurli a ritirarle prego la S. V. ripetere Loro che il Governo riconosce utilità e necessità della costruzione della nuova Biblioteca, che però nella prossima esposizione finanziaria fra gli altri progetti non può per impegni di bilancio presentare quello relativo alla spesa di detta Biblioteca, che studierà nel prossimo anno, nell'intento di concretare il possibile esaudimento dello aspirazioni di cotesta Cittadinanza e dei voti del Consiglio comunale, che il Governo desidera vivamente di potere accogliere.

«Confido che queste dichiarazioni tranquillizzeranno gli animi e indurranno il Sindaco e la Giunta a ritirare le dimissioni.

«Pelloux».

«Premesso queste esplicite ed autorevoli dichiarazioni, che riconfermano il proposito del Presidente del Consiglio di appagare le giuste aspirazioni di Firenze, in un’opera di alto interesse cittadino e nazionale, e riconosciuta utilissima e necessaria, io ho piena fiducia che Ella ed i componenti l'onor. Giunta vorranno ritirare le dimissioni presentate, esaudendo così non solo i desideri del Governo, ma i voti del Consiglio comunale e della Cittadinanza, verso cui vantano tanti titoli di speciale benemerenza.

« Il Prefetto

«Caracciolo».


Quindi il Sindaco, annunciando che la Giunta, di fronte a tanta solennità di unanimi voti, aveva risoluto di non insistere nelle dimissioni, sottoponeva al Consiglio questo schema di deliberazione:

La Giunta,

Visto l’ordine del giorno, votato dal Consiglio comunale nella seduta del 10 Ottobre corrente;

Visto il telegramma del 13 di detto mese di S. E. il Ministro dell’Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, al Prefetto di [p. 46 modifica]Firenze, col quale, riconosciuta e confermata ancora una volta la necessità della costruzione di una nuova Biblioteca, dà a nome del Governo solenne promessa di studiare nel prossimo anno il modo per concretare e portare ad esecuzione il relativo progetto;

Grata al Consiglio della solenne manifestazione di solidarietà ricevuta, e deferente al voto unanime espresso in quella circostanza, ritira le date dimissioni, e, considerando come, sebbene manchi tuttavia per parte del Governo l’impegno di presentare in un’epoca determinata il progetto della nuova Biblioteca al Parlamento, pure, tenuto conto delle dichiarazioni contenute nel citato dispaccio del Presidente del Consiglio dei Ministri, sia il caso per il Comune di fare, conciliabilmente cogl’interessi degli amministrati, quando ancora gli è possibile per il compimento di un’opera universalmente considerata e di sommo interesse nazionale.

Propone al Consiglio che gli piaccia di

deliberare:

1.° Che al più presto sia compilata una succinta Memoria intorno al progetto della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, corredata dei documenti che saranno ritenuti necessari e del piano finanziario proposto dal Comune al R. Governo per la esecuzione del progetto medesimo;

2.° Che tale Memoria sia resa di pubblica ragione e distribuita a tutti i Senatori e Deputati, diffondendola altresì nel mondo scientifico e letterario italiano, e raccogliendo adesioni al progetto medesimo per rimetterle al R. Governo;

3.° Che siano fatte premure ai Deputati della provincia di Firenze affinchè, insieme ai colleghi delle varie altre parti d’Italia, promuovano con ogni mezzo la proposta e l’approvazione del progetto per la costruzione della nuova Biblioteca Centrale di Firenze in un’area da concordarsi col Comune:

4.° Che sia tenuta intanto a disposizione del Governo quella, offerta nel Centro di Firenze, fino al 30 Giugno prossimo, e ciò come ultimo termine definitivo, scaduto il quale la Giunta sarà senz’altro autorizzata a trattarne l’alienazione.

Con voto unanime, il Consiglio comunale accoglieva la deliberazione proposta dalla Giunta. [p. 47 modifica]

Le dichiarazioni del Governo in Senato.

Il parere di Giosuè Carducci.

Le antiche promesse furono rinnovate, nel Senato del Regno, dall’onorevole Ministro Baccelli, rispondendo all’onorevole Nobili, nella seduta del 21 Dicembre 1898.

Dagli atti ufficiali del primo ramo del Parlamento riproduciamo le parole dell’onorevole Nobili e dell’onorevole Ministro, che furono pronunciate dopo i discorsi per la Marciana di Venezia.

Nobili. — Dirò poche parole per chiedere alla cortesia dell’on. ministro quale sia il suo intendimento rispetto ad un’altra Biblioteca, quella Fiorentina, e non creda il Senato che io sollevi una questione di campanile, per quanto sarebbe un bel campanile quello di Firenze. Ma la Biblioteca Nazionale di Firenze ha un interesse veramente grande. Ed a questo proposito, l’illustre collega Carducci mi rammenta che si tratta di un interesse europeo, e di aver letto nella Minerva di Strasburgo che la Biblioteca Nazionale di Firenze era la settima nel mondo nell’ordine di tutte le Biblioteche; ed io credo che se quel dotto giornale avesse fatto delle buone statistiche avrebbe trovato ad essa un posto forse superiore, a parità di opere, per rispetto ai manoscritti.

Purtroppo però le condizioni della Biblioteca di Firenze sono impossibili; i volumi sono sparsi perfino sui pianerottoli delle scale.

Tre edifizi servono alla Biblioteca; essa è divisa in 9 piani, di modo che si custodisce male e si esercita peggio. Ma vi è di più: in alcune parti è a sei metri di distanza dal Teatro delle Logge, costruito tutto in legno, e la parte più vicina è quella dove sono raccolti i manoscritti di Galilei. Non ho bisogno di aggiungere altro perchè il Senato comprenderà a quali pericoli la Biblioteca sia esposta. È da notare poi che in un edifizio contiguo alla Biblioteca, anzi nello stesso edifizio, si raccolgono l’Archivio di Stato e la Galleria degli Uffizi: il pericolo, ripeto, è immenso.

Oltre a non potere esercitare convenientemente i tesori che racchiude, i tesori stessi sono esposti a continuo pericolo.

Il Municipio di Firenze si preoccupò della condizione in cui [p. 48 modifica]si trova la Biblioteca, e sono ormai sedici anni che offerse un’area al Governo perchè una nuova Biblioteca fosse costruita, e all’oggetto anche di allargare la via ove si trova, e rimuovere il pericolo nel quale la Galleria, gli Archivi di Stato e la Biblioteca oggi versano.

Il Governo fece fare studi, e trovò che quest’area era scarsa, e ne chiese una più vasta, e sono ormai quattordici anni che l’area più vasta fu concessa dal Municipio, ma ancora non è stato possibile di trovare il modo onde provvedere alla Biblioteca.

Il Municipio ha cercato di coadiuvare l’opera del Governo offrendogli per mezzo della Cassa di Risparmio, in anticipazione, il capitale occorrente alla spesa, perchè il bilancio fosse di poco aggravato.

Io vorrei chiedere alla cortesia del Ministro se sia intendimento del Ministero di provvedere a questo interesse, che non è solamente italiano, ma, come diceva benissimo il senatore Carducci, è veramente europeo.

Baccelli — (ministro della pubblica istruzione). Chiedo di parlare.

Presidente. — Ne ha facoltà.

Baccelli — (ministro della pubblica istruzione). Anche della Biblioteca nazionale fiorentina il Governo si occupa con amorosa cura. Naturalmente c’è il problema finanziario di mezzo, ma può essere sicuro l’egregio senatore che si farà quanto da noi sarà possibile per soddisfare a codesta necessità, ch’è riconosciuta da tutti.

Possiamo ornai sperare che, dopo queste riconferme delle «amorose cure del Governo», non si arrivi alla fine del mese di Giugno p. v. senza che esso abbia fatto onore alla data parola?

L’impegno del Comune.

Le visite ufficiali per la Biblioteca.

Ad ogni modo, tutta la storia genuina, fedele, che abbiamo esposta, dei quattordici anni di vane trattative, convincerà la pubblica opinione che il Comune di Firenze non avrebbe potuto essere, da parte sua, nè più pronto a soccorrere lo Stato per una necessità [p. 49 modifica] nazionale, nè più condiscendente nel tener vivo l’impegno proprio, per così lungo spazio di tempo.

La Rappresentanza municipale di questa città fu unanime, in ogni periodo amministrativo, nel volere che il sacrifìcio consentito fin dal 1885 fosse mantenuto, malgrado le scoraggianti incertezze, e nell’aderire a tutte le esigenze dello Stato.

Ciò risulta non solo dai documenti che abbiamo, anno per anno, indicati, ma dai resoconti delle sedute del Consiglio Comunale, dove si domandò conto più volte degli ondeggiamenti del Governo.

Una prima interrogazione in proposito fu fatta al Sindaco dall’on. conte Francesco Guicciardini, il 1.° Novembre 1887.

Seguirono le interrogazioni del Consigliere Pozzolini, il 26 Luglio 1892, del Consigliere Ing. Marchettini, il 4 Aprile 1894, del consigliere avv. Arnaldo Berti in due sedute del Dicembre 1894, 17 e 19, del 13 Gennaio 1896, e del 12 Ottobre 1896. E, successivamente, il Consiglio ebbe altre volte occasione, fino al passato Ottobre, di apprendere le rassicuranti dichiarazioni del Governo, avvalorate dalle molteplici visite dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato.

Venne a Firenze l’on. Coppino, Ministro della Pubblica Istruzione, il 6 Settembre 1887, e ne ripartì convintissimo che bisognava porre mano sollecitamente alla edificazione del nuovo palazzo per la Biblioteca Nazionale. Poi avemmo, allo stesso scopo, la visita del Ministro Boselli, l’8 Ottobre 1890, quella del successivo Ministro della Pubblica Istruzione, il 30 Marzo 1891, dell’onorevole Baccelli, che era tornato alla Minerva per la seconda volta, l’8 Maggio 1894, e le ispezioni de visu del Sottosegretario di Stato, onorevole Costantini, il [p. 50 modifica] 15 Novembre 1895, del Ministro Gianturco, il 21 Dicembre 1896, dei Sotto-segretari di Stato on. Bonardi e on. Pinchia, il 14 Giugno 1898.

In queste otto visite, sempre gradite, non venne giammai posto menomamente in dubbio che la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze era lasciata dal Governo nel più pernicioso abbandono; ed anzi gli stessi personaggi ufficiali, lodando il personale, non nascosero la loro meraviglia che si potesse, in un simile stato di cose, continuare il servizio di lettura per il pubblico.

Così la fidente attesa del Comune era di volta in volta rianimata; e si aveva ragione di attendere che al ritorno in Roma di ciascuno dei Ministri o dei Sottosegretari di Stato si sarebbe subito chiesta al Parlamento la facoltà di costruire la nuova ed urgentissima opera.

Gli uomini del Governo che si compiacquero di venire fra noi usarono parole piene di gratitudine per il Comune che non aveva revocato il dono cospicuo di un’area di tanto valore, nel centro dell’abitato, tenendola vincolata, con proprio danno, per sì lungo volgere di anni e senza alcun frutto. Nè disconobbero gli attenti visitatori l’imperioso bisogno che fossero, al pari della Biblioteca, ingranditi, meglio difesi e posti al sicuro gli altri due preziosissimi Istituti Nazionali, le Gallerie e l’Archivio di Stato.

Devesi infine avvertire che il Municipio, osservando fedelmente l’assunto impegno, ha pure posto mano ai lavori per l’ampliamento di via Castellani.

Il decreto di Vittorio Emanuele.

La nostra Firenze, che costituì da sè, per merito dei suoi eruditi e generosi figli, la prima e cospicua raccolta dei prodotti dell’umano intelletto, non ha mancato di [p. 51 modifica] porgere il suo generoso aiuto, affinchè questi, divenuti la più gloriosa parte del patrimonio nazionale, siano sistemati e custoditi degnamente, al pari dei nuovi che, con essi, per la necessità di conservare ogni cosa pubblicata nel Regno, rimangono qui a beneficio e a disposizione di tutta l’Italia.

Non già per un lavoro d’indole locale, simile a tanti per i quali furono altrove prodigate ingentissime somme tratte dal bilancio dello Stato, con discutibile utilità, ma per il più sacro e più caro fra i beni della Nazione, quello che fa fede della potenza morale di un popolo, si è dunque insistito nel chiedere al Governo che profittasse del sacrificio accettato con spirito italiano dal Comune, non implorante nulla per sè.

Spetta ora al Governo di provare col fatto come l’Italia nuova, congiunta dall’indissolubile vincolo unitario, non sia meno premurosa che gli antichi Stati di preservare da qualunque eventuale calamità e di custodire gelosamente, e con ogni maggior decoro, i necessari strumenti per il progresso delle lettere e delle scienze.

Indispensabile per la conservazione dei tre istituti fiorentini, la Biblioteca, l’Archivio di Stato e le Gallerie, che sono i più insigni d’Italia, quest’opera sarebbe degno compimento ad uno dei primi atti emanati a pro della Toscana dal Re liberatore, quando firmò il decreto del 22 Dicembre 1861, sottopostogli da Francesco De Sanctis, Ministro della Pubblica Istruzione, per effettuare la giusta idea, tenacemente sostenuta dal nostro sommo storico Atto Vannucci, della fusione della Palatina con la Magliabechiana. [p. 52 modifica]

Ecco la parola del Re Galantuomo:

Torino 22 Dicembre 1861.

VITTORIO EMANUELE II

per grazia di dio e per volontà della nazione

RE D’ITALIA.

Considerando l'utilità di raccogliere in un corpo le ricchezze diverse di varie Biblioteche;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione;

Abbiamo decretato e decretiamo:

ARTICOLO UNICO

Le Biblioteche Magliabechiana e Palatina della Città di Firenze saranno riunite in solo locale da determinarsi, e la Biblioteca così composta piglierà il nome di Biblioteca Nazionale.

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato sia inserito nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Torino addì 22 Dicembre 1861.

VITTORIO EMANUELE

F.o De Sanctis



Certo, alla invocata memoria di Vittorio Emanuele, che volle assegnare espressamente, col nuovo nome dato alle due antiche Biblioteche Fiorentine, insieme raccolte, carattere e fini conformi ai mutati tempi, non potrebbesi offrire più alto e più devoto tributo di gratitudine che d’inalzare alla Biblioteca medesima l’edificio promesso, [p. 53 modifica] ove, in omaggio alla sua qualifica di Nazionale, sarà tenuto perennemente vivo il ricordo che fra le prime affermazioni della nuova vita politica della Toscana, dopo il fausto plebiscito dell’11 marzo 1860, vi fu appunto il sacro titolo di italianità impresso al tempio degli studii.

Firenze, 14 Marzo 1899.

Il Sindaco

Pietro Torrigiani.



Il piano finanziario a cui accenna la deliberazione del Consiglio Comunale del 10 Ottobre 1898 (a pag. 46), salve le deliberazioni che potrebbero esser prese dal Consiglio della Cassa di Risparmi e Depositi ed in seguito ad accordi col R. Governo, si concreta come segue:

La Cassa di Risparmio anticiperebbe al Comune 2 milioni di lire da corrispondersi in anni 8 e mesi 4 a rate bimestrali di L. 40,000 all’interesse composto bimestrale del 3,75%.

Il Governo dovrebbe esonerare la Cassa di Risparmio dalla tassa di ricchezza mobile sopra la suddetta operazione.

La restituzione della somma di lire 2 milioni insieme agli interessi, si farebbe mediante l’annualità di L. 125,000 pagabile, per anni 19 e mesi 2, dal R. Governo a rate bimestrali di L. 20,833,33⅓.

L’aggravio pel Governo sarebbe in totale di L. 2,396,000 circa.

Il Comune manterrebbe la concessione gratuita del terreno.